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Aggiornamenti in diabetologia pediatrica e oltre

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Academic year: 2021

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G It Diabetol Metab 2014;34:151-154 151

Diabete giovanile – Una visione globale e una stima mondiale del numero di bambini con diabete di tipo 1

Diabetes Res Clin Pract 2014;103:161-75

Patterson C

1

, Guariguata L

2

, Dahlquist G

3

, Soltész G

4

, Ogle G

5

, Silink M

6

1

Queen’s University Belfast, Centre for Public Health, Belfast, United Kingdom;

2

International Diabetes Federation, Brussels, Belgium;

3

University of Umeå, Department of Clinical Science, Umeå, Swe- den;

4

Pécs University, Department of Pediatrics, Pécs, Hungary;

5

International Diabetes Federation Life for a Child Program and Australian Diabetes Council, Sydney, Australia;

6

University of Sydney and the Children’s Hospital at Westmead, Sydney, Australia leonor.guariguata@gmail.com

Questo articolo descrive la metodologia, i risultati e le limitazioni dell’International Diabetes Federation (IDF) Atlas (6

a

edizione), valutazioni a livello mondiale dei casi pre- valenti di diabete di tipo 1 nei bambini (< 15 anni). La maggior parte delle informazioni per- tinenti è stata pubblicata in letteratura sotto forma di tassi di incidenza ricavati dai registri dei casi di nuova diagnosi. Gli studi sono stati classificati secondo criteri di qualità e, quando non erano disponibili informazioni in letteratura, l’estrapolazione è stata utilizzata per assegnare a un Paese il tasso di un Paese adiacente con caratteristiche simili. I tassi di prevalenza sono stati poi ricavati da quelli di incidenza e applicati alla revisione di po- polazione delle Nazioni Unite 2012 stimata per il 2013 per ciascun Paese per ottenere le stime del numero di casi prevalenti. La disponibilità dei dati era maggiore per i Paesi europei (76%) e minore per i Paesi dell’Africa subsahariana (8%). La prevalenza stimata indica che nel mondo ci sono quasi 500.000 bambini sotto i 15 anni con diabete di tipo 1, di cui il numero maggiore dei casi si ha in Europa (129.000) e in Nord America (108.700). I Paesi con il numero più alto di casi neodiagnosticati all’anno erano gli Stati Uniti (13.000), l’India (10.900) e il Brasile (5000). Confrontati con la prevalenza stimata nella precedente edizione dell’IDF Diabetes Atlas, i numeri sono aumentati nella maggior parte dei Paesi IDF, spesso riflettendo l’aumento del tasso di incidenza che è stato do- cumentato bene in molti Paesi. La diagnosi di diabete monogenico sta diventando sem- pre più frequente tra i soggetti con caratteristiche cliniche di diabete di tipo 1 o 2 a mano a mano che si rendono disponibili studi genetici, ma i dati di incidenza e prevalenza ba- sati sulla popolazione mostrano un’ampia variazione dovuta alla mancanza di standar- dizzazione degli studi. Analogamente, studi sul diabete di tipo 2 nei bambini suggeriscono un’aumentata incidenza e prevalenza in molti Paesi, specialmente in popolazioni indi- gene e minoranze etniche, ma studi dettagliati basati sulla popolazione restano limitati.

Insorgenza precoce di compli- canze nei giovani con diabete di tipo 2

Diabetes Care 2014;37:436-43 Dart AB, Martens PJ, Rigatto C, Brownell MD, Dean HJ, Sellers EA Department of Pediatrics and Child Health, University of Manitoba, Winnipeg, Manitoba, Canada adart@hsc.mb.ca

Obiettivo. Valutare il rischio di complicanze nei giovani con diabete di tipo 2.

Disegno di ricerca e metodi. Da un registro clinico finalizzato alla valutazione della salute pubblica e degli outcome a lungo termine, utilizzando i codici ICD-9CM e ICD- 10CA, nel periodo fra il 1986 e il 2007 sono state identificate tre coorti di popolazione:

342 giovani (età 1-18 anni) con diabete di tipo 2, 1011 con diabete di tipo 1 e 1710 sog- getti non diabetici.

Risultati. I soggetti con diabete di tipo 2 avevano un aumentato rischio per tutte le com- plicanze (hazard ratio [HR] 1,47; intervallo di confidenza [IC] al 95% 1,02-2,12). Fattori clinici avversi significativi includevano l’età alla diagnosi (HR 1,08; IC al 95% 1,02-2,12), HbA

1c

(HR 1,06; IC al 95% 1,01-1,12) e, sorprendentemente, l’utilizzo dell’inibitore del sistema renina-angiotensina-aldosterone (renin-angiotensin-aldosterone system, RAAS) (HR 1,75; IC al 95% 1,27-2,41). Il polimorfismo HNF-1 α G319S era protettivo nella co- orte di diabete di tipo 2 (HR 0,58; IC al 95% 0,34-0,99). L’analisi statistica di Kaplan- Meier ha rivelato una diagnosi precoce di complicanze renali e neurologiche nella coorte con diabete di tipo 2 che si manifestavano entro 5 anni dalla diagnosi. Non sono state osservate differenze nella retinopatia. Le patologie cardiovascolari erano rare; tuttavia, le complicanze maggiori (dialisi, cecità o amputazione) cominciavano a manifestarsi a 10 anni dalla diagnosi nella coorte con diabete di tipo 2. I giovani con diabete di tipo 2 ave- vano tassi aumentati per tutti gli outcome rispetto ai controlli non diabetici e un aumento generale del rischio per qualsiasi malattia vascolare 6,15 volte maggiore.

Conclusioni. Giovani con diabete di tipo 2 manifestavano complicanze prima di quelli con

Dalla Letteratura

Aggiornamenti in diabetologia

pediatrica e oltre

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Conseguenze neurologiche della chetoacidosi diabetica alla presentazione iniziale del diabete di tipo 1 in uno studio prospettico di coorte pediatrica Diabetes Care 2014;37:1554-62

Obiettivo. Studiare l’impatto della chetoacidosi diabetica (diabetic ketoacidosis, DKA) su morfologia e funzione cerebrale nel diabete di tipo 1 diagnosticato durante l’infanzia.

Disegno di ricerca e metodi. Pazienti fra i 6 e i 18 anni con e senza DKA alla dia- gnosi sono stati studiati dopo 48 ore, 5 giorni, 28 giorni e 6 mesi dalla diagnosi. A ogni momento del follow-up i bambini sono stati sottoposti a risonanza magnetica (magnetic resonance imaging, MRI) e spettroscopia con valutazione cognitiva. Le re- lazioni tra le caratteristiche cliniche alla presentazione e la MRI e gli outcome neurolo- Dalla Letteratura - Aggiornamenti in diabetologia pediatrica e oltre

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La composizione del microbiota fecale differisce fra bambini con autoimmunità β-cellulare e quelli senza Diabetes 2013;62:1238-44 de Goffau MC, Luopajärvi K, Knip M, Ilonen J, Ruohtula T, Härkönen T, Orivuori L, Hakala S, Welling GW, Harmsen HJ, Vaarala O

Department of Medical Microbiology, University Medical Center Groningen and University of Groningen, Groningen, Paesi Bassi

Nei modelli animali è stato chiarito il ruolo della flora batterica intestinale come rego- latore del diabete autoimmune, ma i dati nel diabete di tipo 1 nell’uomo sono limitati e basati su studi che includono solo un esiguo numero di soggetti. Per escludere ef- fetti secondari del genotipo HLA a rischio di diabete sul microbiota intestinale, ab- biamo confrontato la composizione della flora intestinale di bambini con almeno due autoanticorpi diabete-correlati (n = 18) con bambini autoanticorpi-negativi associati per età, sesso, storia di nutrizione precoce e genotipo HLA a rischio utilizzando il pirose- quenziamento. L’analisi delle componenti principali ha indicato che una minore ab- bondanza delle specie producenti lattato e butirrato era associata all’autoimmunità β-cellulare. Inoltre, una scarsità di Bifidobacterium adolescentis e Bifidobacterium pseudocatenulatum, che sono i generi prevalenti della specie Bifidobacterium, non- ché una maggiore abbondanza del genere Bacteroides sono state osservate nei bam- bini con autoimmunità β-cellulare. Non abbiamo riscontrato valori aumentati di calprotectina fecale o IgA quali marker di infiammazione nei bambini con autoimmu- nità β-cellulare. Sono necessari studi funzionali correlati alle alterazioni osservate nel microbioma intestinale poiché la scarsità dei bifidobatteri e delle specie che produ- cono butirrato potrebbe influenzare negativamente la funzione di barriera dell’epitelio intestinale e l’infiammazione, mentre non è ancora sufficientemente compresa l’appa- rente importanza del genere Bacteroides nello sviluppo del diabete di tipo 1.

Differenze nel microbiota intestinale di bambini sani e di quelli con diabete di tipo 1 Pediatr Int 2014;56:336-43 Soyucen E, Gulcan A, Aktuglu-Zeybek AC, Onal H, Kiykim E, Aydin A

Department of Pediatric Metabolic Disease, Akdeniz University Medical Faculty, Antalya

Premessa. Barriera intestinale, flora intestinale e immunità mucosale sono i fattori principali responsabili dello sviluppo di diverse malattie allergiche e autoimmuni. Lo scopo di questo studio è stato quello di cercare la relazione tra la flora intestinale nei bambini e la presenza di diabete di tipo 1, inoltre di determinare se il microbiota inte- stinale possa in parte spiegare l’eziologia della malattia.

Metodi. L’analisi della flora fecale è stata fatta con l’impiego di colture quantitative su terreni selettivi e non selettivi in condizioni termiche e atmosferiche differenti per la cre- scita batterica e fungina. Il gruppo di studio era costituito da 35 pazienti (16 femmine, 19 maschi; età media 10,73 ± 4,16 anni) che sono stati seguiti dal Dipartimento di Pediatria della Facoltà di Medicina Cerrahpasa dell’Università di Istanbul ed erano stati neodiagnosticati per diabete di tipo 1. Il gruppo di controllo era costituito da 35 pazienti sani (15 femmine, 20 maschi; età media 9,96 ± 4,09 anni) randomizzati con caratte- ristiche demografiche simili.

Risultati. La colonizzazione da Bifidobacterium era più bassa nei pazienti con dia- bete di tipo 1 rispetto al gruppo di controllo, mentre quella da Candida albicans, Enterobacteriaceae piuttosto che da Echerichia coli era maggiore.

Conclusioni. Una diminuzione dei benefici batteri anaerobi e un concomitante au- mento della colonizzazione da parte di Enterobacteriaceae piuttosto che E. coli e C. albicans può portare a un disordine nel bilancio della flora intestinale il quale po- trebbe essere un fattore scatenante nell’eziologia del diabete di tipo 1.

diabete di tipo 1. L’età minore alla diagnosi è potenzialmente protettiva e il controllo gli-

cemico è un importante e modificabile fattore di rischio. L’inaspettata associazione avversa

tra l’utilizzo dell’inibitore RAAS e l’outcome è probabilmente confondente per l’indica-

zione; tuttavia è necessaria un’ulteriore valutazione nelle persone giovani.

(3)

Dalla Letteratura - Aggiornamenti in diabetologia pediatrica e oltre 153

Cameron FJ

1

, Scratch SE

1

, Nade- baum C

1

, Northam EA

2

, Koves I

1

, Jennings J

1

, Finney K

3

, Neil JJ

3

, Wellard RM

4

, Mackay M

5

, Inder TE

3

DKA Brain Injury Study Group

1

Department of Endocrinology and Diabetes,

2

Department of Psychology, Royal Children’s Hospital, Murdoch Children’s Research Institute, University of Melbourne, Melbourne, VIC, Australia;

3

Washington University, St. Louis, MO;

4

Queensland University of Technology, Brisbane, QLD, Australia;

5

Department of Neurology, Royal Children’s Hospital, Murdoch Children’s Research Institute, University of Melbourne, Melbourne, VIC, Australia fergus.cameron@rch.org.au

gici sono state esaminate utilizzando la regressione lineare multipla, misurazioni ripe- tute e le analisi ANCOVA.

Risultati. Fra il 2004 e il 2009 sono stati reclutati 36 pazienti DKA e 59 non DKA. Nei soggetti con DKA la materia bianca cerebrale ha mostrato le maggiori alterazioni con un aumento totale del volume della materia bianca e una maggiore diffusione di essa nelle zone frontale, temporale e parietale. Il volume totale della materia bianca diminuiva dopo i primi 6 mesi. Per quanto riguarda la materia grigia, nei pazienti DKA il volume era più basso alla prima valutazione e aumentato dopo i 6 mesi; nella materia grigia frontale e nei gangli basali sono stati notati bassi livelli di N-acetilaspartato. I punteggi di stato mentale erano più bassi alla prima valutazione e a 5 giorni. Nonostante i cam- biamenti dei volumi cerebrali totali e regionali si risolvessero dopo i 5 giorni essi erano associati a uno scarso richiamo della memoria ritardata e a una scarsa attenzione so- stenuta e divisa a 6 mesi. L’età al tempo della presentazione e i livelli di pH erano pre- dittori del neuroimaging e degli outcome funzionali.

Conclusioni. La DKA alla diagnosi di diabete di tipo 1 comporta cambiamenti cere- brali morfologici e funzionali. Questi cambiamenti sono associati a outcome neuroco- gnitivi avversi a medio termine.

Pompa insulinica ed eventi avversi in bambini e adolescenti.

Uno studio prospettico Diabetes Technol Ther 2014 May 5 [Epub ahead of print]

Wheeler BJ

1

, Heels K,

Premessa. I regimi di terapia insulinica intensiva sono il fulcro del management attuale del diabete di tipo 1. Le pompe insuliniche (CSII) sono le tecniche chiave utilizzate.

Nonostante ci siano stati considerevoli studi di outcome, ci sono pochi dati recenti sugli eventi avversi (associated adverse event, AE) associati alle CSII, la loro incidenza e le caratteristiche.

Soggetti e metodi. L’associazione CSII-AE è stata analizzata sulla base delle chiamate al nostro servizio “diabete 24 h”. Le interviste telefoniche sono state condotte con il pa- rente/paziente entro le 96 h dall’evento. Le interviste hanno riguardato le caratteristiche Cambiamenti nelle

complicanze diabete-correlate negli Stati Uniti nel periodo 1990-2010

N Engl J Med 2014;370:1514-23 Gregg EW

1

, Li Y

1

, Wang J

1

, Burrows NR

1

, Ali MK

1,2

, Rolka D

1

, Williams DE

1

, Geiss L

1

1

Division of Diabetes Translation, Centers for Disease Control and Prevention;

2

Rollins School of Public Health, Emory University, Atlanta

Premessa. La prevenzione negli adulti con diabete è aumentata sostanzialmente negli ultimi decenni. Sono stati esaminati i trend di incidenza delle complicanze diabete- correlate negli Stati Uniti dal 1990 al 2010.

Metodi. Sono stati utilizzati i dati ricavati dai National Health Interview Survey, National Ho- spital Discharge Survey, U.S. Renal Data System e U.S. National Vital Statistics System per confrontare le incidenze delle amputazioni alle estremità inferiori, delle malattie renali allo sta- dio terminale, dell’infarto miocardico acuto, dell’ictus e della morte per crisi iperglicemica tra il 1990 e il 2010 con l’età standardizzata alla popolazione statunitense nel 2000.

Risultati. I tassi delle cinque complicanze tra il 1990 e il 2010 sono diminuiti, con la di- minuzione relativa più ampia per l’infarto miocardico acuto (−67,8%; intervallo di confi- denza al 95% [IC], da −76,2 a −59,3) e la morte per crisi iperglicemica (−64,4%; IC al 95%

da −68,0 a −60,9), seguita da ictus e amputazioni che sono diminuiti ciascuno di circa la metà (rispettivamente −52,7% e −51,4%); la diminuzione minore si è avuta nelle ma- lattie renali allo stadio terminale (−28,3%; IC al 95% da −34,6 a −21,6). La diminuzione maggiore in assoluto si è avuta nel numero di casi di infarto miocardico acuto (95,6 casi in meno per 10.000 persone; IC al 95% da 76,6 a 114,6) e la diminuzione minore in as- soluto si è avuta nel numero di morti per crisi iperglicemica (−2,7; IC al 95% da −2,4 a

−3,0). I tassi di riduzione sono stati maggiori negli adulti con diabete che non negli adulti senza, portando a una riduzione del rischio relativo delle complicanze associate al dia- bete. Quando espressi come tassi sulla popolazione generale, in cui una variazione nella prevalenza influisce anche sui tassi delle complicanze, c’era una diminuzione nei tassi di infarto miocardico acuto e morte per crisi iperglicemica (rispettivamente 2,7 e 0,1 casi in meno per 10.000), ma non in quelli di amputazione, ictus o malattia renale terminale.

Conclusioni. I tassi delle complicanze diabete-correlate nelle ultime due decadi sono

diminuiti sostanzialmente, ma il numero di patologie permane elevato per il continuo

aumento della prevalenza del diabete.

(4)

Dalla Letteratura - Aggiornamenti in diabetologia pediatrica e oltre 154

Donaghue KC, Reith DM, Ambler GR

The Institute of Endocrinology and Diabetes, The Children’s Hospital at Westmead, Sydney, Australia

di AE e il ruolo dell’utilizzatore così come domande relative all’outcome e all’impatto sulla famiglia e sul paziente. Sono stati fatti confronti con pazienti CSII clinici senza AE.

Risultati. In un periodo di 16 settimane, 50 AE sono stati confermati in 45 dei 405 (11,1%) pazienti. Questo è stato annualizzato in un’incidenza di 40 AE/100 persone-anno. Gli eventi più comunemente riportati sono stati il malfunzionamento della pompa e i difetti nel set/sito di infusione, verificandosi in 27 (54,0%) e 18 (36,0%) AE, rispettivamente.

Il problema legato all’utilizzatore o all’educazione era implicato in 22 (44,0%) eventi. La sostituzione della pompa si è verificata in 19 dei 50 (38,0%) AE. Inoltre 16 (32,0%) hanno riportato quale conseguenza un ricovero ospedaliero o in pronto soccorso.

Quando confrontati con i CSII senza AE, gli AE erano associati con un’età < 10 anni (odds ratio 3,2; intervallo di confidenza al 95% 1,7-6,1) ma non con il genere, con l’emoglobina glicata, con la durata del diabete o il periodo di utilizzo della pompa.

Conclusioni. Questo è il primo studio prospettico che indaga gli AE nelle pompe insu- liniche di ultima generazione. Gli AE sembrano comuni e dovrebbero essere prevenuti.

La loro origine è multifattoriale e la pompa, i materiali di consumo associati e l’utilizza- tore sono tutti fattori importanti. Il supporto durante l’utilizzo e l’educazione preceden- temente attuata sono essenziali per minimizzare gli AE-CSII associati e il loro impatto.

Commento alla rassegna “Aggiornamenti in diabetologia pediatrica e oltre”

F. Cerutti

SSCVD Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, Dipartimento di Scienze della Salute Pubblica e Pediatriche, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino

Per questa rassegna sono stati selezionati articoli di ambito pediatrico che offrono spunti di interesse per tutti per quanto at- tiene epidemiologia, patogenesi e terapia.

I registri nazionali per l’incidenza del diabete mellito di tipo 1 (T1DM), che hanno ricevuto un rilevante contributo dalle casisti- che pediatriche, hanno consentito di migliorare le conoscenze sulla eziopatogenesi della malattia. Lo studio di Patterson, che raccoglie i dati dei registri internazionali, conferma che l’incidenza dalla malattia è in costante aumento in età pediatrica e sot- tolinea la necessità di attuare indagini mirate sulle forme meno frequenti, ma non per questo meno importanti, della malattia (dia- bete monogenico, diabete di tipo 2...). Il diabete di tipo 2 (T2DM) appare meritevole di particolare considerazione, poiché la sua comparsa in età adolescenziale comporta un elevato rischio di sviluppo di complicanze renali e neurologiche dopo solo 5 anni dalla diagnosi e di cecità, dialisi e amputazione dopo 10 anni.

Come dimostrato da numerose ricerche, il microbioma intestinale, oltre che sull’assorbimento di nutrienti e sulla funzionalità della barriera epiteliale, interviene nello sviluppo del sistema immunitario, suggerendo che alterazioni della flora batterica potrebbero svolgere un ruolo nella patogenesi di malattie infiammatorie croniche e autoimmuni. Ricerche in modelli animali, in adulti con T1DM e T2DM e, più di recente, in bambini con T1DM di recente diagnosi supportano questa ipotesi. Di particolare interesse è la segnalazione di de Goffau di modificazione del microbioma in bambini con sola autoimmunità che, se confermata, potrebbe dare adito a trial di prevenzione della malattia.

Interventi mirati alla diagnosi precoce di malattia sono fondamentali per ridurre il rischio tuttora elevato soprattutto in età pe- diatrica di chetoacidosi, che secondo lo studio multicentrico australiano di Cameron determina alterazioni morfologiche e fun- zionali neurologiche le quali tendono a persistere per un periodo in taluni casi superiore a 6 mesi dall’esordio.

Il miglioramento della prognosi complessiva dei pazienti adulti osservata negli USA nel periodo 1990-2010 interessa verosimil-

mente anche i soggetti con T1DM a esordio pediatrico anche come conseguenza dei progressi tecnologici per la sommini-

strazione della terapia insulinica. L’impiego di pompe impiantabili per la somministrazione sottocutanea continua di insulina è

in aumento tra i bambini e gli adolescenti con T1DM e si caratterizza per un soddisfacente outcome metabolico. Lo studio di

Wheeler è uno dei pochi che si è proposto di valutare la frequenza degli eventi avversi in un’ampia casistica. Questi ultimi sem-

brano relativamente comuni, derivano in parte da malfunzionamento dello strumento, in parte da errore dell’utilizzatore e sug-

geriscono pertanto la necessità di un’adeguata preventiva selezione ed educazione del paziente e della sua famiglia.

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