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Pignoramento quote condominiali

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Pignoramento quote condominiali

Autore: Redazione | 15/05/2019

I creditori del condominio a cui non sono state pagate le fatture possono eseguire un pignoramento presso terzi nei confronti dei condomini.

Doppio rischio per i condomini nel caso in cui l’amministratore non paghi i fornitori del condominio: non c’è solo il pignoramento dei beni di proprietà (la casa, lo stipendio, la pensione, ecc.), ma anche quello delle quote condominiali. In

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pratica, chi non ha ancora pagato gli oneri di ordinaria o straordinaria amministrazione può essere costretto a versarli sul conto corrente del creditore procedente. Ma non prima che intervenga un ordine del giudice. In che modo? A seguito del ricevimento di un atto di «pignoramento presso terzi». A ritenere lecita questa forma di recupero crediti è una recente sentenza della Cassazione [1].

Secondo la Corte, è possibile il pignoramento delle quote condominiali nonostante la riforma attuata nel 2012 imponga ai creditori di agire prima nei confronti dei condomini morosi e poi contro tutti gli altri.

Se non ti è chiaro come funziona questo meccanismo e cosa devi fare se ricevi un atto di pignoramento delle quote condominiali non ti resta che leggere le seguenti righe. Ti spiegheremo a quali condizioni il creditore può rivolgersi nei tuoi riguardi con un pignoramento presso terzi e quali oneri sei tenuto a svolgere non appena il postino ti consegna l’atto. Non allarmarti quindi: per quanto tu faccia parte del condominio e, quindi, i debiti collettivi sono anche i tuoi, ancora non rischi che l’ufficiale giudiziario entri in casa tua o che la banca ti blocchi il conto.

Ma procediamo con ordine.

Debiti del condominio: chi ne risponde?

Ciascuno risponde dei propri debiti. Questo principio, abbastanza semplice e scontato, nel caso dei debiti del condominio trova però delle particolari applicazioni.

Il condominio funziona un po’ come le società di persone (per quanto, a differenza di queste, non abbia personalità giuridica): il creditore può rivalersi anche nei confronti dei partecipanti al gruppo pignorando i loro patrimoni personali. Il condominio, infatti, non è un soggetto distinto dai singoli condomini;

per cui i debiti del primo sono, in realtà, debiti dei singoli proprietari.

La legge stabilisce quindi che, se ci sono perdite di cassa e l’amministratore non ha come pagare le fatture insolute, il creditore insoddisfatto può rivalersi contro i vari condomini i quali così rischiano di ricevere un pignoramento dei beni.

Ora, per evitare che questa situazione si ripercuota doppiamente su chi ha regolarmente versato le proprio quote che, in caso di pignoramento, finirebbe per pagare anche le morosità altrui, la riforma ha previsto una particolare disciplina.

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Quando un creditore intende avviare l’esecuzione forzata contro i singoli condomini (evidentemente perché l’amministratore non lo ha pagato e, pur dopo aver ottenuto dal giudice un decreto ingiuntivo, non ha trovato beni da aggredire) deve prima rivolgersi all’amministratore di condominio.

Quest’ultimo è tenuto a fornirgli un elenco dei condomini morosi: in particolare di quelli che non hanno pagato le quote destinate a coprire la fattura in questione.

Il creditore è così obbligato a tentare prima un pignoramento nei confronti di questi ultimi e poi degli altri.

Il pignoramento poi può svolgersi solo nei limiti dei millesimi spettanti a ciascun proprietario con la conseguenza che, se il creditore vuol recuperare l’intera somma che gli spetta, deve avviare l’esecuzione contro tutti i condomini.

Pignoramento del conto corrente condominiale

Altro punto su cui la giurisprudenza è stata chiamata a pronunciarsi è se sia possibile il pignoramento del conto corrente condominiale prima ancora di avviare il pignoramento contro i condomini morosi. Il dubbio si è posto perché, nel primo caso, si finirebbe per pregiudicare chi ha già pagato (le cui quote sono appunto depositate sul conto) e non chi invece è inadempiente. L’indirizzo sposato dai giudici però è differente: è possibile il pignoramento del conto condominiale anche prima di agire contro i condomini morosi.

Si possono pignorare le quote condominiali non ancora versate?

Nella pronuncia in commento, la Cassazione spiega che i creditori possono anche espropriare i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli proprietari, crediti relativi ai contributi dovuti e non ancora versati.

In buona sostanza, il creditore, anziché pignorare i beni dei singoli proprietari, pignora le quote che questi, nei mesi anteriori alla notifica dell’atto, dovevano versare al condominio e anche quelle che dovranno in un momento successivo. Il creditore del condominio può così pignorare le quote che devono versare i singoli condomini – anche se non sono morosi – per i contributi dagli stessi dovuti in base

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a preventivi o rendiconti consuntivi approvati dall’assemblea.

Pignorabili le quote dovute dai singoli condomini anche se non sono morosi

Il condomino riceve così un atto di «pignoramento presso terzi» indirizzato non nei confronti dei suoi beni, ma dei crediti del condominio di cui lui è debitore. La legge gli impone, a quel punto, di comunicare al creditore l’entità del suo debito già maturato per le quote non ancora versate e quelle future a versare. Il giudice poi disporrà, con un apposito provvedimento, la condanna del condomino a bonificare tali importi non più all’amministratore, ma al creditore procedente. Il mancato adempimento di tale dovere potrebbe anche consentire al creditore di avviare un pignoramento verso il condomino (ma, secondo la Cassazione, non può denunciarlo per violazione di un obbligo imposto dall’autorità giudiziaria).

È, dunque, possibile espropriare i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli partecipanti alla compagine relativi ai contributi ancora dovuti. Questa possibilità può essere percorribile però solo dopo l’approvazione da parte dell’assemblea del consuntivo e dello stato di ripartizione. È, infatti, da questo momento che nasce un debito del singolo condomino nei confronti del condominio.

Ebbene, ha spiegato la Cassazione, affinché l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli sia legittima, è sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente a oggetto il pagamento dei contributi condominiali.

La Corte ha enucleato il seguente principio: «il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi».

Il singolo condomino diventa dunque debitore nei confronti del condominio e questo suo debito può essere assoggetto a pignoramento da parte del creditore del condominio munito di un titolo di credito ottenuto in danno del condominio stesso e la relativa esecuzione deve avvenire nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi. Né tanto meno viene in tal modo leso il principio della

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parziarietà delle obbligazioni condominiali, secondo cui il singolo condomino può essere chiamato a rispondere dei debiti comuni solamente nei limiti della propria quota: l’esecuzione, infatti, viene promossa nei confronti del condominio e non già del singolo condomino, talché detto principio “ non entra in realtà in gioco in nessun modo”.

Note

[1] Cass. sent. n. 12715/19 del 14.05.2019.

Sentenza

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 marzo – 14 maggio 2019, n.

12715 Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo Fatti di causa B.T. ha agito in via esecutiva nei confronti del Condominio (omissis) di (omissis) , procedendo al pignoramento dei crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di alcuni condomini

per contributi, in base a una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali relative ad un giudizio di cognizione. Hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il condominio debitore nonché uno dei

condomini terzi pignorati, P.A. . Il Tribunale di Catania - Sezione distaccata di Acireale ha rigettato l’opposizione del condominio e ha dichiarato inammissibile quella del P. . La Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado. Ricorrono il condominio (omissis) ed il P. , sulla base di tre motivi. Resiste

con controricorso la B. . La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. Ragioni della decisione 1. La controricorrente ha eccepito

l’inammissibilità del ricorso dell’amministratore del condominio (omissis) di Acicastel-lo, per difetto della relativa autorizzazione dell’assemblea dei condomini.

L’eccezione è fondata. In base alla giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore

del condominio senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato, in ordine a controversie che non

rientrano tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1130 c.c. e art. 1131 c.c., comma 1, nè può essere concesso un termine

per la regolarizzazione, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., allorché il rilievo del vizio, in sede di legittimità, sia stato sollevato non d’ufficio, ma dalla controparte nel suo controricorso (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12525 del 21/05/2018, Rv. 651377 - 02, che richiama i principi affermati da Cass., Sez. U, Sentenza n. 4248 del 04/03/2016,

Rv. 638746 - 01; in precedenza, sulla necessità di autorizzazione dell’assemblea, cfr. anche: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2179 del 31/01/2011, Rv. 616487 - 01; Sez.

3, Sentenza n. 12972 del 24/05/2013, Rv. 626693 - 01; Sez. U, Sentenza n. 18331 del 06/08/2010, Rv. 614419 - 01). La presente controversia ha ad oggetto la

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contestazione del diritto di un creditore del condominio di procedere, in base ad un titolo giudiziale, ad esecuzione forzata nei confronti dello stesso condominio, mediante pignoramento dei suoi crediti verso i condomini per contributi. Non si

tratta di una controversia avente ad oggetto direttamente la riscossione dei contributi, l’erogazione delle spese di manutenzione o la gestione di una o più cose

comuni, nè viene dedotta l’estinzione (successiva alla formazione del titolo) del credito fatto valere contro il condominio, ma solo una pretesa inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, secondo le modalità concretamente

adottate dal creditore, onde la proposizione dell’opposizione non può ritenersi rientrare tra le ordinarie attribuzioni dell’amministratore di cui all’art. 1130 c.c.. Di

conseguenza, deve negarsi la autonoma legittimazione dell’amministratore a proporla senza autorizzazione (anche eventualmente in ratifica) dell’assemblea. La suddetta autorizzazione non risulta prodotta. Inoltre, nell’epigrafe del ricorso non si

fa alcun riferimento a tale autorizzazione, nè il documento risulta nell’indice di quelli allegati al ricorso stesso; non risulta in atti alcuna autorizzazione neanche in relazione ai gradi di merito dell’opposizione, nè l’amministratore del condominio ha

in qualche modo replicato all’eccezione di insussistenza dell’autorizzazione assembleare, avanzata già nel controricorso. Il ricorso dell’amministratore del

condominio è dunque inammissibile. 2. L’opposizione dell’altro ricorrente P. , condomino terzo pignorato, è stata dichiarata inammissibile dai giudici di merito, per difetto di interesse ad agire. In secondo grado il P. aveva espressamente posto,

tra i motivi di gravame, la questione della sua legittimazione attiva, negata dal Tribunale, ma tale motivo di gravame è stato rigettato dalla corte di appello. Nel

ricorso non vi è una specifica censura del P. in merito alla dichiarazione di inammissibilità della sua opposizione; quanto meno, la ratio decidendi alla base della relativa statuizione della corte di appello non risulta adeguatamente colta,

essendosi limitati i ricorrenti a sostenere - con riguardo ai profili attinenti la soggettività e la legittimazione delle parti che non vi sarebbe alterità soggettiva tra condominio e condomini. Anche il ricorso del P. è pertanto inammissibile. Esso non potrebbe, in ogni caso, ritenersi fondato. Come correttamente affermato dalla

corte di appello, il terzo pignorato, nell’espropriazione di crediti, non ha infatti interesse e quindi non è legittimato a sollevare questioni che riguardano esclusivamente i rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato e, in particolare, il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti

del debitore, il quale ultimo soltanto si può avvalere dell’apposito rimedio oppositivo di cui all’art. 615 c.p.c. (cfr., ex plurimis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 6667

del 29/04/2003, Rv. 562536 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 387 del 11/01/2007, Rv.

595611; Sez. 3, Sentenza n. 4212 del 23/02/2007, Rv. 595615 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 3790 del 18/02/2014, Rv. 630151 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23631

del 28/09/2018, Rv. 650882 - 01). Inoltre, dalla stessa esposizione del fatto contenuta nel ricorso (cfr. pag. 3, righi 9-11) emerge che la creditrice B. , nel corso

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della procedura esecutiva, aveva rinunciato al pignoramento del credito vantato dal condominio nei confronti del P. ; quindi in realtà quest’ultimo non poteva neanche più ritenersi rivestire in concreto la posizione di terzo pignorato e, di conseguenza, non avrebbe avuto legittimazione neanche a proporre eventuali questioni attinenti alla regolarità della procedura esecutiva nei suoi confronti, quale terzo pignorato (questioni che avrebbero comunque dovuto essere fatte

valere ai sensi dell’art. 617 c.p.c. ovvero nell’ambito dell’eventuale giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, in quanto non configurabili in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.). L’infondatezza nel merito degli argomenti in diritto posti a base del ricorso (anche da parte del P. ) emerge d’altra parte da quanto sarà illustrato in prosieguo, ai sensi dell’art. 363 c.p.c.. 3.

Le considerazioni sin qui svolte impongono la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La Corte ritiene peraltro di esaminare comunque il merito dello stesso, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, in considerazione della particolare importanza della questione di diritto che con esso è posta (in particolare con il primo motivo).

Con il primo motivo del ricorso si denunzia "Erronea configurazione del condominio quale soggetto dotato di personalità giuridica, sia pure attenuata, ovvero di autonoma propria soggettività giuridica. Violazione e/o falsa applicazione dei principi informatori della specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli

artt. 1117, 1118, 1119, 1123, 1130 e 1131 c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art.

360 c.p.c., comma 1 n. 3". Con il secondo motivo si denunzia "Violazione e/o falsa applicazione del principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali e del principio di indisponibilità delle somme dovute per quote, quali principi informatori

della specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1118, 1119 e 1123 c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Con il terzo

motivo si denunzia "Violazione e/o falsa applicazione del regolamento delle spese di lite, di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. Erronea implicita applicazione dell’art. 2055

c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c.)". La questione di diritto che viene posta con il ricorso (in particolare con il primo motivo) riguarda la possibilità, per il creditore del condominio che abbia conseguito

un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, di procedere

all’espropriazione dei crediti del condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti. Tale questione va risolta in senso affermativo.

Secondo i principi generali (artt. 2740 e 2910 c.c.), mediante l’espropriazione forzata è possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti. Affinché

l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condomini per contributi sia legittima, è quindi sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente ad oggetto il pagamento dei contributi condominiali (oltre che, ovviamente,

un rapporto obbligatorio tra creditore e condominio, il che però è nella specie questione ormai risolta in sede di cognizione - avendo il creditore conseguito il

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titolo esecutivo direttamente nei confronti del condominio - e come tale non più oggetto di possibile discussione in sede esecutiva). Orbene, è innegabile che sia

configurabile sul piano sostanziale un rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomi-no, con riguardo al pagamento dei contributi condominiali: una espressa disposizione normativa, l’art. 63 disp. att. c.c. (sia nella precedente che nella attuale formulazione), prevede infatti che l’amministratore possa addirittura

ottenere un decreto ingiuntivo (immediatamente esecutivo), in favore del condominio e contro il singolo condomino per il pagamento dei suddetti contributi

(in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea). Tale disposizione normativa conferma espressamente, e/o quanto meno presuppone, l’esistenza di

un rapporto obbligatorio tra condominio e singoli condomini avente ad oggetto i contributi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall’assemblea condominiale, consentendo al condominio, rappresentato dall’amministratore, di

agire in giudizio contro il condomino per il pagamento delle quote condominiali.

Essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio (rappresentato dal suo amministratore) nei confronti dei singoli condomini, laddove esista altresì un titolo esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso

condominio (sempre rappresentato dall’amministratore), in mancanza di una norma che lo vieti espressamente, tale credito può certamente essere espropriato

dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., e la relativa esecuzione orzata non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione dei crediti

presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss.. Nè può ritenersi che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali (come sembra adombrato nel secondo e terzo motivo del ricorso). Il suddetto principio implica che

l’esecuzione contro il singolo condomino non possa avere luogo per l’intero debito del condominio, ma solo nei limiti della sua quota di partecipazione al condominio stesso. Laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non

contro il singolo condomino, non solo l’esecutato è il condominio, debitore per l’intero (onde non entra in realtà in gioco in nessun modo il principio di

parziarietà), ma l’espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condomini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto, il richiamato principio di parziarietà (almeno fino a specifica prova contraria), senza affatto violarlo. Solo a

fini di completezza espositiva è, infine, opportuno far presente (con riguardo alle questioni relative alle spese processuali): a) che l’obbligazione relativa alle spese processuali liquidate in un provvedimento giudiziario non è di fonte contrattuale e quindi per essa neanche potrebbe valere l’invocato principio di parziarietà; b) che i giudici di merito, rigettate le opposizioni, hanno correttamente applicato il principio

di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., ed ogni contestazione in proposito è inammissibile, in quanto la facoltà di disporre la compensazione delle spese in

caso di soccombenza integrale, per eccezionali motivi, costituisce un potere

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discrezionale del giudice di merito il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di legittimità. 4. Il ricorso è dichiarato inammissibile. La Corte, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, enuncia il seguente principio di diritto: "il creditore

del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di

ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss.". Per le spese del giudizio di

cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte: - dichiara inammissibile

il ricorso, enunciando il principio di diritto di cui in motivazione, ai sensi dell’art.

363 c.p.c., comma 3; - condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero

dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R.

30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis

dello stesso art. 13.

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