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LA PARTECIPAZIONE AL MERCATO DEL LAVORO

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Academic year: 2022

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43 3.1 Introduzione

Il lavoro, al termine dell’istruzione formale, è la seconda “tappa” in un percorso di vita, che sempre più spesso interessa anche le donne. In questo capitolo analizzeremo i dati relativi alla partecipazione al mercato del lavoro, rimandando il lettore al quarto capitolo per una completa trattazione della mobilità occupazionale in Umbria.

Nel corso dell’esposizione il riferimento prevalente alla situazione umbra sarà – laddove si renda necessario – di volta in volta integrato con valori ed osservazioni relativi al mercato del lavoro nazionale, sia per fornire un parametro di riferimento per la valutazione dei dati esposti, sia per porre l’accento con maggior precisione sulla specifi- cità del caso umbro. Ciascun tema presentato sarà indagato sulla base delle principali caratteristiche (zona di residenza, genere, età, titolo di studio ed eventualmente an- che condizione occupazionale e settore produttivo) degli individui intervistati, in modo da fornire un quadro il più particolareggiato possibile delle caratteristiche dei soggetti attivi sul mercato del lavoro umbro. Infine, l’analisi descrittiva sarà, ove necessario, integrata anche da elaborazioni ed analisi statisticamente più raffinate.

Il capitolo si articola in sei paragrafi. Dopo una breve presentazione (paragrafo 3.2) di alcuni macroindicatori calcolati sulla base dei dati delle due indagini che met- tono a confronto la situazione del mercato del lavoro umbro con quella nazionale, il terzo paragrafo analizzerà la posizione nel mercato del lavoro e la condizione occupa- zionale degli intervistati.

Il quarto, a sua volta, presenterà i percorsi di ricerca di un posto di lavoro, i diversi metodi utilizzati dai soggetti: sarà utilizzata a questo scopo una classificazione degli stessi che si richiama esplicitamente ad una classica tipologia sociologica delle moda- lità d’integrazione tra economia e società.

Il quinto paragrafo analizzerà le fonti di sostentamento per quegli individui che non sono occupati, quindi si passerà, nel sesto paragrafo, ad analizzare l’accesso al lavoro degli umbri: l’età alla quale i soggetti appartenenti alle diverse coorti anagrafiche hanno iniziato a lavorare, i canali d’accesso all’impiego e il loro ‘rendimento’ in termi-

L A PARTECIPAZIONE AL MERCATO

DEL LAVORO

(2)

44

ni di status sociale dell’occupazione cui essi hanno portato. Il settimo paragrafo pre- senterà una tipologia di lavori svolti dagli intervistati nel corso delle loro carriere lavorative. Il paragrafo finale, come al solito, sarà dedicato ad alcune osservazioni riassuntive.

3.2 Alcuni dati di sfondo

Iniziamo col presentare una serie di indicatori, ricavati dai dati individuali dell’In- dagine Retrospettiva sulle Famiglie Umbre e dall’Indagine Longitudinale sulle Famiglie Italiane, che consentono un primo confronto tra le caratteristiche del mercato del lavoro umbro e di quello nazionale.

Come è noto dalla letteratura e da una ormai vasta mole di analisi empiriche, con- dotte anche in sedi internazionali (OECD, Eurostat), il mercato del lavoro italiano si caratterizza per la sua ‘staticità’ occupazionale, che si traduce – per coloro che sono occupati – in limitati cambiamenti di impiego, lunghe anzianità aziendali, pochi epi- sodi di fuoriuscita temporanea dal mercato del lavoro.

Questa immagine si ritrova ben rappresentata nei dati della tabella 1, da cui si ricava che il numero di episodi1 lavorativi sia simile nelle due popolazioni studiate sia sotto il profilo del numero medio (2,6 in Umbria e 2,5 in Italia) che mediano (2 episo- di lavorativi), mentre la moda, cioè la maggiore frequenza riscontrata fra i soggetti intervistati, mette in evidenza una maggiore presenza di individui in Umbria con due episodi rispetto al resto dell’Italia.

Simile è anche la situazione sul versante della durata della ricerca di lavoro fra chi attualmente ne sta cercando uno. Per quanto il dato possa risentire del limitato nume- ro di individui in cerca di un’occupazione intervistati in Umbria (48 soggetti), osser- viamo come la durata media del periodo di disoccupazione è di poco inferiore al dato nazionale (39,5 mesi contro 43,4 mesi).

Notevole è invece la differenza che si registra per il valore mediano (19 mesi per l’Umbria contro i 33 mesi per l’Italia) e che denota forse una maggiore fluidità del mercato del lavoro umbro. Visto il limitato numero di osservazioni, il dato risente evidentemente dei valori estremi (a destra della distribuzione), come si evince consi- derando che sia mediana che moda sono decisamente inferiori alla media. La moda in

1 Incontriamo qui per la prima volta gli “episodi”, di cui si è parlato nell’Introduzione. Con il termine

“episodio” intendiamo l’intervallo di tempo passato da un soggetto in un determinato stato: lo stato a sua volta altro non è che un evento sociale esperito dal soggetto. Parleremo di eventi lavorativi riferendoci a tutti i lavori svolti dai nostri intervistati. Ogni episodio inizia con l’ingresso nello stato e termina con l’uscita dallo stesso. Sono stati presi in considerazione solo episodi di durata superiore o eguale ad un mese.

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45

Umbria Italia

NUMERO DI EPISODI LAVORATIVI

Media: 2,6 Media: 2,5

Mediana: 2 Mediana: 2

Moda: 2 Moda: 1

ANNO DI INIZIO ATTUALE EPISODIO LAVORATIVO

Media: 1981 Media: 1984

Mediana: 1984 Mediana: 1988

Moda: 2001 Moda: 1996

NUMERO DI EPISODI DI INTERRUZIONE LAVORO

Media: 1,6 Media: 1,5

Mediana: 1 Mediana: 1

Moda: 1 Moda: 1

DURATA ATTUALE RICERCA LAVORO

Media: 39,5 mesi Media: 43,4 mesi

Mediana: 19,0 Mediana: 33,0

Moda: 1,0 Moda: 1,0

Tab. 1 - Indicatori di partecipazione al mercato del lavoro in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

particolare mostra come in realtà la maggioranza dei disoccupati umbri sia in cerca di impiego da un solo mese.

Complessivamente, dunque, la situazione del mercato del lavoro umbro, così come appare dai macro indicatori presentati, appare leggermente migliore rispetto alla si- tuazione nazionale. Nel resto del capitolo presenteremo le dimensioni lungo le quali si articola tale differenza.

3.3 La posizione nel mercato del lavoro

Seguendo una consolidata prassi di ricerca, abbiamo distinto gli individui fra quan- ti al momento dell’intervista lavorano o hanno lavorato in passato, cioè partecipano o hanno partecipato in qualità di occupati al mercato del lavoro; quanti sono in cerca di prima occupazione; e, infine, quanti non hanno mai lavorato, indipendentemente dal fatto che in passato possano anche aver provato a cercare un impiego.

La tabella 2 illustra questa realtà: vediamo dalle ultime righe in fondo alla tabella come in Umbria la partecipazione (attuale o passata) al mercato del lavoro risulti leggermente più elevata (di 4,6 punti percentuali) rispetto a quella del resto del paese.

Rispetto al dato nazionale sono meno gli umbri che non hanno mai lavorato in vita loro (-3,5 punti percentuali), così come meno sono anche coloro che in Umbria sono alla ricerca del loro primo lavoro.

Il confronto con il dato medio nazionale potrebbe risentire della diseguale distribu-

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46

zione delle opportunità occupazionali tra Nord e Sud del nostro paese. In effetti, il confronto effettuato con il Nord Italia vede il mercato del lavoro in Umbria esatta- mente in posizione intermedia fra Nord e Sud.

Ovviamente le differenze nella partecipazione al mercato del lavoro riemergono allorché si esaminano alcune caratteristiche degli individui: i tassi di partecipazione sono (relativamente) più elevati nei piccoli centri e nelle città (Perugia e Terni) rispet- to ai centri di media dimensione, a testimonianza del maggior impegno lavorativo richiesto dal fatto di vivere nelle campagne e della maggiore concentrazione di attivi- tà produttive nei grandi centri; sono strutturalmente più elevati per gli uomini che per le donne (91,1% contro 78,3%), mentre l’età influisce evidentemente per la coorte più giovane, che si caratterizza per i tassi di partecipazione più bassi (57,7%). Dato, quest’ultimo, imputabile al progressivo innalzamento del periodo di permanenza nel sistema formativo ed al conseguente ritardo nell’ingresso nel mercato del lavoro.

Infine il valore più elevato si ha in corrispondenza degli individui 30-49enni (93,4%), sottolineando in questo modo che gli umbri della generazione adulta lavorano tanto quanto i propri padri e nonni.

Per quanto concerne i titoli di studio, notiamo come gli unici ‘sottorappresentati’ in

Lavorano o lavoravano

(%)

In cerca 1a occupazione

(%)

Mai lavorato (%)

Totale

(%) N.

intervistati RESIDENZA

Grandi centri 85,1 1,3 13,6 100,0 396

Medi centri 82,4 1,6 16,0 100,0 307

Piccoli centri 85,5 1,5 13,1 100,0 544

SESSO

Maschi 91,1 1,0 7,9 100,0 617

Femmine 78,3 1,9 19,8 100,0 630

E

18-29 anni 57,7 7,0 35,2 100,0 227

30-49 anni 93,4 0,5 6,1 100,0 394

50-69 anni 89,2 0,0 10,8 100,0 407

70 anni e oltre 88,1 0,0 11,9 100,0 219

TITOLO DI STUDIO

Fino alla licenza elementare 85,1 0,0 14,9 100,0 423

Licenza media 87,1 1,0 11,8 100,0 389

Diploma 80,5 2,5 17,0 100,0 364

Laurea 88,7 7,0 4,2 100,0 71

Totale Umbria 84,6 1,4 14,0 100,0 1.247

Totale Nord Italia 87,9 1,0 11,2 100,0 1.789

Totale Italia 80,1 2,4 17,5 100,0 10.482

Tab. 2 - Posizione rispetto al mercato del lavoro secondo la zona di residenza, il genere, l’età, il titolo di studio in Umbria nel 2002

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47 questa immagine di forte laboriosità siano i diplomati, con un valore pari all’80,5%, mentre i laureati occupati ora o in passato raggiungono la quota più elevata (88,7%).

Anche in questo caso la minor incidenza di diplomati è da attribuirsi proprio alle giovani generazioni perché, come detto in precedenza, sempre maggiore è la propensione a proseguire gli studi all’Università. I dati della tabella 3a riportano le caratteristiche degli occupati all’interno delle popolazioni totali (umbra e nazionale) e mettono in evidenza che i tratti del modello occupazionale dominante umbro sono per molti versi simili a quello nazionale. Di fatto il tasso di occupati in Umbria è identico al tasso di occupati nel resto d’Italia. Questa uguaglianza nel dato generale si riscontra, sia pure con alcu- ni lievi scostamenti, anche nei singoli caratteri analizzati. Per quanto la differenza sia ridotta, notiamo innanzitutto la minore presenza di occupati residenti nei centri di medie dimensioni rispetto ai grandi e piccoli centri.

Umbria Italia

% N.

intervistati % N.

intervistati RESIDENZA

Grandi centri 47,0 396 - -

Medi centri 40,7 306 - -

Piccoli centri 47,1 545 - -

SESSO

Maschi 56,1 617 57,8 4.992

Femmine 35,1 630 34,1 5.490

E

18-29 anni 51,5 227 47,2 2.274

30-49 anni 77,9 393 72,4 3.757

50-69 anni 34,6 408 33,3 3.087

70 anni e oltre 0,9 219 2,7 1.364

TITOLO DI STUDIO

Fino licenza elementare 13,5 423 20,1 3.278

Licenza media 58,2 389 53,8 3.442

Diploma 64,4 364 55,1 2.031

Laurea 69,0 71 78,7 731

Totale 45,5 1.247 45,4 10.482

Tab. 3a - Occupati secondo la zona di residenza, il genere, l’età, e il titolo di studio in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

(valori percentuali)

Umbria Italia

Età

Uomini Donne Uomini Donne

18-29 anni 58,8 40,7 49,2 36,5

30-49 anni 94,0 64,0 89,0 56,6

Tab. 3b - Occupati secondo il genere e l’età in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

(6)

48

Prendendo ora in considerazione l’età dei soggetti nel confronto con l’Italia in tabella 3a si osserva come la percentuale di occupati fra le fasce di popolazione attiva (18-69 anni), sebbene poco più elevata in Umbria, non si discosta di molto dal dato nazionale. Questa leggermente migliore performance della popolazione attiva la si riscontra fra le due ultime generazioni di intervistati, con uno scarto positivo dal dato medio nazionale di circa 4 punti percentuali.

Soprattutto per le giovani generazioni questo risultato potrebbe essere ricondotto a quanto osservato nel secondo capitolo, dove se ne sottolineava la maggiore propen- sione a intraprendere percorsi formativi maggiormente professionalizzanti, che di nor- ma conducono direttamente al mercato del lavoro.

Sebbene, come vedremo più avanti, l’età mediana di ingresso nel mercato del lavo- ro in regione sia uguale a quella del resto d’Italia, il mercato del lavoro umbro pare comunque favorire l’ingresso dei diplomati, più che dei laureati. A supporto di ciò, possiamo notare il forte scarto fra i diplomati umbri occupati (64,4%) ed i pari titolo a livello nazionale (55,1%). Forti scarti negativi si hanno invece in corrispondenza degli individui in possesso al più della licenza elementare e fra i laureati.

Per i primi, una possibile spiegazione ci è data dal periodo nel quale è stata effet- tuata l’indagine: buona parte dei meno istruiti sono occupati in agricoltura come brac- cianti o coadiuvanti familiari. Ora, visto che la rilevazione è stata effettuata tra i mesi di dicembre 2001 e marzo 2002, è probabile che questi soggetti non fossero né occu- pati né alla ricerca di una occupazione. Accanto a ciò possiamo ulteriormente ricor- dare che la licenza elementare è solo ed esclusivamente connessa alle coorti più an- ziane della popolazione che, per semplice effetto del ciclo di vita, progressivamente stanno uscendo dal mercato del lavoro.

Più preoccupante pare il dato relativo al tasso di occupazione della fascia di popo- lazione più istruita, che inoltre, si concentra prevalentemente nel settore pubblico (Tab. 4). Vari studi hanno messo in evidenza come i titoli di studio stiano subendo un processo inflativo in rapporto alle qualifiche professionali alle quali normalmente da- vano accesso. Sempre più le posizioni occupazionali, che fino a poco tempo fa erano destinate ai possessori di qualifiche professionali di 2-3 anni, ora sono destinate ad essere ricoperte da diplomati tecnici o professionali di 5 anni, mentre quelle ricoperte dai diplomati sempre più spesso sono ora occupate dai laureati.

Questo è riconducibile in gran parte alle sostanziali modificazioni che il mercato del lavoro locale e quello nazionale stanno subendo: le cause andrebbero cercate nella crescente tecnologizzazione dei processi produttivi tradizionali, con un conseguente aumento di competenze tecniche. Questo non implica necessariamente che le condi-

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49 zioni lavorative siano migliorate, ma soltanto che vi è una progressiva riduzione delle capacità dei livelli educativi di garantire alle giovani generazioni le medesime possibi- lità di accesso date ai loro genitori a parità di livello educativo.

Ben più significativa è invece la differenza fra i tassi di occupazione degli uomini e delle donne sia a livello nazionale che in Umbria, dove la disparità di genere è (sebbe- ne di poco) inferiore rispetto al dato nazionale.

Siamo qui in presenza di una delle caratteristiche peculiari del modello occupazio- nale italiano, che riguarda la specifica esclusione della componente femminile della popolazione dalla partecipazione all’attività lavorativa sul mercato del lavoro. Anche spostando la nostra attenzione entro le coorti (Tab. 3b), la disparità di genere non cambia e vede sistematicamente gli uomini sia giovani che in età adulta (in Italia e in Umbria) essere maggiormente presenti delle loro compagne di pari età. Il dato evidenzia anche gli effetti esercitati dal ciclo di vita degli individui, per cui nell’età adulta il tasso di occupati per entrambi i generi in Umbria rispetto al dato medio regionale è quasi doppio. Superiore, ed in modo significativo, è anche il tasso di occu-

Primario

(%) Secondario

(%) Terziario privato (%)

PPAA + S. Sociali (%)

Totale

(%) N.

intervistati RESIDENZA

Grandi centri - 21,7 46,7 31,7 100,0 180

Medi centri 3,2 27,0 42,9 27,0 100,0 126

Piccoli centri 4,3 36,4 34,4 24,9 100,0 253

SESSO

Maschi 2,7 36,7 39,1 21,6 100,0 338

Femmine 2,7 18,6 42,1 36,7 100,0 221

E

18-29 anni 0,9 40,2 50,4 8,5 100,0 117

30-49 anni 3,9 25,0 37,2 33,9 100,0 304

50-69 anni 1,4 30,4 38,4 29,7 100,0 138

70 anni e oltre - - - - 100,0 -

TITOLO DI STUDIO

Fino alla licenza elementare 8,2 42,6 39,3 9,8 100,0 61

Licenza media 4,1 40,2 36,1 19,6 100,0 219

Diploma 0,4 21,7 48,1 29,8 100,0 235

Laurea 2,1 - 23,4 74,5 100,0 47

OCCUPAZIONE Imprenditori, Liberi

Professionisti e Dirigenti 3,3 6,7 53,3 36,7 100,0 30

Lavoratori autonomi 11,3 22,7 60,8 5,2 100,0 97

Impiegati - 11,3 33,8 55,0 100,0 160

Operai 1,5 44,7 35,6 18,2 100,0 275

Totale Umbria 2,8 29,4 40,4 27,4 100,0 562

Tab. 4 - Settore di occupazione secondo la zona di residenza, il genere, l’età, il titolo di studio e l’occupazione in Umbria nel 2002

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pazione secondo il genere e coorte rispetto al dato nazionale. È comunque ipotizzabile che buona parte dell’incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavo- ro sia da ricondursi a due cause principali tra loro correlate: la prima, già menzionata nel primo capitolo, è il progressivo incremento della componente femminile nei livelli formativi formali post-obbligo. La seconda è l’espansione del settore dei servizi, pub- blici e privati.

La tabella 4 mostra la distribuzione degli intervistati umbri per settori di occupa- zione. Abbiamo distinto il settore terziario fra attività di servizi privati (servizi com- merciali, servizi alle imprese e servizi ai consumatori) ed attività proprie dei servizi pubblici (pubblica amministrazione e servizi sociali pubblici, quali ospedali e scuole).

Anche in questo caso è alquanto difficile parlare di una specificità del modello occupazionale umbro. Salvo per quelle che potremmo ritenere delle semplici oscilla- zioni stocastiche dei campioni, il dato medio esibito dagli umbri secondo genere, età, titolo di studio e condizione occupazionale, riportato nella tabella 4, è simile al dato nazionale (Tab. 5).

In entrambe le realtà esaminate è evidente il consistente processo di terziarizzazione in corso. Ormai più dei due terzi (67,8%) di tutti gli occupati umbri lo è nel settore terziario, solo 1,7 punti percentuali in meno del dato nazionale (69,5%). La differenza

Primario

(%) Secondario

(%) Terziario privato (%)

PPAA + S. Sociali (%)

Totale

(%) N.

intervistati SESSO

Maschi 4,1 33,2 39,0 23,7 100,0 2.849

Femmine 2,6 17,6 46,7 33,1 100,0 1.857

E

18-29 anni 2,8 34,2 49,9 13,0 100,0 967

30-49 anni 3,1 26,1 40,8 30,1 100,0 2.712

50-69 anni 5,5 22,9 37,9 33,8 100,0 1.027

70 anni e oltre - - - - 100,0 -

TITOLO DI STUDIO

Fino alla licenza elementare 10,4 39,5 39,9 10,2 100,0 636

Licenza media 4,3 34,7 43,3 17,8 100,0 1.847

Diploma 1,1 20,0 44,4 34,5 100,0 1.658

Laurea 0,4 9,0 33,6 57,0 100,0 565

OCCUPAZIONE Imprenditori, Liberi

Professionisti e Dirigenti 0,6 16,4 52,3 30,7 100,0 511

Lavoratori autonomi 8,3 22,8 66,6 2,3 100,0 980

Impiegati 0,2 14,6 31,8 53,4 100,0 1.311

Operai 4,2 40,7 33,7 21,4 100,0 1.904

Totale Italia 3,5 27,1 42,1 27,4 100,0 4.706

Tab. 5 - Settore di occupazione secondo il genere, l’età, il titolo di studio e l’occupazione in Italia nel 1999

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51 si concentra tutta nel settore del terziario privato, mostrando come l’economia umbra abbia ormai raggiunto un livello decisamente elevato di terziarizzazione e di specializzazione ‘postindustriale’, al quale si aggiunge, però, una migliore presenza dei servizi amministrativi e di welfare pubblici. Un modello occupazionale che, per quanto riguarda la composizione settoriale, è sicuramente comparabile a quello tipico delle maggiori economie avanzate europee.

Due punti percentuali di differenza contrassegnano il lieve maggior numero di occupati nel settore industriale, mentre 0,7 punti separano il minor tasso di occupati in agricoltura. Crediamo che per quest’ultimo dato, un po’ inferiore alle attese, valga quanto richiamato in precedenza sul periodo di rilevazione dell’indagine.

Una volta definito il quadro di riferimento complessivo a livello regionale, passia- mo ad analizzare alcune caratteristiche dell’occupazione per settori. Osserviamo, dunque, come rispetto alla residenza urbano/rurale dei soggetti, l’occupazione agri- cola risulti concentrata nei piccoli centri così come si verifica anche per quella indu- striale, mentre le attività terziarie – ed in particolare le attività pubbliche e dei servizi sociali – caratterizzano in maggioranza gli abitanti dei centri urbani di dimensioni maggiori, vale a dire Perugia e Terni. Si tratta di un risultato abbastanza scontato e che in sé riflette semplicemente quelle che sono le condizioni economiche ed urbane del territorio.

La distinzione di genere rivela invece alcuni tratti di fondo interessanti: per quanto infatti sia non scontato l’eguale tasso di occupazione maschile e femminile in agricol- tura, osserviamo come si realizzi una netta differenza di destinazioni occupazionali per genere fra industria e terziario, dove prevale nettamente l’occupazione maschile nei settori industriali e la presenza femminile nel terziario. Si tratta di un fenomeno di destinazione occupazionale per genere che è ben conosciuto in letteratura e che deve essere letto in termini di specializzazione occupazionale e settoriale, tipico delle eco- nomie avanzate. In Europa esso si evidenzia soprattutto nei paesi scandinavi, che realizzano in assoluto i più alti tassi di partecipazione femminile al mercato del lavoro ed al contempo registrano la più elevata destinazione occupazionale delle donne nei settori del welfare pubblico.

L’elevata terziarizzazione tipica ormai dell’economia nazionale si riflette anche nella disaggregazione degli occupati secondo le classi di età. Il terziario privato, infat- ti, sia in Umbria che in Italia assorbe ormai la maggioranza della forza lavoro e per i più giovani costituisce il mercato di sbocco primario, raccogliendone oltre la metà.

Sempre per quanto concerne la coorte dei più giovani, c’è da sottolinearne la quasi completa assenza nel settore primario e la scarsa presenza nella pubblica amministra-

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52

zione. Quest’ultimo dato è presente anche a livello italiano ed è dovuto in buona parte sia ai frequenti blocchi alle assunzioni nel settore pubblico – come si evidenzia dal tasso di occupati in questo settore che cresce al crescere dell’età – sia alla minore appetibilità economica e di carriera offerte da queste posizioni occupazionali.

Per le restanti classi di età, sempre per quanto riguarda il terziario privato, in Umbria la percentuale degli occupati decresce all’aumentare dell’età, così come in modo più evidente e sistematico si osserva nel dato nazionale.

Accanto al terziario è l’industria il secondo principale settore di ingresso nel mer- cato del lavoro umbro per le giovani generazioni. Il dato, di 6 punti percentuali supe- riore a quello italiano, vede come la componente di questo settore sia prevalentemen- te più giovane di quella del resto del paese. A scanso di equivoci, anche in questo caso è opportuno ricordare che buona parte dei membri di questa generazione è ancora all’interno del sistema formativo scolastico. Quelli che stiamo osservando, pertanto, sono per lo più soggetti che hanno o intrapreso percorsi formativi post-obbligo più brevi o interrotto gli studi in età giovane.

Il livello d’istruzione formale è andato crescendo, sia nella popolazione complessiva che all’interno dei differenti comparti e settori produttivi, passando dal settore primario al terziario, per raggiungere i livelli più elevati fra i dipendenti delle strutture pubbliche.

Si sottolinea a tale proposito come in Umbria i laureati risultino nella quasi totalità dei casi occupati nel terziario, con una decisa prevalenza del terziario pubblico, nel quale si concentrano i quattro quinti (74,5%) dell’intera popolazione occupata dei laureati. Il dato è rilevante se confrontato con il resto del paese dove meno dei tre quinti (57%) dei laureati è inserito nel settore pubblico. Per quanto possa risultare influenzato dalla ridotta numerosità dei soggetti in questione, rappresenta comunque un indicatore valido del fatto che il terziario pubblico è stato per un lungo periodo in passato forse l’unico canale di accesso al mercato del lavoro della forza lavoro più qualificata e dotata di un più elevato capitale umano della regione.

Degno di nota, infine, è il tasso di laureati in agricoltura (2,1%), ben cinque volte superiore a quello nazionale (0,4%): il dato segnala come in regione il settore agricolo si stia progressivamente qualificando e specializzando, puntando, come sta avvenen- do in altre regioni d’Italia, sull’innalzamento degli standard qualitativi dei prodotti.

Per quanto concerne, infine, le categorie occupazionali, la tabella 4 mostra come rispetto al dato nazionale, in Umbria sia riscontrabile una maggiore incidenza di impren- ditori, professionisti e dirigenti nei settori primario e terziario pubblico, mentre il dato nazionale vede prevalere il peso delle figure dirigenziali nell’industria e nel commercio.

In precedenza si era ricordato il ruolo dell’amministrazione pubblica quale compo-

(11)

53 nente essenziale della domanda di lavoro locale in passato: il dato degli impiegati (il 55% di essi risulta impiegato presso i servizi pubblici ed i servizi sociali) mostra come la realtà amministrativa locale abbia costituito e possa costituire un elemento impor- tante dell’economia e del mercato del lavoro locale e – come la letteratura sui sistemi di welfare mostra – anche un fattore di stratificazione sociale, proprio in conseguenza dell’insieme di opportunità occupazionali e di carriera offerte in passato alle genera- zioni adulte.

Infine, anche il dato degli operai mostra come la transizione da un’economia agri- cola-industriale ad un’economia dei servizi in Umbria si stia realizzando più o meno negli stessi tempi che nel resto d’Italia: la quota maggiore di operai si trova ancora nell’industria, con percentuali di poco superiori all’Italia (44,7% contro 40,7%); in agricoltura le quote di operai umbri sono inferiori alla media nazionale (1,5% contro

Umbria Italia

SESSO Maschi

Femmine 0,29 0,32

E 18-29 anni

30-49 anni 5,17 4,03

50-69 anni 1,07 0,91

70 anni e oltre 0,02 0,05

TITOLO DI STUDIO Fino licenza elementare

Licenza media 3,12 2,25

Diploma 4,74 2,60

Laurea 8,24 8,23

Costante 0,42 0,55

Valori di adattamento dei modelli

Regione Umbria: Italia:

N = 1.247 N = 10.482

Pseudo R2L = 0,50 Pseudo R2L = 0,40

Casi correttamente classificati = 76,2 Casi correttamente classificati = 72,8

La tabella riporta i parametri, espressi in forma moltiplicativa, dei modelli di regressione logistica binomiale tramite i quali abbiamo stimato gli effetti dell’appartenenza alla popolazione di riferimento o, invece, a quella residua sulle possibilità di essere occupati, anziché di non esserlo. Poiché sono espressi in forma moltiplicativa, i parametri in questione si configurano come odds ratios (stimati) delle possibilità in questione. Pertanto, quando essi sono prossimi a 1 le probabilità di essere occupati sono statisticamente indipendenti dall’appartenenza a una popolazione piuttosto che all’altra. In altre parole, la (limitata) differenza riscontrabile tra la proporzione di soggetti che si definiscono occupati entro la popolazione di riferimento e la corrispondente proporzione entro la popolazione residua deve ritenersi casuale e non sistematica.

Tab. 6 - Parametri in forma moltiplicativa dei modelli binomiali di regressione logistica utilizzati per stimare le diseguaglianze nelle possibilità di essere occupati in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

(12)

54

4,2%); leggermente superiore alla media nazionale è la quota di occupati nel terziario privato (35,6% contro 33,7%) e di poco inferiore quella nel settore pubblico (18,2%

contro 21,4%).

Il confronto con i dati nazionali non apporta ulteriori novità al quadro sin qui delineato (Tab. 5); osserviamo solo come in Umbria sembrano essere più evidenti, rispetto al resto del paese, i segnali dell’evoluzione verso quell’economia dei servizi che è tipica delle società avanzate, mentre i processi di terziarizzazione sembrano aver coinvolto di più i lavoratori dipendenti che quelli autonomi.

La tabella 6 illustra infine due modelli di regressione logistica binomiale che valu- tano, per la regione Umbria e per l’Italia, la probabilità di essere occupati. I modelli riportano valori che danno una misura del ‘vantaggio concorrenziale’ che la specifica categoria in oggetto ha rispetto alla categoria scelta come ‘base’ di riferimento. Poiché il valore 1 indica una situazione di parità di possibilità (ossia di mancanza di discrimi- nazione rispetto alla dimensione considerata) tanto più è superiore ad 1, tanto mag- giore sarà il vantaggio concorrenziale delle categoria in oggetto rispetto alla categoria

‘base’2.

Dai modelli, sostanzialmente equiparabili, notiamo come emergano confermate le letture che abbiamo sin qui proposte, sulla base dei dati delle tavole precedenti. Ad avere maggiori probabilità di essere occupati sono innanzitutto gli uomini (categoria

‘base’) rispetto alle donne, in maniera sostanzialmente analoga in Italia ed in Umbria, e gli adulti 30-49enni più di ogni altra classe di età (in questo caso la categoria di

‘base’ è costituita dai giovani).

Entrambi i modelli riportano poi valori crescenti dei coefficienti che si riferiscono ai livelli di istruzione formale in rapporto alle possibilità di essere occupati: nonostan- te in passato si sia scritto molto di ‘disoccupazione intellettuale di massa’, vediamo come in realtà un titolo di studio elevato rappresenti tuttora una garanzia di occupa- zione. Sia in Umbria che in Italia, i soggetti meno istruiti sono infatti i più svantaggiati dal punto di vista delle possibilità d’ingresso nel mercato del lavoro: quello che gli economisti chiamano il capitale umano, in altre parole, fa differenza.

Ciò che emerge, dunque, dai valori riportati nella tabella 6 – sia regionali che na- zionali – è innanzitutto un modello per cui risultano occupati in prevalenza i maschi adulti delle fasce centrali di età, a ‘scapito’ delle opportunità occupazionali delle don- ne, dei giovani e di quanti, ormai raggiunta una certa soglia di età, si sono ritrovati espulsi dal mercato del lavoro. Comunque, alcune differenze interessanti fra regione e

2 Per l’interpretazione dei parametri, si veda anche la nota esplicativa alla tabella. Sul concetto e sulla misura di “vantaggio concorrenziale” ritorneremo nel capitolo seguente.

(13)

55 Italia si evidenziano. Osserviamo come il modello occupazionale umbro risulti legger- mente meno penalizzante, rispetto a quello nazionale, per le fasce occupazionali ‘debo- li’ con diseguaglianze di possibilità meno marcate. L’eccezione è rappresentata dalle donne, che in Umbria, hanno una probabilità di essere occupate minore al resto d’Ita- lia: è un dato che chiama ad un approfondimento della riflessione istituzionale sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro.

3.4 La ricerca di lavoro

Sulla base dei dati nazionali precedentemente commentati, che registrano pari tassi di occupazione e un tasso di disoccupazione stimato dall’indagine lievemente inferiore (7,9%) di quello rilevato da ILFI a livello nazionale (9,9%) nel 1999, non possiamo stupirci se – nel campione dell’Indagine Retrospettiva sulle Famiglie Umbre – i residenti in Umbria che si dichiarano in cerca di un’occupazione sono un numero piuttosto ristretto.

Come precedentemente ricordato nel capitolo introduttivo, le definizioni di di- soccupato ed occupato differiscono dalla più conosciuta definizione ISTAT e si discostano per difetto dalle stime ufficiali. Poiché comunque il campionamento ef- fettuato ha permesso di garantire adeguata copertura e significatività statistica ai dati raccolti a livello regionale, l’osservazione delle caratteristiche di questi indivi-

N. risposte % casi

Iscrizione all’ufficio di collocamento 28 58,3

MERCATO

Ricorso alle inserzioni sulla stampa 5 10,4

Risposto a inserzioni sulla stampa 9 18,8

Effettuato colloqui in aziende 5 10,4

Ricorso ad agenzie di collocamento private 4 8,3

Contatti diretti con le aziende 15 31,3

PUBBLICO

Concorsi nel settore pubblico 13 27,1

RETI SOCIALI

Informazioni da familiari 2 4,2

Informazioni da parenti 1 2,1

Informazioni da amici 7 14,6

Informazioni da conoscenti 13 27,1

Altro 9 18,8

Totale (48 casi) 111 231,2(*)

Numero di azioni di ricerca: media = 2,31; mediana = 2,0; moda = 1,0

(*) La somma delle percentuali è maggiore di 100 perché ciascun intervistato poteva indicare più modalità di risposta.

Tab. 7 - Distribuzione degli individui intervistati in cerca di un lavoro, secondo il tipo di azione di ricerca di impiego messa in atto in Umbria nel 2002

(14)

56

dui mantiene non solo il suo interesse conoscitivo, ma anche una sua legittima valenza inferenziale.

La tabella 7 distingue le modalità di ricerca del lavoro in tre categorie: l’iscrizione all’ufficio di collocamento, il ricorso al “mercato” e alle reti sociali.

Dai dati riportati nella tabella 7 osserviamo come i metodi di ricerca più utilizzati siano, oltre all’iscrizione all’Ufficio di Collocamento (che deve essere però considerata più come un necessario passaggio burocratico-amministrativo che non una modalità di ricerca attiva di impiego), soprattutto i contatti diretti con le aziende e il ricorso alla comunicazione pubblica (stampa). Accanto a queste strategie formali altre di carattere informale si affiancano ad esse attraverso la raccolta di informazioni attraverso la rete familiare-parentale ed amicale. Il dato ripropone quella che è una realtà comune all’inte- ro mercato del lavoro nazionale, che vede i contatti di tipo relazionale come uno fra i canali più comunemente utilizzati dall’offerta di lavoro per cercare una occupazione.

La diffusione dei canali informali/relazionali quali veicoli d’accesso all’impiego diviene comprensibile allorché si consideri come, accanto ad una oggettiva limitatez- za degli investimenti in politiche attive per l’impiego nel nostro paese (specie se valu- tate rispetto a quanto, per la stessa voce di spesa, viene investito nel resto della comu- nità europea), esiste una sostenuta rigidità della struttura occupazionale, che conduce a sua volta ad una oggettiva difficoltà di accesso all’impiego (in particolare per i gio- vani senza precedenti esperienze lavorative e per gli individui con scarse qualificazio- ni professionali). La conseguenza di questo stato di cose, per quel che qui ci riguarda, è che l’impiego diviene un vero e proprio “bene durevole” (ricordiamo il limitato numero di cambi di occupazione) sul quale sia la domanda di lavoro che l’offerta investono parecchie delle loro energie e delle loro aspettative, con la conseguenza che il matching fra le due parti del mercato del lavoro finisce con l’essere una situazione altamente onerosa. L’elemento che a questo punto entra in gioco quale strumento di riduzione dei costi di transazione fra le parti è la “fiducia”, il capitale sociale condivi- so, come è stato definito dalla letteratura più recente. Fiducia, dunque, che viene veicolata da una terza parte che funziona da “contatto” ma anche da “mediatore- garante” fra chi è in cerca di un impiego e chi è in cerca di un lavoratore in possesso delle appropriate caratteristiche e qualificazioni.

Comunque, le reti informali non possono certo rappresentare, specialmente in una società ad economia avanzata, il solo canale per accedere al mercato del lavoro e il mercato, cioè il libero incontro di domanda e offerta d’impiego, si rivela, anche in Umbria, la modalità di ricerca di lavoro più comune, oltre ad essere, per definizione, anche la più trasparente.

(15)

57 Nelle tabelle 8 e 9, rispettivamente per l’Umbria e per l’Italia, sono riportati i dati relativi alle strategie di ricerca adottate dai soggetti intervistati in Umbria e in Italia, distinti a seconda della residenza, del genere, dell’età e del titolo di studio.

Le prime due colonne riportano la quota di popolazione alla ricerca di una occupa- zione che ha dichiarato di aver compiuto come unica azione di ricerca quella di essersi iscritti all’Ufficio di Collocamento. Dalla valutazione dei risultati di questa parte della tabella si evince da subito il minor ricorso (12,5%) degli umbri alla sola iscrizione all’Uf- ficio di Collocamento se confrontata col 25,7% del dato nazionale. Così, per gli umbri la ricerca di una occupazione è la combinazione di una pluralità di canali alternativi.

Nella composizione interna prevalgono i maschi, le persone al termine della loro carriera lavorativa (probabilmente disoccupati) e chi è in possesso della scuola del- l’obbligo: categorie, le ultime due, che segnalano come per una certa fascia di popola- zione svantaggiata sia estremamente difficile acquisire strategie di ricerca che per- mettano loro di uscire dallo stato di disoccupazione.

La seconda parte delle tabelle 8 e 9 presenta la composizione (in termini percen- tuali) delle restanti strategie di ricerca adottate dai soggetti. In questo caso il dato va inteso come la quota parte del mix di azioni che ogni individuo può operare combi- nando al contempo quote di pubblico, di mercato e di reti sociali. Vale a dire che i 42 soggetti intervistati in Umbria che hanno compiuto una o più azioni diverse dall’iscri- versi all’Ufficio di Collocamento mediamente hanno combinato un quinto di pubbli- co, un quinto di reti e tre quinti di mercato: cocktail abbastanza simile a quello esibito dai soggetti alla ricerca di una occupazione a livello nazionale.

Abbiamo già ricordato come il numero limitato di individui in cerca di lavoro im- ponga una certa prudenza nell’estendere le osservazioni sulla ricerca d’impiego al potenziale universo di riferimento. Pur con la necessaria cautela, osserviamo comun- que come le reti sociali risultino più utilizzate per cercare lavoro nei grandi centri, dove evidentemente è più facile per le persone conoscersi ed essere a conoscenza delle eventuali opportunità occupazionali; dalle donne più che dagli uomini; dagli adulti (30-49 anni) più che dai giovani e dagli individui meno istruiti.

Queste caratteristiche riconfermano precedenti risultati di ricerche condotte in ambito nazionale, che hanno sottolineato il rischio che le “reti” finiscano col rappre- sentare l’unica risorsa disponibile per gli individui in posizioni socialmente più deboli:

a questo punto, però, appare del tutto evidente come più che di “risorse sociali” si dovrebbe parlare di mancanza di alternative praticabili.

La tabella 9 riporta la medesima ripartizione dei canali di ricerca d’impiego riferita ai valori nazionali. Il dato dei “concorsi pubblici” va inteso come partecipazione ai

(16)

58

Iscritti solo all’ufficio di collocamento (%)

N. Concorsi Pubblici (%)

Mercato

(%) Reti sociali (%)

Totale

(%) N.

intervistati

SESSO

Maschi 24,3 333 17,8 55,8 26,4 100,0 252

Femmine 26,8 429 20,2 52,7 27,1 100,0 314

E

18-29 anni 29,0 411 22,6 53,8 23,6 100,0 255

30-49 anni 22,1 267 19,8 56,3 23,9 100,0 171

50-69 anni 26,7 60 2,6 45,5 51,9 100,0 39

70 anni e oltre 8,3 24 0,0 54,5 45,5 100,0 12

TITOLO DI STUDIO Fino licenza

elementare 30,5 118 8,7 41,4 49,8 100,0 61

Licenza media 28,7 279 7,1 59,0 33,9 100,0 170

Diploma 23,2 311 31,1 53,6 15,3 100,0 206

Laurea 14,8 54 27,6 58,2 14,2 100,0 40

Totale Italia 25,7 762 19,1 54,1 26,7 100,0 566

Tab. 9 - Canali di ricerca di impiego secondo la zona di residenza, il genere, l’età e il titolo di studio in Italia nel 1999

Iscritti solo all’ufficio di collocamento (%)

N. Concorsi Pubblici (%)

Mercato

(%) Reti sociali (%)

Totale

(%) N.

intervistati

RESIDENZA

Grandi centri 11,8 17 18,1 58,6 23,3 100,0 15

Medi centri 14,3 14 37,5 41,7 20,8 100,0 12

Piccoli centri 11,8 17 8,9 68,9 22,2 100,0 15

SESSO

Maschi 18,8 16 19,2 60,3 20,5 100,0 13

Femmine 9,4 32 20,8 56,2 22,9 100,0 29

E

18-29 anni 12,0 25 20,1 58,7 21,2 100,0 19

30-49 anni 10,0 20 22,9 51,2 25,9 100,0 15

50-69 anni 33,3 3 0.0 100.0 0.0 100,0 2

70 anni e oltre - - - - - 100,0 -

TITOLO DI STUDIO Fino licenza

elementare - - - - - - -

Licenza media 26,3 19 0,9 70,5 28,6 100,0 14

Diploma 4,3 23 30,3 49,6 20,1 100,0 22

Laurea - 6 29,2 55,5 15,3 100,0 6

Totale Umbria 12,5 48 20,3 57,4 22,2 100,0 42

Tab. 8 - Canali di ricerca di impiego secondo la zona di residenza, il genere, l’età e il titolo di studio in Umbria nel 2002

(17)

59 concorsi nella pubblica amministrazione, che sono la modalità di ricerca d’impiego in cui maggiore è la presenza di donne, giovani e laureati.

3.5 Le fonti di sostentamento dei non occupati

Agli individui non occupati, che sono in tutto 678, è stata sottoposta una batteria di quesiti volti a rilevare, in assenza di redditi da lavoro, le fonti alternative di sostenta- mento. La tabella 10, che distingue varie fonti di reddito (pensioni, rendite, ricorso al denaro risparmiato) fornisce tale distribuzione in regione e il corrispondente dato medio nazionale.

Possiamo innanzitutto vedere come in regione la prima fonte di sostentamento fra i non occupati al momento dell’intervista è la pensione (60%), seguita dal reddito di altri familiari conviventi 47,9%.

La tabella 11 riporta la distribuzione in regione dei soggetti non occupati al momento dell’intervista, secondo le principali caratteristiche individuali e le differenti fonti di sostentamento. Osserviamo come, rispetto alla dimensione dei centri di residenza, non si evidenzino sostanziali differenze. Non così nel genere, dove la distinzione rivela una netta dicotomizzazione fra la modalità di sostentamento caratteristica degli uomini, costituita dalle pensioni, e quella delle donne, che invece è la famiglia.

Il dato va naturalmente interpretato alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti riguardo al modello occupazionale realizzatosi in Italia.

La netta dicotomizzazione fra famiglia e pensioni quali fonti di reddito per i non occupati risulta anche dall’intersezione con le classi di età dei soggetti: i più giovani,

Umbria Italia

N. risposte % casi N. risposte % casi

Pensioni 407 60,0 2.516 50,6

Rendite 0 0,0 77 1,5

Sussidio di disoccupazione 3 0,4 26 0,5

Lavori saltuari 2 0,3 102 2,1

Redditi di altri familiari 325 47,9 2.594 52,2

Borse di studio 3 0,4 9 0,2

Risparmi 6 0,9 102 2,1

Altro 5 0,7 79 1,6

Totale casi 678 4.970

Totale risposte 751 110,8(*) 5.505 110,8(*)

(*) Potendo gli intervistati indicare più modalità di risposta contemporaneamente, la somma delle percentuali è maggiore di 100.

Tab. 10 - Fonti di sostentamento degli individui non occupati in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

(18)

60

quando sono privi di un reddito da lavoro vivono all’interno della famiglia di origine, nel caso dei figli maschi, o all’interno di quella acquisita, nel caso delle giovani spose.

Gli anziani, al contrario, indicano la pensione come unica fonte del loro sostenta- mento. Si tratta di fenomeni abbastanza comuni dato il modello di welfare vigente nel nostro paese.

Più interessante è la distribuzione delle differenti fonti in relazione al titolo di studio posseduto dai rispondenti non occupati.

Vediamo infatti che mentre le pensioni rappresentano la principale fonte di reddito delle persone meno istruite, per i livelli di istruzione più elevati (soprattutto diplomati) cresce l’importanza della famiglia quale fattore di garanzia nei confronti dei rischi sociali (in particolare del rischio sociale dato dalla non occupazione).

Se l’elevata quota di persone con il solo titolo elementare che vive con una pensione si spiega considerando che siamo in presenza di persone anziane, l’importanza della famiglia fra licenziati dalla scuola dell’obbligo e i diplomati trova la sua ragione nel fatto che si tratta nella stragrande maggioranza di giovani e di donne.

Ci troviamo di fronte, in questo caso, a quello che costituisce il vero punto di debolezza, oltre che di reale iniquità, del modello italiano di welfare: l’esclusione delle donne dalla partecipazione attiva al lavoro.

La sostanziale esclusione delle giovani donne dall’occupazione e la loro internalizzazione nella famiglia in qualità di addette ai compiti di cura e di riproduzio-

Pensioni Rendite Sussidi Lavori

saltuari Famiglia Risparmi Altre

fonti Totale N.

RESIDENZA

Grandi centri 55,2 0,0 0,4 0,9 40,4 1,3 1,8 100,0 212

Medi centri 53,4 0,0 0,5 0,0 44,1 1,0 1,0 100,0 178

Piccoli centri 54,0 0,0 0,3 0,0 44,8 0,3 0,6 100,0 288

SESSO

Maschi 69,1 0,0 0,7 0,3 26,9 1,7 1,4 100,0 273

Femmine 44,2 0,0 0,2 0,2 54,2 0,2 0,9 100,0 405

E

18-29 anni 0,0 0,0 0,0 0,0 94,7 3,5 1,8 100,0 109

30-49 anni 12,1 0,0 1,1 1,1 81,3 2,2 2,2 100,0 86

50-69 anni 64,7 0,0 0,7 0,3 33,2 0,0 1,0 100,0 267

70 anni e oltre 81,7 0,0 0,0 0,0 17,9 0,0 0,4 100,0 216

TITOLO DI STUDIO

Fino alla licenza

elementare 71,4 0,0 0,2 0,2 27,4 0,0 0,7 100,0 362

Licenza media 40,3 0,0 1,1 0,0 56,8 0,6 1,1 100,0 164

Diploma 20,6 0,0 0,0 0,7 73,5 3,7 1,5 100,0 128

Laurea 50,0 0,0 0,0 0,0 46,2 0,0 3,8 100,0 24

Totale Umbria 54,2 0,0 0,4 0,3 43,3 0,8 1,1 100,0 678

Tab. 11 - Fonti di sostentamento degli individui non occupati secondo la zona di residenza, il genere, l’età, il titolo di studio in Umbria nel 2002

(19)

61 ne comporta un parallelo incremento della loro dipendenza dalla famiglia per quanto concerne le loro stesse opportunità di reddito e di sostentamento.

Si tratta di un problema sociale nazionale, ampiamente segnalato in letteratura e che qui vediamo delineato con particolare evidenza anche dai dati umbri.

Da ultimo, la presenza di un numero estremamente ridotto di laureati non occupati rappresenta una conferma indiretta dell’importanza del titolo di studio e del capitale umano quali elementi di “protezione individuale” dal rischio sociale costituito dalla mancanza di lavoro. Oltre la metà (54,5%) dei laureati non occupati intervistati, in- fatti, è pensionato.

3.6 L’accesso al lavoro

In questo paragrafo si parlerà degli occupati e delle modalità di accesso al lavoro.

Dell’età in cui ciò avviene per la prima volta, dei canali che sono stati utilizzati a questo scopo e del tipo di lavoro cui essi portano.

3.6.1 L’età al primo lavoro

A quale età i nostri intervistati hanno iniziato a lavorare, in modo stabile e non occasionale? Qual è stato l’andamento nel tempo dell’età d’ingresso nel mercato del lavoro in regione?

Esistono differenze significative fra le diverse coorti rispetto all’età in cui hanno iniziato a guadagnarsi il pane?

Quanto gli andamenti in regione si discostano da quelli nazionali?

La tabella 12 e le figure 1 e 2 danno una prima risposta alle domande appena poste.

In esse, possiamo osservare come l’età mediana al primo impiego (Tab. 12) sia lenta- mente, ma in modo costante, cresciuta nel corso del secolo, in Italia come anche in regione. In cinquant’anni l’età mediana di ingresso è passata da 18 a 20 anni per la regione Umbria e da 16 a 20 per l’Italia. Il dato sembra porre in evidenza un maggiore

Età Umbria N. Italia N.

18-29 anni 20 131 20 1.192

30-49 anni 20 368 20 3.324

50-69 anni 19 363 17 2.628

70 anni e oltre 18 193 16 1.057

Totale 20 1.055 19 8.201

Tab. 12 - Età mediana d’ingresso alla prima occupazione in Umbria nel 2002 e in Italia nel 1999

(20)

62

ritardo delle coorti più anziane umbre nell’ingresso sul mercato del lavoro rispetto a quelle del resto della nazione.

Abbiamo deciso di rappresentare gli andamenti effettivi attraverso una curva che interpola con il “metodo Lowness”3 la nuvola dei punti relativa al posizionamento di ogni intervistato nello spazio definito dalle due dimensioni dell’età d’ingresso nel mercato del lavoro e del suo anno di nascita. Le curve presentate nelle figure 1 e 2 mostrano come le età d’ingresso in regione non siano affatto difformi a quelle osser- vate per il resto della nazione.

È da subito utile, comunque, fare una precisazione. Il dato delle generazioni più giovani (sia che faccia riferimento alla media nazionale che a quella regionale) è ripor- tato per completezza informativa, ma è, per così dire, soggetto ad un “vizio d’origi- ne”, che abbassa artificiosamente il trend temporale. Esso è determinato dal fatto che la leva dei nati negli anni 1968-1978 non è ancora interamente approdata nel mercato del lavoro, vuoi perché ancora impegnata negli studi universitari, vuoi perché ancora in cerca d’impiego.

Detto questo osserviamo, comunque, come l’età d’inizio lavoro sia cresciuta dai 15-16 anni degli anni trenta (approssimativamente il periodo in cui gli appartenenti alla prima coorte, cioè i nati sino al 1917, si sono presentati sul mercato del lavoro) ai 19-20 anni degli appartenenti alla coorte 1958-1967, che si sono presentati sul merca- to del lavoro fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta.

3 È una procedura grafica di interpolazione della nuvola dei punti ottenuta dal punto medio fra quelli di ogni intervallo di misurazione.

Fig. 1 - Età di accesso alla prima occupazione in Italia nel 1999 e in Umbria nel 2002

(21)

63 Un simile incremento di 4-5 anni è addebitabile per certi versi alla progressiva chiusura del mercato del lavoro che nel frattempo si è realizzata nel nostro paese: i dati macroeconomici mostrano infatti come il periodo in cui la coorte 1958-1967 si presentava sul mercato del lavoro – sostanzialmente gli anni ottanta – è coinciso con una crescita repentina della disoccupazione in tutta Europa, il che ha oggettivamente accresciuto le difficoltà dei giovani di ottenere un impiego. È anche vero, però, che buona parte dell’incremento d’età d’ingresso al mercato del lavoro è da addebitarsi all’innalzamento del livello di scolarità verificatosi nella popolazione italiana.

La figura 2 mostra sia come i diversi titoli di studio conseguiti, sia, anche se in modo meno marcato, gli effetti appena citati di ciclo economico, condizionano l’età media di ingresso nel mercato del lavoro. Per il ciclo economico, esempio ne è l’anda- mento a U delle età d’ingresso nel primo lavoro dei laureati, che inizia con la ricostru- zione nel dopoguerra e termina con la prima crisi economica dei primi anni sessanta.

Accanto a ciò, però, quello che ci preme mettere in evidenza è innanzitutto la generale stabilità dell’età d’ingresso al primo lavoro4a partire dalla fine degli anni trenta fra coloro che hanno conseguito al massimo la scuola dell’obbligo.

4 Per le generazioni più giovani, la flessione delle curve non segnala la riduzione dell’età d’ingresso al mercato del lavoro, bensì, il minor numero di soggetti che non hanno ancora compiuto la transizione al lavoro in quanto ancora impegnati a scuola.

Fig. 2 - Età di ingresso alla prima occupazione secondo il titolo di studio in Italia nel 1999 e in Umbria nel 2002

Nota: le figure riportano le curve d’interpolazione delle nuvole di punti date dall’età d’ingresso nel mercato del lavoro secondo l’anno di nascita dell’intervistato. Sono da considerarsi come semplici indicazioni dell’età media d’ingresso in ogni anno di nati in Umbria e in Italia nel mercato del lavoro.

(22)

64

Questo ci porta a ritenere che buona parte dell’innalzamento dell’età al primo la- voro non sia dovuta solo ad una maggiore difficoltà d’ingresso nel mercato del lavoro, ma soprattutto al generale cambiamento della composizione interna della popolazio- ne secondo il titolo di studio: cioè, l’età d’ingresso nel primo lavoro si sta progressiva- mente innalzando in quanto sempre più gente prosegue gli studi dopo la scuola del- l’obbligo e, quindi, sempre più tardi si pone alla ricerca della prima occupazione.

3.6.2 I canali di accesso all’attuale lavoro

Stato, mercato e reti sociali costituiscono le tre modalità d’incontro fra domanda e offerta di lavoro in Regione, che portano all’accesso, cioè, al mercato del lavoro di- pendente. La prima si riferisce alle opportunità occupazionali offerte dagli uffici di collocamento e/o dai concorsi nel settore pubblico, mentre per “Mercato” e “Reti sociali” si intendono quelle già viste in tavole precedenti relative alla ricerca di lavoro.

La domanda, per ovvi motivi, era stata posta ai soli lavoratori dipendenti nonché ai consulenti/collaboratori. In questo modo abbiamo una raffigurazione abbastanza precisa delle modalità di regolazione del processo di job matching nel mercato del lavo- ro “dipendente”, di diritto come di fatto5.

Il primo risultato di ricerca (Tab. 13), già abbondantemente noto, riguarda l’assolu- ta incapacità degli uffici di collocamento pubblici di fungere da mediatori fra doman- da e offerta di lavoro nel favorirne l’ingresso di chi cerca lavoro. Nel complesso solo il 4,4% degli attuali occupati ha infatti trovato lavoro grazie all’ufficio di collocamento.

Il dato, inoltre, è leggermente inferiore a quello nazionale (5,3%).

Il secondo risultato da sottolineare riguarda l’assoluta mancanza di una specificità umbra nei canali di accesso al mercato del lavoro rispetto al dato nazionale, come si evidenzia dal confronto tra la tabella 13 e la tabella 14 che riporta il dato nazionale.

In entrambe le popolazioni con un valore numerico assai simile troviamo al primo posto il mercato (38,8%) quale criterio di regolazione degli accessi all’occupazione, seguono le appartenenze comunitarie e relazionali, con il 33,7%, ed infine le modalità

“istituzionali pubbliche” – i concorsi – con il 23,1% degli accessi.

Rispetto alle medie nazionali il dato regionale non si discosta di molto, anche se il mercato del lavoro umbro appare in questo confronto leggermente meno regolato dai meccanismi di mercato, a favore della regolazione informale applicata dalle reti sociali.

Procedendo con l’analisi delle specifiche dimensioni individuali, risulta che, per

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