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La residenza delle persone fisiche nell ambito delle convenzioni contro la doppia imposizione

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Academic year: 2022

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Federico Bertocchi Associate

Lovisolo & Partners Avvocati, Genova federico.bertocchi@lovislex.it

Analisi afferente gli elementi principali della residenza fiscale delle persone fisiche in riferimento ai rapporti internazionali

La residenza delle persone fisiche nell’ambito delle convenzioni contro la doppia imposizione

La maggior parte degli ordinamenti regola la propria potestà impositiva in funzione della residenza fiscale di una persona (sia essa fisica o giuridica). Alla luce delle diverse discipline nazionali in materia di residenza fiscale, sono frequenti i casi in cui una persona fisica venga assoggettata ad imposizione sui redditi ovunque prodotti, nello stesso periodo d’imposta, da due Stati differenti, in quanto considerata (in entrambi i Paesi) residente fiscalmente. Per risolvere queste fattispecie, negli anni sono state stipulate delle CDI che si rifanno (in massima parte) al M-OCSE. Per quanto attiene la residenza fiscale, l’art. 4 M-OCSE pone dei criteri di collegamento utili a stabilire quale dei due Stati abbia lo ius impositionis sul reddito del soggetto passivo. L’analisi delle cd. “tie-breaker rules” non può prescindere dall’approfondimento delle sensi- bilità dei singoli ordinamenti, per quanto attiene la prassi e la giurisprudenza interna.

I. Introduzione

Il fenomeno della doppia imposizione[1] giuridica internazio- nale è definito come “l’imposizione – di tributi similari – in due (o più) Stati, in capo allo stesso contribuente, sulla base di un identico presupposto e con riferimento al medesimo periodo d’imposta”[2]. Si possono dunque verificare fattispecie di doppia imposizione in riferimento ad un reddito, ad un bene ovvero ad un atto che è oggetto di imposizione fiscale in due o più Stati, allo stesso tempo, in ragione della legislazione interna dei Paesi coinvolti.

È possibile, dunque, formulare alcuni esempi per delineare come (e quando) la doppia imposizione si manifesti. Infatti, potrebbe accadere che:

a) una persona sia considerata fiscalmente residente sia nello Stato A che nello Stato B (in forza della rispettiva legisla- zione interna); a causa di tali normative interne, il soggetto risulterebbe debitore d’imposta in entrambi gli Stati, per i redditi ovunque prodotti nel mondo[3];

b) oppure un soggetto potrebbe risiedere fiscalmente nel Paese A (che adotta un criterio di tassazione basato sulla cd. “worldwide taxation”[4]) e allo stesso tempo potrebbe percepire redditi nello Stato B (che a sua volta applica il cri- terio della tassazione territoriale[5]); in questo caso parte del medesimo reddito della persona verrebbe tassato due volte, contemporaneamente, in entrambi gli Stati[6].

[1] Per approfondimenti si rinvia a Alessandro Dragonetti, Valerio Piacen- tini, Anna Sfondrini, Manuale di fiscalità internazionale, Milano 2016, p. 53.

[2] Cfr. OCSE, Modello di Convenzione fiscale, Parigi 2017, Introduzione, p. 9 (traduzione libera dell’autore).

[3] Tale fattispecie è definita come cd. “doppia imposizione soggettiva” in ragione del fatto che viene ad identificarsi in presenza dello status di residente (determinato in applicazione di una – possibile – similare normativa nazionale, degli Stati contraenti interessati), in capo al medesimo soggetto passivo.

[4] Criterio in base al quale lo Stato ha lo ius impositionis, quindi, il diritto ad imporre la propria tassazione, sui redditi prodotti in tutto il mondo, purché rife- ribili al soggetto in questione.

[5] Criterio in base al quale lo ius impositionis (esercitabile dallo Stato) è limitato ai redditi effettivamente prodotti nello Paese.

[6] Tale fattispecie è definibile come cd. “doppia imposizione oggettiva”.

I. Introduzione ...346

II. La residenza fiscale secondo il M-OCSE ...348

A. La ratio dell’art. 4 M-OCSE ...348

B. I criteri a cascata...348

1. Il primo criterio di collegamento: l’abitazione permanente ...348

2. Il secondo criterio di collegamento: il centro degli interessi vitali ... 349

3. Il terzo criterio di collegamento: il soggiorno abituale .... 349

4. Il quarto criterio di collegamento: la nazionalità ... 350

5. Il quinto criterio di collegamento: la procedura amichevole ... 350

III. Il trasferimento di residenza fiscale nel corso dell’anno d’imposta ...350

IV. Conclusioni ...350

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Gli Stati, al fine di arginare le difficoltà che si possono incontrare nel caso in cui due o più ordinamenti considerino residente fiscalmente uno soggetto (il quale verrebbe sot- toposto ad una tassazione per i redditi ovunque prodotti in entrambi i Paesi), hanno tentato di eliminare il fenomeno della doppia imposizione meditante l’adozione di misure unilaterali;

in questo senso sono state previste delle esenzioni del reddito di fonte estera (si pensi, ad es., alla Svizzera) oppure il ricono- scimento di un credito d’imposta (si pensi ad es. all’Italia[14]).

La maggior parte degli ordinamenti, alla luce dei numerosi conflitti in materia, ha ritenuto fondamentale elaborare e rendere efficaci delle convenzioni bilaterali internazionali contro le doppie imposizioni (CDI), finalizzate a risolvere – appunto – i casi di doppia imposizione internazionale.

Dalla volontà di coordinare con maggiore efficacia gli accordi bilaterali in materia fiscale, l’OCSE ha elaborato negli anni (ed aggiornato[15]) un Modello di Convenzione fiscale (M-OCSE) adottabile dagli Stati, per regolare e dirimere queste fattispe- cie tributarie.

Il M-OCSE è, dunque, composto da una prima parte dedi- cata agli articoli e da una sezione, che segue, denominata Commentario. Per quanto il Commentario non abbia alcuna forza di legge[16], fornisce comunque importanti chiarimenti[17] in merito alle spesso complicate disposizioni convenzionali; infatti, anche le autorità giudiziarie di diversi ordinamenti hanno iniziato ad utilizzare compiutamente il Commentario: ad es., in diverse sentenze anche italiane[18], sono state richiamate parti del Commentario al M-OCSE, quale utile ausilio interpretativo.

[14] Questo è quanto prevede l’art. 165 del Testo Unico delle Imposte sui Red- diti (TUIR), rubricato “Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero”.

[15] Cfr. Piergiorgio Valente, Il Modello OCSE di Convenzione contro le dop- pie imposizioni: profili di novità, in: il fisco, n. 6/2018.

[16] Così come non ha forza di legge il M-OCSE (al pari di quello elaborato dalle Nazioni Unite) in quanto lo stesso, come detto, rappresenta solo una proposta di CDI per gli Stati contraenti interessati.

[17] Cfr. OCSE (nota 2), Introduzione, par. 28 ss.

[18] Si pensi alle sentenze del 2 febbraio 2000 n. 1122 e del 28 luglio 2000 n. 9942, in cui la Corte di Cassazione ha affermato che “quanto al modello OCSE in materia di doppie imposizioni, esso non contiene norme direttamente applicabili nell’ordinamento interno ma costituisce soltanto un modello che può ispirare gli Stati membri nella conclusione di convenzioni bilaterali”. Il Commentario è stato oggetto di attenzione nella sentenza n. 17206 del 2006 della Suprema Corte la quale, pronunciandosi in materia di stabile organizzazione, ha riconfermato che “il Commentario al Modello OCSE non ha forza di legge e deve essere considerato, al pari di una raccomandazione verso i Paesi aderenti all’Ocse, privo di forza vincolante per il giudice nazionale”. Tale orientamento è stato successivamente confermato in diverse pronunce della Corte ed in particolare – pedissequamente riproposto – nella sentenza del 15 febbraio 2008 n. 3889. In senso contrario anche se unica eccezione si esprime la sentenza della Cassazione sezione penale dell’11 gen- naio 2014 n. 1811 riguardante una controversia in merito alla residenza fiscale di una società maltese operante anche in Italia: la Corte ha affermato che i cri- teri e i principi stabiliti nel M-OCSE e nel suo Commentario hanno costituito la base per la negoziazione e la stesura delle CDI stipulate tra i Paesi membri dell’organizzazione. Di conseguenza hanno assunto il rango di regole vincolanti per gli Stati firmatari secondo i principi del diritto internazionale. Quest’ultima pronuncia sembra riconoscere al M-OCSE (e al relativo Commentario) un mag- gior potere vincolante.

c) infine, sarebbe possibile ipotizzare che sia lo Stato A che lo Stato B applichino una tassazione su base territoriale;

in tal caso lo stesso reddito potrebbe essere considerato proveniente dai due Stati (come prodotto al loro interno) e, di conseguenza, si verificherebbe una situazione di doppia imposizione, a danno del contribuente[7].

Il principio di territorialità, che costituisce un criterio di tas- sazione applicato in taluni ordinamenti, ha dato origine (negli anni) a numerosi casi di contenzioso, soprattutto in materia di doppia imposizione internazionale[8].

Al fine di evitare tali fattispecie di doppia imposizione, determinati anche dall’applicazione del criterio di tassazione su base territoriale[9], la maggioranza degli ordinamenti ha deciso (apportando negli anni adeguate modifiche alla nor- mativa nazionale) di ancorare la propria pretesa impositiva ad un indice stabile e connesso allo Stato (diverso dal principio della fonte): vale a dire la residenza[10].

Una limitata parte di ordinamenti – come gli Stati Uniti d’America (USA) – ha, invece, ritenuto essere la cittadinanza l’elemento cardine del potere impositivo del Paese, in quanto indice di appartenenza politica (del soggetto) all’ordinamento.

La residenza fiscale risulta, quindi, essere il criterio di collega- mento maggiormente utilizzato[11] (a livello internazionale) quale elemento cardine per determinare lo ius impositionis.

Questa avrebbe il pregio di mettere in risalto il legame econo- mico-sociale che la persona intrattiene con un determinato Stato; ne consegue che la residenza può essere definita come lo status personale di un soggetto (sia esso persona fisica o giuridica) in base al quale (limitandosi ai profili fiscali) un ordinamento rivolge la propria pretesa impositiva, sui relativi redditi presenti in tutto il mondo[12], in applicazione del worldwide tax principle (anche se, come detto, vi sono comun- que alcuni ordinamenti che applicano un tassazione su base territoriale[13]).

[7] Anche tale fattispecie è definibile come cd. “doppia imposizione oggettiva”

in quanto si manifesta non in riferimento allo status del soggetto passivo, bensì alla situazione di provenienza (oggettiva) del reddito soggetto di doppia impo- sizione.

[8] Sorte (ad es.) in capo a soggetti residenti fiscalmente in uno Stato (e lì assoggettati ad una tassazione sul reddito ovunque prodotto) i quali, allo stesso tempo, producevano un reddito in un altro ordinamento che a sua volta, assog- gettava a tassazione il medesimo reddito (in quanto formatosi in detto altro Paese, in forza della tassazione su base territoriale). In queste situazioni non rilevava che tali proventi fossero già oggetto di imposizione nello Stato di resi- denza fiscale.

[9] Per una trattazione esaustiva del tema si rinvia a Klaus Vogel, World-wide or source taxation of income, in: Rassegna tributaria, 1988, p. 259.

[10] Piergiorgio Valente/Luigi Vinciguerra, Esterovestizione delle persone fisiche, Milano 2016, p. 4.

[11] Piergiorgio Valente, Convenzioni internazionali contro le doppie impo- sizioni, VIIa ed., Milano 2016, p. 22 (cit.: Convenzioni internazionali).

[12] Claudio Sacchetto, Principi di diritto tributario europeo e internazionale, IIa ed, Torino 2016, p. 84.

[13] Così, ad es., Singapore, Hong Kong e Libano.

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se l’imposizione fosse limitata a specifiche fonti di reddito, la persona non verrebbe considerata residente fiscalmente in un dato ordinamento: infatti, solo ai soggetti considerati residenti viene (generalmente) applicata una tassazione su tutti i redditi da questi conseguiti.

Infine, si osserva che l’art. 4 par. 1 M-OCSE opera un rinvio alla legislazione nazionale degli Stati contraenti al fine di verificare la sussistenza (ex lege interna) di tutti i requisiti atti a determinare la residenza fiscale della persona. Il motivo di tale esplicito rinvio alla legislazione interna degli Stati contra- enti ha diverse ragioni: anzitutto non si vuole appesantire il testo della CDI inserendo le regole di diritto interno dei due Stati contraenti (per quanto attiene la determinazione della residenza fiscale di una persona fisica) e, di conseguenza, si consente alla CDI di rimanere aggiornata con l’evolversi della normativa interna dei due Paesi. L’art. 4 M-OCSE contiene, quindi, una “general renvoi clause”, vale a dire una clausola gene- rale di rinvio alla normativa interna dei singoli Stati.

B. I criteri a cascata

Laddove vi sia un conflitto nella determinazione della resi- denza fiscale di un soggetto, il quale viene tassato sui redditi ovunque prodotti in due Stati, l’art. 4 par. 2 M-OCSE[26] pro- pone delle soluzioni utili a risolvere il conflitto in materia. Si tratta dei cd. “criteri a cascata” (o in inglese delle cd. “tie-breaker rules”) che permettono di risolvere casi di doppia imposizione internazionale. Questi criteri vanno ad applicarsi al posto della normativa nazionale degli Stati contraenti e sono predisposti secondo un ordine gerarchico[27]. Infatti, non sono tra di loro alternativi, ma seguono una precisa gerarchia. Ad es. nel caso in cui diventi applicabile il primo criterio (per determinare la residenza fiscale, in uno dei due Stati contraenti) non sarebbe necessario verificare la validità del secondo. Premessa per l’applicazione di tali criteri è che il soggetto sia, comunque, residente fiscalmente in entrambi gli Stati contraenti ai sensi dell’art. 4 par. 1 M-OCSE.

Le tie-breaker rules guardano così (in ordine) al luogo in cui il soggetto ha la sua abitazione permanente, le sue relazioni economiche e personali più strette (i.e. il centro degli interessi vitali), il luogo in cui soggiorna abitualmente e lo Stato della sua nazionalità. Qualora non si addivenisse ad una soluzione sulla base di questi quattro criteri, le autorità competenti degli Stati contraenti dovranno cercare di risolvere la questione amichevolmente ai sensi dell’art. 25 M-OCSE.

1. Il primo criterio di collegamento: l’abitazione permanente Il primo criterio di collegamento utile a dirimere le contro- versie in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, che fa riferimento al luogo di “abitazione permanente”, è previsto all’art. par. 2 lett. a M-OCSE. Questo criterio deve essere interpretato in modo estensivo in quanto vengono in considerazione segnatamente una casa, un appartamento o una stanza arredata. Per questa ragione possono considerarsi

[26] Valente, Convenzioni internazionali (nota 11), p. 257.

[27] Cordeiro Guerra (nota 25), p. 399.

II. La residenza fiscale secondo il M-OCSE A. La ratio dell’art. 4 M-OCSE

Preliminarmente si evidenzia – nuovamente – che quanto elaborato dall’OCSE costituisce un semplice modello, vale a dire una proposta di accordo bilaterale in materia fiscale.

Gli Stati sono poi liberi di accodarsi diversamente (rispetto a quanto consigliato dall’OCSE nel testo proposto[19]).

Una delle disposizioni cardine del M-OCSE è l’art. 4[20], il quale disciplina i criteri necessari ad identificare ed assegnare la potestà impositiva (sui redditi ovunque prodotti) ad uno dei due Paesi coinvolti nella doppia imposizione; infatti, mediante l’applicazione dello stesso articolo, è possibile identificare lo Stato di residenza fiscale della persona, soggetta a doppia imposizione (in due diversi ordinamenti), cui viene ricono- sciuto lo ius impositionis.

L’applicazione della CDI[21], stipulata tra due Stati sulla base del M-OCSE[22], ha la finalità di risolvere casi di doppia residenza che, come detto, si verificano laddove il soggetto passivo venga considerato residente fiscalmente in entrambi gli ordinamenti, con la conseguenza di una doppia imposizione[23] giuridica piena. Pertanto, l’art. 4 M-OSCE presuppone l’esistenza di due residenze fiscali: se la tassa- zione, in capo al soggetto de quo è di tipo territoriale, allora la doppia imposizione viene risolta facendo uso di altri articoli, diversi dall’art. 4 M-OCSE. Quest’ultimo articolo, al par. 1[24], esclude, infatti, l’applicazione dei casi di doppia residenza quando un soggetto è tassato limitatamente ai redditi pro- dotti nello Stato, in applicazione del regime impositivo di tipo territoriale.

L’applicazione dell’art. 4 par. 1 M-OCSE è, infatti, da riferire ai casi in cui il soggetto è tassato da due Stati, sui redditi ovun- que prodotti. La sua ratio si riscontra nella volontà di rimarcare la necessaria esistenza un collegamento personale, sufficien- temente forte con gli ordinamenti in questione[25], al punto da sottoporre il contribuente ad una tassazione piena. Infatti,

[19] Nella realtà sono residuali gli scostamenti (che emergono dalle CDI) rispetto al testo del M-OCSE in quanto in seno a questa Organizzazione inter- nazionale sono rappresentate tutte le sensibilità che, insieme, collaborano alla redazione (ed aggiornamento) del M-OCSE stesso.

[20] Nel 2017 sono stati introdotti numerosi aggiornamenti al testo del M-OCSE. Parte di queste novità hanno investito anche l’art. 4 che riguarda i conflitti di residenza.

[21] Per un’analisi afferente gli effetti delle CDI stipulate dall’Italia si rinvia a Michele Del Giudice, Note in tema di Convenzioni contro le doppie imposizio- ni stipulate dall’Italia, in: il fisco, n. 17/2008.

[22] Si osserva che anche l’ONU ha elaborato un suo modello per eliminare i casi di doppia imposizione. Il testo comunque non presenta macroscopiche dif- ferenze rispetto a quello proposto dall’OCSE.

[23] Nei casi in cui non sia ravvisabile una doppia imposizione, non è possibile applicare l’articolo afferente le tie-breaker rules (in materia di residenza fisca- le) della CDI eventualmente stipulata, ad es. dall’Italia). Questa è la posizione espressa dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 13114 del 2018, commen- tata da Maria Maddalena Gnudi/Mario Ravacca, Residenza fiscale delle persone fisiche: a nulla vale invocare la tie breaker rule se non si prova la doppia imposizione, in: il fisco, n. 17/2018.

[24] Valente, Convenzioni internazionali (nota 11), p. 250.

[25] Cfr. Roberto Cordeiro Guerra, Diritto tributario internazionale, IIa ed., Milano 2016, p. 397 ss.

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Questi elementi indizianti sono da considerarsi complessiva- mente, al fine di non costruire una posizione irrealistica del soggetto passivo[34]. Infatti, sono frequenti le situazioni in cui la persona abbia i propri interessi economici e patrimoniali in un luogo differente rispetto a quello in cui sono presenti le relazioni personali; in tale caso, è necessario analizzare con precisione quali dei due aspetti prevalga sull’altro.

Per quanto concerne l’Italia, sia l’Amministrazione finanziaria che la giurisprudenza di legittimità hanno spesso ritenuto prevalere le relazioni familiari su quelle economiche[35]. 3. Il terzo criterio di collegamento: il soggiorno abituale Nel caso in cui non sia possibile risolvere la controversia tri- butaria mediante l’applicazione dei criteri sopra analizzati, il luogo in cui considerare residente ai fini fiscali il soggetto de quo è da individuarsi in applicazione dell’art. 4 par. 2 lett. b M-OCSE: vale a dire il luogo in cui soggiorna abitualmente.

Dunque, per determinare il luogo in cui il soggetto soggiorna abitualmente, risulta necessario considerare sia i soggiorni effettuati nello Stato in cui si ritiene abbia un’abitazione per- manente sia i soggiorni effettuati in qualunque altro Stato[36]; in questo modo si può operare una comparazione e verificare in quale dei due ordinamenti è stato maggiormente presente, nell’anno oggetto di contenzioso.

La situazione diventa complessa nel caso in cui una persona non abbia un’abitazione permanente in nessuno dei due Stati contraenti, in ragione del fatto che i suoi soggiorni sono stati effettuati (ad es.) presso diversi hotels. In tal caso verificare il numero di soggiorni effettuati in ogni Stato è certamente più complesso, ma è comunque necessario al fine di determinare in quale Stato il soggetto passivo sia stato abitualmente.

Secondo alcuni autori[37] sono poco rilevanti le ragioni sog- gettive che hanno spinto la persona de quo a soggiornare in tali Stati. Infatti, in questo caso, rileva il carattere oggettivo dell’abitualità del soggiorno e non le finalità.

when he visits the UK, are factors which point to the UK as the taxpayer’s centre of vital interests during the 18 months that he is living in Australia” (cfr. ATO, Interpreta- tive Decision [ID] n. 2011/53, 17 giugno 2011, in: www.ato.gov.au/law/view/

view.htm?docid=AID/AID201153/00001&PiT=99991231235958 [consultato il 22.05.2020]). In questo caso vennero presi in considerazione quali elementi indizianti l’esistenza nel Paese del centro degli interessi vitali, nonché la presen- za del contribuente nelle liste elettorali, l’essere membro di un club, la presenza di familiari, perfino l’esistenza di un gatto (quale elemento indiziante la presen- za di un nucleo familiare), infine, l’attività sociale della persona de quo.

[34] Piergiorgio Valente, Convenzioni internazionali (nota 11), p. 258.

[35] In questo senso si possono richiamare la Risoluzione ministeriale n. 8/1329 del 1988, la Risoluzione n. 17/E del 1999, oltre che alcune pronunce della Suprema Corte di cassazione, come la n. 13803 del 7 novembre 2001 e la n. 9856 del 14 aprile 2008. In senso contrario, invece, si è espressa la Supre- ma Corte di cassazione nella sentenza n. 5382 del 4 aprile 2012 in cui invece, sempre nel tentativo di identificare il centro degli interessi vitali di un soggetto, ha ritenuto prevalenti gli interessi economici del contribuente affermando che

“egli aveva ricoperto […] cariche sociali in ben 13 società […] sovrascrivendo personal- mente numerosi atti societari, nonché […] intestatario o cointestatario di numerosi conti bancari […]”.

[36] Piergiorgio Valente, Residenza fiscale delle persone fisiche, in: Rivista di diritto tributario internazionale, Sapienza Università editrice, n. 1/2018, p. 110 (cit.: Residenza fiscale).

[37] In particolare, Valente, Residenza fiscale (nota 36), p. 110.

permanenti, ai sensi di questa disposizione, non solo gli immobili di proprietà del soggetto de quo, ma anche quelli in locazione, fosse anche solo una stanza locata ed arredata.

Un soggetto che viceversa soggiorna in un hotel non può essere considerato in possesso di un’abitazione permanente in quanto viene meno la caratteristica della disponibilità.

La condizione deve essere permanente e non occasionale.

Questo significa che l’abitazione deve poter essere sempre disponibile per la persona. Chiaramente, al fine di poter valu- tare come permanente un’abitazione, non ci si può riferire ad una situazione temporanea ovvero ad un utilizzo tempora- neo, quale ad es. un immobile utilizzato per una vacanza[28]. L’obiettivo è anche quello di verificare che la persona abbia agito con l’intenzione di avere a disposizione un immobile in modo duraturo.

Parimenti, se un immobile è stato dato in affitto a terze persone, questo non potrà mai considerarsi come un luogo a disposizione del contribuente, anche se ne è il proprietario[29], in quanto fuori dalla sua disponibilità. Viceversa, una casa di un familiare al cui interno venga permanentemente tenuta a disposizione – della persona de quo – una stanza (in caso di eventuali soggiorni in quel dato luogo), può considerarsi come un'abitazione permanente[30] e, pertanto, valida a determi- nare la residenza fiscalmente rilevante.

Questo primo criterio risulta essere sovente sufficiente per dirimere i casi di doppia residenza, in quanto spesso si può riscontrare una sola abitazione permanente in uno dei due Stati contraenti.

2. Il secondo criterio di collegamento: il centro degli interessi vitali

Qualora il soggetto abbia un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti è necessario passare al criterio di collegamento successivo: il centro degli interessi vitali della persona fisica. Con questo termine si vuole identificare il luogo in cui la persona possiede i legami economici ed affettivi più stretti[31]. Pertanto devono essere presi in considerazione i luoghi in cui sono presenti la famiglia, i parenti, i legami pro- fessionali ovvero il luogo in cui sono presenti i beni immobiliari della persona.

Parte della dottrina[32] ritiene che si debba avere riguardo – in quanto luogo in cui la persona possiede dei legami eco- nomici – anche dello Stato in cui la persona è iscritta a partiti, associazioni e corpi intermedi[33].

[28] Cordeiro Guerra (nota 25), p. 400.

[29] Piergiorgio Valente, Elusione fiscale internazionale, IPSOA, 2014, p. 932 (cit.: Elusione).

[30] Valente, Elusione (nota 29), p. 932.

[31] Cordeiro Guerra (nota 25), p. 401.

[32] Cordeiro Guerra (nota 25), p. 401.

[33] Ad es. l’Amministrazione finanziaria australiana – nel valutare un caso di doppia residenza – si è espressa nel modo seguente: “as the taxpayer pursued his hobby in both Australia and the UK, the hobby is not significant in deciding the centre of vital interests. The registration on the electoral roll; the club memberships; the presence of friends and extended family members and the family’s cat; and the active social life

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(successivamente) trasferisca la propria residenza nello Stato B, in cui risiede per un periodo superiore a 183 giorni.

Com‘è possibile, in questo caso, risolvere l’eventuale doppia imposizione che viene a determinarsi a seguito dell’assog- gettamento ad imposizione ad opera di entrambi gli Stati contraenti nel corso dello stesso anno fiscale?

Poiché entrambi gli Stati contraenti considerano il soggetto de quo come passivo d’imposta per il medesimo anno, il M-OCSE prevede[42] che lo stesso periodo possa essere frazionato (cd.

“split year”) con conseguente applicazione dei criteri di colle- gamento nelle corrispondenti frazioni dell’anno.

Ecco, quindi, che in questo caso per il primo periodo d’imposta il soggetto sarà considerato residente fiscalmente solo nello Stato A e per il periodo successivo sarà considerato tale nello Stato B.

Si sottolinea che nella disciplina italiana[43] manca una nor- mativa che esplicitamente preveda l’inizio o la fine del periodo di residenza fiscale, nel corso di un periodo d’imposta.

Parte della dottrina[44], infatti, ritiene che la normativa nazionale in materia non sia sufficientemente chiara in quanto non disciplina correttamente (ad es.) i trasferimenti di residenza nel corso del periodo d’imposta. Ne consegue che una persona fisica residente fiscalmente fuori dall’Italia, la quale però risulti ancora per un breve periodo dell’anno (prima del trasferimento) iscritta nel registro dell’Anagrafe della popolazione residente in Italia, verrebbe assoggettata a tassazione worldwide dall’Amministrazione finanziaria.

Nella Risoluzione n. 471/E del 3 dicembre 2008, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in caso di trasferimento di residenza fiscale nel corso dell’anno d’imposta, la soluzione degli eventuali casi di doppia imposizione si deve trovare nell’applicazione del credito d’imposta[45]. Nella Risoluzione, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come sia possibile “spez- zare” il periodo d’imposta soltanto laddove espressamente previsto nella CDI applicabile. Ad es., le CDI Italia-Germania ed Italia-Svizzera stabiliscono un richiamo alle modalità di risoluzione di casi di doppia imposizione internazionale, sorte a seguito del trasferimento di residenza fiscale, nel corso dell’anno d’imposta.

IV. Conclusioni

Laddove non siano state stipulate CDI non vi sarà la possibilità di dirimere l’eventuale controversia in materia di residenza fiscale; tale situazione comporterebbe l’assoggettamento a tassazione piena, in entrambi gli ordinamenti.

[42] Ocse (nota 2), par. 2, punto 10 ad art. 4 M-OCSE.

[43] Valente/Vinciguerra (nota 10), p. 214.

[44] Cfr. Marco Piazza, Guida alla Fiscalità Internazionale, Milano 2005.

[45] Ex art. 23 M-OCSE in combinato disposto con l’art. 165 TUIR.

Si osserva, infine, che l’art. 4 par. 2 lett. b M-OCSE e il rela- tivo Commentario, nulla indicano circa il periodo utile per effettuare tale comparazione. È consigliabile però analizzare un termine sufficientemente lungo[38] per poter provvedere ad un’analisi comparativa adeguata al caso. Inoltre, manca nel M-OCSE anche un’indicazione circa il termine minimo necessario a considerare un soggiorno come “abituale” in uno dei due Stati contraenti.

4. Il quarto criterio di collegamento: la nazionalità

Il penultimo criterio di collegamento, utile a determinare l’ordinamento che ha diritto di considerare la persona come fiscalmente residente, è stabilito dall’art. 4 par. 2 lett. c M-OCSE. Tale criterio è da applicarsi nei casi in cui non sia possibile applicare i criteri di collegamento precedentemente indicati. La disposizione fa riferimento allo Stato della naziona- lità del soggetto quale criterio di collegamento per assegnare la residenza fiscale in un dato ordinamento. Nel merito, il rinvio alla nazionalità viene considerato come sinonimo del luogo in cui la persona ha la propria cittadinanza.

5. Il quinto criterio di collegamento: la procedura amichevole Infine, l’ultima tie-breaker rule è prevista dall’art. 4 par. 2 lett. d M-OCSE; quest’ultimo criterio di collegamento impone alle autorità fiscali dei due Stati contraenti di fare del loro meglio per risolvere amichevolmente il contenzioso in materia di doppia residenza. In questo caso, la procedura necessaria per giungere ad un accordo è disciplinata dall’art. 25 M-OCSE[39]. Questa disposizione prevede poi la possibilità per il contri- buente di attivare una procedura di arbitraggio per risolvere la controversia tra i due Stati, al più presto dopo due anni dall’attivazione della procedura amichevole[40], qualora non sia stata ancora presa una decisione in merito. Tale soluzione, dunque, potrebbe trovare applicazione anche in merito alla determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche.

III. Il trasferimento di residenza fiscale nel corso dell’anno d’imposta

In merito ad un possibile trasferimento di residenza fiscale nel corso dell’anno d’imposta, il Commentario M-OCSE prevede alcune regole di coordinamento tra gli Stati contraenti[41]. Sono, infatti, frequenti i casi in cui la residenza fiscale venga trasferita nel corso del periodo d’imposta. Si rammenti il caso in cui un soggetto risieda nello Stato A per un determinato periodo d’imposta, ad es. dal 1° gennaio al 31 marzo, e

[38] Il Commentario all’art. 4 M-OCSE parla di “a sufficient lenght of time”, cfr.

par. 19.1

[39] Cfr. Piergiorgio Valente/Paolo Consiglio/Salvatore Mattia, Interpel- lo internazionale Modelli di tax compliance preventiva, Milano 2017, p. 4.

[40] Gli aggiornamenti intervenuti nel 2017 hanno incrementato la previsio- ne del testo dell’art. 25 M-OCSE in materia di procedura amichevole. È stata, infatti, inserita la previsione secondo la quale per le questioni irrisolte – ovve- ro trascorsi (almeno) due anni dall’attivazione della procedura amichevole – il contribuente può formalmente chiedere che si provveda a risolvere la quaestio mediante la procedura di arbitrato. Si rammenda però che, almeno per quan- to attiene ai criteri di collegamento per determinare la residenza fiscale di una persona fisica, raramente si arriva ad applicare l’art. 4 par. 2 lett. d M-OCSE in quanto le precedenti “tie-breaker rules” (nella maggior parte dei casi) trovano applicazione.

[41] OCSE (nota 2), par. 10 ad art. 4 M-OCSE.

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È, quindi, consigliabile, al fine di poter attuare una legittima pianificazione fiscale[46], provvedere ad una verifica circa l’esistenza di CDI stipulate da un ordinamento in materia tributaria. È, inoltre, preferibile analizzare gli orientamenti di prassi e quelli giurisprudenziali nazionali al fine di com- prendere quale possibile risultato potrebbe derivare da un eventuale contenzioso in materia di residenza fiscale. Infine, è consigliabile verificare che la legislazione nazionale non preveda delle presunzioni di residenza fiscale in quel dato Paese, in quanto ne potrebbero derivare complessi e lunghi contenziosi tributari[47].

Attraverso una corretta analisi dello status quo della legisla- zione nazionale di un Paese, vi è dunque la possibilità (per i contribuenti) di collocarsi in un Paese avente un regime impositivo particolarmente favorevole, sia per quanto attiene (più intuitivamente) una minore pressione fiscale sia per quanto attiene alle diverse (e minori) “formalità” (i.e. adem- pimenti documentali) che sono richiesti[48] alla persona (sia essa fisica che giuridica), il tutto consentendo di raggiungere legittimi benefici in materia fiscale.

[46] Non bisogna nascondere il fatto che, mediante una strumentalizzazione della disciplina (sia nazionale sia convenzionale) in materia di residenza fiscale è possibile procedere ad una legittima pianificazione fiscale, con esiti favorevoli al contribuente.

[47] Come previsto dalla normativa italiana all’art. 2, comma 2-bis, TUIR.

[48] Pietro Adonnino, La pianificazione fiscale internazionale, in: Diritto e pratica tributaria, n. 3/2008, p. 10481.

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