LA PREDAZIONE SUI DOMESTICI DA PARTE DI CANIDI IN PROVINCIA
DI AREZZO
A. Gazzola*, C. Capitani*, E. Avanzinelli*, L. Mattioli
++, M. Apollonio*
* Dipartimento di Zoologia e Biologia Antropologica, Università di Sassari.
++
Ufficio Caccia e Pesca. Provincia di Arezzo.
(2003)
Università degli Studi di Sassari
Provincia di Arezzo Centro Studi Oasi di protezione
Casa Stabbi – Alpe di Catenaia
Introduzione
La predazione sul bestiame domestico è un fenomeno tanto antico quanto il processo di domesticazione (Mech, 1970).
Ancora oggi, come nel passato, il principale movente dell’irriducibile conflitto uomo-lupo è da attribuire al comune interesse per la medesima risorsa alimentare (selvaggina e bestiame domestico). Le persecuzioni attuate dai bracconieri sono un fattore che mette a rischio la sopravvivenza della specie, sebbene quest’ultima sia attualmente in fase d’espansione numerica e di ricolonizzazione dell’areale pregresso.
Inoltre il lupo, nell’immaginario collettivo, è naturalmente il responsabile di gravi perdite al bestiame domestico, e l’entità dei danni provocata da tale specie risulta spesso enormemente amplificata dai mezzi di comunicazione (Boitani, 1982; Genovesi & Duprè, 2000). In Italia una realtà di primo piano difficilmente quantizzabile e spesso trascurata è rappresentata dalle predazioni operate dai cani vaganti o addirittura dai cani padronali in libera uscita. In merito a tale argomento, Rowley (1970) sostiene che il cane domestico (Canis lupus familiaris), incontrollato e libero di vagare sul territorio, può arrecare perdite al bestiame alla stessa stregua della specie selvatica. In zone dove sia il lupo sia il cane sono presenti, risalire al predatore esaminando i segni rilevabili sulla carcassa (segni rinvenuti sulla preda, localizzazione dei morsi, grado di consumo della carcassa, tracce lasciate dal predatore, etc.) e osservando il sito di predazione risulta il più delle volte impossibile (Boitani, 1982; Fritts et al., 1992; Cozza et al., 1996). E’ quindi difficile valutare l’effettivo impatto provocato dalla specie selvatica. Tale difficoltà d’attribuzione, ha indotto la Regione Toscana a munirsi di regolamenti sull’indennizzo dei danni che non richiedano una discriminazione fra lupo e cane ma che piuttosto si riferiscano in modo generico a “danni da canidi”. In un’auspicata futura riduzione del conflitto uomo-lupo, l’esatta conoscenza dell’impatto della predazione sui domestici sarà una tappa fondamentale per allentare le tensioni a livello locale e per gettare le basi di una possibile convivenza. Per una corretta percezione del fenomeno è di fondamentale importanza impostare una collaborazione con le ASL, con le Associazioni degli Allevatori, con il settore Caccia e Pesca della Province, con il Corpo Forestale dello Stato. Decisivo, al fine di una corretta realizzazione della ricerca, possedere un’approfondita conoscenza del territorio e stabilire un rapporto diretto con la popolazione locale ed in primis con la categoria degli allevatori.
L’elaborato approfondisce due aspetti: la distribuzione e l’intensità dell’impatto predatorio da parte di canidi sui domestici nell’intera provincia di Arezzo per il periodo 1998-2001, e il sistema preda-predatore, un’analisi multivariata effettuata in quattro aree campione della provincia dove è presente il lupo.
La realizzazione di tale elaborato è stata resa possibile grazie all’interessamento e alla collaborazione di vari enti tra cui l’Amministrazione Provinciale di Arezzo, l’ASL 8 di Arezzo, il Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Toscana, il Corpo Forestale dello Stato (Amministrazione di Pratovecchio).
Area di studio
La Provincia di Arezzo si estende per 3.232 kmq ed occupa la porzione meridionale della Toscana; confina a Nord con la Provincia di Firenze, ad Ovest con la Provincia di Siena, a Sud con la Regione Umbria, ad Est con la Regione Emilia Romagna e con la Regione Marche (Figura 1).
Figura 1. Area di studio
L’ambiente collinare caratterizza una parte rilevante del territorio provinciale (1.944 kmq). Il comprensorio montano occupa la restante porzione (1.288 kmq). La Provincia di Arezzo presenta un’elevata percentuale di copertura forestale (46,5%). La maggior parte dei centri abitati sono ubicati sul fondo valle. La popolazione ammonta a circa 320.000 abitanti.
Le aree montane presentano un elevato valore naturalistico in quanto sono poco urbanizzate, riccamente boscate, ed ospitano una consistente popolazione di ungulati selvatici. Capriolo (Capreolus capreolus) e cinghiale (Sus scrofa) sono le specie più diffuse, mentre cervo (Cervus elaphus), daino (Dama dama) e muflone (Ovis orientalis musimon) hanno una distribuzione frammentata. L’elevata qualità ambientale, è inoltre supportata dalla presenza stabile di branchi di lupo (Canis lupus).
Il fenomeno del randagismo canino non è stato ancora oggetto di studio. Sebbene sembra sia limitato a solo alcuni settori della provincia, la presenza e l’impatto sulla zootecnia da parte dei cani randagi o padronali in “libera uscita” non è da sottovalutare (Lucaccini e Fornai comm.
pers.).
In tutto il territorio provinciale sono presenti 36.714 ovi-caprini e 16.233 bovini. Gli allevamenti sono per lo più di piccole dimensioni. La gran parte dei greggi d’ovi-caprini (82%) non supera i 100 capi, mentre il 56% delle mandrie non supera i 20 capi.
In genere gli ovi-caprini vengono condotti al pascolo al mattino per poi essere ricondotti nei ricoveri alla sera; tuttavia durante il periodo estivo vengono mantenuti nelle aree di pascolo anche di notte (ore della giornata più fresche). I bovini, per tutta la stagione estivo-autunnale, permangono nei luoghi di pascolo. Per contro, durante la stagione invernale, sono mantenuti in stalla ed alimentati artificialmente.
Le aree di pascolo sono di modesta estensione spesso circondate da estesi corpi boschivi, e presenti ad altitudine variabile. Le abbondanti nevicate, tra novembre ed aprile, fanno sì che i pascoli locati alle quote più elevate sono usufruiti solo durante il periodo estivo.
Distribuzione temporale del fenomeno
“Al fine di una strategia di risoluzione del conflitto che sia funzionale, il primo
passo è quindi il monitoraggio su larga scala degli eventi di predazione e dei relativi costi.” (Ciucci & Boitani 1998).
L’analisi del fenomeno predatorio in provincia di Arezzo è stata condotta separatamente per i bovini e per gli ovi-caprini ed ha interessato il periodo temporale dal 1998 al 2001. Il grafico 1 mostra l’andamento annuale del numero dei comuni interessati e del numero degli allevamenti coinvolti. La predazione sui bovini risulta costante nei quattro anni: il numero di comuni coinvolti annualmente oscilla da 8 a 10. Anche il numero di allevamenti colpiti è simile negli anni (minimo 27, massimo di 38). Situazione ben diversa si profila per gli ovi-caprini dove il numero dei comuni coinvolti è cresciuto notevolmente dal 1998 al 2001 (da 7 a 23), ed il numero di allevamenti colpiti ha subito oscillazioni rilevanti (da un minimo di 22 ad un massimo di 46).
Grafico 1. Andamento annuale del numero comuni coinvolti e degli allevamenti colpiti.
Durante i quattro anni d’indagine (1998-2001) entrambi i comparti zootecnici, bovino e ovi- caprino, hanno riportato un numero simile di attacchi; per contro il numero di perdite è differito notevolmente. I bovini hanno riportato 201 attacchi e 243 capi uccisi mentre gli ovi- caprini 271 attacchi e 1227 uccisioni.
Il livello di predazione sui bovini (numero di attacchi) appare costante nel tempo, mentre subisce variazioni negli ovi-caprini (Grafico 2).
BOVINI
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1998 1999 2000 2001
n. comuni colp.
n. allevamenti colp.
OVI-CAPRINI
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1998 1999 2000 2001
n. comuni colp.
n. allevamenti colp.
Grafico 2. L’andamento annuale attacchi e capi uccisi.
L’estate è la stagione dove si concentrano il maggior numero d’attacchi. Nei bovini le distribuzioni mensili degli attacchi nei diversi anni sono simili (Coefficiente di concordanza di Kendall: W=0.820 df=11 p<0.001), mentre risultano discordanti negli ovi-caprini (Coefficiente di concordanza di Kendall: W=0.431 df=11 ns) (Grafico 3).
Grafico 3. La frequenza mensile degli attacchi.
La stagione in cui si verificano la maggior parte degli eventi predatori è l’estate.
In tale periodo dovrebbe essere massimizzato lo sforzo per cercare di ridurre le perdite.
OVI-CAPRINI
0 50 100 150 200 250 300 350 400
1998 1999 2000 2001
n. attacchi n. uccisi BOVINI
0 50 100 150 200 250 300 350 400
1998 1999 2000 2001
n. attacchi n. uccisi
BOVINI
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
gennaio febbraio
marzo aprile
maggio giugno
luglio agosto
settembre ottobre
novembre dicembre
attacchi
1998 1999 2000 2001
OVI-CAPRINI
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
gennaio febbraio
marzo aprile
maggio giugno
luglio agosto
settembre ottobre
novembre dicembre
attacchi
1998 1999 2000 2001
L’età degli animali uccisi
In Abruzzo i danni al patrimonio zootecnico potrebbero ridursi del 40 % se gli ungulati domestici di pochi mesi di vita fossero allevati nelle stalle (Fico et al., 1993).
L’analisi delle classi d’età degli animali colpiti da predazione rivela una percentuale elevata di adulti tra gli ovi-caprini, mentre tra i bovini si osserva una proporzione simile tra giovani e adulti. Come viene mostrato nel grafico 4, i bovini d’età inferiore l’anno di vita sono coinvolti nel 52% dei casi. Di questi ben il 31% sono vitelli che non hanno raggiunto il mese di vita. Per contro, la gran parte degli ovi-caprini uccisi sono adulti (78 %).
Grafico 4. L’età dei capi uccisi
Per ridurre significativamente i danni subiti dal comparto bovino, i parti e lo svezzamento dei vitelli dovrebbero avvenire non sui terreni di pascolo ma all’interno di
strutture di stabulazione.
giovani (52 %)
adulti (48 %) x ≤ 1 mese di vita
(31 %)
1 < x < 12 mesi di vita (69 %)
BOVINI
giovani (22 %)
adulti (78 %) OVI-CAPRINI
Analisi del livello di predazione
“In una prospettiva di riduzione del conflitto, la corretta percezione del fenomeno è a nostro avviso un passo fondamentale per ricondurre la discussione gestionale nei suoi termini reali e per allentare tensioni a livello locale…”.
(Ciucci & Boitani 1998).
In provincia di Arezzo solo un numero ridotto di aziende subisce ripetuti attacchi.
Il 90 % delle aziende colpite (n=97) soffre di un livello medio-basso di predazione subendo, nei quattro anni d’indagine, un numero di attacchi uguale o inferiore a 7.
Il 10% delle aziende colpite (n=11) sembra invece interessato dal fenomeno in misura cronica (> 2 denuncie / anno). Gli eventi, subiti da questo ristretto numero d’aziende, sono consistenti (n=193) e corrispondono al 48 % di tutti gli attacchi denunciati tra il 1998-2001 (Grafico 5).
Grafico 5. Il livello di predazione negli allevamenti.
Da un punto di vista gestionale, l’adozione d’efficaci misure di prevenzione, circoscritta alle poche aziende gravemente colpite, potrebbe portare ad una significativa riduzione
dei danni su scala provinciale.
81 16
11
128 78
193
0 50 100 150 200 250
0.1 - 0.9 1.0 - 2.0
> 2.0
livello di predazione (n.denunce/anno)
numero di allevamenti e di denunce n. denunce n.allevamenti
Le uccisioni multiple
La selezione artificiale ha indebolito le specie domestiche a tal punto da far risultare queste più vulnerabili della più malata e debilitata delle prede selvatiche (Mech, 1970).
Generalmente, quando si sente parlare eventi predatori a carico del bestiame domestico si pensa al coinvolgimento di un gran numero di capi, in realtà il fenomeno delle uccisioni di massa occorre raramente. L’indagine evidenzia che, sia per quanto riguarda il comparto bovino sia quello ovi-caprino, la gran parte degli attacchi coinvolge un numero ridotto di animali:
l’83% degli attacchi ai bovini coinvolgeva un solo animale, il 60 % degli attacchi su ovi- caprini 1-3 animali.
Il fenomeno delle uccisioni multiple ha interessato solamente il comparto ovi-caprino. Durante i quattro anni d’indagine si sono verificati annualmente dai 12 ai 23 attacchi che hanno portato alla perdita di 136-283 capi (Grafico 6). Gli episodi si sono verificati soprattutto in estate.
Il 61 % degli attacchi ha coinvolto 6-10 capi, solo in un caso sono stati coinvolti 54 animali. Il numero medio di capi uccisi su attacco è 11.
Grafico 6. Il fenomeno delle uccisioni di massa: andamento annuale del numero di attacchi e di capi uccisi
Un numero ridotto di aziende accusa elevati livelli di cronicità di attacchi e soffre d’ingenti perdite: le perdite subite solo da quattro aziende ammontano al 25% delle
uccisioni totalizzate nell’intera provincia di Arezzo.
0 50 100 150 200 250 300
1998 1999 2000 2001
n. attacchi n. capi uccisi
Costi d’indennizzo e di prevenzione
Il fattore più importante che determina la predazione del bestiame è la mancanza degli adeguati sistemi di prevenzione
(Blanco et al. 1992).
In Toscana è in vigore la Legge Regionale n. 72, 31 agosto 1994, la quale prevede interventi finanziari a favore degli allevatori che subiscono danni al bestiame in seguito all’attacco di animali predatori o causati da eventi meteorologici. I danni rimborsabili non sono limitati ai soli capi uccisi, ma l’indennizzo interessa anche danni quali l’aborto, la perdita lattea, le ferite gravi. La certificazione del danno deve essere operata da un veterinario dell’U.S.L.
competente. Inoltre, sono disponibili finanziamenti atti al miglioramento dei sistemi di guardiania, difesa, e ricovero. Per interventi di guardiania s’intende principalmente l’adozione di misure di sorveglianza con cani da pastore. Particolari recinzioni metalliche definite “anti- lupo” rientrano tra le opere di difesa per le quali è possibile richiedere il contributo.
Durante il periodo 1998-2001, il costo d’indennizzo medio annuale per la provincia di Arezzo è di 86.863 euro.
Nessun fondo per la prevenzione è stato richiesto da parte degli allevatori nei quattro anni d’indagine.
Come termine di riferimento, sembra comunque indicativo riportare i costi d’indennizzo dei danni a carico delle coltivazioni agrarie e del soprassuolo boschivo da parte degli ungulati selvatici: 610.710 euro (circa 7 volte superiore la cifra dei danni alla zootecnia provocata dai canidi) (Grafico 7).
Grafico 7. Confronto indennizzi danni arrecati alla zootecnia da canidi – danni all’agricoltura da fauna selvatica.
euro 86863
610710
0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 canidi
ungulati selvatici
ungulati selvatici canidi
In provincia di Arezzo dal 1996 al 2001 non sono stati richiesti fondi per la messa in opera di misure per la prevenzione.
Per una risoluzione del conflitto uomo-lupo è necessario investire sui sistemi di prevenzione e sulle corrette tecniche di gestione, è quindi indispensabile una maggiore informazione nei confronti degli allevatori riguardo i fondi disponibili per la prevenzione.
Il sistema preda-predatore: variabili a confronto
La conservazione e la gestione della fauna selvatica è un problema complesso nel quale la biologia degli animali interagisce con i valori umani. (Nie 2003).
Questo tipo di analisi è stata applicata alle sole porzioni di territorio della provincia dove la presenza del lupo è stata monitorata (settore centro-settentrionale) dove sono state individuate quattro sottozone campione (Figura 2). Le variabili considerate per le quattro sottozone sono:
1. densità di ungulati domestici 2. densità di ungulati selvatici 3. densità di lupi
4. % di territorio protetto
5. % di allevamenti affetti da predazione 6. % di domestico nella dieta del lupo 7. persistenza nel tempo dei branchi 8. densità di lupi rinvenuti morti
Figura 2. Presenza del lupo e distribuzione del fenomeno predatorio in provincia di Arezzo
a) distribuzione spaziale degli attacchi e dei segni di presenza del lupo
b) sottozone d’indagine
Legenda. Aree in rosa: comuni colpiti dal fenomeno predatorio;
numeri in blu: numero di attacchi al patrimonio zootecnico; area in rosso: presenza del lupo (1998-2001).
Legenda. Sottozone: Casentino in rosso; Pratomagno in blu;
Catenaia in verde; Val Tiberina in viola
In tabella vengono riportate le variabili e il loro ordine d’importanza all’interno delle 4 sottozone (Tabella 1). A titolo d’esempio se consideriamo la variabile % area protetta osserviamo che assume valori più elevati nel Casentino (rango 1), mentre il Pratomagno presenta il valore più basso di territorio protetto (rango 4).
Tabella 1. Analisi delle variabili nelle quattro sottozone.
Il confronto simultaneo tra gruppi di variabili, effettuata tramite l’indice di concordanza di Kendall, rivela una relazione significativa tra le seguenti variabili:
Densità di ungulati domestici Densità di ungulati selvatici Densità di lupi
% di area protetta
Densità di lupi
% di allevamenti affetti da predazione
% di domestici nella dieta del lupo Densità di lupi rinvenuti morti
L’analisi evidenzia che, le aree con più alta densità di lupi sono quelle con più alta densità, sia di ungulati selvatici sia domestici, e quelle con percentuali più elevate di territorio protetto.
Laddove, il conflitto con la zootecnia è più elevato, sono rinvenuti più lupi uccisi, la percentuale di domestico nella dieta è più elevata e le densità di lupi sono più elevate.
Variabili Rango
Casentino Pratomagno Catenaia Val Tiberina
% di area protetta 1 4 2 3
Densità di ungulati selvatici 2 3 4 1
Densità di ungulati domestici 2 3 4 1
Densità di lupi 2 4 3 1
% di allevamenti affetti da predazione 4 2 3 1
% di domestici nella dieta del lupo 4 3 2 1
Persistenza dei branchi 1 3 2 4
Densità di lupi rinvenuti morti 3 4 2 1
Il confronto tra coppie di variabili (indice di correlazione per ranghi di Kendall) evidenzia inoltre che, laddove il conflitto con la zootecnia è più elevato la sopravvivenza dei branchi è minore, mentre è più elevato l’uso dei domestici da parte del lupo.
Nelle aree dove si rileva una più alta % di domestico nella dieta del lupo si riscontra una minore persistenza nel tempo dei branchi.
Allevamento del bestiame domestico e presenza del lupo possono coesistere in presenza di una buona politica di gestione del territorio e di prevenzione di danni.
Bibliografia
Blanco J.C., Reig S., & Cuesta L. (1992). Distribution, status, and conservation problems of the wolf Canis lupus in Spain. Biol. Conserv. 60: 73-80.
Boitani L. (1982). Wolf management in intensively used areas of Italy. In “Wolves of the world- Perspectives of Behavior, Ecology and Conservation” F.H. Harrington and P.C. Paquet Edsr., Noyes Publications, Co., New Jersey 158-172.
Ciucci P. & Boitani L. (1998a) Il lupo. Elementi di biologia, gestione, ricerca. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “A.Ghigi”, Documenti Tecnici, 23 (111 pp.).
Cozza K..Fico R., Battistini M.L. & Rogers E. (1996). The damage-conservation interface illustrated by predation on domestic livestock in Central Italy. Biol. Cons. 78: 329-336.
Fico R., Morosetti G., & Giovannini A. (1993). The impact of predators on livestock in the Abruzzo region of Italy. Rev. sci. tech. Off. Int. Epiz. 12 (1): 39-50.
Fritts S.H., Paul W.J., Mech L.D. & Scott D.P. (1992). Trends and management of wild- livestock conflicts in Minnesota. U.S. Fish and Wildlife Service, Resource publication 181.
Genovesi P. & Duprè E. (2000). Strategia nazionale di controllo del lupo (Canis lupus):
indagine sulla presenza e la gestione dei cani vaganti in Italia. Biol. Cons. Fauna 104: 1-36.
Mech L.D., 1970. The wolf. The ecology and behavior of an endagered species. Natural History Press, Doubleday, New York.
Nie M.A. (2003). Beyond of wolves: the politics of wolf recovery and management. University of Minnesota Press, Minneapolis. 247 pp.
Rowley I. (1970). Lamb predation in Australia: incidence, predisposing condition, and the identification of wounds. CSIRO Wildlife Research, Volume 15, Melbourne.