• Non ci sono risultati.

Perché è successo? RSA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Perché è successo? RSA"

Copied!
46
0
0

Testo completo

(1)

RSA

Perché è successo?

Al di là dello scandalismo, contributi

per capire ragioni e cause del corto

circuito che ha causato tante morti

nelle residenze per anziani

(2)

Indice

LA NECESSITÀ DI CAPIRE

di Stefano Arduini pag 4

RSA, UN CAPRO ESPIATORIO PERFETTO

di Riccardo Bonacina pag 5

SOLI DAVANTI AD UNA GRANDE EMERGENZA

di Rosaria Bonacina

vicepresidente dell’Rsa Airoldi e Muzzi di Lecco pag 9

IL TERZO SETTORE, NON UN J’ACCUSE MA UN APPELLO

di Sara De Carli pag 13

NON SI PUÒ FARE CHIAREZZA CON 60 TAMPONI FATTI

L’interpellanza urgente alla Camera di Elena Carnevali

(3)

CAPIRE DOVE IL SISTEMA NON HA FUNZIONATO

Intervista a Luca Degani

Uneba Lombardia pag 23

QUESTA ERA UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

Il punto di vista di FISH, Federazione italiana

per il superamento dell’handicap pag 28

I NUMERI DEL DRAMMA

Il rapporto dell’Istituto superiore della sanità

del 6 aprile pag 31

UNA VOCE DA DENTRO

Intervista a Paolo Pigni

Direttore generale di Sacra Famiglia pag 34

TROPPE LATITANZE DIETRO UNA TRAGEDIA

Di Paola Pessina

Presidente della Casa di cura Ambrosiana pag 38

Supplemento a Vita non profit Direttore Stefano Arduini

(4)

Perché questo instant magazine

LA NECESSITÀ

DI CAPIRE

Stefano Arduini

Il coronavirus è stato un ciclone che si è abbattuto su migliaia di case di riposo, in particolare quelle della Lombardia, dove è concen-trato oltre il 20% delle 4.629 residenze e dei 300mila ospiti, che nel-la regione epicentro delnel-la pandemia in Italia, sono per il 94% non autosufficienti.

Vita.it ha seguito in queste settimane il caso delle Rsa lombarde, non per cercare capri espiatori ma per capire cosa stava accadendo, dan-do voce a chi conosce e vive queste delicatissime realtà. Al di là degli scandalismi e degli isterismi politici e mediatici di questi giorni ci è sembrato utile fornire ai lettori questo “instant magazine” che racco-glie una selezione degli articoli pubblicati sul sito e che nel loro insie-me sono un contributo di riflessione sulle ragioni e le cause del corto circuito che ha causato tante morti nelle residenze per anziani.

(5)

RSA, UN CAPRO

ESPIATORIO

PERFETTO

Riccardo Bonacina

Dopo le prime esternazioni di esperti secondo cui il Covid 19 era poco più di un’influenza, dal 27 febbraio si cominciò a tranquilliz-zare anche dicendo che sì, qualcuno moriva ma che il coronavirus che non è così letale perché a morire erano solo i vecchi che sareb-bero morti comunque perché già colpiti da altre patologie e ormai ultra ottantenni. “Se ne sarebbero andati comunque”, era il ritor-nello di virologi, editorialisti e professoroni intervistati. Ci fu an-che una certa reazione a questo disprezzo per le persone e per il dolore di chi stava perdendo i propri cari e all’idea mostruosa che gli anziani come tutti quelli che sono deboli non vadano nemme-no curati troppo né assistiti, tanto sonemme-no vicini alla fine (The Econemme-no- Econo-mist dixit).

(6)

13,4% indice di mortalità Covid19 per gli over 80

Al 9 aprile un’analisi dell’Istituto Superiore di Sanità su un cam-pione di 16.654 pazienti deceduti e positivi a COVID-19 in Italia, ha stabilito che l’età media dei pazienti deceduti e positivi a CO-VID-19 è di 78 anni per gli uomini e di 83 per le donne. Insomma, cinquanta giorni dopo lo scoppio dell’epidemia italiana, un dato era ed è certo: muoiono soprattutto gli anziani. E una ricercapub-blicata su The Lancet Infectious Diseases il 30 marzo ci dice che il tasso di m ortalità (non di letalità) del Covid19 sui casi accertati, più alto, è stimato come segue: 1,25% tra 50-59; 3,99% tra 60-69; 8,61% tra 70-79; 13,4% sopra 80 anni.

Ora, le 4629 case di riposo e Rsa italiane hanno una popolazione di 300.000 ospiti (più di un quinto dei quali in Lombardia) al 75% over 80 e al 78% non autosufficienti (in Lombardia al 94%!). Insom-ma, era prevedibile che proprio in queste strutture le morti si sa-rebbero moltiplicate (ne abbiamo scritto in tempi non sospetti e senza isterismi, semplicemente raccontando). Non c’è bisogno di essere amanti (come il sottoscritto) di film di genere catastrofico per immaginare gli effetti dirompenti e devastanti di una pande-mia che colpisce in particolare la popolazione anziana, per preve-dere che laddove questi erano raggruppati in strutture, tra l’altro non segreganti, ma aperte al territorio, il virus avrebbe colpito di più.

→ Il nulla delle autorità nazionali e regionali

(7)

a pochi giorni fa. La Protezione Civile che in altre situazioni ave-va dato buona proave-va di sé, di fronte a questo tipo di emergenza ha messo in campo scarsa preparazione e ancor meno risorse pre-ordinate oltre, però, a una sciagurata volontà di centralizzazione che ha impedito anche l’autoproduzione, se non clandestinamen-te, di protezioni per il personale. In questo contesto il punto che fa scalpore: la sciagurata delibera dell’8 marzo che in Lombardia che chiede alle RSA di farsi carico di pazienti Covid “lievi” per alleg-gerire gli ospedali sotto pressione di cui abbiamo già scritto (qui).

Se non si è riusciti ad avere strategie rigorose per circoscrivere il rischio nemmeno tra operatori ospedalieri (oltre 100 i medici morti e decine di infermieri) - se non nei pochi ospedali già alta-mente specializzati per episodi infettivi su piccole porzioni di po-polazione - meno che mai ci si poteva aspettare di riuscirci nelle realtà socio-sanitarie residenziali per persone anziane e ancor più per quelle disabili.

(8)

ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissio-ni di infezione”.

→ Capro espiatorio per Pm e coscienza sociale

Ora le Rsa sono diventate il capro espiatorio perfetto e decine di Pm si sono lanciati lancia in resta ponendosi l’epocale domanda: “a marzo 2020 sono morti più anziani che a marzo 2019?”. Bastava che leggessero uno straccio di giornale o mi telefonassero per ave-re una risposta! E, come spiegano, cercano il «nesso di causalità» tra morti e Coronavirus, forse non sapendo che a marzo non è sta-to né fornista-to né fatsta-to un tampone che sia uno e che perciò, a parte i pochi ospedalizzati nessuno saprà ma quanto il coronavirus abbia pesato nel portare alla morte pazienti che già soffrivano di patolo-gie gravi, visto che non è stato fatto nemmeno il tampone, né pri-ma né dopo la morte. Chissà se i pri-magistrati in corso d’opera capi-ranno che devono alzare un poco lo sguardo, che devono guardare un po’ più in alto se vogliono colpire i veri responsabili della diffu-sione del virus nelle strutture per anziani.

Ma le Rsa sono un capro espiatorio perfetto perché addossare su di loro la colpa lava anche una cattiva coscienza sociale, quella di chi ha affidato i suoi anziani già da mesi o da anni a coloro che po-tevano e dovevano occuparsi di loro e dovevano continuare a far-lo al posto nostro. Abbiamo chiesto alle case di riposo di sostituirci con i nostri parenti anziani al 100 % e lo hanno fatto.

Si può immaginare un altro modello dalle Rsa? Certo, ma invece di processi occorre mettere in campo risorse per assistenza domi-ciliare e medicina di territorio dove anche il Terzo settore sia sem-pre più protagonista.

(9)

SOLI DAVANTI

AD UNA

GRANDE

EMERGENZA

di Rosaria Bonacina

vicepresidente dell’Rsa Airoldi e Muzzi di Lecco

La vita di una Rsa e di chi al suo interno vive e lavora, non ha mai avuto tanta attenzione da parte della stampa e di tutti i media come in questi giorni di emergenza Covid-19. Attenzione però tutta con-centrata sul numero dei morti, numero certamente troppo eleva-to, soprattutto in certi territori, e che sicuramente genera spaesa-mento in chi ne ascolta il racconto, e nello stesso tempo favorisce accuse ai gestori di incapacità ad offrire una assistenza adeguata. Probabilmente a poco sono servite tutte le attenzioni, i protocolli e le procedure messe in atto fin dai primi in giorni, rendendole poi sempre più rigorose, per evitare di esporre ospiti e lavoratori al ri-schio di contagio.

(10)

meglio le indicazioni non chiare dell’ISS, dei vari DPCM e deli-bere Regionali spesso in contraddizione tra loro; improvvisando-si esperti in gestione delle emergenze. Per contenere il contagio si è scelto da subito di limitare al massimo le occasioni di contatto con l’esterno, impedendo l’accesso dei familiari e dei volontari. E questo ha creato per gli ospiti e per le loro famiglie una situazione di grave carenza di relazioni e di affetto di cui oggi forse non siamo in grado di valutare le conseguenze e gli effetti. Difficilmente po-tranno essere sufficienti a superare il disagio della lontananza dai familiari, le attenzioni del personale o lo sforzo delle strutture per favorire le videochiamate, la comunicazione con posta elettronica o altro che la fantasia degli operatori ha saputo inventarsi.

Ormai è passato più di un mese dall’inizio dell’emergenza e il per-sonale che ogni giorno si prende cura degli ospiti, vive in una si-tuazione di rischio in continua crescita e fonte di grande preoc-cupazione. Molti sono gli operatori assenti per malattia. Solo da pochissimi giorni si è iniziato a effettuare i tamponi che quasi si-curamente daranno esiti positivi.

Il contagio intano sembra aver cominciato a rallentare la sua cor-sa, ma presumibilmente nei prossimi giorni continueremo a senti-re notizie di decessi degli ospiti delle Rsa, anche in quelle struttusenti-re che nei primi giorni sono riuscite a “difendersi”.

Ma per chi dirige e lavora, come la sottoscritta, all’interno di que-ste strutture, sa che è possibile anche un’altra narrazione della vita di questi luoghi, sente l’esigenza di una narrazione più positiva. Le Rsa dei nostri territori custodiscono la storia di anni, e per qualcu-na anche di secoli, dedicati alla “cura” di chi, in situazione di non autosufficienza (non dimentichiamolo), necessita di trovare acco-glienza in strutture in grado di offrire risposte assistenziali e sani-tarie adeguate.

(11)

dall’ospedale ed è in condizioni tali da non poter essere accudito al proprio domicilio sia per la presenza di pluripatologie sia per la necessità di assistenza di tipo quasi esclusivamente sanitario.

Tante sono le persone in condizioni di “terminalità” che trovano nelle RSA un luogo dove concludere la propria vita in modo digni-toso, accompagnati da cure palliative.

La morte è una “visitatrice” frequente delle RSA e il personale di cura è allenato a fronteggiarla e ad accoglierla quando non si può fare altrimenti, quando gli anni e l’evolversi delle malattie stanno facendo il loro corso e nessun trattamento sanitario le può debel-lare, quando l’unica cosa che si può fare è lenire la sofferenza ed at-tenderne insieme il compimento.

Sono delicati e difficili gli atti di cura che le equipe delle Rsa por-tano avanti nei confronti dei propri ospiti; sono richieste una con-sapevolezza ed una responsabilità professionale molto alte, frutto di esperienza, formazione ed esercizio continuo.

È l’attività di “cura” che caratterizza e qualifica la quotidianità del-le Rsa: c’è tanto impegno e professionalità da parte degli operatori e ci sono ospiti che grazie a trattamenti sanitari adeguati, cicli in-tensi di fisioterapia, di stimolazione cognitiva o di musicoterapia, riescono a recuperare una discreta autonomia che consente loro di continuare una vita serena, degna di essere vissuta, di coltiva-re intecoltiva-ressi e affetti. E’ stata molto dolorosa la morte di alcune di queste persone, forse colpite dal contagio (in assenza di tamponi non può esserci certezza); la loro morte è avvenuta troppo in fret-ta, senza lasciare spazio ad un ultimo saluto ai familiari, agli amici e agli operatori stessi.

(12)

duran-te l’emergenza Covi-19, ma anche per il prossimo futuro.

Occorre trovare spazi in cui le Rsa (molto spesso realtà Non Pro-fit), possano condividere le riflessioni che nasceranno dall’espe-rienza di questi giorni, per certi versi molto dolorosa, con chi, ter-ritorio, Welfare regionale…, dovrà aiutare a riprendere le attività ordinarie e nello stesso tempo pensare anche a modalità innovati-ve di erogazione dei servizi territoriali e residenziali per gli anzia-ni, servizi che possano rispondere alle sfide che tutti dovremo af-frontare , anche, e non solo in termini di sostenibilità dei costi.

(13)

IL TERZO

SETTORE, NON

UN J’ACCUSE

MA UN

APPELLO

di Sara De Carli

(14)

Rossano Bartoli è il Presidente della Lega del Filo d’Oro. Il di-stanziamento sociale di un metro, loro, non possono rispettarlo: le persone che seguono sono sordocieche o pluriminorate psicosen-soriali, il tatto per loro è l’unico modo per avere un contatto con il mondo e per comunicare. A seguito delle disposizioni governative le attività dei servizi territoriali sono state sospese, mentre prose-gue l’attività dei cinque centri residenziali (in Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Puglia e Sicilia). «Abbiamo preparato alcune stanze per l’isolamento, abbiamo DPI per gestire qualche giorno di emergenza vera. Come strutture sanitarie o sociosanitarie ab-biamo bisogno di avere garanzie rispetto alla possibilità di opera-re in sicuopera-rezza, a tutela di tutti», dice. Le strade le hanno percorse tutte: quella delle richieste alla Protezione Civile, come pure quel-la di mettersi insieme con altre organizzazioni per fare ordini col-lettivi, «ma c’è tanta difficoltà, alcuni ordini sono stati bloccati alle frontiere», dice Bartoli. Le mascherine ora ci sono, più difficile in-vece è ancora reperire DPI quali ffp2 e ffp3, tute, guanti, coprica-pi… La seconda riflessione riguarda i tamponi: «per averlo bisogna segnalare, insistere, non è detto che venga fatto subito e comun-que il risultato sappiamo che non è veloce, nel frattempo cosa fai? Abbiamo bisogno di essere aiutati a capire se c’è o no il problema, essere messi nelle condizioni di agire correttamente e tempestiva-mente. Stiamo vivendo tutti un’emergenza eccezionale, capiamo benissimo che ci sono fronti oggettivamente prioritari… Vedo la Protezione civile qui ad Ancona, ci sono persone che non tornano a casa da settimane... Il nostro è un appello: tenere conto che anche le nostre strutture e servizi sono essenziali ed è importante inter-venire in modo adeguato, soprattutto in termini di prevenzione».

(15)

po-sitive al test. In Sacra Famiglia si sono procurati i tamponi e hanno iniziato a testare i pazienti e gli ospiti con sintomi similinfluenza-li già dal 18 marzo; in seguito sono stati testati anche ospiti e ope-ratori che erano venuti in contatto con loro, pur in assenza di sin-tomi specifici. «I dispositivi di protezione individuale? Li abbiamo ma con grande fatica, teniamo conto che fra ospiti residenti e ope-ratori abbiamo bisogno di circa 1.800 mascherine al giorno e 7mila guanti… anche per le ffp2 e ffp3 sta aumentando la necessità, per-ché sta aumentando il numero delle persone positive», dice Mara Garbellini, responsabile della Comunicazione e Raccolta fondi.

(16)

or-ganizzare il servizio».

(17)

di pezzi di mascherine, fino a qualche giorno fa introvabili. Credo che adesso il mercato si sia mosso, con le sue regole: serve vigilare perché non si crei un mercato parallelo».

(18)

NON SI PUÒ

FARE

CHIAREZZA

CON 60

TAMPONI FATTI

L’interpellanza urgente alla Camera di Elena Carnevali sul caso delle Rsa lombarde

(19)

re-gione e per questo credo che un’operazione di totale scaricabarile non sia stata un’operazione, come dire, egregia.

(20)

CO-VID e ai pazienti, invece, senza COCO-VID».

Sono alcuni passaggi dell’intervento svolto ieri alla Camera da Elena Carnevali, deputata Pd. Presentava l’interpellanza urgen-te “Elementi e iniziative in ordine alla situazione delle residen-ze sanitarie assistite in Lombardia in relazione all’emergenza COVID-19” (la n. 2-00734, qui il testo). Ha risposto Sandra Zam-pa, Sottosegretaria di Stato per la Salute, che ha fatto riferimen-to alla surveynazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture re-sidenziali e socio-sanitarie curata dall’Istituto superiore di sanità che conta nelle RSA lombarde, dal 1° febbraio 2020 alla data di ste-sura del questionario (26 marzo-6 aprile), 1.822 decessi su un tota-le di 13.287 residenti. Il totatota-le dei decessi accertati con tampone e risultati positivi al tampone è pari a 60. Il totale dei decessi con sin-tomi simil-influenzali o simili a COVID-19 è pari a 874. I decedu-ti accertadecedu-ti posidecedu-tivi al COVID-19, conferma da tampone, più i de-ceduti con sintomi appunto simil-influenzali sono pari a 934, cioè il 51,3 per cento del totale dei decessi nelle RSA lombarde, ovvia-mente di quelle che hanno risposto al questionario (164 strutture, pari al 24,2 per cento del totale).

(21)

dell’assesso-re Foroni che ha detto: “in Lombardia, modestamente, noi le ab-biamo azzeccate tutte”. È un insulto alle famiglie di tutti coloro che hanno perso delle persone, in particolare alle famiglie di coloro che hanno perso delle persone nelle residenze per anziani. Noi ab-biamo chiesto una commissione d’inchiesta regionale sulle RSA e lì, in sede politica, andremo fino in fondo; lo dobbiamo ai familiari, ai lavoratori, a tutti coloro che sono morti».

E ancora: «Che cosa ha fatto, anzi, che cosa non ha fatto la regio-ne? Prima di tutto, ci ha messo molto tempo a chiudere alle visi-te dall’esvisi-terno le residenze sanitarie per anziani. Nonostanvisi-te che lo avesse iniziato già a fare il Veneto, il 24 febbraio, nonostante che l’Emilia-Romagna lo avesse fatto il 1° marzo, la Lombardia, la re-gione con il focolaio più esteso, ha aspettato il 4 marzo per iniziare a limitare le visite dall’esterno nelle residenze per anziani. Poi ha concluso la questione l’8 di marzo, insieme al decreto del Gover-no. Lo stesso giorno, però, l’assessore Gallera proponeva ai colle-ghi della giunta una cosa inspiegabile, che ha avuto, purtroppo, gli esiti criminali di cui sopra. L’8 marzo la giunta Fontana, su propo-sta dell’assessore Gallera, decideva di chiedere alle residenze sani-tarie per anziani di ampliare la ricettività dei pazienti per ospitare i casi meno gravi di persone infettate con il COVID e liberare, così, alcuni posti letto negli ospedali. Lo diceva la collega Carnevali: le Rsa fanno parte del sistema sanitario nazionale; non possono ri-fiutare, se la regione chiede. Per rendere più persuasiva la propo-sta della regione, il 30 di marzo si è aggiunta una retta giornaliera di 150 euro a ogni RSA che accettava i pazienti COVID, pagata dal-la regione. Di fatto, quello che è successo è che dal-la regione pagava le Rsa per favorire il contagio, compiendo quello che è stato un atto gravissimo e irresponsabile.

(22)

responsabilità della regione non è solo quella di dare indicazioni; la regione ha una responsabilità di sorveglianza, controllo e san-zione, che troppe volte nella storia della sanità lombarda è venuta meno. Soprattutto, in questo caso, la regione Lombardia è venuta meno a quella responsabilità e non ha esercitato la propria funzio-ne di sorveglianza, controllo e sanziofunzio-ne. E non basta - no, non basta - che ora, con le morti sospette, la regione disponga una commis-sione d’inchiesta, provando a scaricare i problemi sulla gestione delle Rsa. Il problema è a monte: è in quelle due delibere, dell’8 di marzo e del 30 di marzo, in cui Fontana, Gallera e tutti gli altri assessori della giunta predisponevano il trasferimento dei malati COVID nelle residenze per anziani. L’emergenza - è stato detto da tutti gli infettivologi in modo molto chiaro - doveva essere trattata come una crisi sanitaria, cioè, doveva essere fatto tutto il possibi-le per evitare i contagi. Mentre tutta Italia si fermava per attuare il distanziamento sociale, che cosa decidevano l’assessore Gallera e il presidente Fontana? Loro decidevano di portare i malati conta-giosi nei luoghi dove più si sarebbe dovuto evitare il contagio, pro-prio dove ci sono i pazienti più fragili e più esposti. Il problema è tutto qui: chi doveva gestire l’emergenza in realtà non ha fatto al-tro che rinfocolare il contagio e questa è una precisa responsabili-tà della politica».

(23)

CAPIRE DOVE

IL SISTEMA

NON HA

FUNZIONATO

Intervista a Luca Degani Uneba Lombardia

(24)

pro-babilmente avuto i maggiori limiti e come fare meglio». Ovvero usciamo dalla logica del giudizio anticipato, ospedale contro terri-torio, politica contro tecnici e proviamo, invece, a costruire un si-stema più saldo a partire da un punto: «Va spostata l’attenzione dal-la struttura aldal-la persona».

Iniziamo dall’analisi di cosa non ha funzionato, partendo dalla delibera in cui si parlava di pazienti Covid a bassa intensità?

Dopo un piccolo sbandamento iniziale hanno chiarito: i Covid positivi dovevano andare in un reparto autonomo, mentre i posti letto liberi sarebbero stati eventualmente destinati ai Covid nega-tivi. Ma questo è il meno, il tema vero è che quella impostazione di azioni ordinamentali evoca una forma mentis che pensa che l’o-spedale sia il centro e che tutte le altre strutture territoriali gli sia-no ancellari. E questo vale anche per le Rsa, che diventasia-no luoghi di supporto all’ospedale dove si cura il Covid.

Cosa non funziona in questo ragionamento?

Se in una Rsa arriva un Covid, la cosa che mi devo chiedere è che effetto ha sulla struttura. Fin da subito sia l’istituto superiore del-la sanità che l’Oms hanno specificato che il rischio di letalità sale al crescere dell’età e del numero delle patologie croniche delle quali la persona infetta sia portatrice. Se sai che nelle Rsa sono ricovera-ti esattamente quesricovera-ti soggetricovera-ti, non chiedere a queste di mettersi al servizio degli ospedali, semmai fai esattamente il contrario.

Ovvero?

(25)

Covid correlati. Questo perché per la prima volta ci siamo trova-ti in una situazione di forte stress del sistema ospedaliero in partrova-ti- parti-colare delle terapie intensive. Si è determinata una situazione che ha costretto i sanitari a decidere di dare la precedenza, per quan-to concerne l’accesso alla terapia intensiva, alla fascia di popola-zione più giovane e con maggior possibilità di sopravvivenza. Su tali scelte personalmente ritengo che si possa non concordare ma ne comprendo la logica sottesa. Quando però si decide di utilizza-re le Rsa per deflazionautilizza-re il sistema ospedaliero da un eccesso di ricoveri ritengo che si debba contemporaneamente pensare a po-tenziare l’offerta di prestazioni sanitarie per acuti delle Rsa stesse. Quindi insieme ai malati, sottolineo necessariamente Covid ne-gativi previamente tamponati e verificati, si dovrebbero mandare specialisti infettivologi e specialisti polmonari in Rsa. Tanto più si dovrebbero prima effettuare i tamponi a tutti gli ospiti e lavoratori delle rsa per verificare lo stato di sicurezza di queste realtà, anche a tutela dei soggetti potenzialmente immunodepressi dei quali si chiede il trasferimento. Oltre che per la tutela dei lavoratori e per l’effettiva possibilità di una presa in carico degli ospiti con le op-portune azioni di ridefinizione dei posti nei reparti per minimiz-zare il rischio infettivo. In altre parole “ospedalizminimiz-zare” l’Rsa per il tempo necessario, fornendo un supporto adeguato alla ecceziona-lità dell’evento.

Questo perché le case di riposo non hanno gli strumenti e le competenze giuste?

(26)

si trattano patologie croniche e non acute. Se viene un infarto a un ospite, a titolo di esempio, ha a sua tutela il pieno diritto di essere portato in ospedale. Si può comprendere che durante una pande-mia non si sia ritenuto opportuno da parte di chi governa di garan-tire l’accesso alla persona anziana in un pronto soccorso o in una terapia intensiva, poiché eccessivamente oberati da un numero pesantissimo di accessi. Se però così è stato e potenzialmente an-cora così potrebbe essere in altre parti d’Italia, è necessario “por-tare l’ospedale” nella Rsa. Le persone anziane e disabili hanno di-ritto alla tutela della loro salute in termini di presa in carico tanto quanto gli altri cittadini ed allo stesso modo i lavoratori che si oc-cupano di loro.

In che senso?

Le faccio un esempio sui Dispositivi di Protezione Individuale, ossia le mascherine, i camici monouso, i guanti e quant’altro neces-sario a prevenire possibili infezioni da contatto. Fino a poco tem-po fa la Protezione Civile aveva un protocollo che prevedeva che se arrivavano mascherine dalla Cina per una struttura socio-sani-taria venivano requisite e distribuite alle sole strutture ospedalie-re o comunque del comparto sanitario. Ma veniamo all’oggi. Ades-so il nodo non è essere buoni o cattivi, ma comprendere che non si parte dal luogo, ovvero l’ospedale, ma dalle persone. Allora se va-lutiamo che la pandemia mette a rischio la popolazione più anzia-na, bisogna che attrezziamo adeguatamente e ci preoccupiamo in primis dei luoghi vivono queste persone.

Avete fatto richiesta di avere strumentazioni e personale “da ospedale”?

(27)

pre-sa in carico più idoneo per le persone anziane che vivono in strut-ture di ricovero e garantire a loro ed ai lavoratori di questi luoghi innanzitutto tamponi e dispositivi di protezione. Se si ritiene che in queste strutture si debba prendersi carico di tutto il percorso in-fettivo è necessario sapere chi è infetto e chi no, al di là dell’insor-gere della sintomatologia. Poi occorre supportare questi luoghi, come effettivamente in maniera non omogenea alcune Agenzie di tutela della salute sui territori hanno già iniziato a fare, fornendo da parte della Sanità per acuti consulenze in termini infettivolo-giche, pneumologiche ed anche supportare sulla disponibilità ed uso dei farmaci antivirali. In linea generale bisogna creare una di-mensione più collaborativa. La lezione è questa. E abbiamo anco-ra tutto il tempo per miglioanco-rare la volontà comune di prendersi ca-rico della generazione più fragile.

(28)

QUESTA ERA

UNA TRAGEDIA

ANNUNCIATA

Il punto di vista di FISH

Federazione italiana per il superamento dell’handicap

(29)
(30)

Fish ha ripetuto inutilmente in questi anni il diritto delle per-sone con disabilità a vivere ognuno dove, come e con chi gli pare, come dice la Convenzione Onu. Concetto inserito anche neI Pro-gramma d’azione per la promozione dei diritti e l’integrazione del-le persone con disabilità (dicembre 2017), dimenticato nel cassetto da ben tre Governi. «Al contrario, in questi anni hanno continua-to a fiorire strutture sempre più grandi, sempre meno risponden-ti a criteri di inclusione sociale, a nascere e ad essere finanziate strutture residenziali indicate come “eccellenze”, situate a decine di chilometri dall’abitato più vicino. Con il prevalere di questi mo-delli, le persone anziane non autosufficienti e le persone con disa-bilità continueranno a vivere – e a morire – nel loro isolamento e nella loro segregazione, quando non nelle molestie, abusi, eccessi di sedazione, deprivazione… cioè proprio in quel brodo di coltura in cui è maturata la tragedia di questi giorni».

(31)

I NUMERI

DEL DRAMMA

Il rapporto dell’Istituto superiore della sanità del 6 aprile

1.550 telefonate fra il 25 marzo e il 6 aprile, coinvolgendo 2.166 Rsa. 577 strutture che hanno risposto al questionario, pari al 27% delle strutture contattate: poche rispetto al totale delle Rsa in Ita-lia, che sono 4.629 ed includono sia quelle pubbliche che quelle convenzionate con il pubblico e le private. Comunque un campio-ne, ufficiale. È questo il perimetro della survey sul contagio da Co-vid-19 nelle RSA, realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. L’indagine ha l’obietti-vo di coinl’obietti-volgere circa 2.500 strutture pubbliche o convenziona-te come parconvenziona-te significativa delle complessive 4.629, includendo tra esse anche quelle private.

(32)

pari al 19,7%). Il tasso di mortalità, calcolato come numero di dece-duti sul totale dei residenti è complessivamente pari al 8,4%. Ecco il primo dato: in questi due mesi è morto l’8,4% degli anziani rico-verati in Rsa. In Lombardia, la percentuale sale al 13,7%.

Quanti di essi erano positivi al Covid-19? Difficile dirlo perché i tamponi ancora oggi non vengono fatti nella stragrande maggio-ranza dei casi. In ogni caso dei 3.859 soggetti deceduti, 133 erano risultati positivi al tampone e, genericamente, 1.310 avevano pre-sentato sintomi simil-influenzali. In sintesi, il 37,4% del totale dei decessi (1.443 su 3.859) ha interessato residenti con riscontro di in-fezione da SARS-CoV-2 o, la grandissima parte, con manifestazio-ni simil-influenzali. La variabile dei tampomanifestazio-ni risente ovviamente delle politiche adottate da ciascuna Regione, a volte da ciascuna ASL o distretto sanitario, sull’indicazione ad eseguire i tamponi. In ogni caso il tasso di mortalità fra i residenti, considerando i de-cessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è in media del 3,1% ma in Lombardia praticamente raddoppia, ar-rivando al 6,8%. Qui infatti dei 1.822 deceduti, 60 erano positivi al tampone ma altri 874 avevano sintomi simil-influenzali: comples-sivamente 934 persone, pari al 51,3% dei deceduti. Da un ulteriore approfondimento, risulta che in Lombardia e in Liguria circa un quarto delle strutture (rispettivamente il 23% e il 25%), presenta un tasso di mortalità maggiore o uguale al 10%. Quanto alla positi-vità del personale, su 560 strutture che hanno risposto a questa do-manda, il 17,3% hanno dichiarato una positività per SARS-CoV-2 del personale della struttura: la regione con più strutture con per-sonale riscontrato positivo è la Lombardia (34,6%), seguita dalla provincia di Trento e Liguria (entrambe 25%), Marche (16.7%), To-scana (15,8%), Veneto (14,6%), Friuli Venezia Giulia (13,3%) e valori inferiori al 10% o uguali a zero per le altre regioni.

(33)

ospeda-lizzate sono state 1.969: il 48% di esse presentava sintomi simil-in-fluenzali, respiratori (per esempio febbre, tosse o dispnea) o pol-monite (indipendentemente dall’esecuzione del test per Covid-19). Quali sono le principali difficoltà nel corso dell’epidemia di co-ronavirus? La survey lo ha chiesto direttamente alle RSA. Delle 547 strutture che hanno risposto alla domanda, 470 (85,9%) han-no riportato la mancanza di Dispositivi di Protezione Individua-le. Le altre voci sono più distanti, ma significative: 192 (il 35,1%) cita l’assenza di personale sanitario, 136 strutture (il 24,9%) dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19, 97 strutture (il 17.7%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione. Seguono la carenza di farmaci (11,9% delle strutture) e le difficoltà nel trasferire i residenti affetti da Covid-19 in strutture ospedalie-re (11,3%). Nella voce altro, tornano fra le principali difficoltà quel-le di reperire i Dpi e l’impossibilità di eseguire tamponi. Un totaquel-le di 269 Rsa (47%) hanno dichiarato di poter disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta.

(34)

UNA VOCE

DA DENTRO

Intervista a Paolo Pigni Direttore generale di Sacra Famiglia

«Stiamo facendo ogni sforzo per tenere il virus fuori dalla por-ta», spiega il Paolo Pigni Direttore generale di Sacra Famiglia, una delle più importanti strutture del welfare lombardo. «Ma lo sfor-zo è immane. Stiamo istruendo i nostri dipendenti e adeguando la struttura per continuare ad assistere migliaia di persone fragi-li. Ci atteniamo scrupolosamente a tutte le disposizioni che arriva-no dalle istituzioni e abbiamo chiuso tutto ai parenti ai volontari: dall’esterno non arriva nessuno». Al tempo stesso, racconta, «stia-mo rivoluzionando parecchi reparti per creare aree di isolamen-to, in caso dovessero servire». Il problema, oggi, si presenta in tut-te le strutture della Lombardia, regione dove più grande il rischio di contagio».

A che punto siamo per quanto riguarda le residenze?

Il problema più grosso riguarda le Rsa, che occupano 60mila po-sti soltanto in Lombardia. Ma per quanto riguarda Sacra Famiglia, c’è un tema di residenze socio sanitarie per disabili, le Rsd.

Gli ospiti di una Rsd richiedono attenzioni particolari…

(35)

gestione anche nella fase meno aggressiva del Coronavirus è im-pegnativa. Mettere in isolamento un giovane autistico non è uno scherzo. Per cui dobbiamo accendere anche un faro su questo mondo, perché i media giustamente parlano di RSA e anziani, ma non dobbiamo dimenticarci dei disabili.

A parte le mascherine e i presidi protettivi, qual è dunque il problema?

Ci sono tre aree in cui questa battaglia si sta combattendo. La principale è quella legata al mondo ospedaliero. Poi c’è un mondo domiciliare, gente che è a casa e viene assistita. E c’è, poi, una ter-za area enorme che è il mondo delle residenze per anziani e disa-bili. Un mondo che riguarda centinaia di migliaia di persone fragi-li che vivono in posti dove non possono valere le medesime regole che valgono in casa, servono approcci diversi e più strutturati. Il tema è che per condurre questi approcci strutturati servono risor-se sanitarie dedicate (tutto il tema dei presidii, e non parliamo solo di mascherine chirurgiche ma di tutta la filiera della protezione) e serve personale…

Che cosa sta accadendo al personale?

Comincia a essere affaticato, in certi casi malato. Oltretutto gli Ospedali stanno assumendo e nelle Rsa e nelle Rsd serve persona-le sanitario…

Cosa comporta questo?

(36)

spiri-to di polemica, ho massima fiducia nelle auspiri-torità lombarde.

Una visione strategica serve proprio per uscire da logiche apocalittiche…

Credo che realtà come le nostre sono disponibili a dare il proprio contributo in termini di competenza e conoscenza per organiz-zarsi. Una cosa però deve essere chiara: l’azione regionale non può concretizzarsi in una serie di tabelle da riempire…

Il grande tema della burocrazia, che affiora da più parti, rischia di essere un ostacolo dunque?

Ora più che mai. Non dobbiamo creare burocrazia, servono azio-ni di coordinamento che abbiano tutto un aspetto di raccolta dati ma che poi diano dei riscontri in termini di operatività: presidii che arrivano, soldi che vengono riconosciuti e messi a disposizio-ne di competenze professionali. Se invece ci limitiamo alla modu-listica, finiamo male.

Le strutture del welfare lombardo, oggi, sono tutte sotto pressione…

Non oso immaginare cosa stia accadendo in una piccola RSA da cinquanta, sessanta posti, che ha una strutturazione del lavoro le-gata alla vita quotidiana, un bilancio che è quello che è e un cash flow che si riduce. Si trovano sicuramente in condizioni di affati-camento economico pesantissimo, con il personale che arranca… Tutti sperano che non capiti loro un caso.

Anche perché la gestione di un caso positivo in un piccola RSA o in una RSD è doppiamente drammatico perché si lega all’impossibilità di ricoverare in Ospedale alcune persone problematiche…

Per questo dobbiamo pensare ora come agire e intervenire affin-ché le strutture non diventino focolai. I casi vanno gestiti lì, ma con le risorse personali, l’operatività e una formazione nuova.

(37)

poco…

Invece è fondamentale. Serve subito investire in competenze, af-finché le persone che non riusciamo a portare in Ospedale possa-no essere gestite nelle strutture che possa-non solo abbiapossa-no mascherine o presidii, ma sappiano gestirli al meglio. Ma anche qui: non basta scaricare il problema stilando una circolare in cui si dice “fate for-mazione. Cerchiamo di fare tutto il possibile, ma in situazione di questo tipo servono idee creative. Ad esempio una piccola e agile unità di crisi, accanto alle unità di crisi già formate, in tal senso sa-rebbe utile alle realtà dele RSA e delle RSD.

Agilità, oggi, è sinonimo di efficacia…

Lo ripeto per l’ennesima volta: non ci servono sovrastruttu-re burocratiche, ma unità agili che diano quelle risposte che oggi chiediamo.

l tema dei costi è da portare all’attenzione di tutti...

Realtà come la nostra stanno perdendo centinaia di migliaia di euro perché ci sono costi aggiuntivi e ricavi che vengono meno. Sono problemi che vanno affrontati perché sul breve dobbiamo garantire a tutti un po’ di cassa, ma poi non possiamo affidare tut-to al caso altrimenti avremo, oltre alle morti, decine di struttu-re e cooperative che andranno in default. L’operatività è il primo punto, ma dobbiamo ricordarci dell’aspetto economico: per mol-te strutture c’è un mol-tema di liquidità di cassa, un mol-tema di pagamen-ti, un tema di fragilità economiche che potrebbe anche mettere in crisi i rapporti con i fornitori.

(38)

TROPPE

LATITANZE

DIETRO

UNA TRAGEDIA

Di Paola Pessina

Presidente della Casa di cura Ambrosiana

(39)

dell’es-sere tutt’ora costretti ad “azzeccare”, in una specie di non dichia-rato “ognuno per sé e Dio per tutti”, di fronte a un tornado da tutti prevedibile ma di fatto neanche minimamente previsto.

(40)

dalla Protezione Civile è tracciata lunedì 23. Marzo, non febbra-io: ovvero dopo un mese di frenetico fai-da-te nella ricerca di ma-scherine e guanti, una specie di sacro graal inafferrabile in grado di porre una barriera tra il virus e gli operatori, tra loro e le perso-ne fragili loro affidate giorno e notte. La seconda, una settimana dopo, comprendeva la sconcertante disponibilità di 384 flaconi di ipoclorito di sodio al 14% (trattamento acque piscine) e qualche al-tra mascherina in omaggio.

Un tornado non previsto nelle Rsa e in generale non previsto nei territori. Convinti come siamo, tutti, che oggi la medicina sia on-nipotente nei sistemi di cura. Con un filo di delirio di onnipotenza in più in Lombardia, dove l’eccellenza delle strutture sanitarie ha cullato i decisori nell’illusione che in ospedale ci sia rimedio effi-cace sempre e per tutte le patologie. Qui lo schiaffo del Covid 19 ha colpito più forte, imponendo un’umiltà che si sarebbe fatto bene a coltivare per tempo: perché il ciclo ospedalocentrico “malessere - pronto soccorso – ricovero – cura avanzata – dimissioni” in caso di contagio fa proprio dell’ospedale una formidabile macchina di at-trazione e poi di propagazione del contagio, che paradossalmente investe gli stessi sanitari che vi operano. È una dinamica diabolica (letteralmente: divisiva) che richiede logiche di protezione dal ri-schio del tutto inedite, a volte inconciliabili. A soccorrere le vitti-me del crollo delle Torri Gevitti-melle sono andati i vigili del fuoco, con il pericolo che il crollo potesse travolgere anche loro: ma esaurito il crollo il rischio cessa per tutti. A soccorrere i contagiati da un vi-rus vanno operatori sanitari con il pericolo di diventare vittime se non protetti adeguatamente: e il rischio del contagio poi si molti-plica per tutti.

(41)

picco-le porzioni di popolazione - meno che mai ci si poteva aspettare di riuscirci nelle realtà socio-sanitarie residenziali per persone an-ziane e ancor più per quelle disabili, dove i requisiti di accredita-mento delle strutture non vanno nella direzione della segregazio-ne, ma se mai della permeabilità all’interno e all’esterno; e dove il profilo sanitario delle Rsa italiane, pur indispensabile per gesti-re una popolazione di 300mila ospiti (più di un quinto dei quali in Lombardia) al 75% over-80 e al 78% non autosufficienti (in Lom-bardia al 94%!) non è certo orientato alla cura dell’acuzie, ma se mai a una gestione della cronicità e del declino - quello cognitivo rende la maggior parte degli ospiti nulla o poco collaboranti - che unisca alla terapia possibile la qualità della relazione di cura.

(42)

giocare da subito in trasparenza: assumendosi il rischio delle scel-te e comunicandole alle autorità, al proprio personale e alle fami-glie. Anche a Sindaci che, allarmati dal focolaio, hanno toccato con mano la vanità di ogni appello: dai piani alti nessun soccorso pos-sibile per Rsa e Rsd, fino alla deflagrazione. Visto che il dito punta-to in queste situazioni non te lo leva nessuno, tanpunta-to vale raccontare lo scatenarsi del tornado e la resistenza messa in campo al meglio delle proprie capacità. E qualcuno ci provi, a dimostrare come si poteva fare di più.

(43)

Con la certezza progressiva che - anche senza andarselo a cercare - il Covid avrebbe bussato alla porta comunque, portato da un qua-lunque fornitore, manutentore, operatore asintomatico ma infet-to, i gestori hanno percorso come potevano, e più o meno tempe-stivamente, l’unica via rimasta, cioè quella di individuare al meglio in casa zone isolabili: alcuni avevano già casi accertati, altri li te-mevano anche senza l’evidenza dei tamponi, altro mitico oggetto del desiderio vietato alle RSA dalla penuria di laboratori pubblici in grado di processarli. E hanno cercato di formare in un battiba-leno alle prassi severe di trattamento ospedaliero di pazienti infet-tivi un personale abilitato invece professionalmente a un contatto quotidiano con i “nonni” o con i “ragazzi” fatto anche della pros-simità fisica ed emotiva indispensabile a una comunicazione che non può contare sulla razionalità e l’autocontrollo. Un dramma per infermieri, Asa e Oss cui aggiungere l’ansia di sapersi poten-zialmente contagiosi nella propria cerchia di relazioni e – se posi-tivi – allontanati dalla struttura.

(44)

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile

e la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

0 t 0 i

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile

e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

0 it 0 . 020 ita.it 0 020 ta.it

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

La fine

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

di un mondo

Coronavirus. La società civile

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile

Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile Coronavirus. La società civile

e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

0 aprile 2020

€ 7,00 | vita.it

e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

La fine

di un mondo

Coronavirus. La società civile e la sfida della ricostruzione

aprile 2020 € 7,00 | vita.it

VITA Magazine per un anno a casa tua a soli 25 euro anziché 50.

vai su

store.vita.it

OFFERTA ABBONAMENTI

e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione e la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzionee la sfida della ricostruzione

INVESTI

25 EURO SUL FUTURO.

VITA, INFORMARE PER RICOSTRUIRE!

Oggi puoi ricevere VITA per un anno

a un prezzo straordinario, in edizione carta + digitale. Vai su store.vita.it, clicca su ABBONATI, scegli VITA Tutto Compreso e inserisci il codice VITA 25.

(45)

INSTANT MAGAZINE

(46)

Se ha gradito questo quotidiano e se lo ha trovato altrove, la preghiamo di sostenerci venendo a scaricare almeno volta al giorno dove è stato creato, cioè su www.marapcana.london cliccando su questo testo. Senza il suo aiuto, purtroppo,presto potrebbe non trovarlo più. Troverà anche riviste, libri, audiolibri, fumetti, quotidiani e riviste straniere, fumetti e riviste per adulti, tutto gratis, senza registrazioni e prima di tutti gli altri, nel sito più fornito ed aggiornato d'Italia. Trova inoltre tutte le novità musicali un giorno prima dell'uscita ufficiale in Italia, software, apps, giochi per tutte le console, tutti i film al cinema e migliaia di titoli in DVDRip, e tutte le serie che può desiderare sempre online dalla prima all'ultima puntata.

Riferimenti

Documenti correlati

- nell’anno 2020, per venire incontro alle esigenze delle strutture sanitarie e socio-sanitarie residenziali private convenzionate, è stato previsto un fondo integrativo

- in relazione al fabbisogno residenzialità e semiresidenzialità nell’area disabili socio-sanitaria, nell’AV4 risulta che detta area presenta criticità per cui sarebbe

- Check-list di autovalutazione (cosa ho cosa non ho) sulla preparazione ad implementare un piano urgente di contenimento delle infezioni COVID-19 - Corso FAD specifico per

La maggiore concentrazione di posti letto destinata ad anziani si registra al Nord, con tassi di circa 34 ogni 1.000 residenti, mentre nelle altre ripartizioni la quota di posti

Affinché un “soccorritore” possa dare un aiuto concreto è necessario che sia in grado di comprendere i bisogni della persona da aiutare, anche in funzione

45 E’ importante sottolineare che una tendenza contraria potrebbe portare a dei contrasti tra tale disciplina e il fondamentale principio costituzionale di libertà d’iniziativa

L’agevolazione può essere riconosciuta anche per l’acquisto di bicicletta elettrica a pedalata assistita, anche se non ricompresa tra gli ausili tecnici per la

COOPERATIVA SOCIALE LA TESTARDA CORSO REGINA MARGHERITA 175.