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La povertà energetica in Italia e in Europa Una possibile modalità d'uso del capitale privato per ridurla

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA, DEI

SISTEMI, DEL TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA

Tesi di Laurea Magistrale

La povertà energetica in Italia ed in Europa

Una possibile modalità d'uso del capitale privato per

ridurla

Relatori: Candidato:

Prof. Romano Giglioli Nicola Mei

Ph.D. Davide Fioriti

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Indice

Indice ... 1

Sintesi ... 4

1 Introduzione ... 5

2 Definizione di povertà energetica ... 7

3 Indicatori ... 11

3.1 Approcci all’elaborazione di un indicatore ... 11

3.2 Principali tipologie di indicatori ... 13

3.2.1 Ten percent indicator ... 13

3.2.2 Low Income High Cost indicator ... 14

3.2.3 Indicatore della Commissione Europea ... 15

3.2.4 Minimum Income Standard ... 15

3.2.5 European Energy Poverty Index ... 16

3.2.6 Variazioni nei risultati ... 17

3.3 Evoluzione della complessità nell’analisi della povertà energetica ... 18

4 Povertà energetica in Europa ... 20

4.1 Quadro europeo dell’incidenza del fenomeno ... 20

4.2 La povertà energetica oggi in Europa ... 23

4.3 Politiche europee ... 25

4.4 Energy Poverty Observatory (EPOV) ... 27

4.4.1 Cosa è l’EPOV... 27

4.4.2 Gli indicatori definiti ... 28

4.4.2.1 Gli indicatori primari ... 28

4.4.2.2 Gli indicatori secondari ... 33

4.5 European Energy Poverty Index ... 35

4.5.1 EEPI ... 35

4.5.2 EDEPI ... 38

4.5.3 ETEPI ... 41

4.5.4 Analisi europea sulla base dell’EEPI ... 44

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4.5.6 Considerazioni ... 46

5 La povertà energetica in Italia ... 47

5.1 La povertà energetica italiana nel panorama europeo ... 47

5.2 Analisi di incidenza su differenti gruppi sociali ... 51

5.3 La povertà energetica in Italia oggi ... 54

5.4 Politiche da adottare per la lotta alla povertà energetica ... 55

5.5 Il bonus energetico ... 55

6 Relazione tra povertà energetica e salute ... 60

6.1 Danni dovuti ad un ambiente freddo ... 60

6.1.1 EWDI ... 61

6.2 Danni dovuti all’eccessivo caldo ... 62

6.3 Evidenze da studi ... 62

6.3.1 Studi analizzati ... 63

6.3.2 Cambiamenti nella salute fisica ... 64

6.3.2.1 Cambiamenti nella salute fisica degli adulti ... 64

6.3.2.2 Cambiamenti nella salute fisica delle persone giovani ... 64

6.3.2.3 Considerazioni sull’impatto sulla salute fisica ... 65

6.3.3 Cambiamenti nella salute mentale ... 66

6.3.3.1 Cambiamenti nella salute mentale degli adulti ... 66

6.3.3.2 Cambiamenti nella salute mentale delle persone giovani ... 67

6.3.3.3 Conclusioni sull’impatto sulla salute della povertà energetica ... 68

7 Analisi economica ... 69

7.1 Introduzione ... 69

7.1.1 Case popolari ... 69

7.1.2 I ritorni degli investimenti in questo settore ... 70

7.1.3 Sgravi fiscali ... 71

7.2 Caso studio ... 71

7.2.1 Descrizione edilizia ... 71

7.2.2 Descrizione impiantistica ... 72

7.2.3 Intervento di riqualificazione energetica ... 73

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3

7.3 Analisi economica ... 76

7.3.1 Analisi dell’investimento complessivo ... 77

7.3.2 Ipotesi di meccanismo di investimento ... 78

7.3.3 Caso con pompa centralizzata unica per condominio ... 82

8 Conclusione ... 85

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Sintesi

In questo lavoro è stata svolta un’analisi del fenomeno della povertà energetica nei Paesi sviluppati, in questo caso considerando l’Europa. Ne è stata mostrata la difficoltà organizzativa nel combatterla, data in primo luogo da una non univoca definizione e dall’utilizzo di differenti indicatori che portano a risultati anche significativamente differenti, ma anche da grandi differenze tra i vari Stati europei, da necessità di riorganizzare le politiche che sono già in atto in alcuni Paesi, dalla difficoltà nel far comprendere l’importanza del problema. Comprensione che sta crescendo in Europa negli ultimi anni, ma molto lavoro serve ancora per migliorare la situazione, con attualmente circa 50 milioni di europei (dato che può aumentare, a seconda della definizione che se ne dà) che si trovano in questa condizione.

Condizione che è dovuta principalmente a problemi economici, a strutture edilizie ed apparecchi mal ridotti e inefficienti, ad alti consumi energetici e a specifici bisogni che un individuo può avere. Questa condizione va ad impattare su molteplici aspetti, quali la salute fisica delle famiglie che la affrontano, così come quella mentale degli stessi individui, sulla qualità degli edifici, sul livello di indebitamento del nucleo familiare (dovuto a ritardi nel pagamento delle bollette) e sul cambiamento climatico (le basse efficienze energetiche portano a maggiori consumi).

Sono stati analizzati i risvolti negativi sulla salute, sia fisica sia mentale, sugli adulti e sulle persone giovani, per capire le problematiche a cui questa situazione può portare, con un impatto significativo sui giovani.

Infine è stato effettuato uno studio economico, analizzando un ipotetico investimento per la riqualificazione energetica delle case popolari. Questi edifici sono adibiti ad aiutare le persone economicamente in difficoltà; perciò un intervento in questo campo risulterebbe molto efficace nella lotta alla povertà energetica, e anche nel miglioramento di edifici spesso mal ridotti e vecchi, quindi molto inefficienti dal punto di vista energetico.

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1 Introduzione

La povertà energetica è un problema globale, verso il quale l’Europa è particolarmente sensibile.

Gli studi sulla povertà energetica nel mondo occidentale sono iniziati nel Regno Unito a partire dagli anni Ottanta (Bradshaw and Hutton, 1983; Boardman, 1991) [1] con le prime analisi statistiche e la creazione di possibili indicatori che permettessero di individuare le persone affette da questa condizione.

La povertà energetica è tuttora un problema importante a livello internazionale: con la recente crisi economica, infatti, la sua incidenza sulla popolazione europea è cresciuta. L’aumento continuo del prezzo dell’energia negli ultimi anni, inoltre, ha contribuito ulteriormente alla crescita del fenomeno.

Data la complessità del problema, che ha una natura multidimensionale, l’individuazione di opportuni indicatori che identifichino le persone affette da questa condizione non è banale. Gli attuali studi cercano pertanto di creare degli indicatori adatti, oltre a politiche che combattano efficientemente il problema. La povertà energetica può essere dovuta a uno o a una combinazione dei seguenti fattori:

 Alti consumi energetici;

 Bassi ingressi economici;

 Strutture e apparecchi inefficienti;

 Specifici bisogni.

La mancanza di un efficiente impianto di riscaldamento e il conseguente utilizzo di apparecchiature non sicure e inefficienti impatta quindi:

 Sulla salute fisica delle famiglie;

 Sulla salute psicologica delle famiglie (esclusione sociale);

 Sulla qualità degli edifici;

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6

 Sul cambiamento climatico (una bassa qualità degli edifici porta ad un aumento dei consumi, accompagnato quindi da un aumento della produzione di inquinanti).

La povertà energetica è associata a diversi problemi, come cattiva condizione della casa, una mancanza di isolamento termico dell’edificio, problemi di salute delle persone che vivono in case fredde o esposte ad alte temperature nella stagione estiva, eccesso di mortalità invernale, comportamenti restrittivi indotti dalla difficoltà a pagare le bollette dell’energia, e impatti generali sulla qualità di vita degli inquilini [2].

Il numero di consumatori vulnerabili è ampio perché comprende, oltre a chi non ha un reddito sufficiente, anche le famiglie con bambini piccoli, gli anziani, i disabili, malati che utilizzano apparecchi elettromedicali e anche tutte quelle persone che, seppur non appartenenti alle categorie sopra citate, hanno un’abitazione energeticamente inefficiente. Queste ultime sono spesso famiglie che abitano in affitto (situazione nella quale il proprietario non ha interesse a investire in efficientamento energetico, poiché non vede un ritorno personale diretto).

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2 Definizione di povertà energetica

Nei Paesi sviluppati la povertà energetica è intesa come l’incapacità economica di accedere ai servizi considerati essenziali di energia e gas (riscaldamento/raffreddamento adeguato del proprio appartamento, luce, possibilità di cucinare cibi, il funzionamento ordinario degli elettrodomestici), nonostante teoricamente in questi Paesi la rete energetica permei la quasi totalità delle aree geografiche.

Al contrario, nei Paesi sottosviluppati, la povertà energetica è l’impossibilità, dovuta a carenze tecnologiche, di accedere ai servizi energetici.

Le possibili barriere all’accesso dell’energia sono tre:

 Barriera tecnologica, quando non è presente la tecnologia appropriata per rendere l’energia utilizzabile;

 Barriera fisica, quando l’energia è disponibile, ma non in quantità adeguata a mantenere un certo stile di vita;

 Barriera economica, quando il prezzo dell’energia è eccessivo rispetto all’ingresso economico del consumatore.

La barriera economica è quella cruciale in riferimento al problema della povertà energetica in Europa.

Nel 2011 le Nazioni Unite hanno promosso l’iniziativa Sustainable Energy for All (SE4All) con l’obiettivo di raggiungere l’accesso da parte di tutti alla moderna energia entro il 2030. Questo obiettivo è stato inserito tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Developement Goals, SDG); infatti, l’SDG 7 parla di “assicurare energia moderna economicamente accessibile, affidabile e sostenibile, per tutti” [3].

Aiutare i consumatori vulnerabili (ovvero coloro che rischiano di soffrire di povertà energetica) e supportarli economicamente per migliorare la loro condizione è giusto. Tuttavia, questo non risolve il problema della povertà energetica, ma ne attenua solo gli effetti che il problema ha sulla popolazione.

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La povertà energetica deve essere risolta mediante grandi cambiamenti a livello nazionale e europeo, e sono quindi necessarie importanti strategie a lungo termine.

In accordo con la Commissione Europea, sono tre i fattori principali che contribuiscono a definire la povertà energetica:

 L’incapacità di mantenere la casa adeguatamente calda;

 La presenza di arretrati nel pagamento delle bollette energetiche;

 La presenza di tetti da cui passa acqua, presenza di umidità e muffa, finestre o infissi danneggiati.

La povertà energetica è causata principalmente da bassi ingressi economici, dall’aumento del prezzo dell’energia e da case energeticamente inefficienti, come visibile in Fig.1. [4].

Fig.1. Principali cause della povertà energetica.

Gli strumenti principali per combattere la povertà energetica sono:

 Sussidi economici;

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 Bonus sociali che limitano l’impatto del prezzo sulle bollette;

 Miglioramento dell’efficienza energetica.

I primi tre strumenti sono palliativi, alleviano il problema alle persone che ne sono affette ma non lo risolvono alla base. Infatti il problema si ripresenterà, e altri fondi dovranno essere utilizzati per aiutare le persone coinvolte. Inoltre, col passare del tempo i fondi necessari ad aiutare queste persone saranno probabilmente sempre di maggiore entità, dato il costante aumento del prezzo dell’energia negli ultimi anni.

Il miglioramento dell’efficienza energetica, invece, è la soluzione che combatte alla base il problema, e pertanto è l’investimento che deve essere fatto, investimento peraltro molto sottolineato anche dall’Unione Europea. L’efficientamento energetico è infatti considerato il key driver per la soluzione del “trilemma dell’energia”, legato a sicurezza energetica, accesso all’energia a prezzi competitivi e a sostenibilità ambientale degli usi energetici [5].

Combattere la povertà energetica non è, come potrebbe sembrare inizialmente, solamente un’azione di beneficienza, né unicamente una lotta per permettere a tutti di vedere rispettato il diritto umano di vivere una vita al di sopra di standard minimi. Ha invece molteplici effetti tangibili:

 Spese minori per la sanità da parte dello Stato;

 Riduzione di inquinamento;

 Aumento del benessere (comfort, qualità di vita);

 Aumento del budget disponibile per il nucleo familiare;

 Aumento dell’attività economica.

L’incapacità di acquistare l’energia necessaria a mantenere un livello minimo di benessere ha conseguenze in primo luogo sulla salute delle persone. Una casa non adeguatamente riscaldata accresce la probabilità di contrarre malattie all’apparato respiratorio e cardiovascolare con possibilità, nelle zone dal clima più rigido, di aumento del numero di morti durante l’inverno: si stima che una riduzione di 1°C della temperatura all’interno delle abitazioni rispetto ai valori considerati ottimali

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(21°C nella stanza principale, 18°C negli altri ambienti) causi l’aumento del tasso di mortalità dell’1.35% [6].

L’aumento dei tassi di morbilità nei mesi invernali produce a sua volta costi indiretti, come quelli legati ad una maggior spesa per il sistema sanitario ed alla riduzione della produttività per assenze da lavoro.

Inoltre i Paesi del Sud Europa sono stati esposti, seppur con maggiore irregolarità, a fenomeni di ondate di calore che, in mancanza di climatizzazione adeguata, possono causare crescita dei tassi di mortalità nelle fasce più deboli della popolazione: si stima che alle temperature elevate raggiunte nell’estate del 2003 si possa attribuire il decesso di circa 80 mila individui in Europa, di cui circa 20 mila in Italia [7].

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3 Indicatori

Il primo passaggio da affrontare per studiare e analizzare la povertà energetica è l’individuazione di indicatori adatti a dare un valore quantitativo del problema e individuare le famiglie su cui intervenire per combattere ed eliminare il problema. Misurare la povertà energetica è fondamentale per analizzare il problema da un punto di vista quantitativo, e permettere conseguentemente anche l’ideazione di opportune politiche di lotta al fenomeno.

La creazione di opportuni indicatori che permettano questo è ostacolata dalla limitata disponibilità di dati, nonché da una mancanza di consenso su come la povertà energetica dovrebbe essere concettualizzata e misurata.

3.1 Approcci all’elaborazione di un indicatore

Gli indicatori possono essere creati basandosi su tre differenti tipi di approccio:

 L’approccio della spesa, dove l’esame dei costi energetici sostenuti, comparati a soglie assolute o relative, fornisce un indicatore per stimare il grado di deprivazione energetica domestica.

La spesa presa in considerazione può essere la spesa reale o la spesa ideale necessaria per mantenere la casa in un adeguato stato di comfort. Nel Regno Unito, ad esempio, viene utilizzata la spesa ideale necessaria, ma quest’ultima richiede una quantità di dati enorme, e nella realtà solo il Regno Unito ha i dati necessari per poter utilizzare questo approccio. La spesa reale è molto più facile da ottenere, ma purtroppo rappresenta un indicatore per la povertà energetica molto peggiore; infatti, persone con problemi economici tendono a risparmiare, spendendo meno per l’energia e vivendo quindi in condizioni considerate non sufficienti a garantire il benessere. Queste persone, perciò, non risulterebbero positive all’indicatore, spendendo poco per l’energia. Uno studio, condotto da Hirsch et al. [8] mostra che le persone consumano, in media, solo circa i 2/3 del loro bisogno teorico, con gli individui aventi bassi ingressi economici sicuramente più propensi a spendere meno.

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I vantaggi nell’approccio della spesa risiedono nella natura quantificabile del metodo. Tra gli svantaggi viene citata la difficoltà di riportare gli stessi indicatori dal Regno Unito a altri Paesi: è stato infatti visto come questi tentativi non abbiano portato a buoni risultati, e questo sottolinea la difficoltà a trasferire questa metodologia. Un’altra condanna fatta a questo approccio sta nel fatto che limita le cause della povertà energetica a bassi introiti, qualità inadeguata degli edifici e prezzo elevato dell’energia, non prendendo quindi in considerazione l’importanza del bisogno energetico e tutte le possibili circostanze socio-demografiche a livello degli inquilini.

 L’approccio consensuale, basato su indagini con questionari proposti ai nuclei familiari, per mezzo di domande sulle condizioni della casa e sull’abilità di raggiungere necessità considerate base, relativamente alla società nella quale il nucleo familiare vive.

L’approccio consensuale richiede di ricavare dati meno complessi rispetto a quelli necessari per l’approccio precedentemente citato. Inoltre, ha come altro punto di forza il fatto che, a livello Europeo, non esistono microdati standardizzati riguardanti le spese energetiche dei nuclei familiari o le condizioni delle case, quindi grazie alla messa a punto di questi indicatori consensuali è stato possibile evitare il problema della mancanza di dati e quantificare la povertà energetica in Europa. Infine, un approccio consensuale ha il potere di catturare gli elementi più “nascosti” della povertà energetica, come l’esclusione sociale e la deprivazione materiale. Come svantaggio principale viene citata la soggettività del metodo. Nuclei familiari, infatti, possono non ritenersi energeticamente poveri pur essendo caratterizzati come tali secondo altri indicatori. Inoltre, i poveri energetici potrebbero negare la realtà della propria situazione.

 Misurazioni dirette, dove il livello di servizi energetici (come il riscaldamento) in casa è comparato a una situazione standard.

Cerca di misurare se livelli sufficienti di servizi energetici sono raggiunti nella casa. Principalmente si parla di temperatura interna.

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Questo approccio è raramente utilizzato, a causa di problemi tecnici nella misurazione e problemi di privacy delle famiglie.

Un problema importante nell’utilizzo di un approccio di temperatura sta nel decidere la temperatura considerata di benessere. Boardman [9] afferma che le temperature necessarie a garantire un adeguato benessere sono 21°C in sala e 18°C nelle altre stanze, quando utilizzate. Questo range di temperature è utilizzato in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Comunque anche su quale sia effettivamente la temperatura interna più confortevole sono presenti molte critiche e dibattiti. Healy [10] afferma che “molte variabili fisiche, psicologiche e ambientali influiscono sulla percezione umana di comfort termico”.

Inoltre, in Paesi dove molti edifici residenziali presentano un riscaldamento centralizzato che non permette agli individui di controllare il loro consumo, come nei Paesi del Centro e Est Europa, le temperature interne non sono un buon indicatore della povertà energetica dato che la temperatura interna è tipicamente adeguata, in alcuni casi addirittura troppo alta.

Bisogna infine sottolineare come le nuove tecnologie, come smart homes e smart meters, puntino a un potenziale futuro in cui l’approccio della misura diretta potrà essere utilizzato in modo molto più efficace e ampia.

3.2 Principali tipologie di indicatori

3.2.1 Ten percent indicator

Il primo indicatore storicamente utilizzato è il 10% indicator, ideato da Brenda Boardman nel 1991. Fu il primo indicatore ufficiale, utilizzato dal Regno Unito per lo studio del fenomeno. È basato sull’approccio della spesa, e considera energeticamente poveri quei nuclei familiari che utilizzano più del 10% del totale delle spese (o degli ingressi economici) per l’acquisto di energia.

Questo metodo è semplice da usare e capire, ma presenta dei problemi, derivanti proprio dalla sua semplicità. Infatti il problema della povertà energetica è molto più complesso, e questo indicatore era eccessivamente semplificato.

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Individuerebbe dei falsi positivi, per esempio famiglie che, pur non avendo problemi economici, destinano una quota elevata delle proprie risorse economiche ai consumi energetici, per loro preferenze. Ma anche falsi negativi, come nuclei familiari che consumano molto poco per risparmiare (vivendo quindi in condizioni considerate negative per il benessere) e quindi hanno una spesa energetica inferiore al 10% degli ingressi.

3.2.2 Low Income High Cost indicator

Il LIHC (Low Income High Cost) indicator è l’indicatore attualmente in utilizzo nel Regno Unito, ed ha quindi rimpiazzato, nel 2013, il 10% indicator. È stato ideato da John Hills (nel 2011) ed è più complesso dell’indicatore precedente. Esso considera infatti un nucleo familiare in povertà energetica se si verificano contemporaneamente due eventi:

 Spesa energetica sopra il valore mediano nazionale;

 Ingresso economico, al netto della spesa energetica, tale da collocare la famiglia al di sotto della soglia di povertà, calcolata secondo la metodologia Eurostat (minore del 60% della mediana nazionale).

Questo indicatore descrive in maniera più adeguata le condizioni degli individui vulnerabili ed è utile per distinguere tra i consumatori in povertà energetica e quelli in povertà assoluta: i consumatori devono infatti avere un ingresso sotto una certa soglia, ma anche una spesa energetica sopra la mediana nazionale.

Questo indicatore, tuttavia, è anche stato criticato da altri ricercatori, come la stessa Boardman (l’ideatrice del 10% indicator). Walker et al.[11] sottolinearono come la nuova soglia del costo energetico ha come conseguenza che nuclei familiari in proprietà più piccole, che tipicamente hanno costi energetici più bassi e conseguentemente necessitano di minori ingressi economici per coprire questi costi, con minore probabilità verranno classificati come energeticamente poveri [12]. Sottolinearono anche come i consumatori vulnerabili abitino più probabilmente in appartamenti piccoli, quindi questa caratteristica porta l’indicatore a considerare meno del necessario proprio le persone più affette dal problema.

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Inoltre, non è molto sensitivo ai cambiamenti di prezzo dell’energia, dato che considera una spesa mediana. Quando, in conseguenza di un grande aumento nei prezzi, la totalità della popolazione cerca di consumare meno, l’indicatore non rivela la situazione. [12].

3.2.3 Indicatore della Commissione Europea

Un altro importante indicatore è quello ideato e utilizzato dalla Commissione Europea. È un indicatore basato sull’approccio consensuale, avvalendosi infatti di indagini conseguite a livello europeo.

Si basa su tre misure soggettive:

 La capacità di mantenere la casa adeguatamente calda;

 Ritardi nel pagamento delle bollette energetiche;

 Problemi strutturali degli edifici, che minano l’efficienza energetica.

3.2.4 Minimum Income Standard

Interessante l’indicatore MIS (Minimum Income Standard), proposto da Moore. È l’introito minimo, differenziato per tipologia di famiglia, necessario a mantenere uno stile di vita che non porti a esclusione sociale.

Secondo questo indicatore un individuo è energeticamente povero quando l’ingresso economico, al netto dei costi minimi di vita, è insufficiente a sostenere i costi energetici.

È sicuramente il migliore indicatore, in quanto non tiene in considerazione soltanto i costi energetici e gli ingressi (quindi gli aspetti economici) ma anche l’aspetto di inclusione sociale, che è fondamentale. Questo metodo è tuttavia molto complesso, perché non è facile calcolare un paniere di beni essenziali per una vita completa.

Un altro svantaggio è che è difficile creare un singolo indicatore a livello europeo, poiché ogni Stato ha le proprie caratteristiche, differente costo di vita, differenti abitudini. È necessario che ogni Stato calcoli il proprio paniere di beni essenziali, e di conseguenza i costi necessari.

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3.2.5 European Energy Poverty Index

Infine, merita di essere considerato anche l’Indice di Povertà Energetica Europea (EEPI), indicatore proposto in un report del Gennaio 2019 [13], realizzato da Open Exp in collaborazione con numerosi studiosi di questo fenomeno.

Questo è un indicatore composto che tiene conto sia della povertà energetica domestica che della povertà energetica dei trasporti. È formato pertanto da due sottoindicatori:

 L’Indicatore Europeo della Povertà Energetica Domestica (EDEPI): è la media geometrica tra differenti misure, che tengono conto di cause e sintomi della povertà energetica domestica, come la percentuale di spesa energetica rispetto alla spesa totale, la percentuale di persone del primo quinto di popolazione (il quinto più povero) che non riescono a mantenere la casa adeguatamente calda in inverno e adeguatamente fresca in estate, la percentuale di persone del primo quinto di popolazione che ha problemi strutturali all’abitazione (soffitti da cui passa l’acqua, muri umidi e presenza di muffa). Considera sia la povertà energetica domestica estiva sia quella invernale;

 L’Indicatore Europeo della Povertà Energetica nei Trasporti (ETEPI): è la media geometrica tra differenti misure, che tengono conto di cause e sintomi della povertà energetica nei trasporti, come la percentuale di spesa per l’energia dei trasporti destinata a macchine private di cittadini, la percentuale di individui del primo quinto di popolazione che non si può permettere per limiti economici il trasporto pubblico e la percentuale di individui del primo quinto di popolazione che ha accesso limitato ai trasporti pubblici.

L’EEPI è la media geometrica tra l’EDEPI e l’ETEPI. Più alto è l’indice, migliore è la performance del Paese considerato. Una sintesi delle caratteristiche di questi indici e sottoindici è visibile in Fig.2.

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Fig.2. L’Indice della Povertà Energetica Europea (EEPI) e i suoi due sottoindici (l’EDEPI e l’ETEPI), con cause, sintomi e conseguenze.

3.2.6 Variazioni nei risultati

Tutti questi differenti indicatori portano a risultati distanti, anche considerevolmente, sulle percentuali dei consumatori vulnerabili. Questa variazione nei risultati è ben visibile, per quanto riguarda il 10% indicator, l’LIHC e l’indicatore della Commissione Europea, in Fig. 3 [14].

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Nella Fig.3 è presente anche un altro indicatore, ideato da Faiella e Lavecchia in uno studio per la Banca d’Italia, che ha lo stesso concetto base del LIHC ma è più restrittivo (come si nota bene dalla figura, avendo entrambi circa lo stesso trend).

3.3 Evoluzione della complessità nell’analisi della povertà

energetica

L’approccio all’analisi sulla povertà energetica è cambiato molto, andando nel tempo verso l’elaborazione di indicatori sempre più complessi, in modo da cercare di cogliere più aspetti possibili della povertà energetica, che come già detto è un fenomeno multidimensionale.

Basti pensare che inizialmente l’indicatore utilizzato era il 10% indicator, di matrice Britannica. Questo indicatore considerava unicamente il rapporto tra la spesa energetica e il totale degli ingressi economici. Sicuramente questo è un dato molto importante per questa analisi ma, come fu capito nel corso degli studi di questo fenomeno, non poteva essere considerata l’unica cosa rilevante. Considerare solo questo, infatti, significava banalizzare eccessivamente il problema. Ad esempio, utilizzando solo un indicatore così semplice il rischio di falsi positivi e falsi negativi è elevato. Si rischia, da un lato, di prendere in considerazione famiglie non in situazioni di povertà energetica ma che, per loro preferenze personali, destinano alla spesa energetica una quota superiore al 10% del loro ingresso; ma il rischio è anche, e forse più grave, quello di non prendere in considerazione famiglie che, avendo esigue disponibilità economiche, destinano alla spesa energetica una quota minore del 10% dei loro ingressi, decidendo di vivere in condizioni abitative non adeguate per il benessere degli abitanti.

Per questo sono stati nel tempo ideati vari indicatori differenti.

Nel Regno Unito è stato adottato, in sostituzione del 10% indicator, l’LIHC, che cerca chi ha sia ingressi economici bassi sia alte spese energetiche. È più completo rispetto al suo antenato, ma si basa unicamente su fattori economici (di ovvia importanza) senza tenere conto di altri fattori che possono essere comunque rilevanti nell’individuazione delle persone affette dal problema.

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A livello europeo la Commissione Europea ha optato per indicatori soggettivi. Questa scelta è motivata dal fatto che il compito della Commissione Europea è quello di effettuare un’analisi a livello internazionale, quindi servono indicatori disponibili per tutti gli Stati, in modo da poter fare paragoni. Gli indicatori di tipo economico non sono utilizzabili per questo scopo, dato che non tutti gli Stati hanno database dei dati necessari a questi indicatori. Con un approccio consensuale, invece, tramite sondaggi è possibile delineare un quadro europeo. Anche i problemi legati al meteo estivo, inizialmente non inclusi nelle definizioni date di povertà energetica (sia a livello europeo che nazionale), iniziarono a essere presi in considerazione come concettualmente rilevanti. [15].

Bisogna inoltre sottolineare, come riconosciuto dalla IEA nel 2018, che i problemi legati ai periodi estivi potranno diventare sempre più rilevanti per più persone, a causa dei cambiamenti climatici che stanno portando a un aumento della temperatura media globale.

Nel 2019 è stato proposto un nuovo indice, l’EEPI. Questo indice composto tiene conto di più sfaccettature della povertà energetica, considerando sia quella domestica che quella nei trasporti. In ognuna di queste, inoltre, considera più dimensioni (ad esempio nella povertà energetica domestica considera sia quella estiva che quella invernale). Pertanto, questo è un indice complesso e multidimensionale, che cerca di catturare più dimensioni possibili del fenomeno.

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4 Povertà energetica in Europa

4.1 Quadro europeo dell’incidenza del fenomeno

In Europa possono essere visti molti trend comuni a tutti gli Stati. Dal 1996 i mercati dell’elettricità e del gas sono stati liberalizzati, lasciando una più ampia possibilità di manovra ai consumatori con una deregolamentazione dei prezzi in molte nazioni. Dal 2007 sono state intraprese politiche energetiche e climatiche a livello sia europeo che nazionale, politiche che hanno impattato sulle condizioni di approvvigionamento dell’energia. Le politiche di finanziamento della ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili e gli investimenti nell’infrastruttura della rete elettrica hanno aumentato il peso economico delle bollette per il consumatore. Infine, la crisi economica del 2008 ha impattato negativamente sul portafoglio economico dei consumatori in quasi tutti i Paesi europei [2].

In Fig. 4 è possibile vedere la distribuzione della povertà energetica in Europa secondo i tre diversi indicatori soggettivi utilizzati dalla Commissione Europea per un’analisi internazionale [16].

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Nella Fig.4 è possibile notare come le zone più colpite risultino quelle a Sud e a Est [17]. Le nazioni con incidenza minore sono invece quelle del Nord Europa. È inoltre significativo sottolineare come il parametro relativo alla pessima qualità degli edifici sia nettamente più alto (media europea del 15.2%) rispetto agli altri due (che hanno una media europea del 9.4% e 9.1%). Questo è da imputare al fatto che il parco edilizio europeo è generalmente di vecchia data, e quindi non in regola con le normative attuali. Infatti, le normative relative al risparmio energetico sono entrate in vigore nella maggior parte degli stati membri negli anni Settanta o successivamente:

 Spagna: 1980;

 Francia: 1974;

 Italia: 1976;

 Regno Unito: 1965 (con efficacia a partire dal 1974);

 Belgio:

o Fiandre: 1992; o Bruxelles: 1999; o Vallonia: 1984.

Ma il patrimonio edilizio realizzato in epoca antecedente a queste norme incide significativamente sulla totalità del parco edilizio. In Italia il 60% del patrimonio nazionale edilizio è stato costruito in epoca antecedente all’entrata in vigore della propria prima normativa, valore simile a quello registrato in Francia e Spagna, addirittura molto inferiore a quello del Regno Unito, che è circa del 75% [18]. Gli alloggi nei quali vivono le persone con basso reddito sono spesso caratterizzati per:

 Presenza di impianti termici inadeguati;

 Scarso livello di isolamento;

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I bassi livelli di reddito sono un altro fattore determinante della povertà energetica. Disporre di un reddito basso significa dover consumare meno del necessario, vivendo quindi in condizioni modeste e non salutari, con ripercussioni significative sia dal punto di vista fisico che mentale.

In Europa il tasso di rischio di povertà è del 22.4%, con differenze importanti tra i vari Stati, come visibile in Fig. 5 [19].

Fig. 5. Percentuale di popolazione totale a rischio di povertà, 2017. Nota: i dati di Svizzera, Norvegia, Islanda, Turchia e Macedonia del Nord sono riferiti al 2016.

La soglia al di sotto del quale un individuo viene considerato povero (povertà relativa) è il 60% del reddito mediano del Paese di riferimento.

Dalla Fig. 5 è possibile notare grandi differenze all’interno dell’UE, con evidenti disparità geografiche come già prima evidenziato. I Paesi del Nord Europa (Regno Unito, Lussemburgo, Belgio, Germania, Austria, Svezia, Danimarca, Francia, Olanda, Finlandia), infatti, sono tutti al di sotto della media europea. Anche Svizzera, Norvegia e Islanda (messi a parte dato che non fanno parte dell’UE-28) sono ben al di sotto della media europea.

La crescita degli standard di vita, in primis il prezzo di affitto di una casa, ha fortemente condizionato la qualità e il comfort della vita delle persone con bassi redditi. Questo persone spesso sono costrette ad abitare in affitto in alloggi con basse prestazioni energetiche. Queste condizioni hanno un impatto importante sulla salute fisica e psicologica delle persone che le vivono, come già sottolineato in precedenza.

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23

La povertà energetica è aumentata nell’Unione Europea negli ultimi anni [17]. Le Nazioni Unite hanno incluso l’accesso all’energia a prezzi accessibili, sicura, sostenibile e moderna per tutti nei suoi Millennium Development Goals [20] e varie misure sono state implementate in Europa negli anni recenti per valutare il problema a livelli locali, regionali e nazionali e prevenire l’esclusione sociale garantendo un accesso base all’energia a prezzi accessibili e stabili.

Le politiche europee a riguardo rimangono tuttavia frammentate, dato che il potere decisionale rimane ai governi nazionali.

Il modello attualmente in uso nel settore energetico nell’Unione Europea lascia alcuni consumatori non protetti, seppure le risorse energetiche siano considerate un fattore chiave del modello sociale europeo [21].

4.2 La povertà energetica oggi in Europa

Negli anni recenti il problema ha colpito maggiormente i Paesi del Sud e Est Europa. In questi Stati, infatti, generalmente gli introiti economici sono minori rispetto alle nazioni del Nord Europa. Inoltre, i bisogni energetici sono più alti a causa delle pessime qualità termiche degli edifici. Infine, alcune di queste nazioni sono state fortemente colpite dalla crisi, che ha peggiorato significativamente la situazione. Il risultato è un tasso di incidenza della povertà energetica in queste nazioni più elevato.

Da notare allora un paradosso che riguarda i Paesi europei del bacino mediterraneo: nonostante gli inverni siano più miti rispetto al Nord Europa, vi sono nei primi delle alte percentuali di persone incapaci di tenere la casa adeguatamente calda. Nel Nord Europa, al contrario, questa impossibilità si presenta in percentuale molto minore. Ciò è probabilmente da imputare alla loro necessità fondamentale, date le temperature rigide, di avere case calde, cosa che in Sud Europa è molto meno sentita, essendo questo un fattore non di vitale importanza come invece al Nord. Avendo sempre avuto questo problema, al Nord sono state sviluppate politiche per combatterlo significativamente, risultando quindi in una situazione attuale avanzata da questo punto di vista rispetto agli altri Paesi.

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24 Questa differenza è ben visibile in Tab.1.

Belgio 13% Grecia 81% Lituania 65% Portogallo 70% Bulgaria 100% Spagna 27% Lussemburgo 1% Romania 30% Rep. Ceca 15% Francia 15% Ungheria 28% Slovenia 14% Danimarca 7% Croazia 24% Malta 55% Slovacchia 15% Germania 12% Italia 44% Olanda 6% Finlandia 4%

Estonia 4% Cipro 68% Austria 8% Svezia 2% Irlanda 22% Lettonia 41% Polonia 22% Regno Unito 23%

Totale EU-28 29%

Tab.1. Percentuale delle persone incapaci di mantenere la casa adeguatamente calda. Fonte: Eurostat.

I dati della Tab.1 sono normalizzati, ovvero sono la percentuale rispetto alla percentuale della Bulgaria, che era lo stato con la maggior incidenza del problema (che infatti ha il 100%). È possibile notare da questi dati come molti degli Stati del bacino mediterraneo e del post-comunismo (Grecia, Spagna, Italia, Cipro, Malta, Portogallo, Bulgaria, Lettonia, Lituania) abbiano valori decisamente elevati, se paragonati alla media Europea. Si può anche vedere come, al contrario, i Paesi del Nord (Belgio, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Finlandia, Svezia, Regno Unito) abbiano un’incidenza molto minore di questo problema.

Da sottolineare anche le motivazioni che hanno portato l’Est Europa ad avere questa grande incidenza della povertà energetica. In queste nazioni post-comuniste il numero di case non riscaldate in maniera adeguata ha visto una forte crescita negli ultimi 20 anni. Questo aumento è dovuto alla combinazione di più fattori:

 Rapida crescita dei prezzi dell’energia: nell’epoca comunista il prezzo dell’energia era basso e bloccato; la transizione, negli anni Novanta, a un’economia di mercato ha portato al ribilanciamento dei prezzi, che si sono alzati velocemente;

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25

 Protezioni sociali inadeguate: le assistenze sociali non sono state affiancate in maniera adeguata al rapido aumento dei prezzi dell’energia, portando quindi in una fetta importante di popolazione una incapacità di pagare le bollette necessarie ad approvvigionarsi in maniera sufficiente;

 Basse efficienze energetiche: i complessi di case con isolamento termico inadeguato sono un’altra eredità del comunismo; la mancanza di politiche di efficientamento energetico ha contribuito all’inasprimento della povertà energetica.

4.3 Politiche europee

L’Unione Europea ha stabilito che gli Stati hanno il compito di definire misure per proteggere i consumatori vulnerabili. La Commissione Europea ha inoltre adottato diverse misure di efficientamento energetico che mirano ad affievolire e prevenire la povertà energetica, e ha promosso la creazione di un osservatorio europeo sulla povertà energetica, l’EPOV [22].

Le politiche di rinnovamento a lungo termine sono un’opportunità per gli Stati membri di ridurre la povertà energetica stimolando la ristrutturazione degli edifici. Così facendo possono raggiungere i tre obiettivi di aumentare la ristrutturazione, risparmiare energia e migliorare le condizioni di vita di milioni di persone. Le strategie nazionali devono includere politiche dedicate ai consumatori con bassi ingressi economici.

I programmi nazionali di riqualificazione delle case delle persone energeticamente povere e di coloro che hanno bassi ingressi possono avere un alto ritorno, considerando la salute in generale, i benefici economici e sociali. Deviare il budget pubblico dai sussidi ai programmi di efficientamento energetico smuoverà gli investimenti in questo campo. I sussidi sociali sono spesso utilizzati per aiutare le famiglie in difficoltà economica, ma dato che il prezzo dell’energia cresce più velocemente degli ingressi economici, questi sussidi riducono il sintomo nel momento, ma non risolvono assolutamente il problema. Non sono quindi una soluzione sostenibile, al contrario dell’efficientamento energetico, che va a combattere il problema alla radice, portando numerosi benefici.

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26

I benefici della ristrutturazione per la società e la spesa pubblica sono significativi, dato che aumentare il comfort interno e la qualità dell’aria porta a diminuzione di malattie e morte prematura, che sono associate a una vita a basse temperature e a case con umidità e muffa. Così facendo, si riduce la spesa per la sanità pubblica. Ne gioverebbe anche il settore edilizio, grazie ai nuovi lavori di ristrutturazione che troverebbero.

L’Europa negli ultimi anni ha fornito aiuto pubblico per le famiglie che necessitavano di coprire le loro spese energetiche, specialmente in inverno, o ha aiutato a mitigare il loro consumo energetico riducendo il costo dell’energia e aumentando i livelli di comfort nel loro ambiente domestico. In generale, tuttavia, gli aiuti finanziari non combattono le cause della povertà energetica, ma mitigano solamente alcuni dei suoi sintomi, permettendo a queste persone colpite di pagare le bollette energetiche.

Il Regno Unito è lo Stato con la lotta alla povertà energetica più matura. Sono state adottate tantissime differenti misure e provvedimenti operativi, ed emerge come fattore positivo e determinante la dimensione fortemente locale e territoriale dell’efficacia delle misure; tuttavia, viene al contempo evidenziato come la pluralità di misure e strumenti frammenti la disponibilità di fondi, con il rischio di incidere negativamente sulla reale efficacia delle stesse [18].

È interessante evidenziare, inoltre, che dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, attualmente solo 3 nazioni (Regno Unito, Irlanda e Francia) hanno adottato una definizione ufficiale di povertà energetica.

L’Unione Europea ha promulgato, nel 2012, la direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica, in cui riconosce gli obiettivi sociali nelle politiche per l’efficientamento. Da questa direttiva emerge la necessità per i vari stati di definire obiettivi per sfruttare le misure di efficienza energetica che dovranno essere rivolte prioritariamente alle fasce più colpite e/o agli alloggi sociali.

Inoltre il Parlamento europeo “invita ad adoperarsi con forza contro la povertà e l’esclusione sociale e ad adottare una strategia integrata volta a combattere le diverse forme di tale fenomeno per mezzo di un approccio olistico che stabilisca un collegamento più stretto tra le politiche economiche, quelle in materia di

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27

istruzione, occupazione, energia e trasporti e quelle sociali, sulla base delle migliori prassi”. Sottolinea anche come “la ristrutturazione ad alta efficienza energetica degli edifici dovrebbe essere una priorità, un modo di aiutare i residenti colpiti da povertà energetica”.

“Il Parlamento invita la Commissione e gli Stati membri a fornire informazioni, consulenza e sostegno alle persone esposte al rischio di povertà e di esclusione sociale affinché scelgano consapevolmente in merito al proprio consumo di energia, e a sostenere gli attori non governativi e gli enti locali nel fornire consulenza mirata in materia di energia così come nel formare consulenti energetici, come pure a imporre ai fornitori di energia l’obbligo di inserire nelle bollette energetiche destinate alle famiglie informazioni sulle misure intese a ridurre il consumo di energia e ad aumentare l’efficienza energetica” [18].

4.4 Energy Poverty Observatory (EPOV)

4.4.1 Cosa è l’EPOV

La necessità di ottenere dati e misurazioni a livello europeo si è tradotta nella creazione di un Osservatorio sulla Povertà Energetica (EPOV), i cui obiettivi sono:

 Migliorare la diffusione dei dati tra le nazioni europee;

 Offrire una risorsa aperta a tutti e di semplice utilizzo;

 Facilitare la diffusione di conoscenze;

 Promuovere la collaborazione tra gli stati membri;

 Fornire assistenza tecnica.

Il programma è stato lanciato dalla Commissione Europea nel gennaio 2018, e ha fornito un enorme contributo alla preparazione di statistiche robuste sulla povertà energetica pubblicamente accessibili.

I risultati trovati nel primo anno mostrano come la povertà energetica sia molto diffusa in Europa, con circa 50 milioni di persone affette.

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4.4.2 Gli indicatori definiti

L’EPOV ha definito 28 differenti indicatori, di cui quattro primari e gli altri secondari. I primari sono due di carattere consensuale (basati quindi su esperienze auto-dichiarate) e gli altri due calcolati a partire dagli ingressi o dalle spese delle famiglie. Gli indicatori secondari sono invece rilevanti nel contesto della povertà energetica, ma non direttamente indicatori di povertà energetica di per sé stessi (es. il prezzo dell’energia e i dati relativi alle abitazioni).

Per misurare la povertà energetica, l’EPOV consiglia di utilizzare una combinazione di più indicatori.

Bisogna anche sottolineare che, vista la grande differenza nelle caratteristiche di ogni singola nazione europea, con specificità forti riguardo a ingressi economici, energia usata, qualità degli edifici e clima, le comparazioni a livello europeo sono rilevanti per analizzare le caratteristiche generali della povertà energetica, mentre analisi più dettagliate sono più rilevanti su scale più piccole.

4.4.2.1 Gli indicatori primari

Gli indicatori primari definiti dall’EPOV sono:

 Alta percentuale di spesa energetica rispetto agli ingressi (2M): la parte di popolazione con una percentuale di spesa energetica sugli ingressi superiore al doppio della mediana nazionale;

 Bassa percentuale di spesa energetica rispetto agli ingressi (M/2): la parte di popolazione la cui spesa energetica assoluta è al di sotto della metà della mediana nazionale, quindi anormale. Questo potrebbe essere grazie a alte efficienze energetiche, ma potrebbe anche essere indicativa di un dannoso sotto-consumo di energia da parte della famiglia analizzata;

 Incapacità di mantenere la casa adeguatamente calda: basata su indagini auto-dichiarate sul disagio termico;

 Arretrati nel pagamento delle bollette: basato su indagini auto-dichiarate di famiglie incapaci di pagare le bollette energetiche in tempo nell’ultimo anno.

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29

I dati dei quattro indicatori primari nei Paesi europei sono presentati in Tab.2. Stato 2M (2010) M/2 (2010) Mantenere caldo (2016) Arretrati (2016) Austria 15.3 12.5 2.7 4.2 Belgio 14.7 10.5 4.8 5.0 Bulgaria 14.7 15.9 39.2 31.7 Croazia 10.9 9.6 9.3 25.3 Cipro 11.9 13.2 24.3 15.4 Rep. Ceca 10.7 8.4 3.8 3.0 Danimarca 17.7 12.0 2.7 2.5 Estonia 16.2 16.5 2.7 7.9 Finlandia 14.8 22.3 1.7 7.7 Francia 18.1 23.7 5.0 6.1 Macedonia - - 25.7 41.0 Germania 16.6 15.1 3.7 3.0 Grecia 14.2 10.3 29.1 42.2 Ungheria 6.9 5.0 9.2 16.2 Islanda - - 1.6 6.0 Irlanda 18.4 12.3 5.8 12.1 Italia - 16.3 16.1 8.9 Lettonia 14.5 13.2 10.6 13.2 Lituania 21.4 21.2 29.3 9.7 Lussemburgo - 8.5 1.7 4.0 Malta 17.3 15.6 6.8 9.0 Olanda - - 2.6 2.0 Norvegia - - 0.9 2.4 Polonia 18.1 18.5 7.1 9.5 Portogallo 15.7 8.8 22.5 7.3 Romania 18.6 17.5 13.8 18.0 Serbia - - 13.3 34.8 Slovacchia 10.0 9.2 5.1 5.7 Slovenia 14.1 11.5 4.8 15.9 Spagna 15.2 13.0 10.1 7.8 Svezia 17.7 31.0 2.6 2.6 Svizzera - - 0.6 4.5 Turchia - - 15.9 33.2 Regno Unito 17.8 9.8 6.1 5.7

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Nella tabella i colori vanno dai valori bassi in verde (situazione ottima, rispetto a quell’indicatore, in quel Paese), a quelli medi in giallo (situazione media, rispetto a quell’indicatore, in quel Paese), a quelli alti in rosso (situazione pessima, rispetto a quell’indicatore, in quel Paese).

Nelle Figg. 6, 7, 8 e 9 si possono vedere i quattro diversi indicatori primari su una cartina geografica europea. In queste figure il colore diventa più scuro con la crescita dell’indicatore (quindi con l’aggravarsi della situazione della povertà energetica rispetto a quell’indicatore).

Fig.6. Difficoltà a mantenere la casa adeguatamente calda. Fonte: EU SILC 2016.

In Fig.6 è possibile notare come questo indicatore mostri una forte incidenza della povertà energetica nei Paesi dell’Est, con Bulgaria, Cipro, Macedonia, Grecia e Lituania ad avere le incidenze maggiori. Si può anche notare, come già sottolineato prima, che i paesi scandinavi, pur avendo gli inverni più rigidi tra tutti i Paesi europei, siano quelli con le incidenze minori di questo indicatore. Questo è dovuto al fatto che per questi Paesi il problema delle basse temperature è un problema di fondamentale importanza, essendo molto più problematico a quelle latitudini rispetto al resto d’Europa. Per questo, è sempre stato tenuto in grande

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considerazione, evitando quindi di arrivare in situazioni in cui le persone non riescono a riscaldare adeguatamente la casa. Per loro infatti, questo avrebbe delle ripercussioni sulla salute molto maggiori.

Fig.7. Arretrati nel pagamento delle bollette. Fonte: EU SILC 2016.

Anche in Fig.7, come già nella figura precedente, si può vedere un’incidenza nettamente maggiore della povertà energetica nei Paesi dell’Est. I Paesi più colpiti sono Grecia, Macedonia, Serbia, Turchia, Bulgaria e Croazia.

Questi alti livelli sono da attribuire alla mancanza di politiche di assistenza sociale per le persone in difficoltà, specialmente dato che alcuni questi Paesi hanno subìto il passaggio dal vecchio regime comunista (con prezzi dell’energia bloccati a prezzi bassi) a un mercato libero, passaggio che ha fatto sì che il prezzo dell’energia si adeguasse velocemente al valore di mercato. Senza le dovute assistenze, moltissime persone non sono riuscite ad affrontare questo rapido aumento dei prezzi.

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Fig.8. Percentuale alta di spesa energetica rispetto a reddito. Fonte: HBS 2010. Analizzando la Fig.8, è possibile notare come questo indicatore sia molto più uniforme rispetto ai due indicatori precedenti. Da questo indicatore, infatti, non risalta una specifica parte europea come maggiormente colpita.

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La Fig.9 mostra un quadro europeo molto differente rispetto agli altri tre indicatori precedentemente analizzati. Qui infatti è possibile notare un’alta incidenza nei Paesi scandinavi, con Svezia e Finlandia che, insieme alla Francia, comanda la classifica dei più colpiti. Questo livello alto può essere però attribuibile anche a un’alta efficienza energetica, che porta a dover spendere molto poco per riscaldare adeguatamente l’abitazione.

Le Figg. 6, 7, 8 e 9 permettono di avere un’idea più chiara della distribuzione della povertà energetica dal punto di vista geografico, secondo i quattro diversi indicatori primari.

Queste però mostrano anche come i quattro indicatori, ognuno dei quali si sofferma su una cosa specifica, presi in singolo rischiano di non dare una risposta adeguata a chi deve essere considerato energeticamente povero, e quindi aiutato. Questo dimostra come il problema sia complesso e multidimensionale, e vada quindi analizzato utilizzando non uno, ma un paniere di indicatori.

4.4.2.2 Gli indicatori secondari

Gli indicatori secondari monitorati e raccolti dall’EPOV, in quanto comunque utili da affiancare all’analisi di altri indicatori per fornire uno studio globale più completo, sono:

 Il prezzo medio pagato da un inquilino per un kWh di energia elettrica prodotto da petrolio o derivati;

 Il prezzo medio pagato da un inquilino per un kWh di energia elettrica prodotto da biomasse;

 Il prezzo medio pagato da un inquilino per un kWh di energia elettrica prodotto da carbone;

 Il prezzo dell’energia elettrica per un consumatore medio;

 Il prezzo medio pagato da un inquilino per un kWh di energia nel riscaldamento centralizzato;

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 La percentuale di popolazione che dichiara di avere, in estate, un’abitazione adeguatamente fresca;

 La percentuale di popolazione che dichiara di avere, in inverno, un’abitazione adeguatamente riscaldata;

 La media delle stanze per persona, in un’abitazione di proprietà;

 La media delle stanze per persona, in un’abitazione affittata;

 La media delle stanze per persona, in una qualsiasi abitazione;

 La percentuale di abitazioni collocate in aree densamente popolate;

 La percentuale di abitazioni collocate in aree mediamente popolate;

 La percentuale di persone considerate a rischio povertà o esclusione sociale;

 La percentuale di abitazioni con classificazione energetica A;

 La percentuale di spese energetiche totali rispetto agli ingressi, per il primo quinto di popolazione;

 La percentuale di spese energetiche totali rispetto agli ingressi, per il secondo quinto di popolazione;

 La percentuale di spese energetiche totali rispetto agli ingressi, per il terzo quinto di popolazione;

 La percentuale di spese energetiche totali rispetto agli ingressi, per il quarto quinto di popolazione;

 La percentuale di spese energetiche totali rispetto agli ingressi, per il quinto quinto di popolazione;

 La percentuale di popolazione che vive in un’abitazione equipaggiata con apparecchi di condizionamento dell’aria;

 La percentuale di popolazione che vive in un’abitazione equipaggiata con apparecchi di riscaldamento;

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 La percentuale di eccesso di mortalità invernale rispetto alle morti;

 La presenza di un tetto da cui passa l’acqua, di umidità e di muffa.

I quinti di popolazione (utilizzati in cinque indicatori secondari) sono da intendere come la popolazione divisa in cinque parti a seconda della disponibilità economica, e messi in ordine crescente (quindi il primo quinto è quello con minori disponibilità economiche).

L’EPOV ha quindi finora dato un contributo chiave nella razionalizzazione di informazioni esistenti e fornendole in una modalità comparabile, per tutti i Paesi membri. Adesso il problema è la mancanza di armonia nelle misure. La definizione e gli indicatori proposti dall’EPOV dovrebbero infatti essere accettati da tutti gli Stati membri.

4.5 European Energy Poverty Index

4.5.1 EEPI

L’Indice Europeo della Povertà Energetica (EEPI) è un indice composto, proposto nel Gennaio del 2019 [13].

L’EEPI fornisce un nuovo quadro della povertà energetica in Europa. I membri che stanno combattendo efficientemente la povertà energetica domestica non necessariamente sono gli stessi che combattono efficientemente la povertà energetica nei trasporti.

Una chiara divisione esiste, quando si parla unicamente di povertà energetica domestica, tra i Paesi del Sud e dell’Est con quelli dell’Ovest e del Nord Europa. La situazione però cambia molto quando si tiene anche conto della povertà energetica nei trasporti, come ben visibile in Fig.10.

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Fig.10. Incidenza geografica dell’Indice della Povertà Energetica Europea. Dalla Fig.10 si può infatti notare come questo indice renda una distribuzione della povertà energetica in Europa differente da quella vista con la maggior parte degli altri indicatori. Alcuni Paesi dell’Est sono ancora tra i peggiori, ma compare insieme a loro per la prima volta un Paese scandinavo, la Finlandia.

I dati di questo indicatore, insieme ai dati dei due sotto-indicatori per ogni nazione, sono visibili nella Tab.3.

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Tab.3. Punteggio e classifica europea dell’indice EEPI e dei suoi due sottoindici, EDEPI e ETEPI.

Analizzando la Tab.3 è possibile notare delle grandi differenze in alcuni Paesi tra l’EDEPI e l’ETEPI. La Finlandia, ad esempio, è seconda secondo l’EDEPI, ma penultima secondo l’ETEPI. Quest’ultimo incide moltissimo sulla classifica dell’EEPI, mandando la Finlandia al venticinquesimo posto, tra le peggiori d’Europa. Similmente, l’Irlanda si classifica diciannovesima per l’EEPI, pur

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essendo settima secondo l’EDEPI. Anche stavolta l’ETEPI (che la classifica venticinquesima) ha un impatto notevole nell’indice finale omnicomprensivo. I dieci migliori Stati sono quelli che hanno un equilibrio maggiore tra i due sotto-indici.

È da sottolineare che le nazioni migliori, eccetto la Spagna, sono nazioni che hanno il PIL pro capite maggiore della media europea, mentre le nazioni peggiori, eccetto Finlandia e Irlanda, sono nazioni con il PIL procapite minore della media europea.

4.5.2 EDEPI

L’Indice per la Povertà Energetica Domestica Europea tiene conto della povertà energetica a livello domestico. Questa povertà energetica aumenta il rischio di problemi di salute duraturi, che possono anche portare a morte prematura, o comunque a complicazioni di salute nella vita.

L’EDEPI considera come tre principali metriche i bassi ingressi, le alte spese energetiche e le basse efficienze energetiche delle abitazioni. Pone anche l’accento sull’importanza della povertà energetica domestica estiva, specialmente con le ondate di calore che potrebbero risultare come conseguenza del riscaldamento globale. Altre metriche considerate sono quindi l’inabilità di mantenere la casa adeguatamente calda in inverno e adeguatamente fresca in estate, oltre alla qualità degli edifici.

Con questo indicatore la Svezia risulta la migliore, mentre all’ultimo posto si trova la Bulgaria. La Svezia si conferma ottima nel combattere la povertà energetica domestica, con una popolazione minore del 5% incapace di mantenere la casa adeguatamente calda (seconda solo alla Finlandia). Però dall’analisi dettagliata dei fattori che compongono l’EDEPI viene fuori che la Svezia deve combattere maggiormente la povertà energetica domestica estiva, con una percentuale maggiore del 10% del quinto di popolazione con ingressi economici più bassi incapaci di mantenere la casa adeguatamente fresca durante l’estate. Questo deriva dalla strategia della nazione di costruire edifici altamente isolati per combattere il freddo.

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Fig.11. Variazione geografica europea del sottoindicatore relativo alla povertà energetica domestica (EDEPI).

Complessivamente, è possibile per questo indicatore individuare la netta differenza tra i Paesi del Sud e dell’Est con quelli del Nord e dell’Ovest. Le dieci nazioni migliori (considerando solo la povertà energetica domestica) sono Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Lussemburgo, Regno Unito, Irlanda, Olanda, Germania e Francia. Questi Stati sono membri con un PIL pro capite maggiore della media europea e con regole già consolidate sugli edifici e politiche per combattere la povertà energetica domestica. Come risultato, gli individui del quinto di popolazione con ingressi economici minori spende meno del 10% dei propri ingressi per le spese energetiche domestiche.

Le dieci nazioni peggiori sono Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Portogallo, Lettonia, Lituania, Grecia, Cipro, Slovenia e Italia. Questi Stati son membri con un PIL pro capite minore rispetto alla media europea e che hanno regole sugli edifici relativamente nuove così come le politiche per combattere la povertà

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energetica domestica. Ne deriva che gli individui del quinto di popolazione con ingressi economici minori spende, in questi stati, una parte superiore al 10% dei propri ingressi per le spese energetiche domestiche.

I paesi dell’Ovest e del Nord hanno una locazione geografica che ne fornisce un vantaggio naturale. In questi Stati, infatti, si deve combattere principalmente la povertà energetica domestica invernale. Quella estiva costituirà un problema molto minore, date le temperature abbastanza basse di questi luoghi. I paesi dell’Est e del Sud Europa, invece, devono affrontare sia la povertà energetica domestica invernale che quella estiva, dato che in estate si arriva a picchi di temperatura molto alti, che possono avere ripercussioni significative sugli individui che non riescono a far fronte al problema. La povertà energetica invernale si combatte con un buon isolamento delle abitazioni e aumentando l’efficienza energetica dei sistemi di riscaldamento, mentre quella estiva necessita un’intelligente combinazione di isolamento, soluzioni di raffrescamento passive e efficienti sistemi di raffrescamento e ventilazione.

In Fig.12 è possibile vedere i differenti impatti di ogni singola dimensione presa in considerazione nel calcolo dell’EDEPI.

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Da notare nella Fig.12 che ogni dimensione tiene in considerazione solo il quinto di popolazione con ingressi economici minori.

4.5.3 ETEPI

L’Indice Europeo della Povertà Energetica nei Trasporti (ETEPI) tiene conto della povertà energetica vista da un nuovo punto di vista, quello appunto dei trasporti. Questa povertà energetica aumenta il rischio di esclusione economico-sociale, specialmente nel caso di persone anziane o disabili che non possono guidare, usare trasporti pubblici, camminare o utilizzare la bicicletta per aderire ad azioni socio-economiche di base, come il lavoro, il tempo libero, la salute e l’educazione.

Il Patto dei Sindaci sottolinea come dieci milioni di individui in Europa debbano camminare più di trenta minuti per arrivare a mezzi pubblici [23]. Perciò propone che la distanza dai mezzi pubblici venga presa in considerazione dagli indicatori della povertà energetica. Anche la spesa per il carburante dei trasporti potrebbe essere una componente significativa del budget degli individui.

Le cause della povertà energetica nei trasporti raccolte dall’ETEPI comprendono:

 La percentuale di spese energetiche dei trasporti sulla spesa totale, riguardante gli individui del quinto di popolazione con ingressi economici minori possessori di automobile;

 La difficoltà di avere a disposizione i trasporti pubblici;

 L’accessibilità dei trasporti pubblici, che considera il costo e la distanza percorsa.

La distribuzione geografica della povertà energetica nei trasporti è visibile in Fig.13.

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Fig.13. Variazione geografica europea del sottoindicatore relativo alla povertà energetica nei trasporti (ETEPI).

Considerando l’ETEPI, il Lussemburgo si classifica come nazione migliore, mentre l’Ungheria come la peggiore (classifica visibile in Tab.3). Il basso ETEPI dell’Ungheria è da attribuire alla bassa accessibilità economica delle spese dei trasporti, sia quelli pubblici che privati. Infatti in questo Stato la parte delle spese energetiche per i trasporti sulle spese totali, per il quinto di popolazione con minor ingresso economico, è più che doppia di quella del Lussemburgo. Inoltre, in Ungheria il 21% di questi individui dichiara di non potersi permettere il trasporto pubblico, contro lo 0.5% del Lussemburgo.

L’Irlanda si classifica venticinquesima e la Finlandia ventisettesima, a causa dell’accesso limitato ai trasporti pubblici. Infatti, queste due nazioni hanno le percentuali più alte di individui, appartenenti al quinto di popolazione con minori ingressi, con difficoltà ad accedere ai trasporti pubblici, con 16% in Irlanda e 18%

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in Finlandia. Questa forte incidenza sull’ETEPI è visibile, insieme ai valori degli altri Stati, in Fig.14.

Fig.14. Impatto di ciascuna dimensione considerata nel calcolo dell’ETEPI. Questi alti valori nella difficoltà di accedere al trasporto pubblico in Irlanda e Finlandia sono il riflesso di politiche che incoraggiano la costruzione di case monofamiliari, lontane dai centri urbani, dove i mezzi pubblici sono con meno probabilità facilmente accessibili.

Come visibile dalla Fig.13, l’ETEPI mostra un’immagine differente della povertà energetica in Europa, paragonato all’EDEPI. Alcune nazioni del Sud o Est Europa sono migliori di alcune nazioni del Nord Europa, grazie al limitato uso di automobili private per gli spostamenti giornalieri e l’alto utilizzo dei trasporti pubblici e altre opzioni alternative (ad esempio il car sharing).

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4.5.4 Analisi europea sulla base dell’EEPI

Francia, Regno Unito e Germania, che secondo l’analisi effettuata con l’EDEPI sono tutte nei primi dieci posti, dal punto di vista della povertà energetica nei trasporti hanno una classifica peggiore. La Francia si trova all’undicesimo posto, il Regno Unito al sedicesimo posto, mentre addirittura si arriva al diciottesimo posto per la Germania. Queste nazioni, che hanno un PIL pro capite superiore rispetto alla media europea, vedono queste posizioni negative a causa di politiche implementate negli ultimi dieci anni.

La Francia ha incoraggiato la dispersione urbana portando quindi a un aumento della dipendenza dalle automobili e conseguentemente a un’alta spesa per i trasporti da parte del quinto di popolazione con minori ingressi. In altre parole, coloro che vivono in case meno costose fuori dai centri urbani spesso hanno meno opportunità di frequenti e accessibili mezzi pubblici; questo significa che una casa con costo minore porta a una dipendenza maggiore dalle automobili, e quindi a spese maggiori nei trasporti.

Nel Regno Unito la privatizzazione dei trasporti pubblici li ha resi costosi quanto l’utilizzo di automobili private. Va però sottolineato che in Regno Unito viene fornito supporto finanziario per l’utilizzo di mezzi pubblici. Il sussidio aiuta i vulnerabili (come gli anziani) e non strettamente il quinto di popolazione con minori ingressi economici.

In Germania, circa il 10% degli individui facenti parte del quinto di popolazione con ingressi minori ha dichiarato di non potersi permettere l’utilizzo regolare di trasporti pubblici.

I fattori chiave per spiegare il progresso nella lotta alla povertà energetica fatto nei Paesi del Nord Europa sono il rigore delle loro regole sugli edifici e il supporto finanziario riservato alla popolazione facente parte del primo quinto più povero, in modo da compensare l’alto prezzo energetico riservato a chi consuma meno; questo è visibile dallo score dell’EDEPI, visibile nella Tab.3.

Dall’altro lato, la bassa necessità di utilizzare macchine private per spostamenti giornalieri in alcuni stati dell’Est e del Sud Europa li porta ad avere alte

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