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1. Risvolti applicativi dell’adozione degli Ias/Ifrs nelle istituzioni creditizie

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CAPITOLO 4

L’IMPATTO DEGLI IAS/IFRS SULLE GESTIONI BANCARIE

1. Risvolti applicativi dell’adozione degli Ias/Ifrs nelle istituzioni creditizie

Tra le organizzazioni aziendali più colpite dall’intervento delle nuove metri- che contabili internazionali sicuramente le imprese creditizie assumono un ruolo preminente. Ciò in quanto l’introduzione degli Ias comporta cambiamenti singola- ri nelle modalità di redazione dei bilanci bancari, nonché nei meccanismi operativi ad esse sottesi.

Sia la pratica che la dottrina, recentemente, si sono dichiarate particolarmente interessate ai risvolti che la nuova impostazione contabile può comportare sulle organizzazioni in parola, attenzione da cui sono scaturiti numerosi interventi e so- prattutto critiche su alcuni dettami specificamente legati all’attività creditizia

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.

Se è vero, infatti, che l’intero corpus di principi contabili internazionali è de- stinato ad avere forti ricadute sull’operatività degli intermediari bancari, è indub- bio che vi siano alcuni principi la cui portata innovativa è decisamente superiore, manifestando perciò ripercussioni più rimarchevoli.

Oltre ad incidere, ovviamente, sulle finalità informative del bilancio e sulla sua composizione e contenuto

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, come abbiamo visto accadere simmetricamente per le altre realtà gestionali, possono essere rilevati alcuni impatti caratteristici sui processi contabili e organizzativi degli enti creditizi.

Innanzitutto, va osservato che esiste un principio Ias, il numero 30 – Informa- zioni richieste nel bilancio delle banche e degli enti creditizi, espressamente dedi- cato al bilancio delle banche ed avente lo scopo di integrare le disposizioni pre- senti negli altri Ias

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1 Ci riferiamo qui in particolare ai principi Ias n. 32 e 39 sui quali torneremo più avanti.

2 Come abbiamo visto, le finalità informative del bilancio sono dichiarate nel principio Ias n. 1, il quale pre- vede una serie di regole applicabili alla generalità delle aziende, rimandano poi allo Ias n. 30 per le istituzioni finanziarie. Sul tema delle finalità informative del bilancio degli enti creditizi si veda A. Acquaroli – S. Mara- sca, Le finalità informative e la struttura del bilancio, in S. Marasca (a cura di), Il bilancio di esercizio di banche, assicurazioni e fondi pensione, Franco Angeli, Milano, 2005.

3 Il principio Ias n. 30 è stato formulato ad hoc per le banche. Esso descrive tutte le informazioni richieste agli istituti di credito per la preparazione del bilancio, confluito, dopo la revisione a cui è stato sottoposto, nell’Ifrs n. 7. Lo Ias n. 30 fornisce un elenco minimo di voci necessariamente presenti nello stato patrimoniale, rag- gruppando attività e passività per categorie omogenee, distinte in base al grado di liquidità. Come è noto, la

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Più precisamente, però, l’attenzione del management delle banche in merito ai principi contabili internazionali si è focalizzata principalmente sulle innovazioni contabili scaturenti dalla disciplina dell’iscrizione in bilancio delle attività finan- ziarie, Ias 32 e 39.

Nonostante la problematica in questione venga approfondita nel prosieguo proprio per la sua rilevanza, basti qui sottolineare come per le banche, e analoga- mente per le assicurazioni - che vedono le attività finanziarie e la gestione dei re- lativi rischi fra le principali classi di investimento e politiche di gestione - la nuo- va disciplina possa comportare effetti che superano non di poco il mero profilo contabile, essendo necessari nuovi criteri di classificazione e di valutazione, non- ché un rimodellamento del sistema di risk management insieme a rilevanti inter- venti sui sistemi informativi e sulle logiche di reporting.

In quest’ambito non stupisce la minore attenzione rivolta ad altri principi con- tabili, anch’essi di forte impatto sui risultati economici, ma che tuttavia tendono a richiedere minori interventi sull’organizzazione e sui processi interni.

Fra questi ultimi spiccano lo Ias 27 – Bilancio consolidato, lo Ias 14 - Segment reporting, gli Ias 36 e 38 – Goodwill e attività immateriali e l’Ifrs 3 - Business combinations, nonché lo Ias 37 – Accantonamenti per rischi e oneri.

Per quanto riguarda l’elaborazione del bilancio consolidato, che per il suo ri- lievo nell’ambito delle strutture di gruppo creditizio verrà a sua volta esaminato separatamente

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, giova qui limitarsi ad evidenziare l’indiscutibile ed elevato impat- to dovuto all’ampliamento dell’area di consolidamento che rende necessario inse- rire nel rendiconto di gruppo anche le partecipazioni di controllo in compagnie di assicurazione e special purpose vehicle, oggi escluse, evitando così abusi triste-

previgente disciplina nazionale del bilancio d’esercizio e consolidato, cui erano sottoposte le banche e gli in- termediari finanziari, è rappresentata dal D.Lgs. n. 87/1992 e dalle istruzioni tecniche di attuazione emanate da Banca d’Italia (Circolare n. 166/1992), la cui potestà normativa attiene, nello specifico, ai criteri di reda- zione del bilancio. A partire dall’entrata in vigore degli standards Ias, la previgente disciplina sui bilanci ban- cari appare notevolmente modificata: essendo il regolamento europeo di attuazione degli Ias una fonte norma- tiva direttamente applicabile in ciascuno stato membro, il D.Lgs. n. 87/1992 e le relative disposizioni di at- tuazione della Banca d’Italia non trovano più attuazione, se non per quelle categorie di società che, pur rica- dendo nell’ambito di applicazione della normativa contabile dettata per le banche, non sono soggette a vigi- lanza prudenziale e perciò escluse dall’applicazione Ias (si pensi ad esempio agli intermediari finanziari ex artt. 106 e 113 del Tub – D.Lgs. n. 385/1993, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Ad o- gni modo, il comma 3 della legge n. 306/2003 conferma i poteri normativi della banca d’Italia in materia di forme tecniche dei bilanci bancari e finanziari; poteri esercitati nel rispetto degli Ias omologati, al fine di sal- vaguardare il patrimonio di trasparenza e comparabilità oggi esistente e disciplinare la rilevazione di fenome- ni non considerati dagli standards internazionali, quali, ad esempio, i patrimoni destinati. Sullo Ias n. 30 e sui suoi contenuti caratteristici si veda R. Bauer, Ias 30: le informazioni di bilancio delle banche, Amministra- zione & Finanza, n. 22/2003, pagg. 6-9.

4 Vedi infra § 1.1 del capitolo corrente.

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mente noti. Ciò chiaramente ha elevate ripercussioni di tipo strategico-operativo, imponendo la necessità di ripensare al modello stesso di gruppo.

In merito allo Ias 14, di cui abbiamo avuto già modo di discorrere ampiamente in relazione alle imprese in genere, occorre qui ribadire il forte ruolo di rafforza- mento che tale standard ha sui sistemi direzionali e di controllo in genere. Ovvia- mente indubbi sono gli impatti di tipo interno, obbligando le imprese, anche ban- carie, a fornire in nota al bilancio informazioni di contabilità industriale oggi non diffuse e destinate a loro volta a incrementare significativamente la disclosure sul business aziendale.

Potrebbe perciò essere necessario introdurre processi e sistemi informativi che, attingendo alla contabilità industriale, consentono di produrre un’informativa affidabile ed allo stesso tempo coerente con i piani e i budget utilizzati per finalità gestionali interne, interventi consistenti soprattutto per quelle realtà operative che presentano attività di business trasversali

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. A tal fine potrebbe essere utile, se non fondamentale, ideare soluzioni organizzative che favoriscano lo scambio di in- formazioni e competenze fra le funzioni di contabilità e bilancio, controllo di ge- stione e pianificazione strategica.

Tale richiesta evolutiva potrebbe determinare un ulteriore stimolo ai sistemi di controllo aziendale implementati all’interno delle realtà bancarie, per lungo tempo criticati a causa della loro arretratezza ed inefficienza rispetto alle esigenze mani- festate

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, ma che di fatto negli ultimi anni hanno comunque trovato la forza di svi- lupparsi e attagliarsi alle specifiche necessità delle realtà asservite.

5 Concretamente ciò comporta un ripensamento del processo di pianificazione strategica, in modo da rendere coerenti i piani e i budget realizzati per finalità interne con le comunicazioni fatte agli analisti durante gli in- contri periodici con la comunità finanziaria e con l’informazione inserita in bilancio. Per un approfondimento sul tema E. Magistretti – F. Dabbene, L’adozione dei principi contabili internazionali e il bilancio delle ban- che: il progetto Ias, Convegno Abi “L’adozione dei principi contabili internazionali e il bilancio delle ban- che”, Roma, 28 ottobre 2002.

6 Non pochi anni addietro, ormai, lo stato dei controlli nelle aziende di credito faceva emergere un quadro piuttosto arretrato. Le banche italiane risultavano particolarmente in ritardo nel processo di adeguamento dei propri sistemi di controllo aziendale, la cui causa poteva essere ricercata in una moltitudine di variabili che distinguevano, e che tutt’oggi distinguono, le realtà bancarie da quelle industriali. Ovviamente, nel corso de- gli anni e soprattutto nell’ultimo decennio, la situazione si è notevolmente evoluta. Il crescere delle dimensio- ni operative degli intermediari creditizi, nonché l’aumento incessante della concorrenza anche sul mercato del credito bancario, ha imposto alle nostre banche, sulla spinta delle Autorità di vigilanza, a sviluppare idonei sistemi di controllo aziendale, calibrati sulle specifiche esigenze degli intermediari creditizi. Sul percorso evolutivo dei sistemi di controllo in banca la bibliografia è piuttosto cospicua. Si vedano, tra gli altri, M.C.

Quirici, Aspetti evolutivi delle gestioni bancarie, Giappichelli, Torino, 1991, passim; M. Alonzo – A. Chiaret- to – R. Garnero – C. Giaj – S. Panebianco – A. Pappadà – G. Varola, I controlli interni nelle banche. Evolu- zione, metodi e casi pratici, Edibank, Roma, 2003, passim; G. Forestieri – M. Onado, Governo societario e imprese bancarie, op. cit.; C. Ampollini, Il controllo di gestione nelle imprese di servizi, Amministrazione &

finanza, n. 13/1998, pagg. 15-19; M. Comana, Per un corretto orientamento dei sistemi di controllo, Banche

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Invero, cambiamenti nelle attese dell’ambiente, nei fattori chiave del successo, negli assetti organizzativi, non possono non determinare nuovi fabbisogni di con- trollo. Un sistema di controllo che non recepisse e non si adeguasse ai nuovi fab- bisogni informativi e direzionali sarebbe oltremodo incoerente e dannoso per la gestione, continuando ad influenzare le scelte dei manager in direzioni che, se e- rano valide in passato, non lo sono più nel presente. Si vuole cioè sottolineare che in un ambiente strategico organizzativo dove tutto deve cambiare e sta in effetti cambiando, il primo parametro per la valutazione di coerenza dei sistemi di con- trollo sta nella misura del grado di cambiamento cui sono soggetti tali sistemi. Si riscontra, invece, come in larga parte le logiche, le dimensioni organizzative e la strumentazione dei sistemi di controllo delle nostre banche, pur evolvendosi, se- guano ancora le soluzioni tradizionali; nel migliore dei casi, queste vengono adat- tate e migliorate al margine, senza tuttavia metterne al vaglio l’impostazione e l’architettura complessive

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Il controllo interno, e di gestione in particolare, di fatto intrattengono rapporti strettissimi con la contabilità, sia per i dati e le informazioni condivisi, sia per la necessità di presentare risultati economici che alla fine siano coerenti con quanto realmente prodotto. E proprio lo Ias n. 14 stimola significativamente il riavvici- namento tra questi due mondi. Anzi, è dimostrabile che nel comparto del credito si sono già registrati significativi progressi per arricchire la comunicazione di bi- lancio con la segment reporting, a sua volta strutturata per l’interno

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. E’ tuttavia indubitabile che si rendono indispensabili ulteriori affinamenti, facilitati dall’adozione, nel tempo e nello spazio, di schemi e prassi uniformi

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e banchieri, n. 6/1995, pagg. 741-745; A. Antonelli, Esigenze vecchie e nuove nel mondo dei sistemi informa- tivi, Bancaria, n. 3/1993, pagg. 61-66; A. Minafra, L’approccio e le metodologie nella pianificazione e nel controllo di gestione delle aziende di credito, Il risparmio, n. 4/1993, pagg. 809-843; M. Saita, Il controllo di gestione: dall’esperienza industriale alla proposta di un modello per le aziende di credito, Giuffrè, Milano, 1980; M. Di Antonio, I sistemi di programmazione e controllo in banca, Bancaria, n. 10/1995, pagg. 80-88, S. Buscemi, Il cambiamento nelle banche: motivazioni, necessità e limiti della programmazione e del control- lo di gestione, Bancaria, n. 6/1999, pagg. 557-569; F. Amigoni, Il controllo di gestione nelle imprese di servi- zi, op. cit., pagg. 7-16; A. Balossino, Controllo di gestione: cosa serve alla direzione delle banche, Banche e banchieri, n. 2/1987, pagg. 97-103; D. Montina, Aspetti culturali del controllo di gestione: il caso delle ban- che italiane, Banche e banchieri, n. 2/1992, pagg. 89-102.

7 Cfr. M. Di Antonio, Creazione di valore e controllo strategico nella banca: i sistemi di programmazione controllo e il governo della performance, Bancaria Editrice, Roma, 2002, passim.

8 Cfr. R. Russo, Comparto del credito: segmentare le attività con lo Ias 14, Amministrazione & finanza, n.

19/2003, pagg. 7-18.

9 Cfr. C. Ampollini, I sistemi di controllo per aree di risultato nelle imprese di servizi, Amministrazione &

finanza, n. 8/1999, pagg. 39-44.

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A loro volta, l’Ifrs 3 e gli Ias 36 e 38 definiscono, nel loro complesso, le rego- le da applicarsi per la contabilizzazione delle aggregazioni aziendali, del goodwill e delle attività immateriali. In particolare, tutte le operazioni di aggregazione de- vono essere contabilizzate con il metodo purchased, modificando le modalità di contabilizzazione delle fusioni, con impatti notevoli sulle misure di patrimonio a livello consolidato. Ciò non dovrebbe mutare la convenienza a realizzare opera- zioni di concentrazione se non per quanto previsto nel trattamento del goodwill.

Esso, non essendo più sottoposto ad ammortamento, bensì a test periodico di im- pairment, è destinato ad avere forti ripercussioni sulle misure di reddito e patri- monio, mutando eventualmente la convenienza a svolgere determinate operazioni e attività, tra cui per esempio quella di merchant banking. Inoltre, mentre per le business combinations basterà estendere anche alle fusioni le procedure contabili finora adottate in caso di acquisizioni, aumentando necessariamente lo scambio di competenze ed informazioni fra le funzioni di amministrazione e l’area finanza, il nuovo trattamento del goodwill e degli altri intangibili comporta la necessità di di- segnare procedure che consentano di individuare le unità generatrici di flussi fi- nanziari in modo affidabile e coerente a quanto previsto dallo Ias 36. Da ciò po- trebbe derivare la necessità di dotarsi di sistemi informativi capaci di produrre l’informazione rilevante a livello di singola unità, problematica che si rivela parti- colarmente critica.

La corretta identificazione delle CGU menzionate e l’allocazione del goodwill assumono infatti una valenza strategica. La definizione, alquanto generica, delle unità di business da parte del legislatore comunitario lascia, infatti, ampi margini di discrezionalità che devono essere opportunamente sfruttati al fine di ridurre al minimo il rischio di una volatilità eccessiva di reddito e patrimonio causata da improvvisi mutamenti nei valori dell’avviamento

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. Pertanto, per assicurare la rea- lizzazione di scelte consapevoli in merito, il processo di definizione dei confini delle diverse Cgu dovrà essere necessariamente attentamente studiato e strutturato

10 Con l’introduzione del novo regime Ias si dischiudono, infatti, due possibili scenari alternativi: l’uno favo- revole, legato all’assenza di perdite permanenti di valore degli intangibili, con il conseguente beneficio dell’abolizione dell’ammortamento previsto dal precedente regime contabile; l’altro sfavorevole, legato alla rilevazione di perdite permanenti di valore, che gravando sul conto economico determineranno una sorta di ammortamento accelerato della dotazione di intangibili.

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tramite il coinvolgimento di figure variegate, non esclusivo appannaggio della funzione contabilità e bilancio

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Anche le operazioni di leasing finanziario scardinano sensibilmente la consue- tudine contabile delle imprese creditizie. Tali operazioni, invero, erano sempre rappresentate dalle banche iscrivendo il bene su cui è concessa la locazione finan- ziaria tra le attività patrimoniali della banca, anziché dell’utilizzatore, sino all’avvenuto riscatto del locatario; al contrario, lo Ias n. 17 prevede, in virtù del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, la contabilizzazione del leasing in base al metodo finanziario, trasferendo al locatario benefici e rischi del- la cosa locata.

Da non sottovalutare poi i criteri più rigidi e rigorosi previsti dallo Ias 37 con riferimento al trattamento contabile degli accantonamenti a fondi rischi ed oneri.

Tradizionalmente, i bilanci bancari risultano caratterizzati dalla presenza di diversi fondi che, in alcuni casi, possono essere sfruttati per la realizzazione di mi- rate politiche di bilancio, poiché, di fatto, la possibilità di variare gli accantona- menti da un esercizio ad un altro ha sempre rappresentato una leva a disposizione della banca al fine di influenzare i risultati economici e il grado di adeguatezza pa- trimoniale

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In particolare, una leva caratteristica per la stabilizzazione dei redditi era rap- presentata dal fondo rischi bancari generali, previsto dal legislatore per gli enti creditizi considerata la particolare rischiosità dell’attività bancaria e l’esigenza di tutelare la fiducia del pubblico. Nonostante le finalità attribuitegli dal legislatore, tale fondo veniva pressoché alimentato e utilizzato sulla base di decisioni affidate alla discrezionalità degli organi di governo delle imprese bancarie e di fatto spesso sfruttato per sostenere il risultato d’esercizio.

L’introduzione dei principi contabili internazionali che modificano sensibil- mente le regole di contabilizzazione dei fondi evidenzia con chiarezza la presumi- bile riduzione delle possibilità delle imprese di porre in essere tali politiche di bi- lancio.

11 In particolare, devono essere sicuramente coinvolte la funzione di pianificazione controllo e in molti casi utile può rivelarsi il ricorso a professionisti esterni all’impresa, portatori di competenze specifiche.

12 Particolarmente significativi, ad esempio, possono essere considerati gli spostamenti di risorse accolte dal fondo rischi su crediti: in situazioni caratterizzate da andamenti poco favorevoli dei risultati economici, per la copertura di un’eventuale perdita, si poteva in parte utilizzare il fondo rischi su crediti al fine di limitare l’accantonamento a conto economico, evitando così un appesantimento del risultato d’esercizio.

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Alla luce dello Ias 37, per poter effettuare un accantonamento a fondo deve e- sistere un’obbligazione precisamente individuata che probabilmente genera in fu- turo un’uscita finanziaria quantificabile in modo attendibile

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Con particolare riferimento al bilancio bancario, l’applicazione di questo prin- cipio può rendere significativamente problematica l’iscrizione di accantonamenti al fondo rischi su crediti e ancor più al fondo rischi bancari generali.

In riferimento al primo, infatti, diventa discutibile proprio lo stesso presuppo- sto in base al quale questa tipologia di fondi trova la sua ragion d’essere nel si- stema contabile, poiché se ne consentiva l’iscrizione in bilancio prendendo in con- siderazione la sola eventualità che si verifichi l’evento. Analogamente, il fondo rischi bancari generali ha natura generica ed è destinato alla copertura del rischio generale d’impresa; risulta perciò assimilato a una riserva patrimoniale ed è con- siderato come elemento di qualità primaria del patrimonio di vigilanza. L’assenza dei presupposti previsti dallo Ias 37 influenza, in conclusione, anche l’iscrizione dei fondi rischi di carattere generale, sottraendo di riflesso al management un’ulteriore fondamentale leva per le politiche di bilancio e la stabilizzazione dei redditi

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L’introduzione delle nuove regole potrebbe quindi essere interpretata, in prima approssimazione, come una limitazione degli spazi di manovra legati alle politi- che di bilancio, freno ancor più sentito dal momento in cui l’adozione delle metri- che Ias tende ad incrementare l’effetto volatilità sui risultati economici e sulle ri- serve patrimoniali, con indubbi riflessi sul patrimonio regolamentare delle banche ed allo stesso tempo sull’andamento dei corsi azionari delle loro azioni quotate.

Da quanto sopra delineato, infatti, appare evidente quanto notevoli saranno gli impatti sul patrimonio netto delle banche e, quindi, sulla assimilata nozione di pa-

13 Il citato principio contabile definisce l’accantonamento (provision) come una passività di importo e con data di liquidazione incerte e subordina la sua rilevazione in bilancio al ricorrere delle seguenti condizioni: a) l’impresa ha un’obbligazione in corso che deriva da un evento passato; b) è probabile che per adempiere l’obbligazione si renda necessario un deflusso di risorse; c) è possibile effettuare una stima attendibile dell’ammontare dell’obbligazione. Lo Ias 37 stabilisce che l’ammontare dell’accantonamento deve corrispon- dere alla migliore stima della spesa necessaria per adempiere l’obbligazione alla data di bilancio, ossia all’importo che razionalmente l’impresa pagherebbe, a tale data, per estinguere l’obbligazione, oppure per trasferirla a terzi. Peraltro, occorre procedere al calcolo del valore attuale della spesa ritenuta necessaria per estinguere l’obbligazione qualora l’effetto del trascorrere del tempo risulti rilevante.

14 In effetti, tale fondo è tollerato dai principi internazionali ma, mentre la normativa italiana ne prevede la movimentazione tramite apposita voce del conto economico, lo Ias n. 30 richiede comunque che gli accanto- namenti costituiscano destinazione di utili non distribuiti e che gli utilizzi incrementino le riserve di utili, non partecipando così alla determinazione del reddito. Cfr. A. Minafra, L’impatto dei nuovi principi contabili in- ternazionali (Ias/Ifrs) sulle aziende di credito, Banche e banchieri, n. 5/2003, pag. 404.

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trimonio di vigilanza, di vitale importanza per esse e per tutti gli altri intermediari vigilati.

Basti pensare alla più probabile volatilità dei prezzi degli strumenti finanziari dovuta all’applicazione del fair value che, a sua volta, incrementa considerevol- mente la variabilità dei risultati di esercizio, traducendosi, automaticamente in una più probabile e ricorrente fluttuazione del patrimonio.

Invero, il transito dai vecchi ai nuovi principi contabili finisce per scaricare ef- fetti sia positivi sia negativi sulla consistenza patrimoniale e, sotto tale profilo, so- no già state predisposte analisi e simulazioni per stimarne l’effetto indotto e com- prenderne la corrispondente valenza operativa e gestionale.

Di fatto, non necessariamente e non in assoluto la disciplina contabile Ias for- za la banca a sopportare una maggiore volatilità potenziale dei risultati iscritti a conto economico. Ciò si può verificare in alcuni segmenti della sua attività, men- tre in altri la variabilità non risulta significativamente difforme da quella già sop- portata dal bilancio tradizionale.

Sicuramente, alcune realtà si trovano a soffrire davvero di una inusuale varia- bilità dei redditi e del patrimonio, ma ciò è dovuto, per la maggior parte, al fatto di aver adottato fino ad oggi, e peraltro legittimamente, criteri di valutazione molto lontani da quelli permeanti la disciplina internazionale.

Certo è che le banche si trovano a non poter più adottare comportamenti con- tabili volti unicamente all’occultamento di perdite, o meglio a dare minore evi- denza a perdite di esercizio legate alla riduzione dei valori di mercato degli assets tramite l’applicazione di criteri contabili legittimi, ma non sempre trasparenti

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In realtà, le nuove regole costituiscono soprattutto un’opportunità attraverso la quale si genera una crescente trasparenza sulle politiche di gestione, con ciò for- nendo uno specchio più fedele della realtà considerata e diventando un potenziale strumento di accrescimento di valore, nonché una rinnovata fonte di fidelizzazione del mercato, variabile essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo degli interme- diari creditizi.

15 Si può qui ricordare, ad esempio, l’ampia diffusione, soprattutto in momenti storici collegati a trend borsi- stici al ribasso, della prassi del trasferimento dei titoli dalla categoria di quelli negoziabili a quella degli im- mobilizzati, al fine di non consentire l’imputazione delle riduzioni di prezzo a conto economico. Ovviamente tale opportunità è stata convenientemente limitata dagli Ias, in specie 32 e 39, attraverso un meccanismo con- tabile e informativo che verrà trattato per esteso nel prosieguo del lavoro. Infra § 1.2 e 1.3.

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Alla luce di quanto esposto, giova sottolineare come l’introduzione degli Ias nei sistemi contabili delle banche richieda una serie di interventi che vanno ben oltre la disciplina dei bilanci bancari, estendendosi all’interno, sulle procedure di controllo e di risk management caratteristiche degli operatori creditizi e, all’esterno, coinvolgendo le segnalazioni di vigilanza, la normativa prudenziale e la stessa attività di analisi tipica dell’operatività di impiego delle banche.

In particolare, l’introduzione degli Ifrs reca un’innovazione di enorme portata nella fondamentale sfera del controllo, che integra come momento costitutivo e saliente il processo di governance delle imprese in generale, e bancarie in partico- lare, e da cui scaturiscono, in contrapposizione, indirizzi e vincoli operativi.

Il bilancio, come già sottolineato, costituisce, nel più ampio contesto dei mezzi d’informazione finanziaria, il documento principe tramite il quale le imprese di vario genere veicolano le risultanze del proprio esercizio; a tal fine, nel complesso ciclo di governo delle realtà economiche, esso occupa la posizione di maggior ri- lievo nel momento decisivo del controllo teso alla conoscenza e valutazione delle attitudini e delle situazioni imprenditoriali.

In più, la filosofia pregnante del nuovo corpus contabile, assegnando al bilan- cio l’attitudine a costituire una cinghia di trasmissione di segnali e impulsi per la calibratura dei corsi d’azione imprenditoriali, esercita una ancora più potente in- fluenza sul processo di controllo interno, implicando una significativa integrazio- ne tra la contabilità e i sistemi di pianificazione e controllo direzionale, facendo collimare i fabbisogni conoscitivi interni con quelli esterni.

Non si possono tacere, quindi, i risvolti che il nuovo impianto contabile ha contestualmente sui processi di analisi finalizzati all’erogazione del credito alla clientela corporate da parte delle imprese creditizie.

Gli Ifrs, infatti, costituiscono a tutti gli effetti il paradigma contabile più con-

geniale ad una lettura delle realtà gestionali d’impresa maggiormente orientata al-

la finanza, arrivando così a rappresentare un’importante risposta alle crescenti esi-

genze informative degli intermediari creditizi nei processi di erogazione del pre-

stito alle imprese non bancarie, stimolate per tal via alla disclosure di quelle va-

riabili rappresentative della profittabilità dell’impresa, delle proprie prospettive di

sviluppo e, con esse, del proprio merito creditizio.

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Inoltre, la stessa supervisione creditizia utilizza tradizionalmente l’analisi di bilancio come uno dei mezzi per realizzare la propria attività di vigilanza informa- tiva, tesa a discriminare le condizioni, attuali e potenziali, di stabilità ed efficien- za, nonché di sana e prudente gestione degli intermediari. L’elevazione della qua- lità dei contenuti della rendicontazione contabile concorre, pertanto, a dilatare gli esiti diagnostici di tale procedimento di analisi: il fatto che le sintesi di esercizio incorporino in sé elementi importanti di conoscenza su profili di strategia, management e organizzazione genera, evidentemente, altrettante forme di poten- ziale verifica da parte dell’Autorità di vigilanza bancaria.

Si può perciò sostenere che l’avvicendamento delle metriche contabili rivesta indubbiamente una valenza significativa per il sistema di vigilanza, in riferimento al fatto che la base informativa contabile delle banche costituisce proprio fonte primaria dei dati che alimentano i flussi periodici di segnalazione all’autorità.

L’adozione degli Ias comporta perciò, anche per le imprese creditizie, un cam- biamento profondo di natura culturale, passando ad un’informativa di bilancio market-oriented, volta alla divulgazione delle performances economiche e finan- ziarie dell’impresa, con la finalità ultima di consentire agli investitori l’assunzione di decisioni informate e consapevoli sul reale valore economico dell’impresa. Ciò chiaramente ha un duplice riflesso sulle imprese bancarie, in quanto esse sono, da un lato, uno dei principali strumenti di investimento della collettività e per questo soggette al suo costante giudizio, e contemporaneamente una delle maggiori fonti di finanziamento per le imprese in genere, a loro volta valutate alla luce dei propri bilanci.

Ovviamente un adeguamento di tale portata non può essere sottovalutato, ma richiede piuttosto alle banche l’approntamento di un delicato progetto, dotato di risorse adeguate e di sufficiente sostegno da parte dell’alta direzione

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L’introduzione dei nuovi principi contabili risulta pertanto pervasiva nel fun- zionamento del sistema banca, strettamente correlata alle disposizioni di vigilanza prudenziale e alle innovazioni previste da altre normative ad esso dedicate

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.

16 Analogamente ad altri programmi di adeguamento indotti da eventi esterni – si pensi ad esempio a Basilea – si ritiene necessario articolare il programma in una fase di sensibilizzazione sulla problematica da affronta- re, uno studio di fattibilità e una fase finale di realizzazione della metamorfosi richiesta. Per un approfondi- mento sulle distinte fasi si veda A. Minafra, L’impatto dei nuovi principi contabili internazionali (Ias-Ifrs) sulle aziende di credito, op. cit., pagg. 407-410.

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Perciò, il progetto Ias, vista la portata degli impatti e delle armonizzazioni ne- cessarie, non può che essere affrontato dalle aziende bancarie attraverso un attento governo delle varie componenti interessate, interne ed esterne, delle competenze necessarie e della pianificazione integrata al cambiamento, venendosi a determi- nare una sorta di metamorfosi culturale nel modo di gestire gli aspetti contabili e di bilancio delle aziende, con una convergenza degli stessi verso aspetti di caratte- re più gestionale ed operativo, tra cui andremo ad analizzare i più rilevanti.

1.1. Concentrazioni bancarie e controllo: il bilancio consolidato e le innovazioni contabili

Tra i temi che promettono di avere un maggiore impatto nell’adozione dei principi contabili internazionali uno tra i più manifesti è quello attinente la nozio- ne di controllo, la definizione dell’area di consolidamento e il trattamento contabi- le delle relative partecipazioni.

Ciò rileva per tutti i tipi di impresa, ma assume un ruolo peculiare in relazione alle imprese bancarie, e questo sia per l’importanza dimensionale del fenomeno delle concentrazioni e aggregazioni in questo settore, sia e soprattutto per le carat- teristiche operative ed organizzative tipiche dei gruppi creditizi.

Il sistema bancario italiano, infatti, al pari di quelli dei principali Paesi indu- strializzati, sta assistendo, già da qualche tempo, ad un intenso processo di diver- sificazione e concentrazione

18

. Il fine è quello di aumentare le dimensioni operati- ve, raggiungendo una soglia critica che metta in grado di competere in mercati sempre più ampi e integrati ed in particolare in quello, ormai unico, europeo.

17 Va, infatti, sottolineato che la conversione Ias si sovrappone per le banche ad un’altra importante normati- va, quale il nuovo accordo di Basilea, ponendo la necessità di riconciliare le differenze esistenti tra le due discipline. Si pensi ai nuovi criteri di valutazione dei crediti, che prevedono la registrazione di perdite solo a seguito di riduzioni dei flussi di cassa attesi e connesse a eventi già verificatisi, mentre il nuovo accordo di Basilea assume che le svalutazioni tengano conto anche delle perdite attese. Ciò tende inoltre ad avvicinare con più forza i sistemi di comunicazione interna (contabilità direzionale, misure di rischio e di valore) ed e- sterna della banca (bilancio e segnalazioni di vigilanza) ancor più che nelle imprese industriali, facendo entra- re nell’ambito della co.ge. e del bilancio una serie di informazioni e procedure di calcolo raccolte ed elaborate all’interno di altre funzioni aziendali (risk management, controllo di gestione e pianificazione strategica) con finalità prettamente gestionali.

18 La bibliografia in materia è ormai assai ampia. Tra i lavori più recenti si segnalano D. Focarelli – F. Panetta – C. Salleo, Why do banks merge?, Temi di discussione, Banca d’Italia, n. 361, 1999; E. Pietrabissa, Il valore delle fusioni bancarie vincenti, Sviluppo & Organizzazione, n. 171/1999; D. T. Llewellyn, Le concentrazioni nell’industria bancaria europea: tra ragioni economiche e luoghi comuni, Bancaria, n. 3/1999.

(12)

Le organizzazioni creditizie, così, crescono per via interna od esterna, tramite processi di fusione o acquisizione; la crescita è prevalentemente di tipo orizzonta- le, tramite l’aumento della quota di business tradizionale, ma può realizzarsi anche attraverso la diversificazione correlata, entrando cioè in nuovi mercati collegati in vario modo a quello bancario. Basti pensare al parabancario – leasing, factoring e credito al consumo – oppure all’asset management ed ai fondi comuni di investi- mento, al business assicurativo, alla previdenza integrativa ed ai fondi pensione.

Chiaramente tutto ciò porta ad un aumento dimensionale, da un lato, ed ad un incremento di complessità, in quanto a numerosità e diversità dei business presi- diati, dall’altro. Tutto ciò mette in evidente tensione la struttura organizzativa, portando una sfida formidabile alle capacità del management di governare l’accresciuta complessità.

Tra le soluzioni ottimali che già da tempo sono state individuate per consentire di rispondere alle esigenze di organizzazione e di gestione delle strategie di cresci- ta e diversificazione, nonché delle diverse sinergie che si generano all’interno di una realtà tanto complessa, quella spesso più utilizzata all’interno del nostro mer- cato è quella del gruppo bancario polifunzionale

19

, dove i distinti business sono svolti da società controllate dalla capogruppo bancaria e come tali godono di un certo grado di autonomia e decentramento. Ovvio che dalla profonda diversità dei modelli di business deriva la difficoltà di gestirli in modo integrato.

Anche storicamente, il primo strumento a supporto della valutazione economi- ca del gruppo, e quindi della sua strategia complessiva, è consistito proprio nella produzione del bilancio consolidato, redatto al fine di garantire la visibilità del maggior livello di performance competitivo ed economico rinveniente dalla con- centrazione d’impresa rispetto alle alternative costituite dalla banca mono- business.

L’approccio indicato si propone di cogliere l’effetto gruppo netto risultante dalla somma algebrica delle performances delle diverse società consolidate.

Trattandosi comunque di un documento esterno, inutile tacere la comunanza dei limiti con il bilancio d’esercizio, confini di significatività di cui abbiamo già

19 Anche sotto tale aspetto i contributi sono numerosissimi. Si vedano, per tutti, M. Baravelli, Assetto istitu- zionale e assetto organizzativo dei gruppi creditizi, Banche e banchieri, n. 8-9-10/1993; T. Bianchi, Banche universali o gruppi polifunzionali?, Banche e Banchieri, n. 10/1990; P. Mottura, Aspetti aziendali e organiz- zativi dei gruppi creditizi, Banca Impresa Società, n. 3/1992.

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avuto modo di parlare e comunque riconducibili, sinteticamente, al basso impatto gestionale delle misure da esso derivabili. Si riteneva, infatti, che gestire il gruppo attraverso il consolidato fosse come gestire l’impresa attraverso il bilancio: i valo- ri risultavano oltremodo aggregati e oltretutto soggetti a criteri di determinazione basati su valutazioni civilistico-contabili anziché economiche.

Ozioso ribadire, però, come l’intervento degli standard contabili internazionali potenzi il ruolo del bilancio anche per le valutazioni gestionali interne, arricchen- dolo di un corredo informativo del tutto assimilabile a quello già sfruttato dal management per la predisposizione degli indirizzi di business, e questo sia per quanto attiene il bilancio d’esercizio, qualora redatto sulla base degli Ias, sia per il bilancio consolidato.

In più, è da notare che l’impatto sul bilancio di gruppo è pressoché imprescin- dibile, dato che gli Ias/Ifrs sono stati ritenuti imperativi dal legislatore comunitario proprio per la redazione di questa forma di rendicontazione e solo facoltativamen- te, a discrezione degli Stati membri, per quello di esercizio.

Nonostante la sua architettura sia del tutto nota alla dottrina economico- aziendale

20

, per la quale non costituisce profilo di novità l’indirizzo unitario della gestione da parte del soggetto economico della società controllante

21

, il problema è ancora quello di dare allo stesso maggiore risalto ed evidenza.

Si palesa, infatti, una questione di tutela dei terzi, i quali debbono venire a co- noscenza della dipendenza economica della società con cui interagiscono rispetto alla sua capogruppo; profilo di tutela ancor più presente in epoca di forte globaliz- zazione, dove gruppi conglomerati e internazionali controllano società operanti in settori e mercati completamente diversi e distanti tra loro. E’ perciò evidente che laddove il gruppo manifesti un’architettura molto complessa i terzi non hanno fa- cilità nell’individuare il reale responsabile dell’indirizzo gestorio, risultando per- tanto necessario porre delle regole che ne facilitino l’individuazione.

La fisiologia aziendale prevede che a gestire sia colui – o coloro – che hanno speso di più nell’impresa e che si assumono contemporaneamente la responsabili-

20 In economia aziendale, quando si parla di gruppo si fa riferimento a quell’insieme di aziende fra le quali si instaura un legame forte e duraturo, garantito dall’unicità di soggetto economico e dalla pluralità di soggetti giuridici. Cfr. P. E. Cassandro, I gruppi aziendali, Cacucci, Bari, 1982; S. Sarcone, Aspetti contabili delle fu- sioni, Cacucci, Bari, 1992.

21 L’unicità di soggetto economico, tipica del gruppo, crea infatti unicità di gestione, laddove gli amministra- tori delle società controllate sono soggetti di fatto alle scelte effettuate dal gruppo di controllo.

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tà di trasmettere all’esterno i dati di performances tramite il bilancio consolidato.

Occorre infatti chiarire, fin da subito, che lo stesso legislatore, all’art. 2497-sexies, attribuisce l’attività di coordinamento alla società obbligata al consolidamento dei conti: traducendo tale previsione in termini economici, l’obbligo di direzione e coordinamento spetta alla capogruppo.

In tal senso, la società capogruppo ha il compito di assicurare il coordinamen- to dell’attività svolta dalle diverse componenti del gruppo e quindi di definire gli indirizzi strategici attraverso un’efficace attività di pianificazione e controllo

22

. Tale attività di coordinamento può assumere connotati differenti a seconda del li- vello di integrazione delle diverse realtà componenti il gruppo e della cultura or- ganizzativa prevalente, pur restando in ogni caso a carico della capogruppo lo svolgimento delle attività di gestione strategica, pianificazione e controllo, risk management, espletamento degli obblighi di vigilanza e redazione del bilancio a livello consolidato.

Proprio quest’ultimo processo è stato caratterizzato, fino ad oggi, da alcuni e- lementi tipici che, pur con intensità differente, sembrano aver contraddistinto la realtà di numerosi istituti bancari. Più precisamente, la redazione del bilancio è stata di solito affidata a team di professionisti con competenze contabili altamente specialistiche, a cui, peraltro, non si accompagnano, in genere, competenze quali- ficate in altri ambiti. Inoltre, i responsabili del consolidamento dei conti hanno spesso lavorato in una situazione di relativa autonomia e indipendenza, con scarsa integrazione con le altre funzioni aziendali

23

.

Questa soluzione organizzativa, se da un lato appare coerente con le caratteri- stiche dei principi contabili nazionali, fondati su un sistema di metriche ancorate al criterio del costo e scarsamente connessi con le prassi operative adottate in am- bito gestionale, dall’altro è da ritenersi del tutto inadeguata al nuovo contesto normativo. Gli Ias/Ifrs, infatti, dato il loro carattere innovativo e multidisciplinare,

22 Il compito fondamentale che una capogruppo deve svolgere è quello di esercitare una direzione unitaria del gruppo e di effettuare un effettivo controllo delle singole componenti e del gruppo nel suo complesso. “Le capogruppo devono svolgere un controllo strategico sull’evoluzione delle diverse aree di attività in cui il gruppo opera e dei rischi incombenti sul portafoglio di attività esercitate, un controllo gestionale, volto ad assicurare il mantenimento delle condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale sia delle sin- gole società del gruppo che del gruppo nel suo insieme ed un controllo tecnico-operativo finalizzato alla va- lutazione dei vari profili di rischio apportati al gruppo dalle singole controllate”. Le capogruppo devono de- finire assetti organizzativi e sistemi di controllo interno che consentano di esercitare efficacemente l’attività di direzione e coordinamento. Cfr. ABI, Sistemi di controllo interno ed evoluzione dell’internal auditing, Bancaria Editrice, Roma, 1999, pagg. 121 e ss..

23 Cfr. E. Zigiotti, Il bilancio consolidato dei gruppi creditizi, Cedam, Padova, 1996.

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richiedono un approccio integrato alla redazione del bilancio tramite il coinvolgi- mento attivo di più funzioni aziendali, comportando ad evidenza un ripensamento del processo di redazione del consolidato.

Di fatto, la sua redazione, come abbiamo accennato fin da subito, rappresenta una delle tematiche più complesse degli Ias e viene affrontata direttamente dallo Ias 27, nonché di riflesso, dagli Ias 28 e 31 e dall’Ifrs 3

24

.

I principi contabili internazionali hanno individuato delle specifiche disposi- zioni che differiscono in parte dalle previgenti norme nazionali. La problematica principale è quella relativa all’estensione dell’area di consolidamento, questione a sua volta legata al concetto di controllo, controllo congiunto e collegamento indi- cato dagli standards internazionali, che pur trovando numerose similitudini con il nostro ordinamento, nella attuazione pratica disciplinano, attraverso l’estensione a tutto campo del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, casi partico- lari prima atipici.

Più precisamente il legislatore internazionale presume il controllo qualora la controllante detenga, direttamente o indirettamente, più della metà dei diritti di

24 Lo Ias 27 – Consolidated and separated financial statements and accounting for investment in subsidiaries – definisce la nozione di controllo, le tecniche di consolidamento e i casi di esenzione dalla redazione del bi- lancio consolidato. Lo Ias 28 – Investment in associates – definisce il concetto di collegamento e illustra i cri- teri da osservare nella valutazione del patrimonio netto. Lo Ias 31 – Financial reporting of interest in joint ventures – affronta la fattispecie del controllo congiunto. L’Ifrs 3 - Business combination – individua le rego- le da seguire nel trattamento delle operazioni straordinarie di aggregazione di imprese, quali l’acquisizione di partecipazioni di controllo e di collegamento e l’eventuale emersione dell’avviamento nel primo bilancio con- solidato successivo. La gestione contabile delle partecipazioni e la redazione del consolidato trova ulteriori e fondamentali riferimenti in altri standards e documenti interpretativi, tra i quali: lo Ias 39 – Financial instru- ments: recognition and measurement – per la parte relativa al trattamento contabile nel bilancio consolidato delle partecipazioni in imprese diverse da quelle di collegamento e controllo congiunto che dovranno essere contabilizzate al fair value; lo Ias 36 – Impairment of assets, relativamente alle regole da seguire in materia di riduzioni di valore di attività, fra le quali le partecipazioni valutate al costo, gli avviamenti e le differenze po- sitive di consolidamento relative a partecipazioni consolidate; l’Ifrs 5 – Non current assets held for sale and discontinued operations – relativamente al trattamento da riservare alle attività non correnti, fra le quali le partecipazioni in imprese di controllo, controllo congiunto e collegamento destinate alla vendita; Sic 12 – Consolidation: special purpose entities – relativamente al consolidamento dei bilanci delle special purpose entities; lo Ias 32 – Financial instrument: disclosure and presentation – per la classificazione di uno strumen- to finanziario emesso tra gli strumenti partecipativi e per le informazioni supplementari richieste in nota, non- ché per le modalità di contabilizzazione delle azioni proprie e degli strumenti derivati sulle stesse; l’Ifrs 1 – First time adoption of Ifrs – per la rappresentazione nel primo bilancio Ias delle poste contabili relative alle pregresse operazioni di aggregazione. Particolare attenzione va poi riservata allo Ias 14 – Operazioni con par- ti correlate. Le operazioni con parti correlate sono tipiche dei gruppi di imprese e rappresentano una situazio- ne normale nella gestione. Tali operazioni possono influire anche significativamente sul risultato economico e sulla situazione patrimoniale-finanziaria di un’impresa. La cessione di beni e la prestazione di servizi nei con- fronti di parti correlate può infatti avvenire in base a corrispettivi che divergono dal valore equo, avvantag- giando in tal modo alcuni stakeholders rispetto ad altri, così come possono avere luogo operazioni di finan- ziamento a tassi diversi rispetto a quelli normalmente applicati. Proprio per questo i principi contabili interna- zionali dedicano all’argomento un intero documento, lo Ias 24, tentando di dare alle stesse autonoma e pro- fonda visibilità. Per una più completa disamina del tema cfr. E. Rocca, Lo Iasb riscrive le regole per contabi- lizzare le partecipazioni, Amministrazione & finanza, n. 8/2004, pagg. 7-13 e L. Mari, L’impatto dei principi contabili internazionali sulla rappresentazione delle differenze contabili nel consolidamento integrale, Rivi- sta italiana di ragioneria e di economia aziendale, marzo-aprile, 2005, pagg. 158-168.

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voto esercitabili in assemblea, presunzione che può essere evitata in casi eccezio- nali dimostrando di essere in circostanze che impediscono fattivamente il control- lo. Rispetto alla fattispecie del controllo di diritto delineato dal nostro codice civi- le non si riscontrano differenze di ordine quantitativo nella disciplina dello Ias 27.

La nozione di controllo prevista dagli Ias differisce però in modo sostanziale da quella contemplata dal codice civile per la possibilità di computare, nella percen- tuale relativa al controllo di diritto, anche i diritti di voto potenziali

25

.

Ad ogni modo, il controllo di diritto non è indispensabile per soddisfare la no- zione di controllo che può esistere anche quando la controllante non possiede che la metà, o una quota inferiore, dei voti esercitabili in assemblea. In particolare, il controllo di per sé non richiede a tutti gli effetti un livello minimo di partecipazio- ne al capitale della partecipata, che potrebbe essere scarso o addirittura inesisten- te

26

. Laddove, infatti, lo Ias 27 definisce il controllo di una partecipata come “il potere della partecipante di determinare le scelte amministrative e gestionali e di ottenere i relativi benefici”, a ben guardare i recenti standards, al fine di indivi- duare le ipotesi di controllo, prendono in considerazione una serie di circostanze di fatto o contrattuali che attribuiscono la possibilità di influenzare le scelte ge- stionali della società partecipata

27

.

A sua volta, per controllo congiunto si intende quella forma di controllo atte- nuato mediante la costituzione di una joint venture, ossia un accordo contrattuale con il quale due o più parti intraprendono un’attività economica sottoposta a con-

25 In particolare, a venire in rilievo sono le ipotesi in cui una società potrebbe essere in possesso di warrant azionari, opzioni di acquisto su azioni, strumenti di debito o rappresentativi di capitale convertibili in azioni ordinarie e che hanno la potenzialità, se utilizzati, di attribuire al titolare diritti di voto o di ridurre il controllo di terzi sulle politiche finanziarie e gestionali di un’altra società. L’esistenza di tali diritti, che rilevano, co- munque, solo in quanto effettivamente esercitabili (nel senso che il loro esercizio non sia condizionato ad una certa scadenza futura o al verificarsi di un evento futuro), è presa in considerazione al fine di valutare il profi- lo sostanziale della relazione partecipativa, senza che al riguardo possano assumere rilevanza le intenzioni dell’organo amministrativo o le particolari condizioni finanziarie dell’ente. Ias 27, par. 14. Si veda anche G.

D’Abruzzo – C. Salvatores, Le partecipazioni in società controllate nei nuovi principi contabili internaziona- li, Bollettino Tributario, n. 11/2005, pagg. 821-827.

26 Quest’ultima ipotesi non è ravvisabile nell’attuale impostazione giuridica dove il controllo, ancorché possa essere raggiunto anche mediante accordi con altri soci, deve comunque iscriversi nel quadro di una relazione di partecipazione ai diritti amministrativi e non semplicemente come la conseguenza di una convenzione o di contratti idonei a configurare una situazione di dominanza, quali contratti di agenzia, franchising, licenza, brevetto, etc..

27 Si tratta in sostanza di accordi con altri soci che consentono di influenzare il voto della maggioranza; oppu- re la possibilità di determinare le scelte amministrative e gestionali dell’impresa in virtù di una clausola statu- taria o di un contratto; di revocare o nominare stabilmente la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo; etc.. Il principio ammette quindi anche il controllo di fatto, che comunque rimane pur sempre legato al possesso di una partecipazione nei diritti di voto. Cfr. R. Bauer, Par- tecipazioni nelle controllate: le regole dello Ias 27 per il bilancio consolidato, Amministrazione & finanza, n.

17/2003, pagg. 6-9.

(17)

trollo congiunto

28

, mentre, per rapporto di collegamento, si fa riferimento alla si- tuazione in cui la partecipante abbia un’influenza notevole sulla partecipata che non dà luogo né a controllo, né a controllo congiunto

29

.

Per lo Ias, le nozioni di controllo appena definite diventano a tutti gli effetti il perno centrale su cui ruota il processo di determinazione dell’area di consolida- mento. Proprio in considerazione delle funzioni informative che il bilancio conso- lidato è chiamato ad assolvere, l’adeguata definizione del perimetro delle imprese da consolidare assume un’importanza fondamentale

30

.

All’area di consolidamento, tramite gli Ias, viene riconosciuta una portata del tutto nuova ed assai estesa per accogliere tutte le imprese che compongono il gruppo a prescindere da quanto disposto da leggi nazionali che possono delimitar- ne l’estensione rispetto alla forma giuridica, alle dimensioni, all’ambito operativo o geografico.

L’impresa che redige il bilancio consolidato deve consolidare integralmente tutte le entità controllate, estere e nazionali, comprese quelle che svolgano attività dissimile da quella delle altre imprese del gruppo.

Lo Ias chiude così drasticamente ogni spiraglio che possa essere lasciato al giudizio di una capogruppo nella definizione dell’area di consolidamento, in quanto bandisce ogni facoltà di esclusione

31

. Ciò ha importanti riflessi sul gruppo di origine bancaria, in quanto il nuovo perimetro di consolidamento risulta com- pletamente svincolato dal precedente che prevedeva la possibilità di escludere le

28 Questa definizione, perché assuma rilevanza ai fini del bilancio, deve soddisfare i presupposti fissati dallo Ias 31.

29 L’influenza notevole si presume laddove la partecipante possieda direttamente o indirettamente, il 20% o più dei diritti di voto esercitabili in assemblea. Cfr. G. D’Abruzzo – C. Salvatores, Le partecipazioni in socie- tà collegate nei nuovi principi contabili internazionali, op. cit., pagg. 501-507.

30 Con la predisposizione del bilancio consolidato viene garantita un’informazione sulla situazione patrimo- niale-finanziaria, sui risultati di gestione e sui cambiamenti avvenuti in tale situazione a livello di gruppo nel suo insieme, come se esso fosse un’unica impresa, senza considerare i confini legali delle singole entità giuri- diche. Il bilancio consolidato assolve dunque ad un’importante funzione complementare dell’informativa da rendere ai destinatari del bilancio di una capogruppo ed è pertanto obbligatorio per tutte le imprese che inten- dono conformarsi pienamente ai principi contabili internazionali.

31 Il previgente sistema normativo (D.Lgs. 127/91, art. 28) si caratterizzava per la presenza di una serie di casi in cui l’esclusione dall’area di consolidamento rappresentava una facoltà, come qualora il bilancio della con- trollata fosse irrilevante per la rappresentazione veritiera e corretta della situazione economico-patrimoniale- finanziaria del gruppo, oppure esistessero severe e durature restrizioni all’esercizio dei diritti della controllan- te, o nell’ipotesi in cui l’ottenimento delle informazioni necessarie non poteva avvenire tempestivamente, od, infine, nel caso in cui le azioni fossero detenute per la vendita. Con i recenti standards non è previsto nessun caso di esclusione facoltativa e vengono stabilite nel dettaglio le ipotesi di esclusione, che sono rispettiva- mente qualora il controllo abbia carattere temporaneo o in presenza di particolari condizioni che compromet- tono gravemente la relazione tra controllata e controllante.

(18)

società svolgenti attività dissimili e che non esercitavano in via esclusiva o preva- lente attività strumentale a quella bancaria.

Ciò significa che allo stato attuale sono sottoposte a consolidamento integrale tutte le società controllate, comprese quelle destinate alla vendita e quelle svol- genti attività dissimile, e proporzionalmente quelle a controllo congiunto non de- stinate alla vendita, indipendentemente dal settore di appartenenza. Tutte le socie- tà collegate devono invece essere contabilizzate con il metodo del patrimonio net- to

32

.

Da ciò deriva che gli schemi di bilancio consolidato finiscono per accogliere voci proprie di bilanci non bancari, come ad esempio gli investimenti e le riserve tecniche presenti nell’attivo e nel passivo delle compagnie assicurative, compor- tando la necessità di un chiarimento normativo in merito al trattamento di queste voci in termini di segnalazioni di vigilanza su base consolidata e di potenziali im- patti sui requisiti prudenziali.

Alla luce delle nuove regole, poi, risultano attratte nell’area di consolidamento anche le Special Purpose Entities, ossia le società veicolo costituite allo scopo di compiere operazioni di cartolarizzazione, stabilendo inoltre che tali società deb- bano essere incluse nel bilancio consolidato, oltre che nei casi previsti dallo Ias 27, anche nelle ipotesi di controllo derivante dalla sostanza del legame esistente, indipendentemente dai legami partecipativi

33

.

Per quanto detto, l’area di consolidamento è destinata ad assumere caratteristi- che di maggiore certezza e stabilità nel tempo rispetto a quanto si è verificato nel contesto normativo italiano, risultando più difficile variare il perimetro delle im- prese incluse nel consolidato e garantendo così maggiore significatività e traspa- renza alle informazioni diffuse.

32 Ne deriva l’importanza attribuita alla definizione delle linee guida per la classificazione delle partecipazioni da cui dipende il conseguente trattamento valutativo. In particolare, le partecipazioni in società controllate devono essere consolidate con il metodo integrale, quelle in società collegate tramite il metodo del patrimonio netto e quelle a controllo congiunto a scelta tra consolidamento proporzionale o col metodo del patrimonio netto. Proprio ai fini di una corretta classificazione risulta perciò necessario prendere in considerazione un gran numero di informazioni su elementi contrattuali e sostanziali, poiché l’imputazione alle diverse categorie risulta dipendere non solo dalla quota di partecipazione azionaria, ma anche da numerosi aspetti sostanziali attinenti alle modalità di governo societario. Ciò comporta una serie di pesanti ricadute organizzative, in quanto le informazioni qualitative e quantitative da considerare ai fini della classificazione delle partecipazio- ni sono più numerose di quelle precedentemente gestite nelle aree contabili e amministrative, determinando un necessario rafforzamento del processo di comunicazione infragruppo.

33 Cfr. Sic 12.

(19)

Con l’introduzione degli Ias, oltre all’effetto di ampliamento dell’area di con- solidamento integrale, si può assistere ad un incremento/decremento del numero delle società trattate secondo il metodo del patrimonio netto, per effetto della clas- sificazione di una diversa quantità di partecipazioni nel portafoglio di collegamen- to. Più in particolare, la mancata inclusione nel portafoglio in esame comporta l’entrata della partecipazione nel regime contabile Ias 39 e la conseguente valuta- zione a fair value, assumendo pertanto tutt’altra rilevanza.

Altra differenza incisiva rispetto al passato, con peculiare riferimento ai bilan- ci consolidati delle nuove imprese creditizie, riguarda le elisioni dei risultati infra- gruppo su titoli derivati. Relativamente al trattamento degli internal deal, o deri- vati interni, lo Ias 39 prevede che soltanto le transazioni verso l’esterno possano configurare ipotesi di hedge accounting; ciò comporta notevoli conseguenze in I- talia per alcuni grandi gruppi bancari dove è ammessa la contabilizzazione dei de- rivati di copertura posti in essere tra strutture aziendali interne o tra società del gruppo

34

.

Conseguentemente, con l’introduzione degli Ias gli internal deal devono esse- re eliminati sulla base della prescrizione che prevede l’elisione integrale di tutti i saldi infragruppo. Ciò comporta la ricerca di nuovi equilibri strategici interni, nonché il ridisegno contabile delle operazioni esaminate, confermando che l’adozione delle nuove regole tende ad influenzare le modalità operative delle aree finanziarie dei gruppi bancari e a far riflettere sull’opportunità di rivisitare i diver- si processi interni interessati dal cambiamento.

Da sottolineare inoltre il problema relativo all’eventualità di una diversa me- trica contabile tra bilancio consolidato e bilanci di esercizio delle società apparte- nenti al gruppo. La disciplina in vigore infatti prevede l’obbligo di redazione del bilancio Ias compliance solo per i rendiconti consolidati e alcuni bilanci di eserci- zio. Per i bilanci di esercizio di talune particolari tipologie di società è prevista la facoltà, ma non l’obbligo, di redigere i propri conti annuali su base Ias. Ciò com- porta l’esistenza di tre diverse situazioni: gruppi che adottano gli Ias esclusiva- mente per il consolidato, in quanto anche per le banche e le finanziarie l’adozione

34 Nell’ambito di una prassi invalsa in alcuni gruppi bancari di accentrare le attività di finanza presso un in- termediario interno specializzato, le banche del gruppo frequentemente concludevano singoli derivati di co- pertura con tale intermediario. Questo, a sua volta, compensava la posizione netta complessiva, generata dalle singole, e talvolta numerose, operazioni interne, attraverso la stipula di uno o più derivati conclusi con con- troparti esterne di mercato.

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obbligatoria degli Ias per il bilancio individuale è prevista a partire dall’anno in corso; gruppi che applicano gli Ias su tutti i bilanci individuali; e altri che hanno optato per una soluzione mista, prevedendo l’adozione degli Ias per i conti annuali della capogruppo e delle principali società del gruppo.

Qualunque sia la soluzione adottata, è comunque ipotizzabile, soprattutto all’interno di realtà molto ampie e diversificate, che il problema legato alla gestio- ne del doppio binario contabile si verifichi, rendendo ad ogni modo necessario coordinare la contemporanea tenuta di bilanci individuali, redatti secondo le me- triche tradizionali e il bilancio consolidato Ias, con evidenti oneri economici e ri- schi operativi. Da ciò deriva la necessità di avere a disposizione nuove e diverse informazioni rispetto al passato, richiedendo inoltre una maggiore apertura infor- mativa tra le imprese del gruppo e l’implementazione di un sistema di relazioni strutturato.

In questi casi, un importante elemento da gestire, legato agli aspetti di gover- nance, deriva dalla necessaria implementazione di un processo di formalizzazione della normativa interna gestionale e contabile, nel cui ambito direttive comuni va- lide a livello di gruppo e delibere quadro valide a livello di singola società con- trollata garantiscano l’adozione di prassi contabili e valutative omogenee ai fini delle semplificazione del processo di redazione. A fronte di tali situazioni si può assistere a cambiamenti gestionali e a interventi sui sistemi informativi delle sin- gole società appartenenti al gruppo alle quali tuttavia non è attribuita valenza for- male ai fini del bilancio individuale.

Di poi, l’introduzione degli Ias/Ifrs rende ancora più attuale il tema della valu- tazione delle imprese appartenenti a gruppi con riferimento all’opportunità che una banca creditrice proceda ad una integrazione tra il rating di controparte indi- viduale e quello del gruppo di cui l’impresa affidata fa parte

35

, prevedendo la pos- sibilità che dalla valutazione del gruppo nel suo complesso possa derivare una correzione del rating individuale

36

. Sotto questo profilo, i principi contabili inter- nazionali consentono di distinguere diverse categorie di partecipazioni, permet-

35 Già le istruzioni di vigilanza di Banca d’Italia prevedono la possibilità di considerare l’appartenenza ad un gruppo nella valutazione del merito creditizio, necessità confermata anche dalla prassi delle più importanti agenzie di rating internazionali. Cfr. Banca d’Italia, Istruzioni di vigilanza per le banche, Roma, 2004.

36 Si fa qui riferimento alla procedura di notching. Per un approfondimento sul tema si veda Moody’s Inves- tors Service, How Moody’s evaluates support mechanisms provided by parents, affiliates or other related en- tities, Moody’s rating methodology, 1999.

(21)

tendo di apprezzare meglio la natura della relazione tra capogruppo e consolidate e con ciò facilitando l’attribuzione del rating di controparte

37

.

Le differenze emerse dall’applicazione dei principi contabili internazionali con specifico riferimento alla redazione dei bilanci consolidati, comportano per le imprese in generale, e bancarie in particolare, la necessaria rivisitazione di alcuni aspetti della governance di gruppo, al fine di assicurare un’efficace trasmissione dei dati contabili e delle informazioni utili alla disclosure da includere nel bilancio consolidato, nonché un’evoluzione costruttiva delle capacità, proprie delle aziende creditizie, di potenziamento del rapporto con la clientela corporate.

Sotto il profilo organizzativo, inoltre, la disponibilità di un unico database in- formativo, adatto alla classificazione delle partecipazioni secondo i requisiti Ias, è sicuramente un elemento che contribuisce ad aumentare l’efficacia dei processi di raccolta dati.

Oltre, però, all’adozione di uno strumento per la raccolta organica delle infor- mazioni è necessario, allo stesso tempo, intervenire stabilendo precise responsabi- lità in materia di classificazione e valutazione delle partecipazioni detenute, da ac- centrare presso la capogruppo, oppure da decentrare a livello di subholding.

In più, nella ridefinizione dei processi, oltre agli aspetti di efficienza organiz- zativa, si dovrà tener conto che, alla luce delle significative ricadute economiche e patrimoniali derivanti dalla classificazione di una partecipazione in una classe piuttosto che in un’altra sarà opportuno definire un insieme di linee guida e di cri- teri a livello di gruppo. Solo in tal modo è possibile garantire politiche contabili che, in presenza di situazioni similari, risultino coerenti con le strategie di inve- stimento nel capitale azionario da parte di tutte le società appartenenti al gruppo, segnando un deciso miglioramento nell’informativa consolidata in termini sia di maggiore trasparenza che di precisione contabile, attraverso la sostituzione di una normativa che era alquanto succinta e a volte non pienamente rispondente alla re- altà economica dei fatti da rappresentare.

37 Esso infatti risulta piuttosto influenzato dalla situazione della capogruppo, e molto spesso il rating ad essa attribuito traina quello delle altre controllate e collegate, anche in senso peggiorativo. Una volta appurato il reale legame e stabilito il limite di influenza tra la capogruppo e la controllata risulta più facile individuare l’eventualità di una autonoma configurazione di rating tra le diverse controparti.

(22)

1.2. Strumenti finanziari e principi contabili internazionali: Ias 32 e recognition

Gli Ias sugli strumenti finanziari, ovvero il 32 e il 39, definiscono i criteri per la rilevazione, la classificazione, la valutazione e l’informativa in bilancio di tali elementi. Questi principi contengono di fatto le regole contabili aventi una mag- giore incidenza sui bilanci degli intermediari finanziari, bancari e non

38

, poiché per queste particolari organizzazioni l’operatività in strumenti finanziari rappre- senta una fetta piuttosto consistente, se non la più rappresentativa, del proprio core business.

La continua crescita dei mercati finanziari e la creatività dei suoi operatori hanno finito poi per produrre un caleidoscopio di strumenti d’investimento che non di rado hanno creato problemi di traduzione in bilancio.

In particolare, tra gli strumenti finanziari negoziati sui mercati, quelli che fino ad oggi destavano maggiori preoccupazioni in termini di mancata trasparenza con- tabile sono i derivati. Ancor più, il problema in discorso si è dilatato a causa del dilagare dell’utilizzo di tali strumenti per la gestione dei rischi finanziari aziendali e per finalità speculative

39

.

A prescindere dall’impiego distorto che in alcuni casi si è fatto di tali strumen- ti, imputabile in larga misura all’incompetenza o alla scarsa azione di controllo, peraltro necessaria per un loro efficace ed efficiente utilizzo, se non addirittura a fenomeni di mala gestio

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, non si può negare il contributo che i derivati possono dare alla gestione finanziaria d’impresa, caratteristiche che, nella sostanza, ne hanno favorito la graduale diffusione in realtà aziendali sempre più eterogenee per dimensione, settore di attività e mercati di sbocco.

Come è noto, le istituzioni finanziarie e le banche in particolare costituiscono il nucleo fondamentale degli operatori sul mercato degli strumenti finanziari e dei derivati nello specifico: oltre infatti all’attività di negoziazione per conto proprio e per conto terzi, con la quale le banche garantiscono ai diversi operatori di mercato

38 Cfr. M. Meazza – M. Pozzoli, Il cantiere dei bilanci punta al 2005, Il Sole 24 Ore, 14 maggio 2003.

39 Cfr. R. Corigliano, L’intermediazione finanziaria, Bonomia University Press, Bologna, 2004.

40 D. Siniscalco, Senatore della Repubblica, Milano Finanza, 10 luglio 2004, pag. 19.

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