• Non ci sono risultati.

La collana dei Libri bianchi, pubblicata dal 1957 al 1966 dalla casa editrice Einaudi, ospitò 62 libri di attualità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La collana dei Libri bianchi, pubblicata dal 1957 al 1966 dalla casa editrice Einaudi, ospitò 62 libri di attualità"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

1.

La collana dei Libri bianchi, pubblicata dal 1957 al 1966 dalla casa editrice Einaudi, ospitò 62 libri di attualità.

Il presente lavoro, che ne ripercorre la storia, intende rispondere ad alcune domande formulate prima di intraprendere la ricerca: che tipo di libri era proposto o scartato per la collana e in base a quali criteri? Chi erano i redattori che si occupavano della serie bianca e come lavoravano? Quali finalità culturali perseguivano attraverso il lavoro editoriale?

Nel libro di Luisa Mangoni, una documentatissima ricostruzione della storia della casa editrice Einaudi dagli anni trenta agli anni sessanta1, ai Lb erano dedicate poche pagine. Un rapido controllo sul Catalogo storico delle edizioni Einaudi rivelava tuttavia una imponente serie di titoli, alcuni misteriosi, altri immediatamente riconoscibili come importanti (ad esempio il saggio di Giolitti Riforme o rivoluzione, o i libri di Frantz Fanon): ma in quale contesto editoriale erano proposti? In che cosa consisteva esattamente una collana editoriale?

Alle domande che avevano suscitato il primo approccio all’argomento se ne sono aggiunte altre stimolate dai documenti che via via trovavo: in che modo la vicenda dei Libri bianchi si saldava all’esperienza vissuta dalla casa editrice nei due decenni precedenti? Quali le continuità e le discontinuità? Che cosa significava, in quegli anni, pubblicare libri «per l’attualità»? Lo stesso concetto di attualità doveva essere ridefinito a partire dai testi pubblicati.

La risposta a queste domande poteva avvicinarmi alla soluzione di un problema molto più generale: la natura del rapporto tra un’istituzione culturale, quale è una

1 Luisa Mangoni, Pensare i libri. La casa editrice Einaudi tra gli anni trenta e gli anni sessanta, Bollati Boringhieri, Torino 1999.

(2)

casa editrice, e il contesto politico, culturale, sociale in cui essa agisce. Da subito mi era chiaro che si trattava di un rapporto reciproco e dialettico: il lavoro editoriale reagiva al contesto della società in cui operava e allo stesso tempo intendeva orientarlo, attraverso i libri pubblicati. Ma attraverso quali meccanismi?

Si dimostrava necessario abbandonare le facili certezze dell’astrazione e storicizzare questo rapporto, alla luce della documentazione in possesso. Ma prima ancora si rendeva indispensabile una delimitazione nello spazio e nel tempo del campo di ricerca: la scelta di studiare una collana di libri pensati e pubblicati per intervenire sulle questioni più vive del presente si rivelava utile a fornire risposte stringenti e documentate a una domanda importante quanto astratta.

2.

La vicenda dei Libri bianchi coincide con la storia di un decennio che, inaugurato dagli eventi ungheresi del ’56, è percorso da sommovimenti culturali e sociali le cui contraddizioni sfoceranno nel ’68. In quegli anni la casa editrice attraversa «un momento di difficile trapasso»2 caratterizzato dalla ricerca di nuove strategie di azione culturale ma anche da una rilettura collettiva, e a volte sofferta, del proprio passato: vedremo come questo si traduca nella ridefinizione degli assetti del piano editoriale dell’Einaudi attraverso l’istituzione di nuove collane, come la serie bianca.

Superata la fase di riassestamento del dopoguerra, la casa editrice partecipa al generale processo di modernizzazione del settore culturale: l’industria della cultura si sviluppa, cresce il numero dei lettori, cambiano i meccanismi della promozione e della distribuzione del prodotto librario.3

2 Mangoni, Pensare i libri cit., p. 813.

3 «Negli anni ’50 (e anche ’60 per certi aspetti) l’editoria italiana di cultura appare ancora largamente caratterizzata da un’organizzazione produttiva-distributiva di struttura sostanzialmente proto o pre- industriale, artigianale (talora addirittura a conduzione familiare) ». A partire dagli anni ’60 questo quadro è modificato «dall’ingresso, sempre più consapevole e diretto, dell’industrializzazione capitalistica nella sfera della produzione culturale». Giancarlo Ferretti, Il mercato delle lettere,…., Il Saggiatore, pp. 14-43.

(3)

In questo contesto la casa editrice Einaudi mantiene salde alcune delle linee guida che ne avevano orientato l’azione culturale a partire dal 1933: i Verbali delle riunioni editoriali, preziosi documenti che restituiscono fedelmente le discussioni tra i redattori sui libri, testimoniano che viva era la consapevolezza che anche attraverso i libri si costruiva la società italiana nella delicata fase di passaggio dalla fine del fascismo alla costruzione di un Italia democratica e moderna: «una casa editrice dovrebbe considerarsi, in un certo qual modo, come un istituto di interesse pubblico», scriveva Renato Solmi nel 1954. Nello stesso anno, in occasione del primo ventennale della casa editrice, Franco Antonicelli inviava a Giulio Einaudi una lettera pubblica in cui riconosceva all’editore il coraggio di una concezione dell’editoria come azione culturale:

Fare storia di una casa editrice vuol dire scrivere un capitolo di storia della cultura in un dato periodo:

un lavoro che bisognerebbe avviare tanto più per la casa Einaudi che non è nata e non vive con la forma mentis dell’editore industriale.[…] Sin dal principio, infatti, tu non ti sei preoccupato di commerciare in cultura, sia pur cercando e mettendo sul mercato i prodotti migliori, ma di svolgere un’azione culturale, il che comporta, dal punto di vista dei pratici interessi, serissimi pericoli.4

Nel 1955 la casa editrice lanciava una campagna azionaria che rappresentava «il tentativo di dare realtà e consistenza a un disegno di fondazione democratica della casa editrice sulla partecipazione azionaria e sul sostegno attivo delle sue migliaia o decine di migliaia di lettori».5

«Democrazia» e «collegialità» sono concetti frequentemente evocati dai protagonisti della storia einaudiana per descrivere il lavoro editoriale di casa Einaudi. In più occasioni della storia della casa editrice, progetti anche autorevoli erano falliti per l’impossibilità di trovare una linea comune e condivisa. Il settore non letterario era quello in cui più facilmente si aprivano dispute e contrasti: la discussione assumeva allora i toni e le argomentazioni del confronto (e in certi casi dello scontro) politico e

4 La storia d’una casa editrice. Una lettera di Franco Antonicelli a Giulio Einaudi in «Notiziario Einaudi», luglio 1954.

5 Renato Solmi, I miei anni all’Einaudi in «L’indice dei libri del mese», luglio-agosto 1999 ora in Id., Autobiografia documentaria….

(4)

ideologico.6 La storia dei Lb, inaugurata da una situazione di eccezionale unità e solidarietà tra le diverse anime della Casa editrice, sarà interrotta da una profonda spaccatura interna al Consiglio editoriale che non aveva precedenti nella storia della casa editrice.

Se dell’esperienza editoriale dell’Einaudi «è difficile trovare corrispettivi in Italia»,7 all’interno di essa la storia dei Libri bianchi è a sua volta senza precedenti, rappresentando il primo esempio di collezione di testi che parlavano al presente del presente, rispecchiando l’attualità o in alcuni casi, come avrebbe detto Calvino, precedendola8.

3.

L’ampia mole di documentazione relativa alla storia dei Libri bianchi imponeva una scelta di metodo della ricerca che accordasse selettività e completezza della trattazione: per evitare di scadere in una arida cronistoria della collana, ho deciso di analizzare le vicende editoriali che, per la ricchezza della documentazione e

6 Delle accese discussioni di carattere ideologico e politico che impegnavano la redazione della casa editrice è un esempio lo scambio di battute tra Renato Solmi e Raniero Panzieri, entrambi protagonisti della storia dei Libri bianchi, intorno a una proposta di Umberto Segre sulla politica estera

dell’amministrazione Kennedy. La proposta di pubblicazione è di Panzieri: «Segre farebbe un libro bianco di 100-120 pagine da fare però subito. Dice che è la prima volta che Kennedy rompe questo isolamento in cui lui stesso si è cacciato fino ad oggi per non aver avuto il coraggio di rompere con la destra […] Io sono molto favorevole.» A Bobbio che dice che il libro «dovrebbe essere fatto subito» si contrappone con fervore Solmi: «io dirò che in linea di massima sono contrario. Dico, allora facciamo un libro di documentazione sui processi reali, non sulle dichiarazioni di Kennedy. […] Bisogna vedere delle realtà concrete. Bisogna non farsi delle illusioni e non bisogna assecondare queste illusioni. […]

Andiamo piano. Finora la politica degli armamenti di Kennedy è sempre stata intensificata». «Io credo che tu sbagli –gli risponde Panzieri –quelli devono fare armi nuove ma questo non significa che non ci siano delle svolte nella politica americana […] A parte i tatticismi, è evidente che Kennedy ha dovuto rassicurare i capitalisti». «Perché volete dare alla gente quello che si aspetta?», domanda Solmi, a cui risponde Ponchiroli: «è perché è in questo che la gente ha speranza», «e la speranza è una grande forza politica», osserva Bollati. «L’errore dei marxisti è quello di non vedere le differenze –sostiene Panzieri –è questo quello che li paralizza. Non capiscono più niente». «Bene! Bravo!», lo appoggia Venturi. Il libro non sarà poi pubblicato.

7 Luisa Mangoni, Pensare i libri cit., p IX.

8 Italo Calvino, I «libri bianchi» e l’attualità mondiale in «Notiziario Einaudi», giungo 1958.

(5)

l’importanza del libro, mi sembravano restituire un’idea completa di quello che la storia dei Libri bianchi aveva rappresentato.

Per ciascuno dei libri selezionati, ho ricostruito il percorso compiuto dalla proposta al Consiglio editoriale fino alle reazioni suscitate dalla pubblicazione dei libri. La maggior parte di essi ebbe una fortuna limitata nel tempo: i Libri bianchi non erano destinati a durare ma ad avere un’eco immediata presso il pubblico dei lettori italiani.

Vedremo tuttavia come alcuni titoli siano diventati dei «classici» a distanza di molti anni dalla loro pubblicazione.

4.

Nella mia ricerca ho analizzato fonti documentarie diverse: per ricostruire la fase che precede e prepara la pubblicazione dei libri ho studiato le carte conservate presso l’archivio Einaudi (verbali delle riunioni editoriali, corrispondenza tra redattori e collaboratori della casa editrice e tra questi e gli autori dei libri) e, per il caso di un libro di Edoarda Masi non pubblicato, la corrispondenza tra l’autrice e Franco Fortini conservata dall’Archivio del Centro studi Franco Fortini di Siena. Per la ricostruzione delle reazioni pubbliche ai libri pubblicati, ho cercato invece recensioni e articoli apparsi sui principali periodici italiani; in alcuni casi, mi è stata utile la sezione dell’Archivio Einaudi dedicata alla raccolta delle recensioni.

Una serie di altre fonti secondarie, oltre alle numerose testimonianze e memorie scritte dai protagonisti della vita editoriale di quegli anni sono state consultate qualora questo fosse utile alla ricerca. In pochi casi mi sono infine avvalsa della testimonianza personale di alcuni dei protagonisti delle vicende narrate.

Raccolta l’imponente documentazione si poneva il problema di come organizzare la narrazione della ricerca. Ho cercato per quanto fosse possibile di non scardinare l’ordine cronologico dei casi selezionati: per una collana di libri che si propongono di contribuire alla discussione degli eventi in corso il riferimento alla cronologia rimaneva obbligatorio per evitare di decontestualizzare le vicende editoriali prese in esame.

(6)

Tenendo dunque salda la dimensione diacronica degli eventi, ho cercato di affrontare, in ciascuno dei sei capitoli in cui la tesi è organizzata, un aspetto diverso della ricerca. Nel primo capitolo, ho ricostruito il percorso di esperienze ed esperimenti editoriali che conduce, nel 1957 all’inaugurazione della serie bianca. Il 1956 rappresenta per la casa editrice una data periodizzante: il sostegno di tutta la casa editrice alla rivoluzione ungherese e la successiva condanna della repressione sovietica avvallata dal Pci, si traduce nel varo della prima collezione di libri dedicati ai temi dell’attualità: libri per la discussione, secondo la definizione che ne avrebbe dato Calvino.

Il secondo capitolo è dedicato alle prime pubblicazioni proposte nell’ambito della nuova collana, con particolare attenzione alle vicende editoriali dei libri di Antonio Giolitti e di Luigi Longo e al dibattito che la loro pubblicazione aveva suscitato all’interno del partito comunista e sulle pagine della stampa italiana. Attraverso questi casi editoriali, il rapporto tra testo e contesto assume fisionomie concrete e storicamente documentate.

La scelta dei libri da pubblicare o da respingere avveniva in base a criteri che andavano precisati: il criterio dell’«attualità del testo» andava compreso in profondità (il terzo capitolo è dedicato alla definizione del concetto di attualità nel caso specifico dei Libri bianchi) ma non era l’unico.9 Nel processo della mediazione editoriale emergeva un criterio di ordine ideologico che rimandava all’orientamento politico dei redattori responsabili della collana ma anche ad una particolare concezione del lavoro editoriale: confrontando le vicende editoriali relative a due libri sulla Cina, uno pubblicato, l’altro rifiutato, ho cercato di descrivere come il filtro ideologico venisse applicato nella selezione dei testi, in particolare dai nuovi responsabili della collana, Renato Solmi e Raniero Panzieri.

9 «Quello editoriale è un atto di lettura del tutto particolare che implica sempre una scelta operativa».

Roger Chartier, Storie di libri, lettori, editori in F. Gambaro, Dalla parte degli editori. Interviste sul lavoro editoriale, Unicopli, Milano, 2001, p. 214.

Secondo Dario Moretti «mai, come nel caso del lavoro editoriale il totale è diverso dalla somma delle parti, mai come in questo caso la mediazione è un gesto attivo che incide sostanzialmente nel tessuto culturale». D. Moretti, Il lavoro editoriale, p. 11

(7)

Nel quinto capitolo ho cercato di capire come i singoli libri fossero intrecciati l’uno all’altro: la collana o collezione editoriale si andava così definendo come contesto di libri.

La storia dei Libri bianchi si conclude nel 1966: tuttavia, tre anni prima, il licenziamento di Solmi e Panzieri pone fine ad un esperienza editoriale che non aveva corrispettivi nella storia einaudiana. Alla ricostruzione della vicenda editoriale del libro di Goffredo Fofi che era stata l’evento scatenante di questo licenziamento e agli anni dell’esperienza dei Libri bianchi, è dedicato il sesto e ultimo capitolo.

Riferimenti

Documenti correlati

Numerosi viaggi letterari ha intrapreso Alberto Paleari in oltre tre decenni dedicati alla scrittura e alla pubblicazione di libri spesso eterogenei, ogni volta

Sulla base della richiesta formulata dal Coordinatore della Consulenza Tecnica Edilizia di questa Direzione si rende necessario provvedere all’abbonamento alla rivista on-line

Sulla base della richiesta formulata dal Coordinatore della Consulenza Tecnica Edilizia di questa Direzione si rende necessario provvedere all’abbonamento alla rivista on-line

Nel sogno, Socrate dice a se stesso d’impegnarsi nel fare musica e nel compor- re; la risposta che, a sua volta, Socrate dà a se stesso, sempre nell’ambito dello stesso sogno, è

dato un anno scolastico visualizzare quali corsi interni sono stati attivati e da quali studenti sono stati seguiti.. dato uno studente visualizzare quali classi ha frequentato,

7 importatore e distributore esclusivo per la Croazia dei marchi Invicta, Seven, SJ Gang (borse e zaini) e del marchio Modiano (carte da gioco di vario genere tarocchi, confezioni

Si mettano le quaranta carte di un mazzo in modo, che quelle di cuori siano poste per prime, e vadano dall’asso al re, cioè prima l’asso e poi il due, il tre, il quattro, il cinque,

Penso che si tratti di un passo insieme antico e nuovo: infatti, anche se il Codice Etico non è formulato con un linguaggio religioso, non deve essere pensato come qualcosa