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GLI INIZI DELL’ORDINE TEUTONICO

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INTRODUZIONE

GLI INIZI DELL’ORDINE TEUTONICO

Il 4 luglio del 1187, la battaglia ai Corni di Ḥaṭṭīn, presso il lago di Tiberiade, si risolve in un’ecatombe di guerrieri franchi, migliaia vengono fatti prigionieri da Ṣalāḥ ad-Dīn Yūsuf ibn Ayyūbi, sultano d’Egitto e di Siria, quello che le fonti occidentali chiamano il Saladino.

Templari e Ospitalieri sono massacrati. Città e fortezze degli europei si arrendono, Gerusalemme cade il 2 ottobre dello stesso anno. Roma si affretta a indire una nuova crociata, la terza

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; i primi pellegrini tedeschi giungono ad Acri per mare verso la fine del 1189, mentre il grosso dei crucesignati germanici segue le vie di terra. Il 10 giugno 1190 Federico Barbarossa affoga nel fiume Saleph (Göksu) in Cilicia (che oggi fa parte della Turchia). Una parte dell’esercito si sbanda, il resto segue il figlio del Barbarossa, Federico duca di Svevia (1167- 1191), e nell’ottobre del 1190 arriva in Terrasanta.

Proprio in questo periodo viene fondato l’hospitalis Sanctae Mariae domus Theutonicorum in Ierusalem

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. Il racconto più antico e dettagliato ce lo fornisce la De primordiis ordinis Theutonici narratio

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che presenta così le tappe dell’istituzione dell’Ordine Teutonico: 1) assedio di san Giovanni d’Acri, fondazione di un ospedale tedesco a opera di borghesi di Brema e Lubecca; sforzi di Federico di Svevia per ottenere presso Celestino III il riconoscimento della comunità ospedaliera. 2) presa di Acri, città in cui s’installa l’ospedale, sotto la direzione di un sacerdote; morte di Federico di Svevia. 3) presso i Templari si ritrovano i notabili tedeschi e quelli dell’enclave cristiana palestinese, i quali concedono all’ospedale germanico gli stessi diritti dell’Ordine militare del Tempio. Di ciò si chiede il consenso a Celestino III e lo si ottiene da Innocenzo III

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, subentrato nel frattempo sul soglio pontificio

5

. Pietro di Dusburg invece, all’inizio della cronaca, nella Prefazione all’istituzione dell’Ordine Teutonico, cita solamente Celestino: “Papa Celestino III per i credenti nella santa fede edificò – ovvero istituì e approvò per utilità sua e della santa chiesa – una casa, quella del sacro Ordine dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutoni in Gerusalemme”

6

.

                                                                                                               

1 Ricordiamo la successione dei pontefici in questo periodo: Urbano III (25/11/1185-20/10/1187), Gregorio VIII (21/10/1187-17/12/1187), Clemente III (19/12/1187-25/03/1191), Celestino III (10/04/1191-08/01/1198) ed infine Innocenzo III (08/01/1198-16/07/1216).

2 Sul problema del nome dell’ospedale v. J. Wenngatz, Zur Geschichte des deutschen Ordens. Von seiner Gründung bis zur Etablierung in Preußen, VDG, Weimar 2011, pp. 35-39: in questo studio di Wenngatz tutta la questione della fundatio viene riesaminata alle pp. 11-68.

3 W. Hubatsch (hrsg.) – U. Arnold (bearb.), De primordiis ordinis Theutonici narratio, in Scriptores Rerum Prussicarum, Band VI, Frankfurt am Main, Minerva 1968, pp. 24-29: precedentemente, il testo, in Scriptores Rerum Prussicarum (d’ora in poi SRP). Die Geschichtsschreibung der Preussischen Vorzeit bis zum Untergange der Ordensherrschaft, Band I, hrsg. Th. Hirsch – M. Töppen – E. Strehlke, Hirzel, Lepzig 1861, pp. 220-225. La Narratio venne scoperta dal benedettino moravo Beda František Dudík negli archivi vaticani alla metà del XIX secolo e da lui pubblicata nel 1858 (in Des Hohen Deutschen Ritterordens Münz-Sammlung in Wien, Gerold, Wien 1858, pp. 38-40).

4 Tabulae Ordinis Theutonici (ex tabularii regii Berolinensis codice potissimum), hrsg. E. Strehlke, Weidmann, Berlin 1869 (repr. Kessinger Publishing, Whitefish 2009), nr. 297, p. 266.

5 Cfr. M. Pollakówna, La chronique de Pierre de Dusburg, in «Acta Polonica Historica», 19 (1968), p. 71.

6 Pure Giacomo da Vitry, vescovo di Acri (1216) e autore della Historia Hierosolymitana, il cui primo libro (Historia orientalis) offre un quadro di prima mano della Terrasanta nel XIII secolo, ricorda la fondazione, al termine della prima crociata, di un ospedale tedesco a Gerusalemme, che sarebbe però stato sottoposto al Gran Maestro degli Ospitalieri. Questa testimonianza verrà ripresa più tardi da Giovanni di Ypres (1380 ca.): “multis christianorum ad Terre Sancte defencionem confluentibus ac inter ceteros multis Alemannorum, patrie linguam ignorantibus atque Latinam, exemplo Hospitalariorum ad pauperes et infirmos Teuthonicos recipiendos quidam

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Nel raccontare l’istituzione dell’Ordine, Pietro farà uso sia della Narratio sia del Prologo degli Statuti dell’Ordine stesso

7

. Secondo Perlbach tali statuti furono scritti nel 1244

8

e constano di quattro punti principali: 1) Un Prologo (prologus) come introduzione storico-teologica. 2) La Regola (divisio regule et tytulorum) in 39 articoli riguardanti, tra l’altro, i voti monastici, i doveri nelle cure dei malati e l’osservanza della vita comunitaria. 3) Le Leggi (instituciones et iudicia) in 45 articoli relativi alle norme esecutive della Regola (feste, liturgia, comportamento). 4) Le Consuetudini (consuetudines maiores) in 63 articoli relativamente alla gestione dell’Ordine (elezione del Gran Maestro, doveri dei marescialli, istruzioni militari, amministrazione dei beni ecc.).

La lingua originale era, verosimilmente, il latino. Gli Statuti attingono dalla Regola dei Templari, dalle norme dei Giovanniti

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– in particolare per la dedizione agli infermi –, dalle prescrizioni papali del Concilio Laterano IV (1215) e da quelle successive (fino al 1244).

Quanto alle Leggi e alle Consuetudini vi si trovano concordanze con la Carta Caritatis dei                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

Teuthonicus cum uxore sua hospitale construxit et capellam in honore beate Marie virginis gloriose” (Chronica monasterii Sancti Bertini, hrsg. O. Holder-Egger, MGH, SS, XXV, p. 796). Sorge quindi il fondato dubbio: gli ospedali furono due? E che relazione vi fu tra di loro? (v. i parr. Das Deutsche Spital in Jerusalem bis 1187 e Das Deutsche Spital in Akkon, in M.-L. Favreau, Studien zur Frühgeschichte des Deutschen Ordens, Klett, Stuttgart 1974, pp. 12-63; M. Tumler, Der Deutsche Orden im Werden, Wachsen und Wirken bis 1400, Panorama, Wien 1955, pp. 21-29). In seguito l’Ordine condusse un’abile politica, per cui in Europa si accreditava come continuatore della precedente istituzione, mentre in Palestina negava tale eredità (S. Gouguenheim, Les chevaliers teutoniques, Tallandier, Paris 2007, p. 26; cfr. W. Urban, The Prussian Crusade, Lithuanian Research and Studies Center, Chicago 20002, pp. 28-29). Pietro, al riguardo, tace forse per i contrasti che ancora ai suoi tempi dividevano Teutonici e Ospitalieri di san Giovanni? Nel frattempo, com’è noto, i Templari erano già stati spazzati via da Filippo IV e soppressi da Clemente V con la Bolla Ad providam del 1312; due anni dopo era stato mandato a morte sul rogo Giacomo di Molay, l’ultimo loro Gran Maestro. Su Celestino v. i saggi di P. W. Edbury, B.

Bombi e T. K. Nielsen (risp. titoli: Celestine III, the Crusade and the Latin East, pp. 129-144; Celestine III and the Conversion of the Heathen on the Baltic Frontier, pp. 145-158; Celestine III and the North, pp. 159-178) apparsi in Pope Celestine III (1191–1198): Diplomat and Pastor, edd. J. Doran - D. J. Smith, Ashgate, Furnham 2008.

7 Per la Narratio, v. supra; per gli Statuti v. Die Statuten des Deutschen Ordens nach den ältesten Handschriften, hrsg. M. Perlbach, Niemeyer, Halle 1890, pp. 159-160. Perlbach fece uso di 32 manoscritti (in latino, francese antico, nederlandese, medio e basso tedesco). Quelli tedeschi, più antichi (ma al proposito v. la voce Deutschordensregeln und –statuten di U. Arnold in Die deutsche Literatur des Mittelalters Verfasserlexicon, Band II, De Gruyter, Berlin – New York 1980, coll. 71-74), ampliano le informazioni relative alla fondazione dell’Ordine in Terrasanta. Cfr. J. Wenta, Bemerkungen über die Funktion eines mittelalterlichen historiographischen Textes: die Chronik des Peter von Dusburg, in T. Kölzer u. a. (hrsg.), De litteris, manuscriptis, inscriptionibus...Festschrift zum 65. Geburtstag von Walter Koch, Böhlau, Wien – Köln – Weimar 2007, pp. 676-677.

8 Cfr. Deutschordensregeln und –statuten, cit. supra. V. l’ampio cap. Foundation and Organization of the Order (pp. 315-356), in I. Sterns, The Teutonic Knights in the Crusader States, in K. M. Setton (ed.), A History of the Crusades, vol. V (The Impact of the Crusades, edd. N. P. Zacour – H. W. Hazard), The University of Wisconsin Press, Madison 1985, pp. 315-378; U. Arnold, Entstehung und Frühzeit des Deutschen Ordens, in J. Fleckenstein – M. Hellmann (hrsg.), Die geistlichen Ritterorden Europas, Thorbecke, Sigmaringen 1980, pp. 81-107, nonché i capp. Vom Feldspital zum Ritterorden 1190-1198 (pp. 7-23) e Die Regel (pp. 47-52), in K. Militzer, Von Akkon zur Marienburg. Verfassung, Verwaltung und Sozialstruktur des Deutschen Ordens 1190-1309, Elwert, Marburg 1999; id., Die Geschichte des Deutschen Ordens, Kohlhammer, Stuttgart 2005, pp. 15-17. Una lettura particolare degli Statuti è quella di E. Feistner, Die Statuten des Deutschen Ordens als Identitätsprogramm: Zum Problem von institutionalisierter Identität und historischer Dynamik, in E. Feistner – M. Neecke – G. Vollmann-Profe, Krieg im Visier. Bibelepik und Chronistik im Deutschen Orden als Modell korporativer Identitätsbildung, Max Niermeyer, Tübingen 2007, pp. 26-40. Una traduzione italiana degli Statuti è stata proposta da P. Romeo di Colloredo in I cavalieri della croce nera. L’Ordensbuch del 1264: Statuto, Regola e Storia Militare dell’Ordine Teutonico, Ass.

Italia, Genova 2009, pp. 87-120. Uno dei lavori più recenti sugli inizi dell’Ordine è quello di N. E. Morton, The Teutonic Knights in the Holy Land 1190-1291, The Boydell Press, Woodbridge 2009: alla p. 10 si ribadisce che

“l’Ordine era un parto della terza crociata e, come un figlio, traeva la sua identità dalle idee e dai modelli presenti al tempo della sua infanzia”.

9 Giovanniti, Cavalieri di san Giovanni e Ospitalieri/Ospedalieri sono sinonimi. Su questo Ordine e il nord v. L.

De Anna, La presenza dell’Ordine di San Giovanni in Scandinavia, in «Come l’orco nella fiaba». Studi per Franco Cardini, a cura di M. Montesano, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, Firenze 2010, pp. 97-110.

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cisterciensi. Stilare gli Statuti fu un atto di portata decisiva per l’Ordine, perché in tal modo vennero orientate le ulteriori evoluzioni, iscrivendo la vita dei membri nel quadro di una norma istituzionale il cui nucleo centrale rimarrà immutato addirittura fino al 1606, se non si considera la modesta revisione del 1442, quand’era Gran Maestro Corrado di Erlichshausen.

Tre atti di donazione, due del re di Gerusalemme (settembre 1190, febbraio 1191) e uno del maestro degli Ospitalieri, precedono le bolle papali di Clemente III (6 febbraio 1191)

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, Celestino III (21 dicembre 1196)

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e Innocenzo III (19 febbraio 1199 e successivamente 27 giugno 1209)

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che accordano alla nuova comunità prerogative simili a quelle dei Templari e degli Ospitalieri. Onorio III, il 9 gennaio 1221, dopo aver definitivamente preso atto che i Teutonici osservano “ordinem fratrum Hospitalis Ierosolimitani circa pauperes et infirmos, fratrum vero milicie Templi circa clericos et milites”, elargisce i privilegi richiesti

13

. Si vuole che tali benefici siano stati domandati esplicitamente al papa dallo stesso Federico II durante la sua incoronazione imperiale, avvenuta a Roma il 22 novembre 1220

14

.

È qui che prende avvio la Chronica di Pietro di Dusburg che, al seguito dei suoi protagonisti principali – i fratres ovvero i Cavalieri Teutonici –, ci porterà dalla Palestina a Venezia e poi nelle fredde lande terrae Prussiae. Ed è accompagnando il racconto del cronista (che chioseremo di note il più possibile esplicative) che ci renderemo conto degli incrementi sempre più ragguardevoli di questa comunità, che ben presto si trasformò da istituto assistenziale in Ordine militare

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, con una evoluzione tanto rapida quanto apparentemente sorprendente nelle finalità rispetto alle quali si era costituita.

Già dagli inizi si percepisce la capacità dei Fratelli di adattarsi rapidamente al mutamento dei contesti storici; in breve tempo la morte si porta via due personaggi sui quali essi facevano affidamento per ottenere appoggio e sostegno: Federico di Svevia si spegne ad Acri il 20 gennaio 1191

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ed Enrico VI spira a Messina il 28 settembre 1197, dopo aver ceduto ai

                                                                                                               

10 Tabulae Ordinis Theutonici, cit., nr. 295, pp. 263-264.

11 ibidem, nr. 296, pp. 264-266.

12 ibidem, nr. 297-298, pp. 266-269.

13 ibidem, nr. 309, p. 281. Già nel 1230 i Teutonici arriveranno a gestire ben 26 ospedali nei territori della cristianità (K. Militzer, The Role of Hospitals in the Teutonic Order, in M. Barber (ed.), The Military Orders:

Fighting for the Faith and Caring for the Sick, Variorum, Aldershot 1994, p. 54).

14 “Grazie ad Ermanno di Salza, personaggio di primo piano nei preparativi della nuova crociata in Oriente, che a partire dal principio del 1220 vedeva impegnati fianco a fianco papa Onorio III e Federico II, i Teutonici ottennero dalla sede apostolica ben 34 documenti in proprio favore tra il 15 e il 21 gennaio 1221” (B. Bombi, Due inediti rotoli pergamenacei. L’Ordine Teutonico e la sua organizzazione archivistica al principio del XIV secolo, in

«Scrineum», 1 (2003), ed. digit. scrineum.unipv.it/rivista/1-2003/bombi.pdf). In totale Onorio III rilascerà ai Teutonici 116 privilegi. Interessante notare come nella letteratura successiva o nei Regesta Imperii V (1198-1272) vengano identificati quali progenitores dell’Ordo Theutonicorum varî personaggi: Enrico VI, Filippo di Svevia, il Barbarossa oppure, restando più nel vago, si afferma che l’Ordine è sorto ex plantatione progenitorum divorum augustorum, fondato a (divis quondam augustis) predecessoribus, dai quali poi suscepit incrementum (M.-L.

Favreau, Studien zur Frühgeschichte, cit., pp. 112 segg.). Per un primo approccio a Ermanno di Salza v. la voce di J. Sarnowsky in N. Bériou – Ph. Josserand (edd.), Prier et combattre. Dictionnaire européen des ordres militaires au Moyen Âge, Fayard, Paris 2009, pp. 432-433.

15 “L’Ordine Teutonico venne fondato con un duplice scopo: per curare i poveri crociati feriti e per portare guerra ai nemici della fede”. Così, con solare chiarezza, J. M. Watterich iniziava il suo Die Gründung des Deutschen Ordensstaates in Preussen, Engelmann, Leipzig 1857, p. 1.

16 Si legge nei Gesta Episcoporum Halberstadensium che “mortuus est autem et filius eius [di Federico I Barbarossa] iam dictus et in ecclesia domus Teutonicorum hospitalis in Acon honorifice est sepultus” (hrsg. L.

Weiland, MGH, SS, XXIII, p. 110). Un eccellente studio sulle epidemie che coglievano i partecipanti alle spedizioni in terre lontane e in particolare alle crociate (vi sono trattati, tra gli altri, Corrado III, Federico Barbarossa, Enrico VI, Federico II) è quello di Th. G. Wagner, Die Seuchen der Kreuzzüge, Königshausen &

Neumann, Würzburg 2009.

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Teutonici beni di notevole consistenza in Puglia e in Sicilia

17

. Eppure l’Ordine si adegua velocemente alla trasformazione del quadro politico; parimenti dal fallimento dell’avventura in Transilvania (1211-1225, v. infra), i fratres sapranno raddrizzare in senso positivo il corso delle loro vicende, mettendo mano all’impresa che li condurrà all’instaurazione di un vero e proprio stato sulle sponde del Baltico, il quale avrà non soltanto rilevanza assoluta per il lungo periodo in cui sarà in vita (almeno fino al 1525, allorché il Gran Maestro Alberto di Brandeburgo aderì alla Riforma Protestante e provocò una scissione nell’Ordo), ma manterrà una suggestione e un fascino impareggiabili – con risvolti talora sinistri e negativi – anche nei secoli successivi

18

.

All’inizio le ambizioni teutoniche si concentrarono su una parte della Galilea, a nord-est di Acri. Nel 1211 ci fu la prima occasione per insediarsi in regioni che non fossero la Terrasanta.

In quell’anno Andrea II, re d’Ungheria, per proteggere il suo regno dai Cumani

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, aveva fatto delle donazioni all’Ordine Teutonico (I, 5), che proprio nel Burzenland

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cercò di formare uno stato sovrano: Onorio III staccò la Terra Borsa (o Burza) dall’arcivescovado di Transilvania per porla sotto la diretta tutela di Roma. Il re d’Ungheria non accettò questi sviluppi, mise fine                                                                                                                

17 Cfr. K. Toomaspoeg, Les Teutoniques en Sicilie (1197-1492), École Française de Rome, Roma 2003, pp. 22 segg.

18 Al riguardo v. il cap. Survie et postérité, in S. Gouguenheim, Les chevaliers teutoniques, cit., pp. 589-617, in cui si sottolineano aspetti inquietanti del nazionalismo germanico dalla fine XVIII sec. fino al III Reich, per il quale i fratres avrebbero svolto il ruolo essenziale di Kulturträger (portatori di civiltà) e di Bollwerk (diga) contro i

‘barbari’ slavi. Cfr. il cap. Historiographical Summary in W. Urban, The Prussian Crusade, cit., pp. 415-430; K.

Górski, The Teutonic Order in Prussia, in id., Communitas princeps corona regni. Studia selecta, Pánstwowe Wydawnictwo Naukowe, Warszawa – Poznań – Toruń 1976, pp. 13-31, partic. pp. 14-15. D’altro canto certa storiografia, non solo polacca ma anche anglo-sassone, è stata spesso sbrigativa – in senso negativo – verso i Deutschritter: ad es. Norman F. Cantor nel suo noto manuale scriveva che “i Cavalieri Teutonici, fondati nel 1190, furono alla base di quello che lo storico nazionalista tedesco del XIX sec. Heinrich von Treitschke chiamava Prussianesimo [...] Giocarono un ruolo fondamentale nel Drang nach Osten, il movimento verso est nei territori slavi, che era iniziato un secolo prima. Gli originali ideali spirituali dell’Ordine era subordinati alle ambizioni politiche. Nell’Europa Orientale i Teutonici attaccavano indiscriminatamente cristiani e pagani; era in sostanza uno stato sotto la parvenza di un ordine religioso. La loro organizzazione monastica li permeò di efficienza collettiva e zelo fanatico” (The Civilization of the Middle Ages, Harper Perennial, New York 1994, p. 383). L. P.

Słupecki, parlando dei trascorsi anni post-bellici, annota che per la ricerca in Polonia si sono rivelati “un periodo di fobia antitedesca (e la II Guerra Mondiale è stata sicuramente una buona ragione!). Purtroppo alcuni studiosi polacchi hanno identificato il moderno imperialismo tedesco in ogni cosa legata all’antico mondo germanico, inclusi i Normanni e i Vichinghi” (L. P. Słupecki, Facts and Fancy in Jómsvíkinga saga, www.dur.ac.uk/medieval). Per una sintesi relativa alla storiografia sull’Ordine in Livonia v. J. Kreem, The Teutonic Order in Livonia: Diverging Historiographic Traditions, in Zs. Hunyadi – J. Laszlovszky (edd.), The Crusades and the Military Orders. Expanding the Frontiers of Medieval Latin Christianity, Central European University Press, Budapest 2001, pp. 467-479. V. anche K. Kļaviņš, Eastern Prussia and Livonia: Interactions of Power and Culture from the 13th to the 18th Century, www.cliohres.net/books/2/04_Klavins.pdf.

19 I Cumani, che parlavano il kipčak, una lingua turca adesso estinta, erano un popolo nomade che prima dell’Orda d’Oro viveva a nord del Mar Nero: i documenti tedeschi li citano come Valwen (equivalente al pol. Połowcy e all’ungh. Kunok), il che indicherebbe una loro particolarità somatica relativa ai capelli e al colorito pallido, poiché sarebbe una variante di falben ovvero ‘fulvo, grigio oro’ (v. A. Róna-Tas, Hungarians and Europe in the Early Middle Ages, Central European University Press, Budapest 1999, p. 274; Gesta principum Polonorum, ed. P. W.

Knoll – F. Schaer, Central European University Press, Budapest 2003, p. 44, n. 1).

20 Rom. Ţara Bîrsei, ung. Barcaság. V. il cap. L’esperimento in Transilvania, in W. Urban, I Cavalieri Teutonici.

Storia militare delle Crociate del Nord, LEG, Gorizia 2006, pp. 75-86; il cap. Der Deutsche Orden im Burzenlande, in M. Tumler, cit., pp. 181-194; A. Demurger, Chevaliers du Christ. Les ordres religieux-militaires au Moyen Âge, Seuil, Paris 2002, pp. 71-72; K. Militzer, Von Akkon zur Marienburg, cit., pp. 334-346. Tesi diverse sulle cause della chiamata e della successiva cacciata dal Burzenland in J. Laszlovszky – Z. Soós, Historical Monuments of the Teutonic Order in Transylvania, in Zs. Hunyadi – J. Laszlovszky (edd.), The Crusades and the Military Orders, cit., pp. 319-336, partic. pp. 321-325. In ogni caso il Burzenland fu il primo territorio esteso e unitario in cui i Teutonici cercarono di plasmare quell’Ordensstaat che avrebbero formato successivamente in Prussia (v. W. Hubatsch, Die Staatsbildung des Deutschen Ordens in Preussenland und Deutscher Orden. Festschrift für K. Forstreuter, Holzner, Würzburg 1958, pp. 127-152, qui p. 139).

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all’esperimento ed espulse i Fratelli (1225).

Ma è con la Prussia che i Teutonici instaureranno un binomio inscindibile: la II parte della Chronica, attraverso i capp. 1-6 e 10-13, narra per esteso come e perché l’Ordo decise di stabilirsi in quella selvaggia terra incognita, ricca di foreste, paludi e abitata da pagani chiamati Prut(h)eni. I nativi prussiani, circa 170mila alla vigila della conquista tedesca (4-5 ab. per kmq)

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, praticavano un allevamento primitivo, l’agricoltura e la debbiatura. I liskis, i piccoli centri e villaggi di mercanti e artigiani, costituivano il luogo d’incontro tra il mondo pagano e quello cristiano. Secondo le fonti tedesche – ovviamente assai parziali – uno stato di guerre intestine permanenti affliggeva quelle genti, prive di autorità politico-militari (ma nella cronaca di Dusburg compaiono alcuni nomi di capi e già le campagne belliche 1210-1220 rivelano un certo grado di coordinamento militare fra i diversi gruppi pagani).

GLI ANTICHI PRUSSIANI E

LA CRISTIANIZZAZIONE DELLA PRUSSIA

Gli antichi prussiani parlavano una lingua baltica, come i Lettoni, i Lituani e altre popolazioni minori come gli Jatvingi, i Seloni e i Semigalli. Il più antico testo baltico è il cosiddetto Frammento [o Traccia] di Basilea

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. I confini della comunità linguistica prussiana nei secoli XII-XIII erano delimitati a ovest dalla Vistola, a nord dal Mar Baltico e dal fiume Memel (lit.

Nemunas), a sud dalle terre abitate da Polacchi, Casciubi e Masuri e a est da quelle in cui vivevano i Lituani e gli Jatvingi. Come classe dominante primeggiava la nobiltà guerriera, dedita alla caccia e al saccheggio; le attività venatorie erano prerogative anche degli altri uomini liberi, che non trascuravano l’agricoltura. Non mancavano i sacerdoti, i mercanti, gli artigiani, i servi legati al lavoro dei campi: elevato il numero degli schiavi, soprattutto donne

23

. Gli antichi prussiani erano famosi per il loro senso di ospitalità, ma pure per la passione per l’alcol, per l’idromele e il kumiss, derivato dal latte di mucca o di giumenta

24

.

I Polacchi non avevano una grande stima dei Prussiani, se è vero che nella Chronica Polonorum del vescovo di Cracovia Vincenzo Kadlubek († 1223) vengono definiti “popolo crudelissimo, in ogni barbarie più truculento delle belve, a causa anche dei vastissimi tratti di zone disabitate, delle loro foreste assai folte, dei luoghi inaccessibili per le dense paludi”

25

.                                                                                                                

21 Il loro numero – così si stima – scese a circa 90mila verso il 1300, per risalire a 140mila un secolo dopo.

22 Cfr. P. U. Dini, Sul ‘Frammento di Basilea’ e altri inediti nel carteggio fra Chr. Stang e W.R. Schmalstieg, in

«Res Balticae», 6 (2000), pp. 195-209; id., Nota terminologica: come chiamare la scritta in prussiano antico di Basilea?, in «Res Balticae», 10 (2005 [2006]), pp. 243-246. Il manoscritto è conservato presso la Öffentliche Bibliothek der Universität Basel, ms. F. V. 2, foglio 63r. Cfr. P. U. Dini, Le lingue baltiche, La Nuova Italia, Firenze 1997, pp. 405 segg.: da questo fondamentale testo di Dini ricaviamo anche successive informazioni sui Prussiani e sugli altri popoli citati da Dusburg. Il nome dei Prussiani compare per la prima volta come Bruzi nel IX sec. nella lista di tribù nota come Descriptio civitatum et regionum ad septentrionalem plagam Danubii del cosiddetto Geografo Bavarese (edd. B. Horák – D. Trávníček, ČSAV, Praha 1956) e poi come Burūs presso Ibrāhīm ibn Ja’kūb (ca. 912 - ca. 966), viaggiatore e mercante di Tortosa (Relatio Ibrāhīm ibn Ja’kūb de itinere Slavico quae traditur apud al-Bekrī, ed. T. Kowalski, MPH, N.S. 1, Gebethner i Wolff, Kraków 1946; v. anche D.

Mishin, Ibrahim ibn Ya’kub at-Turtushi’s Account of the Slavs from the Middle of the Tenth Century, in «Annual of Medieval Studies at the CEU 1994-1995», Central European University Press, Budapest 1996, pp. 184-199).

Altre fonti medievali parlano di Pruzze, Pruze, mentre le forme Borussi, Pruteni sono più tarde: sul significato dell’etnonimo v. soprattutto P. U. Dini, cit., pp. 239-240 ed anche E. Bojtár, Foreword to the Past. A Cultural History of Baltic People, trad. ingl., Central European University Press, Budapest 1999, pp. 147-158; A.

Sabaliauskas, Noi Balti, trad. it., Books & Company, Livorno 2007, pp. 43-45.

23 Cfr. W. Urban, I Cavalieri Teutonici, cit., pp. 91-92; id., The Prussian Crusade, cit., p. 74.

24 Il nome della bevanda, tipica di molte popolazioni dell’Asia centrale e menzionata pure da Marco Polo e da Guglielmo di Rubruk, è di origine turca, ma i Prussiani dovevano aver apprezzato (e adottato) il кумыс dei Russi.

25 Chronica Polonorum Vincentii Cracoviensis episcopi, MPH, ed. A. Bielowski, Lwow 1872, p. 421.

(6)

Un secolo prima l’autore dei Gesta principum Polonorum – solitamente conosciuto come Gallus Anonymus – dopo aver presentato la Prussia come “terra alquanto barbara”, aveva accreditato la leggenda che i Sassoni, al tempo di Carlo Magno, non volendo accettare la fede cristiana né la sottomissione al sovrano franco, erano migrati in nave in Prussia. Ed aveva aggiunto che i loro discendenti “rimangono tuttora senza re, senza leggi e non hanno abbandonato l’originaria perfidia e ferocia. Infatti la loro terra è così ben protetta da laghi e paludi che castelli e città non potrebbero essere difesi meglio: così nessuno ha potuto soggiogare quei territori, perché non si è riusciti ad attraversare quei laghi e quelle paludi con un esercito”

26

. A parte il falso mito della migrazione sassone, resta la considerazione di una Prussia selvaggia, abitata da genti indomite e spietate.

Chi aveva tentato di convertirle al cristianesimo, era andato incontro a tenaci resistenze e si era esposto a rischi esiziali. Adalberto di Praga fu massacrato dai Prussiani nella sua missione tra il 996 e il 997.

Nella Chronica Slavorum così si esprime Elmoldo di Bosau

27

(XII sec.):

I Prussiani non hanno finora conosciuto la luce della fede, sono nondimeno uomini forniti di molte doti naturali: assai generosi con chi si trova in difficoltà, vanno anche in soccorso dei naviganti in pericolo o di coloro che vengono attaccati dai pirati. Tengono in scarsa considerazione oro e argento, posseggono in abbondanza pelli esotiche, il cui profumo ha diffuso nel nostro mondo il veleno letale della superbia.

Loro invece le considerano sterco e – io credo – ci biasimano perché aneliamo a una veste di martora come fosse la felicità suprema. È per questo che offrono tante preziose martore in cambio di quegli indumenti di lana che noi chiamiamo faldones [mantelli]. Si potrebbero rivolgere diversi elogi ai costumi di questo popolo, se solo avesse fede in Cristo, i cui missionari invece crudelmente perseguita.

Presso di loro ricevette la corona del martirio Adalberto28, illustre vescovo di Boemia. Ancora oggi costoro, seppure condividano ogni cosa con i nostri, impediscono loro l’accesso ai boschi sacri e alle sorgenti, che ritengono possano essere profanati dalla presenza dei cristiani. Si nutrono della carne delle giumente, di cui – si dice – bevono il latte e il sangue fino a ubriacarsi. Questi uomini hanno occhi azzurri, colorito roseo e lunghi capelli. Inaccessibili a causa delle paludi, tra di loro non tollerano padroni.

Il brano etnografico per eccellenza di Pietro di Dusburg De idolatria et ritu et moribus Pruthenorum (III, 5) è stato ampiamente commentato e dibattuto da storici, etnologi, filologi, studiosi di mitologia baltica e storici delle religioni.

Recentemente Vera I. Matuzova ha sottolineato come Dusburg proponga una storia in bianco e nero, con una chiara dicotomia tra “noi” (tedeschi, cristiani, cavalieri) e “loro”

                                                                                                               

26 Gesta principum Polonorum, cit., p. 194 (II, 42).

27 Helmoldi presbyteri Bozoviensis Chronica Slavorum (Slawenchronik), hrsg. H. Stoob, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 20026, p. 36 (I, 1).

28 Adamo di Brema (Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum. Storia degli arcivescovi della chiesa di Amburgo, ed. I. Pagani, Utet, Torino 1996, scol. 24; IV, 18, risp. pagg. 222 e 451-453), cui Elmoldo si rifà, riprende gli Annales Quedlinburgenses (a. 996 [recte 997], hrsg. G. H. Pertz, MGH, SS, III, p. 73) e Titmaro di Merseburgo, il quale scrive che Adalberto “con il permesso del papa [Gregorio V], tentò di domare con il freno della santa predicazione le menti dei Prussiani, ancora lontane dal Cristo; il 23 aprile [997], colpito da una lancia, ebbe mozza la testa e, solo tra i suoi, ricevette il martirio senza emettere un lamento” (Titmaro vescovo di Merseburgo, Chronicon, hrsg. R. Holtzmann, MGH, SRG, Weidmannsche Buchhandlung, Berlin 1935, Unver.

Nachdr., Nova Series, t. IX, München 1996, p. 165). Le reliquie di Adalberto (I, 15) furono riportate in Polonia da Boleslao: “corpus ipsius ab ipsis Prusis Bolezlauus auri pondere comparavit et in Gneznen metropoli condigno honore collocavit”, riferiscono i Gesta principum Polonorum (cit., p. 34); sulla sua tomba, nell’anno 1000, fu fondata l’arcidiocesi di Gnesen (pol. Gniezno). Il millenario della morte ha favorito una vasta produzione scientifica in Polonia, per la quale v. R. Grzesik, The Study of the Middle Ages in Poland, in «Annual of Medieval Studies in CEU», 15 (2009), pp. 265-277, partic. pp. 270-272. V. anche S. Gawlas, Der hl. Adalbert als Landespatron und die frühe Nationenbildung bei den Polen, in M. Borgolte (hrsg.), Polen und Deutschland vor 1000 Jahren, Akademie Verlag, Berlin 2002, pp. 193-233. Una nuova edizione della vita del martire è stata recentemente proposta da J. Hoffmann alle pp. 125-159 di Vita Adalberti. Früheste Textüberlieferungen der Lebensgeschichte Adalberts von Prag, Klartext, Essen 2005.

(7)

(prussiani/lituani, pagani)

29

. L’autore, con la sua visione etnocentrica, non avrebbe alcun interesse a comprendere la lingua e, soprattutto, la mentalità dei Prussiani, dei quali offre un’immagine collettiva e stereotipata

30

. Ciò è vero, ma solo in parte, perché tra i chierici che si avventuravano a nord-est c’era sì la convinzione di essere dei Kulturträger che andavano non solo a convertire ma anche a civilizzare, purtuttavia molti di loro (preti-missionari-cronisti, quali ad es. Titmaro di Merseburgo e Enrico di Lettonia) erano in grado di apprezzare le virtù e le qualità dei nativi (morigeratezza, integrità, onestà), di parlare o comunque comprenderne il linguaggio, per poterli erudire sulla vita, le opere e la divinità di Gesù. Per Dusburg il non conoscere Cristo di per sé non è un peccato, però giustifica le azioni dei cristiani tese alla diffusione della “vera fede”. Egli è onesto nella descrizione degli infedeli: pur ritenendoli inferiori, globalmente intesi, ai tedeschi cristiani, non li rappresenta come un unicum malvagio e bruto (il che avrebbe ancor più giustificato le crociate), bensì come popoli che vivono nell’ignoranza e nell’errore. Non resta che conquistarli e convertirli: sembra questa l’unica maniera – tutt’altro che indolore – per superare la linea di confine (religiosa, culturale, mentale) che divide i Cavalieri Teutonici dai nativi.

Dusburg insiste sulla gravità dell’apostasia (ben cinque saranno quelle dei Prussiani): l’abiura della religione è un gravissimo peccato, che va implacabilmente stroncato, ricorrendo a qualsiasi mezzo. Solo che il cronista chiama apostasiae tutte le ribellioni e le insurrezioni contro i fratres.

Altra questione talora posta: che ruolo ha avuto “l’altra metà del cielo” sia nella società autoctona sia nella Chronica? Spesso le femmine venivano soppresse dopo la nascita (“ai Galindi sembrò invece opportuno che qualunque bambina nascesse fosse uccisa, mentre i maschi dovevano essere conservati per la guerra”: III, 4), era diffusa in Prussia la poligamia, soprattutto tra i nobili. Il ruolo ricoperto dalle donne non era sicuramente elevato, se “i Prussiani comprano le loro mogli con una certa somma di denaro” e trattano la loro sposa

“come una serva, che non mangia al tavolo insieme a lui e deve lavare ogni giorno i piedi di chi vive in quella casa e degli ospiti” (III, 5). Di certo il cavaliere ideale o ben istruito aveva un atteggiamento differente verso le donne, anzi doveva – per Dusburg – tenere presente il modello della Madonna

31

(gran parte degli ordini monastico-cavallereschi aveva un’accentuata

                                                                                                               

29 Paragonati talvolta ad animali quali il leone (“Il duca Svantopolk, che prima ruggiva come un leone dal collo eretto”, III, 56) o la volpe (“[Il maresciallo] temeva la fraudolenta astuzia del duca come la furbizia della subdola volpe, che spesso inganna la sagacia del cacciatore”, III, 37; “[Svantopolk] sotto una pelle innocua d’agnello nascondeva sempre un cuore di volpe, pieno d’inganni e d’insidie”, III, 56). Oppure di nuovo Svantopolk definito

“una vipera sorda” (III, 60). Il serpente è invece, come sempre, il simbolo del demonio (“il serpente antico, il drago velenoso, il nemico del genere umano”, III, 31).

30 Cfr. V. I. Matuzova, Mental Frontiers: Prussians as seen by Peter von Dusburg, in A. V. Murray (ed.), Crusade and Conversion on the Baltic Frontier 1150-1500, Ashgate, Aldershot 2001, pp. 253-259; “Il fatto è che Pietro appare sia un membro di un ethnos (era di origini tedesche e cristiano), con tutto il suo patrimonio culturale, sia un membro di una corporazione (l’Ordine Teutonico), con la sua istituzionalità; non era però un membro comune, quanto piuttosto un ideologo” (p. 255).

31 V. il cap. Les chevaliers de la vierge, in S. Gouguenheim, Les chevaliers teutoniques, cit., pp. 119-140; M.

Dygo, The political role of the cult of the Virgin Mary in Teutonic Prussia in the fourteenth and fifteenth centuries, in «Journal of Medieval History», 15/1 (1989), pp. 63-80; B.-M. Rosenberg, Marienlob im Deutschordenslande Preußen. Beiträge zur Geschichte der Marienverehrung im Deutschen Orden bis zum Jahre 1525, in K. Wieser (hrsg.), Acht Jahrhunderte Deutscher Orden in Einzeldarstellungen, in «Quellen und Studien zur Geschichte des Deutschen Ordens», 1 (1967), pp. 321-337; K. Gärtner, Marienverherung und Marienepik im Deutschen Orden, in J. Wenta – S. Hartmann – G. Vollmann-Profe (hrsg.), Mittelalterliche Kultur und Literatur im Deutschordensstaat in Preussen: Leben und Nachleben, Wydawnictwo Naukowe Uniwersytetu Mikołaja Kopernica, Toruń 2008, pp.

395-410.

(8)

devozione mariana)

32

. Tuttavia lo stupro narrato in III, 350, ci fa pensare che neppure i “nostri”

fossero degli stinchi di santo

33

.

Molto lucida appare l’analisi riassuntiva di Stephen C. Rowell

34

: il racconto di Pietro di Dusburg è un encomio e una difesa, un po’ prolissa, della Crociata Baltica, dei “pellegrini” e dei loro metodi, ma ciò non inficia certo il valore dell’opera. Troppo spesso si è cercata un’interpretazione letterale piuttosto di intravvedere un exemplum morale; quanto ai costumi, si tratta di un modo di spiegare a dei cristiani cattolici i culti dei pagani e come questi ultimi, a modo loro, siano religiosi.

Dusburg illustra il paganesimo come un cristianesimo all’incontrario (ugualmente nella Chanson de Roland, ai vv. 2696-7, abbiamo gli infedeli che pleignent lur deus Tervegan e Mahum / e Apollin, una sorta di Trinità capovolta)

35

; inoltre c’è da tener conto che egli usa il paradigma pagano per rivolgersi, in maniera polemica, ai suoi confratelli piuttosto indisciplinati e inclini a un certo degrado morale, non diversamente da Cesare e soprattutto Tacito che sferzavano i romani decadenti additando le virtù dei barbari.

Pietro era un ardente sostenitore del papato al tempo in cui si avvertiva la necessità di una riforma morale della Chiesa e in cui l’Ordine, fra l’altro, iniziava ad aiutare l’imperatore Ludovico IV il Bavaro (1281/82-1347) nella sua lotta contro Giovanni XXII (Giacomo Duèse, 1245 ca. – 1334).

La Chronica è segnata da alcuni topoi cristiani sui costumi e i comportamenti dei pagani. A quel tempo i Lituani, ad esempio, solitamente non erano poligami

36

né compravano le mogli, né – all’opposto – vivevano in un mondo idilliaco, dove non si mendicava e si beveva acqua pura o poco più; né avevano un “papa” cui obbedire senza riserve e i cui messaggeri venivano trattati ovunque benevolmente.

Attenzione però a dire che quel che Pietro scrive è tutta un’invenzione: in realtà è un modo intelligente e astuto di maneggiare i fatti.

Lo conferma la controversa e ambigua figura del Criwe, una sorta di pontefice prussiano: più che un fenomeno reale, un espediente del cronista per biasimare i cristiani, i Fratelli o l’imperatore che si ribellavano al Santo Padre, perché un “papa” Criwe non è mai esistito, diversamente da quanto vuol farci intendere il cronista: il personaggio fa solo parte di una

“contro-chiesa” virtuale opposta a quella cattolica. Pietro ha un uditorio che comprende bene certi modelli e scrive che “nel cuore di quella nazione malvagia, e precisamente in Nadrovia, c’era una località chiamata Romow, che prendeva il nome da Roma”: per chi lo leggeva era comprensibile, quasi ovvio che Romow derivasse da Roma. C’è chi ha cercato questa località

37

                                                                                                               

32 Più volte i fratres nei marginalia del ms. A sono chiamati milites Mariani o semplicemente Mariani.

33 È degno di nota il fatto che già in Terrasanta i Teutonici, nei loro xenodochia, ammettevano la presenza di

“sorelle” nell’assistenza agli infermi, come previsto poi dal cap. 31 della Deutschordensregel. Anche l’archeologia confermerebbe la costruzione di ospedali a due piani onde dividere le donne dai Cavalieri (N. E. Morton, cit., pp.

17-18).

34 S. C. Rowell, Lithuania Ascending: A Pagan Empire within East-Central Europe, 1295-1345, Cambridge University Press, Cambridge 1994, pp. 38-39; 125-128.

35 Secondo R. Bartlett i cristiani tendono ad avere tre concezioni di base del paganesimo: 1. è un culto demoniaco;

2. è un errore dovuto all’ignoranza, che induce ad adorare oggetti e fenomeni della natura; 3. è l’uso errato della venerazione religiosa, che viene rivolta verso esseri umani del passato (From Paganism to Christianity in medieval Europe, in N. Berend (ed.), Christianization and the Rise of Christian Monarchy: Scandinavia, Central Europe and Rus' c. 900-1200, Cambridge University Press, Cambridge 2007, pp. 47-72, qui p. 67).

36 I Lituani – così scrive W. Urban – “di rado offrivano sacrifici umani, ma talvolta bruciavano vivo un prigioniero nemico di cui avevano molto rispetto. La poligamia era un fenomeno assai raro. La loro ferocia in guerra non era molto diversa da quella dei cristiani [...] Entrambe le parti consideravano la popolazione civile un legittimo bersaglio in tempo di guerra” (I Cavalieri Teutonici, cit., p. 146).

37 Cfr. W. Friederici, Über die Lage Romows oder Ramowe’s, des Oberpriestersitzes im heidnischen Preussen, in

«Altpreußische Monatschrift», 13 (1876), pp. 227-253; V. N. Toporov, meno di trenta anni fa, collegava il Criwe con l’esistenza a Vilnius di un castrum curvum, in russo Krivoi gorod (da un etimo slavo krivo con il significato di

‘storto, obliquo’, che si ritrova in varî toponimi come Crivitz (Meclemburgo-Pomerania Anteriore) o Criewen

(9)

e non si può escludere che potesse anche esistere un bosco sacro o un posto con questo nome:

c’era in Aukštaitija

38

il villaggio di Romenė (III, 259), ma non vi risiedeva alcuna autorità religiosa locale. Prosegue Dusburg: “vi abitava un uomo chiamato Criwe

39

, che essi ossequiavano come un papa; come il pontefice guida la chiesa universale dei fedeli, così a un cenno o ad un ordine di costui non solo i Prussiani si sottomettevano, ma anche i Lituani e gli altri popoli della Livonia”.

Per il cronista – che viveva in un periodo di lotte tra i vari popoli cristiani, l’imperatore e il pontefice romano – era importante il concetto di un “papa” pagano cui tutti erano sottoposti, onde rafforzare l’idea della necessità di una sede apostolica autorevole e influente.

Per William Urban, Dusburg era “affascinato dal pensiero di un anti-papa pagano” ma “da altre fonti appare evidente che la religione dei Prussiani era ben lungi dall’anti-cristianesimo che venerava il signore delle tenebre, Satana, e i suoi simili. Si trattava piuttosto di un’evoluzione dell’adorazione della natura, tipica dei popoli indoeuropei [...] c’era una forte presenza del pensiero religioso scandinavo, probabilmente introdotto nei secoli in cui i Vichinghi avevano esercitato un blando dominio sulla regione. Ed erano presenti anche alcune idee cristiane arrivate in tempi più recenti con i Russi ortodossi e con i contatti con l’Europa cattolico- romana”

40

.

Per Sylvain Gouguenheim “questo personaggio [Criwe] non esisteva. Pietro di Dusburg ne ha fatto l’archetipo di un mago [sciamano?] che assicurava la comunicazione tra i vivi e i morti”

41

. Concludendo potremmo affermare che Dusburg crea – forse suo malgrado – uno stereotipo etnico dei Prussiani (con numerosi elementi di verità, altri di verosimiglianza, altri ancora di comodo oppure finalizzati a ottenere certe reazioni nel lettore) che gli sopravviverà per molto tempo.

L’opera di cristianizzazione proseguirà con il missionario Brunone di Querfurt, il quale nell’anno 1009 verrà ucciso dai pagani al confine tra Lituania e Russia. Anche i tentativi, a metà del XII sec., del vescovo moravo Enrico Zdik, sostenuto dai nobili polacchi, resteranno senza successo. Agli inizi del Duecento comincia la missione evangelizzatrice dei cisterciensi, anch’essa con l’appoggio di varî duchi che si sono suddivisi il potere in Polonia, oltre che con il supporto della sede apostolica, la quale dal 1206 in poi emana bolle per proteggere e assecondare la dilatatio christianitatis nel nord. Tra il 1215 e il 1216 Innocenzo III nomina

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

(Brandeburgo) oppure nel soprannome del duca polacco Boleslao III, detto Krzywousty ‘Boccastorta’. Conclude E.

Bojtár: “la ricerca di Romow e i tentativi inerenti soprattutto il ritrovamento di toponimi [...] con tema ram-, rom- e kriv- iniziarono fin dal XVI secolo. Nonostante i grandi sforzi, tra la Nadrovia e la Varmia o tra la Natangia e la Sembia, non è stato trovato niente [di rilevante]” (E. Bojtár, Foreword to the Past, cit., p. 321; Petras Dusburgietis, Prūsijos žemės kronika, ed. R. Batūra, Vaga, Vilnius 1985, pp. 355 segg.). Altra ipotesi (non verificabile): era forse Romow un santuario mobile, quindi costruito in legno, di cui inevitabilmente non è rimasto niente? Ma vedi n. 1076.

38 Letter. “terre alte”: è la parte nord-orientale della Lituania.

39 V. I. Matuzova riporta varie interpretazioni sul Criwe (Петр иэ Дусбурга, Хроника земли Прусской, пер. В.

И. Матузовой, Ладомир, Москва 1997, p. 276, n. 3) ma trova che la spiegazione più convincente sia quella espressa da S. C. Rowell in Lithuania Ascending (cit., pp. 30-40; 126-128) ovvero che il Criwe è, se non un’invenzione, una forzatura di Dusburg. Ma quanto di questa controversa figura poteva eventualmente provenire da tradizioni orali locali non è dato sapere (v. V. Vaitkevičius, Studies into the Balts’ sacred places, John and Erica Hedges, Oxford 2004, pp. 51-52; sul sito archeologico di Kriveikiškis v. V. Vaitkevičius, The Sacred Groves of the Balts: Lost History and Modern Research, in «Electronic Journal of Folklore», 42 (2009), p. 91). F. Vyncke esclude che potesse esistere una gerarchia ecclesiastica con il Criwe al vertice, poiché “i Prussiani ignoravano il principio centralizzatore sia sul piano religioso sia sul piano politico” (La religion des Baltes, in H.-Ch. Puech (ed.), Histoire des Religions, vol. I, Gallimard, Paris 19903, pp. 726-727).

40 W. Urban, I Cavalieri Teutonici, cit., pp. 87-92, qui p. 91.

41 S. Gouguenheim, Les chevaliers teutoniques, cit., p. 150. V. anche Ph. Jouet, Religion et mythologie des Baltes, Archè – Les Belles Lettres, Milano – Paris 1989, pp. 153-154.

(10)

Cristiano vescovo di Prussia

42

.

Ma sotto la pressione della nobiltà polacca da una parte e dei monaci cristiani dall’altra, i Prussiani passano al contrattacco e minacciano le terre del duca Corrado (1187/1188-1247): il Kulmerland, la Masovia e la Kujavia (oggi Polonia centrale). Ancora per decenni i gentili semineranno il terrore: Gregorio IX il 23 gennaio 1232 scrive allarmato ai domenicani di Boemia di essere venuto a conoscenza che “i pagani prussiani si sono rifiutati di riconoscere Gesù Cristo vero Dio e Signore e hanno bruciato oltre diecimila abitazioni nel territorio della Prussia, conventi e parecchie chiese. Oggi non c’è più un posto per il culto divino se non nei boschi, dove si nascondono molti fedeli. I Prussiani hanno passato a fil di spada, uccidendoli in maniera ignominiosa, più di ventimila cristiani e ne hanno catturati cinquemila: la Masovia, la Kujavia e la Pomerelia rischiano di restare senza abitanti. I giovani che fanno prigionieri li sfiancano con continue, terribili fatiche, le ragazze per scherno le coronano di fiori e poi le immolano ai demoni nel fuoco. Ammazzano vecchi, massacrano bambini, alcuni li conficcano negli spiedi, altri li sbattono con violenza contro gli alberi. Che dire di più? Sono assetati di sangue umano più delle belve e torturano i fedeli per offendere il Creatore, che molti hanno rinnegato, preferendo le tenebre alla luce

43

dopo aver ricevuto la grazia del battesimo”

44

. Sono davvero degli unmenschliche Menschen

45

!

I CAVALIERI TEUTONICI IN PRUSSIA E IN LIVONIA

Corrado di Masovia

46

– personaggio chiave per l’arrivo dei fratres sul Baltico –, in difficoltà per le continue scorrerie dei Prussiani, nel 1225 aveva lanciato un appello di aiuto ai Teutonici, ma per oltre due anni l’Ordo non aveva dato risposte ufficiali definitive

47

. Cinque diplomi in                                                                                                                

42 Cristiano, nato a Freienwalde (pol. Chociwel) in Pomerania, monaco cicterciense prima a Kolbatz (pol.

Kołbacz) e poi a Oliva, divenne primo vescovo in Prussia nel 1215, stabilendosi – l’anno successivo – a Zantir.

Su di lui v. F. Blanke, Die Missionsmethode des Bischofs Christian von Preußen, in H. Beumann (hrsg.), Heidenmission und Kreuzzugsgedanke in der deutschen Ostpolitik des Mittelalters, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1963, pp. 337-363. Il 3 marzo 1217 Onorio III dà il permesso al vescovo di Prussia, insidiato dalla “feritas paganorum”, affinché “Christianos de partibus convicinis, qui eisdem auxilium prestare voluerint, contra ipsorum paganorum barbariem militando, tibi liceat crucis signaculo insignire”: può anche concedere loro “venia peccatorum secundum quod transituris Jerosolymam indulgetur” (in J. M. Watterich, cit., pp. 227-228). Alcuni storici pensano che il primo vescovo della Prussia sia stato Goffredo dell’abbazia di Lekno (pol. Łękno), basandosi sul cronista cisterciense Alberico delle Tre Fontane, che scrive: “abbas Godefridus fuit episcopus regionis illius [i.e. Prussiae], et post eum fuit quidam episcopus nomine Christianus” (Chronica Alberici monachi Trium Fontium, hrsg. P. Scheffer-Borchorst, MGH, SS, XXIII, p. 887). Ma la gran parte degli studiosi non considera attendibile l’affermazione di Alberico (L. Pósán, Prussian Mission and the Invitation of the Teutonic Order into Kulmerland, in Zs. Hunyadi – J. Laszlovszky (edd.), The Crusades and the Military Orders, cit., pp. 429-448, qui pp. 431-432).

43 Gv 3, 19.

44 Preussisches Urkundenbuch – d’ora in poi PrUB – ed. R. Philippi, Hartungsche Verlagsdruckerei, Königsberg 1882, 1.1.87, pp. 66-67. Molti documenti interessanti si trovano in Urkunden und Erzählende Quellen zur deutschen Ostsiedlung im Mittelalter, hrsg. H. Helbig - L. Weinrich, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Band I, Darmstadt 1968, pp. 448-535 (cap. VI, Ordensland Preußen). Cfr. anche R. Rist, Pope Gregory IX and the Grant of Indulgences for Military Campaigns in Europe in the 1230s: A Study in Papal Rhetoric, in «Crusades», 10 (2011), pp. 79-102.

45 Cfr. E. Feistner, Krieg und Kulturkontakt: Zur 'Ethnologie' der Prussen und Litauer bei Peter von Dusburg und Nikolaus von Jeroschin, in J. Wenta – S. Hartmann – G. Vollmann-Profe (hrsg.), Mittelalterliche Kultur, cit., pp.

529-539.

46 Corrado di Masovia, nato nel 1187 ca., era figlio della principessa russa Elena e di Casimiro II, duca di Cracovia. Aveva preso il potere giovanissimo. Per una visione d’insieme v. il par. Der Ostseeraum in N. Jaspert, Die Kreuzzüge, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2003, pp. 119-128.

47 Potrebbero aver svolto un ruolo di mediatori fra i Teutonici e Corrado di Masovia il principe Enrico I di Slesia, il vescovo Ecberto di Bamberga e il patriarca Bertoldo di Aquileia, come pure potrebbe aver insistito per un loro

(11)

successione cronologica testimoniano i negoziati tra Ermanno di Salza e Corrado, finché si giunge al “trattato di Kruschwitz”, dal nome della località in cui fu sottoscritto (pol.

Kruszwica

48

). Sull’autenticità del documento, che Pietro di Dusburg accoglie, gravano seri dubbi: numerosi storici lo considerano un atto falsificato dai Teutonici o da notai pontifici al loro servizio. Le concessioni all’Ordine sembrano eccessive, considerato che negli accordi precedenti esse risultavano piuttosto restrittive e circoscritte al Kulmerland

49

: con il trattato di Kruschwitz del giugno 1230 – nel quale, tra l’altro, non sono menzionati i diritti del vescovo Cristiano, che verranno concordati con i Deutschritter separatamente – Corrado rinuncia per sé e per i suoi eredi non solo alle prerogative sulla Terra di Kulm ma anche sulla Prussia propriamente detta, sulla quale non estendeva certo il suo potere. Nel testo dell’intesa c’è chi ha rintracciato pure stranezze formali, quali la lunghezza e lo stile particolare del preambolo introduttivo, o lessicali, come l’uso – inusitato nei documenti polacchi o comunque stravagante – del termine Saraceni per indicare i Prussiani e/o i Lituani

50

. Infine molti studiosi ritengono che la paternità dell’accordo debba essere attribuita a Guglielmo di Modena (v. infra), legato papale

51

, il quale tuttavia, al momento della stipulazione, non si trovava in Prussia

52

.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               

intervento in Prussia il vescovo Cristiano stesso, impressionato dai successi militari dei fratres contro i Cumani (L.

Pósán, Prussian Mission, cit., p. 437).

48 Interessanti osservazioni su questo toponimo in H. Kunstmann, Die Slaven. Ihr Name, ihre Wanderung nach Europa und die Anfänge der russischen Geschichte in historisch-onomastischer Sicht, Franz Steiner, Stuttgart 1996, p. 151.

49 Il Kulmerland (Terra di Kulm) è una regione pianeggiante o leggermente collinosa situata tra i fiumi Drewenz (pol. Drwęca), Vistola e Ossa (pol. Osa).

50 Nessuna fonte narrativa connessa all’Ordine Teutonico chiama i Lituani Sar(r)aceni/Sarrazînen, neppure la Kronike von Pruzinlant di Jeroschin né la Livländische Reimchronik (v. infra): il termine sembra originario dell’area culturale francofona, in senso lato (A. V. Murray, The Saracens of the Baltic: Pagan and Christian Lithuanians in the Perception of English and French Crusaders to Late Medieval Prussia, in «Journal of Baltic Studies», 41/4 (2010), pp. 413-429). Oppure, come ipotizza H. Boockmann, il termine Sarraceni potrebbe essere stato usato da un chierico dell’Ordine che non era mai stato in Polonia e verosimilmente aveva scritto in Italia (Der Deutsche Orden. Zwölf Kapitel aus seiner Geschichte, Beck, München 19944, p. 89).

51 Soprattutto gli storici polacchi pensano che il documento della donazione di Corrado non fosse autentico – e il pontefice lo avrebbe sottoscritto in buona fede – perché troppo favorevole all’Ordine. Cfr. K. Górski, The Teutonic Order in Prussia, cit., pp. 17-18; A. Gieysztor et alii, Histoire de Pologne, PWN-Éditions Scientifiques de Pologne, Warszawa 1972, pp. 121-123. Inoltre cfr. M. Perlbach, Preussisch-polnische Studien zur Geschichte des Mittelalters, Niermayer, Halle 1886 (repr. Elibron Classics 2006), Heft I, pp. 78-87; il par. Un étrange document:

le traité de Kruschwitz, in S. Gouguenheim, Les chevaliers teutoniques, cit., pp. 168-173; D. Buschinger – M.

Olivier, Les chevaliers teutoniques, Ellipse, Paris 2007, pp. 100-103; L. Pósán, Prussian Mission, cit., pp. 429- 448; G. Labuda, Die Urkunden über die Anfänge des Deutschen Ordens im Kulmerland und in Preußen in den Jahren 1226-1243 [recte: 1234], in J. Fleckenstein – M. Hellmann (hrsg.), Die geistlichen Ritterorden, cit., pp.

299-316; D. Sikorski, Neue Erkentnisse über das Kruschwitzer Privileg. Studien zu Zeit, Umfeld und Kontext seines Entstehens, in «Zeitschrift für Ostmitteleuropa-Forschung», 51 (2002), pp. 317-350; M. Dorna, Die Deutschordensbrüder als Urkundenfälscher. Ein Beispiel aus der Frühgeschichte des Deutschen Ordens in Preussen, in R. Czaja – J. Sarnowsky (hrsg.), Die Rolle des Schriftlichkeit in den Geistlichen Ritterorden des Mittelalters (Colloquia Torunensia Historica XV), Wydawnictwo Uniwersytetu Mikołaja Kopernica, Toruń 2009, pp. 241-252. Apprezzabile in particolare il cap. Echt oder falsch? Die Kruschwitzer Urkunde von Juni 1230, in T.

Jasiński, Kruschwitz, Rimini und die Grundlagen des preussischen Ordenslandes, Elwert, Marburg 2008, pp. 21- 41, nel quale la querelle storiografica viene presentata con estrema semplicità: “Nel XX sec. gli studiosi che si occupano di questi documenti si dividono in due partiti. Gli storici tedeschi sostengono la loro autenticità, gli specialisti polacchi li ritengono un falso dell’Ordine Teutonico”: si elencano quindi punto per punto le argomentazioni di entrambe le parti; seguono (pp. 42-70) le prese di posizioni più recenti, dal 1991 in poi, dei vari esperti in materia.

52 Il 5 gennaio 1230 lo troviamo a Breslavia, un mese dopo a Merseburgo e successivamente, prima di rientrare in Italia attraverso la Francia, ad Aquisgrana (G. A. Donner, Kardinal Wilhelm von Sabina, Bischof von Modena 1222–1234. Päpstlicher Legat in den nordischen Ländern († 1251), Commentationes Humanarum Litterarum II.

5, Societas Scientiarum Fennica, Helsingfors 1929, pp. 156-157). Comunque l’estensore del Vertrag – afferma S.

Gouguenheim – doveva essere “un uomo che conosceva il diritto romano, che era amico dell’Ordine, che aveva davanti agli occhi la Bolla Omne datum optimum, capace pure di maneggiare il diritto signorile e che conosceva il cursus della cancelleria papale. L’insieme di tutti questi indizi mi spinge a ritenere Guglielmo di Modena come

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