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Si intende per poetica l’arte che concerne la poesia.

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Academic year: 2021

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I.

INTRODUZIONE

Non ha l'ottimo artista alcun concetto c'un marmo solo in sé non circoscriva col suo superchio, e solo a quello arriva la man che ubbidisce all'intelletto.

(Michelangelo Buonarroti, Rime 151, 1-4)

1.1 Una definizione di poetica

Si intende per poetica l’arte che concerne la poesia.

1

Studiare la poetica di un autore significa, dunque, immergersi nella sua produzione letteraria, analizzarne i contenuti, le modalità espressive, il linguaggio e le finalità, con lo scopo di individuare i princìpi che regolano la sua personale concezione del fare poetico e dell’essere poeta, nonché della stessa composizione.

Studiare la poetica di Aristofane significa dunque ricercare, all’interno delle sue commedie, le riflessioni che il nostro commediografo ha esercitato sul proprio operato e sulla propria attività, così come sul suo ruolo: queste potranno trovarsi espresse direttamente, attraverso consapevoli e chiare dichiarazioni, o per via allusiva, non direttamente esplicitate (ma non senza consapevolezza) sia nei luoghi convenzionalmente preposti a tali emersioni della voce del poeta, sia altrove, più difficilmente individuabili, attraverso una trama di fili rossi che indichino le linee portanti della sua concezione della poesia e dell’attività e ruolo del poeta.

1 Cfr. Arist. Po. 1447a8-13: Περὶ ποιητικῆς αὐτῆς τε καὶ τῶν εἰδῶν αὐτῆς, ἥν τινα δύναμιν ἕκαστον ἔχει, καὶ πῶς δεῖ συνίστασθαι τοὺς μύθους εἰ μέλλει καλῶς ἕξειν ἡ ποίησις, ἔτι δὲ ἐκ πόσων καὶ ποίων ἐστὶ μορίων, ὁμοίως δὲ καὶ περὶ τῶν ἄλλων ὅσα τῆς αὐτῆς ἐστι μεθόδου, λέγωμεν ἀρξάμενοι κατὰ φύσιν πρῶτον ἀπὸ τῶν πρώτων.

(2)

2 Oggetto del presente lavoro è analizzare una componente principale della poetica di Aristofane, quella dell’immagine e della riflessione che il poeta ha lasciato di sé, del suo ruolo e della sua attività: per comprendere, ritengo, i princìpi cardini e fondanti della concezione aristofanea della poesia, in particolar modo la poesia comica, sia essenziale e necessario individuare e partire dai luoghi in cui l’autore esponga, più o meno direttamente, la concezione che ha dell’essere poeta.

Si tratterà, di fatto, di partire dai luoghi convenzionalmente preposti a tale riflessione, ossia le parabasi: sedi della più esplicita voce del poeta, le parabasi risulteranno essere il punto di partenza imprescindibile per tentare di tracciare ed individuare anche al di fuori di esse, e all’interno dei frammenti, di più ovvio difficile intendimento, le linee portanti della concezione che Aristofane ha del suo ruolo e stato di poeta.

All’interno delle parabasi di Cavalieri, Nuvole, Vespe e Pace, si ritrovano

infatti quattro immagini poetologiche che molto avranno da rivelarci sulla

poetica di Aristofane, veicolate attraverso un sapiente uso e riuso di metafore

ancorate alla tradizione letteraria, soprattutto lirica: l’immagine del poeta-

marinaio, l’immagine del poeta-madre, l’immagine del poeta-auriga e

l’immagine del poeta-architetto serviranno a gettare delle profonde e stabili

fondamenta per la ricostruzione dell’edificio della poetica di Aristofane. A

partire da esse, sarà infatti possibile individuare alcune parole-chiave all’interno

della poetica di Aristofane. La ricerca sarà soprattutto lessicale: un solido

attaccamento al testo permetterà infatti di spaziare tra la produzione letteraria

greca antecedente ad Aristofane, e ad esso interna, senza perdere la bussola; a

partire dal lessico, infatti, si determinerà una rete costante di fili rossi che

permetterà di legare il contesto comico con la produzione che lo ha preceduto e

lo ha seguito, al fine di ricostruire il viaggio del lemma (nonché dell’immagine di

partenza) e il suo approdo in Aristofane. Questa rivelerà, spero, il grande debito

che Aristofane ha contratto nei confronti della tradizione poetico-letteraria per

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3 quanto concerne le metafore relative all’attività poetica: un aspetto, quello del debito tradizionale, che si vorrà sottolineare e sviluppare, con il fine di illuminare un’altra componente della poetica del commediografo ateniese, passata perlopiù sotto silenzio.

La sostanziale analogia che si riscontra, in termini di performance, tra la commedia e la lirica corale riguarda la presenza di un coro: nelle parabasi è ad esso, tramite la singola persona del corifeo, che il commediografo affida la sua personale visione dell’arte del fare poesia e dell’essere poeta, così come per Pindaro lo era il coro a cui affidava l’esecuzione della sua ode. Si giustifica, così, all’interno del nostro studio, un capitolo dedicato ai rapporti tra il coro e la voce del poeta, reso più complesso, in commedia, dal fatto che esso sia anche (ma non esclusivamente) personaggio attivo, una maschera.

Lo scopo del presente lavoro sarà, allora, anche quello di inserire la poetica di Aristofane all’interno di una ben consolidata linea tradizionale, così da poter schiarire, nel piccolo, un aspetto della commedia attica antica, di cui conosciamo ancora molto poco: il sapiente uso delle immagini poetologiche confermeranno la consapevolezza aristofanea del suo ποιεῖν e del suo essere un κωμῳδοποιητής; confermeranno parimenti il livello altamente e profondamente poetico-letterario delle sue stesse commedie, per esplicita volontà dell’autore.

Sarà dunque confermato il ruolo di primo piano giocato da Aristofane per quanto riguarda la riflessione e lo sviluppo della poetica greca, riassumibile in una sua matura consapevolezza del fare poesia.

2

Nota alle traduzioni: le traduzioni di Aristofane sono tutte da MASTROMARCO 1983b e da MASTROMARCO – TOTARO 2006, eccezion fatta per Ecclesiazuse e Pluto, tradotte da PADUANO 1984, VETTA 1989, e PADUANO 1988. Le traduzioni di Pindaro sono di PRIVITERA 1982 per le Istmiche; GENTILI 1995 per le Pitiche e GENTILI 2013 per le Olimpiche; per le Nemee la traduzione è mia, riadattata da PUECH 1958. Le altre traduzioni sono tutte regolarmente segnalate nel testo.

2 Così si apre il volume di ARRIGHETTI 1987, capitolo I.

(4)

4

II.

POETICA E PARABASI

2.1 La parabasi e la voce del poeta: un fenomeno agonale e letterario.

La parabasi, all’interno della struttura e della dinamicità della ἀρχαία – come noto

3

– occupa un posto di grande rilievo: recitata, cantata e ballata interamente dal coro, rimasto solo sulla scena

4

, essa si presenta un fertile terreno per gli studi di poetica. Le sue peculiarità non erano sfuggite agli antichi grammatici e lessicografi, che già la indicavano come la sede della più personale voce del poeta: e.g.

Σ [Tr

2

] Ar. Nu. 510c 8 – 10:

3 Per i contributi in tema di parabasi rimando a KOLSTER 1829; KOESTER 1835; KOCK 1856;

GENZ 1865; AGTHE 1866; COMBARIEU 1894; KÖRTE 1921, coll. 1242-48 per i più antichi; a SIFAKIS 1971; BOWIE 1982; HUBBARD 1991; TOTARO 1999; IMPERIO 2004 per le monografie più recenti e tuttora fondamentali. Tra le testimonianze antiche segnalo soprattutto Heph., περὶ ποιημάτων, VIII 72.11 – 73.10 Consbruch. Per quanto riguarda la posizione della parabasi all’interno della struttura della commedia, la questione è dibattuta: generalmente essa ricorre in posizione mediana, ma il fenomeno presenta in realtà una certa elasticità. La parabasi solitamente viene letta come una sorta di ‘spartiacque’, all’interno dell’economia del dramma, tra quanto precede e quanto segue: quest’ultimo, in linea di massima, non comporta azioni rilevanti per la riuscita del dramma, alla conclusione del quale porta mediante una serie di scontri/incontri tra l’eroe comico con alcuni personaggi ‘minori’ (i cui contenuti, però, non vanno certamente trascurati); su questo cfr. già HARSH 1934. Per la vexata quaestio dell’origine della componente parabatica nella commedia rimando alle discussioni e alla bibliografia riportata da SIFAKIS 1971, 15-20; HUBBARD 1971, 16 nn. 1-4; IMPERIO 2004, 11-14 e BIERL 2001, 346–361 e 347 n. 116 e 117 (= BIERL 2009, 310–325, e 310–311 n. 116 e 117)

4 Tra le sette parti ‘canoniche’ della parabasi (astrofiche: κομμάτιον, παράβασις ovvero οἱ ἀνάπαιστοι e πνῖγος, alle quali si deve aggiungere la sizigia epirrematica in responsione metrica aba’b’ formata da ode, epirrema, antode, antepirrema), il κομμάτιον fungeva da snodo tra l’episodio appena conclusosi e la nuova sezione parabatica: il coro, congedando tutti i personaggi presenti in scena e apprestandosi ad essere il solo protagonista, recitava una vera e propria introduzione alla parabasi propriamente detta, cioè gli anapesti. Per il forte legame tra queste due sezioni, è da notare che esso non è presente in assenza di questi ultimi.

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5 καὶ ταῦτα μέν εἰσι τὰ μέρη αὐτῆς, καλεῖται δὲ τὸ ὅλον παράβασις ἢ διὰ τὸ ἀπὸ ἑτέρας στάσεως προβαίνειν τὸν χορὸν εἰς τὸ μέσον καὶ λέγειν ἀφορῶντα πρὸς τὸν δῆμον, ἢ διὰ τὸ παραβαίνειν τὴν τάξιν τὸν ποιητὴν καὶ εἰσάγειν τὸ ἑαυτοῦ πρόσωπον.

Σ [anon. rec.] Ar. Nu. 518 c-d:

παράβασις δὲ λέγεται, διότι παραβαίνει ὁ ποιητὴς καὶ ἀπὸ τῆς δραματουργίας αὐτοῦ καὶ ἀπὸ τοῦ τόπου. … ὅτι ὁ ποιητὴς παραβαίνει ἐνταῦϑα τὴν τάξιν τοῦ δράματος αὐτοπροσώπως τοὺς λόγους ποιούμενος καὶ ὑπὲρ ἑαυτοῦ τούτους λέγων. παράβασις λέγεται τὸ παρόν, ἐπειδὴ ἐνταῦϑα παραβαίνει ὁ κωμικὸς τὴν ὑπόϑεσιν τοῦ δράματος καὶ εἰς οἰκείαν ὑπόϑεσιν μεταφέρει, ὥσπερ δὲ πρός τινας ϑεατὰς καὶ ἀκροὡμένους αὐτοῦ τὸν λόγον ποιεῖται. […] τοῦτο ἐκ προσώπου τοῦ ποιητοῦ.

Σ [vet.] Ar. Pax 734b 3:

… ὁπότε ἐβούλετο ὁ ποιητὴς διαλεχϑῆναί τι ἔξω τῆς ὑποϑέσεως ἄνευ τῶν ὑποκριτῶν πρὸς τὸ ϑέατρον διὰ τοῦ χοροῦ.

Poll. IV.111, 1-4:

τῶν δὲ χορικῶν ᾀσμάτων τῶν κωμικῶν ἕν τι καὶ ἡ παράβασις, ὅταν ἃ ὁ

ποιητὴς πρὸς τὸ ϑέατρον βούλεται λέγειν, ὁ χορὸς παρελϑὼν λέγῃ. ἐπιεικῶς

δ' αὐτὸ ποιοῦσιν οἱ κωμῳδοποιηταί, τραγικὸν δ' οὐκ ἔστιν·

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6 Aristofane utilizza spesso il termine οἱ ἀνάπαιστοι

5

per riferirsi alla seconda delle parti della cosiddetta parabasi

6

, sede di quelle che sono tra le più importanti dichiarazioni di poetica.

5 Cfr. Ar. Ach. 627; Eq. 504; Pax 735; Av. 684. L’utilizzo era diffuso anche tra gli altri poeti comici (cfr. Pherecr. fr. 84 K–A, Κοριαννώ) e il termine deve la sua fortuna al tipo di metro utilizzato in questa specifica sezione, ossia il tetrametro anapestico catalettico; tuttavia – come ormai noto (cfr.

già WHITTACKER 1935, 188-190; SIFAKIS 1971, 34-35; HUBBARD 1991, 18-19; IMPERIO 2004, 6) – non mancano i casi nella ἀρχαία in cui agli anapesti strutturali non siano associati gli anapesti lirici: il caso più emblematico sono gli anapesti delle Nuvole (vv. 518–562), composte – unicum tra le commedie aristofanee conservate per intero – in eupolidei, così come anche gli ‘anapesti’

dell’Άνάγυρος (Ar. frr. 58 – 59 K–A), Eup. fr. 89 K–A (Βάπται); Plato fr. 99 K–A (Παιδάριον);

erano utilizzati anche metri diversi, come il ‘cratineo’, il ‘ferecrateo’, il ‘platonico’. Che gli eupolidei fossero un metro associato alla critica, alla polemica e agli attacchi contro Eupoli è un’ipotesi di PERUSINO 1987, 19, testimoniata dai rivisitati anapesti delle Nuvole in eupolidei e dai già sopra citati frammenti parabatici dell’Άνάγυρος (Ar. frr. 58 – 59, di polemica eupolidea in eupolidei) e dalla risposta del diretto interessato nei Βάπται (Eup. fr. 89 K–A, eupolidei di evidente replica alle accuse delle Nuvole). Un cospicuo utilizzo dell’eupolideo nella parabasi è fatto da Ferecrate: cfr. frr. 34 (Αὑτόμολοι), 52 (Δουλοδιδάσκαλος), 70 (Ἰπνὸς ἢ Παννυχίς), 102 (Κραπάταλοι), 127 (Μυρμηκάνϑροποι), 139 (Πέρσαι) e 204 K–A (adesp.); anche Crat. frr. 357 e 75 K–A, la cui ricostruzione metrica in eupolidei è però incerta; discusso è il caso degli eupolidei in Crat. fr. 105 (Μαλϑακοί), la cui attribuzione alla sezione parabatica (cfr. BERGK 1838, 125: “sunt hi versus ex ipsa parabasi petiti” e WHITTAKER 1935, 188: “seems to come from a eupolidean ἁπλοῦν in which the chorus of effeminates are describing their own dainty habits.”) era già messa in dubbio da KÖRTE 1921, col. 1243, 25 (“Parabesen in Eupolideen hatten wahrschleinlich Kratinos’ Μαλϑακοί (frg. 98 [Kock = 105 K–A], doch ist die Zugehörigkeit zur Parabase unsicher).) e da LUPPE 1973, 276 etc. (“während die entsprechende Zuordnung einzelner eupolideischer Fragmente anderer Dichter mehr oder weniger ungewiss bleibt”.). Altri frammenti comici provenienti da parabasi sono da riscontrare in Eup. frr. 173 (Κόλακες, tetrametri peonici dalla seconda parabasi), 392 K–A (adesp., tetrametro trocaico catalettico dall’epirrema, cfr. Kock “est initium et clausola epirrhematis” ad loc. = 357 Kock); Lysipp. fr. 4 K–

A (Βάκχαι; cfr. K–A ad loc. “de se loquitur comicus”); Metag. fr. 15 K–A (Φιλοϑύτης; cfr.

WHITTAKER 1935, 190: “seems to come from an anapaestic ἁπλοῦν in which the poet praises his own works.”); frr. adesp. 246 (peraltro in eupolidei; cfr. WHITTAKER 1935, 190: “a eupolidean, seems to come from a ἁπλοῦν touching on literature, for it mentions how a certain poet, perhaps the writer himself, used to please his audience.”) e 209 K–A (cfr. KOCK ad loc. = 47 Kock: “ex initio parabasis” e WHITTAKER 1935, 190: “[it] is probably part of an anapaestic commation, addressing the audience in the scornful manner which seems to have been fashionable.”).

6 Questa seconda sezione è poi nota anche con il nome più generico (e per noi più ambiguo) di παράβασις, soprattutto tra gli antichi commentatori ed esegeti: vedi IMPERIO 2004, 6 e n.7 per una ricca campionatura. È noto (cfr. GELZER 1960, 204; HÄNDEL 1963, 96; SIFAKIS 1971, 60-68;

IMPERIO 2004, 9-10) come il frequente utilizzo del verbo παραβαίνειν all’inizio della parabasi

‘vera e propria’, cioè degli anapesti, costituisca la prova maggiore che in origine il termine παράβασις doveva riferirsi alla sola sezione degli ἀνάπαιστοι: cfr. Ar. Ach. 629; Eq. 508; Pax 735;

Th. 785; Pl. Com. fr. 99 K-A.

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7 È merito di Hubbard

7

aver individuato la letterarietà intrinseca al fenomeno parabatico: “My own perspective on the parabasis is conditioned by the view of it as fundamentally a product of self-conscious literary evolution with distinctly literary purposes”, in quanto contraddistinta da tre caratteristiche essenziali, evidenti in tutte le sopravvissute parabasi aristofanee

8

, che la rendono un prodotto letterario, con una sua storia e un suo significato: “the parabasis is extradramatic … self-critical … intertextual.”

9

Per il nostro studio è interessante e importante la nozione di self-criticism

10

, la stessa che ricordavano già gli antichi grammatici, commentatori e lessicografi sopra riportati, a proposito della parabasi ‘vera a propria’, sede, a loro parere, della “maschera del poeta”: egli, grazie al movimento compiuto dal coro lungo la ‘piattaforma a T’

11

della scena,

7 Il quale aveva preso le mosse dalle già interessanti conclusioni dello studioso cretese Sifakis. La citazione seguente è da HUBBARD 1991, 27.

8 Come noto, tra le commedie di Aristofane pervenute per intero, presentano una parabasi

‘completa’ (così viene definita dagli antichi esegeti: τελεία – cfr. Σ [vet] Ach. 626a2, Eq. 498a5, Nu.

510a9, [an. rec.] Nu. 518c1, [Tr] Nu. 1115b4, [vet] Pax 729c1; Heph. περὶ ποιημάτων VIII, 72.12 Consbruch – quando composta dalle sette parti canoniche) solo quattro commedie: Acarnesi, Cavalieri, Vespe , Uccelli; è ‘incompleta’ (ἀτελής; οὐ τελεία; ἐλλιπής: cfr. Σ [vet] Ar. Nu. 510a9, Pax 729a1, [Tr] Pax 729c2) in Nuvole (priva di pnigos), Pace (priva di epirremi), Tesmoforiazuse (priva di kommation, odi e antepirrema), Lisistrata (priva di tutta la sezione astrofica), Rane (priva di tutta la sezione astrofica). Essa manca completamente in Ecclesiazuse e Pluto. Per la ripetizione in alcune commedie (Cavalieri 1264 – 1315, Nuvole 1115 – 1130, Pace 1127 – 1190, Uccelli 1058 – 1117) della della sizigia epirrematica, nota come ‘seconda parabasi’, cfr. TOTARO 1999, su questo fondamentale: “Le seconde parabasi sono costituite da una sizigia epirrematica (anche con questo nome vengono notate negli scoli) ovvero da parti di una sizigia: ripetono cioè, in maniera completa o parziale, la sezione strofica (ode, epirrema, antode, antepirrema, in responsione metrica aba’b’) che nelle prime parabasi segue alla parte astrofica … Le seconde parabasi presentano motivi ricorrenti nelle prime parabasi. … Sotto il profilo metrico, le sizigie epirrematiche di seconde parabasi presentano una sostanziale omologia con quelle di prime parabasi, caratterizzate dalla varietà ritmica delle odi e dalla ricorrenza del tetrametro trocaico catalettico negli epirremi” (ibid. 5, 9, 17).

9 HUBBARD 1991, 28 – 30.

10 La Selbstdarstellung già avvertita da Händel nella sua monografia sulle forme i modi della rappresentazione in Aristofane del 1963 come prerogativa essenziale del momento corale parabatico: cfr. il cap. III, p.84 ss., “Parabase – Die Stoffe des komischen Chores”.

11 A proposito della ‘piattoforma T’, una passerella sopraelevata in legno, che doveva verosimilmente consentire il cammino del παραβαίνειν, cfr. la recentissima discussione e la ricca rassegna bibliografica proposta da C. Papastamati-Von Moock, The Theatre of Dionysos Eleuthereus in Athens, in Greek Theatre in the Fourth Century B.C., edited by E. Csapo – H. R. Goette – J. R. Green – P. Wilson, Berlin-Boston 2014, 15-76, pp. 63ss., soprattutto nn. 194 e 204; cfr. p. 64: “it has been interpreted as a base for the skenographia or for a wooden propylon integrated into it, as the foundations of a staircase or massive underpinnings for a second storey, or as a base for the stage

(8)

8 si avvicinava per mezzo di questi agli spettatori e con essi instaurava un dialogo, senza alcuna maschera drammatica

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, così da poter dire ἃ ὁ ποιητὴς πρὸς τὸ ϑέατρον βούλεται λέγειν: “the vital point of a comic parabasis is the arrival of the poet on stage, notionally or through dramatic impersonation by his chorus.”

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Il presupposto per comprendere a pieno il fenomeno poetologico parabatico – quello insito negli anapesti – è la dimensione agonistica artistica

14

e politica

15

nella quale questo assume forma ed espressione: l’istituzione degli agoni comici e il fervore politico della Atene della metà del V secolo, nonché del filone cosiddetto ‘impegnato’

16

della ἀρχαία.

machinery or the ekkyklema”. Cfr. anche le figg. 1.2 (p. 19) e 1.34 (p. 60) per la ricostruzione planimetrica.

12 Così vanno intese, a mio parere, le notazioni di τὸ ἑαυτοῦ πρόσωπον (Σ [Tr2] Ar. Nu. 510c 10);

αὐτοπροσώπως (Σ [anon. rec.] Ar. Nu. 518c); ἐκ προσώπου τοῦ ποιητοῦ (Σ [anon. rec.] Ar. Nu.

518d). Per la discrasia tra il corifeo e il poeta nei luoghi parabatici e il confronto con la situazione della lirica corale, vedi infra, capp. 3.1 e 3.3.

13 BILES 2001, 35. Non ritengo personalmente accettabile, né tantomeno convincente, la posizione di DWORA 1997, secondo cui, a partire presumibilmente da Plato fr. 99 K–A e dalle parabasi principalmente di Acarnesi e Pace, “comic poets sometimes appaered personally in the theatre”

(143), per pronunciare quegli interventi parabatici ‘veri e propri’ (gli anapesti) che si ritrovano in prima persona.

14 SIFAKIS 1971, 61: “In the first place, P[arabasis] presupposes dramatic festivals and poetic competitions. […] Besides, the spirit in which P[arabasis] is written (the rivalry of the comic poets and the discussion of their art and conduct in public) presupposes the indisputable poetic and social status of the comic playwrights of the fifth century, which of course does not apply to the forgotten pioneers of Attic comedy.”

15 Fatto che però sfugge allo studioso cretese: cfr. MASTROMARCO 1987, 81: “e tuttavia sembra sfuggire allo studioso greco che il motivo eulogico trae ispirazione non solo dall’impegno artistico del poeta, ma anche da quello politico.” In realtà, si intravede un barlume, soffocato però nel giro di poche righe, in cui Hubbard inizialmente accomuna l’impegno artistico del poeta (all’interno della nozione di self-criticism) all’ impegno civile (non propriamente politico, ma sarebbe il passo necessario per arrivarvi): “Comedy is in its essence an act of civic self-criticism, and the parabasis is Comedy’s own pivotal moment of self-criticism”, per poi negare alla parabasi – e all’intero dramma – di sfociare nel “self-righteousness” o nel “didact preaching” (HUBBARD 1991, 29).

16 Classica e nota la convenzionale ripartizione della commedia attica antica in due filoni,

‘impegnato’ o ‘politico’ e ‘disimpegnato’, ‘tradizionale’ o ‘di evasione’, tra i quali l’elemento discriminante è relativo all’aderenza al contesto politico, che si realizza nell’ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν.

Prova ne è l’elogio che Aristotele dedica a Cratete (insieme a Ferecrate e Nicofonte uno degli esponenti del filone disimpegnato): τῶν δὲ Ἀϑήνησιν Κράτης πρῶτος ἦρξεν ἀφέμενος τῆς ἰαμβικῆς ἰδέας καϑόλου ποιεῖν λόγους καὶ μῦϑος (Arist. Po. 1449b 8-10). Il riferimento di Aristotele alla ἰαμβικῆς ἰδέα è in luogo dell’ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν che tanta parte ha avuto nella caratterizzazione del periodo antico della commedia attica. Cfr. MASTROMARCO 1988, 523-525.

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9 Innanzitutto, l’istituzione degli agoni comici. Non è questa la sede per ritornare sulla vexata quaestio

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riguardante l’origine e lo sviluppo della commedia

17 Ἡ δὲ κωμῳδία διὰ τὸ μὴ σπουδάζεσϑαι ἐξ ἀρχῆς ἔλαϑεν (Arist. Po. 1449a38-39). La critica sull’origine della commedia inizia principalmente con Arist. Po. 1448a30–b3, 1449a4, 1449a10-12, 1449b6-9. Tra i fiumi d’inchiostro versati dai moderni sulla questione si cercherà di dare una campionatura essenziale, non certamente esaustiva: cfr. CORNFORD 1914 (antropologo convinto che la forma canonica dell’intreccio comico conservi l’azione stereotipata di un rituale o di un dramma popolare – l’origine rituale della commedia antica è associata a quella della tragedia, cfr.

p. 190: “Athenian Comedy arose out of a ritual drama essentually same in type as that from which Professor Murray derives Athenian Tragedy”, altrimenti detta “outline ritual-plot, composta da agone, sacrifico, festa e processione nuziale – e del carattere indigeno della commedia attica, in quanto il rituale alla base della tragedia era originario dell’Attica. L’autore rientra, assieme a Murray, tra la schiera dei ‘ritualisti’, i pionieri dell’antropologia del mondo antico.); HERTER 1947 (l’evoluzione della commedia, per lo studioso, sarebbe da rimandare alle danze cultuali itifalliche o teriomorfiche; l’origine degli attori e del coro è riconosciuta come attica, ma si trova restio nell’ammettere la presenza di un’influenza dorica); POHLENZ 1949 (la sua tesi vuole die Entsehung der attischen Komödie in τὰ φαλλικά, le processioni falliche facenti parte del culto di Dioniso; viene accettata pertanto la tesi di KÖRTE 1921 che la commedia attica, nelle sue componenti, abbia una duplice derivazione: da una parte, il coro sarebbe di origine indigena attica, gli attori – e il loro costume – invece di importazione dorica.); PICKARD-CAMBRIDGE 1962 (Lo studioso, riconosciuta la connessione tra κωμῳδία e κῶμος, ammette che “we have no direct evidence for the existence of the exact kômos which we want to explain the epirrhematic parts of comedy” ma trova che “the existence of a form so persistent of a kômos of a similar type as that of the Parodos-Agôn-Parabasis structure can almost itself be taken as evidence for the existence of a kômos of a similar type before the Old Comedy (which combines this with scenes of a quite different origin) was produced:…we must postulate the existence of a conventional epirrhematic form…associated with it. This assumption…seems more satisfactory than the attempt to extract comedy from the performance of the pallophoroi [e ithyphalloi come riconosceva poco più sopra]” (p. 150-151). Per l’importante relazione che instaura tra l’origine della commedia anche con i cori animaleschi, cfr. 152-156); GIANGRANDE 1963; WEST 1974 (secondo cui la commedia avrebbe avuto origine dalla presunta performance dei giambi di Archiloco a Paro nel VII secolo e di Ipponatte a Efeso o Clazomene un secolo dopo; cfr. 22-39, 126, 142-143); ROSEN 1988 (egli basa il suo contributo sull’affermazione aristotelica che la commedia avrebbe avuto origine da quanti πρῶτον ψόγους ποιοῦντες (1448b27, concetto ripreso a 1449a4-5), così da legare con un filo rosso lo ψόγος dei giambografi ionici con lo ψόγος dei comici antichi, di cui costituisce “a direct literary ancestor” (p. 1). Le finalità del suo studio non sono legate propriamente alla questione dell’origine della commedia, ma vogliono offrire un contributo alla contestualizzazione e comprensione del fenomeno letterario comico, ponendo l’accento sulla consapevolezza dei commediografi del loro precedente giambico.); LEONHARDT 1991 (il quale rilegge il celebre passo di Arist. Po. 1449a 10-12 invertendo i referenti di ἡ μὲν…ἡ δὲ: di fronte ad una possibile ambiguità – come in questo caso – Leonhardt è convinto che la soluzione per leggere al meglio il passo sia il chiasmo, non il parallelismo, attribuendo quindi il primo ἡ alla commedia, la quale deriverebbe allora ἀπὸ τῶν ἐξαρχόντων τὸν διϑύραμβον, e il secondo – di conseguenza – alla tragedia, ἀπὸ τῶν τὰ φαλλικὰ. Sulle perplessità che questa tesi – molto radicale – ha suscitato cfr. R. Seaford, CR 1993 43, 180; SIFAKIS 2006, 21; per un giudizio positivo di questa, cfr. R.C. Schmiel, BMCR, 03.04.04); CSAPO – SLATER 1995 (cap. II); BIERL 2001 (la cui analisi è incentrata sul coro dell’antica commedia come elemento rituale fondativo di quest’ultima; cfr.

362: “Der Chor oder Komos stellt das rituelle Grundelement der Komödie dar, um das siche ine lächerliche, das Eposodenhafte bevorzugende Handlung rankt. Entsprechend den

(10)

10 fino all’istituzione degli agoni comici

18

, bensì preme sottolineare il rapporto che si instaura tra la commedia e il momento della sua rappresentazione durante gli agoni. Il poeta, negli anapesti, non si rivolge al pubblico con il semplice scopo di spiegare qualcosa solo relativamente a se stesso o alla sua carriera o produzione poetica; questi andranno calati nella realtà del momento della rappresentazione, della performance, cioè nel contesto di un agone, di una gara poetica: “the poets, in the context of the dramata competitions defend in P[arabasis] their positions, reply the accusations, attack their rivals, and do their best to win to their side the

Gattungsegesetzen ist die Geschlossenheit einer seogenannten Illusion nicht beabsichtigt. Der Chor stellt das Verbindungselement zur Lebenswelt des Hier und Jetzt dar, das die Distanz zum Publikum aufzuheben vermag.”= BIERL 2009, 327.); KERKHOF 2001 (per le importanti relazioni con Epicarmo); RUSTEN 2006 (la convinzione dell’autore riguardo un qualsiasi studio sull’origine della commedia è che questo rimanga “a speculative or perhaps even a vain one” in quanto è difficile che “a genre so rebellious and so diverse as comedy should have a single inventor or an orderly pattern of growth. What remains striking is how many forms of performance there seem to have been in the sixth century that contained comic elements.All these forms of “pre-comedy” show some evidence of existing at the beginning of the fifth century…While almost all these forms were available to Chionides and his competitors to exploit and imitate in their new “Comedy,” by the end of the 480s there seems to be only one, the officially authorized komoidoi.” (54-55) Il giudizio dell’autore vuole allora che sia dia la giusta importanza a tutti e tre i “candidati” e le conseguenti implicazioni: le processioni falliche, la commedia dorica e Susarione (su questo cfr. la sua sola attestazione in Jacoby FGrHist.239 A 39

= PCG Susarion T1).); ROTHWELL 2007 (per un’analisi dettagliata del cori comici animaleschi a partire dall’affermazione dell’origine della commedia dal κῶμος, una processione rituale compiuta in una situazione di generale ebbrezza); STOREY 2010 (lo studioso offre – prima di passare ai protagonisti della prima fase della commedia – un rapido excursus tra le varie posizioni che hanno animato il dibattito sulla sua origine, abbracciando l’idea che questa abbia avuto inizio dai cori animaleschi: “Comedy is very probably the product of animal choruse, padded dancers, prancing satyrs, and komasts abusing spectators and one another festivals” (p. 184).); RUSTEN 2011 (si tratta di un volume di estrema importanza per qualsiasi studioso di commedia – ἀρχαία, μήση e νέα –, in quanto raccoglie tutti i testimonia, i fragmenta e le fonti scritte e figurative necessari per uno studio completo del fenomeno comico, dalle origini al 280. Per una veloce introduzione al problema dell’origine della commedia, cfr. 16-17, per la discussione delle fonti su questo, cfr. 45-58.); cfr. anche CSAPO – MILLER 2007 per uno studio sull’origine del teatro antico;

CSAPO 2015; WILLI 2015 (per le relazioni con Epicarmo).

18 Ammessi, come noto, alle Grandi Dionisie solo nel 487/86 e alle Lenee circa mezzo secolo dopo, nel 440; di qui il rammarico di Aristotele: cfr. Arist. Po. 1449a37 – b5: αἱ μὲν οὖν τῆς τραγῳδίας μεταβάσεις καὶ δι' ὧν ἐγένοντο οὐ λελήϑασιν, ἡ δὲ κωμῳδία διὰ τὸ μὴ σπουδάζεσϑαι ἐξ ἀρχῆς ἔλαϑεν· καὶ γὰρ χορὸν κωμῳδῶν ὀψέ ποτε ὁ ἄρχων ἔδωκεν, ἀλλ' ἐϑελονταὶ ἦσαν. ἤδη δὲ σχήματά τινα αὐτῆς ἐχούσης οἱ λεγόμενοι αὐτῆς ποιηταὶ μνημονεύονται. τίς δὲ πρόσωπα ἀπέδωκεν ἢ προλόγους ἢ πλήϑη ὑποκριτῶν καὶ ὅσα τοιαῦτα, ἠγνόηται. Per la datazione degli agoni comici alle Grandi Dionisie, importante è la notizia riportata dalla Suda su Chionide (χ 318

= Chionides T1 K–A), conforme all’informazione presente in IG II2 2325.

(11)

11 audience and the judges who will eventually confer the victory on one of the contestants.”

19

. Il poeta comico, nel momento stesso in cui fa pronunciare gli anapesti parabatici, è del tutto consapevole del ruolo che essi giocano non solo sul piano letterario, indice dell’alto grado di consapevolezza del suo ruolo di poeta, ma anche – e non è da poco – sul piano dell’hic et nunc, cioè del contesto agonale, necessario, in cui un poeta è in gara con altri poeti, di fronte ad un grande pubblico

20

e soprattutto ad una sola giuria

21

, che decreterà un solo

19 SIFAKIS 1971, 60.

20 È ormai noto che agli agoni teatrali, uno dei momenti più significativi per la vita sociale della polis, fossero ammessi tutti i cittadini, da quelli più ricchi a quelli più poveri, senza alcuna selezione sociale, in quanto per i meno abbienti era stato istituito il ϑεωρικόν, un contributo statale che permetteva loro di assistere gratuitamente rappresentazioni pubbliche teatrali. Su questo cfr. PICKARD-CAMBRIDGE 1998 (trad. it.), 366 – 369. (La notizia riportata da Plut. Per. 9, 2-3, che sia stato Pericle a istituire questa “provvigione atta a consentire l’accesso a teatro” – PICKARD-CAMBRIDGE 1998, 366 – è accettata come genuina da MASTROMARCO 1994, 7, ma rigettata da Ruschenbusch, E., “Die Einführung des Theorikon”, ZPE 13 (1979), 303 – 308 e da Rhodes, P.J., A Commentary on the Aristotelian «Athenaion Politeia», Oxford 1981, 514, in quanto da riferirsi ad epoca posteriore, cioè al IV secolo). Altrettanto noto è il diverso pubblico assistente alle commedie rappresentate agli agoni lenaici (celebrati durante il mese attico di Gamelione, tra gennaio e febbraio, e presieduti dall’arconte re) e a quelli dionisiaci (celebrati nel mese attico di Elafebolione, tra marzo e aprile, e presieduti dall’arconte eponimo): ai primi non erano ammessi stranieri ed erano destinati, quindi, esclusivamente agli Ateniesi e ai meteci (a questo proposito, cfr. Ar. Ach. 502 – 508). È una delle tante vexatae quaestiones se anche le donne fossero ammesse alle rappresentazioni teatrali: secondo PICKARD-CAMBRIDGE 1996 (trad. it.), è fuor di dubbio che alle rappresentazioni fossero presenti i bambini (cfr. 362 n.6; la critica moderna ha dimostrato una certa ambiguità nel distinguere e discernere le fonti riguardanti i bambini e le donne, cfr. ibid.

n.8), mentre invece non assicura niente circa la presenza delle donne, le testimonianze a riguardo delle quali “non sono completamente convincenti” (p. 362); secondo MASTROMARCO 1994, 7- 8, sulla base di due passi aristofanei (Pax 962 – 967 e Av. 793 – 796), sembrerebbe essere lecito concludere che “pure le donne, anche se in numero inferiore agli uomini, partecipassero agli agoni comici: istituzionalmente escluse dai settori privilegiati che si trovavano dalle prime file della cavea [e penso che ciò sia confermato anche dal passo della Pace che l’autore porta a sostegno della tesi], le donne, accompagnate dai mariti (ovvero, nel caso delle nubili, dai padri o dai parenti maschi autorizzati) avranno preso posto nei settori che corrispondevano alle dieci tribù ateniesi.”

Controverso anche il numero degli spettatori che il teatro di Dioniso potesse a contenere: secondo MASTROMARCO 1983, 14-15 (n.6), “la cifra più vicina alla realtà sembra quella di quindicimila persone.” PICKARD-CAMBRIDGE 1996 (trad. it.) 361, afferma che “dopo la ristrutturazione di Licurgo, il teatro può aver contenuto da quattordicimila a diciassettemila spettatori”.

21 La giuria preposta al giudizio delle commedie in gara era formata dai rappresentati delle dieci tribù ateniesi. Come noto, gli agoni drammatici erano preceduti da un complesso e lungo iter:

dapprima, all’inizio del nuovo anno attico (nel mese di Ecatombeone, tra giugno e luglio), la designazione dei cittadini più abbienti a cui affidare la liturgia della coregia, poi la scelta dei drammaturghi in gara per i successivi agoni – tra quanti richiedevano il coro (χόρον αἰτεῖν) – da parte dei rispettivi arconti sulla base dei soli canti corali, consegnati, quindi, tra i sei e i nove mesi prima. Su questo e sui tempi di composizione cfr. RUPPEL 1913, il quale già dimostrò, per l’insito

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12 vincitore.

22

In questo contesto trova significato la presenza della ‘voce del poeta’

23

: “the parabasis is … about the poet and his participation in the competitive production”

24

, essa stabilisce e definisce il poeta come partecipante alla gara, e diventa, con la sua rappresentazione in termini elogiativi (εὐλογία

25

), una vera e propria provocazione ai suoi rivali: “Attacks and counterattacks on comic competitors were the stuff of parabatic discourse. […] The parabasis is in

legame tra il genere comico e la realtà politica in esso rispecchiata, che “die aristophanischen Komödien in allgemeinen die Verhältnisse Athens im fümften bis vorletzten Monat vor der Aufführung widerspiegeln. […] Da ist soviel erwiesen, das die Komiker (und wohl überhaupt Dramatiker) in damaliger Zeit ihre Stücke beim Amstsantritt der Archonten, unter denen sie aufführten, n i c h t eingereicht haben. Wenn überhaupt die Einreichenpflicht bestand so können die aristophanischen Komödie fruhestens 2-1 Monat von der Aufführung dem Archon vorgelegt worden sein.” (pp. 55; 57); MASTROMARCO 1983 (8 – 12) e 1994 (11 – 14); CASSIO 1987 (1, 9:

“Rimane il fatto incontrovertibile che le commedie in genere rispecchiano avvenimenti non anteriori al quinto mese prima della rappresentazione … Alle deduzioni dei moderni bisognerà dunque aggiungere questa importante testimonianza ‘interna’ di Aristofane stesso [la parafrasi riportata da Galeno, ora Ar. fr. 346 K–A, attribuito alle Tesmoforiazuse seconde, in cui Aristofane chiede scusa ai suoi spettatori per eventuali manchevolezze della sua commedia, dovuti ad una malattia perdurata per tutto i quattro mesi precedenti alla rappresentazione]: essa rende più che inverosimile l’idea che le commedie fossero già bell’e pronte (sempre in termini di calendario gregoriano) tra il giugno e il luglio dell’anno precedente a quello delle rappresentazioni, quando l’arconte ‘dava il coro’.”

22 Cfr. REVERMANN 2006, 8 – 9; 20: “Greek drama of the fifth century was written for (usually competitive) performances and with a performance in mind….Over the past forty or so years there has been an increasing awareness of the necessity to analyse dramatic texts of all periods and theatrical traditions not as texts printed in a book but as plays which were performed on a stage with an audience watching. […] There can be no doubt that the vast majority of Greek drama ever written was produced as part of competitions, and fierce ones at that. A been recognized at least since the days of Jacob Burchardt, an agonal spirit pervades greek social pratices: if there is no competition, Greeks are sure to create one. Instutionalized head-to-head competition is in fact what sets the Greek theatrical tradition apart from all other theatre traditions known to me. It is in its festival culture that the agonal streak of Greek culture find its perhaps fullest expression. The Great Dionysia, to take the best-documented and most-discussed festival, were soaked with the spirit of competitiveness: playwrights, actors, choregoi, aulos players, choruses, tribes all battled for the prestige of victory in what must, for the most part, have been top-notch fields. Aristophanes’ sensitivity about having come ‘only’ third with the Clouds in the (high-calibre) competition of 423 als reveals a relentlessly competitive spirit.” In relazione alla parabasi, 23: “This is most loudly articulated by the metatheatrical outspokenness of comic playwrights (especially in the parabasis), itself being a competitive act of self-marketing, brand promotion and product placement in the business place of comedy.”

23 La felice espressione è di DOBROV 1995, 47 – 97.

24 BILES 2011, 40.

25 Cfr. e.g. Ar. Pax 734 – 738: Χρῆν μὲν τύπτειν τοὺς ῥαβδούχους, εἴ τις κωμῳδοποητὴς / αὑτὸν ἐπῄνει πρὸς τὸ ϑέατρον παραβὰς ἐν τοῖς ἀναπαίστοις. / Εἰ δ' οὖν εἰκός τινα τιμῆσαι, ϑύγατερ Διός, ὅστις ἄριστος / κωμῳδοδιδάσκαλος ἀνϑρώπων καὶ κλεινότατος γεγένηται, / ἄξιος εἶναί φησ' εὐλογίας μεγάλης ὁ διδάσκαλος ἡμῶν.

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13 its very essence grounded in an atmosphere of developed agonistic competition and intense literary allusion, wherein the poets sought and created for themselves visible public identities.”

26

A questo proposito si possono richiamare, e.g., l’incipit degli eupolidei delle Nuvole (vv. 520 – 521: οὕτω νικήσαιμί τ' ἐγὼ καὶ νομιζοίμην σοφὸς / ὡς ὑμᾶς ἡγούμενος εἶναι ϑεατὰς δεξιοὺς), in cui Aristofane chiede esplicitamente la vittoria e di essere stimato un valido poeta, e i versi finali degli stessi (vv. 551 – 559: οὗτοι δ', ὡς ἅπαξ παρέδωκεν λαβὴν Ὑπέρβολος, / τοῦτον δείλαιον κολετρῶσ' ἀεὶ καὶ τὴν μητέρα. / Εὔπολις μὲν τὸν Μαρικᾶν πρώτιστον παρείλκυσεν / ἐκστρέψας τοὺς ἡμετέρους Ἱππέας κακὸς κακῶς, / προσθεὶς αὐτῷ γραῦν μεθύσην τοῦ κόρδακος οὕνεχ', ἣν Φρύνιχος πάλαι πεπόηχ', ἣν τὸ κῆτος ἤσθιεν. / εἶθ' Ἕρμιππος αὖθις ἐποίησεν εἰς Ὑπέρβολον, / ἅλλοι τ' ἤδη πάντες ἐρείδουσιν εἰς Ὑπέρβολον, / τὰς εἰκοὺς τῶν ἐγχέλεων τὰς ἐμὰς μιμούμενοι), in cui la polemica con i commediografi suoi rivali (Eupoli, Frinico e Ermippo) è molto accesa – soprattutto per l’accusa di plagio – e che si chiudono con una netta presa di distanza da essi (vv. 560 – 562: ὅστις οὖν τούτοισι γελᾷ, τοῖς ἐμοῖς μὴ χαιρέτω. / ἢν δ' ἐμοὶ καὶ τοῖσιν ἐμοῖς εὐφραίνησϑ' εὑρήμασιν, / εἰς τὰς ὥρας τὰς ἑτέρας εὖ φρονεῖν δοκήσετε).

La nozione di competitività agonale insita negli anapesti parabatici è propria anche dell’altra grande sezione caratteristica del genere comico, l’agone epirrematico

27

: esso, portando sulla scena uno scontro verbale – di grande rilievo per l’economia drammatica e decisivo per lo svolgimento e l’esito della

26 HUBBARD 1991, 32-33, il quale aggiunge ibid.: “This environment is indeed remote from Comedy’s ritual origins in the countryside.” Cfr. anche SIFAKIS 1971, 68: “it [scil. the parabasis]

is a sophisticated device which originated in the competitive spirito of the fifth-century dramatic festivals, and developed in accordance with the rules of a dramatic technique that enabled the actors to address the audience either as a characters of the play, or as member of group pf performers under the leadership of the poet-producer”.

27 Cfr. su questo GELZER 1960 (p. 190: “Der epirrhematische Agon und die Parabase zeichnen sich durch ihre typische, feste Form aus.”).

(14)

14 commedia – tra i due protagonisti

28

o tra due personaggi ‘minori’

29

, si realizza come specchio drammatico della situazione in cui si trova ad essere attuato, ossia l’agone comico, in cui a scontrarsi sono i pensieri, le idee, le trovate e le posizioni dei vari commediografi (in gara e non): “Just as the opponents in the context of the epirrhematic agon defend their positions, try to impose their views, and to do their best to win to their side the chorus, which in end confirms the victory of one of them with its ‘seal’, so the poets, in the context of the dramata competitions defend in P[arabasis] their positions…”

30

Ma non si esaurisce certo nella competizione e nella polemica con gli altri poeti comici il significato più profondo della parabasi: come ha messo bene in luce Hubbard, due delle tre caratteristiche essenziali della parabasi sono il self- criticism e la intertextuality. Queste due nozioni abbracciano la sfera riguardante il solo poeta e intrecciano tra la sua produzione una fitta rete di fili rossi, che procedono vicendevolmente dal poeta alle sue opere e tra le commedie stesse.

Con la strategia drammatica (e poetica) del παραβαίνειν

31

, l’autore porta sulla scena la sua eulogia e apologia, congiuntamente all’invocazione delle Muse e di divinità tutelari

32

e alla ‘captatio benevolentiae’: “momento celebrativo e autoreferenziale par excellence, la parabasi è anche la sezione strutturale che, attraverso le complesse e articolate dinamiche su esaminate di eulogia e/o apologia del poeta … più incisivamente veicola e orienta il favore del pubblico nei confronti della commedia portata in scena e del suo autore, ponendo in atto

28 Come nel caso delle Vespe, in cui l’agone è tra Filocleone e Bdelicleone (vv. 527 – 727) o dei Cavalieri, tra Paflagone e il Salsicciaio (vv. 304 – 460).

29 Cfr. e.g. l’agone tra il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore nelle Nuvole (vv. 949 – 1104).

30 SIFAKIS 1970, 60.

31 A cui è associata l’azione di ἀποδῦναι in Ach. 627: Ἀλλ' ἀποδύντες τοῖς ἀναπαίστοις ἐπίωμεν.

32 Conformemente al tono enfatico e solenne e ai contenuti di ambito poetico-programmatico, le invocazione presenti diffusamente nelle odi possono “venire ad assumere la forma di veri e propri ὕμνοι κλητικοί, in cui il coro invoca divinità ovvero Muse ‘specializzate’ perché lo assistano o addirittura vi si uniscano nel canto e nella danza.” (IMPERIO 2004, 93)

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15 forme svariate, esplicite e implicite, di captatio benevolentiae nei confronti del pubblico e /o dei giudici dell’agone comico.”

33

L’autocelebrazione del poeta avviene su due fronti: da una parte l’elogio è mirato ai suoi meriti tecnico-artistici e letterari

34

– il che apre le porte alla polemica con i commediografi suoi rivali, soprattutto se coagonali

35

, alla presa di distanza dal cosiddetto φορτικόν

36

e alla rievocazione di una storia del genere comico

37

, in cui inserire la propria produzione, poetica e drammaturgica, ritenuta essere giunta al livello più alto di maturità e innovazione – dall’altra, l’elogio artistico-letterario si interseca spesso con il motivo della celebrazione dell’impegno politico e paideutico del poeta nei confronti dei suoi spettatori

38

, nonché dei suoi stessi concittadini.

Il background agonale ovviamente persiste – non possiamo immaginare una lode per i propri meriti artistici senza un termine di riferimento/confronto esterno, come, in questo caso, i poeti comici rivali, la loro produzione e la loro poetica

39

–, ma non si esaurisce in questo: la parabasi è, in prima istanza, “self- presentation”

40

. Il carattere di autoreferenzialità insito nel fenomeno parabatico è reso evidente dalle parole pronunciate dal coro durante – soprattutto – gli anapesti, sede della più originale ‘voce del poeta’. La prima constatazione,

33 IMPERIO 2004, 75. Il motivo della captatio benevolentiae è confermato e conferma (dal)la lettura agonale della parabasi.

34 Cfr. Nu. 545 – 548: κἀγὼ μὲν τοιοῦτος ἀνὴρ ὢν ποητὴς οὐ κομῶ, / οὐδ' ὑμᾶς ζητῶ 'ξαπατᾶν δὶς καὶ τρὶς ταὔτ' εἰσάγων, / ἀλλ' αἰεὶ καινὰς ἰδέας εἰσφέρων σοφίζομαι / οὐδὲν ἀλλήλαισιν ὁμοίας καὶ πάσας δεξιάς.

35 Pensiamo alla presenza di Cratino alle Lenee del 424 sia come partecipante (con i Satiri), sia all’interno della parabasi dei Cavalieri, suoi rivali coagonali.

36 Su cui diffusamente infra, cap. 4.5.2.

37 Cfr. gli anapesti dei Cavalieri, in cui Aristofane si inserisce alla fine della parabola temporale iniziata con Magnete (v. 520) e terminata con Cratete (v. 537), passando per Cratino (v. 526).

38 Emblematica ne è la parabasi degli Acarnesi: Ἀλλ' ὑμεῖς τοι μή ποτ' ἀφῆσϑ'· ὡς κωμῳδήσει τὰ δίκαια. /Φησὶν δ' ὑμᾶς πολλὰ διδάξειν ἀγάϑ', ὥστ' εὐδαίμονας εἶναι, / οὐ ϑωπεύων οὐδ' ὑποτείνων μισϑοὺς οὐδ' ἐξαπατύλλων, / οὐδὲ πανουργῶν οὐδὲ κατάρδων, ἀλλὰ τὰ βέλτιστα διδάσκων. (vv. 655 – 658). Per una lettura approfondita degli Acarnesi, cfr. LAURIOLA 2010.

39 Cfr. BILES 2011, 45: “By stepping forward to speak about himself and his poetry, a poet of either genre formally signaled the adversarial stance he adopted toward other poets in the presence of the citizens, who ere the communal judges of the performances.”

40 Mi approprio del termine utilizzato da HUBBARD 1991, 28.

(16)

16 semplice e forse banale, è quella di riscontrare un poeta che parla di sé

41

: negli Acarnesi (v. 633: Φησὶν δ' εἶναι πολλῶν ἀγαϑῶν αἴτιος ὑμῖν ὁ ποητής), nei Cavalieri (v. 509ss: νῦν δ' ἄξιός ἐσϑ' ὁ ποητής, / ὅτι τοὺς αὐτοὺς ἡμῖν μισεῖ τολμᾷ τε λέγειν τὰ δίκαια, / καὶ γενναίως πρὸς τὸν Τυφῶ χωρεῖ καὶ τὴν ἐριώλην. / Ἃ δὲ ϑαυμάζειν ὑμῶν φησιν πολλοὺς αὐτῷ προσιόντας etc.) e nelle Vespe (v. 1016: μέμψασϑαι γὰρ τοῖσι ϑεαταῖς ὁ ποιητὴς νῦν ἐπιϑυμεῖ) il poeta parla chiaramente di sé, pur essendo in terza persona; nelle Nuvole (vv. 518 – 520ss: ὦ ϑεώμενοι, κατερῶ πρὸς ὑμᾶς ἐλευϑέρως / τἀληϑῆ, νὴ τὸν Διόνυσον τὸν ἐκϑρέψαντά με. / οὕτω νικήσαιμί τ' ἐγὼ καὶ νομιζοίμην σοφὸς etc.) la sua voce è in prima persona, indiscutibilmente autoreferenziale, e nella Pace oscilla tra la terza e la prima (v.738: ἄξιος εἶναί φησ' εὐλογίας μεγάλης ὁ διδάσκαλος ἡμῶν e v. 754 e ss.: Καὶ πρῶτον μὲν μάχομαι πάντων αὐτῷ τῷ καρχαρόδοντι etc.), sempre in riferimento a se stesso. Il creatore stesso della rappresentazione comica avanza in mezzo alla scena e agli spettatori per un momento, nascosto nel personaggio del corifeo, sia per esaltare il suo impegno civile

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e la sua congiunta fama

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negli Acarnesi, sia per giustificare il temporeggiamento con cui si è avvicinato al gravoso compito di curare la regia di una propria commedia nei

41 I riferimenti testuali non sono esaustivi, ma vogliono offrire un’esemplificazione essenziale e chiara di una sola parte del fenomeno: si è cercato di dimostrare, con questi passi, la presenza del poeta in luogo di tutti gli altri personaggi del dramma, primo fra tutti il coro stesso, che di questa presenza si fa portavoce. Ci sono molti altri ‘motivi’ per il quali il poeta Aristofane assume temporaneamente il ruolo di protagonista: è anche questo lo scopo di questo lavoro.

42 L’autoreferenzialità degli anapesti degli Acarnesi è confermata dalla sua ‘chiusura’ (πνῖγος ovvero μακρόν, più propriamente il ‘soffocamento’ della parabasi ‘vera e propria’ e la fine della sezione astrofica, una sorta di appendice, di ‘stretta finale’; vv. 659 – 664): Πρὸς ταῦτα Κλέων καὶ παλαμάσϑω / καὶ πᾶν ἐπ' ἐμοὶ τεκταινέσϑω. / Τὸ γὰρ εὖ μετ' ἐμοῦ καὶ τὸ δίκαιον / ξύμμαχον ἔσται, κοὐ μή ποϑ' ἁλῶ / περὶ τὴν πόλιν ὢν ὥσπερ ἐκεῖνος / δειλὸς καὶ λακαταπύγων., in cui l’attacco a Cleone non può che essere riferito al processo che il leader democratico intentò contro Aristofane immediatamente dopo la messa in scena dei Babilonesi, alle Dionisie del 426, sotto la regia di Callistrato, per aver messo in scena il tema allora più che scottante del rapporto tra Atene e le città alleate, con molta probabilità alla luce dell’intervento di Cleone (nell’estate del 427) nei confronti dei ribelli di Mitilene preservato da Thuc. III 37 – 40.

43 L’espressione che si trova in Ach. 646 – 649 (Οὕτω δ' αὐτοῦ περὶ τῆς τόλμης ἤδη πόρρω κλέος ἥκει, / ὅτε καὶ βασιλεὺς Λακεδαιμονίων τὴν πρεσβείαν βασανίζων / ἠρώτησεν πρῶτα μὲν αὐτοὺς πότεροι ταῖς ναυσὶ κρατοῦσιν, / εἶτα δὲ τοῦτον τὸν ποιητὴν ποτέρους εἴποι κακὰ πολλά·) è volutamente enfatica e conforme al tono e al lessico eulogico-politco che permea tutta la parabasi degli Acarnesi.

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17 Cavalieri, sia per biasimare gli spettatori che non hanno saputo riconoscere la καινότης, la σοφία

44

e la ἐπίνοια della sua arte nelle Nuvole e nelle Vespe, sia per elogiare il suo impegno drammaturgico e civile – da una parte contro il φορτικόν, dall’altro nella lotta contro Cleone – nella Pace.

Si diceva prima che il presupposto per comprendere a pieno il fenomeno poetologico parabatico è il clima agonistico degli agoni drammatici, anche a livello politico: non solo l’istituzione degli agoni comici e quanto ne consegue, ma anche il profondo e serio impegno politico dei rappresentati del dinamico e vitale filone ‘impegnato’ della ἀρχαία

45

, di cui Aristofane non è che l’ultimo (ma certamente non in ordine di importanza) esponente. Come noto, infatti, il contenuto degli ‘anapesti’ aristofanei “è profondamente calato nel concreto e contingente contesto storico, politico e teatrale della Atene contemporanea”.

46

Gli esempi che si potrebbero offrire sono numerosissimi, tanto la commedia aristofanea risente della vita della polis e fa propri quanti la amministrano e governano

47

. Ad exemplum, come più che noto, si potrà ricordare Cleone, il

44 Cfr. HUBBARD 1986.

45 Cfr. supra. Sul serio impegno della commedia cfr. SILK 2000, 301 – 349.

46 MASTROMARCO 1987, 81. Cfr. a questo proposito anche i contributi apparsi in THIERCY – MENU 1997, 339 – 507. Sul determinante ruolo assunto dagli agoni teatrali dionisiaci (tragici e comici) nell’ideologia della polis cfr. LONGO 1990; GOLDHILL 1990; HENDERSON 1990.

47 Sarebbe inutile e fuorviante cercare di riportare tutti i passi in cui vi è un richiamo all’attualità politica: le commedie di Aristofane, per noi a volte tanto difficili da capire a fondo, vivono del riferimento diretto ad un fatto, a un personaggio, a una situazione talvolta, fortunatamente, più o meno conosciuti o conoscibili, altre volte invece completamente oscuri, rimasti a quella piccola attualità non più raggiungibile, come tanti nomi propri per noi privi di identità. Sulla memoria (teatrale) del pubblico cfr. MASTROMARCO 1990, soprattutto l’affermazione “Possiamo anzi affermare che i riferimenti a un determinato episodio saranno tanto più sottili quanto più noto era l’episodio che il poeta intendeva richiamare alla mente dei suoi spettatori” (p. 539), che penso possa valere per ogni genere di allusione, non solo teatrale. Sul possesso attuato dalla commedia di personaggi politici di primo rilievo cfr. VICKERS 1997: “But what if it can be shown that Clouds is political – and not only Clouds, but other plays in Aristophanic corpus? The purpose of this book is to present the case that in his earlier plays, Aristophanes provided a commentary on the day-to-day political concerns of Athenians, and that he did so by exploiting the public images of the two most prominent Athenian politicians of the second half of the fifth century, namely, Pericles and his ward Alcibiades” (p. ix). Cfr., dello stesso, il recentissimo lavoro sugli echi della storia contemporanea e quotidiana nelle commedie antiche: VICKERS 2015. Cfr. anche l’analisi di Nuvole, Cavalieri, Lisistrata e Acarnesi e delle tematiche ad esse inerenti fatta da HEATH 1987.

Che le commedie di Aristofane abbiano la loro forza e la loro vitalità anche nel sostrato politico

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18 bersaglio preferito dal nostro commediografo; non si possono qui citare e commentare tutte le attestazioni, i riferimenti che lo riguardano variamente presenti nelle commedie – almeno fino alla Pace

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– e le frecciatine (quasi sempre piuttosto palesi) che Aristofane gli lancia, senza occupare più pagine del dovuto

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: basti ricordare la sua presenza altresì in luoghi parabatici

50

, che diventano, così, luoghi anche di serio impegno politico. Impegno politico, che però, in virtù del genere in cui si trovò ad essere attuato, non influenzò

(cioè di tutto ciò che è inerente alla polis) è dimostrato anche dalla notizia, attestata dall’anonima Vita di Aristofane (Vita Aristophanis, T1 41 – 45 K–A), secondo cui per esaudire il desiderio di Dionigi di Siracusa di conoscere la politeia ateniese, Platone gli inviò una copia delle Nuvole di Aristofane; su questo aneddoto e tutti gli altri presenti nell’anonimo βίος, cfr. LEFKOWITZ 1981, 105 – 116.

48 Un riferimento esplicito, post mortem, è in realtà presente anche in Ra. 577. Cfr.

MASTROMARCO 1993, 347: “E in tutta la successiva produzione aristofanea, sino alla morte di Cleone, è riconoscibile una fitta trama di attacchi più o meno estesi, più o meno espliciti, alla figura del demagogo: per cui si può ben dire che l’impegno anticleoniano è il ‘filo rosso’ che lega la produzione aristofanea degli anni venti”.

49 Sulla presenza di Cleone in Aristofane, cfr. LIND 1990; MASTROMARCO 1993;

MASTROMARCO 2002, soprattutto 208 e 216-223; FILENI 2012 e il recente contributo di CORBEL-MORANA 2014, per uno studio sulla costruzione del type del demagogo in Aristofane, basato sulle commedie aventi come referente dell’ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν proprio Cleone e i riflessi storico-politici ad essa associati (cfr. e.g., p. 207: “La fin du Ve siècle voit émerger une classe politique qui n’est plus issue des anciennes familles aristocratiques ayant produit les chefs politiques jusqu’à Périclès: les démagogues sont des hommes nouveaux, et les poètes comiques dénoncent cette évolution. Ainsi, chez Eupolis (fr. 384), un vieillard déplore que la cité choisisse désormais ses stratèges non plus dans le grand maisons, chez les premiers citoyens par la richese et la naissance, mais parmi les καθάρματα, les «parias». Ce thème central dans la caricature du démagogue regroupe plusieurs motifs satiriques.”). Tra le caratteristiche che secondo l’autrice connotano e denotano il tipo del demagogo comico ci sono: l’illegittimità della loro cittadinanza, la loro provenienza straniera e la discendenza servile (cfr. 207-208, πονηρός, ξένος); il fatto di essere dei nuovi arricchitti, dei parvenues (cfr. 208-209); il fatto di essere uomini incolti (cfr. 209- 2010; Ar. Eq. 191-193); il fatto di essere, nella pratica omosessuale, passivi (cfr. 210-211); la corruzione (cfr. 211); la viltà (δειλός; cfr. 212); “Le caractère répété et stéréotypé des attaques portées par l’ensemble des poètes comique contre les démagogues montre bien que ces attaques ne saurient être mises trop hâviment sur le compte de l’hostilité personelle ou des préjugés politiques des poètes” (p. 212).

50 Per quanto riguarda le sezioni parabatiche, cfr. Acarnesi (nella sezione astrofica), Cavalieri (v.

511, identificato con Tifone, cfr. V. 1031 – 1034, alla luce di Hes. Th. 820 – 880), Nuvole (sia nella sezione astrofica che in quella strofica), Vespe (nella sezione astrofica) e Pace (= Vespe, nella sezione astrofica). Per altri riferimenti politici in luoghi parabatici cfr. l’antepirrema di Acarnesi (vv. 703 – 718), l’antepirrema di Cavalieri (vv. 595 – 610 e n. 97 di MASTROMARCO 1983 ad loc.), l’antepirrema di Nuvole (vv. 607 – 626, dedicato anche alle riforme del calendario proposte dall’astronomo Metone nel 432), l’ode e l’epirrema di Vespe (vv. 1059 – 1070 e 1071 – 1090), l’epirrema di Uccelli (vv. 753 – 768), l’intera parabasi di Rane (vv. 674 – 737), la parabasi di Lisistrata (614 – 705). Per la presenza di Pericle in Aristofane, cfr. VICKERS 1997.

(19)

19 concretamente né la vita politica ateniese, né l’opinione dei concittadini spettatori

51

, i quali, a riprova di questo, nonostante lo spietato attacco di cui fu oggetto nei Cavalieri

52

, affidarono la strategia del 424/423 proprio a Cleone

53

. È

51 È questa una costante di Aristofane e, possiamo allargarci, anche dell’intera ἀρχαία; cfr.

HEATH 1987, 42: “It will be clear … that Aristophanic comedy is and is not, in my view, political.

It is political, in the sense that contemporary political life is its point of departure; political reality is taken up by the poet and subjected to the ignominious transformations of comic fantasy. But the product of fantasising process did not and was not intended to have a reciprocal effect on political reality; comedy had no designs on the political life from which it departed, and in that sense was not political. Politics was the material of comedy, but comedy did not in turn aspire to be a political force.” Vero è che non è da sottovalutare l’impatto della commedia ‘impegnata’ in politica: in almeno due circostanze (politicamente molto rilevanti e al contempo gravi, per Atene), siamo certi, furono emanati altrettanti decreti μὴ ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν, noti come di Morichide (440/39-437/36) e di Siracosio (415/14): “È noto che i commediografi ateniesi godevano di una straordinaria libertà di parola; libertà che fu in qualche modo limitata solo in occasione di due avvenimenti che provocarono in Atene una acutissima tensione politica: mi riferisco alla defezione di Samo, in seguito alla quale fu varato il decreto di Morichide (Che fu in vigore tra il 440/39 e il 437/36), e alla mutilazione delle erme, che provocò, nel 415/14, il decreto di Siracosio”;

MASTROMARCO 1993, 344-345. Ma è altrettanto vero che il periodo relativamente breve nel quale rimasero in vigore, induce a pensare che, forse, non trovarono né l’appoggio né il consenso dell’opinione pubblica: dopotutto, l’ὀνομαστὶ κωμῳδεῖν era una di quelle leggi del genere comico che gli spettatori si aspettavano di vedere attuata sulla scena. Sui due decreti cfr. e.g. (con ulteriore bibliografia), HALLIWELL 1984 e HALLIWELL 1991; SOMMERSTEIN 1986.

52 Annunciato, peraltro, un anno prima negli Acarnesi: cfr. vv. 300 – 301.

53 Cfr. Ar. Nu. 581 – 587. “Una discrasia solo apparente fra rappresentazione teatrale e realtà, che non documenta affatto, come talvolta si è propensi a credere, una inverosimiglianza storica della commedia, ma che testimonia anzi l’espressione di una forte e concreta opposizione ideologica, realmente esistente nella polis e condivisa da Aristofane e almeno da una parte del suo gruppo, nei confronti della progressiva degenerazione della democrazia, ad opera della frangia radicale del partito democratico e del suo attuale leader”, FILENI 2012, 120. Quella dell’impegno politico della commedia antica è una questione delicata e affascinante (cfr. già GOMME 1938, ormai datato e superato): la commedia, per la natura stessa del suo genere, non intende farsi voce di un programma politico, così come non ha come fine la risoluzione e l’amministrazione dei problemi riguardanti la polis (cfr. contra ZUMBRUNNEN 2012); essa, veicola, attraverso la deformazione voluta (e dovuta) dal genere comico, e in risposta all’orizzonte di attesa del proprio pubblico, i problemi, le paure e le speranze degli spettatori seduti a teatro, che sono anche, prima di tutto, cittadini. Questi contenuti, filtrati e mischiati alle leggi del genere, diventano uno spettacolo teatrale che ha come primo obiettivo quello di far ridere e divertire, pur rimanendo ancorato alla attualità più viva, sulla quale, allora, la commedia attua una riflessione a modo suo, realizzata nella categoria del comico: ne deriva ciò che è conosciuto come σπουδαιογέλοιον. Sullo σπουδαιογέλοιον cfr. DE STE CROIX 1972, 357: “He [Aristophanes] must always be funny: that is the precondition of his genre. But he can be, and very often is, serious at the same time. The funnier he is, the more likely it will be that his ‘message’ will be received and make an impression on the reader’s mind … given that even intrinsically homourous material may be making a serious statement (and on the other hand that some mock-serious passages may in reality be comic), we must keep a careful watch for passages which express serious opinions and which are not funny in themselves: these are particularly likely to represent the poet’s view.” e ERCOLANI 2002, in particolare MASTROMARCO 2002, 205-223: “Dai passi aristofanei dianzi analizzati mi

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