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La politica energetica del gas naturale dell'Unione Europea e prospettive nell'Azerbaigian

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Academic year: 2021

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Indice

Abbreviazioni ... 5

Ringraziamenti ... 7

1. Introduzione ... 9

1.1. Dichiarazione del problema e limitazioni dello studio ... 9

1.2. Ipotesi di ricerca ... 10

1.3. Metodologia di ricerca. Fonti e materiali ... 10

1.4. Struttura della tesi ... 11

2. Approccio teorico ... 13 2.1. Sicurezza energetica... 13 2.2 Indicatori ... 16 2.2.1 Indicatori semplici ... 16 2.2.2 Indicatori aggregati ... 19 2.3 Politica energetica ... 23

2.4 La teoria del Complesso di Sicurezza Regionale ... 26

3 Il gas naturale ei mercati del gas ... 28

3.2 Definizione ... 28

3.3 I mercati del gas ... 31

3.4 I contratti ... 32

3.5 Ruolo degli Stati ... 32

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3.7 I contratti a lungo termine ei mercati “spot”: ... 34

3.7.1 Contratti a lungo termine (Long Term Contracts) ... 34

3.7.2 I mercati “spot” ... 34

3.8 Il gas naturale liquefatto e il gas di scisto ... 35

3.8.1 Gas Naturale Liquefatto (GNL) ... 35

3.8.2 Il gas di scisto (Shale Gas) ... 37

3.9 Previsioni di consumo ... 38

4. Politica energetica del gas dell’Unione Europea ... 40

4.1 Condizioni attuali del mercato del gas in Europa ... 40

4.1.1 Origini delle forniture europee di gas ... 42

4.1.2 Previsioni di consumo ... 45

4.2 Storia della politica energetica europea ... 46

4.3 L’assetto legale della politica energetica nell’Unione Europea ... 49

4.3.1 Carta Europea dell’Energia ... 49

4.3.2 I Libri Verdi (Green Papers) ... 50

4.3.3 Strategic Energy Review ... 53

4.3.4 Pacchi Energia (“Energy Packages”) ... 55

4.3.5 Direttive sulla sicurezza dei rifornimento del gas ... 60

4.3.6 Trattato di Lisbona ... 61

4.3.7 Energy Roadmap 2050 ... 62

4.4 Politica estera energetica dell’Unione Europea ... 63

4.4.1 Comunità dell’Energia (2006) ... 65

(3)

3

4.4.3 Sinergia del Mar Nero (2007) ... 66

4.4.4 Politica Europea di Vicinato (2004) ... 67

4.4.5 Trans- European Energy Networks (TEN-E) ... 70

4.4.6 Il Corridoio Meridionale ... 71

5. Russia ... 73

5.1 Rapporti con l’Unione Europea e rotte di rifornimento ... 74

5.2 Le risorse energetiche al servizio della politica estera russa ... 76

5.3 La mutua dipendenza tra Russia e l’Unione Europea ... 91

5.4 I progetti russi di diversificazione energetica: ... 92

5.4.1 Nord Stream ... 93

5.4.2 Blue Stream ... 94

5.4.3 South Stream ... 94

5.4.4 Turkish Stream ... 96

5.4.5 Cina ... 96

6. Il Caucaso del Sud e l’Azerbaigian ... 99

6.1 Il Caucaso del Sud ... 99

6.2 Riserve energetiche nella zona ... 102

6.3 L’Azerbaigian ... 104

6.3.1 Storia ... 105

6.3.2 Società e sistema politico ... 105

6.3.3 Politica estera ... 108

7. I progetti di diversificazione degli approvvigionamenti nel Caucaso Sud ... 141

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4

7.1.2 South East Europe Pipeline (SEEP) ... 142

7.1.3 ITGI ... 143

7.1.4 AGRI ... 143

7.2 Il corridoio meridionale: TANAP e TAP ... 145

7.2.1 TANAP ... 146 7.2.2 TAP ... 147 8. Conclusioni ... 149 9. Bibliografia ... 152 Documenti ufficiali ... 152 Fonti statistiche ... 153 Monografie ... 154 Conferenze ... 157 Articoli ... 157 Siti Internet ... 163

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Abbreviazioni

- ACER: Agency for the Cooperation of the Energy Regulators - AGRI: Azerbaijan-Georgia-Romania Interconnector

- BP: British Petroleum

- BTC: Baku – Tbilisi – Ceyhan - BTE: Baku – Tbilisi – Erzurum - BTK: Baku – Tbilisi – Kars

- CSR: Complesso di Sicurezza Regionale

- CEER: Consiglio di Regolatori dell’Energia Europea - CEF: Connecting Europe Facility

- CSTO: Collective Security Treaty Organization - ENI: Ente Nazionale Idrocarburi

- ENTSO-E: European Network of Transmission Systems Operators for Electricity

- ERGEG: Gruppo Europeo dei regolatori per l’elettricità e il gas - ESCEE: Energy Treaty with Southern Eastern Europe

- ETS: Emission Trading Scheme - GNL: Gas Naturale Liquefatto - GTM: Gas Target Models

- GUAM: Georgia Uzbekistan Azerbaijan Moldova - IEA: International Energy Agengy

- L’INOGATE: Interstate Oil and Gas Transport to Europe - ITGI: Interconnector Turkey-Greece-Italy

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6 - MOSES: Model of Short-Term Energy Security

- MMC: Miliardi di metri cubi

- Mtep: Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio - NGP: Non Gazprom Producers

- OEF: Operation Enduring Freedom - OIF: Operation Iraqi Freedom

- OPEC: Organizzazione di Paesi Esportatori di Petroleo - PCI: Progetto d’Interesse Comune

- PEV: Politica Europea di Vicinato - SCP: South Caucasus Pipeline

- SCO: Shangai Cooperation Organization - SEEP: South East Europe Pipeline - SMN: Sinergia del Mar Nero

- SOCAR: State Oil Company of the Azerbaijan Republic

- TACIS: Technical Assistance to the Commonwealth of Independent States - TANAP: Trans Anatolian Pipeline

- TAP: Trans Adriatic Pipeline - TCP: Trans Caspian Pipeline

- TEN-E: Trans-European Energy Networks

- TRACECA: Transport Corridor Europe Caucasus Asia - UE: Unione Europea

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della mia Tesi. Tutte le persone citate in questa pagina hanno svolto un ruolo fondamentale nella sua realizzazione, ma desidero precisare che ogni errore o imprecisione è imputabile soltanto a me.

In primo luogo, vorrei ringraziare la mia relatrice la professoressa Enrica Lemmi. Lei mi ha offerto la possibilità di lavorare con totale libertà su un tema molto marginale dentro delle scienze politiche. In secondo luogo, la mia gratitudine va al professore Fabrizio Ghilardi: la sua continua assistenza e i suoi commenti di natura tecnica hanno reso il mio lavoro molto più completo.

A Joseph Okiru, che mi ha fatto l’immenso favore di leggere le prime bozze del mio lavoro e di apportare i suoi suggerimenti e critiche costruttive, risparmiandomi sicuramente ulteriori mesi di lavoro.

A Alessia Mannella, l’unica persona che ho conosciuto che condivide la mia passione per la politica energetica del gas naturale, e con cui abbiamo elaborato un’enorme base di dati che spero ci serva per tanti anni ancora. Sono stati mesi di continue consultazioni su legislazione europea, sulla costruzione di lontanissime tratte di gasdotti o sui rapporti diplomatici tra i paesi del Caucaso.

A Alessandro Albertini e la sua famiglia, che mi hanno offerto sempre la loro accoglienza senza esitazione.

A Patrizia Marra, che oltre al suo sostegno personale si è offerta per leggere e correggere il mio lavoro, decine e decine di pagine piene di “spagnolismi”.

Ovviamente, ringrazio pure i miei amici, che mi hanno dato l’opportunità di avere degli opportuni momenti di sfogo, sia con un caffè o con una birra tra le mani: Chiara, Maurizio, Irene, Adele, Evelina e tanti altri.

La mia famiglia merita, ovviamente, una menzione speciale. Ringrazio ai miei genitori Edgardo e Diana, alla mia sorella Julia, e il mio fratello Diego. Sono stati lunghi mesi di lavoro, e mi hanno offerto sempre la loro pazienza e il loro sostegno. Non posso nemmeno dimenticare alla mia zia, Sasa, che mi offrì non solo un posto tranquillo e

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8 isolato dove lavorare ma anche il computer con cui sono state scritte queste pagine e le migliaia e migliaia di litri di caffè necessari per riempirle.

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1. Introduzione

Citando la Commissione Europea (For an European Union Energy Policy. Green Paper. 1995, pg. 4), l’energia è un elemento centrale per le attività sociali nel mondo industrializzato. La gestione delle risorse energetiche non può essere considerata soltanto come una questione semplicemente tecnica, poiché i suoi sfruttamento, vendita, commercializzazione e trasporto sono strettamente collegati al mondo della politica ed hanno un’importanza vitale per la società moderna. Senza un rifornimento costante e sufficiente di energia, le economie moderne non potrebbero funzionare.

Tra le diverse fonti energetiche attualmente sfruttabili, il gas naturale ricopre con un’importanza cruciale nel panorama europeo. Nonostante ciò, la politica energetica legata al gas è ancora considerata una disciplina marginale nell’ambito delle relazioni internazionali in generale, e della politica energetica in particolare, dominata tradizionalmente dal petrolio.

1.1.

Dichiarazione del problema e limitazioni dello studio

Come succede di solito nelle relazioni internazionali, non è possibile trovare una soluzione unica e semplice per problematica complessa, che vede uniti elementi di natura tecnica e questioni legate al dibattito politico.

Tra le limitazioni che questo studio ha dovuto affrontare, vi è quindi la natura mutevole del tema analizzato. Gli accordi commerciali e politici tra le aziende ed i paesi coinvolti, così come gli avvenimenti di natura militare, cambiano in maniera costante, rendendo difficile il processo di ricerca e provocando delle volte alcune contradizioni con l’atteggiamento augurato degli attori politici. Per questo motivo, e secondo il consiglio del professore Ghilardi, ho deciso di fissare una data a seguito della quale gli avvenimenti politici non sono stati presi in considerazione. Tale data scelta è stata fatta coincidere con la fine dell’anno 2014, mentre solo alcuni eventi politici verificatisi nel 2015 sono stati inclusi in via del tutto eccezionale.

Allo stesso tempo, non è possibile tracciare un’analisi della situazione geopolitica dei paesi europei, di Russia e di Azerbaigian in uno studio di queste dimensioni, senza inficiarne la completezza. Si tratta infatti di un tema ampio, complesso e di natura mutevole, che comprende elementi storici, economici, politici, culturali, religiosi e

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10 tecnici. Per questa ragione ho deciso di offrire una visione panoramica del conflitto, che cerca di spiegare i tre principali nodi del problema: lo sviluppo della politica energetica europea attraverso il processo d’integrazione dell’UE e il rapporto che mantiene con il suo maggiore fornitore di gas naturale, l Russia; l’utilizzo da parte di Mosca dell’energia come di un semplice strumento di pressione politica; e le proposte di diversificazione energetica procedenti in un’area determinata, il Caucaso del Sud, con speciale riguardo per la proposta di costruzione del gasdotto “Trans Adriatic Pipeline” (TAP).

1.2.

Ipotesi di ricerca

La mia ipotesi di ricerca principale è verificare se i rifornimenti di gas naturale dell’Azerbaigian potrebbero rappresentare una valida alternativa per ridurre la dipendenza europea verso i rifornimenti russi su lungo termine.

Allo stesso tempo, in questo studio si possono rintracciare alcuni presupposti che aiutano ad articolare il lavoro:

- Il primo di questi presupposti è che l’Unione Europea ha avviato un processo di articolazione della sua politica energetica soltanto a partire dall’inizio degli anni duemila, mentre le condizioni che regolano il mercato del gas naturale sono stabilite da decenni e pertanto difficili da modificare.

- La Russia segue una politica estera aggressiva con l’obiettivo di mantenere un’area d’influenza sui territori che appartenevano all’Unione Sovietica. Questa politica estera, durante i primi anni dopo la dissoluzione dell’URSS, si è svolto attraverso la strumentalizzazione dei conflitti etnici e territoriali della regione e con l’utilizzo diretto della forza militare. A partire degli anni duemila, la forza militare è stata sostituita dalle pressioni esercitate dal fabbisogno energetico.

1.3.

Metodologia di ricerca. Fonti e materiali

È stata utilizzata una metodologia di ricerca empirica di tipo qualitativo, avviata attraverso l’analisi di fonti primarie e secondarie. Tra le fonti consultate, si trovano basi di dati e pubblicazioni di organismi ufficiali come l’Unione Europea –tra le quali ci sono direttive, comunicazioni e raccomandazioni della Commissione Europea-, l’IEA

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11 (International Energy Agency), ACER (Agency for the Cooperation of the Energy Regulators), EUROGAS, OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico); ma anche documenti rilasciati dalle stesse aziende energetiche, tra le quali si trovano l’ENI, Gazprom e BP. Le fonti che sono state utilizzate principalmente sono libri academici e relazioni tecniche d’istituti di ricerca o think tanks come l’IFRI (Institut Français des Relations Internationales), l’Oxford Institute for Energy Studies, o CEPS (Centre for European Policy Studies), per nominarne soltanto alcuni; inoltre, articoli di riviste specializzate in studi internazionali e in politica energetica come Energy Policy, LIMES, The Economist e Foreign Affairs.

Allo stesso tempo, sono state utilizzate notizie derivate da giornali o riviste di relazioni internazionali di carattere più generale, così come siti web. Con lo scopo di raggiungere una posizione neutrale sul tema trattato, sono state utilizzate fonti appartenenti alle diverse visioni del conflitto (Europee, Americane, Armene, Azere, Russe, ecc.).

1.4.

Struttura della tesi

Il presente lavoro è diviso in sette capitoli:

Il primo capitolo è dedicato alla descrizione dell’approccio teorico che ho adoperato. In primo luogo, è importante chiarire il concetto di sicurezza energetica, frequente nello studio degli idrocarburi ma privo ancora di una definizione universalmente accettata. È possibile tuttavia precisare quali sono gli indicatori che lo conformano e scegliere quindi due modelli per permettano di misurarlo. In continuazione spiego la teoria dei “Complessi di Sicurezza Regionale” della Scuola di Copenaghen di studi sull’energia, che ho scelto per esaminare i rapporti politici che l’UE, la Russia ed il Caucaso del Sud mantengono, concepiti come unità politiche con dinamiche proprie.

In secondo luogo, procedo con il definire e spiegare gli elementi principali che integrano i mercati del gas, la chiarificazione iniziale di questi concetti renderà quindi le argomentazioni che seguiranno più fluide.

Il capitolo dedicato all’Unione Europea inizia con la descrizione della situazione attuale nella quale si trovano nell’attualità i paesi membri: una produzione di risorse energetiche in costante decrescita, unita a una domanda di gas naturale in progressivo aumento. Queste due opposte dinamiche determinano un aumento della dipendenza comunitaria sugli approvvigionamenti esterni di gas cresca e di conseguenza la crescita

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12 dei rischi affrontati. Per capire come si è giunti a questa situazione, ho fatto un breve riassunto storico della legislazione europea sulla tematica energetica dall’istituzione delle prime organizzazioni sopranazionali europee fino agli anni novanta. In continuazione, analizzo la cornice legale e politica dell’UE attraverso i documenti pubblicati dalle diverse istituzioni, con speciale riguardo alla Commissione Europea: direttive, regolamenti, trattati e comunicazioni. Ho deciso di interrompere la revisione storica negli anni Novanta perché a partire da quella data è iniziata la definizione dell’attuale assetto politico e legale della politica energetica europea, dovuto in gran parte al ruolo che ha svolto la Commissione Europea nel suo sviluppo. Questo assetto politico e legale è divisibile in due settori: gli sforzi per liberalizzare il mercato energetico interno e la delineazione di rapporti politici con gli Stati produttori e di transito di aree che potrebbero favorire una diversificazione degli approvvigionamenti di gas per l’UE. Entrambi le parti seguono una stessa logica, ed è pertanto necessario esaminarle in parallelo.

Durante le prime fasi di studio e ricerca per questo lavoro, la Russia non ricopriva un ruolo particolarmente. Tuttavia, l’importanza del ruolo svolto da Mosca nella situazione energetica europea si è dimostrato evidente e ho dovuto quindi includere non soltanto un’analisi della situazione attuale ma anche una spiegazione della strategia russa di politiche di forza, dopo aver comprovato come siano parte non di una serie di incidenti casuali, bensì di una dinamica prolungata nel tempo.

Il capitolo dedicato al Caucaso del Sud ed all’Azerbaigian comincia con una descrizione della localizzazione e delle caratteristiche fisiche e politiche di queste zone. Ho giudicato necessario esaminare brevemente le caratteristiche del sistema politico azero, poiché hanno rilevanza sui negoziati riguardanti le questioni energetiche e le dinamiche politiche con l’UE. Questa non è la sede per elaborare un resoconto storico delle vicende politiche dell’Azerbaigian, verranno quindi spiegati solamente quegli eventi che abbiano una particolare rilevanza con l’attuale situazione politica, specialmente la guerra con l’Armenia e la problematica collegata alla particolare situazione territoriale della regione del Nagorno Karabakh. La politica estera del paese occupa la maggioranza del capitolo: i rapporti politici che Baku mantiene con gli attori locali, siano essi considerati come alleati o nemici, e la stima delle riserve di gas e la sua strategia energetica.

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13

2. Approccio teorico

2.1.

Sicurezza energetica

Il concetto di sicurezza energetica non è una definizione universalmente accettata, vista la sua complessità. Non si tratta di un concetto monolitico, e ha diverse sfumature in base al modo in cui i dati sono presentati. Gli stessi indicatori possono indicare sia la sicurezza sia la debolezza di un determinato sistema energetico (Faas, et al. 2011, pg. 10).

Tra le difficoltà nel definire il concetto di sicurezza energetica rientra la sua evoluzione temporale. In un primo momento, la nozione di “sicurezza” era legata all’esplorazione ed al reperimento di risorse. I problemi collegati erano principalmente di natura tecnica o logistica –sfruttamento e trasporto di queste risorse-. Con la creazione e sviluppo di un mercato dei beni energetici, ha preso piede la concezione della disciplina come un affare rigorosamente economico. I prodotti energetici erano soltanto delle merci che dovevano essere commercializzate in maniera accessibile, affidate alla dinamica del libero mercato. Questa visione semplicistica della disciplina si arricchì con l’ascesa dei valori ecologici, che proclamavano l’importanza dello sviluppo di energie pulite, rinnovabili e illimitate. In questa maniera si aggiungeva una dimensione diversa da quella economica, illustrando una realtà più complessa e poliedrica. Per ultimo, la politicizzazione della gestione energetica è stata causata principalmente dalla crescente percezione di vulnerabilità da parte dei consumatori, e dalla convinzione che il libero mercato da solo non sia capace di risolvere queste questioni. È necessario pertanto l’intervento dei governi attraverso la cooperazione internazionale. Aspetti che prima erano secondari, come la locazione geografica delle risorse o le infrastrutture energetiche, sono diventati elementi strategici per la difesa della nazione.

Ci sono tuttavia degli elementi condivisi nelle differenti definizioni di questo concetto. In primo luogo, la nozione di “sicurezza” si riferisce alla condizione di un sistema energetico di non “essere esposto” al pericolo, o “l’assenza” di minacce. In questo caso, ciò che s’intende per pericolo sarebbe un’ipotetica disrupzione del rifornimento energetico, considerata critica per il funzionamento di qualsiasi economia.

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14 Il secondo elemento di base è l’elasticità di un determinato sistema energetico (energy system resilience), in altre parole la sua capacità di sopportare delle perturbazioni ed essere capace di continuare a garantire il rifornimento energetico ai consumatori. In questa maniera, la definizione di sicurezza energetica dell’IEA è “the ininterrumped physical availability at a price which is affordable, while respecting environmental concerns” (Jewell 2011, pg. 9).

Mammadli (2012) e l’Asia Pacific Energy Research Centre (Singh Pahwa e Singh Chopra 2013, pg. 18) utilizzano le cosiddette “quattro A” come i fattori principali che conformano il concetto di sicurezza energetica, una struttura condivisa nella maggioranza degli studi al rispetto:

a) Disponibilità (availability): si riferisce all’abilità dei consumatori di garantirsi l’energia di cui hanno bisogno attraverso l’esistenza di un mercato commerciale, riserve fisiche sufficienti, investimento e tecnologia. È una caratteristica fondamentale, legata ad aspetti geologici.

b) Affidabilità (affordability): Un elemento di carattere economico, giacché devono esistere prezzi equilibrati rispetto alla capacità d’acquisto dei consumatori. c) Accessibilità (accessibility): Relativo alla distanza spaziale tra il luogo di

produzione delle risorse e quello in cui vengono consumate. È pertanto un concetto con implicazioni geopolitiche, in cuanto i servizi energetici devono essere protetti delle disrupzioni di tipo politico, militare, attacchi terroristici o disastri ambientali.

d) Sostenibilità (sustainability): volto a minimizzare l’impatto sociale, ambientale ed economico delle infrastrutture energetiche, di presenza permanente.

Questo modello, nonostante presenti degli elementi importanti, è troppo sintetico per spiegare con sufficienza le implicazioni politiche ed economiche del concetto di sicurezza energetica. L’elenco di dieci elementi chiave, proposto dall’azienda di servizi di consulenza Deloitte, ne offre invece una visione più globale ed efficace (Deloitte 2013):

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15 1. Diversità di fonti energetiche: Un paese con una dipendenza eccessiva su una fonte energetica specifica presenta rischi maggiori per la propria economia in caso di disrupzioni. Un paese con un portafoglio più equilibrato presenta meno rischi per la propria economia.

2. Diversità dei rifornimenti: Definito come la dipendenza eccessiva nelle forniture da parte di uno Stato, azienda o regione particolari.

3. Livello d’importazioni: le importazioni energetiche sono, in certo grado, al di fuori dal controllo dello Stato, e possono diventare una potenziale fonte d’insicurezza.

4. Sicurezza dei flussi commerciali: le importazioni energetiche viaggiano attraverso flussi commerciali, che sono suscettibili di disrupzione per numerosi motivi –problemi tecnici, politici o attacchi terroristi. Questi flussi commerciali devono quindi essere protetti: il flusso energetico che trascorre per ciascuno di essi dovrebbe essere minimizzato per ridurre i rischi, oltre alla moltiplicazione dei flussi stessi.

5. Fattori geopolitici ed economici: Impatto dei fattori politici ed economici che influiscono sul flusso dei rifornimenti dai paesi produttori verso i consumatori.

6. Volatilità dei prezzi e dei mercati: la volatilità di prezzi o mercati ha un effetto negativo sugli investimenti a lungo termine dovuto all’incertezza sulla direzione dell’economia. La mancanza d’investimenti può influire negativamente sulla costruzione o rinnovo d’infrastrutture adatte al trasporto e trattamento delle risorse energetiche.

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16 7. Accessibilità: la possibilità d’accedere a una fonte energetica –sia a livello tecnico sia a livello economico attraverso prezzi equi- è considerata un elemento critico della sicurezza energetica.

8. Intensità energetica: è considerata positivamente, giacché riduce la domanda energetica: è normalmente collegata alla crescita dell’economia ed isola il proprio sistema economico dagli effetti negativi di eventuali fluttuazioni nei prezzi dell’energia.

9. Fattibilità: si può definire come l’insieme delle difficoltà presenti al momento di sviluppare tecnologie d’estrazione, trasporto e trattamento delle risorse energetiche; oppure i piani politici di sviluppo connessi a queste tecnologie.

10. Affidabilità: l’invecchiamento, l’abbandono o la cattiva gestione delle infrastrutture può avere un impatto negativo sul trasporto e sulla gestione delle risorse energetiche.

2.2 Indicatori

Oltre agli elementi che conformano la definizione della teoria di sicurezza energetica, gli economisti e analisti politici utilizzano una serie d’indicatori per misurare l’effettiva esistenza di una situazione di rischio. Questi indicatori possono essere semplici o far parte di modelli che li combinano.

2.2.1 Indicatori semplici

Per quanto riguarda agli indicatori semplici, Kruyt, et al. (2009) fanno un elenco dei principali

a. Estimazioni delle risorse: L’esistenza di risorse energetiche è cruciale per la sicurezza dei rifornimenti e la cifra di risorse disponibili può essere utilizzata

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17 direttamente come un indicatore. Purtroppo, questo lavoro è reso difficile dall’incertezza sulla quantità d’idrocarburi presenti in un determinato territorio.

b. Ratio di produzione: In pratica questi indicatori segnalano gli anni di produzione che, secondo i livelli di produzione attuali, mancano all’esaurimento delle risorse.

c. Indice di diversità: Questo indice riflette il tipo di carburante consumato e la sua origine geografica, con l’obiettivo di avvertire sui rischi di una dipendenza eccessiva.

d. Dipendenza dalle importazioni: Questo indicatore è intimamente collegato all’indice di diversità. Quanto maggiore è il grado di dipendenza di un’economia verso un determinato rifornitore, tanto più elevato sarà il rischio che quell’economia dovrà confrontare.

e. Stabilità politica: La situazione politica dei paesi rifornitori è importante per la sicurezza energetica perché i governi controllano sia la produzione sia le condizioni di distribuzione. Introdurre questo elemento come unità di misura serve ai governi ed alle aziende interessate ad investire in un determinato Stato a valutare i rischi che dovranno fronteggiare. I ranking più utilizzati sono il rating di rischio politico ICRG; l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite o gli indicatori di governance globale della Banca Mondiale, “stabilità politica e assenza di violenza”, “qualità della regolamentazione”, "rispetto alle leggi", "controllo della corruzione" e "accountability".

f. Prezzo dell’energia: In un mercato ben funzionante, il prezzo dovrebbe essere un meccanismo per bilanciare la domanda e l’offerta e dovrebbe riflettere la scarsità e l’esaurimento delle risorse energetiche. Questa politica economica non è ancora comune nel campo dell’energia, giacché i paesi fornitori normalmente stabiliscono sussidi per il consumo interno. In questa maniera, la stessa merce

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18 (una determinata risorsa energetica, come il gas o il petrolio) può avere due prezzi diversi, a seconda del luogo in cui è stata acquisita. Questo fenomeno, denominato come “prezzi duali”, è costantemente denunciato dagli organismi che difendono una liberalizzazione totale del mercato energetico, come l’Organizzazione Mondiale del Commercio, sebbene non si possa contare su di una soluzione semplice. Per fare un esempio, uno studio della Banca Mondiale afferma che se la Russia eliminasse questa pratica unificando i prezzi esterni e quelli interni, la propria economia dovrebbe affrontare perdite calcolate tra i cinque ed i sette bilioni di dollari annui (Tarr e Thomson 2003).

g. Percentuale di combustibili a tasso zero: Come si è menzionato in precedenza, una delle preoccupazioni principali delle società contemporanee è l’abbandono di sistemi energetici basati sui combustibili fossili per l’utilizzo intensivo di fonti energetiche rinnovabili. Per questo motivo, tra gli indicatori per calcolare la sicurezza energetica di un paese è possibile trovare la percentuale d’uso di fonti rinnovabili in paragone a quelle non rinnovabili.

h. Liquidità del mercato: riguarda la capacità dei mercati di affrontare fluttuazione nei prezzi delle risorse energetiche.

i. Indicatori della domanda: Questi indicatori possono spiegare solo fino a un certo punto la dipendenza di un sistema economico rispetto alle fonti energetiche che esso utilizza e gli effetti di cambiamenti nei prezzi.

Gli indicatori semplici per misurare la sicurezza energetica offrono una visione chiara e concisa su alcuni aspetti, ma delle volte si rischia la semplificazione, soprattutto in un campo dove le basi di dati in molti casi non sono unificate in termini di unità di misura o dove non si hanno delle serie temporali molto ampie. Allo stesso tempo, gli indicatori semplici non lasciano l’opportunità ai policy makers di fare un ragionamento comprensivo sui punti di forza e debolezza dei propri sistemi energetici. Per questo motivo, è comune l’utilizzo di modelli che usano una serie d’indicatori aggregati.

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19

2.2.2 Indicatori aggregati

In questo studio saranno utilizzati due modelli d’indicatori aggregati, con qualità e caratteristiche diverse.

2.2.2.1 Modello MOSES

Il primo di questi modelli è l'indice di sicurezza energetica dell'IEA, denominato MOSES (Model of Short-Term Energy Security). Il modello MOSES cerca di definire il profilo energetico di ogni paese per valutare i rischi che ciascuno di essi deve affrontare, senza stabilire una classifica di sicurezza energetica per questi paesi. MOSES analizza le vulnerabilità delle sette principali fonti energetiche (petrolio, carbone, gas naturale, energia idrica, energia geotermica, bioenergia, la biomassa e il nucleare), oltre a due risorse considerate secondarie (i biocarburanti ei prodotti petroliferi), attraverso indicatori quantitativi. Si può quindi realizzare un’analisi sistemica delle debolezze di un determinato sistema energetico (Jewell 2011, pg. 7).

Ci sono due dimensioni principali, l’elasticità e il rischio, e due variabili, che siano esterne o interne al proprio sistema. Faremo soltanto menzione delle variabili che riguardano il gas naturale.

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20 Dimensioni e indicatori di

sicurezza energetica nel gas naturale

Rischio Elasticità

Esterna1 - Dipendenza dalle

importazioni. - Stabilità politica dei

paesi rifornitori

- Punti d’ingresso del gas (gasdotti e porti GNL). - Diversità di paesi rifornitori. Interna - Proporzione di produzione offshore rispetto al totale.

- Intensità del gas naturale.

- Capacità giornaliera di prelievo sullo stoccaggio totale di gas naturale.

Il fattore più importante è rappresentato naturalmente dalla dipendenza dalle importazioni, espressa direttamente dalla percentuale di gas naturale che un paese deve importare per soddisfare le proprie esigenze energetiche. L’altro fattore di rischio esterno è la stabilità politica dei paesi rifornitori, misurata attraverso l’indice di stabilità politica dell’OECD.

L’elasticità esterna è calcolata attraverso il numero di punti d’ingresso del gas nel territorio -siano essi metanodotti o porti di gas naturale liquefatto- e dal numero di paesi dai quali provengono le importazioni di gas. Un maggior numero di rifornitori è qualificato come elemento positivo, per i suoi effetti sui prezzi e per ridurre le possibilità di disrupzione dei rifornimenti per motivi politici.

Le variabili per calcolare l’elasticità interna sono la capacità di uno Stato di rispondere alle esigenze giornaliere di gas, attraverso la quantità di gas presente nelle proprie istallazioni di stoccaggio; e la cosiddetta intensità del gas naturale, un indicatore che

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21 riflette l’esposizione di un determinato paese alle disrupzioni dei rifornimenti, e si calcola con la divisione del consumo di gas per il suo PIL.

Per ultimo c’è un indicatore significativo soltanto quando il paese analizzato è allo stesso tempo un produttore di gas; si tratta della percentuale di produzione di gas offshore rispetto al totale. I giacimenti offshore sono considerati come meno sicuri rispetto quelli onshore per le difficoltà tecniche di estrarre il gas nel mare aperto e in alcuni casi per le polemiche sulla sovranità dei giacimenti situati in aree contese politicamente.

Il modello MOSES è valido per analizzare situazioni di rischio a breve termine (tra giorni e settimane), ma ignora i principali indicatori di lungo termine, come la crescita della domanda energetica o l’esaurimento delle risorse fossili (Singh Pahwa e Singh Chopra 2013, pg. 20).

2.2.2.2 International Index of Energy Security Risk

Come esempio di modello di analisi di rischi alla sicurezza energetica a lungo termine, utilizzerò la proposta elaborata dalla Camera di Commercio degli Stati Uniti, denominata International Index of Energy Security Risk (Institute for 21st Century Energy. U.S. Chamber of Commerce 2013). A differenza del modello MOSES, l’International Index of Energy Security Risk stabilisce una classifica dei paesi in base alla loro sicurezza energetica, utilizzando dati quantitativi.

Ci sono quattro dimensioni principali per misurare la sicurezza energetica e ciascuna di esse conta con diversi parametri, successivamente suddivisi in un totale di ventinove indicatori. Si tratta perciò di uno strumento comprensivo che offre l’opportunità di confrontare la posizione delle principali economie globali.

I. Dimensione geopolitica: Gli indicatori di questa sezione si servono del Freedom Index2 come variabile di controllo.

2 Il Freedom Index è una relazione elaborata ogni anno dalla fondazione Heritage e dal giornale Wall

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22 a. Combustibili globali: l’affidabilità e diversità delle riserve e rifornimenti di fonti energetiche, attraverso il calcolo delle riserve e produzioni di petrolio, gas naturale e carbone di ogni paese in relazione alla presenza globale di questi materiali.

b. Importazioni d’idrocarburi: l’esposizione delle economie nazionali a rifornimenti inaffidabili o troppo concentrati, determinato dalla percentuale di utilizzo di petrolio, gas naturale o carbone in una determinata economia; la quota d’importazioni energetiche in relazione al consumo totale d’energia.

c. Spese energetiche: Il costo dell’energia quantificata attraverso diverse unità di misura, come il costo per kilowattora, costo del barile di petrolio o il costo energetico pro capite.

II. Dimensione economica

a. Volatilità dei prezzi e dei mercati: alla volatilità dei prezzi del petrolio e delle altre fonti energetiche si aggiungono altri dati economici puri, come il PIL pro capite.

b. Intensità dell’uso dell’energia: è il costo di trasformazione di un’unità d’energia in un’unità del PIL, determinando l’efficienza energetica di uno Stato.

III. Affidabilità

a. Settore dell’energia elettrica: misura in maniera indiretta l’affidabilità della capacità di generazione dell’energia elettrica, determinata dalla varietà delle tecniche e fonti energetiche impiegate (combustibili fossili, nucleari, energie rinnovabili).

IV. Dimensione ambientale

a. Settore dei trasporti: In questo caso, i costi dei trasporti indicano sia il grado d’efficienza di un’economia sia –in maniera indiretta- la crescita economica.

negli affari, negli investimenti, la libertà monetaria, la lotta contro la corruzione. Lo studio riflette una posizione apertamente pro-liberale e giudica negativamente l’interventismo statale e pertanto le politiche di welfare abituali nel continente europeo. È necessario prendere una posizione neutrale e utilizzare questo strumento consapevolmente.

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23 b. Medio ambiente: esposizione delle economie nazionali a mandati nazionali o internazionali di riduzioni delle emissioni di CO2 nell’ambiente, tendenza annuale di emissioni di CO2, quota di utilizzo di combustibili fossili e di energie rinnovabili.

2.3 Politica energetica

La sicurezza energetica di un paese, nonostante la diversità delle definizioni, è conformata su fatti reali e verificabili. In base a ciò, i vari governi o autorità politiche devono prendere delle decisioni per gestire in maniera appropriata la scarsità delle risorse energetiche.

La politica energetica può essere analizzata su tre livelli diversi, interdipendenti tra di loro. Io utilizzerò lo schema proposto da Kratochvil e Tichy (2013, pg. 393), perché ritengo che offra una base adeguata per capire il concetto di amicizia e inimicizia di Buzan (Buzan e Waever, Regions and Powers. The Structure of International Security. 2003) allo stesso tempo rende conto dell’importanza degli aspetti tecnici nei rapporti energetici, spesso ignorati dai circoli politici.

1. Livello materiale: riflette la quantità di risorse disponibili, la capacità tecnica per sfruttare queste risorse, la capacità logistica per il suo trasporto, ecc. Sono caratteristiche di natura tecnica che hanno però un’incidenza sui due livelli posteriori.

2. Livello istituzionale: l’impostazione di rapporti bilaterali che riflettano le condizioni esistenti a livello materiale nella forma di regole e procedure, producendo un regime economico e politico specifico.

3. Livello ideativo: è in pratica il discorso politico che si produce per esprimere il rapporto energetico del livello istituzionale. Sono interpretazioni in parte soggettive, sulle condizioni di dipendenza mutua tra un paese fornitore e un consumatore di prodotti energetici. Questa dipendenza può essere considerata

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24 come benefica o minacciosa, secondo le circostanze, e può avere conseguenze a livello istituzionale.

Kratochvil e Tichy (2013) impiegano questo modello per spiegare il discorso attuale sui rapporti energetici tra Russia e Unione Europea. Gli autori, dopo l’analisi semantica di 97 discorsi di funzionari dell’UE e di 104 discorsi delle loro controparti russe, hanno individuato tre temi principali.

Il primo fa riferimento all’integrazione, percepito positivamente da entrambi le parti: si focalizzano i benefici economici che questo rapporto produce, e si enfatizza il concetto di “partenariato”. Nonostante ciò, ci sono differenze nei discorsi: l’Unione Europea vede se stessa come un partner più avanzato, e ritiene che la Russia dovrebbe avvicinarsi al progetto d’integrazione e adottare parte della legislazione comunitaria. Dalla parte russa, il discorso sull’integrazione lascia intendere che si tratti di un rapporto simmetrico, dove nessuna delle parti può essere considerata come “superiore” all’altra. La Russia non è un partner qualunque, giacché mantiene un rapporto “speciale” con l’UE, basato su legami storici e culturali oltre che meramente commerciali.

Il secondo discorso presente nella retorica della politica energetica tra questi due attori si riferisce alla liberalizzazione. La dimensione economica del rapporto tra i due paesi viene vista ovviamente in maniera differente dai due attori. Mentre l’UE pone speciale enfasi sulla necessità di stabilire rapporti trasparenti e basati sulle leggi di mercato –che implicherebbe la fine dei prezzi duali, i contratti di gas a lungo termine e basati sul prezzo del petrolio, la possibilità per le aziende europee di concorrere liberamente con Gazprom in territorio russo -, da Mosca il discorso sulla liberalizzazione si basa soprattutto sul rafforzamento delle posizioni delle aziende russe nel mercato interno europeo, senza gli ostacoli imposti dall’UE –specialmente il Third Energy Package-. Il terzo e ultimo tema è la diversificazione energetica, considerato come il discorso più aggressivo e ispirato nella teoria del realismo politico. Dalla parte europea, la Russia è considerata come un partner problematico e non affidabile. È pertanto necessario ridurre la dipendenza energetica, vitale per le sue implicazioni politiche ed economiche sulla sicurezza energetica europea. La politica estera dell’UE insiste per stabilire nuovi rifornimenti volti a sostituire gradualmente le importazioni russe. Dalla parte russa, il

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25 discorso della diversificazione è interpretato in un’ottica diversa da quella europea. Non si concepisce la rottura totale dei rapporti, si considera invece la costruzione di nuove rotte per permettere un rifornimento maggiore e una presenza più forte delle aziende russe nei mercati energetici europei. Per rispondere alle accuse di essere un partner non affidabile, Mosca rifiuta ogni responsabilità nei conflitti energetici con l’Ucraina. Si fa solamente menzione all’ipotesi di cambiare la direzione dei flussi di gas destinati all’Europa Occidentale verso altri mercati, principalmente in Cina.

Questo studio si è basato, in certa misura, sui tre discorsi, ma ho considerato la diversificazione energetica come il più rilevante. Come si vedrà in seguito, la base teorica del Complesso di Sicurezza Regionale offre la possibilità d’includere tutte e tre nell’analisi.

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2.4 La teoria del Complesso di Sicurezza Regionale

Come base teorica per la mia analisi, utilizzerò la teoria del “Complesso di Sicurezza Regionale” (Regional Security Complex Theory, RSCT), proposta da Barry Buzan e Ole Waever nella scuola di Copenaghen di Studi sulla Sicurezza. Secondo questa teoria, l’interdipendenza della sicurezza è bassata su chiave regionale, formando i cosiddetti Complessi di Sicurezza Regionale (CSR).

Un complesso di sicurezza regionale è formato da due o più Stati, che formano un insieme geograficamente coerente e che interagiscono in base alla propria interdipendenza in materia di sicurezza ed in maniera costante (Cervone 2009, pg. 12). Gli Stati che formano un complesso di sicurezza regionale “condividono preoccupazioni in relazione alla sicurezza e sono interconnessi al punto che le azioni di uno hanno un impatto diretto sulla sicurezza degli altri attori” (Fumagalli 2007).

I complessi di sicurezza sono influenzati da diversi fattori, alcuni di essi legati alle dinamiche interne di uno Stato, come la dimensione economica o la capacità militare di ciascuno di essi; altri dipendono invece dai singoli rapporti tra gli Stati di ogni complesso.

La scuola di Copenaghen adotta una visione intermedia delle teorie neorealiste, costruttiviste e liberali. Riconosce, da una parte, la prominenza degli Stati in un sistema internazionale dominato dall’anarchia, dall’altra, l’importanza della cooperazione, l’interdipendenza tra governi e la struttura delle relazioni internazionali.

Un altro punto di forza della teoria è che, centrandosi su regioni specifiche, offre un livello intermedio di analisi, tra quello globale e quello interno, degli Stati coinvolti. In questa maniera è più semplice studiare le dinamiche che influiscono su tutti gli Stati appartenenti allo stesso CSR. La sicurezza non è una conseguenza diretta di una minaccia, ma l’interpretazione politica di cosa sia una minaccia (Mammadli 2012, pg. 7). Queste minacce sono considerate come delle sfide “esistenziali” per l’esistenza dello Stato stesso.

Per controbilanciare queste minacce, Buzan introduce il concetto di “securitizzazione”, definito come l’affrontare le minacce dei nemici prendendo delle decisioni e adottando

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27 misure d’emergenza in caso di necessità (Buzan e Hansen, The Evolution of International Security Studies 2009, pg. 213)

È più probabile che una questione sia “securitizzata” quando si presuppone l’esistenza di una minaccia alla propria sopravvivenza.

2.4.1 Amicizia e inimicizia

Per illustrare il carattere dei rapporti tra gli Stati, Buzan introduce i concetti di amicizia e inimicizia (Mammadli 2012, pg. 10). I modelli storici di amicizia o inimicizia spiegano perché alcune relazioni energetiche sono “securitizzate” mentre altre non lo sono. Per esempio, una situazione di dipendenza energetica può essere considerata come positiva o negativa in base ad un insieme di fattori, come i rapporti storici tra i paesi, la cultura, la religione o la situazione geografica (Buzan e Waever, Regions and Powers. The Structure of International Security. 2003, pg. 50).

Con “amicizia” Buzan si riferisce ai rapporti di lunga durata e mutua fiducia e cooperazione, come quelli esistenti tra i paesi scandinavi o nel BENELUX. L’ “inimicizia”, invece, descrive situazioni nelle quali le condizioni di paura, rivalità e una mutua percezione di minaccia sono la costante. L’esempio classico è il difficile rapporto tra Russia e Stati Baltici.

In questa sede si analizzerà il Complesso di Sicurezza Regionale, conformato dall’Unione Europea, nei paesi del Caucaso del Sud e nei rapporti UE-Russia dal punto di vista della sicurezza energetica. Quando si combina la teoria dei CSR con la disciplina dell’analisi della gestione energetica, si parla di complessi di sicurezza energetica (CSE). Mentre i CSR si configurano sulla distribuzione di forza militare e influenza politica, nei CSE i fattori chiave sono la bilancia commerciale energetica, la quantità individuale di risorse e le possibilità di diversificazione (Palonkorpi 2008, pg.3).

Un complesso di Sicurezza Energetica si potrebbe definire pertanto come l’insieme d’interazioni legate all’energia tra due o più Stati in un’area geografica specifica. Tra queste interazioni rientrano la compra-vendita di prodotti energetici, o semplicemente il transito di questi prodotti attraverso un determinato territorio. I fattori chiave sono le situazioni di dipendenza energetica e la distribuzione delle risorse.

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3 Il gas naturale ei mercati del gas

Per capire l’attuale assetto geopolitico sia nell’Unione Europea che nel Caucaso Sud, devono essere analizzati i meccanismi principali che configurano il mercato energetico del gas. Diversi fattori, tra i quali: calcoli economici, consuetudini politiche, possibilità tecnologiche oppure semplicemente le proprie qualità fisiche del gas, provocano conseguenze politico-economiche che influenzano i rapporti politici tra paesi consumatori e produttori.

3.2 Definizione

Il gas naturale è una delle principali fonti d’energia utilizzate dall’uomo, insieme al petrolio, carbone, energie rinnovabili e nucleare.

Il gas naturale è composto principalmente di metano, in una proporzione tra il 70% e il 90%, e di altri idrocarburi come l’etano, propano, butano e pentano (Frusciante 2012, pg. 3). La composizione del gas dipende principalmente dal punto d’estrazione, e gli indici di presenza degli altri idrocarburi possono configurare diverse varietà di gas naturale. Il gas naturale si considera “bagnato” quando la presenza degli altri idrocarburi è superiore alla presenza di metano; e invece definito come “secco” quando il giacimento è formato di metano quasi puro. Infine, un giacimento è denominato “acido” se vi è una presenza massiccia di solfuro d’idrocarburi (International Energy Agency 2014).

Il gas naturale si può trovare in giacimenti in cui vi è solo gas o spesso connesso all’estrazione di petrolio, giacché hanno la stessa origine. Inizialmente, il gas era considerato più come un problema legato all’estrazione del greggio che come una risorsa da sfruttare (Frappi e Verda 2013, pg. 80).

Dal punto di vista della terminologia, i concetti di risorse e riserve hanno delle differenze fondamentali. Quando si parla di risorse, ci si riferisce al “quantitativo complessivo presente in natura di una certa fonte energetica. È un quantitativo enorme e, all’attuale stadio di sviluppo tecnologico, di fatto inconoscibile” (Frappi e Verda 2013, pg. 77). Pertanto, anche se un paese abbia delle risorse energetiche conosciute, esse possono essere di importanza marginale se non è disponibile ancora la tecnologia adatta a poterle sfruttarle oppure se finanziariamente non si tratta di un’operazione vantaggiosa.

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29 Le riserve sono, invece, quella parte delle risorse “di cui è nota l’ubicazione e che sono tecnicamente ed economicamente sfruttabili, dato un certo livello di prezzo” (Frappi e Verda 2013, ibidem). Le riserve globali di gas ammontano a circa 190 mila miliardi di metri cubi di gas, equivalente a cinquantasei volte la produzione annua di gas. Per quanto riguarda alle risorse totali di gas presenti al mondo, le stime li calcolano intorno ai 400 mila miliardi di metri cubi, che consentirebbero altri duecentovent’anni secondo d’autonomia gli attuali indici di consumo (International Energy Agency 2014).

Le maggiori riserve di gas si trovano in Russia, Iran e Qatar, che possiedono più dalla metà delle riserve globali (Frusciante 2012, pg 5). Il Caucaso, come poi si vedrà, è una zona promettente per il futuro del mercato del gas.

Riserve provate di gas naturale per regione, in miliardi di metri cubi. Fonte: MIT Energy Initiative 20113.

Facendo un paragone con altre fonti energetiche, il gas naturale riunisce una serie di proprietà che lo rendono molto attraente da parte delle aziende energetiche e dei governi europei. Tra i suoi vantaggi, il gas ha delle caratteristiche favorevoli alla sua estrazione e produzione. È relativamente economico e facile da produrre, e la sua alta

3 La mappa originale conteneva queste cifre in trilioni di piedi cubici. Per motivi di coerenza e funzionalità, esse sono state convertite in miliardi di metri cubi.

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30 comprimibilità e bassa viscosità permettono di ricuperare alte quantità del totale di gas presente nei giacimenti. Esso può essere estratto anche sotto difficili condizioni nel sottosuolo, e non è necessaria un’eccessiva lavorazione al fine del suo utilizzo finale (MIT Energy Initiative 2011).

In termini economici, le centrali elettriche a gas sono gli impianti energetici più semplici e veloci da costruire e addirittura il gas potrebbe sostituire facilmente al carbone nelle centrali elettriche a carbone esistenti nell’attualità (Mang 2013). Inoltre, lo sfruttamento commerciale del gas è un 50% più economico per quanto riguarda ai costi fissi per ogni Kilowatt rispetto alla produzione di petrolio (Loudon 2013). Questa differenza si spiega per il bilanciamento più equilibrato tra costi fissi e variabili nella produzione di energia elettrica (Frusciante 2012, pg 2).

Dal punto di vista ecologico, un elemento chiave per la particolare sensibilità politica dei governi e dell’opinione pubblica europea, il gas è il combustibile fossile che emette meno CO2 per molecola prodotta. Brucia in maniera pulita ed efficiente, con poche emissioni non carboniche, pari a circa la metà rispetto al petrolio, e quattro volte inferiori a quelle del carbone (Luciani 2010, pg 173.; MIT Energy Initiative 2011). Il gas è pertanto considerato come una fonte energetica “di transizione” finché le energie rinnovabili non siano in grado di sostenere l’intera domanda energetica (Loudon 2013). Grazie alla sua disponibilità, utilità e relativo basso costo, il gas naturale in questo periodo è presente in molti settori delle economie moderne, e continuerà con la sua espansione all’interno dei sistemi produttivi (MIT Energy Initiative 2011). Il principale uso finale del gas all’interno della domanda industriale e residenziale è la generazione di energia elettrica. Come affermano Frappi e Verda (2013, pg. 196), “nel ventennio 1990-2010, la produzione di energia elettrica in centrali alimentate a gas naturale è più che radoppiata, passando da 1.727 a 4.760 terawattora (TWh)”.

I principali svantaggi che il gas naturale presenta sono principalmente legati agli aspetti che si riferiscono al suo trasporto e stoccaggio. Il gas, data la sua composizione gassosa, occupa grandi volumi, riducendo la sua intensità energetica. Questo suppone uno svantaggio dal punto di vista dello stoccaggio.

Le caratteristiche fisiche del petrolio facilitano il suo trasporto su lunghe distanze, attraverso diversi mezzi di trasporto e quindi mantenendolo a prezzi moderati. Il gas

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31 naturale, d’altra parte, conta su poche modalità di trasporto, gasdotti o GNL, che rappresentano una frazione rilevante del costo totale (MIT Energy Initiative 2011, pg 147). È quindi conveniente consumare il gas nelle vicinanze della fonte o dopo essere stato trasportato per brevi distanze (Luciani 2010, pg 180).

La principale maniera in cui il gas si trasporta, è mediante la costruzione di gasdotti. Si tratta della possibilità più vantaggiosa se la distanza tra i luoghi di produzione ei mercati non è maggiore dai 4.000 chilometri (Frappi e Verda 2013, pg. 96). Il gas trasportato via gasdotto conta per un 80% del commercio di gas inter-regionale (MIT Energy Initiative 2011, pg. 147). Soltanto in Europa ci sono due terzi del totale di gasdotti costruiti globalmente (B. Shaffer 2013, pg. 116).

3.3 I mercati del gas

Dopo aver delineato le principali caratteristiche del gas naturale, a continuazione saranno analizzate, insieme ai i principali elementi del mercato del gas, ovvero: la distribuzione territoriale dei mercati, i principali rudimenti dei contratti di rifornimento e il ruolo degli Stati nei contratti.

Il gas naturale è la merce più importante la quale non fa riferimento a un mercato mondiale appropriato con prezzi definiti a livello globale (International Energy Agency 2012, pg 6). Ogni contratto è fatto ad hoc tra i firmanti (B. Shaffer 2013, pg. 116). E questo fa sì che i prezzi dei diversi progetti siano differenti in ogni paese, a seconda della distanza delle fonti e l’esistenza d’infrastrutture adatte.

L’obbligo di consumare il gas nelle prossimità dei giacimenti e l’elevato costo di costruzione dei gasdotti giustifica l’assenza di un mercato globale. Si sono invece generati dei mercati regionali, che differiscono tra di loro da fattori come la vicinanza delle fonti di rifornimento, la dipendenza energetica, il grado di complessità economica degli attori coinvolti e insieme ad altri fattori politici e geografici (MIT Energy Initiative 2011, pg. 147).

I mercati regionali sono principalmente tre: America, Europa e Asia. Nel continente americano, la posizione di principale produttore e consumatore è occupata dagli Stati Uniti. Canada e Argentina sono i due paesi che, dopo gli U.S.A., con più consumo di

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32 gas naturale nel continente. Altri grandi produttori di gas naturale dopo gli statunitensi sono Perù e Brasile. In un futuro prossimo, paesi come Bolivia e Venezuela, che dispongono d’ingenti risorse, ma non contano su infrastrutture adatte per sfruttarle, giocheranno un ruolo importante nell’equilibrio geopolitico della regione (Valle Guerrero 2012, pg. 63).

Il mercato asiatico comprende i produttori del Medio Oriente e, soprattutto, i paesi in crescita economica e demografica che hanno bisogno di nuove risorse da sfruttare. Il Sudest asiatico non conta su riserve rilevanti di gas, e puntano maggioritariamente sulle importazioni di gas naturale liquefatto, di cui si parlerà più avanti.

L’analisi del mercato europeo, che secondo questo schema comprende le aree produttrici di Russia e del nord d’Africa, si realizzerà nel prossimo capitolo.

3.4 I contratti

I contratti di gas presentano una serie di elementi comuni. Come si è detto in precedenza, ogni contratto è stabilito ad hoc, e pertanto è possibile che ci siano delle clausole speciali, poco comuni in altri mercati. Sono specificati chiaramente il compratore e il venditore, e il punto d’invio e di recezione del rifornimento. Sono normalmente presenti le “clausole di destinazione”, per evitare che il surplus di gas che riceve il compratore sia ceduto a terzi paesi.

Nei contratti è anche specificato il prezzo del gas. Per una questione di tradizione storica, il prezzo del gas è legato a quello del petrolio. Inoltre il costo del gas ha la particolarità di dividersi in due parti: un prezzo di base più la cosiddetta “indexation”, o meglio detta l’indicizzazione del prezzo del gas, si sostanzia con il fatto che il prezzo del gas sia costantemente in rapporto con i movimenti nei mercati di altre fonti energetiche, per assicurare che il gas commercializzato sia competitivo (Essandoh-Yeddu 2012, pg. 320). Si specifica la quantità di gas da vendere, la qualità e le sue caratteristiche e le date di pagamento.

3.5 Ruolo degli Stati

I governi giocano un ruolo importante nello scambio di gas, per diversi motivi.

La sicurezza energetica è diventata la principale fonte di preoccupazione dei governi per quanto riguarda la politica dell’energia, uno dei temi principali di questa ricerca. La

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33 diversificazione energetica è considerata in questo periodo un argomento connesso alla difesa della nazione, perciò questi progetti sono vigilati con speciale cura, o addirittura controllate attraverso la partecipazione di aziende di proprietà statale.

Un’altra ragione che spiega il coinvolgimento dei governi è che i gasdotti sono delle infrastrutture permanenti, e devono spesso approvare i loro percorsi, monitorare la loro istallazione e in certi casi fornire anche la sicurezza degli impianti.

Come si vedrà in seguito, la maggioranza dei contratti di rifornimento sono stabiliti a lungo termine, e gli investitori cercano di essere rassicurati sulla volontà delle altre parti di rispettare i contratti. La maniera più comune di tranquillizzare i consorzi coinvolti nei progetti è con la firma di accordi bilaterali tra governi (B. Shaffer 2013, pg. 116).

3.6 I progetti

Si utilizzano diversi elementi per misurare il prezzo totale di costruzione di un gasdotto, come il diametro e la lunghezza della condotta. È fondamentale verificare sia l’esistenza di grandi volumi di gas nel paese fornitore sia la presenza di un mercato che abbia delle previsioni di consumo sufficienti per giustificare il progetto (Luciani 2010, pg 179). Allo stesso tempo, la partecipazione di un consorzio di aziende commerciali4 che abbiano la praticabilità economica necessaria per portare avanti gli investimenti richiesti. I paesi fornitori, d’altra parte, vogliono rassicurare che gli investimenti fatti nel corso dell’estrazione, del trattamento e del trasporto siano convenienti economicamente. L’appoggio politico, come già precedentemente citato, è vitale per rendere possibile un progetto del genere (Chow e Hendrix 2010, pg. 33).

I gasdotti che attraversano molteplici Stati non sono frequenti. Ogni passaggio del condotto aggiunge ulteriori difficoltà, sia tecniche che politiche, che il progetto deve affrontare (Chow e Hendrix 2010, pg. 33). Le caratteristiche fisiche del gas lo rendono molto più vulnerabile per quanto riguarda il suo utilizzo come mezzo politico di pressione al confronto di altre risorse energetiche. L’interruzione dei rifornimenti può essere causata da diversi fattori, tra i quali: il grado e la relativa dipendenza tra il paese fornitore e consumatore; il rapporto economico e politico generale tra i due paesi; la

4 Il costo di questo tipo di progetti rende necessaria la formazione di consorzi di aziende commerciali statali o private.

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34 situazione domestica di rifornimento nel paese di produzione ei paesi di transito; il processo di decision making sull’energia nei paesi coinvolti; i continui profitti commerciali dell’accordo; e infine il fatto che i paesi di transito siano presenti nell’accordo di rifornimento (Shaffer, Natural gas supply stability and foreign policy 2013, pg 115).

3.7 I contratti a lungo termine ei mercati “spot”:

3.7.1 Contratti a lungo termine (Long Term Contracts)

La maggioranza degli accordi di vendita di gas naturale in Europa è basata su contratti a lungo termine. Come si è preso in considerazione, gli alti costi di trasporto, stoccaggio, gli investimenti per costruire le infrastrutture necessarie e la domanda molto inelastica5 di questo bene provocano che per giustificare un progetto del genere si rassicuri un rapporto economico di grande durata. Per questa ragione i contratti presentano normalmente una clausola denominata “take or pay”, secondo la quale è fissata una quantità minima da consumare dall’acquirente.

Una volta che si è investito nella costruzione di una grossa condotta a lunga distanza e firmati tutti i contrati per renderla finanziabile, il venditore e il compratore si assumono il vincolo rispettivamente di vendita e di acquisto per grossi quantitativi e per una durata da dieci a quindici anni.

Le infrastrutture legate al gas (quali gasdotti, centrali di liquefazione o stoccaggio) sono considerati investimenti ad alta intensità di capitale. Queste strutture possono essere usufruite per periodi molto lunghi ma i costi iniziali di costruzione possono non essere assorbiti anche dopo un intervallo da quaranta a cinquanta anni (Depal, 2013).

3.7.2 I mercati “spot”

A differenza dei contratti a lungo termine, gli “spot markets” sono dei punti specifici, dove il gas si commercializza in un mercato interamente liberalizzato. In questo genere di mercato i contratti hanno una durata minore, che va fino ai diciotto mesi di rifornimento. I prezzi dei contratti riflettono le condizioni del mercato nel momento in

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35 cui essi vengono stipulati, e i prezzi legati al trasporto sono negoziati in maniera parallela (Essandoh-Yeddu 2012, pg. 320).

I primi mercati deregolamentati sono nati in Regno Unito nei primi anni novanta, dopo la privatizzazione dell’azienda nazionale British Gas in 1986 (Asche, Misund e Sikveland 2013, pg. 212). Successivamente la tendenza allo sviluppo di questo genere di mercato si è spostata verso alcuni punti dell’Europa continentale, principalmente nei mercati di Zeebrugge in Belgio o il Title Transfer Facility (TTF) in Olanda.

3.8 Il gas naturale liquefatto e il gas di scisto

Per concludere l’analisi è necessario parlare di altre due varietà di gas diverse dal gas naturale che può essere trasportato attraverso gasdotto. Tecnicamente non possono essere considerati come dei tipi diversi di gas –poiché uno è un sistema alternativo di trasporto e l’altro un nuovo metodo d’estrazione-, ma le loro particolarità fanno in modo che siano considerati come dei mercati opposti.

3.8.1 Gas Naturale Liquefatto (GNL)

Il gas naturale liquefatto (GNL) è il denominativo del gas che ha subito un processo per cui è stato trasformato in forma liquida al fine di facilitare il suo trasporto via camion o nave metaniera.

Il gas diventa liquido dopo essere sottoposto a temperature di -162ºC, e occupa solo una 1/600 parte dello spazio di cui ha bisogno nel suo stato originale, facilitando sensibilmente la propria manovrabilità (Wan Azelee Wan e Rusmidah 2010, pg. 6). Ha il vantaggio di offrire un’importante gamma di fornitori e mercati, i quali diventano potenzialmente più flessibili e meno condizionati politicamente. Allo stesso tempo, lo GNL facilita i negoziati e la creazione di contratti, così come le rotte di trasporto (MIT Energy Initiative 2011, pg 148). Il costo di trasporto aumenta con la distanza, ma proporzionalmente meno di quanto aumenta via terra (Luciani 2010, pg 140). Esistono ancora divergenze tra gli autori sull’affermazione di che il mercato del GNL sia veramente più flessibile rispetto ai classici accordi, basati sul traffico via gasdotto. Shaffer argomenta che anche i contratti di GNL sono stabiliti a lungo termine, e che il

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36 mercato delle metaniere di GNL non è così sviluppato come quello delle metaniere di petrolio (Shaffer, Natural gas supply stability and foreign policy 2013, pg 115).

Il principale problema dello GNL, come spiega Frusciante, è che “il processo di liquefazione del gas naturale è piuttosto costoso e richiede tecnologie molto avanzate” (Frusciante 2012, pg 2). Il processo di liquefazione del gas è il più costoso, e può rappresentare fino a un 40% del costo del prodotto finale (Essandoh-Yeddu 2012, pg. 317).

Il commercio globale di gas liquefatto ha avuto un aumento un 9’4% nel 2011, lontano dall’aumento del 21% nel 2010 ma ancora in netta crescita. Questo tasso di crescita è più alto dalla domanda globale (International Energy Agency 2012, pg 14). Le previsioni sul mercato del GNL in Europa tendono a considerarlo come progressivamente più volatile La banca Barclays prevede una discesa delle importazioni di GNL in Europa pari al 70%, che si spiega per effetto dell’aumento della domanda dei mercati asiatici (Mang 2013). Giappone, nello specifico, ha visto nel gas liquefatto una soluzione valida per soddisfare le proprie esigenze dopo il disastro nucleare di Fukushima.

Commercio mondiale di gas naturale tra 1970 e 2004. Fonte: Victor, D.; Jaffe, A.; Hayes, M. 2006, pg. 11.

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37 Qatar è il principale produttore di GNL al mondo, la cui capacità di liquefazione è pari a ¼ della capacità globale. L’Australia potrebbe competere con il Qatar come il secondo esportatore di GNL al mondo per 2030 (Myers Jaffe e O'Sullivan 2012, pg. 9). Altri paesi si sono aggiunti al mercato del GNL: la Russia, lo Yemen e il Perù nel 2010, Angola nel 2012 e Papua Nuova Guinea nel 2014 (International Energy Agency 2014).

3.8.2 Il gas di scisto (Shale Gas)

Oltre al gas naturale “convenzionale”, lo sviluppo di nuove tecniche di estrazione di gas negli ultimi anni ha permesso lo sfruttamento di giacimenti che prima erano stati considerati come inaccessibili. Lo shale gas o gas di scisto, si definisce come “il gas intrappolato in accumuli di rocce argillose che si trovano a profondità comprese tra i 2 mila e i 4 mila metri” (Frusciante 2012, pg 4).

Nel caso del gas non convenzionale, la permeabilità molto bassa delle rocce da cui è formato il giacimento fa in modo che, per estrarre il gas, si debba fratturare idraulicamente la superficie. Questo processo, conosciuto come fracking, permette la creazione di sufficiente permeabilità e consente la circolazione del gas. Il gas di scisto, considerato come una vera e propria rivoluzione nel campo del gas, presenta però dei problemi di tipo tecnico, ambientale e politico.

Dal punto di vista dell’estrazione, come ci spiega Frusciante, “(…) sono tendenzialmente più vasti ma meno longevi, dopo un picco iniziale, il livello di gas di scisto rapidamente decresce, inoltre anche per quanto concerne la produttività di questi giacimenti, le prestazioni sono di gran lunga inferiori: si riesce a recuperare solo il 30% del gas intrappolato nelle rocce argillose, a fronte del 70% del gas convenzionale” (Frusciante 2012, pg 4).

Le tecniche d’estrazione del gas di scisto presentano inoltre problematiche dal punto di vista ecologico: il fracking è un processo distruttivo per l’ambiente, e ha suscitato dei profondi dibattiti tra i governi europei sulla convenienza del suo utilizzo.

Gli Stati Uniti sono il principale produttore di shale gas, e secondo alcune previsioni il loro ruolo potrebbe segnare un cambiamento fondamentale nel mercato del gas europeo (Goldthau 2013, pg. 8).

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3.9 Previsioni di consumo

Il gas è attualmente il mercato energetico che conta la maggiore crescita, tra un 2’4% e un 2’7% all’anno in maniera globale6. Le statistiche sulla crescita nell’utilizzo del gas

dimostrano che questa dinamica sia già cominciata nei primi anni novanta: “nel ventennio 1990-2010, caratterizzato da una crescita costante della domanda energetica globale, i consumi di gas naturale sono aumentati in misura ancora più significativa, del 60% circa, passando da 1.990 a 3.268 miliardi di metri cubi annui (GMC)” (Frappi e Verda 2013, pg. 106).

Fonte: Strategia Energetica Nazionale (2013, pg. 11)

Secondo l’IEA, la domanda globale di gas aumenterà di 580 mmc nel periodo tra il 2011 e il 2017, quantità equivalente al 90% dell’intera produzione russa. Nel 2035, la domanda globale di gas aumenterà quasi del 50% se prendiamo come riferimento i dati di consumo attuali (International Energy Agency, 2013, pg 1).

6 Il tasso di crescita stimato dipende dalle fonti consultate. Altri autori, come Frusciante, parlano di un tasso di crescita nel consumo globale di gas del 2’1% fino al 2030 (Frusciante 2012, pg 1). Si trattano comunque di numeri che dimostrano l’importanza in aumento di questa fonte di energia.

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