• Non ci sono risultati.

CCaappiittoolloo IIII

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CCaappiittoolloo IIII"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

C

C

a

a

p

p

i

i

t

t

o

o

l

l

o

o

I

I

I

I

I

I

l

l

p

p

r

r

o

o

b

b

l

l

e

e

m

m

a

a

i

i

n

n

v

v

e

e

r

r

s

s

o

o

Uno degli obiettivi principali nel campo dell’elettroencefalografia è la localizzazione non invasiva delle sorgenti neuronali. La soluzione diretta è ben definita, cioè una data configurazione di sorgenti genera un particolare campo elettrico e magnetico; il problema inverso, invece, ha un infinito numero di soluzioni, cioè un numero infinito di differenti configurazioni di sorgenti che possono spiegare una misura di campo elettrico e/o magnetico. Non c’è modo quindi di determinare l’esatto numero di sorgenti che si attivano simultaneamente, ma si può cercare la soluzione più significativa tra il set di soluzioni.

I tentativi fatti stimano le sorgenti usando misure di campo elettrico (EEG) integrate con i dati di risonanza magnetica funzionale (fMRI).

II.1 Il problema diretto: approssimazione quasi-

statica delle equazioni di Maxwell

La frequenza rilevante nello spettro di un segnale EEG è tipicamente al di sotto di 1Hz, quindi il comportamento del segnale può essere descritto con l’approssimazione quasi-statica delle equazioni di Maxwell. Il flusso di

(2)

corrente quasi-statica J(r), nel punto r, è legata al campo magnetico dalla legge di Biot-Savart:

( )

( )

d

v

r

r

r

r

r

J

r

B

×

=

0

3

4

π

µ

La corrente totale può essere scomposta in una componente di flusso di corrente primaria

J

P

(r′)

e in una corrente di volume

J

V

(r′)

.

La corrente di volume è dovuta all’effetto del campo elettrico sui portatori di carica extracellulari:

J

v

(r′)=σ(r′)E(r′)

; con l’ipotesi di quasi-staticità il campo elettrico è, semplicemente, il gradiente negativo di un potenziale:

E=-

V

, e

σ(r′)

è la conducibilità che si assume isotropa.

Il flusso di corrente

J

P

(r′)

può essere definito a livello macroscopico con la

relazione:

( )

r

J

( )

r

J

( )

r

J

( ) ( )

r

r

V

J

=

P

+

V

=

P

σ

Nello studio dei segnali di EEG siamo interessati alla localizzazione delle correnti primarie che rappresentano la regione di attivazione delle cellule. Se si definisce un modello della testa costituito da regioni contigue, isotrope e con conducibilità costante si può semplificare l’equazione di Biot-Savart in modo da mettere in evidenza le correnti primarie e i contorni delle varie regioni della testa. La legge di Biot-Savart così modificata diventa:

(3)

( )

( )

(

)

( )

×

+

=

ij Sij ij j i

dS

r

r

r

r

r

V

r

B

r

B

0 3 0

4

π

σ

σ

µ

(II.1)

dove la sommatoria è estesa a tutti i contorni,

B

0

(r)

è il campo magnetico

dovuto alle sole correnti primarie, e

σ

iè l’i-esimo contorno.

Si può ricavare un’equazione simile per il potenziale sulla superficie

S

ij:

(

)

( )

( )

(

)

( )

+

=

ij Sij ij j i j i

d

S

r

r

r

r

r

V

r

V

r

V

0 0 3

2

1

2

σ

σ

π

σ

σ

σ

(II.2)

dove

V

0

(r)

è il potenziale dovuto alle correnti primarie.

Le equazioni (II.1) e (II.2) rappresentano la soluzione del problema diretto che misura la differenza di potenziale sullo scalpo; l’equazione (II.2) è un integrale di Fredholm di seconda specie ed è risolvibile solo per speciali forme e per via numerica.

Semplificando queste equazioni si ottiene, come soluzione al problema:

J

L

=

Φ

dove:

J

è la matrice densità di corrente (3M)×1, , dove i singoli sono vettori;

(

)

2 2 1

,

...

T M T T

j

j

j

J

=

T

j

β

Φ

è una matrice N×1 costituita dalle misure delle differenze di

potenziale sullo scalpo; le coordinate dei punti di misura sono date dai vettori nel sistema cartesiano;

(4)

la matrice

L

è chiamata “lead field matrix”;

L

i è definita come

la distribuzione di potenziale su m sensori dovuta all’i-esimo singolo dipolo corticale. L’insieme di tutti i vettori m-dimensionali

L

i (i=1,…,n) descrive come ogni dipolo genera una

distribuzione di potenziale sul modello della testa. E’ una matrice N×(3M), l’α-esima riga di questa matrice è

(

TM

)

T T

l

l

l

α1

,

α2

,...,

α con .

(

)

T z y x l l l lαβ = αβ, αβ, αβ

In questa trattazione si considera il volume della testa diviso in M punti (voxel), l’insieme dei quali è detto “spazio delle soluzioni”; i voxel non devono essere presi solo sulla superficie sferica ma devono formare un reticolato cubico.

II.2 Il problema inverso

Il problema inverso consiste nel determinare la funzione densità di corrente relativa alle sorgenti corticali attivate, essendo noti i valori di potenziale elettrico sui vari elettrodi e la posizione sullo scalpo. E’ un problema non risolvibile in modo univoco, quindi è necessario introdurre delle ipotesi restrittive sulle sorgenti, riducendo tutto ad un processo di stima dei parametri. L’ ipotesi più stringente riguarda l’estensione dell’area corticale attivata che viene supposta sufficientemente ristretta, tale da poter essere approssimata con una sorgente dipolare.

La soluzione del problema inverso necessita, inoltre, di un modello conduttore le cui caratteristiche regolino la distribuzione topografica del potenziale generato dalle sorgenti.

(5)

Per stimare questi parametri si utilizzano degli algoritmi di ottimizzazione i quali consentono di determinare la posizione, l’orientamento e l’intensità delle sorgenti minimizzando lo scarto tra la distribuzione di potenziale ottenuta dal modello e quella effettivamente generata dallo scalpo.

2.2.1 Il dipolo elettromagnetico

Il dipolo elettromagnetico è un tipo semplice di sorgente che produce campi molto simili a quelli originati da un gruppo di neuroni piramidali. L’attività generata da un’area corticale viene quindi descritta e modellizzata da un singolo dipolo equivalente, in questo modo, avendo un modello del volume conduttore, il potenziale elettrico può essere calcolato in qualsiasi punto dello spazio circostante.

I generatori elettrici nella corteccia cerebrale sono spesso approssimati da più dipoli equivalenti di corrente. Il termine “dipolo equivalente” è stato definito da Homma et al. come quello che meglio approssima il fenomeno elettrico e minimizza l’errore quadratico medio tra la distribuzione del potenziale osservata e quella ottenuta con un modello.

La dipolarità di questa soluzione è:

(

)

            − =

= = N i OBSi N i i Dipole i OBS U U U D 0 , 0 2 , , 2 1 100

dove

U

OBS,i e UDipole,i sono i potenziali osservati e calcolati sugli i

(6)

II.3 Soluzione generale

Per misure non influenzate dal rumore la generica soluzione istantanea, 3D, discreta e lineare per il problema inverso può essere scritta nel seguente modo:

= T

Φ

(II.3) dove:

Ĵ

è la corrente stimata;

T

è una matrice (3M)×N tale che:

n

H

LT

=

con

H

n definito come:

T n n n n

N

I

H

=

1

1

1

I

nè la matrice identità N×N e 1n è una matrice N*1 di 1.

La

Ĵ

deve soddisfare le misure dell’equazione del problema diretto.

Esistono infinite matrici inverse

T

, ognuna delle quali produce una densità di corrente che soddisfa la (II.3), il problema si riduce nello scegliere una soluzione inversa particolare.

(7)

RJ

J

ˆ

=

dove

R=TL

è la resolution matrix.

La qualità delle soluzioni può essere analizzata in termini della resolution Kernel.

In un mezzo omogeneo i resolution kernel (cioè le colonne della matrice R) raggiungono i valori massimi sui contorni dello spazio delle soluzioni; ciò significa che per uno spazio 3D di soluzioni discrete per il problema inverso non è possibile ottenere dei resolution kernel, neanche simili a quello ideale per ogni punto d’interesse che non sia sul contorno.

II.4 Soluzioni particolari del problema inverso

La soluzione inversa corrisponde ad una soluzione forzata dell’equazione diretta. Quindi si deve risolvere il seguente problema:

{

min

J

T

WJ

,

sotto

la

condizione

:

Φ

=

LJ

}

per ogni matrice

W

definita positiva e di dimensione (3M)×(3M). La soluzione è la (II.3) con:

(8)

Questa equazione rappresenta il problema di minimizzazione della deviazione della resolution matrix dal comportamento ideale [Pascual-Marqui, 1994].

Secondo un altro approccio la soluzione inversa corrisponde alla matrice inversa generalizzata che ottimizza la resolution matrix. In questo caso il problema da risolvere è: ( )

(

)

(

( )

)

{

T

}

M M

TL

W

I

TL

I

tr

3 1 3

min

dove I(3M) è la matrice identità (3M)*(3M).

II.5 Metodi

2.5.1 Soluzione minimum norm

La soluzione “minimum norm” [Hämälainen, 1989] corrisponde all’equazione (II.4) ponendo

W=I

3M .

Gli algoritmi di source imaging basati su questo metodo hanno il vantaggio di non richiedere la conoscenza a priori del numero di dipoli sorgenti.

L’obiettivo dell’algoritmo è quello di calcolare l’ampiezza ottimale per ogni singola sorgente dipolare, cosicché la proiezione di queste sorgenti si sommi ai dati misurati e il vettore sorgente sia minimizzato per una particolare norma. La norma

L

2 fornisce soluzioni superficiali altamente

omogenee; mentre la norma

L

1risulta essere fortemente convergente con

(9)

molto sensibile al rumore e non ricerca una soluzione fisicamente reale (non si introducono nemmeno vincoli anatomici o fisiologici), bensì una soluzione più “netta”.

Lo svantaggio di questo metodo è che le soluzioni sono influenzate dai dipoli più vicini ai sensori.

2.5.2 Soluzione weighted minimum norm

Per risolvere il problema della soluzione “minimum norm” si utilizza un fattore di compensazione per ogni dipolo usato, che equalizzi la “visibilità” del dipolo da parte dei sensori [Hämälainen, 1989].

In questo caso l’operatore inverso

T

è:

T

=

N

−1

L

T

(

LN

−1

L

T

+

λ

M

−1

)

+ (II.5) •

M

è la metrica dello spazio delle misure;

N

è la metrica dello spazio delle sorgenti, il cui i

-

esimo termine sulla diagonale è uguale a Nii = Li 2. In questo modo i dipoli più

vicini ai sensori e con una grande

L

i 2 verranno “depressi”

nell’equazione (II.5), finché la loro attivazione non sarà conveniente dal punto di vista della funzione costo;

λ

è il parametro Lagrangiano che regola la presenza di informazioni a

(10)

2.5.3 Metodo LORETA

Con questo metodo [Pascual-Marqui, 1994] si ottiene:

(

)

+ −

+

=

N

1

L

LN

1

L

M

1

T

T T

λ

dove: •

N

=

W

T

B

T

BW

;

B

implementa l’operatore laplaciano spaziale discreto che rende la soluzione inversa più morbida; la matrice inversa implementa un operatore spaziale che smorza gli andamenti bruschi.

1 −

B

W =

(

Ω⊗I3

)

è data cioè dal prodotto di Kronecker tra

I

3 e Ω ,

matrice diagonale M*M i cui elementi sono:

= = Ω N lT l 1 α αβ αβ ββ con β =1,...,M

La scelta del laplaciano discreto

B

è molto importante, perché implementa l’operazione discreta di smoothing spaziale. Quindi per una soluzione spaziale, data una griglia regolare, cubica, 3D, con una distanza minima tra i punti della griglia pari a

d

, l’operatore Laplaciano è definito come: 1 −

B

(

A

I

M

)

d

B

=

6

3

(11)

con: M

I

A

A

=

0

3 ,

(

[

(

)

]

)

1 1 1 0

1

2

1

A

A

diag

I

A

=

M

+

M

[ ]

( )





=

=

altrimenti

d

v

v

se

A

,

0

,

6

1

1 β α αβ

α

,

β

=

1

...

M

dove:

diag è una matrice diagonale con gli elementi definiti dagli elementi della matrice M*1

(

A 11 M

)

(

A 1

1 M

)

;

{

è il vettore posizione (cartesiano) delle sorgenti all’interno del volume.

}

M

v

v

v

1

,

2

,...

(12)

2.5.4 Soluzione di Backus–Gilbert

Un’ altra possibile forma del problema diretto è [Backus-Gilbert, 1968]:

(II.6) =

=

+

+

=

Φ

3 1 u u u z z y y x x

J

L

J

L

J

L

J

L

(u e v assumono i valori 1,2,3 corrispondenti alle coordinate cartesiane x,y,z).

La matrice

J

x di dimensioni M×1 è definita come ;

analogamente per

J

y e

J

z.

(

)

T xM x x j j j 1, 2,...,

La matrice di riferimento

L

x è una N×M la cui α –esima riga è definita come

; l’analogo vale per le matrici

L

y e

L

z.

(

lxα1,lxα2...,lxαM

)

La soluzione inversa per il γ -esimo punto del reticolo

(

γ =1,...,M

)

relativamente alla componente u-esima è:

J

ˆ

uγ

=

T

uTγ

Φ

(II.7)

Sostituendo la (II.6) nella (II.7) si ottiene:

=

=

3 1

ˆ

ν νγ ν γ

R

J

J

T u u

dove

R

νγ

T

uγ

L

ν è il resolution Kernel.

T u

=

Secondo Backus–Gilbert il vettore deve essere il più possibile simile a

δ

Y

T u R νγ T

Y

δ

(13)

della matrice identità M×M e corrisponde alla rappresentazione discreta della delta di Dirac. Il problema di Backus–Gilbert è stato posto nei seguenti termini:

[

]

[

]

(

)

          =       +

= γ γ ν ν γ ν ν γ γ γ γ γ γ δ u T M u T u u T T u u u T u BG T u T uT W Y L T T L L T sottolecondizioni T L L Y 1 : 1 1 min 3 1

Una possibile scelta della matrice diagonale WBG è:

γ

[ ]

W

γBG αα

=

ν

α

ν

γ 2 ∀α

e

γ =1,...,M

La soluzione del problema è:

u u T u u u u

L

E

L

L

E

T

+ +

=

γ γ γ (II.8) con: M u u

L

L

=

1

;

(

)

= − + = 3 1 1 ν ν ν γ γ C δ D Eu u u ; T u BG u u LW L C γ = γ ; T L L Dν = ν ν

(14)

L’equazione (II.8) è calcolata per tutte le componenti del campo vettoriale (u=1,2,3) e per tutti i punti del reticolo che definiscono lo spazio delle soluzioni (γ=1,…,M). Lo svantaggio di questo metodo è che, in generale, non soddisfa le misure dell’equazione del problema diretto.

2.5.5 Metodo WROP

Il metodo WROP (weighted resolution optimization) [Grave De Peralta, 1997] corrisponde alla soluzione del seguente problema:

[

]

[

]

(

)

+

= 3 1 2 1

1

min

ν ν γ ν γ ν γ γ γ γ γ γ

δ

u T GdeP T u u u T u GdeP T u T u

T

W

Y

L

T

T

L

W

L

T

L

Y

con WGdeP e W matrici diagonali definite come:

γ 1 2GdePγ

[

]

GdeP l ll GdeP

W

1γ

=

ν

ν

γ 2

+

β

[

]

GdeP GdeP l ll GdeP

W

2γ

=

ν

ν

γ 2

+

β

+

α

(15)

In questo caso la soluzione è:

(

)

γ ν ν ν γ ν γ γ

β

L

W

L

δ

L

W

L

L

Y

T

GdeP T u u T u GdeP u GdeP u + =

+

=

3 1 2 1

1

Anche questo metodo non soddisfa le misure dell’equazione diretta.

2.5.6 Stima Bayesiana

La stima Bayesiana [Mattout, 2000] è un metodo di analisi che si basa sul confronto di ipotesi. Esso assegna le probabilità a tutti i possibili risultati di un esperimento, le combina con le ipotesi iniziali e calcola la probabilità che ogni ipotesi sia vera, data l’osservazione.

Il metodo è completamente contenuto nel teorema di Bayes:

(

) ( ) (

( )

)

I

U

p

HI

U

p

I

H

p

UI

H

p

=

dove:

( )

H I

p è la probabilità a priori dell’ipotesi

H

, date le informazioni

I

;

( )

U I

p è la probabilità totale delle osservazioni

U

, date le informazioni

I

;

(

U HI

)

(16)

Si ottiene p

(

HUI

)

, cioè la probabilità che l’ipotesi sia vera date sia le informazioni a priori (

I

) che le informazioni sull’esperimento (

U

). Ci sarà un’equazione diversa per ogni ipotesi proposta.

In questo caso la sorgente da ricercare viene modellata come un campo casuale. Dal momento che si assume che le sorgenti siano sparse, la grande maggioranza di pixel di sorgente avranno ampiezza zero. Per modellare ogni dipolo di sorgente si usa un processo indicatore binario

x

:

• dipolo ON:

x

i=1;

• dipolo OFF:

x

i=0.

Si assume che i siti attivi abbiano ampiezza gaussiana

z

i, quindi viene

introdotto anche un processo di ampiezza

z

.

Si può scrivere il vettore immagine sorgente

y

come:

Xz

z

x

y

= *

=

dove “*” significa prodotto elemento per elemento e X=diag(x) . Si può trovare una stima y′ di

y

espressa come : y′= x′∗z, dove:

(

x

z

b

)

p

z

x

,

=

arg

max

x,z

,

Se si assume l’indipendenza dei processi indicatore (

x

) e ampiezza (

z

), si può ottenere la probabilità a posteriori per

x

e

z

, conoscendo i dati

b

:

(17)

(

) (

)

( )

( ) ( )

b

p

z

p

x

p

z

x

b

p

b

z

x

p

,

=

,

La probabilità

p(x)

è scelta rispettando l’ipotesi che le sorgenti siano sparse e focali. Per ottenere ciò viene usato un modello di campo distribuito per il quale sparse sorgenti focali hanno maggiore probabilità di esistere rispetto a sorgenti maggiormente distribuite. I parametri del processo indicatore

x

devono essere specificati per il problema considerato;

invece il processo di sorgente,

z

, è assunto essere un set di variabili indipendenti gaussiane. Calcolando le varie probabilità si arriva ad un problema di ottimizzazione, la soluzione del quale fornisce la stima y ′ delle sorgenti di corrente neuronale.

2.5.7 Soluzione basata sulle medie

Nei casi in cui non sono disponibili informazioni addizionali a priori riguardo le sorgenti, un vincolo naturale da porre è la stima delle medie delle densità di corrente in ogni punto della soluzione. Il problema è che queste soluzioni sono inconsistenti con i dati. Lo scopo di questo metodo [Pascual-Marqui, 1993] è quello di ottenere una soluzione consistente usando come informazione a priori il fatto che niente, eccetto le medie delle vere sorgenti, può essere ricostruito:

Aj

j

medie

=

dove

A

rappresenta la matrice le cui righe sono le medie delle vere sorgenti.

(18)

Se

A

è invertibile può essere ottenuto un vettore dei parametri originali consistente con i dati:

( )

A

A

L

[

L

( )

A

A

L

]

M

j

t 1 t t 1 t 1

ˆ

=

− − −

dove

L

è la lead field matrix e

M

è la metrica.

Possono essere costruite molte medie e la soluzione inversa dipende dalla specifica forma di

A

; comunque le uniche medie correttamente identificate sono quelle che possono essere rappresentate come combinazioni lineari delle righe di

L

.

2.5.8 Metodo BESA

BESA (brain electric source analysis) [Pascual-Marqui, 1993] è il software più usato per l’analisi di sorgenti e localizzazione di dipoli in ricerche EEG, MEG e di potenziali evento-correlati (ERP). Mostra tutti gli aspetti più significativi dei dati in una finestra, con un menù per selezione immediata di un ampio range di tools di analisi. BESA compie diverse elaborazioni di segnali e analisi dei dati acquisiti da immagini di sorgenti dinamiche. I modelli integrati nel software sono:

Revisione ed elaborazione di dati Analisi e medie di ERP

Localizzazione di sorgenti e imaging

(19)

2.5.9 Metodo MUSIC/R-MUSIC

L’algoritmo MUSIC (Multiple Signal Classification) localizza dipoli multipli, posizionati su una griglia, asincroni dai dati dell’EEG. Tale algoritmo scandisce un modello a singolo dipolo attraverso un head model 3D e calcola le proiezioni su un sottospazio stimato del segnale. Per localizzare le sorgenti si devono cercare i picchi locali multipli nella metrica di proiezione. Le locazioni sulla griglia, dove il source model dà le migliori proiezioni su un sottospazio del segnale, corrispondono alle locazioni del segnale. Inoltre non è necessario testare tutti i possibili orientamenti per ogni locazione, infatti si può risolvere un problema generalizzato agli autovalori la cui soluzione dà l’orientamento best-fitting del dipolo.

Gli svantaggi di questo metodo sono:

come scegliere le locazioni che danno la migliore proiezione sul sottospazio del segnale;

la metrica si calcola solo per un set finito di punti della griglia; i dati sono prodotti da sorgenti asincrone;

i dati sono corrotti da rumore bianco.

Per cercare di risolvere questi problemi è stata usata una nuova procedura l’R-MUSIC che estrae automaticamente le locazioni delle sorgenti attraverso l’uso della ricorsione delle proiezioni sul sottospazio. In questo modo si localizzano sorgenti sincrone riducendo la complessità della ricerca di parametri rispetto alle funzioni costo multidimensionali.

(20)

II.6 Analisi dei risultati

Una volta ottenuta una soluzione per l’attività della sorgente risolvendo il problema inverso, si deve studiare la qualità della soluzione. I parametri più usati per misurare la qualità dell’attività della sorgente ricostruita sono:

Dipole Localization Error (DLE):

( )

ij j kj

d

DLE

R

i

=

=

arg

max

j= 1,…,N

dove

N

è il numero totale di dipoli,

i

è la localizzazione in cui si ha il massimo dell’i-esima colonna della matrice di risoluzione

R

e dij è la

distanza tra la j-esima sorgente puntuale (che genera il campo) e l’i-esimo punto (dove viene rilevato il massimo di corrente della sorgente modellata). Il DLE rappresenta gli errori dovuti alla posizione stimata del

massimo di attività in modulo delle sorgenti mappate, quando un singolo dipolo è usato come sorgente del potenziale. Un valore ideale si ha quando tende a zero, mentre alti valori indicano una localizzazione errata nel processo di ricostruzione della sorgente.

(21)

Spatial Dispersion (Sdis):

Il Sdis della j-esima sorgente è espresso da:

( )

= =

=

=

N k kj N k kj kj kj

R

R

d

Sdis

R

i

1 2 1 2 2

max

arg

j=1,…,N

Alti valori di Sdis per una sorgente puntuale dello spazio indicano che l’attività prodotta da quella sorgente è recuperata da una larga area di attivazione nello spazio sorgente. Un valore ideale si ha se Sdis tende a

zero, in questa situazione il processo indica come attive sorgenti molto vicine a quella reale.

Source identificability (SI):

E’ stato definito per ogni i-esimo componente del vettore di sorgenti stimate come:

( )

(

)

D R d D SD R j ij y i ik − = = arg max

i=1,…,N

(22)

dove

D

è la distanza massima tra punti corticali; |

R

ii| è il valore assoluto

dell’elemento i-esimo della diagonale della resolution matrix

R

; |

R

ji| è il

valore assoluto del massimo del resolution kernel considerato;

d

ij è la

distanza tra il punto corticale, associato alla riga, e il punto j in cui si trova il valore massimo dell’i-esima riga. E’ una misura che valuta parzialmente la qualità dei resolution kernel in ogni punto della soluzione. Essa considera che un buon resolution kernel deve essere correttamente centrato e deve avere un’ampiezza unitaria sul picco principale. Se il valore del resolution kernel ad un punto nella griglia è circa zero, in quel punto sarà difficile trovare una sorgente. Un alto valore di SI indica che l’attività per quella sorgente puntuale può essere recuperata correttamente. Valori tendenti a zero indicano o che il picco principale è lontano dalla sorgente puntuale o che l’ampiezza del resolution kernel della sorgente puntuale è piccola. L’identificability dipende dalle informazioni a priori aggiunte al problema.

Termed source visibility:

La visibilità di una sorgente (Vi) spiega che può essere rilevata, dalla

configurazione dei sensori, l’estensione di una distribuzione arbitraria di corrente; essa è definita come il rapporto della parte visibile e la dimensione della sorgente. Per una sorgente singola la termed source visibility è data da:

2

i

i

L

L

V

=

+

dove

L

i è l’i-esima colonna della lead field matrix.

Questa misura potrebbe essere usata per valutare la configurazione di un dato sensore o per paragonare tecniche di misurazione.

Riferimenti

Documenti correlati

I VRPs sono noti come problemi NP-hard; ciò significa che lo spazio delle soluzioni di questi problemi cresce in maniera esponenziale all’aumentare della

I vettori (1, 1, 0, 0) e (−1, 0, −1, 1), essendo l.i., sono una base dello spazio delle soluzioni del sistema omogeneo associato, cio`e una base del nucleo della

• Fa creare e riempire all’utente una matrice a di stringhe; le dimensioni di a (cioè numero di righe e di colonne) sono decise dall’utente.. • Fa inserire all’utente

Proposizione: per lo spazio delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo a scala di m equazioni in n incognite Ax = 0, dimen- sione in relazione ad n ed al rango per righe di