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Capitolo 3 - Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Capitolo 3

Meccanica del contatto e cenni sulla

modellazione della lubrificazione

3.1 Introduzione

In questo capitolo si intende descrivere il meccanismo del contatto, in particolare partendo dal contatto piano per poi arrivare al modello di Hertz; si prosegue facendo un accenno all’importanza della rugosità superficiale per quanto riguarda un’analisi del contatto più realistica, e per il suo effetto nei fenomeni di danneggiamento superficiale. Successivamente vengono descritti alcuni modelli di contatto, che tenendo conto proprio della rugosità, consentono di determinane l’area di contatto reale, la vera distribuzione di pressione e del conseguente campo di tensioni sub-superficiale. Questi modelli possono essere suddivisi in due grandi categorie. La prima include le analisi che assumono la superficie rugosa reale come equivalente ad una superficie liscia su cui sono sovrapposte asperità di data geometria; Greenwood e Williamson (GW) sono alcuni studiosi che hanno seguito tale linea, che prevede il ricorso ad un approccio statistico sulla distribuzione dei picchi di asperità. La seconda categoria di modelli include l’analisi del profilo di rugosità per la determinazione della distribuzione di pressione, dell’area di contatto e del campo di tensione sub-superficiale.

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Capitolo 3 - Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Inoltre, dopo avere fatto dei cenni sulla lubrificazione in generale, si descrivono i fondamenti della lubrificazione elastoidrodinamica, e per concludere si riportano alcuni modelli analitici che descrivono i problemi dei contatti lubrificati.

3.2 Meccanica del contatto

3.2.1 Introduzione

Due corpi possono essere in contatto conforme oppure non conforme; nel primo caso l’area macroscopica di collegamento è determinata dalle dimensioni dei corpi mentre la pressione nominale è proporzionale alle forze esterne ed alla forza peso, e può dipendere dall’attrito. Nel secondo caso i due corpi in contatto hanno raggi di curvatura diversi, come le ruote dentate, le camme ed i cuscinetti. Si fa inoltre una distinzione di contatto non conforme (fig. 3.1) tra ideale, dove l’area di contatto si riduce ad un punto o ad una linea, e reale, in quanto la zona macroscopica di contatto è molto più grande e dipende sia dal carico applicato che dalla rigidità dei materiali.

Figura 3.1 – a) caso ideale, b) caso reale.

Per quanto riguarda invece a livello microscopico, le asperità delle superfici fanno sì che l’area di contatto sia molto meno estesa rispetto a quella apparente a livello macroscopico, dove le superfici si pensano lisce, in modo che i veri punti di contatto sono quelli in cui le sporgenze delle due parti si congiungono.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

A questo proposito le aree di contatto sono così piccole che le tensioni di compressione corrispondenti tendono a raggiungere valori molto elevati, e visto che vengono applicate in modo ciclico alla superficie, si può arrivare alla rottura per fatica.

3.2.2 Carico concentrato normale, tangenziale e di

direzione generica

Esaminando il caso di contatto di linea, e quindi ideale, si può prendere come esempio un cilindro premuto contro un piano da una forza per unità di lunghezza w, (figura 3.2), quindi ci si trova davanti al classico problema di deformazione piana, con soluzione data dalle relazioni [8, 16]: r w r ⋅ − = π ϑ σ 2 cos , σθrθ =0 (3.1)

Figura 3.2 – Contatto lineare[16]

Passando alle coordinate cartesiane si ottengono le relazioni:

2 2 2 2 2 ) ( 2 sin z x z x w r x + − = = π θ σ σ (3.2)

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione 2 2 2 3 2 ) ( 2 cos z x z w r z + − = = π θ σ σ (3.3) 2 2 2 2 ) ( 2 cos sin z x xz w r xz + − = = π θ θ σ τ (3.4)

dove si determina la tensione tangenziale massima data da : πϑ σ τ r w r M cos 2 =− = (3.5) che rappresenta l’equazione di una circonferenza tangente all’asse x nell’origine e con il diametro definito dalla relazione:

M w d τ π⋅ − = (3.6)

Da ciò segue che ciascuna circonferenza di diametro d è il luogo dei punti per i quali la

tensione tangenziale massima è pari a -w/ 

d . Successivamente si possono ricavare le

deformazioni, e da queste integrando le equazioni di congruenza si può risalire agli spostamenti dei punti del piano.

Figura 3.3 – Linee a tensione tangenziale massima costante per carico normale concentrato[16]

Estendendo lo stesso ragionamento nel caso in cui la forza wT è diretta parallelamente al

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione θ π σ 2 ⋅sin ⋅ ⋅ − = r wT r , σθ =τrθ =0 (3.7)

e quindi le linee a tensione tangenziale massima costante sono sempre delle circonferenze, come è mostrato nella figura 3.4.

Figura 3.4 – Linee a tensione tangenziale massima costante per carico tangenziale concentrato[16]

Infine, nell’ipotesi di carico concentrato applicato lungo una direzione qualunque (figura 3.5), basta sovrapporre ambedue gli effetti ottenuti nei casi precedentemente trattati .

Figura 3.5 – Linee a tensione tangenziale massima costante nel caso di carico concentrato lungo una direzione generica[16]

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.2.3 Teoria di Hertz

Per descrivere il modello di Hertz si considerino due solidi messi in contatto attraverso l’azione di forze esterne e si prendono come riferimento le seguenti ipotesi [8]:

• è valido il modello meccanico dei continui ( si prendono in considerazione dimensioni molto maggiori di quelle dei grani e/o delle celle atomiche );

• l’area di contatto è ellittica;

• le dimensioni dell’area di contatto sono molto più piccole rispetto alle dimensioni dei due corpi ed ai raggi di curvatura delle superfici;

• le deformazioni sono abbastanza piccole per validare la linearità dell’elasticità;

• ciascun corpo è approssimato da un semispazio caricato sul piano dell’area di contatto ellittica;

• il contatto tra i due solidi è senza attrito, in modo tale che è trasmessa solo la pressione normale.

Per ricavare la pressione applicata p(x) occorre conoscere la forma di h(x) [8] e nella teoria

di Hertz si assume che sia una funzione di tipo parabolico:

2

2 ) (x cx

h = (3.8) dove c è la curvatura relativa tra i profili dei due corpi in contatto. La relazione 3.8 approssima bene le superfici, limitatamente all’area di contatto, in quanto in tale zona la curvatura relativa tra i due solidi non subisce significative variazioni. Quindi il coefficiente c rappresenta il valore della curvatura relativa tra i due profili nel punto di contatto a carico nullo. I casi in cui questa teoria non può essere considerata valida sono le aree in contatto dove si hanno forti variazioni di curvatura, per esempio, nel caso degli ingranaggi, nei punti di inizio applicazione della spoglia lineare ai profili dei denti e vicino al raggio di raccordo di testa.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Figura 3.6 – Contatto hertziano tra due solidi elastici non conformi[8]

In figura 3.6 sono rappresentati i due solidi in contatto ed il sistema di riferimento adottato per la soluzione del problema. Il punto di primo contatto è preso come origine del sistema di riferimento cartesiano dove il piano xy coincide con il piano tangente e l’asse z è rivolto verso il basso. Durante l’applicazione del carico normale P, la distanza trai punti T1 e T2

diminuisce della quantità δ =δ1+δ2, chiamata accostamento o interferenza, per cui

l’equazione 3.8 verrà corretta di tale quantità.

La teoria di Hertz, sfruttando la 3.8, prevede una zona di contatto simmetrica rispetto all'asse z. In questo caso vale a1 = a2 = a. L'andamento della pressione di contatto risulta pertanto dato da:

2 1 2 ) (       − ⋅ − = a x a P x p π (3.9)

dove P è la forza normale per unità di lunghezza in direzione y.

Per quanto riguarda il caso di solidi di rivoluzione premuti lungo l’asse di simmetria, l’area di contatto è circolare e la soluzione è data dalle relazioni che seguono:

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione 3 1 2 2 4 9   = RE P δ (3.10) 3 1 2 3       = E PR a (3.11) 3 1 2 3 2 0 2 3         = R E P p π (3.12) 2 2 2 1 2 1 1 1 2 E E E ν ν + − − = (3.13) 2 1 1 1 1 R R R = + (3.14)

dove p0 è la pressione massima del contatto, E ed R sono rispettivamente il modulo di Young ed il raggio equivalenti dei due corpi.

Nel caso in cui, invece, il contatto è tra due cilindri con assi paralleli, si ha:

2 1 ' 8         = E R P b π (3.15) 2 1 ' 0 2 ! " # # $ % = R E P p π (3.16) dove P’ è il carico applicato per unità di lunghezza.

3.2.4 Contatto strisciante

Nel contatto strisciante la componente lungo x della forza di contatto sarà proporzionale alla forza normale (nel caso di contatto statico), ed allo stesso modo, se si suppone che il coefficiente di attrito sia costante lungo il contatto, le azioni tangenziali saranno proporzionali alla pressione, ed avranno un andamento sempre semiellittico.

Le linee a tensione tangenziale massima costante assumono allora un aspetto simile a quello illustrato in figura 3.7.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Figura 3.7 – Linee a &

M costante per un contatto Hertziano di linea, nel caso di

strisciamento, con coefficiente di attrito f=0.3 [8]

In figura 3.8 invece sono mostrati l’andamento sub-superficiale della '

M al centro del

contatto e l’andamento sulla superficie di '

M e della (

x; all’aumentare del coefficiente di

attrito lo stato di sollecitazione sulla superficie diventa sempre più importante rispetto a quello sub-superficiale. Inoltre per materiali fragili, anche le tensioni di trazione al bordo di uscita possono costituire una importante causa di rottura.

Figura 3.8 – Contatti Hertziani striscianti: a) tensione tangenziale massima

sub-superficiale al centro del contatto; b) tensione tangenziale massima e )

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.2.5 Rotolamento puro

Nel caso di rotolamento puro i fenomeni dovuti all’attrito sono di gran lunga minori rispetto a quelli del contatto strisciante, e sono in parte dovuti ad una manifestazione di isteresi del materiale soggetto a cicli di carico e scarico e per la presenza di micro-strisciamenti (il rotolamento richiederebbe un contatto di linea ideale).

Figura 3.9 – Schema di contatto Hertziano in rotolamento puro[16]

Infatti se si considera un rullo, soggetto ad una forza per unità di lunghezza pari a w, che rotola su un piano, il materiale entrando nella zona di contatto, prima viene compresso e poi si riespande dopo aver superato il centro del contatto (figura 3.9).

Il problema si complica se sono presenti piccole zone plastiche sub-superficiali (nel caso di carichi elevati) o se il materiale presenta un comportamento viscoelastico (recupero elastico non immediato). Vista la modesta entità del coefficiente di attrito di rotolamento, il campo di tensioni nel solido coincide con quello statico; però in questo caso è possibile che si verifichino rotture per fatica anche quando la *M ha un valore inferiore al limite di

plasticizzazione. Inoltre la *M, dal punto di vista della fatica, non è la sollecitazione più

pericolosa, infatti questa varia ad ogni ciclo tra 0 e 0.3pHertz, mentre la

&

xz presenta due

valori estremi pari a circa 0.3pHertz e - 0.3pHertz ad una profondità di + 0.5b, quindi una

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Questo significa che mentre un punto, posto a tale profondità, attraversa la zona di contatto, esso risulta soggetto alle massime tensioni tangenziali quando si trova ad una distanza pari a circa b dall’asse del carico, da entrambi i lati (figura 3.10).

Figura 3.10 – Componente di tensione tangenziale al di sotto della superficie che si inverte

dopo l’attraversamento della zona di contatto[25]

Il contatto tra una coppia di denti di ruote dentate può essere sostituito dal contatto di due cerchi (cilindri) osculatori di raggio pari a quello di curvatura in ogni istante dell’ingranamento. Se si sposta il punto di contatto lungo la retta d’azione varia anche il moto reciproco dei due cerchi osculatori generando combinazioni di strisciamento e rotolamento, che variano lungo il profilo di ciascun dente,

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

La presenza di strisciamento altera significativamente la distribuzione della tensione nel materiale vicino e sulla superficie. Infatti le forze di attrito provocano tensioni (figura 3.11) agenti in direzione circonferenziale, sia normali che tangenziali, che si sovrappongono alle tensioni causate dal normale carico.

Quando un punto sulla superficie passa attraverso la zona di contatto, le tensioni tangenziali in direzione circonferenziale in esso agenti passano da zero ad un valore massimo per tornare di nuovo a zero, mentre le tensioni normali passano da zero ad un valore di trazione, raggiungono successivamente un valore di compressione ed infine tornano nuovamente a zero.

La presenza in superficie di una tensione di trazione è indubbiamente importante per la propagazione di fessure superficiali di fatica.

Figura 3.11 – Tensioni normali e tangenziali agenti in direzione circonferenziale

provocate dalle forze di attrito legate allo strisciamento tra due cilindri ad assi paralleli [25]

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.2.6 Contatti elasto-plastico e completamente plastico

Nel problema del contatto il modello hertziano resta valido fino a che il carico applicato è tale da causare l’origine di una deformazione plastica. Aumentando il carico la deformazione plastica inizierà al di sotto della superficie di contatto: in questo caso le deformazioni saranno piccole, poiché la zona plastica è completamente circondata da quella elastica. Incrementando di nuovo il carico si avrà un ulteriore estensione della zona plastica fino al raggiungimento della superficie.

Una volta superato questo limite le deformazioni plastiche cresceranno sempre più rapidamente con il carico e sulle superfici rimarranno impronte permanenti.

La deformazione plastica ha inizio, secondo il criterio di Tresca della massima tensione tangenziale, in un punto del corpo dove questa raggiunge un valore critico della tensione , dato dalla relazione seguente:

{

σ1−σ2,σ2 −σ3,σ3 −σ1

}

Y max (3.17) dove ) 1 , ) 2 , )

3 sono le tensioni principali e

)

Y è la tensione di snervamento ottenuta da

una prova a trazione monoassiale. Secondo il criterio di von Mises lo snervamento del materiale avviene quando l’energia di distorsione raggiunge un valore critico, cioè quando:

(

) (

) (

)

2 2 1 3 2 3 2 2 2 1 σ σ σ σ σ 2 σY σ − + − + − = ⋅ (3.18)

La soluzione del contatto hertziano nel caso di due sfere, presenta il massimo della tensione tangenziale, per

= 0.3 , ad una profondità di 0.48 . a e di valore 0.31.p0 . Quindi entrambi

i criteri, quello di Tresca e di von Mises predicono l’inizio dello snervamento, per il materiale con il valore minore del limite di snervamento, quando:

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione 2 3 2 ) 2 / ( 2 . 21 E R P Y Y σ ⋅ = (3.20) 2 2 / 32 . 6 0/ 1 2 3 4 ⋅ ⋅ = E R Y Y σ δ (3.21)

Per quanto riguarda il caso di completa plasticità una soluzione analitica al problema del contatto è stata ricavata da Ishlinsky [], il quale affermò che mentre il comportamento elasto-plastico avviene:

Y m

P =1.07⋅σ (3.22)

quello completamente plastico si ha per valori :

Y

m H

P = =2.8⋅σ (3.23)

dove H è la durezza dello strato indurito del materiale.

3.2.7 Contatti elastici non Hertziani

Prendendo, ad esempio, il contatto di un cono con un semi-spazio elastico (figura 3.12), questo è un problema non più risolvibile con la teoria di Hertz.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

In tal caso, considerando un contatto in cui i profili dei solidi non possono essere rappresentati da un polinomio di secondo grado, la distanza tra due corpi assial-simmetrici non deformati è data da:

n

n r

A r

h( )= ⋅ 2 (3.24) dove n è un intero positivo.

La soluzione di Stuermann, dove i corpi sono modellati come semi-spazi elastici, fornisce:

1 2 4 2 1 + ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = + n a n E A P n n n γ (3.25) n n n a A ⋅ ⋅ 2 = γ δ (3.26) dove si ha che : ) 1 2 ...( 3 1 2 ... 4 2 − ⋅ ⋅ ⋅ = n n n γ (3.27)

Nel caso di un problema di contatto bidimensionale, con una distanza iniziale h(x) , si ha :

n n x A x h( )= ⋅ 2 (3.28) n n n E n a A P γ π 2 '= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (3.29)

dove P’ è il carico per unità di lunghezza.

Per n l’equazione (3.29) si riduce al contatto hertziano, mentre per valori di n grandi la

distribuzione della tensione si avvicina a quella di un punzone piano con singolarità agli spigoli.

Love e Sneddon hanno studiato il problema del cono utilizzando un metodo differente, ricavando la relazione tra il raggio di contatto, la forza applicata e l’interferenza, attraverso le seguenti relazioni: ) cot( 2 1⋅π⋅ 2⋅ ⋅ α = a E P (3.30)

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione ) cot( 2 1 π α δ = ⋅ ⋅a⋅ (3.31) Mentre la soluzione del contatto bidimensionale è stata ottenuta da Johnson [8]:

) cot( ' = ⋅ ⋅ α E a P (3.32)

3.2.8 Contatto in scala nanometrica

Nel caso di contatto in scala nanometrica, o di adesione, i corpi possono ancora essere considerati come un continuo, ma gli effetti delle forze superficiali nelle immediate vicinanze della zona di contatto diventano piuttosto importanti. La tensione adesiva è descritta di solito dal potenziale di Lennard-Jones:

5 5 6 7 8 8 9 : ; ; < = > > ? @ − ; ; < = > > ? @ ⋅ − = − − 9 0 3 0 0 3 8 z z z z z w Z σ (3.33)

dove z è la distanza di separazione tra i piani atomici, z0 è la distanza di separazione di

equilibrio, e w è il lavoro dell’adesione dato dall’espressione:

w=∆γ =γ1+γ2 +γ12 (3.34) dove A 1 , A 2 , A

12 sono le energie superficiali corrispondenti.

Un modello della forza di adesione è stato ricavato da Bradley , per il caso di sfere rigide, che ha dato i seguenti risultati:

B B C D E E F G H H I J K K L M − H H I J K K L M ⋅ ⋅ − = − − 2 0 8 0 4 1 3 8 z z z z wR P π (3.35)

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.2.9 Effetti della rugosità sulla meccanica dei contatti

Ogni superficie è caratterizzata da un profilo macroscopico esteso (profilo tecnico), proprio della forma della superficie, e da una struttura microscopica costituita dalle irregolarità superficiali (figura 3.13), distribuite casualmente, (deviazioni dal profilo tecnico), definita rugosità superficiale, che influenza in modo forte la distribuzione delle pressioni e le sollecitazioni indotte nei corpi in contatto sotto carico:

Figura 3.13 – Profilo con asperità

Il parametro più semplice per definire una superficie reale è la rugosità media Ra , che viene definita come l’ampiezza del valore medio aritmetico dei valori assoluti delle deviazioni N y N del profilo reale rispetto alla media, in base alla relazione :

O ⋅ ⋅ = L a y dx L R 0 1 (3.36) Un altro parametro importante e sicuramente più sensibile per la caratterizzazione delle superfici sono la Rq (o RMS), detta rugosità media quadratica, che viene definita dall’espressione riportata di seguito: P

⋅ = L q y dx L R 0 2 1 (3.37) Questo parametro procura indicazioni sul campo di variazione delle altezze del profilo. Inoltre si introduce un'altra grandezza detta Rz, che viene utilizzata nel caso in cui la superficie presenta un numero notevole di irregolarità rispetto all’altezza media, come picchi o valli isolate, e tiene conto della differenza media picco-valle dei dieci punti che si discostano di più dalla media.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione Q R S T U V − ⋅ = W W = = 5 1 5 1 5 1 i vi i pi z y y R (3.38) dove y , vi y sono rispettivamente le quote delle valli e dei picchi rispetto alla linea pi

media. Considerando quindi le superfici reali dei due corpi, l’area di contatto effettiva sarà molto minore di quella teoricamente ipotizzata da Hertz. Quindi, se a parità di carico l’area reale diminuisce , la pressione agente sulla superficie in analisi presenta un valore medio (oltre che un picco) molto più elevato. Essendo la regione di contatto formata da tante piccole aree quante sono le asperità, l’andamento della pressione è caratterizzato da una serie di picchi; per questo motivo il problema del contatto passa da una scala globale (problema di Hertz o del macro-contatto) ad una scala locale (modello di micro-contatto), per cui sulle asperità deformate compaiono sovra-pressioni rispetto alla pressione hertziana globale.

3.2.10 Modelli di contatto multi-asperità

Trattando a questo punto di superfici rugose, i modelli di contatto presenti in letteratura possono essere suddivisi in due categorie, diverse per il modo di rappresentare la rugosità [8]. Nel primo caso i modelli di rugosità superficiale sono caratterizzati da una serie di asperità con distribuzione statistica di parametri quali l’altezza o la curvatura dei picchi; l’effetto di ciascuna asperità è locale e quindi l’effetto risultante è cumulativo, ovvero è rappresentato dalla somma delle azioni delle singole asperità. Nel secondo caso invece, i problemi di contatto risultano più complessi matematicamente, in quanto le equazioni di elasticità devono essere risolte sull’intero dominio del contatto.

3.2.10.1 Modello di Greenwood e Williamson

Greenwood e Williamson hanno sviluppato diversi modelli statistici di contatto, assumendo determinate leggi di distribuzione delle altezze delle asperità e delle curvature,

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

e basandosi sul calcolo della funzione probabilità, per cui un picco, selezionato casualmente, entri in contatto con una superficie distante (figura 3.14). Tale funzione di probabilità è data dalla relazione: X

∞ = > d d d z d g z dz G ( ) ( ) (3.39) dove gd(z) è la funzione densità di probabilità delle altezze dei picchi.

Figura 3.14 – Superficie rugosa e corpo piano vicini al contatto

Il modello di Greenwood e Williamson [26] nel contatto tra una superficie rugosa e una superficie liscia, impiega le seguenti ipotesi:

• le asperità sono emisferiche, tutte con ugual raggio di curvatura;

• la rugosità superficiale è isotropica, ossia le asperità sono distribuite in modo uniforme per unità di area con densità costante;

• non esiste nessuna interazione tra le asperità vicine;

• le altezze dei picchi delle asperità hanno una distribuzione casuale. L’area di contatto media tra le asperità è data da:

(

z d

)

dz z g R N A A d d m = ⋅ ⋅ ⋅ − = Y ∞ ) ( π (3.40) ed il carico totale applicato: Z

∞ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = d d z dz g d z R N E P ( ) ( ) 3 4 12 3/2 (3.41)

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Le distribuzioni di altezze delle asperità considerate dal modello sono:

[

una distribuzione esponenziale: 0 , ) (z =ez> gd z (3.42) [

una distribuzione Gaussiana:

2 / 2 2 1 ) ( z d z e g = ⋅ − π (3.43) La distribuzione esponenziale porta ad una dipendenza lineare dell’area di contatto reale con il carico applicato, mentre quella Gaussiana ad un legame quasi lineare. Il modello di Greenwood e Williamson introduce anche un indice di plasticità , dato da:

2 1 \ ] ^ _ ` a ⋅ = R H E σST ϕ (3.44)

dove è σST la deviazione standard della distribuzione delle altezze delle asperità, H è la

durezza del materiale. L’indice di plasticità tiene conto della transizione da deformazione elastica a plastica; bassi valori di ϕ corrispondono a deformazioni elastiche. Precedentemente allo studio di Greenwood e Williamson, il modello di Zhuravlev assumeva una distribuzione delle altezze dei picchi di tipo lineare con asperità sferiche allineate:

(

L z

)

L z

gd( )= 22 − , 0< z<L (3.45) che conduce ad un legame tra carico e area effettiva del tipo:

A=CP10/11 (3.46) dove C è una costante.

Greenwood e Tripp hanno esteso il modello di Zhuravlev per asperità non allineate e hanno dimostrato che il disallineamento porta ad una relazione proporzionale tra area di contatto e carico più vicina alla linearità, ovvero:

12/13

P C

A= ⋅ (3.47) Greenwood e Tripp hanno dimostrato, in particolare, che, come nel classico caso Hertziano, il contatto tra due superfici rugose può essere modellato dal contatto tra un piano e una superficie rugosa.

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

La superficie rugosa equivalente è caratterizzata da una curvatura dell’asperità che è somma delle curvature delle asperità delle due superfici rugose, e da una distribuzione di picchi con una deviazione standard data da:

σP = σ2p1+σ2p2 (3.48) Nel caso di ipotesi di contatto elasto–plastico, il riferimento è costituito dal “modello profilometrico” di Abbot e Firestone. La deformazione di una superficie rugosa a contatto con un piano è considerata ottenuta dal troncamento della superficie rugosa in corrispondenza dell’intersezione con il piano. L’area di contatto reale, quindi, è l’intersezione geometrica della superficie piana con il profilo rugoso in analisi.

Un modello elasto-plastico basato sulla conservazione del volume dell’asperità durante la deformazione plastica è stato introdotto da Chang, Etsion e Bogy (CEB) [26]. L’area di contatto, la forza e l’interferenza per una singola asperità sono legate dalle seguenti

relazioni: b c d e f g − ⋅ ⋅ = δ δ δ π C R A 2 , δ >δC (3.49) P= AKH (3.50)

dove è l’interferenza critica all’inizio della deformazione plastica, è una costante che lega la pressione media alla durezza . Per un valore dell’interferenza minore del valore critico, il contatto è elastico.

3.2.10.2 Approccio teorico per la stima della pressione di

contatto media tra le asperità

Utilizzando dunque il modello di contatto di Greenwood e Williamson e il modello di contatto elasto-plastico CEB , è possibile stimare la pressione di contatto media tra le asperità [27], ed applicare l’analisi di Hamilton e Goodman per il calcolo della tensione

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

massima principale di trazione sull’asperità. Il carico medio di contatto sulle asperità risulta pari a: t n P p(δ)= (3.51) dove nt rappresenta il numero totale di contatti tra asperità e risulta pari a :

h ∞ − ⋅ ⋅ ⋅ = d z n t N A e dz n 0.5 2 2 1 π (3.52)

avendo indicato con An l’area nominale del contatto. L’accostamento δ =zd ,

combinando le equazioni (3.51) e (3.52), risulta equivalente a:

R E p i j k l m n ⋅ = π max δ (3.53)

e l’accostamento critico in cui ha inizio lo snervamento si ricava inserendo nella relazione (3.53) l’uguaglianza:

H

pmax(δ)=0.6⋅ (3.54)

ricavabile dall’applicazione dei criteri di Tresca e von Mises ( rappresenta la pressione massima hertziana per tutti i contatti tra le asperità ).

Il carico di contatto tra le asperità in corrispondenza di cui si verifica lo snervamento risulta: 2 / 3 2 1 3 2 ) ( C Y E R P δ = ⋅ ⋅ ⋅δ (3.55) Se p(δ)>Py(δ) , le asperità di deformano in modo elasto-plastico; in queste condizioni la relazione dell’area di contatto elastico tra asperità A' =πR⋅δ non risulta valida, e quindi si può applicare il modello CEB espresso dall’equazione (3.49) .

Noti perciò p(δ) e A(δ), è possibile determinare la pressione massima hertziana per tutti i contatti tra le asperità:

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Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione ) ( ) ( 2 3 ) ( max δ δ δ A p p = ⋅ (3.56) In base all’analisi condotta da Hamilton e Goodman per un contatto circolare di strisciamento, è possibile calcolare una delle tre tensioni principali, che è a trazione, ottenendo come valore massimo:

( )

σ1 max =Kpmax (3.57) dove si ha che :

(

) (

)

3 2 1 8 4 ν ν µ ⋅ + + − = attr K (3.58)

essendo µattr il coefficiente di attrito e ν il coefficiente di Poisson del materiale.

3.2.10.3 Modello di contatto per l’analisi del micropitting

Al fine di studiare la deformazione di superfici rugose, Mihailidis, Bakolas e Drivakos [22] considerano un corpo semi-infinito soggetto ad un carico concentrato w nel punto o=x.

Figura 3.15 – Deformazione di un corpo semi-infinito soggetto ad un carico di linea

La deformazione z(x) lungo l’asse z di un punto (x,0) sulla superficie è data dall’equazione di Flamant:

(24)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione p p q r s s t u − − ⋅ − = ∞ 2 1 ln ) 1 ( 2 ) ( 2 ξ π ν x d E w x z (3.59)

dove d è una distanza del corpo per cui d » x.

Si considera un punto di riferimento arbitrario ( xr , 0 ) sulla superficie lontano dal punto di

applicazione del carico x= o. Per cui la deformazione d(x) calcolato rispetto a questo punto

è data dalla relazione:

ξ ξ π ν − − ⋅ − − = − = r r x x E w x z x z x d( ) ( ) ( ) 2(1 ) ln 2 (3.60)

Figura 3.16 – Corpo semi-infinito soggetto ad una pressione p(ξ)

Sostituendo il carico w con una pressione p(ξ)distribuita tra ξ =ξa e ξ =ξb (vedi figura

3.16), si ottiene la deformazione integrando l’eq. (3.61):

( ) 2(1 ) ln ( ) ( ) 2 ξ ξ ξ ξ π ν ξ ξ d p x x E w x d r b a ⋅ − − ⋅ − − = v (3.62)

(25)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Il contatto tra due cilindri con superfici rugose con picchi di rugosità, misurati a partire da un piano medio (reference plane) pari a h01(x) e h02(x), possono essere sostituiti da un contatto equivalente di un cilindro rugoso, avente raggio di curvatura pari al raggio equivalente R, un modulo di Young equivalente pari a E, una rugosità composta , con un piano rigido completamente liscio:

h0(x)=h01(x)+h02(x) (3.63) )

(

01 x

h , h02(x) e h0(x) sono positivi per i picchi e negativi per le valli. In figura 3.17 viene mostrato il cilindro equivalente pressato contro il piano rigido da una distanza di accostamento pari a h . ap

(26)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Un numero n di picchi di asperità determinano sul piano rigido altrettanti segmenti di contatto di larghezza w i. A causa della rugosità, la larghezza di contatto 2b, che prende

tutte le w i., da w 1 a w n , risulta diversa dalla larghezza 2bH, prevista dalla teoria di Hertz.

La larghezza di contatto reale risulta dunque:

x = = n i i C 1 ω ω (3.64)

La deformazione elastica della superficie rugosa è dunque data dalla seguente equazione:

ap h x g x h x d( )= ( )− ( )+ y3.65) dove: ) ( 2 ) ( 0 2 x h R x x g = − y3.66)

e h0(x) rappresenta la distanza del cilindro equivalente dal piano di riferimento in assenza

di carico.

La pressione sviluppata può essere calcolata usando l’equazione di Flamant [22]:

(

ξ ξ

)

ξ ξ π ξ ξ d p x x E x d L L r) ( ) ln( ) ln( 4 ) ( 2 2 ⋅ − − − ⋅ − = z = − = y3.67)

dove è una larghezza di controllo scelta in modo che L>bH , dato che2b≠2bH . Le equazioni (3.65) e (3.66) consentono di determinare la distribuzione della pressione per un profilo di rugosità dato, se è nota la distanza di accostamento del piano hap .Secondo il modello di deformazione elastico-perfettamente plastico assunto, le punte delle asperità si deformano elasticamente fino ad una pressione pari a Y3 , dove Y è la tensione di snervamento del materiale meno duro dei due corpi, e plasticamente se la pressione locale supera questo limite. Le condizioni al contorno delle equazioni (3.65) e (3.67) sono:

C p(ξ)>0,ξ∈ω y3.68) C p(ξ)>0,ξ∉ω y3.69) C x h( )=0,ξ∈ω y3.70) C x h( )>0,ξ∉ω y3.71)

(27)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione Y p if p p(ξ)= (ξ), ... (ξ)≤3 y3.72) Y p if Y p(ξ)=3 , ... (ξ)>3 y3.73) ap h x g x d( )=− ( )+ { C ω y3.74)

Una volta nota p(ξ) , è possibile determinare le componenti dello stress risultante in un punto (x,y) attraverso le relazioni:

[

]

| + − − ⋅ − = b a d z x x p z x ξ ξ ξ ξ ξ ξ π σ 2 2 2 2 ) ( ) )( ( 2 (3.75)

[

]

} + − ⋅ − = b a d z x p z z ξ ξ ξ ξ ξ π σ 2 2 2 3 ) ( ) ( 2 y3.76)

[

]

~ + − − ⋅ − = b a d z x x p z zx ξ ξ ξ ξ ξ ξ π τ 2 2 2 2 ) ( ) )( ( 2 y3.77)

Applicando il criterio di von Mises, il massimo valore della tensione di taglio subsuperficiale risulta pari a τmax :

2 2 max 2 xz z x σ τ σ τ  + €  ‚ ƒ „ − = y3.78)

Nelle figure sono illustrate la forma deformata, la distribuzione di pressione e il campo di tensione sub-superficiale risultante nel caso di un contatto tra due cilindri rispettivamente lisci e rugosi ad assi paralleli soggetti a carichi normali.

In particolare, la figura 3.18 si riferisce al caso di un cilindro equivalente quasi perfettamente liscio (con rugosità quadratica media pari a); il parametro b indica la H

semilarghezza di contatto hertziano, h(x) rappresenta la distanza di una superficie

deformata misurata da un piano rigido di riferimento, p(x) individua la pressione di

contatto, x e z sono le coordinate cartesiane di riferimento del contatto longitudinale e della profondità rispettivamente.

(28)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Figura 3.18 – Contatto tra cilindro liscio e piano rigido [22].

Le figure 3.19 (a) ÷ (c) evidenziano i risultati che si ottengono da un’analisi tribologica del contatto al variare della rugosità quadratica mediaR . In Figura 3.19 (a) si nota che anche q

per valori di molto bassi (0.00013 µm), il campo di tensione sub-superficiale devia dal

tipico andamento hertziano, mostrando picchi locali in corrispondenza delle asperità in contatto. L’area reale di contatto è pari al suo valore nominale; in tal caso tutte le asperità si deformano elasticamente. In figura 3.19 (c), dove R vale 0.75 µm , il campo di tensione q

sub-superficiale non presenta alcuna somiglianza con l’andamento hertziano.

La posizione della massima tensione di taglio si sposta da una profondità pari a 0.78⋅bH,

come previsto dalla teoria di Hertz, ad una quota molto prossima alla superficie. In tale condizione, circa il 23 % dell’area di contatto nominale è deformata plasticamente, solo il 9 % elasticamente; di conseguenza, il valore della massima tensione di taglio è indipendente dal carico imposto.

L’area deformata plasticamente è dunque considerevole e non può essere trascurata quando il contatto è caratterizzato da elevate pressioni di Hertz, anche per superfici aventi rugosità composta molto inferiore a 0,75 µ m.

(29)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Figura 3.19 – Variazione della deformazione, della distribuzione di pressione e del campo di tensione sub-superficiale nel contatto tra cilindro rugoso e piano liscio [22].

(30)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.3 Lubrificazione

3.3.1 Introduzione

La caratteristica principale della lubrificazione è di diminuire il calore che si genera tra due corpi in contatto e l’usura. Visto che questi fenomeni sono dipendenti dall’attrito, con il lubrificante si cerca di minimizzare proprio il coefficiente d’attrito tra le due superfici. Molti fluidi (aria, acqua, liquidi criogenici, etc) ed alcune sostanze solide (solfuro di molibdeno, grafite) vengono impiegati come lubrificanti in alcune situazioni particolari, ma nella maggioranza delle applicazioni l’impiego di grassi e oli, di origine minerale o sintetica, è di gran lunga prevalente. Gli oli minerali sono miscele di idrocarburi classificati come paraffinici o naftenici, i base alla struttura prevalente negli idrocarburi componenti. I grassi sono sostanze semisolide ottenute disperdendo in oli minerali opportune sostanze ispessenti. I lubrificanti sintetici sono diverse famiglie di molecole che presentano caratteristiche superiori, specie in situazioni critiche, come ad esempio ad alta temperatura o alta pressione. Le caratteristiche piú importanti di un lubrificante sono la viscosità, la densitá e le proprietá termiche. Diverse altre proprietà fisico-chimiche (ossidabilità, emulsivitá, infiammabilità, untuositá) hanno tuttavia una grande importanza pratica e devono essere opportunamente considerate. Di solito agli oli base vengono aggiunti un gran numero di additivi, che hanno lo scopo di migliorare le caratteristiche dei lubrificanti rendendoli piú adeguati ai particolari impieghi a cui sono destinati.

Esistono diversi regimi di lubrificazione [16, 28]:

limite, si presenta quando il film del lubrificante è costituito da uno strato di spessore variabile (dipendente dalla dimensione delle molecole del lubrificante impiegato) dell’ordine di grandezza di qualche nanometro ( … 10

-9

m ), e quindi la maggior parte del carico è sopportata dalle asperità in contatto delle superfici;

(31)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

parziale o mista, dove lo spessore del film del lubrificante è sottile e di conseguenza le superfici possono trovarsi in contatto;

idrodinamica, dove i due corpi in contatto sono completamente separati dal meato del lubrificante, poiché il film d’olio è molto più spesso della rugosità delle superfici che delimitano il meato stesso. Il carico che tende ad avvicinare le due superfici viene sopportato totalmente dalla pressione del fluido generata dal moto relativo delle superfici.

elastoidrodinamica ( EHD), che si verifica soprattutto nel caso di superfici non conformi fortemente caricate, di solito in contatto, almeno parzialmente , di rotolamento. Si può avere lubrificazione EHD hard nel caso in cui le pressioni in

gioco siano dell’ordine dei GPa, dove predomina l’aumento della viscosità con la pressione, e con i materiali aventi un elevato modulo di elasticità. Inoltre si può parlare di lubrificazione EHD soft , quando la pressione è dell’ordine dei MPa ed

i materiali hanno un basso modulo di elasticità.

Il passaggio da un tipo all’altro di lubrificazione avviene, al variare di fattori come il carico, la velocità e la viscosità del lubrificante, in maniera graduale con un cambiamento delle percentuali di carico sopportate dal film fluido e dalle asperità superficiali ricoperte dallo spessore molecolare di lubrificante.

3.3.2 Lubricazione elastoidrodinamica

La lubrificazione elastoidrodonamica è basata sull’azione di diversi meccanismi [16]:

†

effetto idrodinamico, ovvero incremento della pressione nel film d’olio in funzione della velocità, della geometria delle superfici e della viscosità di ingresso del lubrificante;

†

piezoviscosità, in quanto la viscosità dipende in modo forte dalla pressione, ma l’aumento di questa nella zona centrale del meato non influenza particolare lo spessore del meato. Mentre è importante l’incremento di viscosità che si verifica

(32)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

nella zona di ingresso, e per questo motivo si caratterizza il lubrificante tramite il parametro di piezoviscosità ‡ .

†

deformazioni dei solidi, ossia si ha uno schiacciamento dei corpi simile a quello che si verifica nel contatto hertziano.

Occorre tenere presente che il comportamento del lubrificante durante il funzionamento, al variare della pressione e della temperatura, viene influenzato dalle sue stesse proprietà; inoltre bisogna aggiungere l’effetto della deformazione plastica dei corpi in contatto, che si presenta nella zona centrale tra l’ingresso e l’uscita con forma delle superfici quasi parallela.

Infine anche l’andamento della pressione hertziana risulta modificata [29] , come specificato nei seguenti punti:

†

nella zona di ingresso la pressione idrodinamica è minore di quella hertziana;

†

la lunghezza del contatto è aumentata leggermente nella direzione del moto;

†

le superfici opposte durante il contatto sono quasi parallele, e si ha che lo spessore del film d’olio in tale zona è dato dallo spessore di film centrale, h ; C

†

il lubrificante è sottoposto ad un notevole aumento della viscosità appena subentra nel contatto, seguito da un’uguale decremento ( anche se più rapido ) : con il fine di compensare le perdite di viscosità all’uscita del contatto, nelle vicinanze di questa si forma un restringimento, dove lo spessore dell’olio è h . 0

†

A monte del restringimento si forma un picco di pressione, di solito maggiore della pressione hertziana;

†

A valle del restringimento invece la pressione è minore rispetto a quella calcolata con il modello hertziano.

Prendendola relazione base che descrive il problema della lubrificazione idrodinamica EHL, ossia l’equazione differenziale di Reynolds:

12 ( ) 3 h dx d u dx dp h dx d ˆ= ˆ ‰ Š ‹ ‹ Œ  ⋅ ⋅ ρ µ ρ (3.79)

(33)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Usando i seguenti termini dimensionali:

R x X = , R h H = , E p P= , 0 ' µµ µ = , 0 ' ρρ ρ = (3.80)

si può riscrivere l’equazione di Reynolds nella forma:

) ( 12 0 ' ' 3 µ ρ µ ρ Ž= Ž   ‘ ‘ ’ “ ⋅ H dX d R E u dX dP H dX d (3.81)

con le seguenti condizioni al contorno: 0 ) (Xi = P , P(X0)=0 , ( 0) =0 dX X dP (3.82) dove il punto X deve essere scelto a sufficiente distanza dal centro di contatto, mentre i

0

X non è ancora noto, poiché fa parte della soluzione .

In particolare, risolvendo il problema, si ottiene che lo spessore del film di lubrificante è dato, a meno di una costante incognita H , dalla somma del profilo indeformato e dalla deformata di entrambi i solidi in contatto, rispettivamente H e D . P

In profilo circolare può essere approssimato con una parabola dato che la pressione si sviluppa in una zona la cui larghezza è molto minore del raggio di curvatura, per cui

2

2

X HP = .

Si ottiene così la soluzione (figura 3.20):

) ( ) (X D X H H H = + P + (3.83) con : ” ⋅ − ⋅ ⋅ − = 0 2 ) ln( ) ( 2 ) ( X Xi ds s X s P X D π (3.84)

(34)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Figura 3.20 – Spessore del film di lubrificante [16].

H si può determinare imponendo l’eguaglianza tra la risultante della pressione del

lubrificante ed il carico per unità di lunghezza w:

dX P R E w X Xi ⋅ ⋅ ⋅ = • 0 (3.85)

Per completare il modello si trascura la comprimibilità (ρ' =1) e di porre la viscosità pari a: P E e ⋅ ⋅ = α µ' (3.86)

Figura 3.21 – Contatto lubrificato di un cilindri elastico con un piano rigido: a) condizioni

statiche ,b) in regime EHL

Per cui considerando il contatto cilindro elastico su un piano rigido in condizioni statiche,la deformata è quella mostrata in figura 3.21-a, come pure il diagramma di pressione; se

(35)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

invece tra i due corpi è interposto il lubrificante, a basse velocità lo spessore di questo risulta molto inferiore allo schiacciamento del cilindro, quindi il profilo deformato sarà simile a quello statico, ed allo stesso modo si avrà un diagramma di pressione affine a quello hertziano ( figura 3.21-b ). Incrementando la velocità ( o diminuendo il carico ) lo spessore del film aumenta, superando il valore di schiacciamento del cilindro, e quindi la distribuzione della pressione è quella del contatto rigido, mostrata in figura 3.22.

Figura 3.22 – Lubrificazione di un cilindro rigido su un piano [16]

La lubrificazione EHD può avere tre diversi regimi [30]:

• limite : lo spessore del film di lubrificante è piccolo rispetto alla rugosità superficiale, e di conseguenza si ha un contatto completo tra le superfici, con elevate forze di attrito che incrementano l’usura.

• mista : in questo caso le asperità delle superfici si urtano ancora l’un l’altra avendo così aumento della temperatura locale e dell’usura. In questo tipo di lubrificazione il parametro più importante che determina l’efficacia dell’olio è la rugosità superficiale.

• A film spesso : il film di lubrificante è spesso abbastanza da evitare il contatto metallo-metallo,diminuendo in modo drastico anche l’usura sulle superfici.

(36)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

Per avere una misura convenzionale del regime di lubrificazione ci si avvale dello spessore specifico del film d’olio –

, che è dato dalla seguente formula:

2 2 2 1 / 0 q q C R R h + = Λ (3.87) dove:

h0/C = spessore minimo (o centrale del meato);

1

q

R , Rq2 = RMS delle superfici in contatto.

Quindi se [31]:

–

< 0.3 si ha lubrificazione limite, poiché non c’è uno spessore di film apprezzabile; 0.3<

–

<3 lubrificazione mista;

–

>3 si ha separazione completa e quindi lubrificazione a film spesso.

Di seguito verranno descritti dei modelli analitici che si occupano del calcolo del film di olio e del tipo di regime di lubrificazione.

3.3.3 Modelli analitici

3.3.3.1 Introduzione

Il problema della lubrificazione, con fluido isoviscoso, del contatto non conforme tra cilindri rigidi e quindi di linea , fu risolto da Martin, che ottenne dei valori molto bassi dello spessore del meato del lubrificante, attraverso la seguente formula adimensionata:

W U

H =4.9⋅ (3.88) dove :

(37)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

U : velocità dimensionale;

W : carico dimensionale per unità di lunghezza in un contatto di linea.

Tali parametri sono ricavati dalle seguenti relazioni:

x R h H = (3.89) x r R E u U ⋅ ⋅ = µ0 (3.90) L R E w W x⋅ ⋅ = (3.91) dove si ha che:

h : spessore del film del lubrificante [m];

x

R : raggio di curvatura principale [m];

x x x R R R 1 2 1 1 1 = + (3.92) 0

µ : viscosità in condizioni ambiente [Pa—s];

r

u : velocità di rotolamento media (ur =(u1+u2)/2 ) [m/s];

E : modulo elastico equivalente [Pa];

w : carico [N];

L : lunghezza del cilindro per il contatto di linea [m].

Le velocità u1 e u2 mostrate in figura 3.23, nelle applicazioni su ingranaggi, sono date dalle relazioni (3.93) :

(38)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione x R u111 ˜ x R u222 (3.93) dove: r r R1x = 1⋅sin(α)+ (3.94) r r R2x = 2⋅sin(α)− (3.95)

con R1x, R2x raggi di curvatura dei profili dei denti calcolati in funzione della distanza dal centro di istantanea rotazione (“r”, negativa in accesso, positiva in recesso) sul segmento di contatto; r1, r2 raggi primitivi del pignone e della ruota ed angolo di pressione; ™

1, ™

2 le

velocità angolari delle due ruote dentate date da:

30 1 1 n ⋅ =π ω ˜ τ ω ω 1 2 = (3.96)

Dove τ è il rapporto di trasmissione tra le ruote ingrananti.

In base ai risultati ottenuti nel caso si ruote dentate, lo spessore minimo del film previsto dalla formula di Martin è usualmente dell’ordine di circa 10-8 m, ovvero un centesimo di micron.

Tenendo conto del fatto che le superfici dei denti degli ingranaggi presentano in genere una rugosità media nell’intervallo tra 0.4÷0.8 µm, risulta che lo spessore specifico del meato sarebbe molto minore di 1.

Si osserva come gli studi successivi si siano indirizzati alla comprensione di due fattori non considerati nella teoria di Martin, ossia l’influenza della deformazione elastica dei solidi sulla forma della zona di concentrazione del carico e la dipendenza dell’elevata pressione sulle caratteristiche del lubrificante, come la viscosità.

(39)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

3.3.3.2 Modello di Grubin

Servendosi di una serie di intuizioni relative alla forma del meato e all’andamento della pressione, Grubin riuscì ad ottenere una valutazione abbastanza realistica dell’altezza del meato del lubrificante nella zona centrale del contatto. Grubin, anche se non ricavò una soluzione completa del problema EHL, concentrò i risultati ottenuti dalle sue ricerche in una formula che consente una valutazione approssimata dello spessore del meato per contatti fortemente caricati, in funzione dei principali parametri operativi, sempre per il solo contatto di linea:

11 8 11 8 11 8 95 . 1 W G U H = ⋅ ⋅ (3.97)

dove G , dato dalla (3.98), rappresenta il parametro dimensionale che tiene conto del tipo di materiale,mentre š è l’esponente della formula di Barus (3.99), che esprime la variazione

della viscosità in funzione della pressione.

E G=α⋅ (3.98) P e ⋅ ⋅ =µ α µ 0 (3.99)

3.3.3.3 Modello di Dowson e Higginson

Dowson e Higginson hanno introdotto un nuovo approccio al problema della lubrificazione EHD, sviluppando una tecnica risolutiva inversa dove l’equazione di Reynolds viene usata non per ricavare il campo delle pressioni partendo da una data forma specifica del film d’olio, ma per calcolare la forma del film associata ad una data distribuzione di pressione. Tale metodo inverso ha consentito di ottenere forme del film di lubrificante confrontabili con le forme calcolate a partire dalla teoria dell’equazione di elasticità.

(40)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione

La normale procedura è stata utilizzata, in particolare, per esaminare la regione di ingresso, mentre quella inversa è stata adottata nella regione centrale, ad alta pressione.

In tal modo, Dowson e Higginson hanno ricavato una relazione che permette di calcolare lo spessore minimo del film del lubrificante, mostrata di seguito:

13 . 0 7 . 0 6 . 0 6 . 1 W U G H = ⋅ ⋅ (3.100) In seguito Dowson ha corretto la formula originaria, derivandola semi-algebricalmente, in modo da renderla compatibile con le formule dell’analisi dimensionale, ottenendo la seguente relazione, valida ancora per il solo contatto di linea:

13 . 0 7 . 0 54 . 0 65 . 2 W U G H = ⋅ ⋅ (3.101)

3.3.3.4 Modello di Dowson e Hamrock

Dowson e Hamrock hanno ricavato una soluzione numerica completa del problema EHL del contatto tra due sfere, ottenendo una relazione per lo spessore centrale ed una per lo spessore minimo del meato dell’olio, da applicare per qualsiasi tipo di contatto [32]:

(

k

)

C e W U G H 0.067 0.73 67 . 0 53 . 0 61 . 0 1 69 . 2 ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ − = (3.102)

(

k

)

MIN e W U G H 0.68 073 . 0 68 . 0 49 . 0 1 63 . 3 ⋅ ⋅ ⋅ − − = (3.103) dove in tal caso:

2 x R E w W ⋅ = ( contatto ellittico );

(41)

Capitolo 3 – Meccanica del contatto e cenni sulla modellazione della lubrificazione 64 . 0 03 . 1 › › œ  ž ž Ÿ   ⋅ = x y R R k ( parametro ellittico).

3.3.3.5 Lubrificazione EHD nel contatto di linea

Noto l’andamento della distribuzione di pressione EHD dal paragrafo 3.3.2, si osserva rispetto al contatto Hertziano, un aumento della pressione nella regione di ingresso ed un picco di pressione nella zona di uscita.

A tale proposito,incrementando la velocità o diminuendo il carico aumenta il picco di pressione e si sposta verso la regione di ingresso, mentre sotto elevati carichi, il picco di pressione tende a decrescere, fino anche a sparire, in modo che il profilo della pressione tende a quello hertziano.

Sia la massima pressione hertziana che il picco di pressione sono parametri importanti nelle applicazioni di lubrificazione EHD; infatti, il secondo, può provocare elevate tensioni sub-superficiali, influenzando direttamente la vita a fatica dell’elemento meccanico.

Il valore del picco di pressione può essere determinato attraverso la relazione [32]:

391 . 0 275 . 0 185 . 0 648 . 0 W U G Pspike = ⋅ ⋅ ⋅ ¡3.104) dove: E p P= ( pressione dimensionale );

mentre la posizione è data dall’espressione:

x

spike W U G R

Figura

Figura 3.1 – a) caso ideale,  b) caso reale.
Figura 3.2 – Contatto lineare[16]
Figura 3.3 –  Linee a tensione tangenziale massima costante per carico normale  concentrato[16]
Figura 3.5 –  Linee a tensione tangenziale massima costante nel caso di carico concentrato  lungo una direzione generica[16]
+7

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