• Non ci sono risultati.

I Capitolo 3: Metodo “H-TRAIT”

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I Capitolo 3: Metodo “H-TRAIT”"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo 3: Metodo “H-TRAIT”

n questo capitolo verrà introdotta una nuova metodologia in grado di fornire una rappresentazione delle proprietà termiche delle strutture sotto esame, che sia alternativa e complementare a quella del metodo TRAIT tradizionale, costituita dai diagrammi a barre delle R e C equivalenti. Questo tipo di rappresentazione, denominato “structure function”, è universalmente accettato dai vari enti che si occupano di ricerca nell’ambito delle caratterizzazioni termiche, ed è stata sviluppata principalmente da Szechely in [8] e [9] come modalità di visualizzazione dei risultati forniti dalla sua metodologia di analisi. Prima di passare a una descrizione delle proprietà della “structure function”, è opportuno introdurre le ipotesi matematiche e fisiche che stanno alla base della trattazione di Szechely, in modo da discuterne la validità e i limiti e proporre poi un approccio che unisca una maggiore correttezza teorica ai pregi di questa rappresentazione.

3.1: Spettro continuo e spettro discreto delle costanti di tempo

E’ ben noto che il comportamento dinamico della temperatura nelle strutture fisicamente limitate, caratterizzate dalla presenza di una singola sorgente di calore e di un pozzo termico considerato a temperatura costante, è regolato da un insieme infinito e numerabile di costanti di tempo. Se idealmente facessimo tendere all’infinito l’ascissa in cui è situato il pozzo rispetto alla sorgente, potremmo assistere a una sorta di “passaggio al continuo” di questo spettro, in maniera analoga a quanto accade nel passaggio dalla serie alla trasformata di Fourier quando facciamo tendere all’infinito l’intervallo di periodicità del segnale. Poiché in realtà non esistono strutture di lunghezza infinita, potremmo ipotizzare di considerare illimitato il sistema formato

(2)

dalla struttura, dal pozzo termico e dall’ambiente circostante. Cerchiamo di capire con un esempio grafico quanto questa ipotesi sia sensata.

In figura 3.1 viene mostrato l’andamento qualitativo della temperatura nei vari punti di un corpo in un dato istante di un transitorio di spegnimento della potenza. In x=0 è situata la sorgente di calore, in x=L il termostato a temperatura costante e pari a T ; il 0

flusso di calore è supposto unidimensionale. L’andamento della temperatura nel caso reale è segnato a tratto continuo: si vede chiaramente che la presenza del termostato impone la condizione al contorno T L( )≡ , T0t; perciò la struttura può e deve considerarsi strettamente limitata dal punto di vista termico, ed il suo spettro risulterà costituito da un numero infinito e numerabile di righe.

A tratto alternato invece è riportato l’andamento della temperatura che risulterebbe se il termostato fosse infinitamente distante dalla sorgente di calore; la struttura potrebbe considerarsi illimitata, ed avrebbe uno spettro infinito e continuo di costanti di tempo. Ma questa condizione non è soddisfatta durante le misure del transitorio, perché la

0

T

x=0 x=L

T

x

→ ∞

(3)

presenza di un termostato è prevista sia dal nostro metodo che da quello di Szechely; perciò questa assunzione comporta un errore teorico nei presupposti necessarii alla identificazione dello spettro. Tuttavia prenderemo momentaneamente per buona questa assunzione, perché ci consentirà di introdurre il concetto di “structure function”; una volta fatto questo, mostreremo come ottenere una rappresentazione analoga ma basata su ipotesi intrinsecamente più corrette.

3.2: Metodo NID

Il NID (Network Identification by Deconvolution) è la metodologia di analisi a spettro continuo sviluppata nell’ultimo decennio da Szechely et al. Descriviamone ora i concetti fondamentali.

Poiché le risposte termiche dei sistemi microelettronici presentano costanti di tempo in un range di valori molto ampio, risulta conveniente l’utilizzo del logaritmo del tempo e delle costanti di tempo:

( )

ln( )

ln

z

t

ζ

τ

=

=

(3.1)

Indichiamo con A( )ζ una funzione che chiameremo “densità di costanti di tempo”, che ci dà il peso delle varie costanti nella risposta del sistema, un po’ come l’ampiezza A i

nel caso discreto ci dà il peso dell’esponenziale corrispondente con costante di tempoτi, solo che adesso il problema è diventato continuo e c’è una ampiezza A

( )

ζ =A

(

ln

( )

τ

)

τ

∀ ∈ \, e non solo per valori discreti di τ .

Il transitorio di temperatura T z

( )

dovuto ad una transizione a gradino unitario della potenza (q0 = ) è strettamente correlato alla funzione ( )1 A z :

(4)

(

)

{

}

( )

( ) 1 exp

exp

T z

+∞

A

ζ

z

ζ

d

ζ

−∞

=

(3.2)

analogamente al caso discreto dove avevamo

( )

(

(

)

)

1

1 exp

i i i

T t

A

t

τ

=

=

(3.3)

Derivando ambo i membri della 3.2 rispetto a z si ottiene:

( )

( )

( )

d

T z

A z

w z

dz

=

(3.4)

dove ⊗ è l’operatore di convoluzione e w(z) è la funzione

( )

( ) exp

exp

w z

=

z

z

(3.5)

il cui andamento è riportato in figura 3.2.

(5)

Dalla conoscenza del transitorio T(z) grazie alla 3.4 possiamo ricavare la A z

( )

, che può essere considerata una estensione della rappresentazione RC secondo la rete di Foster. Infatti, dividendo la A z

( )

in tanti intervalli di ampiezza ∆ , si ottengono delle celle RC z

elementari , tanto più numeroso quanto più piccolo è z∆ , con

( )

i

R

=

R z z

(3.6) e

( )

( )

ln

ln

i i i i i i i

R C

R C

C

R

τ

ζ

ζ

= →

=

=

(3.7)

Lo svantaggio del modello di Foster è che esso non fornisce una rappresentazione fisicamente sensata, perché i condensatori non hanno una armatura a massa (come spiegato nel capitolo 1); pertanto è necessario passare alla rappresentazione di Cauer (figura 3.3):

(6)

3.3: Structure Function cumulativa e differenziale

Una volta noti gli elementi R e i C della rete di Cauer, si definisce “structure function i

cumulativa” la funzione

( )

C R

Σ Σ (3.8)

Dove

C

Σ e

R

Σ possono essere ricavati analiticamente come

( )

( )

0

( )

x

C x

Σ

=

C

Σ



c

ξ

A

ξ ξ

d

(3.9) e

( )

( ) ( )

0

1

1

x

R x

R

d

A

ξ

λ ξ

ξ

Σ

=

Σ



(3.10)

dove c è la capacità termica volumetrica, λ la conducibilità termica, A(x) l’area della sezione di flusso all’ascissa x.

Da questo tipo di funzione, come vedremo, possiamo ottenere una rappresentazione grafica sintetica e ricca di informazioni; essa è direttamente riconducibile al modello circuitale equivalente di Cauer (figura 3.4).

Differenziando la CΣ rispetto alla RΣ si ottiene:

( )

dC

K R

dR

Σ Σ Σ

=

(3.11)

(7)

Questa funzione viene indicata come “Differential Structure Function”, o, più semplicemente, “Structure Function”. Poiché la capacità termica di una lastra di materiale generico di spessore dx è dCΣ =cAdx , e la sua resistenza termica è

A dx dR

λ

=

Σ , dove c è il calore specifico, λ la conducibilità termica, A la sezione del

flusso di calore, la structure function si può esprimere come:

2

/

)

(

c

A

A

dx

cAdx

R

K

λ

λ

=

=

Σ

=

=

n i i

R

R

1 Σ

=

=

n i i

C

C

1 Σ

=

=

n i i

R

R

1 Σ

=

=

n i i

C

C

1 Σ Figura 3.4

(8)

Tale funzione è legata a c, λ e al quadrato della sezione del flusso e quindi è legata alla struttura del sistema. Pertanto i picchi di tale funzione rappresenteranno zone laddove la capacità termica è costante , ma la resistenza termica aumenta, da cui la sua utilità come strumento atto all’individuazione di interfacce tra strati o materiali differenti, o interfacce altamente resistive non previste dovute a qualche passo tecnologico difettoso.

I valori di C

th

possono

essere letti

I valori di R

th

possono

essere letti

A) B) Figura 3.5

(9)

Si ricordi infatti che nelle interfacce (che per essere considerate tali devono avere uno spessore molto piccolo rispetto all’intera struttura) la capacità termica rimane costante, in quanto dipendente dalla massa, mentre la resistenza termica varia. Al contrario all’interno di uno strato omogeneo debolmente resistivo la resistenza termica rimane pressoché costante, mentre la capacità termica varia in modo significativo.

Le informazioni deducibili dalle Structure Funtction cumulative e differenziali vengono mostrate dai grafici di figura 3.5.

Per quanto riguarda la figura 3.5A:

1) I vari plateau corrispondono a strati di materiale differenti 2) I valori di C possono essere letti graficamente TH

3) Ad un certo materiale corrisponde un certo volume 4) Possiamo correlare le dimensioni al calore specifico Dalla figura 3.5B invece vediamo che:

1) I picchi corrispondono ad un cambiamento di materiale

2) I corrispondenti valori di R possono essere letti graficamente TH

3) Materiali => cross-section Area

(10)

3.4: Passi Operativi

La figura 3.6 descrive la procedura di caratterizzazione termica, sostanzialmente simile a quella del metodo TRAIT.

• La struttura sotto esame viene stimolato con un gradino di potenza

• Viene acquisito il transitorio di temperatura che si registra alla sommità della struttura in seguito a questa sollecitazione

• Su tale transitorio viene applicato con un metodo numerico l’algoritmo di deconvoluzione 0.4, che ci consente di ottenere:

1) La structure function cumulativa del sistema; 2) La structure function differenziale;

3) La rappresentazione come circuito equivalente di Cauer ed

eventualmente di Foster.

Vediamo ora lo studio di due differenti casi, tratti da [17].

(11)

1) Analisi su un microprocessore INTEL 386 montato su dissipatore:

I picchi rappresentano le interfacce tra i vari materiali; la cui resistenza termica è data dalla distanza orizzontale tra i picchi stessi.

Figura 3.7: processore 386 montato su uno strato di allumina con dissipatore

picco dovuto al dissipatore

Figura 3.8: structure function corrispondente alla struttura di figura 7

picco dovuto all’allumina chip

(12)

2) Rivelazione di interfacce difettose:

La parte comune alle tre structure function rappresenta il chip in silicio; le curve vanno poi differenziandosi in quanto vi sono tre diversi tipi di imperfezioni.

Figura 3.10: le structure function relative alle tre strutture di figura 9

Figura 3.9: struttura di riferimento (a), con saldatura difettosa agli angoli (b), con saldatura

difettosa centrale (c)

a b

(13)

3.4: Limiti teorici del metodo TRAIT

Abbiamo visto come l’assunzione di uno spettro di costanti di tempo continuo derivi dalla modellizzazione dei sistemi termici come spazialmente semi-infiniti, e comporti delle imprecisioni nel processo di caratterizzazione delle loro proprietà.

E’ adesso opportuno specificare invece quali siano le limitazioni del metodo TRAIT e soprattutto della metodologia che esso impiega (algoritmo di Padè) nella procedura di estrazione dello spettro delle costanti di tempo.

La figura X illustra lo spettro di costanti di tempo calcolato in modo teorico a partire da una struttura modimensionale multistrato. Essa mostra chiaramente che, procedendo verso tempi sempre più piccoli nel grafico rappresentativo dello spettro, possiamo notare il progressivo infittirsi delle costanti di tempo caratteristiche. Ovvero si può stabilire che: a) per tempi lunghi le righe dello spettro sono distanziate e quindi tale parte deve essere estratta dal transitorio con un metodo che preveda uno spettro discreto. b) per tempi brevi l’infittimento delle righe rende maggiormente accettabile il considerare “continuo” lo spettro.

(14)

La procedura di Padè per l’estrazione delle costanti di tempo, essendo fondata sulla natura discreta dello spettro, è in grado di fornire risultati ad alta precisione soltanto se le righe sono ben distanziate, ovvero nel range superiore delle costanti di tempo. Di contro, in presenza di una moltitudine fitta di righe, accade che tale procedura tende a raggruppare dei cluster di righe in un’unica costante di tempo equivalente, pur realizzando una ottima approssimazione tra curva reale e curva interpolante con scostamenti al di sotto del livello del rumore. Nella stessa figura x sono riportate in rosso le righe estratte con Padè dal transitorio corrispondente allo spettro nero.

Quanto detto comporta un limite superiore al numero di costanti di tempo che possiamo identificare a partire dal transitorio, e di conseguenza un limite alla risoluzione spaziale con la quale riusciamo ad analizzare i sistemi sotto esame (ricordiamo come il numero di esponenziali estratto corrisponda al numero di celle RC del circuito termico equivalente).

Il metodo di Szechely invece consegue i risultati migliori proprio laddove noi non riusciamo a spingerci, perché uno spettro continuo di costanti di tempo costituisce appunto una buona approssimazione dello spettro discreto reale nella sua parte iniziale, dove le righe sono talmente fitte da risultare praticamente indistinguibili.

Sarebbe pertanto auspicabile per il futuro lo sviluppo di una teoria che consenta di inglobare i pregi di entrambi i sistemi, ossia la precisione e la correttezza fornita dal metodo TRAIT per quanto riguarda le costanti di tempo lunghe, e la capacità del sistema di Szechely di identificare i contributi delle costanti di tempo veloci grazie all’approssimazione continua dello spettro.

(15)

3.5: Introduzione del metodo “H-TRAIT”

Nonostante il metodo NID parta da ipotesi teoricamente non corrette, sarebbe per noi di grande utilità poter ricorrere ugualmente alla rappresentazione di tipo “structure function”, da un lato perché è assai diffusa e accettata in ambito di ricerca, dall’altro perché condensa in un solo grafico una notevole quantità di informazioni sulle strutture sotto esame. Il suo valore aggiunto risiede nella correlazione che opera fra resistenze e capacità termiche di ogni nodo, grazie alla quale divengono evidenti dei dettagli che non sarebbe possibile dedurre dal valore di ciascuna delle due prese singolarmente. Si prendano ad esempio i grafici di figura 3.12 e figura 3.13, relativi a misure effettuate su due substrati la cui struttura fisica inizialmente coincide, e comincia a differire soltanto da un certo punto in poi. Nella prima, ottenuta con l’analisi di tipo TRAIT classico, questo non risulta evidente, mentre emerge significativamente

(16)

nella seconda, ricavata con un nuovo metodo che abbiamo denominato TRAIT ibrido (o HTRAIT). L’HTRAIT si è rivelato un sistema di caratterizzazione molto potente, poiché unisce una correttezza teorica di base, dal momento che si basa sull’assunzione dello spettro come infinito e discreto, a una modalità di rappresentazione intuitiva ed efficace.

La possibilità di ottenere dei grafici analoghi alla structure function cumulativa e alla structure function differenziale, in verità, è già presente nel pacchetto software TRAIT tradizionale (figura 3.14), anche se il risultato non è ben interpretabile a causa del basso numero di costanti di tempo (che coincide col numero di nodi) che possiamo ottenere (nel caso particolare 8, ma comunque mai superiore ai 12-13).

Se però riuscissimo ad aumentare il numero di nodi, e conseguentemente il numero di righe dello spettro e delle celle RC, con qualche artifizio matematico, ci avvicineremmo

R

Σ

dC

dR

Σ Σ

Figura 3.13: structure function ricavata colla procedura HTRAIT a partire dai sistema le cui resistenze e capacità sono mostrate in figura 11

(17)

alla condizione di spettro continuo necessaria per poter ottenere una rappresentazione a structure function leggibile, col vantaggio però di essere partiti da un insieme di dati ottenuto in un modo teoricamente corretto. Di seguito descriveremo i passi della procedura che abbiamo adottato.

3.6: Estensione del numero di costanti di tempo

La procedura di distribuzione continua dello spettro discreto operata dal metodo HTRAIT si basa sulla conoscenza dell’impedenza termica Z(s) vista dalla sorgente di calore della struttura sotto esame, ricavata col software TRAIT. I passi necessarii sono i seguenti:

(18)

1) Si acquisisce il transitorio di temperatura;

2) Da tale transitorio si estraggono con il metodo TRAIT le costanti di tempo del sistema (discrete) e quindi si calcola la Z(s);

3) Si ottiene una distribuzione continua delle costanti di tempo, matematicamente del tutto analoga a quella che compare nella 3.3 e nella 3.4, grazie a questa relazione:

( )

1

Im

{

exp

( )

}

A z

Z s

z

π

=

= −

(3.12)

4) Questa distribuzione continua viene “affettata” con un passo ∆ (abbiamo z

operato il cambiamento di variabile z=ln

( )

t e ζ =ln

( )

τ ) al fine di ottenere un numero di costanti di tempo Ai e relative ampiezze τi pari a N;

5) A partire dai valori A e i τi vengono calcolati i valori delle nuove resistenze e capacità della rete di Foster, tramite le relazioni 3.6 e 3.7; queste potranno essere anche assai più numerose di quelle di partenza;

6) Viene ricavata la rete equivalente di Cauer dalla rete di Foster e da questa si procede al calcolo delle structure function cumulativa e differenziale.

In relazione alla figura 3.15, definiamo le seguenti espressioni: b a

z

z

z

N

∆ =

(3.13)

( )

2 2 i i z z i z z

A

A z dz

+∆ −∆

=

(3.14)

1

2

i a

z

= + −

z

i

⋅ ∆

x

(3.15)

(19)

Dove le A sono le nuove costanti di tempo, ricavate per distribuzione e successiva i

suddivisione di quelle discrete; esse sono tanto più numerose quanto più piccolo si sceglie l’intervallo∆ . Si è verificato in pratica che il campionamento dello spettro z

continuo, ottenuto dalla distribuzione di un numero di costanti oscillante fra 8 e 12 ottenute dal metodo TRAIT, con un numero di 200 costanti di tempo, e quindi con 200 valori di resistenze e capacità, è più che sufficiente ad ottenere structure function leggibili.

All’atto pratico, il risultato della distribuzione delle R e delle C secondo la rete di Cauer in una struttura reale è mostrato in figura 3.16.

Adesso è però necessario fare qualche precisazione in merito all’applicazione della formula 3.12. Se la applicassimo così come sta scritta otterremmo una fedele trasposizione continua dello spettro discreto, dove al posto delle barre con costante di

τ δ

Figura 3.15: passaggio da ampiezza continua a ampiezze discrete

A(z)

i

A

1

A

2

A

(20)

ritroveremmo esattamente al punto di partenza, a prescindere dal fatto nella pratica che non riusciremmo in alcun modo ad ottenere delle δ di Dirac a causa della limitata potenza di calcolo disponibile, ritrovandoci con un errore di overflow.

Per ovviare a questo inconveniente e ottenere una vera e propria distribuzione dello spettro dobbiamo introdurre un parametro chiamato “angolo di errore δ ” e adottare una formula leggermente differente dalla 3.12, ovvero dobbiamo calcolarla non sull’asse reale negativo:

( )

(

( )

)

exp

exp

ln

s

= −

ζ

= −

τ

= −

τ

(3.16)

ma su una retta del piano complesso , come mostrato in figura 3.17, di equazione

( )

( )

(

cos

)

exp

( )

s

= −

δ

+

jsen

δ

ζ

(3.17)

L’angolo di errore δ deve essere abbastanza piccolo (0.01-0.1°) al fine di ridurre le artefazioni che questa tecnica comporta. Si dimostra che lo spettro A z

( )

calcolato in

a)

b)

(21)

questo modo è uguale alla deconvoluzione dello spettro “esatto” con la funzione er

( )

z

(rappresentata in figura 3.18), ovvero:

( )

( ) ( )

CALCOLATO R

A

ζ

=

A

ζ

e

ζ

(3.18)

(22)

Dove

( )

( )

( )

( )

exp

( )

(

)

1 2cos

exp

exp 2

R

sen

z

e

z

z

δ

ζ

δ

=

− +

(3.19)

Riducendo δ tale funzione diventa più stretta per cui l’errore diminuisce. L’accuratezza richiesta da un determinato problema può essere ottenuta attraverso la scelta di un certo angolo δ .

Figura

Figura 3.1: andamento qualitativo della temperatura nei due casi di interesse
Figura 3.2: funzione w(z)
Figura 1.3: passaggio dalla rete di Foster alla rete di Cauer
Figura 3.8: structure function corrispondente alla struttura di figura 7
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Per l’illuminazione dei provini sono state testate varie sorgenti luminose (luce diffusa, proiettore), la migliore delle quali, in termini di nitidezza e contrasto, è risultata

The same trend of growing distrust can also be observed in the other crisis-afflicted countries of the Eurozone, which had previously used social pacts to negotiate adjustment to

This paper reviews the South African government procurement regime and asks whether adherence to international trading instruments and rules, and in particular the World

Il dipartimento di navigazione sulla nave da crociera comprende principalmente il dipartimento di coperta, il dipartimento di comunicazione e navigazione, il dipartimento

In accordance with the preamble, the law ‘On Refugees‘ defines the grounds and procedure of recognition of a refugee on the territory of the Russian Federation, establishes

Con La Giovinezza, storia lunga anch'essa (Pratt non tornerà più alla struttura della storia breve per il personaggio di Corto Maltese dopo Le Etiopiche)

To be more precise, I suggest that the fundamental right to the secrecy o f telecommunications can be best protected if approached on the basis of the three

Available Open Access on Cadmus, European University Institute Research Repository... For contacts with the British Authorities see the minutes of a meeting of CIR