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Capitolo 3: Progetto espositivo

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Academic year: 2021

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Capitolo 3: Progetto espositivo

Tra i compiti fondamentali di un museo scientifico, oltre a quelli di raccogliere e conservare i materiali e di fare ricerca scientifica, c’è l’attività didattica. Il museo realizza quest’ultimo scopo fondamentale in primo luogo con l’esposizione al

pubblico di opportuni campioni. I materiali in ostensione sono quindi i veri soggetti dell’elaborazione culturale che il museo crea e propone al pubblico (Cagnolaro L. 1991).

La catalogazione ed il restauro delle collezioni paleontologiche del MSNT possono rientrare nell’ottica di un recupero delle collezioni storiche qui conservate, spesso prive di dati geologici e deposizionali, ma ricche di campioni che possono avere un significato didattico, espositivo e di confronto. Un mezzo per poter recuperare e valorizzare questo materiale è quello di realizzare nuove sale espositive o di

riadattare il contenuto di quelle già esistenti nel MSNT, aggiungendo nuovi reperti e nuovi pannelli.

Il progetto espositivo qui proposto prevede la realizzazione di un percorso museale che mostra l’evoluzione dei proboscidati e che permette la valorizzazione dei reperti più significativi conservati nel MSNT.

Si propone di inserire il percorso espositivo all’interno delle sale dei vertebrati attuali, dove alcuni resti di proboscidati fossili sono già presenti. In particolare si trovano esposte le difese del Mammuthus cf. rumanus/meridionalis di Lajatico (MSNT I 12612 e I 12613), la difesa destra dell’Elephas (P.) antiquus del cantiere Orlando di Livorno (MSNT I 12614) e l’omero sinistro dell’Elephas (P.) antiquus del Botro Maspino di Arezzo (MSNT I 12611). Questi resti sono posti vicino ad uno scheletro completo d’elefante indiano ed ad uno scheletro di dromedario (Fig. 27). Il progetto prevede lo sfruttamento di tutto lo spazio della sala occupata da questi resti, spazio che misura 20 per 2,5 metri. Nel progetto si deve tener conto del criterio espositivo utilizzato nel resto della sala. In questa sala sono conservati i resti scheletrici ed i resti tassidermizzati di vertebrati attuali, organizzati sistematicamente, in particolare la sala è dedicata agli ungulati. Sarebbe quindi possibile strutturare questa parte di

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percorso dedicata agli elefanti fondendo i materiali paleontologici con quelli attuali, in particolare con lo scheletro dell’Elephas maximus, permettendo quindi di

comprendere l’evoluzione degli Elephantidae. In questo modo, pur mantenendo un criterio espositivo in armonia con il resto della sala, si permetterebbe anche alla sistematica di assumere tutto il suo valore di scienza di comparazione e di sintesi in prospettiva filogenetica (Cagnolaro 1993a).

Figura 27: Settore della sala del MSNT dove sono esposti i reperti d’elefanti fossili.

L’esposizione del materiale deve seguire un percorso logico, deve dare un filo di lettura dell’argomento trattato al visitatore. I reperti da inserire nell’esposizione devono essere scelti in base al loro significato storico e scientifico, e devono essere

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collegati tra loro da un “continuum” che trova espressione visiva nella logica della loro esposizione (Andreani 1985).

Tenuto conto di queste premesse, per introdurre i resti degli elefanti fossili e

collegare l’argomento trattato in questo settore con il resto del materiale esposto nella sala, si propone di collocare lo scheletro dell’Elephas maximus (Fig. 28) vicino

all’ingresso della sala, dove ora si trova lo scheletro di dromedario.

Figura 28: Scheletro di Elephas maximus del MSNT.

Lo scheletro deve essere accompagnato da un pannello esplicativo che riporta tutte le informazioni sull’ecologia e sulla distribuzione geografica degli elefanti attuali. Questo pannello si riallaccia ai pannelli che accompagnano gli altri animali esposti nella sala, quindi deve essere compilato con gli stessi criteri e deve contenere la stessa tipologia d’informazioni usate per gli altri animali. Nel pannello si deve inoltre

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più specie di proboscidati, e che la loro distribuzione è stata molto diversa da quella attuale. Nel pannello viene anche inserita una carta geografica dell’Italia dove, con un colore diverso per ogni specie, sono evidenziati i luoghi di ritrovamento dei resti di elefantidi, per mostrare così l’ampia diffusione che avevano questi animali nel passato.

Nel pannello successivo, le principali informazioni da dare al visitatore sono quelle che mostrano le particolarità scheletriche degli elefanti, determinate dalle grandi dimensioni di questi animali, come la struttura colonnare degli arti, la presenza di un piede largo e corto, l’aumento del numero di vertebre toraciche a discapito di quelle lombari e l’espansione della gabbia toracica. Vanno anche illustrate le “stranezze” del cranio, determinate dalla presenza delle difese, della proboscide e dei molari molto grandi. Per mostrare queste particolarità si possono utilizzare dei disegni che rappresentano lo scheletro di un elefante, evidenziare le varie regioni del corpo con colori diversi e riportare brevemente per ogni regione le caratteristiche peculiari. Sfruttando i diversi colori si vedranno già chiaramente le caratteristiche peculiari di questa famiglia di animali.

Dopo aver introdotto l’argomento si può inserire una vetrina tematica che permette di capire l’evoluzione degli elefanti. La vetrina tematica svolge un ruolo importante, perché attraverso gli esemplari esposti offre al visitatore la possibilità di acquisire delle nozioni specifiche (Cagnolaro 1993b), in questo caso particolare sulla

sistematica e sulla filogenesi degli elefantidi. Sfruttando l’idea utilizzata da molti musei, come ad esempio la vetrina proposta dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona dove è proposta la filogenesi dei proboscidati (Fig. 29), si può creare una vetrina che mostra l’albero evolutivo degli elefantidi italiani. Su questo pannello possono essere inseriti i molari di ciascuna specie conservata in Museo. Ogni dente può essere accompagnato da un modellino in scala dell’animale stesso o dalla sua rappresentazione grafica. Questo permette di mostrare al pubblico, con un colpo d’occhio, le differenze riscontrabili tra le varie specie che hanno vissuto in Italia. In un pannello introduttivo è evidenziata l’esistenza di due generi diversi tra gli elefantidi italiani, i Mammuthus e gli Elephas, ponendo l’accento sul fatto che i

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Mammuthus erano abitatori di steppa ed erano brucatori mentre gli Elephas abitavano nelle foreste e si cibavano di foglie e ramoscelli.

In Museo sono conservati i molari o i calchi, di tutte le specie di elefantidi vissuti in Italia tranne quelli del Mammuthus lamarmorae, quindi sarebbe necessario procurarsi il calco di un molare di questa specie, per rendere completa la vetrina tematica.

Figura 29: Esempio di vetrina che mostra l’evoluzione dei proboscidati. In primo piano sono esposti i molari con le diverse morfologie caratteristiche di ciascuna specie. Sullo sfondo il pannello mostra l’albero evolutivo dell’ordine. Vetrina del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Fotografia di Chiara Sorbini.

La vetrina tematica comporta un impegno da parte del visitatore, non disgiunto da un certo grado di preparazione. Tuttavia il discorso didattico che contiene, grazie alla grafica, può essere posto a più livelli di comprensione (Cagnolaro 1991). Per farlo bisogna quindi ricorrere alla tecnica dell’informazione a più livelli, dove i titoli ed i nomi degli oggetti vanno scritti in modo evidente ed in neretto, i testi fondamentali

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vanno scritti più grandi e le informazioni dettagliate scritte più in piccolo, per soddisfare i visitatori più attenti (Leonardi 1991).

Dopo la vetrina tematica, tenuto conto dello spazio limitato destinabile alla realizzazione del percorso, si rende necessario fare una selezione tra i reperti

conservati in Museo, esponendo solo quelli più significativi, vale a dire lo scheletro del Mammuthus lamarmorae e del Mammuthus cf. rumanus/meridionalis di Lajatico. Normalmente, per reperti originali, è usato il montaggio con armatura esterna, perché la struttura di sostegno non danneggia le ossa e permette di prelevarle facilmente in qualsiasi momento. Le ossa vanno disposte in posizione anatomica ed i supporti di metallo vanno adattati alla forma di queste. In corrispondenza delle articolazioni si saldano le barre di metallo. La struttura portante così ottenuta è saldata a sua volta ad un’intelaiatura di ferro che è posta all’interno della base di legno su cui sarà fissato tutto lo scheletro (Migliorini 1985). Il montaggio dei reperti con armatura esterna è molto usato quando si hanno resti scheletrici quasi completi, come ad esempio nel Museo di Storia Naturale, Sezione di Geologia e Paleontologia, dell’Università di Firenze (Fig. 30).

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Figura 30: Scheletro di Anancus arvernensis del Museo di Storia Naturale, Sezione di Geologia e Paleontologia, dell’Università di Firenze, montato con

armatura esterna.

Purtroppo i due scheletri sopra citati, conservati nel MSNT, non sono completi, mancano infatti più della metà delle ossa che li componevano in origine. Per poter esporre questi resti quindi si devono seguire vie diverse.

Viste le dimensioni ridotte del Mammuthus lamarmorae, si potrebbe esporre questo reperto sfruttando una sagoma di legno che riproduce la forma e le dimensioni che aveva questo animale quando era in vita. All’interno della sagoma viene disegnato lo scheletro e su questo vengono applicati i resti dell’elefante, in posizione anatomica. Un esempio di questa tecnica si osserva nel Museo Civico di Verona, dove i resti

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dell’Elephas (P.) mnaidriensis sono esposti in questo modo, protetti da una vetrina (Fig. 31).

Figura 31: Esempio di sagoma di elefante con i resti scheletrici di Elephas (P.)

mnaidriensis siciliani, applicati in posizione anatomica. Vetrina del Museo Civico di Scienze Naturali di Verona. Fotografia di Chiara Sorbini.

Inoltre, per fare comprendere al pubblico la grande riduzione di taglia che ha subito questo Mammuthus nel corso della sua evoluzione, potrebbe essere associata alla sua sagoma anche quella del Mammuthus trogontherii, suo probabile antenato. Il confronto tra le due sagome può servire da spunto ai pannelli esplicativi in cui si devono

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andrà inoltre segnalata l’importanza del reperto, sia perché è il tipo della specie, sia perché è il solo scheletro di questo proboscidato trovato in Sardegna.

Essendo l’olotipo di questa specie si deve pensare anche ad un modo per proteggerlo. Sarebbe necessario chiudere lo scheletro all’interno di una vetrina, oppure le parti scheletriche originali dovrebbero essere sostituite da calchi, anche se in questo modo il valore scientifico dell’esposizione diminuirebbe.

Anche l’esposizione del Mammuthus di Lajatico presenta diversi problemi. Infatti pensare di esporre i reperti montati in connessione anatomica con armatura esterna non è possibile, sia perché le parti dello scheletro ritrovate sono poche sia perché, facendo una stima dell’altezza dell’elefante, questa è risultata essere maggiore

dell’altezza della sala dove dovrebbe essere esposto. Per ovviare a questi problemi si è pensato di esporre lo scheletro inserito all’interno di un “diorama” dove si ricrea lo scavo paleontologico in cui sono stati trovati i resti. Normalmente un diorama serve per mostrare una ricostruzione d’ambiente, rappresentata mediante artefatti. Il diorama ripropone infatti, tramite accurate ricostruzioni, campioni di ambienti naturali in un contesto paesaggistico e stagionale ben preciso (Cagnolaro 1993b). Nel caso di questo progetto espositivo il diorama risulta essere diverso, non è la

ricostruzione dell’ambiente di vita di questo animale, ma la ricostruzione dello scavo condotto nel 1934 da Ramaccioni. Per dare più valore a questa ricostruzione si

possono utilizzare per posizionare le varie parti scheletriche, le piantine disegnate dallo stesso Ramaccioni durante i lavori di recupero del materiale. Per semplificare la comprensione al pubblico dei resti scheletrici, e anche per lo spazio limitato a

dispozione, invece di inserire tutte le parti scheletriche trovate, basterebbe inserire le parti più facilmente riconoscibili anche ai non addetti ai lavori, come le difese, la mandibola ed i frammenti più voluminosi delle ossa lunghe. Nei pannelli esplicativi, oltre ad evidenziare l’importanza del reperto, determinata dall’antichità dei resti e dal fatto che questo rappresenta la più antica testimonianza di elefantidi in Italia, si potrebbe inserire anche una parte esplicativa su come vengono svolti gli scavi paleontologici. Inoltre, all’interno della ricostruzione ambientale, si può lasciare una colonna di sedimenti non scavati, in cui si vedono i diversi strati geologici,

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permettendo così di inserire all’interno dei pannelli anche la problematica ed i metodi utilizzati per datare il materiale paleontologico.

Questo è solo uno dei possibili progetti espositivi realizzabili nel Museo e basati sull’abbondante materiale di proboscidati qui conservati. La scelta dei reperti da musealizzare infatti è stata condizionata dallo spazio limitato nel quale si è deciso di inserire il progetto espositivo.

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