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Capitolo 1 Introduzione

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Capitolo 1

Introduzione

Al fine di comprendere e controllare le attività terapeutiche dei farmaci nel corpo umano è necessario sapere quanto farmaco raggiungerà il sito di attività e quando ciò avrà luogo. L’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo (o biotrasformazione) e l’eliminazione dei farmaci rappresentano i diversi processi della farmacocinetica. Comprendere e utilizzare i principi della farmacocinetica può aumentare le probabilità di successo terapeutico e ridurre la frequenza degli eventi avversi associati all’utilizzo del farmaco (Goodman & Gilman, 2012) (Figura 1).

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1.1 Fattori chimico-fisici coinvolti nel passaggio dei farmaci

attraverso le membrane

I processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione di un farmaco comportano il suo passaggio attraverso le membrane biologiche. Rivestono quindi notevole importanza i meccanismi con i quali i farmaci attraversano le membrane e le proprietà chimico-fisichedelle molecole e delle membrane stesse che influenzano questo passaggio. Le caratteristiche fondamentali di un farmaco sono la dimensione molecolare, la struttura, il grado di ionizzazione, la liposolubilità relativa della sua forma ionizzata e non ionizzata e il suo legame con le proteine plasmatiche. Quando un farmaco penetra in una cellula deve ovviamente attraversare la membrana cellulare plasmatica; tuttavia altre barriere possono ostacolare il passaggio del farmaco, e possono essere rappresentate da cellule disposte in monostrato (epitelio intestinale) o in diversi strati (cute). Nonostante queste differenze strutturali, la diffusione e il trasporto dei farmaci attraverso le diverse barriere hanno in comune molte caratteristiche, dal momento che i farmaci passano generalmente attraverso le cellule piuttosto che tra una cellula e l’altra; dunque la membrana plasmatica rappresenta la barriera comune (Goodman & Gilman, 2003).

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1.1.1 Membrane cellulari

La membrana plasmatica è costituita da un doppio strato di lipidi anfipatici, con le catene idrocarburiche orientate verso l’interno a formare una fase idrofoba continua e le teste idrofile orientate verso l’esterno. Le proteine di membrana, immerse nel doppio strato, fungono da recettori, canali ionici o trasportatori in grado di attivare vie di trasduzione elettriche o chimiche e di costituire bersagli selettivi per l’azione dei farmaci (Figura 2).

La maggior parte delle membrane cellulari è relativamente permeabile all’acqua, che passa per diffusione o che fluisce come risultato di differenze idrostatiche od osmotiche attraverso la membrana; questo considerevole flusso d’acqua può trasportare molecole di farmaco. Tale trasporto è il principale meccanismo con cui i farmaci passano attraverso la maggior parte delle membrane endoteliali capillari. Comunque, le proteine e le molecole di farmaco legate alle proteine sono troppo grandi e polari perché questo tipo di trasporto avvenga; così, il movimento transcapillare è limitato al farmaco non legato. In questo processo di diffusione capillare esistono comunque importanti eccezioni dato che in particolari tessuti sono presenti strette giunzioni intercellulari (tight junctions o giunzioni serrate) che limitano la diffusione intercellulare. Le giunzioni serrate sono caratteristiche dei capillari del sistema nervoso centrale (SNC) e di diversi tessuti epiteliali. Sebbene l’intero flusso d’acqua possa trasportare sostanze di piccole dimensioni e solvatabili, se il peso molecolare di questi composti è maggiore di 100 e 200 Da tale trasporto è limitato. Di conseguenza, i farmaci lipofili di maggiori dimensioni devono passare

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attraverso la membrana cellulare mediante uno o più processi (Goodman & Gilman, 2003).

Figura 2. Rappresentazione del doppio strato di fosfolipidi e delle proteine di membrana.

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1.1.2 Elettroliti deboli e influenza del pH

Molti farmaci sono acidi o basi deboli presenti in soluzione sia in forma ionizzata sia in forma non ionizzata. Le molecole non ionizzate sono solitamente liposolubili e possono diffondere attraverso le membrane cellulari. Al contrario, le molecole ionizzate non sono in grado di penetrare la membrana lipidica a causa della loro bassa liposolubilità. La distribuzione transmembrana di un elettrolita debole è determinata generalmente dal suo pKa e dal gradiente di pH ai lati della membrana (Figura 3) (Goodman & Gilman, 2003).

Figura 3. Influenza del pH sull’assorbimento di un farmaco attraverso la membrana plasmatica (Goodman & Gilman, 2012).

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1.1.3 Trasporto passivo di membrana

I farmaci attraversano le membrane sia mediante processi passivi sia mediante meccanismi che richiedono la partecipazione attiva di componenti della membrana. Nel primo caso, le molecole di farmaco penetrano normalmente per diffusione passiva secondo un gradiente di concentrazione in funzione della solubilità nel doppio strato lipidico. Tale trasferimento è direttamente proporzionale all’entità del gradiente di concentrazione del farmaco attraverso la membrana, al suo coefficiente di ripartizione lipidi:acqua e all’area della superficie cellulare. Maggiore è il coefficiente di ripartizione, più elevata è la concentrazione del farmaco nella membrana e più rapida sarà la sua diffusione (Figura 4). Nel caso di un farmaco non elettrolita, una volta raggiunto lo stato stazionario (steady-state), la concentrazione del farmaco non legato è la stessa su entrambi i lati della membrana. Nel caso invece di composti ionici, la concentrazione allo stato stazionario sarà funzione delle differenze di pH ai lati della membrana, che possono influenzare il grado di ionizzazione delle molecole su ciascun lato e del gradiente elettrochimico dello ione (Goodman & Gilman, 2003).

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1.1.4 Trasporto di membrana mediato da carrier

Per quanto la diffusione passiva attraverso il doppio strato lipidico sia predominante nei processi di assorbimento della maggior parte dei farmaci, anche i meccanismi mediati da carrier giocano un ruolo importante. Il trasporto attivo è caratterizzato da richiesta di energia, da movimento contro gradiente elettrochimico, da saturabilità, da selettività e da inibizione competitiva da parte di composti co-trasportati. D’altra parte il termine “diffusione facilitata” descrive un processo di trasporto mediato da carrier che non comporta dispendio energetico e l’aumentato movimento delle sostanze coinvolte avviene secondo gradiente elettrochimico. Tali meccanismi, che possono essere molto selettivi per una specifica struttura conformazionale del farmaco, sono coinvolti nel trasporto di sostanze endogene la cui velocità di trasporto mediante diffusione passiva sarebbe altrimenti troppo lenta; in altri casi fungono da barriera per proteggere le cellule da potenziali sostanze tossiche. Le proteine responsabili del trasporto sono spesso espresse all’interno delle membrane cellulari, in specifici domini tali da mediare o la captazione o l’efflusso e spesso in un’organizzazione che facilita il trasporto vettoriale attraverso le cellule (Figura 4) (Goodman & Gilman).

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Figura 4. Trasporto passivo e attivo di molecole attraverso la membrana plasmatica (Goodman & Gilman, 2012).

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1.2 Concetto di Biodisponibilità di un farmaco

Il più comune metodo di somministrazione di un farmaco è attraverso la via orale; è anche il più sicuro, il più conveniente e il più economico.

L’assorbimento nel tratto gastrointestinale è controllato dalla superficie disponibile, dal flusso sanguigno al sito di assorbimento, dallo stato fisico del farmaco (soluzione, sospensione o forma di dosaggio solida), dalla solubilità in acqua e dalla concentrazione del farmaco nel sito di assorbimento. Per i farmaci somministrati in forma solida, la velocità di dissoluzione può essere il fattore limitante il loro assorbimento, specialmente se caratterizzati da una bassa solubilità in acqua. Poiché la maggior parte dell’assorbimento del farmaco nel tratto gastrointestinale avviene attraverso tali processi, l’assorbimento è favorito quando il farmaco è in forma non ionizzata e più lipofila. Basato sul concetto di ripartizione correlato al pH, si potrebbe ipotizzare che i farmaci acidi deboli sarebbero meglio assorbiti dallo stomaco (pH1-2) piuttosto che dalla porzione alta dell’intestino (pH3-6); il contrario avviene con le basi deboli. Comunque l’epitelio dello stomaco è rivestito da un sottile strato mucoso e la sua area superficiale è piccola; al contrario, i villi della porzione alta dell’intestino forniscono un’area superficiale estremamente ampia (circa 200m2); di conseguenza, la velocità di assorbimento di un farmaco nell’intestino sarà maggiore rispetto allo stomaco, anche se il farmaco è prevalentemente in forma ionizzata nell’intestino e non ionizzata nello stomaco. Pertanto qualunque fattore in grado di accelerare lo svuotamento

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gastrico determinerà verosimilmente un aumento della velocità di assorbimento del farmaco, mentre, qualunque fattore che rallenta lo svuotamento gastrico avrà probabilmente effetto opposto, indipendentemente dalle caratteristiche del farmaco.

L’assorbimento descrive la velocità con cui un farmaco lascia il sito di somministrazione e l’entità con cui si verifica tale processo. Tuttavia l’interesse del clinico, piuttosto che all’assorbimento, è principalmente rivolto al parametro designato come biodisponibilità. Biodisponibilità è un termine impiegato per indicare la quantità di una dose di farmaco che raggiunge il proprio sito d’azione, o il liquido biologico tramite il quale il farmaco ha accesso al sito d’azione. Numerosi risultano essere i fattori che possono ridurre tale parametro; per esempio, un farmaco somministrato per via orale deve essere assorbito a livello gastrointestinale e l’assorbimento può essere limitato dalle caratteristiche della forma di dosaggio e/o dalle proprietà chimico-fisiche del farmaco. Inoltre, il farmaco passa attraverso il fegato, dove il metabolismo e/o l’escrezione biliare può avvenire prima che raggiunga la circolazione generale e che avvenga la distribuzione ai propri siti d’azione. Se la capacità metabolica ed escretoria del fegato per l’agente in questione è elevata, la biodisponibilità risulta sostanzialmente ridotta (effetto di primo passaggio). Il metabolismo o biotrasformazione, risulta dunque un fattore importante che può alterare l’assorbimento intestinale. Lo scopo delle reazioni di biotrasformazione è quello di rendere gli xenobiotici più polari, in modo da poter essere più facilmente escreti. La conversione metabolica dei farmaci

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avviene generalmente per via enzimatica. I sistemi enzimatici deputati alla biotrasformazione dei farmaci sono localizzati nel fegato, sebbene ogni tessuto preso in esame abbia una qualche attività metabolica. Infatti, seppur in maniera minore rispetto al fegato, anche il metabolismo intestinale può influenzare la concentrazione plasmatica di un farmaco.

In seguito a somministrazione non parenterale di un farmaco, una quota significativa della dose può subire infatti inattivazione metabolica nell’epitelio intestinale da parte del Citocromo P450 3A4 (CYP3A4); questo limita significativamente la biodisponibilità orale di farmaci altamente metabolizzati (Figura 5) (Goodman & Gilman, 2003).

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1.3 P-glicoproteina

La riduzione della biodisponibilità è funzione del sito anatomico dell’assorbimento; altri fattori di tipo anatomico, fisiologico e patologico possono influire sulla biodisponibilità.

Ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalla P-glicoproteina (PgP), che limita l’assorbimento di farmaci somministrati per via orale poiché trasporta in senso contrario i composti dopo l’assorbimento ad esempio nel tratto intestinale per diffusione passiva (Goodman & Gilman, 2003).

La PgP, glicoproteina di permeabilità, nota anche come proteina di resistenza

multifarmaco 1 ( MDR-1) o ATP-binding cassette sotto-famiglia B membro 1

(ABCB1), presto riconosciuta come trasportatore ad efflusso multifarmaco, è stata oggetto di intensa ricerca per più di 30 anni (Gottesman and Ling, 2006). La struttura è costituita da 12 eliche transmembrana e 2 domini citoplasmatici ognuno contenente un residuo di cisteina. Il sito di legame per il farmaco è situato all’interno del lato citoplasmatico della membrana e comprende due siti di trasporto funzionale, il sito H (specifico per Hoechst 33342) e il sito R (specifico per Rodamina 123). Importante è anche la localizzazione del residuo 11 di triptofano, la cui fluorescenza può essere utilizzata per identificare composti che legano la proteina (Figura 6).

E’ ormai generalmente accettato che i siti di legame per i farmaci sono situati entro le regioni transmembranali della proteina, e che l’efflusso mediato dalla PgP risulta potenziato dall’idrolisi dell’ATP (Colabufo et al., 2008).

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1.3.1 Siti d’azione della PgP

La PgP risulta espressa in numerosi distretti dell’organismo quali le cellule intestinali, le cellule del tubulo renale, le cellule dei canali biliari, le cellule che costituiscono la barriera ematoencefalica e la placenta (Goodman & Gilman, 2003).

Tipico carrier di efflusso presente nelle cellule endoteliali capillari del cervello, funziona mediante la combinazione con farmaci a cui è consentito il passaggio attraverso le cellule endoteliali e serve anche per portare fuori qualunque farmaco che entra nel cervello per altre vie, contribuendo alla funzione della barriera ematoencefalica.

Analogamente al cervello, la PgP è presente nella placenta e funge da trasportatore verso l’esterno in modo da limitare l’esposizione del feto a potenziali agenti tossici.

Inoltre la PgP presente nell’apice, ovvero nella membrana dell’orlo a spazzola del tubulo prossimale renale, è responsabile della secrezione di anioni anfipatici.

Nella membrana canalicolare dell’epatocita, la PgP secerne una grande quantità di farmaci anfipatici e liposolubili nella bile. I farmaci e i metaboliti presenti nella bile sono rilasciati nel tratto intestinale durante il processo digestivo. Poiché la PgP risulta espressa anche sulla membrana apicale degli enterociti, la secrezione diretta dei farmaci e dei metaboliti può avvenire dalla circolazione sistemica al lume intestinale. Di conseguenza può verificarsi un riassorbimento dall’intestino verso l’organismo di farmaci e metaboliti. Tale circolo

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enteroepatico, se estensivo, può prolungare la presenza di un farmaco e i suoi effetti nell’organismo prima della sua eliminazione mediante altre vie (Goodman & Gilman, 2003).

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1.3.2 PgP e Biodisponibilità

Se da un lato la presenza della PgP a livello intestinale, può potenzialmente aumentare il rischio degli effetti tossici di un farmaco, dall’altro gioca un ruolo essenziale sulla biodisponibilità.

La PgP è stata descritta per la prima volta nelle cellule tumorali, infatti è stato osservato che queste cellule presentano una sovraespressione di proteina che riduce l’accesso di farmaci ad azione citotossica (Fromm, 2004).

Questo è dovuto ad una iperespressione del gene multidrug resistence gene (MDR-1), che codifica per la multidrug transporter protein (PgP). Essa è infatti in grado di trasportare un’ampia varietà di agenti chemioterapici, per esempio, la doxorubicina, gli alcaloidi della vinca, le epipodofillotossine e il paclitaxel, proteggendo così le cellule dagli effetti tossici di queste sostanze (Gottesman et al., 1994).

Considerando il fatto che la tossicità nei confronti dei tessuti normali, specialmente nei confronti del midollo osseo, impedisce in molti tipi di cancro l’utilizzo di dosi elevate di chemioterapici, è stata sviluppata una strategia di terapia genica sperimentale in cui il gene MDR-1 viene usato per rendere il midollo osseo resistente agli effetti tossici della chemioterapia (Goodman & Gilman, 2003).

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1.3.3 Substrati per la PgP e relazione con il CYP3A4

Come già precedentemente detto, la lista di farmaci che risultano essere substrati della PgP è piuttosto vasta ed include varie classi:

 farmaci antineoplastici, ad esempio docetaxel, etoposide, vincristina;  bloccanti dei canali del calcio come l’amlodipina;

 inibitori della calcineurina, quali la ciclosporina e il tacrolimus;  digossina;

 antibiotici appartenenti alla classe dei macrolidi come la claritromicina;  inibitori delle proteasi.

Si riscontra una similitudine con lo spettro di substrati del CYP3A4 e per tale motivo si può effettuare una ulteriore suddivisione in farmaci che non vengono metabolizzati, come la digossina, e quelli che risultano substrati sia per la PgP che per il CYP3A4 (Fromm,2004; Konig et al., 2013).

E’ stato dimostrato che molti substrati per la PgP lo sono anche per il CYP3A4, infatti alcuni composti possono inibire entrambi e molte interazioni farmaco-farmaco riportate, sono la conseguenza dell’effetto su di essi; per esempio, farmaci che presentano tali interazioni includono la ciclosporina, il tacrolimus e il rivaroxaban (Konig et al.,2013).

Gli enterociti e gli epatociti presentano sia metabolismo enzimatico, dovuto al CYP3A4, che efflusso, dovuto alla PgP (Canaparo et al., 2007), questo crea un’associazione di metabolismo-efflusso che aumenta l’esposizione del

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farmaco al metabolismo da parte del CYP3A4 attraverso cicli ripetuti di assorbimento ed efflusso (Figura 6) (Fromm, 2004).

Figura 6. Rappresentazione dell’associazione metabolismo-efflusso tra enterociti ed epatociti.

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E’ stato inoltre dimostrato che il trasporto di un substrato mediato dalla PgP, può essere modificato da alcuni composti collegati al CYP3A4 (Schuetz et al., 1996a; Schuetz et al., 1996b). Mediante esperimenti in vitro sull’ileo di ratto è stato osservato l’andamento dell’efflusso della rodamina 123 (Rho123), un noto substrato della PgP, in assenza ed in presenza di verapamil, un inibitore della suddetta proteina (Figura 7).

Figura 7. Trasporto di Rho-123 dal lato serosale a quello mucosale in assenza (○) e in presenza di verapamil 300µM (●) (Yumoto et al., 1999).

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Parallelamente, nello stesso preparato, è stato dimostrato che il trasporto di Rho123 dal lato serosale a quello mucosale è inibito anche dal midazolam, un substrato del CYP3A4, in maniera concentrazione dipendente (Yumoto et al., 1999), dimostrando che molti farmaci collegati al CYP3A4 possono alterare l’assorbimento di substrati della PgP (Figura 8).

Figura 8. Trasporto di Rho-123 dal lato serosale a quello mucosale in assenza (○) o in presenza di midazolam 100µM (●) o 200µM (▴) (Yumoto et al., 1999).

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1.4 Modelli sperimentali per lo studio della permeabilità

intestinale e dell’inibizione della PgP

L’inibizione della PgP può alterare l’assorbimento, la distribuzione, e l’eliminazione dei farmaci e rappresenta uno dei più attuali argomenti di ricerca. La ciclosporina A, la chinidina, il verapamil, l’itraconazolo e la claritromicina sono esempi di farmaci che possono inibire la PgP, mentre altri farmaci come la rifampicina possono indurla (Kim et al., 1999).

Le tecniche maggiormente utilizzate per lo studio dell’inibizione della PgP e il trasporto attraverso la membrana intestinale, includono modelli in vivo come

In Situ Loop Method, e modelli in vitro come l’Everted gut sac, la Camera di Ussing e modelli cellulari quali le cellule Caco-2 (Acra & Ghishan, 1991).

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1.4.1 In Situ Loop Method

Questo metodo in vivo, rappresenta un potente strumento per lo studio del trasporto e del metabolismo intestinale; è inoltre utilizzato per studiare la secrezione di xenobiotici nel lume intestinale da parte della PgP (Le Ferrec et al., 2001).

Presenta numerosi vantaggi rispetto ad altri modelli in vivo; ad esempio, l’instillazione in situ del farmaco, permette di bypassare il lume gastrico, e di conseguenza le sue condizioni acide, che potrebbero rappresentare un fattore in grado di alterare l’assorbimento intestinale della molecola. Inoltre, sebbene l’animale sia stato anestetizzato e chirurgicamente manipolato, il flusso di sangue mesenteriale risulta intatto. Tuttavia, bisogna prestare molta attenzione alla scelta dell’anestetico, in quanto è stato recentemente dimostrato che l’anestesia può avere forti effetti sull’assorbimento intestinale dei farmaci. (Figura 9) (Yuasa et al., 1993).

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1.4.2 Camera di Ussing

Modello in vitro, introdotto da Ussing e Zehran nel 1951 (Ussing & Zerhan, 1951), per lo studio del trasporto attivo del sodio come fonte di corrente elettrica nei circuiti brevi.

Successivamente è stato utilizzato per lo studio del trasporto ionico attraverso vari tipi di membrana.

E’ stata riconosciuta l’utilità di questo modello per studi di trasporto e di metabolismo intestinale degli xenobiotici (Barthe et al., 1999).

In questo sistema, i farmaci possono essere esposti sia al lato mucosale che a quello serosale; inoltre la semplicità del modello lo rende un utile strumento in vitro per studi di trasporto intestinale.

Quando adeguatamente attrezzata con elettrodi, la camera di Ussing, risulta utile per lo studio degli effetti di composti su parametri elettrofisiologici della barriera intestinale. Questa tipologia di studio può permettere di acquisire informazioni aggiuntive sul comportamento farmacologico del composto in esame (Soderholm et al., 1998) (Figura 10).

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1.4.3 Cellule Caco-2

Rappresenta il modello sperimentale cellulare sicuramente più utilizzato negli studi di passaggio e trasporto. Le cellule derivano da un adenocarcinoma colon-rettale umano.

Queste cellule sono state inizialmente utilizzate come modello per lo studio della differenziazione nell’epitelio intestinale, e successivamente per valutare i contributi relativi del trasporto paracellulare e transcellulare nell’assorbimento dei farmaci.

Le cellule Caco-2 esprimono in coltura molte delle caratteristiche morfologiche e funzionali delle piccole cellule assorbenti intestinali, inclusi gli enzimi di fase I e di fase II (Le Ferrec et al., 2001).

In aggiunta, molti gruppi di ricerca hanno dimostrato la presenza dell’attività della PgP in queste cellule a livelli più elevati rispetto a quelli riscontrati nel colon umano.

Questo modello viene quindi sfruttato sia per valutare l’assorbimento intestinale dei farmaci sia per studiare il ruolo della PgP (Figura 11) (Hunter et al, 1993; Burton et al, 1993).

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1.4.4 Everted gut sac (EGS)

Modello sperimentale in vitro, introdotto nel 1954 da Wilson e Wiseman (Figura 12) (Wilson & Wiseman, 1954).

Dal 1954 ad oggi sono state apportate svariate modifiche e miglioramenti al modello, con lo scopo di aumentare la vitalità del tessuto e mantenere intatta la mucosa che mima le condizioni in vivo. Il modello può essere utilizzato come strumento in vitro per lo studio dei meccanismi e delle cinetiche di assorbimento di un farmaco (Barthe et al., 1998; Ugolev et al., 1980).

L’EGS è stato ampiamente esplorato per effettuare ricerche farmacocinetiche come l’assorbimento di un farmaco, il suo metabolismo, la conversione di un pro-farmaco durante il suo percorso nel tratto gastrointestinale, il trasporto di efflusso, la resistenza multifarmaco, le interazioni tra farmaci e l’impatto di modulatori dell’efflusso sull’assorbimento dei farmaci. I vantaggi di questo modello sono rappresentati da una vasta superficie disponibile per l’assorbimento e dalla presenza dello strato mucoso. Tuttavia la vitalità del tessuto rappresenta uno dei fattori limitanti, infatti, la vitalità del tessuto e l’attività metabolica dell’intestino, in condizioni fisiologiche, sono approssimativamente di 2 ore (Barthe et al., 1998).

Un altro potenziale svantaggio di questo approccio è la presenza della muscolaris mucosae che usualmente non viene rimossa durante la preparazione e può evocare una sottovalutazione del trasporto dei composti.

Differenti animali sono stati scelti per gli esperimenti col modello di EGS, ad esempio la rana, il ratto, il coniglio, il pollo, il topo, il pesce gatto, la pecora, il

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pesce rosso, la tartaruga e il porcellino d’India (Wilson &Wiseman, 1954; Barthe et al., 1998; Trapani et al., 2007; Emoto et al., 2000).

L’intestino di ratto è sicuramente il più utilizzato per gli studi in vitro, ad esempio per lo studio dell’efflusso da parte della PgP di composti come la vinblastina, la doxorubicina e il verapamil, utilizzati come riferimento.

La riproducibilità di questo modello in vitro, suggerisce l’utilità dell’EGS di ratto, come strumento di screening per lo studio del trasporto di substrati della PgP e di potenziali inibitori o induttori della stessa (Carreno-Gomez et al., 2000).

L’EGS risulta delicato e specifico; alcuni fattori possono influenzare i risultati, ad esempio fattori collegati all’animale (età, sesso, specie, dieta, stati patologici, trattamenti cronici e tossicità), porzione intestinale utilizzata (ileo, digiuno e duodeno), e fattori sperimentali (ad esempio il pH, areazione, temperatura, concentrazione della sostanza) (Fujioka et al., 1991; Pento & Mousissian, 1988).

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1. Fattori legati all’animale

 Età: Cambiamenti nella farmacocinetica dei farmaci sono ben noti, principalmente quando le molecole presentano un indice terapeutico ristretto. Insieme all’età, anche differenti stadi di sviluppo e maturazione possono influenzare l’assorbimento intestinale (Younoszai et al., 1985; Lindi et al., 1985). Ad esempio la beta-lattoglobulina, risulta più facilmente assorbita dall’intestino di ratti di 5 settimane piuttosto che da ratti di oltre 20 settimane (Ogawa et al., 2009). In alcuni casi, anche il meccanismo di assorbimento può cambiare con l’età; ad esempio nei ratti maturi, l’aciclovir, è prevalentemente assorbito per diffusione passiva (Fujioka et al., 1991). Per alcuni farmaci, anche i siti preferenziali di assorbimento variano a stadi differenti di età. Nei ratti adulti, la biotina viene preferenzialmente trasportata attraverso il digiuno, mentre nei lattanti, la biotina è preferenzialmente trasportata attraverso l’ileo. Questo suggerisce anche che il numero dei trasportatori della biotina si riduce con la maturazione (Said et al., 1990). Insieme all’assorbimento, l’età può influenzare anche il metabolismo dei farmaci. La percentuale di D-glucosio metabolizzato in un topo molto anziano è solo del 45% rispetto a quella di un topo maturo (Chen et al., 1990).

 Sesso e specie: differenze fisiologiche, differenze di sesso, così come differenze nella specie, influenzano la farmacocinetica dei farmaci. Nelle ratte ad esempio, la percentuale di nimodipina trasportata nel digiuno è maggiore rispetto a quella trasportata nell’ileo, mentre nei maschi il

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comportamento è opposto (Liu et al., 2005). Infine, alcune specie animali posso mancare di alcuni particolari trasportatori (Valinietse et al., 1985).  Condizioni patologiche e terapie croniche: infezioni microbiche o altre condizioni patologiche, possono influenzare la farmacocinetica dei farmaci (Khemiss et al., 2009). Il possibile impatto delle infezioni sull’assorbimento e il trasporto intestinale può essere investigato mediante l’utilizzo dell’EGS (Cheema & Scofield, 1984). Inoltre, il modello, può essere utilizzato per studiare la funzione della barriera mucosale dopo alcune malattie e i cambiamenti a seguito di trattamenti farmacologici (Higuchi et al., 2008). Uno stato patologico può influenzare il trasporto aumentando o riducendo il numero dei trasportatori; ad esempio il diabete mellito acuto, indotto chimicamente, è associato ad un aumento dell’assorbimento dei folati (Said et al., 1986). La misurazione del trasporto di un farmaco attraverso EGS, può essere un utile indice qualitativo del danno/integrità della mucosa gastrointestinale. Anche terapie prolungate per patologie croniche possono influenzare la farmacocinetica di farmaci utilizzati successivamente (Kumar et al., 2007).

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2. Porzioni intestinali

Un farmaco risulta assorbito in maniera differente attraverso segmenti diversi di intestino. Questa variabilità è dovuta alla presenza di trasportatori specifici a livello dei vari siti di assorbimento, alla loro intensità, che può variare a seconda del segmento, a variazioni di permeabilità, all’area della superficie interessata, al sito metabolico, e a variabili fisiologiche (pH, volume di fluido, viscosità, spessore della mucosa, circolazione sanguigna). Il miglior sito di assorbimento può essere ricercato per mezzo dell’EGS (Lacombe et al.,2004; Maurer and Rump, 1991). Un inibitore del trasporto può avere effetti uguali o differenti a seconda della porzione intestinale interessata. Ad esempio, quercetina, diosmina, metil esperidina, gossipina e crisina riducono il trasporto di nitrendipina (substrato della PgP) nell’intestino di ratto. Il tasso di inibizione dovuto alla diosmina e alla quercetina è pressoché sovrapponibile nel duodeno, nel digiuno e nell’ileo; al contrario, la crisina e la gossipina presentano un’inibizione maggiore a livello dell’ileo rispetto alle altre porzioni di intestino tenue. Infine la metil esperidina, inibisce il trasporto di nitrendipina nell’ileo e nel digiuno ma non nel duodeno (Rajnarayana et al., 2008). L’efflusso di Rho123, substrato della PgP, aumenta dalla porzione prossimale del duodeno a quella più distale dell’ileo, così come l’espressione della PgP nell’ileo risulta circa 2 volte maggiore rispetto a quella riscontrata nel digiuno (Tian et al., 2002).

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3. Fattori sperimentali

 pH: il pH può influenzare la stabilità, la solubilità, la ionizzazione e l’assorbimento dei substrati attraverso l’EGS; gioca dunque un ruolo importante nel trasporto dei farmaci attraverso l’intestino. (Chung et al., 1985)

 Temperatura: le variazioni di temperatura possono influenzare il trasporto passivo o il trasporto attivo oppure entrambi i tipi. Una temperatura più elevata rispetto alla temperatura basale promuove la diffusione passiva; inoltre la permeabilità della Rho123 attraverso l’EGS di pesce gatto risulta differente in condizioni di acclimatazione rispetto a situazioni in cui la temperatura viene cambiata repentinamente. (Kleinow et al., 2006; Wattanasirichaigoon, 2009) L’ipertermia influenza il trasporto del glucosio attraverso l’EGS; infatti, il trattamento col calore causa un danno alla mucosa che consiste nella perdita di cellule epiteliali e nella perdita di villi (Hauer, 1988).

Riferimenti

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