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Capitolo V IL SINDACATO SULLE SANZIONI EROGATE DALLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

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Capitolo V

IL SINDACATO SULLE SANZIONI EROGATE

DALLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE

INDIPENDENTI

1. Premessa

In questo capitolo, finale e conclusivo, verrà eseguita un’analisi approfondita e specifica sulle fattispecie di impugnazione dei provvedimenti sanzionatori emanati da alcune delle principali Autorità amministrative indipendenti, cioè l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI), nonché i provvedimenti emanati dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), che, come vedremo successivamente, verranno analizzati da un punto di vista critico, in quanto si distinguono per diversi profili da gli altri provvedimenti sanzionatori emessi dalle altre autorità sopra elencate.

Siamo di fronte quindi a fattispecie che meritano di un approfondimento particolare, in quanto, essendo Autorità amministrative definite come indipendenti, non solo la legge ne evidenzia e ne sostiene,

appunto, il profilo della indipendenza dal potere politico ed economico1,

ma ne risulta fortemente condizionata anche la portata del sindacato

1 Ad esempio l’art. 10, comma 2, della legge n. 287/1990 dispone che «L'Autorità opera

in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è organo collegiale

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159 giurisdizionale che può essere promosso sui provvedimenti emanati da tali Autorità2.

Ecco che la nostra analisi si incentrerà su due profili particolarmente delicati e rilevanti, nonché problematici: da un lato è opportuno soffermarci su un profilo di natura prettamente giurisdizionale, poiché, essendo provvedimenti che hanno ad oggetto situazioni giuridiche lese di

diritto soggettivo, si tratterà di capire di fronte a quale giudice tali

provvedimenti dovranno essere impugnati, se di fronte al giudice ordinario o al giudice amministrativo, nello specifico, quello esclusivo, mettendo anche in discussione il criterio di riparto che tradizionalmente trova applicazione; dall’altro lato, invece, dovremo capire la misura della sindacabilità del giudice sulle scelte effettuate proprio dall’autorità amministrativa indipendente, in particolare sulle scelte di discrezionalità tecnica.

Su quest’ultimo profilo la dottrina si trova a essere divisa poiché alcuni sostengono che il giudice possa portare avanti un sindacato su qualsiasi scelta tecnica, assicurando una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, mentre altri ne sottolineano il carattere fortemente limitato, poiché si vuole evitare che il giudice si trasformi in «amministratore».

Dedichiamoci allora ad analizzare alcuni specifici casi giurisprudenziali, commentandoli e cercando di ricavare da questi degli indici che ci dimostrano quali sono i poteri di cui il giudice è dotato e che, effettivamente, può applicare, tenendo di conto anche dei rilevanti interventi della Corte costituzionale, a cui peraltro abbiamo già fatto riferimento nei capitoli precedenti.

2 In passato addirittura non erano considerati assoggettabili a nessun controllo giurisdizionale, anche se poi la giurisprudenza comincia a promuovere dei primi controlli, fino ad arrivare alla situazione attuale.

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2. I provvedimenti sanzionatori dell’Autorità Garante per

la Concorrenza e il Mercato

2.1. Alcuni casi pratici

Cominciando dallo studio sulle sanzioni emanate dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, in tutte quelle situazioni in cui ravvede una violazione del diritto antitrust, vediamo come la parte destinataria di tale sanzione, che per diversi motivi voglia ricorrere al giudice, impugnando quella sanzione, debba necessariamente rivolgere la questione all’attenzione del giudice amministrativo esclusivo.

Lo vediamo esplicitamente in due sentenze molto recenti, una del T.A.R. Lazio, Sezione I, l’altra del Consiglio di Stato, Sezione VI, dove effettivamente è il giudice amministrativo a risolvere la controversia, considerandosi come giudice competente, senza rimettere la questione al giudice ordinario o addirittura sollevare un Regolamento di Giurisdizione di fronte alla Cassazione.

Nella Sentenza 19 luglio 2017, n. 9917, il T.A.R. Lazio, Sezione I, è chiamato a risolvere una controversia in materia di concorrenza e pubblicità, essendo stato chiesto l’annullamento di un provvedimento sanzionatorio e

inibitorio emesso dall’AGCM, poiché questa aveva accertato «una pratica

commerciale ingannevole in forma di pubblicità occulta in una certa

trasmissione televisiva» andata in onda nel 20083.

Avendo dunque violato la normativa del Codice del Consumo, l’AGCM, con l'adunanza del 25 giugno 2009, vietava la continuazione della

3 Pratica commerciale che l’AGCM aveva ritenuto «scorretta», e «non trasparente» ai sensi degli artt. 20, 22 e 23, lettera m), del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), in materia di Pratiche commerciali ingannevoli: si trattava di un’esposizione artificiosa di monili indossati dalla conduttrice della trasmissione «Mattina in Famiglia», nonché anche testimonial della collezione, attraverso «reiterat(e) e ripetut(e)» inquadrature incentrate proprio su tali gioielli, tali da non poter essere considerate come «meramente 'casuali' o 'occasionali', essendo comunque frutto di una scelta condivisa tra la società produttrice (Società N.G. S.r.l.), che beneficia della esposizione del proprio prodotto, e l'emittente televisiva».

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161 pratica e irrogava, conseguentemente, una certa sanzione amministrativa pecuniaria.

Lasciando da parte la rigettata eccezione di incompetenza, sollevata dal ricorrente, dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ritenendo competente l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni

(AgCom)4, da cui peraltro si ricavano anche particolari definizioni in

materia di pubblicità e che distinguono il consumatore dal telespettatore5,

è proprio il T.A.R. Lazio a pronunciarsi e, nello specifico, a rigettare il ricorso, ritenendo fondate le motivazioni che l’Autorità Anti-trust pone alla base del provvedimento sanzionatorio, in conformità con i principi di

proporzionalità e di effettività delle sanzioni, a causa della gravità e della durata

della violazione6, che di fatto consistono nella mancanza di diligenza

professionale esigibile nel valutare l'esatto contenuto delle inquadrature operate nella trasmissione.

4 Poiché «l’attuazione della pubblicità era stata fatta nell'ambito di un programma televisivo per cui la tutela cui fare riferimento era relativa all'«interesse del telespettatore» - e non già quello inerente l'«interesse del consumatore» in relazione al fenomeno della pubblicità ingannevole - dovendo conseguentemente farsi riferimento alla disciplina radiotelevisiva, di carattere speciale, dettata dal D.Lgs. n. 177 del 2005, con relativa incardinazione della competenza dell'AgCom». Tra le due Autorità, tenendo fermo quanto stabilito nella

Sentenza 8 febbraio 2008, n. 420 del Consiglio di Stato, Sezione VI, però risulta esservi una

competenza concorrente e non confliggenti, in relazione ai diversi profili contenutistici e modali del controllo, perseguendo «una in via diretta, l’altra in via servente» il primario interesse pubblico e la tutela dei consumatori. Brevemente, l’AgCom è chiamata a «a delineare "ex ante" il quadro degli obblighi specificamente gravanti sugli operatori del mercato delle telecomunicazioni, […], adottando a tali fini misure di tipo regolatorio, con la conseguenza per la quale questa tuttavia non possiede alcuna competenza diretta in ordine alla tutela del consumatore, né alcuna competenza, neanche implicita, in ordine alla definizione del modello di professionista diligente ricavabile»; l’AGCM, invece, come vediamo chiaramente dalla fattispecie in esame, è chiamata ad «accertare e sanzionare - "ex post" e in applicazione della disciplina dettata dal Codice del Consumo - la presenza di messaggi pubblicitari "occulti" veicolati dal professionista nel corso di trasmissioni televisive, come tali non chiaramente riconoscibili, e senza che tale intervento abbia in alcun modo assunto carattere, neanche surrettiziamente, regolatorio dell'attività del professionista. Allora questa è effettivamente l’Autorità qui competente».

5 In riferimento alla pubblicità “occulta” è possibile fare riferimento all’art. 20 del Codice del Consumo, mentre per la pubblicità c.d. “ingannevole”, il riferimento è all’art. 22 dello stesso, comma 1 e 2: è chiaro come le due fattispecie siano di fatto equiparate, entrambe ricollegate alla negazione della libertà di autodeterminarsi dei consumatori. Ulteriori riferimenti giurisprudenziali possono essere ravvisati nelle Sent. n.4390/2011 Cons. Stato,

Sez. VI; sent. nn. 8919/2003, 13749/2009, 5855/ 2011, T.A.R. Lazio, Sez. I.

6 Ragionevolmente desunta dall'elevato grado di diffusione delle accertate pratiche commerciali scorrette che avevano interessato migliaia di consumatori, quindi risulta corretta l’applicazione dell’art.27 del Codice del consumo in materia di sanzioni.

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162 Potremmo fare riferimento ad altri innumerevoli casi in materia di provvedimenti sanzionatori dell’antitrust che vengono sottoposti all’attenzione del giudice amministrativo esclusivo. In particolare, riferendosi all’altro caso di cui abbiamo fatto cenno prima, sempre in materia di concorrenza e pubblicità, il Consiglio di Stato, Sezione VI, nella

sentenza 4 ottobre 2017, n. 46257, nel risolvere la fattispecie controversa,

ha avuto modo di sottolineare come «rientr(i) nei poteri di questo Giudice non la riduzione della misura della sanzione concretamente irrogata, ma la verifica del rispetto del principio di proporzionalità in sede di quantificazione concreta della misura stessa e, dunque, del corretto esercizio del potere discrezionale da parte della P.A.»: pertanto il Consiglio di Stato si autodefinisce come giurisdizionalmente competente, e, anticipando quello che analizzeremo successivamente, definisce e circoscrive i propri poteri di sindacato.

In conclusione, a conferma della effettiva giurisdizione del giudice amministrativo esclusivo, proprio su questo tema si è pronunciato il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza 7 giugno 2016, n. 2422.

In tale sentenza, al di là del caso specifico8, risulta rilevante come il

Consiglio di Stato si sia pronunciato in riferimento all’eccezione di difetto

7 Questione che ha a che fare con un provvedimento sanzionatorio emanato dall’AGCM, che un Gruppo turistico alberghiero (parte ricorrente), situato presso la località San Teodoro (SS) e destinatario della sanzione, non ritiene fondato. Il Consiglio di Stato però riconosce un comportamento scorretto di quest’ultimo, di pubblicità ingannevole nei confronti dei consumatori, in quanto venivano pubblicizzati tutta una serie di servizi (ristorazione a buffet; animazione; area benessere con centro massaggi, aromaterapia e trattamenti estetici) che però di fatto non venivano erogati: l’appello viene infatti totalmente rigettato perché la sanzione dell’AGCM risulta valida nonché conforme ai principi di proporzionalità.

8 Questo caso invece ha a che fare con una sanzione erogata dall’AGCM nei confronti di una società che aveva stipulato un'intesa restrittiva della concorrenza con altre imprese nel settore dei servizi assicurativi ai sensi dell'art. 101 TFUE, assegnando un termine di pagamento di 90 giorni dalla notificazione del provvedimento, alla scadenza dei quali, per i sei mesi successivi, sarebbero ammontati gli interessi legali. Alla ulteriore scadenza dei sei mesi, era dovuta una maggiorazione del 10% per ogni semestre di ritardo ai sensi dell'art. 27, comma 6, L. n. 689 del 1981. La società si rifiutava così di pagare la maggiorazione perché, essendo stato emanato un nuovo provvedimento dall’AGCM, che aveva rideterminato la sanzione per ordine del giudice di primo grado, la maggiorazione della sanzione stessa non poteva essere «ancorata all'originario provvedimento determinativo della sanzione ed al termine ivi previsto, essendo stato tale provvedimento sostituito dal successivo atto di rideterminazione della sanzione in ottemperanza all'ordine giudiziale, dalla cui adozione decorre un nuovo termine per il relativo pagamento» così,

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163 di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del provvedimento sanzionatorio emanato dall’AGCM, dal momento che si riteneva qualificabile come «atto attinente a questioni in tema di diritti soggettivi

patrimoniali», e quindi sarebbe spettato alla giurisdizione del giudice

ordinario. Qualificando come infondato l’appello, il Consiglio di Stato individua il giudice amministrativo esclusivo come unico giudice effettivamente dotato di giurisdizione, in quanto secondo l'orientamento

della Corte regolatrice9, in tema di sanzioni amministrative irrogate

dall'AGCM, «appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi degli artt. 33, comma 1, della legge n. 287 del 1990

– come sostituito dall'art. 3, comma 3, dell’All. 4, del Codice processuale

amministrativo –, 133, comma 1, lettera l), e 134, lettera c), del Codice del processo amministrativo, la controversia relativa all'intimazione delle maggiorazioni da ritardato pagamento, atteso il carattere sanzionatorio dell'atto, strumentale non alla mera esecuzione, ma alla determinazione dell'an e del quantum delle sanzioni aggiuntive».

2.2. Considerazioni sul tema della giurisdizione

A seguito dello studio dei casi giurisprudenziali sopra riportati, abbiamo avuto una pratica dimostrazione di come l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, ogni qualvolta accerti una violazione del diritto antitrust, ex artt. 2 e 3 della legge n. 287/1990, sia dotata del potere di applicare una sanzione, che emana in quanto atto dovuto, e di valutare discrezionalmente la graduazione della stessa. È emerso anche in maniera evidente come, in materia di impugnazione di provvedimenti sanzionatori,

l’unico giudice effettivamente competente sia il giudice amministrativo esclusivo.

testualmente, l'impugnata sentenza). Queste erano le ragioni che spinsero il giudice di primo grado a sposare le ragioni della società ricorrente, contro cui l’AGCM fece ricorso di fronte al Consiglio di Stato.

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164 È il Codice del processo amministrativo che all’art. 133, comma 1,

lettera l), definita come sappiamo «norma catalogo», ha esplicitamente

devoluto al giudice amministrativo esclusivo la giurisdizione su «le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli

sanzionatori10 […] adottati […] dall'Autorità garante della concorrenza e del

mercato […]» e all’art. 135, comma 1, lettera c), ne ha attribuito la competenza funzionale «inderogabile», al Tribunale amministrativo regionale

del Lazio11, sede di Roma, in primo grado, e in secondo grado al Consiglio

di Stato12, «salvo ulteriori previsioni di legge», sottolineandone la natura

particolarmente debole13.

Quindi essendo oggi pacificamente accettata e riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo esclusivo, con cognizione estesa al

merito14, è necessario sottolineare però come questa disciplina in realtà non

abbia una portata prettamente innovativa, in quanto ha semplicemente recepito la soluzione presa dalla Cassazione nel risolvere il conflitto che in passato sussisteva tra gli artt. 31 e 33 della legge n. 287/1990: il primo, facendo rinvio alla legge n. 689/1981, attribuiva al giudice ordinario le controversie in materia di ordinanze-ingiunzioni contenenti sanzioni

amministrative pecuniarie15; il secondo, invece, devolveva al giudice

amministrativo esclusivo la giurisdizione sui provvedimenti adottati

dall’Antitrust.

Sono state allora le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 5 gennaio 1994, n. 52, a risolvere definitivamente la questione, avvalendosi

10 Esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati.

11 La competenza del T.A.R. Lazio è definita come «concentrata» per evitare che ogni volta debba essere stabilita la competenza di un altro tribunale regionale; C.Simone, Tutela

giurisdizionale e legittimazione ad agire nel procedimento Antitrust, in www.diritto.it, 2011, p.4.

12 M. Fratini, L’opposizione alle sanzioni dinanzi al giudice amministrativo, in M. Fratini (a cura di), Le sanzioni delle Autorità amministrative indipendenti, Padova, 2011, p. 1336, puntualizza che «Per le altre Authorities detta competenza è ribadita dall’art. 135, comma 1, lett. c), del c.p.a.».

13 Una diversa previsione di legge potrebbe derogare questa disciplina, infatti così avviene, come vedremo meglio dopo, per le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, che vengono devolute eccezionalmente alla competenza funzionale inderogabile del T.A.R. Lombardia, sede di Milano.

14 Art. 134, comma 1, lett. c), c.p.a.

15 R.Chieppa, Le sanzioni delle autorità indipendenti: la tutela giurisdizionale nazionale, in Giur.

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165 del principio di specialità, lex specialis derogat lege generale, nel ritenere prevalente quanto disposto dall’art. 33 che riguarda tutti i provvedimenti

emanati proprio dall’AGCM16. Su queste sanzioni non si è peraltro

scagliato l’intervento manipolativo e riformatore della Corte costituzionale che con le sentenze n. 162/2012 e 94/2014 ha attribuito nuovamente la giurisdizione al giudice ordinario, ovvero alla Corte di appello, in materia di sanzioni pecuniarie irrogate da CONSOB e Banca d’Italia: questa impostazione è stata confermata anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, che nella sentenza n. 13703/2004 ha affermato che «la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni avverso le sanzioni inflitte dalla CONSOB ai promotori finanziari, anche di tipo interdittivo, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria».

È stata allora parzialmente ridimensionata l’estensione della giurisdizione amministrativa esclusiva, anche se, come ha evidenziato il Consiglio di Stato, l’intento dell’individuazione di un giudice unico è riconducibile alla finalità di «escludere il frazionamento della medesima materia tra plessi giurisdizionali diversi», assicurando così la funzionalità del sistema processuale17.

La dottrina ha anche sottolineato come, in questi casi, il giudice amministrativo esclusivo possa effettivamente conoscere sia di fattispecie di interesse legittimo che di diritto soggettivo, andando al di là della distinzione tra giurisdizioni basata sul tradizionale criterio soggettivo,

adottando piuttosto un criterio di natura oggettiva, basato sulla materia18.

Come alcuni autori hanno segnalato, a differenza di tutti gli altri provvedimenti emessi dall’Antitrust, che riguardano prettamente situazioni di solo interesse legittimo, i provvedimenti sanzionatori della stessa incidono su una fattispecie di diritto soggettivo del destinatario, non necessariamente connesso ad un interesse legittimo, come è tipico della

16 D.De Tommaso, Il sindacato sui provvedimenti sanzionatori dell’Antitrust, 18 febbraio 2015,

Altalex.com; E.Freni, I poteri dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, in M.Fratini cit.,

p. 851ss.

17 Sent. n.2422/2016, Cons.di St., Sez. VI.

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166 giurisdizione amministrativa esclusiva: non a caso alcuni autori hanno definito «privo di significato pratico» il riferimento alla giurisdizione esclusiva, perché risulta più che altro qualificabile come attribuzione al giudice

amministrativo «di una competenza per materia»19.

Ci troviamo allora di fronte ad una competenza per materia che attribuisce il potere al giudice amministrativo esclusivo di conoscere e decidere su situazioni di diritto soggettivo, che potremmo definire come «pure», individuando così un giudice unico la cui vera ratio è quella di garantire la concentrazione delle tutele, evitando, conseguentemente, la formazione di giudicati contrastanti, anche se al contempo si «esonera solo temporaneamente la parte dall’onere di individuare il giudice, riproponendo la medesima questione in un momento successivo, cioè in sede di opzione del modello processuale da adottarsi non si crea assoluta

certezza sul modello processuale da adottare»20.

È venuta dunque a formarsi un assetto caratterizzato dalla unitarietà

della giurisdizione, che individua il giudice amministrativo esclusivo come

competente, peraltro una competenza che si fonda su un criterio oggettivo di riparto, quindi ratione materiae, totalmente estraneo al criterio soggettivo della situazione giuridica soggettiva lesa.

2.3. La misura del sindacato del giudice amministrativo sulle sanzioni

Una volta individuato il giudice giurisdizionalmente competente, si tratta ora di capire che tipo di sindacato possa esercitare il giudice amministrativo esclusivo, quindi, nello specifico, bisognerà capire fino a che punto potranno estendersi i suoi poteri cognitivi, istruttori e decisori, per garantire quella tutela piena ed effettiva che prima veniva assicurata dal

giudice ordinario21.

19 M. Clarich, Per uno studio sui poteri dell’autorità garante della concorrenza e del mercato, in «Dir. amm.», 1993, I, p. 143.

20 G.De Minico, Spunti per una riflessione in merito al sindacato giurisdizionale sugli atti

dell’Antitrust e della Consob, in Politica del diritto, Fascicolo 2, giugno 1998, p. 243ss.

21 A.Leoni, La tutela giurisdizionale contro gli atti dell’AGCM in materia antitrust, in L.F.Pace (a cura di) Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, Napoli, 2013, p. 419ss.

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167 Cominciando anche qui dall’analisi di un caso pratico, per cercare di capire, in primis dalla pratica, il nostro tema di indagine, risulta particolarmente funzionale ai nostri scopi la sentenza 28 luglio 2017, n. 9068, del T.A.R. Lazio Roma, Sezione I.

Si tratta di un caso in cui una società, attiva nel settore della

distribuzione automatica e semi-automatica di alimenti e bevande – c.d.

settore del «vending»–, ricorre contro l’AGCM, per contestare la legittimità

della determinazione con cui quest’ultima, a conclusione di un procedimento

istruttorio, ha ritenuto che la ricorrente, unitamente ad altre società22,

«abbia posto in essere un'unica intesa complessa e continuata in violazione dell'art. 101 del TFUE, avente per oggetto un artificiale “ingessamento” del mercato del vending, con l'obiettivo ultimo di mantenere elevati i prezzi e preservare la marginalità delle imprese di gestione, mediante la ripartizione della clientela e del mercato, anche in occasione di gare, e la limitazione

delle politiche di prezzo quale leva competitiva»23. Sulla base di questa

violazione, qualificata peraltro come «molto grave», era stata irrogata una certa sanzione, della quale appunto la ricorrente chiede l’annullamento. L’autorità giudiziaria si esprime poi rigettando il ricorso, e nelle relative motivazioni, è rilevante ai nostri fini il riferimento al potere del Giudice di sindacare le decisioni prese dall’AGCM: nello specifico, richiamando una

pronuncia della Cassazione24, si afferma che «l'accertamento dell'illecito

concorrenziale effettuato dall'Autorità risulta connotato da una certa

discrezionalità tecnica, e pertanto esso risulta assoggetto al sindacato di

22 Cosa che ha comportato un’estensione oggettiva e soggettiva dell’oggetto del procedimento iniziale: dal punto di vista oggettivo, il procedimento veniva esteso «alla presunta esistenza di un coordinamento tra le parti del procedimento in relazione sia ai prezzi dei beni e dei servizi offerti sia ai comportamenti da adottare in occasione di gare pubbliche o private bandite per l'appalto dei servizi di gestione di distributori automatici»; dal punto di vista soggettivo, il procedimento veniva esteso ad altre due società.

23 Nello specifico, l'intesa accertata dall'Autorità si sostanzierebbe in un'articolata serie di comportamenti volti alla ripartizione dei clienti dei servizi di gestione e degli ambiti territoriali di attività (attraverso un patto di non belligeranza, di scambio di clienti e l'adozione di meccanismi di compensazione) nonché al coordinamento e all'aumento dei prezzi di vendita dei prodotti distribuiti mediante distributori automatici e semi-automatici. L'Autorità ha ritenuto le condotte complessivamente poste in essere tra loro complementari e finalizzate a mantenere un elevato livello di prezzo e a salvaguardare le marginalità (redditività) delle imprese di gestione.

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168 legittimità del Giudice amministrativo, nel rispetto delle regole e dei limiti elaborati dalla giurisprudenza; vale a dire che il sindacato di legittimità comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, ma quando questi profili tecnici coinvolgano valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, il sindacato giudiziale è limitato –oltre che ad un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato– alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo invece il giudice sostituire il proprio apprezzamento (opinabile) a quello – altrettanto opinabile – dell'Autorità ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini».

Successivamente poi, in merito alla sanzione inflitta, è evidente come il giudice amministrativo abbia pieno accesso ai fatti controversi, esercitandovi un controllo intrinseco, e, nello specifico, possa di fatto qualificare la sanzione come proporzionata, ragionevole ed equa, dunque «conforme ai

principi di ragionevolezza e logicità», e questo porta il giudice ad arrestarsi nel

suo sindacato.

Guardando ora la questione da un punto di vista teorico, possiamo affermare che, dal punto di vista strettamente formale, come abbiamo già precedentemente anticipato, il legislatore, all’art. 134, comma 1, lettera c),

del Codice del processo amministrativo25, ha espressamente esteso al merito

la giurisdizione del giudice amministrativo esclusivo per i provvedimenti

sanzionatori emanati dall’AGCM26.

Il giudice dunque potrà esercitare due tipi di sindacato: un sindacato di merito, peraltro particolarmente penetrante, nonché un sindacato di

legittimità, più delicato, perché va a intaccare e a giudicare proprio le

25 «Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto: […] le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti e quelle previste dall'articolo 123».

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169 valutazioni tecniche eseguite dall’autorità indipendente, qualificandone

l’esercizio come corretto o meno.

Cominciando ad analizzare il sindacato di merito, è ormai pacifico che il giudice amministrativo possa di fatto annullare in tutto o in parte il provvedimento sanzionatorio e, addirittura, rideterminare il quantum della sanzione: il giudice dunque potrà confermare la sanzione o modificarla,

anche in pejus, aggravandola27, ogni volta in cui la ritenga non equa, non

proporzionale e non congrua28, ma non potrà esercitare ex novo e

discrezionalmente il potere sanzionatorio29, perché, essendo un potere che

spetta prettamente all’autorità amministrativa, il giudice acquisterebbe il ruolo di amministratore.

Su questo è d’accordo anche il Consiglio di Stato, il quale ammette

in materia l’applicabilità dell’art. 23, comma 11, della legge n. 689/198130 e

della giurisdizione di merito sui provvedimenti sanzionatori emessi

dall’Autorità31, potendo così il giudice amministrativo esercitare su questi

gli stessi poteri di cui sarebbe dotato il giudice ordinario32 e assicurando,

conseguentemente, una tutela effettiva e piena.

Questo tipo di sindacato risulta essere coerente anche con la normativa europea, la quale all’art. 31 del Regolamento 1/2003 CE dispone che «la Corte di giustizia può estinguere, ridurre o aumentare le ammende irrogate dalla Commissione, qualificando tale competenza giurisdizionale

di merito»33, nonché con l’art. 6 CEDU, grazie al caso Menarini34, e con gli

orientamenti consolidati della giurisprudenza europea che da sempre ha

27 D.De Tommaso, Il sindacato sui provvedimenti sanzionatori dell’Antitrust, cit.

28M.Clarich-L.Zanetti, Le garanzie del contraddittorio nei procedimenti sanzionatori dinnanzi alle

Autorità indipendenti, in Giur. comm., II, 2013, p.358ss.

29 G.Gruner, Note minime sul riparto di giurisdizione e sulla tutela giurisdizionale in materia di

Autorità amministrative indipendenti, in M.Allena e S.Cimini (a cura di), Il potere sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti, in Giustamm, 2014, p. 322ss.

30 Ad oggi, art.6 d.lgs. n.150/2011, abrogato dall’art. 34, comma 1, lett.c) del medesimo d.lgs.

31 R.Chieppa, cit., p. 340ss.

32 M.Clarich-L.Zanetti, Le garanzie del contraddittorio nei procedimenti sanzionatori dinnanzi alle

Autorità indipendenti, cit.

33 R.Chippa, cit., p.340ss.; A.Leoni, cit., p.427ss.

34 Sent. n. 43509/2008, CEDU, in cui si è affermato a chiare lettere la possibilità di effettuare un sindacato pieno, diverso e distinto da quello di legittimità.

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170 sostenuto la possibilità per il giudice di sindacare nel merito, modificando le sanzioni emesse dalla Commissione.

Alcuni hanno fortemente criticato questa particolare estensione dei poteri del giudice amministrativo, qualificato appunto come sindacato «forte», evidenziando come possa essere compromessa l’attività di vigilanza dell’AGCM, perché l’autorità giurisdizionale italiana, a differenza di quella

europea, è solita ridurre e non aumentare il quantum delle sanzioni35.

Per quanto riguarda invece il sindacato di legittimità, come si è già accennato prima, si tratta di un profilo molto più delicato rispetto al precedente, in quanto qui si ha a che fare con un sindacato che incide sulle scelte di discrezionalità tecnica, cioè sulle valutazioni tecniche adottate dalla stessa amministrazione, valutando quindi se di fatto il potere sanzionatorio di cui questa è dotata sia stato esercitato in maniera corretta e legittima.

Nell’esercizio di questo sindacato, il giudice trova specifici limiti,

interni ed esterni, che permettono allo stesso di non ingerirsi illegittimamente

nelle funzioni e nei poteri tipici dell’AGCM: ecco perché si parlava di sindacato «debole». Nello specifico, si trattava di un giudizio che non poteva

estendersi sui profili di merito della decisione adottata dall’Autorità36,

perché la valutazione tecnica eseguita da quest’ultima non poteva essere

sostituita da una valutazione eseguita dal giudice37: il giudice poteva

sindacare sui vizi di legittimità, verificando la logicità, ragionevolezza e

correttezza non solo delle stesse valutazioni tecniche ma anche delle

motivazioni che fondano la sanzione38.

Quindi sulle valutazioni di natura discrezionale, il giudice esercitava un sindacato intrinseco, ma non sostitutivo, limitato nel valutare l’attendibilità delle stesse, e se queste rientravano nei «margini di elasticità consentiti dal

35 E.Freni, cit.

36 A.Leoni, cit., p.424ss.

37 A.Lalli, Indipendenza e controllo giurisdizionale, in www.astrid-online.it, 2009, p.3ss.; S.Screpanti,

Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche e sui poteri sanzionatori dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Rass. Avv. Di Stato, I, 2008, p. 393ss.

(14)

171

concetto giuridico indeterminato»39: il giudice amministrativo poteva

conoscere pienamente i fatti, verificandoli direttamente attraverso un controllo intrinseco, ma, come aveva sottolineato la dottrina, di fatto questo rinunciava ad un sindacato pieno sugli stessi, il che avrebbe conseguentemente portato ad una diminuzione delle proprie funzioni giurisdizionali e quindi a non garantire una tutela piena ed effettiva.

A seguito di ulteriori critiche, nonostante la sentenza del Consiglio

di Stato, Sezione VI, n. 2199/200240, il sindacato «debole» è stato superato,

permettendo al giudice amministrativo di sia rivalutare le scelte tecniche, sia di reinterpretare correttamente la fattispecie concreta e le connesse regole di

diritto che trovano applicazione41: il giudice potrà conoscere intrinsecamente

i fatti e ricostruire le valutazioni tecniche dell’autorità42, e se ne verificherà

la logicità, ragionevolezza e correttezza, allora non potrà spingersi oltre. Quest’ultima impostazione trova conferma anche in una pronuncia del Consiglio di Stato, che oltre a riconfermare «la cognizione piena del giudice amministrativo, anche in rapporto all’esercizio della discrezionalità tecnica», ha comunque affermato che al medesimo «non è consentito l’esercizio di un potere sostitutivo, salvo che per le sanzioni pecuniarie,

sulle quali è consentito dalla legge un controllo più penetrante»43. Dunque

il giudice amministrativo potrà accertare in modo pieno i fatti e ricostruire l’iter valutativo, ma al momento della sua decisione dovrà fermarsi, non potendo prendere le proprie scelte sennò si acquisterebbe il potere

dell’amministrazione44.

39 R.Giovagnoli, Autorità indipendenti e tecniche di sindacato giurisdizionale, Relazione al Convegno «Le Autorità amministrative indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello di vigilanza

e regolazione dei mercati», in www.giustizia-amministrativa.it, 2013, p. 13ss.

40 Sentenza che ha confermato il potere del giudice amministrativo di conoscere direttamente i fatti, attraverso un controllo intrinseco basato su regole tecniche e incentrato su due delle quattro fasi di intervento dell’AGCM: la contestualizzazione della norma antitrust per individuare gli elementi costitutivi dell’illecito e il confronto dei fatti accertati con i parametri indicati.

41 A.Leoni, cit., p. 424ss.

42 Avvalendosi anche dello strumento della consulenza tecnica d’ufficio, ormai estesa senza alcun ostacolo anche alla giurisdizione di legittimità, come abbiamo già visto nel Capitolo 3.

43 Sent. n. 2772/2013, Cons. di St., Sez VI. 44 A. Leoni, cit., p.424ss.

(15)

172 In conclusione quindi possiamo affermare che, attualmente, il

sindacato del giudice amministrativo è pieno ed effettivo45, che quindi

assicura la migliore tutela, proprio grazie alla scelta di aver devoluto la

giurisdizione al giudice amministrativo esclusivo46. L’unico limite che

incontra il giudice amministrativo è quello di disporre del risarcimento del danno: integrandosi una fattispecie ex art. 2043 del Codice civile, fatta valere tramite un’azione individuale o collettiva – la c.d. class action–, rimane il giudice ordinario l’unico organo competente a condannare l’Autorità a un risarcimento del danno ingiustamente subito.

45 D.De Tommaso, cit.; G.Gruner, cit. 46 E.Freni, cit., p. 855ss.

(16)

173

3. I provvedimenti sanzionatori dell’Autorità per l’Energia

Elettrica il Gas e il Sistema Idrico

3.1. Casistica

Adottando il medesimo modus operandi, cercheremo di estrarre la disciplina giudiziale sui provvedimenti sanzionatori emanati dall’AEEGSI, riguardo al tema specifico della giurisdizione nonché sui poteri di cui è dotato il giudice nel sindacare quegli specifici provvedimenti.

Ai nostri fini è possibile allora segnalare due specifici casi, cioè la sentenza 27 ottobre 2016, n. 1976 e la sentenza 30 giugno 2017, n. 1475, entrambe del T.A.R. Lombardia, sede di Milano, Sezione II.

Cominciando dal primo caso, la sentenza n. 1976/2016 riguarda un ricorso promosso da un certo Comune italiano contro l’AEEGSI, per l’annullamento di una delibera, con cui la stessa Autorità aveva determinato

d’ufficio la tariffa del servizio idrico47 gestito dal predetto Comune48, per un

certo periodo di tempo, poiché quest’ultimo non aveva inviato le documentazioni e le informazioni sui costi relativi alle singole gestioni,

funzionali proprio a determinare tale tariffa49. Il Comune ricorrente, tra i

tanti profili, evidenzia gli elementi di illegittimità della delibera

determinante la tariffa50, nonché la «sproporzione, inadeguatezza e sviamento»

47 Competenza trasferita all’AEEGSI tramite l'articolo 21, comma 19, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201,convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, peraltro ribadito con d.P.C.M. 20 luglio 2012, con l’art.3 comma 1, lett. f): «in base a tutte queste disposizioni, l'Autorità ha dunque il compito di predisporre il metodo tariffario e di approvare l'ammontare delle tariffe poste a carico dell'utenza che beneficia della fornitura di acqua e dell'insieme delle altre prestazioni erogate dai gestori dei servizi idrici».

48 Comune che gestiva in economia il servizio idrico ed è dunque soggetto alla disciplina relativa alle gestioni ex-CIPE.

49 Gli articoli 2.7 della delibera n. 347/2012 e 4.7 della delibera n. 88/2013 stabiliscono poi che, in caso di mancata osservanza del suddetto obbligo di trasmissione dati, l'Autorità provvede d'ufficio alla determinazione della tariffa, specificando i criteri e i coefficienti matematici che l’Autorità doveva seguire.

50 Si evidenzia ad esempio che l'Autorità avrebbe introdotto una misura sanzionatoria esorbitante rispetto ai poteri ad essa attribuiti dalla legge: nello specifico sarebbero stati violati i principi costituzionali, nonché l'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'articolo 49 della Carta di Nizza. Inoltre i criteri matematici previsti (cioè l’applicazione di uno specifico moltiplicatore), si porrebbero in contrasto con il principio

(17)

174 della misura sanzionatoria, in quanto atipica e forfettaria, che sfugge ai principi in materia di sanzioni amministrative e al sindacato di merito del giudice amministrativo. In particolare, dalle motivazioni della decisione emerge come il T.A.R. Lombardia, accogliendo il ricorso, abbia il potere di

accedere direttamente ai fatti e ad andare a sindacare intrinsecamente l’attività

sanzionatoria, ma anche regolatoria dell’AEEGSI, senza alcun limite, infatti il giudice prima si esprime sulla titolarità o meno di questa del potere di determinare d'ufficio la tariffa idrica, qualora non le vengano trasmessi i dati necessari per procedere all'approvazione ordinaria, e successivamente procede anche nella verifica nel merito delle modalità con cui viene effettuata la determinazione d’ufficio: ne valuta dunque la ragionevolezza e la

logicità51.

L’altro caso richiamato, invece, vede l’AEEGSI coinvolta in una fattispecie in cui la società ricorrente chiede al T.A.R. Lombardia l’annullamento di una delibera avente ad oggetto una sanzione, irrogata per

non aver rispettato l’obbligo di servizio previsto dall’art.11 della delibera

AEEGSI n. 168/04 (testo integrato delle disposizioni in materia di qualità

dei servizi di distribuzione, misura e vendita del gas) nella parte in cui

di matrice europea, del full cost recovery, sancito dall'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Al Comune ricorrente verrebbe, infatti, impedita l'integrale copertura dei costi del servizio.

51 Ex art. 3, comma 1, lett. f), del d.P.C.M. 20 luglio 2012, quando l'Autorità procede alla determinazione d'ufficio della tariffa idrica, deve basarsi sulle informazioni disponibili, pertanto «il metodo di determinazione forfettaria costituisce la soluzione di extrema ratio, percorribile solo nel caso in cui i dati disponibili non consentano di ricostruire i costi sostenuti per l'erogazione del servizio», quindi quando «le informazioni in possesso dell'Autorità siano insufficienti al rilevamento dei costi». Questa soluzione, oltre ad essere aderente al dato letterale della disposizione in esame, si concilia con i principi generali sottesi alla materia tariffaria. Nel caso concreto però l’Autorità non ha verificato la possibilità di procedere alla determinazione della sanzione sulla base dei dati disponibili, ma ha applicato automaticamente la misura avversata, dopo aver semplicemente constatato l'incompletezza documentale. Ne consegue quindi che la violazione del principi del full cost

recovery e del principio di proporzionalità, lamentata dal ricorrente, sia effettivamente

riscontrabile nel provvedimento impugnato, e costituisca una conseguenza dell'improprio ricorso, da parte dell'Autorità, all'applicazione di criteri forfettari, al di fuori dei casi previsti dallo stesso quadro regolatorio, in sé stesso coerente con i principi sopra richiamati, e risultano fondate anche le censure che lamentano il difetto di istruttoria ed il difetto motivazionale.

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175 prevedeva che almeno nel 90% delle chiamate al pronto intervento il tempo di arrivo degli addetti non dovesse superare i 60 minuti.

Questo caso aveva già conosciuto un primo, a sé stante, iter giudiziario diverso: da un procedimento istruttorio era emersa la responsabilità della società AEM, che era stata quindi condannata al pagamento di una certa sanzione pecuniaria, poiché «i mancati intempestivi arrivi degli operatori sui luoghi richiesti si sarebbero verificati per cause imputabili esclusivamente a ragioni organizzative dell'esercente il quale è tenuto a garantire il rispetto dello standard di qualità in ogni situazione».

Questa impostazione viene smentita in primo grado, con la sentenza n. 4731/2009, perché si affermava che «non era possibile una compiuta

tipizzazione delle ipotesi che possono integrare casi di forza maggiore o caso

fortuito, dovendo queste essere ricavate di volta in volta attraverso l'applicazione dei generali parametri di diligenza al caso concreto tenuto conto delle peculiarità che ricorrono in ciascuna fattispecie»: nello specifico, non si trattava di un caso riconducibile alla categoria della forza

maggiore o del caso fortuito52, bensì a una situazione di «paura collettiva

del tutto ingiustificata in ordine alla sicurezza dei suoi impianti, paura che si è accesa e poi spenta in relazione alla risonanza mediatica di un evento

tragico che in nessun modo poteva esserle addebitato53», pertanto si

affermava che «pretendere che la società dovesse impiegare risorse eccezionali in relazione ad un pericolo temuto, ma del tutto inesistente, appare eccessivo ed anche antieconomico in quanto, in tal modo, si finirebbe per far confluire sui costi aziendali (e quindi sull'utenza) anche evenienze mediatiche che nulla hanno che fare con il rischio specifico che la società di distribuzione del gas deve essere in grado di fronteggiare con la sua organizzazione in quanto esercente di attività potenzialmente pericolosa».

52 Queste categorie ricomprendono ogni evento che non sia prevedibile o controllabile dall'agente in base ad un giudizio basato sulla applicazione al caso concreto del parametro della diligenza tenuto conto della funzione e del ruolo da egli ricoperto.

(19)

176

L’autorità aveva poi vittoriosamente appellato54 a tale sentenza,

facendo accertare definitivamente una responsabilità della società, in termini di colpa, per le fughe di gas non evitate nonostante l’elevato grado di diligenza pretendibile, a causa della natura pericolosa dell’attività. Peraltro, avendo violato l’obbligo previsto dall’art. 11 suddetto, la condotta colposa della società doveva necessariamente essere sanzionata, anche se in maniera proporzionata: qui il Consiglio di Stato da un lato si spinge a sindacare il quantum della sanzione, affermando che era stata determinata

in misura eccessiva55, ma poi si arresta, ordinando direttamente all’Autorità, di

rideterminare la sanzione.

Già in questa prima vicenda giudiziaria dunque emergono chiaramente i poteri di cui il giudice amministrativo dispone e, inevitabilmente, anche i limiti cui è soggetto.

Avendo quindi rimesso la questione all’Autorità, si apre un nuovo procedimento istruttorio, che nel rispetto del principio del contraddittorio, rielabora i fatti controversi e i dati probatori, considerando solamente quelli

rilevanti, e porta all’emanazione di una nuova delibera con cui si irrogava

una nuova sanzione, inferiore rispetto alla prima.

Oggetto della sentenza in esame sopra richiamata, la n. 1475/2017, è proprio quest’ultima delibera, e nello specifico, il quantum della sanzione. Adducendo vari e diversi motivi a fondamento dell’impugnazione, evidenziando gli errori in fatto e in diritto commessi dall’AEEGSI nel

determinare la nuova sanzione56, la società ricorrente vede comunque

54 Sent. n.3007/2011, Cons. di Stato, Sez. VI.

55 Era ritenuta eccessiva, sia sul piano della gravità della violazione, in quanto non sembrava corretto parametrare la sanzione esclusivamente in base al valore del bene giuridico protetto, dato che, altrimenti, questa dovrebbe attestarsi sempre sulla sua soglia massima, posto che a base degli obblighi imposti agli esercenti vi sono quasi sempre ragioni ricollegabili ad esigenze di maggior sicurezza del servizio, sia, da un punto di vista concreto, per i comportamenti posti in essere dagli agenti.

56 Ad esempio si affermava che l’autorità aveva del tutto «disatteso e ignorato il percorso tracciato dalla deliberazione precedente, che è volto a garantire in chiave sostanziale la corretta commisurazione della sanzione e in chiave formale la sua trasparenza, inserendo solo soltanto l'importo finale senza, invece, specificare l'entità dell'importo base e delle maggiorazioni o diminuzioni ad esso apportate, con la conseguenza che sarebbe stato precluso un efficace controllo circa il rispetto dei criteri di quantificazione dell'impugnata sanzione».

(20)

177 respingere il ricorso, poiché ritenuto infondato, dal momento che non esiste alcuna previsione che imponga all'AEEGSI di indicare un importo fisso quale base di partenza per la determinazione della sanzione da irrogare, essendosi, invece, previsto che «l'importo base delle sanzioni irrogate dall'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas ai sensi dell'art. 2, comma 20,

lett. c), della legge n. 481/1995 è determinato in ragione della gravità della

violazione e delle condizioni economiche dell'agente».

Ai nostri fini, un riferimento particolarmente importante è costituito dalla sentenza del Consiglio di Stato, la n. 2507/2010, con cui si affermava che «va rilevato, in primo luogo, che la legge attribuisce all'AEEGSI un ampio margine di discrezionalità nel quantificare la sanzione pecuniaria da applicare e che a tal proposito il sindacato giurisdizionale è di legittimità e non è esteso al merito, sicché la pretesa della suddetta società di ottenere un'eventuale riduzione della sanzione irrogata non può fondarsi sulla semplice deduzione della eccessività dell'importo, ma deve basarsi su

specifici vizi di legittimità».

Allora, nel caso in esame, la discrezionalità amministrativa è stata esercitata dall'Autorità certamente in modo legittimo, secondo quanto può evincersi dalla motivazione della delibera impugnata, che ha tenuto conto che l'onere di motivare non può spingersi, per quanto precisato dalla giurisprudenza, fino al punto di indicare il calcolo matematico seguito nell'adottare il provvedimento, essendo sufficiente ai fini di un'adeguata motivazione il rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 11 della legge n. 689/1981 e l'indicazione delle ragioni della concreta applicazione di tali criteri: si cerca dunque di evitare automatismi nella determinazione del quantum della sanzione.

Inoltre la giurisprudenza aveva statuito che «in tema di sanzioni amministrative, i criteri di determinazione della sanzione, stabiliti dall'art. 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689, pur non identificandosi interamente con quelli previsti dall'art. 133 c.p., rispecchiano, tuttavia, anch'essi la natura essenzialmente punitiva della sanzione stessa e sono, quindi, affidati, nell'applicazione ai casi singoli, alla valutazione discrezionale

(21)

178

dell'autorità amministrativa, ancorché soggetta al controllo del giudice»57,

dunque le censure proponibili contro l'impugnato provvedimento non potrebbero che investire il sindacato sull'attività amministrativa

dell'AEEGSI nella sua complessità e interezza58, non già –come, invece,

prospettato– un profilo di dettaglio la cui decisività non risulta neppure sostanziata da un'espressa previsione legislativa.

Seguendo questa impostazione però, non sarebbe comprensibile la ragione per la quale il Codice del processo amministrativo ha ricompreso, tra le fattispecie di giurisdizione estesa al merito «le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo,

comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti»59,

legittimando così una cognizione comprendente un apprezzamento anche sulla commisurazione della sanzione e sull’accertamento positivo circa i presupposti per l'irrogazione della sanzione.

Pertanto allora, secondo la disciplina legislativa, non pienamente condivisa dalla giurisprudenza, il giudice è dotato di un potere pieno, assicurando effettivamente la tutela, proprio come di fronte ai provvedimenti sanzionatori emanati dall’AGCM.

3.2. Considerazioni generali

Abbiamo visto allora come L’AEEGSI sia dotata di un potere non solo di tipo regolatorio, ma anche sanzionatorio, che le viene espressamente conferito all’art. 2, comma 20, lettera c), della legge 4 novembre 1995, n. 481

(Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità)60:

57 Sent. n. 1546/1990 e n. 17602/2003, Cass., Sez. I. 58 Sent. n. 1013/2014, SS.UU., Cass.

59 Art. 134, comma 1, lett. c).

60 Articolo che dispone che «Per lo svolgimento delle proprie funzioni, ciascuna Autorità: […] irroga, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri, sanzioni

amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a euro 2.500 e non superiori nel massimo

a lire 300 miliardi; in caso di reiterazione delle violazioni ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di

(22)

179

a seguito dell’attivazione di un procedimento amministrativo61, che accerta

una violazione, l’Autorità è dotata del potere anche particolarmente afflittivo, di irrogare sanzioni di natura pecuniaria e anche di natura

interdittiva, in caso di reiterazione.

La stessa legge, all’art. 25, in materia di tutela giurisdizionale sulle sanzioni amministrative, devolve la giurisdizione al giudice amministrativo, rinviando però la disciplina specifica al Codice del processo amministrativo: è necessario allora richiamare la disciplina richiamata precedentemente per l’AGCM, oltre a tutte le considerazioni ad essa connesse, dunque l’articolo 133, lettera l), che devolve la giurisdizione al giudice amministrativo, con veste esclusiva. Per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 135, comma 1, lettera c), siamo di fronte proprio ad uno dei casi in cui si ammette una deroga alla competenza funzionale del T.A.R. Lazio, con sede a Roma: per l’AEEGSI, è competente il T.A.R. del luogo in cui ha sede l’Autorità, quindi sarà il T.A.R. Lombardia, con sede a Milano, ad essere dotato di competenza, peraltro funzionale e

inderogabile62, in primo grado, mentre in secondo grado sarà anche qui

competente il Consiglio di Stato, sindacato che rimane necessario alla luce

del rispetto dei principi costituzionali e della CEDU63, nonostante parte

della dottrina abbia criticato il doppio grado di giudizio per queste fattispecie, che per la loro complessità meriterebbero di essere trattate di

fronte ad un unico giudice specializzato64.

Dal punto di vista della misura del sindacato eseguibile, emerge anche dai casi sopra analizzati che è possibile richiamare quanto detto

impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione».

61 Specificamente disciplinato dal d.P.R. 9 maggio 2001, n.244, che fornisce la disciplina delle procedure istruttorie dell’Autorità, a norma dell’art. 2, comma 24, lettera a), della legge n.481/1995.

62 Così ha affermato il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 25 novembre 1998, n.1601.

63 Si fa riferimento agli artt. 24 e 113 Cost. e all’art. 6 CEDU, che rendono necessaria la presenza del doppio grado di giurisdizione nei confronti di queste Autorità indipendenti dagli altri poteri.

64 R.Giovagnoli-M.Fratini, Le sanzioni amministrative. Raccolta completa commentata con dottrine

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180

precedentemente per l’AGCM65: potendo anche qui, il giudice

amministrativo esclusivo, portare avanti un sindacato esteso al merito, ex art. 134, comma 1, lettera c), potrà anche eseguire una valutazione sulla

attendibilità e ragionevolezza tecnica della scelta operata66, un controllo di

legittimità intrinseco, dotato di un alto tasso di tecnicismo, perché si va a sindacare delle scelte basate proprio sulla discrezionalità tecnica dell’amministrazione, quindi il giudice potrà avvalersi della consulenza tecnica

d’ufficio per poter accedere direttamente ai fatti67, essendo necessaria l’opera

di un soggetto esperto per ricostruire l’iter logico motivazionale che sorregge la scelta dell’Autorità e garantendo così un controllo vero, con una competenza e conoscenza al pari di quella dell’Autorità.

In conclusione dunque, nei confronti dei provvedimenti sanzionatori emanati dall’AEEGSI, come per quelli emanati dall’AGCM, è attivabile un giudizio pieno, che garantisce una tutela effettiva, proprio come il giudice ordinario, ma limitato negli ambiti che sono specificamente riservati all’Autorità amministrativa indipendente.

65 Ibidem.

66 R.Giovagnoli, cit., 2013.

67 Mezzo che fino alla legge 21 luglio 2000, n. 205, era utilizzabile solo dal giudice ordinario: ad oggi risulta essere pienamente utilizzabile per esercitare un controllo pieno sulle valutazioni tecnico-discrezionali dell’Autorità. In materia si può richiamare D. De Pretis, Discrezionalità tecnica e incisività del controllo giurisdizionale, in Giur. Comm., 1999, p.1179 ss.; F. Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, in

Foro amm. CDS, 2000, p.2371 ss.; C. Videtta, Discrezionalità tecnica: problemi vecchi e nuovi dopo la l. n. 12 luglio 2000, n. 205, in Foro amm. T.A.R., 2002, p.2266 ss.; S. Mirate, La consulenza tecnica nel giudizio di legittimità: verso nuovi confini del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione,in Giur. it., 2000.

(24)

181

4. Il Potere sanzionatorio della CONSOB

4.1. L’attribuzione della giurisdizione in materia di sanzioni CONSOB

La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa è anch’essa un’Autorità amministrativa indipendente, istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216 dotata di un potere di vigilanza sui mercati, nonché di un potere sanzionatorio, conferitole nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58: si tratta di due poteri strettamente connessi, cioè il primo è prodromico al secondo, in quanto la CONSOB, nell’eseguire la sua attività di vigilanza, nel momento in cui ravvedrà quelle fattispecie rilevanti tipizzate dalla legge, dovrà emanare una sanzione amministrativa, salvo che non si tratti di illeciti penali, che allora dovrà, seppur collaborando, rimettere all’autorità giudiziaria. Nello specifico si aprirà un procedimento amministrativo, che dovrà ovviamente rispettare i principi del giusto processo e del contraddittorio garantendo la partecipazione alle parti in conflitto, e che porterà poi all’emanazione di sanzioni pecuniarie, ed eventualmente anche interdittive,

particolarmente afflittive68: in particolare, riprendendo l’orientamento della

Cassazione, entrambe le sanzioni dovevano essere emanate «sulla base della

gravità della violazione e tenuto conto dell’eventuale recidiva, criteri, cioè, che escludono ogni profilo di discrezionalità e che, pertanto, devono ritenersi correlati a posizioni di diritto soggettivo, come tali conoscibili dall’autorità giudiziaria ordinaria» 69.

Se analizziamo alcuni casi specifici in cui si promuove un ricorso avverso un provvedimento sanzionatorio emanato dalla CONSOB, non potremo non notare come qui la giurisdizione sia attribuita al giudice

ordinario: anzi, la CONSOB, di fronte ad alcuni ricorsi sollevati di fronte al

giudice amministrativo, solleva più volte incidentalmente l’eccezione di difetto

68 R.Leonardi, I caratteri del potere sanzionatorio, M.Allena e S.Cimini (a cura di), Il potere

sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti, RULES (Research Unit Law and Economics Studies), in Il diritto dell’Economia, n. 1, 2013, p.18.

69 M.L. De Dominicis, Riparto di giurisdizione in materia di sanzioni emesse dalla Consob – Corte

(25)

182 di giurisdizione dello stesso, che viene accolta dal giudice amministrativo, il quale, quindi, si dichiarandosi privo di giurisdizione, rimette la questione al giudice ordinario.

Possiamo ravvedere questa situazione in innumerevoli casi70, tra cui

possiamo citare la sentenza 22 giugno 2017, n. 7347, T.A.R. Lazio, Sezione

II quater71, e la sentenza 19 gennaio 2017, n. 247, Consiglio di Stato, Sezione

VI72: in entrambi i casi la CONSOB, citata in giudizio dai ricorrenti,

propone incidentalmente, rispettivamente, un ricorso e un appello, con cui vuole sollevare un’eccezione sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Questi risultano fondati proprio alla luce della, già studiata, sentenza n. 162 del 2012, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1,

lettera c) e 134, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 10473, nella parte

in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del T.A.R. Lazio sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e dell'art. 4, comma 1, numero 19) dell'allegato n. 4, del medesimo D.Lgs. n. 104 del

2010.

Risultano quindi nuovamente in vigore le disposizioni del D.Lgs. 24

febbraio 1998 n. 58, e in particolare l'art. 195, che individuano come

70 Anche la Sent. n. 703/2007 T.A.R. Lazio, Roma, Sez.I., in Giustamm, n.2/2007, p. 9334;

Sent. n.2809/2009, T.A.R. Lazio, Roma, Sez.I., in Giustamm, n. 3/2009, p. 14277.

71 Ricorso in cui il ricorrente vuole porre all’attenzione del giudice di primo grado il comportamento silenzioso della Consob sull’istanza presentata dallo stesso ricorrente per l’adozione di un provvedimento dichiarativo dell'estinzione del rispettivo procedimento sanzionatorio e della restituzione dei beni sequestrati, e si chiede al giudice dunque di condannare la Consob a pronunciarsi sull'istanza, adottando il provvedimento richiesto. A causa della fondatezza del ricorso incidentale promosso dalla Consob, prettamente su questioni di rito, il T.A.R. dichiara inammissibile il ricorso.

72 Appello promosso dal soggetto appellante contro la Consob, per la riforma della sentenza

del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione III, n. 2796/2012, resa tra le parti, concernente irrogazione

sanzione amministrativa pecuniaria: nello specifico l’appellante si duole della erroneità della gravata sentenza e ne chiede la riforma con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese di lite. Il Consiglio di Stato però, anche qui, accoglie l'appello incidentale di rito e, per l'effetto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo: annulla l'impugnata sentenza e dichiara improcedibile l'appello principale.

73 Attuazione dell'art. 44 della L. 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo.

(26)

183

competente il giudice ordinario, e nello specifico la Corte d'appellodel luogo

in cui ha sede la società o l'ente cui appartiene l'autore della violazione – ovvero, nei casi in cui tale criterio non sia applicabile, del luogo in cui la violazione è stata commessa– la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla CONSOB.

Questo conflitto è stato sollevato dalla Corte d’appello di Torino, in relazione a un presunto eccesso di delega che avrebbe viziato il Codice del processo amministrativo, nonché in relazione alla presunta violazione dei parametri costituzionali relativi alle modalità di individuazione delle

materie da attribuire alla giurisdizione esclusiva74: secondo la Corte di

appello la delega di cui all’art. 44 violava gli artt. 103 e 113 della Cost. in quanto la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 204/2004 aveva ben

delimitato la discrezionalità del legislatore nell’individuare le materie di

giurisdizione esclusiva a solo quelle materie nelle quali viene in rilievo l’esercizio discrezionale di un potere amministrativo cosa che riguarda certamente l’attività di vigilanza della CONSOB ma non quella sanzionatoria, connotata da doverosità e che incide su posizioni giuridiche di

diritto soggettivo, che peraltro non sono viste nemmeno come strettamente

collegate e inscindibili, perché l’attività di vigilanza potrebbe concludersi senza sanzioni. Quindi la delega riguardava solo il riordino delle norme vigenti in materia di giurisdizione senza autorizzare il legislatore delegato a operare alcuna innovazione in ordine alle materie attribuite all’una o all’altra giurisdizione, mentre il Codice del processo avrebbe operato in tal senso sottraendo una materia, quella delle sanzioni delle autorità indipendenti e in particolare della CONSOB, alla giurisdizione ordinaria.

Questa impostazione, sostenuta dalla Corte d’appello, non era però

condivisa dal giudice amministrativo75, che continuava a sostenere la

devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo esclusivo. Il T.A.R. Lazio affermava che, quando una delega ha ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, risulta conseguente e necessario ammettere

74 Ordin. n. 712/2011, C. App. Torino, Sez. I civ., in www.giustamm.it.

(27)

184 l’inserimento di soluzioni innovative, sempre nel rispetto dei principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega e a

circoscrivere la discrezionalità del legislatore76, che peraltro erano rinvenuti

proprio nell’art. 44: si trattava del principio di concentrazione delle tutele, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, poi quello della disciplina

delle funzioni del giudice anche rispetto alle altre giurisdizioni77, principi e

criteri quindi che permettevano al legislatore di innovare le materie di giurisdizione amministrativa esclusiva.

Ecco che allora il giudice amministrativo non riteneva presente alcun eccesso di delega, ma anzi, affermava che, devolvendo la giurisdizione sulle

sanzioni CONSOB al giudice amministrativo, si sarebbe rispettato il

criterio della concentrazione delle tutele anche al fine di garantire una ragionevole durata del processo, in quanto vi sarebbe una stretta connessione tra l’attività di vigilanza, che già costituiva esercizio di servizio pubblico nei settori di cui all’art. 33 d.lgs. n. 80/1998 e quella sanzionatoria. Come abbiamo già detto in precedenza però, queste considerazioni del giudice amministrativo finirono in una bolla di sapone, perché la Corte costituzionale attribuì nuovamente la giurisdizione al giudice ordinario, posto che anche tali sanzioni debbono essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto dell’eventuale recidiva e quindi sulla base di criteri

che non possono ritenersi espressione di discrezionalità amministrativa78.

Questo assetto, dunque, comporta una rottura dell’unità di giurisdizione, poiché i ricorsi contro la CONSOB, potranno svolgersi sia di fronte al giudice ordinario, se riguardano i provvedimenti sanzionatori, sia di fronte al giudice amministrativo, se riguardano invece vizi sui

76 R. Dipace, Rapporto tra giurisdizioni. Le sanzioni CONSOB, in Libro dell'anno del Diritto, 2012.

77 Principi e criteri direttivi sono stati trasfusi nel codice: in particolare, l’art. 1 prevede che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva, l’art. 2, disciplinando il giusto processo, prevede che le parti abbiamo una effettiva parità, nonché che il processo abbia una ragionevole durata ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. Infine l’art. 7, comma 7, afferma, inoltre, che il principio di effettività si realizza attraverso la concentrazione

dinnanzi al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nei casi di

giurisdizione esclusiva, dei diritti soggettivi.

78 CONSOB, sanzioni, giurisdizione, giudice ordinario, discrezionalità, esclusione, Sent. n.

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