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Capitolo 2Anestesia nel gatto ostruito

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

Anestesia nel gatto ostruito

La risoluzione delle FLUTD ostruttive può necessitare di una anestesia od una sedazione, a meno che il soggetto non sia talmente depresso da richiedere il solo contenimento fisico. Le condizioni cliniche del paziente possono comportare delle complicazioni in corso di anestesia e quindi andranno ben valutate; d'altronde, il rischio associato all'anestesia deve essere comparato con la possibilità di traumi uretrali iatrogeni in pazienti non collaborativi (Osborne et al., 1996).

2.1 Valutazione del soggetto ostruito e possibili

complicazioni anestesiologiche

L'anestesia del paziente con ostruzione urinaria deve obbligatoriamente tener conto di quelli che sono i riscontri alla visita clinica, delle alterazioni dei valori emato-biochimici e di come questi fattori possano inficiare la buona riuscita dell'anestesia stessa, ma soprattutto mettere a rischio la vita del paziente. Una valutazione approfondita del soggetto si rende quindi necessaria, al fine di prevedere eventuali complicazioni in corso di anestesia e, di conseguenza, mettere in atto una serie di accorgimenti per prevenirle. Bisogna comunque tener conto che il paziente ostruito è un paziente critico, che si presenta in urgenza come un codice giallo o superiore e quindi il tempo per intervenire e prendere decisioni può essere limitato.

Come già esposto nel capitolo precedente, tali pazienti presentano un danno renale acuto di tipo post- renale, caratterizzato da acidosi

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metabolica iperkaliemica, uremia e ipercreatininemia, e in alcuni casi ipoproteinemia, ipoalbuminemia e, talvolta, ipocalcemia. I rilievi clinici da prendere in considerazione prima di somministrare farmaci anestetici o sedativi, invece, sono la disidratazione, l'ipotensione, l'ipotermia e la depressione del sensorio.

L'iperkaliemia con l’acidosi metabolica, sono i fattori più importanti da prendere in considerazione perché più comuni e gravi per la sopravvivenza del paziente. L’iperkaliemia può comportare aritmie cardiache, in particolare bradiaritmie come i blocchi A-V di primo o secondo grado, l’assenza di conduzione atriale fino alla fibrillazione ventricolare, arresto cardiaco e morte del paziente (Lee & Drobatz, 2006). Inoltre, alcuni agenti anestetici possono peggiorare la depressione cardiovascolare in gatti iperkaliemici, il che rende oltremodo necessaria la riduzione dei livelli sierici di potassio prima dell'anestesia (Raffe & Caywood, 1984).

L'ipocalcemia, se presente, potrebbe esacerbare gli effetti negativi del potassio sul cuore.

Molti farmaci preanestetici o anestetici sono legati in maniera reversibile alle proteine plasmatiche, legame che li rende di fatto inattivi. In caso di ipoproteinemia e ipoalbuminemia, si ha quindi una quota maggiore di farmaco attivo e di conseguenza un aumentato effetto nel paziente (Thurmon et al., 1996).

Le proteine plasmatiche sono inoltre necessarie al mantenimento della pressione oncotica: i pazienti ipoproteinemici sono meno tolleranti alla somministrazione di fluidi e predisposti allo sviluppo di un sovraccarico, con conseguente edema polmonare (Thurmon et al., 1996).

Il legame farmaco-proteina è inoltre diminuito dall'uremia e può essere alterato da variazioni del pH ematico o dalla disidratazione. Per quanto riguarda l'uremia, questa può essere associata ad alterazioni nella barriera emato-encefalica, portando ad un aumento

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della sensibilità del Sistema Nervoso Centrale (SNC) ai farmaci; inoltre può alterare il volume di distribuzione di questi e, come già detto, la capacità di legarsi alle proteine plasmatiche: pertanto, i composti normalmente ad elevato legame proteico possono avere, nel paziente uremico, concentrazione plasmatica più elevata e più variabile rispetto al paziente normale (Thurmon et al., 1996; Corletto, 2010).

È oltremodo evidente, quindi, come un paziente affetto da FLUDT ostruttiva possa, per tutti i fattori sopra menzionati, risultare apparentemente più sensibile alle normali dosi di un farmaco.

Per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare, l'anestesia può, attraverso i farmaci usati, avere un effetto ipotensivo, esacerbando in questo modo l'ipotensione preesistente.

La complicazione da evitare in ogni modo è la diminuzione a livello renale della pressione e della quantità del flusso, e quindi della GFR, per scongiurare una insufficienza d'organo.

Durante sedazione ed anestesia, il controllo della temperatura corporea è inibito: l'attività dei centri della termoregolazione è alterata, il metabolismo diminuisce, il miorilassamento indotto dai farmaci diminuisce la produzione di calore da parte dei muscoli e la vasodilatazione, ad opera sempre dei farmaci, promuove la perdita di calore dal corpo. L'ipotermia è quindi una complicazione parafisiologica dell'anestesia, tuttavia è un fenomeno che va tenuto sotto controllo, soprattutto se il paziente si presenta già ipotermico prima dell'induzione. Quando la temperatura diminuisce, la perfusione delle parti distali del corpo diminuisce, al fine di garantire valori nel range di normalità nelle parti più interne del corpo: questo fenomeno può comportare, in corso di anestesia, il mal funzionamento di alcuni monitor (pulsossimetria), dovuto proprio alla scarsa perfusione dei tessuti dove viene posizionata la sonda (Corletto, 2010). Se la temperatura del soggetto scende sotto

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i 33-34°C, il risveglio dall'anestesia può rivelarsi particolarmente prolungato con alterazioni della frequenza cardiaca (bradicardia) e ipotensione, refrattarie al trattamento farmacologico (anticolinergigici e vasopressori). Quando la temperatura del paziente scende sotto i 30°C, cominciano a manifestarsi aritmie cardiache, fino alla fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco.

2.2 Stabilizzazione del paziente

La stabilizzazione del paziente prima dell'anestesia deve cercare di conseguire le condizioni ottimali per minimizzare l'incidenza di complicazioni. Il posizionamento di almeno un catetere venoso è imperativo per permettere la somministrazione adeguata di fluidi e farmaci. Lo stato di disidratazione, insieme con deficit fluidici, dell'equilibrio acido-base ed elettrolitici devono essere corretti, se possibile, prima dell'anestesia.

La fluidoterapia è la componente più importante coinvolta nella stabilizzazione del paziente, per i molteplici effetti che può avere sull'iperkaliemia, sui valori pressori, etc. (Cuhna et al., 2010).

La correzione dell'iperpotassiemia è stata discussa nel primo capitolo, così come quella dell'ipocalcemia.

L'ipoproteinemia deve essere tenuta sotto controllo e nel caso in cui i valori scendano sotto i 3,5 gr/dL, dovrebbe essere presa in considerazione l'ipotesi di somministrare proteine plasmatiche (Thurmon et al., 1996).

L'ipotermia può essere risolta, almeno parzialmente, con una serie di accorgimenti, quali:

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un microonde o facendo passare il deflussore attorno ad un corpo caldo (borsa riempita con acqua ad elevata temperatura);

• il riscaldamento del paziente con fonti di calori, quali lampade ad infrarossi, stufette, etc. ;

• evitare l'ulteriore raffreddamento del gatto con coperte, tessuti isolanti ed evitando il contatto diretto con superfici fredde (ad es. tavolo da visita).

L'ipotensione, essendo il risultato dello shock e della perdita di fluidi, può essere trattata con un bolo di cristalloidi (10 ml/kg) o colloidi (3-5 ml/kg) o loro infusione continua (Corletto, 2010). Qualora l'espansione della volemia non determini apprezzabile aumento della pressione arteriosa, si possono somministrare dopamina o dobutamina (1-10 mcg/kg/min). In particolare, la somministrazione di dobutamina migliora gittata cardiaca, perfusione renale e pressione arteriosa.

2.3 Scelta dei farmaci

La scelta dei farmaci da somministrare per la sedazione o l'anestesia, deve tener conto di diverse variabili quali il decorso e la durata dell'affezione, squilibri elettrolitici ed idrici, azotemia e le caratteristiche proprie del farmaco, come la via di somministrazione, la via di eliminazione, gli effetti indesiderati, ecc.

Per quanto riguarda i caratteri dell'affezione e gli squilibri idro-elettrolitici si è già parlato nel capitolo precedente.

La via di somministrazione potrà essere uno dei primi motivi per cui si sceglie un farmaco piuttosto che un altro e questo è vero soprattutto quando un paziente non è collaborativo e risulta

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impossibile posizionare un accesso venoso. La scelta quindi ricadrà su farmaci che possono essere somministrati in muscolo (IM) piuttosto che per via endovenosa (EV).

Conoscere la via di eliminazione di un farmaco può essere importante ai fini della scelta: alcuni farmaci, quali la ketamina, sono escreti per via renale in forma attiva ed un’alterata funzionalità di quest'organo potrebbe aumentare il tempo di presenza in circolo della molecola. Tuttavia questa molecola viene usata nei pazienti con ostruzione uretrale acuta, con la giustificazione che una volta risolta l'ostruzione, l'escrezione procederà normalmente (Thurmon et al., 1996). Se l'ostruzione è presente da ormai del tempo, si può essere sviluppato un disturbo metabolico e l'insufficienza renale per cui l'eliminazione del farmaco sarà rallentata anche dopo disostruzione.

Infine, la scelta del farmaco, è sicuramente, per la maggior parte, dettata dalla considerazione dei vantaggi e degli svantaggi di quella specifica molecola.

2.3.1 α

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-agonisti

Importante classe di agenti sedativi e analgesici, sono impiegati da decenni in medicina veterinaria per la loro potente azione sedativa dose-dipendente. Il meccanismo d'azione degli α2-agonisti è

l'inibizione dell'attività dei recettori α2-adrenergici, siti a livello

presinaptico e normalmente stimolati dalle catecolamine liberate nel vallo sinaptico. La stimolazione farmacologica selettiva dei recettori induce, tra le altre cose, la costrizione della muscolatura liscia dei vasi e quindi vasocostrizione, cui segue un abbassamento compensatorio della frequenza cardiaca, diminuzione dell'output cardiaco e della pressione (Kroneberg et al., 1967). L'output

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cardiaco diminuisce fino al 30-50% in meno rispetto a prima della somministrazione del farmaco in misura direttamente dipendente dalla diminuzione della frequenza cardiaca. Gli effetti sedativi degli α2-agonisti sono causati dall'inibizione del locus coeruleus, che

amplifica e convoglia gli stimoli a livello della corticale. Hanno inoltre discreta attività analgesica esercitata sia a livello centrale che periferico.

Tra gli effetti metabolici e ormonali, abbiamo inibizione della liberazione dell'ormone antidiuretico, dell'ormone della crescita, attività antinsulinica, diminuzione dell'attività di aggregazione piastrinica, inibizione della motilità e delle secrezioni gastrointestinali.

Gli effetti analgesici e di depressione del SNC diminuiscono significativamente la quantità di anestetico richiesta per il mantenimento e l'induzione dell'anestesia. Inoltre, la curva che correla dose ed effetto dopo la somministrazione di α2-agonisti

tende a raggiungere un plateau: questo significa che dosi elevate di questi farmaci non aumentano gli effetti desiderati, mentre aumenta la durata d'azione.

Animali agitati o in preda a dolore sono difficili da sedare a causa della marcata liberazione di catecolamine endogene che competono per gli stessi recettori del farmaco . Allo stesso modo, animali sedati con queste molecole possono risvegliarsi dalla sedazione se opportunamente stimolati (dolore, rumore, ecc.), in questo caso si parla della cosiddetta “rottura della sedazione”.

Il metabolismo degli α2-agonisti è prevalentemente epatico.

Possono essere somministrati EV, IM, o per via sottocutanea (SC), anche se quest'ultima via non garantisce la stessa biodisponibilità delle altre.

Uno dei principali vantaggi di queste molecole è la possibilità di antagonizzarne l'azione, con l'atipamezolo. La via IM è da preferire

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per evitare eccessiva stimolazione dei sistemi cardiocircolatorio e nervoso al momento del risveglio e perché, protraendosi la durata dell'effetto, si evitano “risedazioni” del paziente.

Nel caso di soggetti con ostruzione urinaria, l'uso degli α2-agonisti

è molto vantaggioso anche perché a livello dello sfintere uretrale esterno, sensibile agli α1-antagonisti o α-bloccanti, questi farmaci

“mimano” l'azione di molecole quali la terazosina o la doxazona, risultando di fatto in un miorilassamento uretrale, con conseguente dilatazione del lume e quindi maggior facilità alla cateterizzazione. Tra i farmaci appartenenti a questa classe, abbiamo la medetomidina e la dexmedetomidina.

Medetomidina: produce un buon grado di sedazione, miorilassamento ed analgesia. Influenza il metabolismo di altri farmaci somministrati in associazione, pertanto la durata dell'effetto aumenta. Spesso dà bradicardia e induce il vomito. Le dosi, nel gatto, sono 10-80 mcg/kg.

Dexmedetomidina: è il farmaco più recente, la forma “pura” destrogira della molecola, vantaggiosa in quanto il fegato si deve occupare solo del suo metabolismo e perché non si hanno eventuali altri effetti anestetici imprevedibili dovuti alla forma levogira del racemo (come nella medetomidina). È preferita anche perché, rispetto alla medetomidina, ha sedazione più prevedibile, minori effetti cardiocircolatori e più breve durata d'azione a basse dosi. Tra gli effetti indesiderati ci sono vomito, bradicardia e ipertensione. Nel gatto, le dosi consigliate sono 0,5-40 mcg/kg.

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2.3.2 Derivati fenotiazinici

Il farmaco più noto di questa classe, impiegato in medicina veterinaria, è l'acepromazina.

I derivati fenotiazinici sono strutturalmente simili alle catecolamine ed esplicano la loro azione bloccando i recettori adrenergici. Si ha in questo modo un effetto tranquillante che si manifesta con diminuzione dell'attività motoria spontanea, incoordinazione, indifferenza all'ambiente circostante. Il blocco dei recettori α1

localizzati a livello periferico determina una riduzione delle resistenze vascolari, anche a dosi molto basse, con vasodilatazione e diminuzione della pressione arteriosa, in misura tanto più accentuata quanto il paziente non è in grado di compensare tale effetto (es. ipovolemia, disidratazione, ecc.) (Corletto, 2010).

La vasodilatazione periferica riduce il lavoro miocardico e migliora la perfusione tissutale, favorendo però l'abbassamento della temperatura corporea. Inoltre queste molecole inibiscono l'attività del centro della termoregolazione a livello ipotalamico, rendendo significativo il rischio di ipotermia.

I derivati fenotiazinici determinano inoltre diminuzione dell'attività di aggregazione piastrinica, hanno blando effetto antistaminico e anticolinergico e esercitano azione di blocco dopaminergico a livello della chemocettor trigger zone (CTZ) che controlla il vomito (effetto anticinetosico/antiemetico). Infine, queste sostanze diminuiscono la soglia aritmogenica del miocardio.

Anche il metabolismo di questa classe di farmaci è prevalentemente epatico ed il legame proteico è elevato, quindi la somministrazione è controindicata in insufficienti epatici o renali.

Possono essere somministrati EV o IM, con quest'ultima via considerata la migliore.

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Acepromazina: farmaco con notevole maneggevolezza, semplicità d'uso e costo ridotto. Ha effetti tranquillanti, antiemetici ed antiaritmici ma induce ipotermia, vasodilatazione e diminuzione dell'aggregazione piastrinica. I dosaggi consigliati nel gatto sono 0,05-0,1 mg/kg ed ha una durata d'azione molto lunga, oltre le 8-12 ore.

2.3.3 Benzodiazepine

I farmaci appartenenti a questa classe vengono sfruttati soprattutto per il loro effetto miorilassante. Il meccanismo d'azione è l'attivazione dei recettori GABAA, localizzati nella corteccia

cerebrale, talamo, ippocampo, ipotalamo, corteccia cerebellare e midollo spinale. Con l'attivazione di questi recettori, si ha un aumento del flusso degli ioni cloro all'interno della cellula, con iperpolarizzazione della stessa: gli effetti clinici sono miorilassamento, disinteresse nei confronti dell'esterno, ansiolitico, e a dosi elevate, sono sedativi ed ipnotici. Si dimostrano degli ottimi anticonvulsivanti. I principali rappresentanti di questa classe sono il diazepam ed il midazolam, entrambi con metabolismo epatico ed elevato legame con le proteine plasmatiche (per il diazepam il 96% del farmaco è legato) (Van der Kleijn, 1971). Le vie di somministrazione sono la EV e la IM, quest'ultima sconsigliata per il diazepam in quanto comporta un assorbimento poco prevedibile.

Diazepam: ha effetto tranquillante, miorilassante e anticonvulsivante. A dosi cliniche causa minima depressione respiratoria e cardiaca. Talvolta si può osservare un effetto paradosso. Le dosi consigliate sono 0,2-0,6 mg/kg.

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Midazolam: è un'ottima alternativa al diazepam, anche se non registrato per l'uso veterinario. La sua formulazione consente un ottimo assorbimento anche per via IM. Gli effetti sono gli stessi del diazepam, così come la possibilità che comporti alterazioni comportamentali, soprattutto nel gatto, con vocalizzazioni e difficoltà all'approccio.

2.3.4 Oppioidi

Gli oppioidi sono forse tra le più antiche classi di farmaci, conosciute già dal 460 a.C. con Ippocrate, che descriveva le proprietà narcotiche del papavero. La caratteristica di questi farmaci, che ne ha favorito l'uso in medicina, è il potente potere analgesico, associato a scarsa incidenza di effetti collaterali.

Questi farmaci vengono solitamente classificati in base alla selettività d'azione sui loro recettori, chiamati μ, k e δ. La stimolazione di essi da parte dei farmaci risulta in una ridotta attività dell'adenilatociclasi e conseguente diminuzione dell'AMPc. Nell'insieme, l'effetto delle azioni esercitate risulta nell'inibizione della liberazione presinaptica di neurotrasmettitori, quali glutammato e sostanza P, dovuta ad iperpolarizzazione di membrana e/o ridotta disponibilità di Ca++ ed una stabilizzazione

della membrana postsinaptica (Della rocca & Catanzaro, 2011). Le varie molecole possono legarsi con uno o più di questi recettori ma quelli con maggior azione analgesica sono quelli che dimostrano spiccata selettività per i recettori di tipo μ.

La maggior parte degli oppioidi è metabolizzata a livello epatico, con il processo di glucuronidazione ed escreta per via renale. Nel gatto, la glucuronidazione epatica non è una via metabolica molto

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efficiente, per cui la durata del farmaco è maggiore e quindi è consigliato aumentare l'intervallo di somministrazione.

Gli effetti principali della somministrazione di oppioidi sono l'analgesia, sia a livello centrale che periferico, riducendo la trasmissione dello stimolo nocicettivo e alterando la componente affettiva del dolore e la sedazione il cui grado varia in funzione del principio attivo scelto.

Tra gli effetti indesiderati:

• a livello cardiovascolare si può notare bradicardia in seguito alla somministrazione di un potente μ-agonista come risposta ad uno stimolo vagale, vasodilatazione arteriosa e venosa e conseguente ipotensione sistemica;

• a livello respiratorio causano depressione respiratoria, agendo sui centri del respiro, con bradipnea e ipercapnia;

• a livello gastroenterico aumentano il tono della muscolatura liscia e degli sfinteri, comportando riduzione della peristalsi e costipazione. Alcune molecole, ad esempio la morfina, possono determinare vomito, stimolando la CTZ del midollo allungato e sempre la morfina, se somministrata per via endovenosa, può causare liberazione di istamina, fattore di rischio legato al suo utilizzo;

• sulla termoregolazione, possono indurre significative modificazioni della temperatura corporea, per effetto diretto sul centro della termoregolazione.

• a livello oculare determinano midriasi nei gatti e miosi nei cani (Bufalari & Lachin, 2012)

Altri effetti sono la soppressione della tosse, antidiuresi ed euforia/disforia.

Gli effetti collaterali comunemente osservati tendono ad essere più marcati quando il farmaco è somministrato a pazienti sani

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(Corletto, 2010)

A seconda del legame con i diversi recettori, si usa classificare gli oppioidi in:

- Agonisti completi: morfina, metadone, fentanyl, ecc. Queste molecole danno un'ottima analgesia ed un certo grado di sedazione, in quanto hanno alta affinità per i recettori μ, ma possono legarsi anche ai recettori k e δ. Il rapporto dose-effetto è lineare, ciò significa che un grado di analgesia superiore richiesto può essere raggiunto aumentando la dose del farmaco.

- Agonisti parziali: buprenorfina. Questo oppioide si lega in maniera selettiva ai recettori μ, con un legame molto stabile e difficilmente antagonizzabile sia dagli agonisti puri che dagli antagonisti. Nel gatto, gli oppioidi con azione agonista a livello dei recettori μ possono indurre disforia più frequentemente che nel cane, ma i benefici derivanti dall'azione analgesica ed il fatto che tale effetto collaterale non è significativo in presenza di dolore, ne giustificano l'uso anche in questa specie.

- Agonisti-antagonisti: butorfanolo. Il butorfanolo si comporta come agonista dei recettori k (e forse δ) ma non come antagonista dei μ.

- Antagonisti: naloxone. La sua somministrazione non produce nessun effetto farmacologico, ma, legandosi ai recettori, previene il legame con essi da parte degli agonisti: annulla o riduce, quindi, ogni effetto degli oppioidi, anche quello analgesico (Flaherty, 2009).

Morfina: è il prototipo degli oppioidi, tutt'ora utilizzata per l'elevata maneggevolezza e per il basso costo. Determina i tipici effetti degli oppioidi; analgesia, blanda sedazione, bradicardia e bradipnea, euforia e antidiuresi. La somministrazione può essere per via IM e SC: la somministrazione EV è sconsigliata, a meno che non venga

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fatta molto lentamente, in quanto può indurre liberazione di istamina, con conseguente orticaria, ipotensione e tachicardia. Essendo scarsamente liposolubile, l'insorgenza dell'effetto dopo la somministrazione EV non è immediata, in quanto non attraversa rapidamente la barriera emato-encefalica. Ad onor del vero, l'insorgenza dell'effetto non è neanche così lenta, in quanto, avendo la morfina scarsa potenza rispetto agli altri oppioidi, se ne somministrano dosi elevate, le quali creano un gradiente di concentrazione che ne favorisce l'attraversamento delle membrane biologiche.

Nel gatto le dosi consigliate sono 0,1-0,4 mg/kg e la durata è di circa 4 ore.

Metadone: è un oppioide sintetico, con azione, durata e potenza simili a quelli della morfina ma non ha né effetto emetico né induce liberazione di istamina. Inoltre sembrerebbe indurre un grado di sedazione e depressione respiratoria minore rispetto alla morfina. Nel gatto, quando somministrato da solo, provoca spesso euforia. Può essere somministrato EV, IM e SC, ed ha una durata di circa 4 ore. I dosaggi consigliati nel gatto sono 0,2-0,5 mg/kg.

Fentanyl: si tratta di un farmaco con potente potere analgesico, caratterizzato da una breve durata d'azione (20 minuti) e limitato accumulo in caso di infusione per tempi prolungati. Induce profonda analgesia, scarsa ipnosi e miorilassamento e limitata depressione del sistema cardiocircolatorio. Tra gli effetti avversi ci sono un’accentuata depressione respiratoria, potente azione vagotonica con bradicardia dose-dipendente.

Nel gatto, si consiglia la somministrazione di 2,5-5 mcg/kg per via EV o IM.

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Buprenorfina: nel gatto è considerato un analgesico migliore della morfina e del metadone, l'incidenza di effetti collaterali è bassa ed il farmaco ha dimostrato di essere particolarmente maneggevole in questa specie. L'insorgenza dell'effetto non è immediata, sia dopo somministrazione IM che EV, dovuta ad una lenta interazione molecola-recettore, ma una volta stabilitosi il legame, questo risulta duraturo e difficilmente antagonizzabile. Le dosi consigliate sono 0,01-0,02 mg/kg per una durata di 6-12 ore (la più lunga tra tutti gli oppioidi).

Butorfanolo:. essendo un agonista-antagonista, il butorfanolo ha limitati effetti collaterali ma anche ridotta efficacia analgesica. La curva dose-effetto raggiunge rapidamente una soglia, oltre la quale, aumentando la dose del farmaco, non aumentano né l'analgesia né gli effetti collaterali. Il butorfanolo potenzia l'azione di sedativi e tranquillanti in modo significativo, ed è un discreto sedativo di per sé, soprattutto in animali debilitati. Può avere effetto antitussigeno. La durata è limitata a 2-3 ore e le dosi consigliate nel gatto sono 0,1-0,4 mg/kg.

2.3.5 Anestetici iniettabili

Questi farmaci possono essere somministrati per indurre l'anestesia generale o per determinare una sedazione profonda (Corletto, 2010).

La via di somministrazione elettiva di questi farmaci è quella endovenosa, perché consente di indurre l'anestesia in modo rapido e prevedibile, dosando il farmaco a effetto e quindi impiegando la minor dose di anestetico necessaria. Alcuni farmaci possono

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comunque essere somministrati IM, anche se l'insorgenza dell'effetto non è altrettanto prevedibile e rapida e la dose impiegata è calcolata, più che somministrata ad effetto.

La somministrazione EV presenta il vantaggio di poter indurre rapidamente l'anestesia, solitamente in un intervallo variabile tra 10-15 secondi e 1 minuto, secondo l'anestetico impiegato, lo stato del paziente ed i farmaci della premedicazione. Poiché il sito d'azione dell'anestetico è il SNC e non l'apparato cardiocircolatorio, il picco dell'effetto anestetico non è immediato nemmeno in caso di somministrazione EV, bensì richiede fino ad un paio di minuti. Tale ritardo è influenzato anche dalla portata cardiaca e dalla perfusione cerebrale, oltre che dalle caratteristiche intrinseche dell'anestetico (liposolubilità, legame proteico).

Tra i fattori che quindi influenzano insorgenza, intensità e durata dell'effetto degli anestetici iniettabili, ci sono:

• Lipofilicità: qualunque modifica strutturale che aumenti la lipofilicità dell'anestetico ne determina un incremento della potenza;

• Legame proteico: solo la frazione libera dell'anestetico può raggiungere il SNC;

• Portata cardiaca: influenza sia la perfusione cerebrale che la ridistribuzione dell'anestetico nell'organismo, quindi la sua concentrazione plasmatica. Una portata particolarmente elevata ridistribuisce molto rapidamente l'anestetico, limitandone il picco di concentrazione plasmatica e richiedendo quindi la somministrazione di una dose maggiore. La diminuzione della portata cardiaca, all'opposto, rallenta l'insorgenza dell'effetto dell'anestetico e ne diminuisce la dose necessaria per l'induzione;

• Vascolarizzazione cerebrale: necessaria affinché l'anestetico raggiunga il proprio target;

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• Rapidità di somministrazione: se veloce, accelera l'induzione ma aumenta anche gli effetti collaterali;

• Attitudine del paziente: pazienti ansiosi, aggressivi, agitati e con elevate concentrazioni di catecolamine in circolo, richiedono una dose maggiore di anestetico per deprimere la funzione cerebrale e indurre uno stato di anestesia (o sedazione).

Propofol: derivato fenolico, il propofol è un anestetico che può essere somministrato in boli ripetuti senza significativo accumulo, con un risveglio rapido e prevedibile nella maggior parte dei pazienti. É un farmaco estremamente liposolubile per cui l'insorgenza dell'effetto è rapida. La somministrazione EV rapida aumenta l'incidenza degli effetti collaterali, mentre quella lenta, ad effetto, è consigliata, in quanto riduce l'insorgenza di apnea e ipotensione. Il meccanismo d'azione è riconducibile all'aumento dell'attività inibitoria a livello del recettore GABAA. Il propofol,

inoltre, riduce l'attività simpatica, diminuendo pressione arteriosa e frequenza cardiaca, deprime l'attività dei centri respiratori e presenta un sinergismo d'azione con sedativi e tranquillanti.

Il legame proteico è elevato (circa 90%) pertanto i pazienti uremici e ipoproteinemici richiedono una dose minore di anestetico per indurre l'anestesia. La via metabolica principale è la glucuronidazione. Nel gatto, l'emivita del farmaco è quindi prolungata, e dosi ripetute possono portare ad accumulo del farmaco. Il risveglio dall'anestesia mantenuta con propofol è, pertanto, più lento nel gatto rispetto ad altre specie. La durata dell'effetto dopo singolo bolo è circa 10-15 minuti.

Le dosi consigliate per l'induzione sono 2-8 mg/kg, con grande varietà in base alla presenza o meno di una premedicazione. Per il mantenimento, si somministrano 0,5-1 mg/kg.

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Ketamina: questo anestetico induce anestesia dissociativa piuttosto che depressione generalizzata del SNC. Questo tipo di anestesia è caratterizzata dal mantenimento di alcuni riflessi (oculare e vie aeree) e dalla posizione centrale dell'occhio. Dimostra avere anche un potere analgesico nei confronti del dolore somatico a dosi subanestetiche. L'induzione è normalmente rapida e tranquilla, mentre al risveglio si possono osservare delirio, agitazione, disorientamento per l'alterazione della percezione degli stimoli esterni, tipicamente indotta da questo farmaco. Questo inconveniente può essere evitato con la somministrazione di sedativi o tranquillanti prima dell'induzione dell'anestesia.

La stimolazione del simpatico indotta dalla ketamina ha reso questo farmaco popolare per l'induzione dell'anestesia in pazienti ipotesi e politraumatizzati.

Il meccanismo d'azione della ketamina non è completamente noto, ma sembra che si comporti da agonisti nei confronti dei recettori muscarinici per l'acetilcolina a livello di SNC.

Il legame proteico della ketamina è molto basso (10%), il metabolismo epatico e l'escrezione è prevalentemente renale. Nel gatto il metabolismo epatico è minore che nelle altre specie e vengono escrete in grandi quantità per via renale norketamina, metabolita attivo, e ketamina immodificata. La somministrazione di ketamina in caso di compromissione dell'attività escretoria renale (IR, ostruzione urinaria) è, pertanto, controindicata nel gatto.

L'anestesia con ketamina, induce nel gatto una transitoria diminuzione della pressione parziale dell'ossigeno (PaO2) con

aumento o diminuzione della frequenza respiratoria. La momentanea apnea indotta della ketamina sembrerebbe essere dose-dipendente e, ad alte dosi, la ventilazione è caratterizzata da un respiro di tipo apneustico, composto da lunghe pause inspiratorie e breve fase espiratoria (Thurmon et al., 1996). In

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letteratura è riportato che sovradosaggi possono causare grave depressione respiratoria o arresto in pazienti umani e nei gatti (Child et al., 1972).

Nel questa specie, la ketamina viene impiegata in dosi da 2-10 mg/kg per l'induzione e 0,5-1 mg/kg per il mantenimento.

Può essere somministrata sia EV che IM ed ha una durata di 30-40 minuti.

2.3.6 Tecniche di anestesia loco-regionale

Negli ultimi anni è cresciuto l'interesse nei confronti di tecniche di anestesia loco-regionale: queste, a differenza dei protocolli che prevedono la somministrazione di farmaci per via sistemica, hanno gli indubbi vantaggi di essere molto più specifiche e quindi meno impattanti sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio del paziente. Nella pratica clinica e, nello specifico, per quanto riguarda l'ostruzione urinaria, due sono le tecniche che possono essere prese in considerazione per l'analgesia del gatto: l'epidurale sacro-coccigea o il blocco del nervo pudendo.

L'epidurale sacro-coccigea è da tempo usata nella medicina dei grossi animali, ma solo di recente è stata introdotta anche in quella del gatto; è una procedura veloce e relativamente semplice da eseguire che può facilitare il passaggio del catetere urinario in gatti con ostruzione uretrale, garantendo un efficace analgesia a livello di perineo, pene, uretra, colon e ano grazie al blocco dei nervi pudendo, pelvico e di altri nervi coccigei, senza la perdita della funzione motoria degli arti posteriori (O'Hearn & Wright, 2011). L'anestetico usato è la lidocaina la quale, una volta iniettata nello spazio epidurale, ha un on-set di meno di 5 minuti e il cui effetto dura fino ad 1 ora. Il rischio di complicazioni è molto basso, perché la corda spinale nel gatto termina all'incirca a livello di S1 e quindi

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la possibilità di traumatismi con l'ago o il rischio di penetrare nello spazio sub-aracnoideo è alquanto improbabile; tuttavia si possono avere ascessi o infezioni nel sito di inoculo o assorbimento di lidocaina a livello sistemico, evento raro in quanto le dosi suggerite per l'epidurale sono ben inferiori a quelle raccomandate per la somministrazione EV. Controindicazioni alla scelta di questa tecnica sono disordini coagulativi, setticemia, piodermia della regione, grave ipovolemia o ipotensione e anormalità anatomiche. Per quanto riguarda la tecnica, una volta somministrati farmaci per una blanda sedazione, il gatto deve essere posizionato in decubito sternale e deve essere palpato lo spazio tra il sacro e la prima vertebra coccigea o quello tra questa e la seconda coccigea. Una volta individuata l'area, si procede ad una accurata tricotomia dell'area (almeno 4x4 cm2) e si effettua la preparazione del campo

chirurgico. L'operatore, con la massima attenzione all'asepsi della procedura e dei materiali, individuato il sito di inoculo, inserirà un ago 25-G, trapassando i legamenti interarcuato e/o flavo; una volta al di sotto di questi, dovrà essere percepito un calo nelle resistente offerte alla penetrazione dell'ago che indicherà il corretto posizionamento. A questo punto, l'operatore aspirerà con la siringa per scongiurare la presenza di sangue e procederà all'inoculazione di 0,1-0,2 ml/kg di lidocaina sterile al 2% nello spazio epidurale. Il blocco della regione dovrebbe insorgere in 5 minuti: là dove questo non dovesse succedere sarà lecito pensare ad un fallimento della tecnica e si potrà ripetere l'operazione, non più di una volta. L'effettivo blocco della regione perineale permetterà una più facile e veloce cateterizzazione e quindi disostruzione del paziente.

In conclusione, l'uso dell'epidurale sacro-coccigea può essere un valore aggiunto alla gestione delle ostruzioni urinarie del gatto e, nonostante la bassa esperienza fino ad oggi accumulata, si può ritenere che questa tecnica comporti un ottimo comfort nei pazienti

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(O'Hearn & Wright, 2011).

L'altra tecnica di anestesia loco-regionale che può avere una rilevante applicazione clinica per la gestione del dolore perineale ed uretrale del gatto è il blocco ecoguidato del nervo pudendo.

Questa tecnica non era mai stata descritta in letteratura fino allo studio di Adami et al., del 2013. In questo studio sono stati sviluppati 3 diversi approcci per il blocco del nervo pudendo su 15 cadaveri di gatti. Di questi tre diversi approcci, ovvero dorso-laterale profondo, dorso-dorso-laterale superficiale e transperineale mediano, il primo è quello che si è rivelato più efficace. Questo approccio, sperimentato su 6 gatti, ha come target la componente sensitiva del nervo pudendo a livello della sua biforcazione in nervo sensitivo craniale e nervo dorsale del pene. Per quanto riguarda la tecnica, la sonda ecografica deve essere posizionata su un piano parasagittale, lateralmente alla giunzione intervertebrale tra la prima e la seconda vertebra coccigea (alla base della coda) e cranio-medialmente alla tuberosità ischiatica, con il margine craniale della sonda circa 0,5-1 cm caudale all'estremità caudale del sacro. Tutti questi punti di repere devono essere individuati con la palpazione.

Una volta posizionata la sonda, questa deve essere inclinata e mossa fino a identificare l'uretra, le ghiandole bulbo-uretrali e l'ombra dell'osso pubico contemporaneamente nello stesso piano. A questo punto, l'ago viene inserito davanti al margine craniale della sonda, appena caudalmente al sacro e viene fatto avanzare fino a raggiungere il limite dorsale dell'uretra.

Nonostante nessuno dei 3 approcci permetta una visualizzazione ecografica diretta del nervo pudendo felino, quello dorso-laterale profondo permette di identificare importanti punti di repere quali l'uretra (6/6 gatti), le ghiandole bulbo-uretrali (5/6 gatti) , il retto (6/6 gatti) ed il limite caudale dell'osso pubico (6/6 gatti) (Adami et

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al., 2013 a).

Un successivo studio ha previsto la sperimentazione di questo approccio in gatti sottoposti ad uretrostomia perineale, con l'uso di bupivacaina allo 0,5%: i risultati hanno dimostrato come il blocco ecoguidato del pudendo provveda ad una adeguata analgesia perioperatoria e possa essere utile strumento per la pratica clinica, con una durata di circa 4-5 ore. Il limite di questa tecnica è stato identificato nella lenta curva di apprendimento della corretta esecuzione del blocco (Adami et al., 2013 b).

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