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LUCCA CAPITOLO I

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CAPITOLO I

LUCCA

1. La città nell’antichità e nel Medioevo

La piana lucchese fu colonizzata dagli etruschi sin dal VII secolo a.C. ma, per mancanza d’informazioni certe, è possibile analizzare la storia degli antichi insediamenti partendo dall’arrivo dei romani, che iniziarono a costruire la città intorno al II secolo a.C.. Di questo periodo si conservano tutt’oggi numerose tracce: prime fra tutte le strade del centro storico, caratterizzate dall’ortogonalità dell’originario insediamento (sono distinguibili il cardo e il decumano corrispondenti, il primo, alle attuali vie Fillungo e via Cenami, e il secondo a via San Paolino, via Roma e via Santa Croce); l’antico anfiteatro, piazza caratterizzata da una forma ellittica e chiusa; il foro, che corrisponde all'attuale piazza San Michele. In quest’epoca, inoltre, fu edificata la prima cinta muraria che delimitava un'area quadrangolare dove, durante il corso dei secoli, si stabilì il centro del potere politico (attuale Palazzo Ducale) e religioso. Nel Quattrocento a Lucca si stanziarono i Goti e, nel secolo successivo, i Bizantini. In seguito, fino al 773, la città si distinse come una delle più importanti capitali del regno Longobardo, durante il quale acquisì una posizione di rilievo e di celebrità in tutta Europa sopratutto grazie alle intense attività commerciali e una pregiata produzione tessile. Al dominio Longobardo fece seguito quello Carolingio, ottenuto con la sconfitta dei duchi di Lucca per mano di Carlo Magno. In quest’epoca la produzione tessile della città si rafforzò ulteriormente, decretando una forte crescita economica e, sempre grazie ai pregiati manufatti in seta caratterizzati da un’altissima qualità, finezza di materiali e bellezza dei decori, Lucca si impose ancora di più sui mercati europei. Durante questa grande fase di espansione economica, culturale e artistica furono realizzate la facciata del duomo di San Martino e la seconda cinta muraria (1100-1200), che ampliò il perimetro cittadino su tre lati, escludendo però quello maggiormente esposto al pericolo pisano. La mancanza di prudenza a tal proposito fece si che, in seguito a numerosi scontri per la conquista della città, nel 1314 il pisano Ugoccione della Faggiola ebbe la meglio, dando avvio ad un periodo di forte instabilità politica e di lotte interne fra mercanti e artigiani. Le conseguenze furono enormi e gravissime, tali da causare sia la perdita del monopolio

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nei mercati tessili, sia il malcontento dei cittadini, che sfociò, nel 1316, in una rivolta popolare guidata dal lucchese Castruccio Castracani degli Antelminelli. Solo quest’ultimo riuscì a cacciare prima Uguccione e i Pisani, diventando il nuovo signore di Lucca e consolidando il potere ghibellino, e poi anche i Fiorentini, che avevano cercato in più occasioni di conquistarne il territorio, ma senza successo. Quando morì Castruccio Castracani il ducato lucchese crollò in un periodo di decadenza durante il quale si susseguirono al potere diversi Signori tra cui Paolo Guinigi, che non fu gradito dal popolo, il quale lo depose e lo processò nel 1430. Il periodo che va dalla seconda metà del 1400 agli inizi del 1500 è caratterizzato da due eventi importanti: fu costruita la terza cinta muraria (1544-1645) e venne firmato un accordo che stabilì la definitiva tregua con Firenze, in seguito alla quale Lucca riuscì a ristabilire un equilibrio economico e politico che favorì una nuova stagione artistica. La volontà dei cittadini di preservare l'andamento economico e culturale raggiunto trasformò molti mercanti in banchieri: questo provocò lo spostamento dei capitali derivati dai commerci alla proprietà terriera, trasformando il mercato. Nel 1700 si ebbe una forte battuta d’arresto di questa favorevole condizione, così forte da mandare in crisi il sistema politico. D’altronde, nonostante tutti i problemi, Lucca riuscì ancora a distinguersi come uno Stato modello: fu Repubblica indipendente, pacifica e artisticamente all'avanguardia fino al 1799.

2. La condizione politica di Lucca nel 1800

Sul finire del 1700, quando gli eventi della Campagna d’Italia volsero a favore di Napoleone, Lucca sfruttò a ogni possibilità e sacrificio pur di mantenere l’indipendenza, ricorrendo anche a una fitta attività diplomatica e versando ingentissimi contributi ai francesi. Questo però non bastò a impedire l’inevitabile: il 2 gennaio 1799 il generale Serrurier, per contrastare lo sbarco dei napoletani a Livorno, invase Lucca e il 4 febbraio, dopo aver convocato il Gonfaloniere e gli Anziani, li dichiarò decaduti insediando un nuovo governo democratico che durò fino al 17 luglio. In seguito a questi eventi Lucca rimase in balìa di numerosi cambi di potere che videro l’alternarsi di austriaci e francesi, finché nel 1801 fu ristabilita la Repubblica, anch’essa purtroppo destinata a durare poco. Nel 1805 Napoleone la trasformò in Principato e ne affidò il Governo a suo cognato Felice Baciocchi Principe di Lucca e Piombino e, nel

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caso di sua premorienza, a sua moglie Elisa Bonaparte, che nel marzo 1808 diventò Granduchessa di Toscana1. Nella pratica, benché i decreti fossero tutti firmati dal Principe Felice, fu la Principessa a regnare, dimostrando di essere una donna piena

d’ingegno e di buona volontà2, che si occupò di Lucca con grande attenzione. Questo

momento di stabilità politica durò solo fino al 1814 e cioè quando il governo napoleonico cadde. In seguito a questo evento Lucca fu nelle mani del governo provvisorio in nome di Gioacchino Murat, per poi essere retta del generale Stahremberg in nome dell’impero d’Austria e delle potenze alleate, e infine dal generale Werklein, che la governò al servizio dell’Austria fino al 1817. Nel 1817, in seguito alla decisione del Congresso di Vienna, Lucca divenne la capitale di un piccolo Ducato destinato a di finire parte integrante della Toscana non appena fosse scomparsa Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone. Dovendosi temporaneamente dare un principe al Ducato, si ricorse alla dinastia dei Borbone di Parma nelle persone di Maria Luisa prima, che regnò dal 1817 al 1824, e di suo figlio Carlo Ludovico poi, che resse la città dal 1827 al 1847. Il quarantennio che va dall’istituzione del Principato alla fine del Ducato non fu un periodo d’immobilismo. Infatti lo stesso Principato Baciocchi, anche se mal sopportato dai Lucchesi per le irregolarità finanziarie, i drastici e fin troppo invadenti interventi urbanistici e la sottomissione al volere dei francesi, favorì la ripresa di quegli strati borghesi che in epoche lontane erano stati la fortuna della città.

3. Lucca durante il Principato dei Baciocchi

Elisa Baciocchi ebbe l’esigenza di creare a Lucca uno “stile di corte”, consapevole del fatto che Lucca avrebbe dovuto assumere il ruolo e la dignità di capitale di un piccolo Principato. Per realizzare questo progetto attuò un rinnovamento della città non solo nella sua forma urbana, ma anche nelle istituzioni più rappresentative, dando vita ad iniziative di ampia risonanza, così da poter rinvigorire istituti di antica tradizione. Nella pratica ciò che accadde fu l’attuazione di iniziative d’incentivazione o di formazione rivolte ai sudditi, e non progetti affidati a commissioni o ad artisti di grande fama, basate su quel principio, diffuso in tutta Europa nella seconda metà del

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LERA, 1969.

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Millesettecento, che considerava l’arte sia come un elemento educativo, sia come un fattore indispensabile per l’incremento dell’industria e motore propulsore del

commercio3.

Di rilevante importanza è ciò che Elisa Baciocchi fece in seguito del concordato

stipulato nel 1801 fra Napoleone Bonaparte e papa Pio VII4: soppresse numerose

congregazioni ecclesiastiche presenti in città, così da diminuire gli aggravi fiscali sull’Impero. Questo comportò, oltre che un forte depauperamento del patrimonio ecclesiastico, anche un aumento di spazi urbani disponibili, tolti ai conventi soppressi, e poi utilizzati anche come sedi per nuove funzioni pubbliche. Nel 1802 fu istituito il Catasto Urbano e la città fu divisa prima in sestieri e poi in rioni, fu attribuita una numerazione civica alle strade e alle piazze fu dato per la prima volta un assetto

toponomastico in senso moderno5.

Inoltre furono emanati una serie di provvedimenti che portarono nell’arco di pochi anni alla soppressione e all’incameramento dei beni di un centinaio tra conventi, parrocchie e oratori: da qui prese avvio la riconversione funzionale degli edifici religiosi, che erano così entrati a rimpinguare il patrimonio demaniale e costituirono uno degli aspetti essenziali di quella riorganizzazione cittadina voluta da Elisa Baciocchi, principessa di Lucca sorella di Napoleone. Il primo esempio di riutilizzo di un convento soppresso per funzioni pubbliche si ebbe con il monastero domenicano di San Romano dove vennero trasferiti tutti gli archivi di tutti gli edifici demaniali che avevano sede nel contiguo palazzo, mantenendo così per certi aspetti il rapporto

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RUSSO, 1984, pagg. 219- 220.

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La Rivoluzione aveva suscitato l’ostilità dei cattolici fin da subito non solo per le scelte estremistiche ma anche per la semplice iniziale affermazione della laicità dello Stato. Con la Rivoluzione la Chiesa aveva perso in un solo colpo il suo ruolo privilegiato all’interno dello Stato ed era stata equiparata dal punto di vista giuridico e spirituale ad ogni altra confessione religiosa presente sul territorio statale. Solo dal punto di vista assistenziale ed amministrativo aveva mantenuto un ruolo specifico, ma perdendo del tutto la propria autonomia, e, con la Costituzione civile del clero, era diventata un ingranaggio dello Stato. Il papa non aveva mai accettato tutto ciò, né aveva approvato la scelta di metà del clero francese che aveva giurato fedeltà alla costituzione. […] Bonaparte aveva dato numerosi segni di disponibilità per tranquillizzare l’opposizione cattolica. Ma la Chiesa rimaneva legata alla dottrina tradizionale, secondo la quale il potere politico discende da Dio, e deve essere quindi conferito, santificato dalla Chiesa. […] Eppure l’interesse reciproco portava Napoleone e il papa alla ricerca di un’intesa. La Chiesa cattolica non poteva rinunciare alla Francia […] né lo Stato francese poteva dare per scontata l’ostilità di una parte di una così larga della propria opinione pubblica. […] Le trattative andarono avanti per mesi, fra il 1800 e il 1801, e si conclusero con un testo che finalmente poneva fine a dieci anni di ostilità. La religione cattolica veniva riconosciuta non “religione di stato”, ma “della maggioranza dei francesi”. I vescovi, sia quelli “costituzionali”, che quelli “refrattari” venivano destituiti, per poi essere scelti dal Primo Console e consacrati dal papa. A loro volta, i vescovi avrebbero nominato i curati, che diventavano quindi garanti presso il popolo dell’ordine, sia politico che religioso. Il clero regolare […] fu lasciato alle esclusive dipendenze del pontefice. L’esproprio dei beni della Chisa realizzato dall’Assemblea costituente venne ratificato da Roma: PROSPERI - VIOLA, 2000.

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privilegiato che aveva sempre tenuto con il potere civile. Poco tempo dopo venne anche stabilito un nuovo uso per la chiesa di San Giovanni, che divenne sede degli archivi della Repubblica. Il monastero domenicano di San Giorgio fu adibito a carcere – funzione che mantiene tutt’oggi -, mentre tutti i monasteri e gli ospizi che si affacciavano sulla zona ovest della città furono destinati alla costruzione dei “Grandi Ospedali”. La pubblica istruzione fu organizzata in tre istituti di educazione, il collegio e Liceo Felice cui fu assegnato il convento dei Canonici di San Frediano, dove vennero collocati anche la Biblioteca del principato e l’Accademia Napoleonica, l’istituto Elisa cui fu assegnato il monastero di San Domenico e la congregazione delle suore di San Felice, collocata nel monastero agostiniano di San Nicolao. In altri casi, invece, fu la demolizione totale o parziale (per esempio la chiesa di San Piero Maggiore, abbattuta per aprire la piazza davanto al palazzo Ducale), oppure l’acquisto da parte di privati, che destinarono gli edifici agli usi più disparati6 .

Elisa, inoltre, si rese conto che era molto importante evitare la scomparsa dell’artigianato artistico, necessario per impiantare nuove manifatture in grado di produrre oggetti di lusso conformi ai canoni del buon gusto francese importato dalla corte.

La Principessa riorganizzò l’Accademia degli Oscuri, che chiamò Accademia Napoleone, e le affidò il compito di bandire annualmente concorsi per i quali erano previsti premi in denaro. Il fatto che in tali concorsi i soggetti fossero stabiliti dai Principi ci permette di capire che il loro principale interesse era di creare un’immagine concreta della nuova reggenza con abbellimenti e con la realizzazione di costruzioni civili rappresentative. Al suo interno fu attivata la scuola di disegno e un insegnamento di Architettura affidato a Giovanni Lazzarini, futuro Architetto Regio, a cui vennero affidati i primi e più innovativi progetti di rinnovamento. Altrettanto impegno fu riservato alla scultura: Carrara fu considerata l’unico centro adatto alla formazione di un’abile classe di artigiani marmisti proprio per la presenza nel suo territorio di giacimenti di marmi pregiati, con il chiaro obiettivo di incrementare la produzione di manufatti. A ciò però non ci fu seguito: a tanti buoni propositi non corrisposero pari successi, forse perché gli artisti erano lasciati poco liberi di esprimersi ed erano soffocati da metodi d’insegnamento e vecchie tecniche accademiche non più al passo

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con i tempi e nemmeno adeguate ai giovani artisti che cercavano di distinguersi nella ristretta società lucchese7. Per quanto riguarda il rinnovamento urbano, in questa circostanza si può parlare più che di un organico piano d’intervento, di un indirizzo generico in cui i progetti si basavano su un’idea, e solo dopo qualche anno s’iniziò a parlare di un preciso intervento urbanistico, consistente nel razionalizzare con limitati avanzamenti e arretramenti gli assi principali di una rete viaria invariata da molto tempo. I lavori di rinnovamento urbano si concentrarono maggiormente nella zona a sud della città, dove si trovavano due importanti elementi: il Palazzo Ducale e Porta San Pietro, il principale accesso alla città. Con il Decreto emanato il 5 agosto del 1806 fu stabilito l’abbattimento di numerosi palazzi (la sede dell’Archivio, la Torre del Palazzo, la Posta, i Magazzini del Sale, le Carceri, la chiesa di S. Pietro Maggiore o della Madonna dei Miracoli) e la creazione di una piazza, detta prima Piazza Grande e poi Piazza Napoleone, al cui centro era previsto l’innalzamento di una statua in onore dell’Imperatore8. Le numerose proposte che si susseguirono per definire la cornice architettonica di questa nuova piazza furono firmate in maggior parte dall’architetto Lazzarini, il quale ai progetti fece sempre seguire una perizia di spesa, una previsione dei tempi di lavoro e della rimozione di materiali d’avanzo. Sempre in quest’area, ma dal punto di vista architettonico, i Baciocchi si concentrarono sull’adeguamento dell’antico Palazzo Ducale, o degli Anziani, a sede ufficiale del nuovo potere, ma i lavori che furono attuati non consistettero in grandi interventi, bensì in piccole opere di

adeguamento e di decorazione

.

Un altro punto della città su cui si concentrò

l’attenzione dei Principi fu la zona est, al tempo la più isolata, dove nel 1804 fu costruita Porta Elisa. Il progetto della costruzione di questa Porta aveva come obiettivo quello di recuperare la funzionalità dell’antico decumano (via San Paolino – via Santa

Croce) rendendo possibile un attraversamento est- ovest della città, da Porta San

Donato a Porta Elisa. Inoltre servì anche da collegamento con la città di Firenze e, per

rendere l’aspetto della porta ancora più importante, poiché sviluppava il motivo dell’arco trionfale, nel realizzarla furono impiegati i marmi della chiesa di San Pietro

Maggiore, demolita per la realizzazione di Piazza Napoleone9. Molti ostacoli

impedirono la completa attuazione di tutti questi ottimi propositi, primi fra tutti la

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LAZZANI, 1869, pp. 23, 58.

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Bollettino […], Tomo III, 1806, pp. 53, 54. Vedi appendice A.1

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breve durata del Principato a cui si aggiunse l’opposizione cittadina al dispotismo di Elisa, oltre che l’eccessiva vastità dei progetti. È necessario aggiungere, infine, che il patrimonio artistico di Lucca uscì indenne dalle requisizioni napoleoniche che invece travolsero e sconvolsero l’intera penisola; i maggiori danni furono provocati dalle scelte professionali e dalle condizioni finanziarie del Duca Carlo Ludovico di Borbone, che avrebbe retto la città pochi anni dopo10.

4. Lucca durante il Ducato dei Borbone di Parma

In seguito alla caduta dell’Impero di Napoleone e con l’arrivo dei Borbone di Parma, a Lucca furono pensati e attuati progetti che favorirono la ricostruzione e la tutela del patrimonio economico e artistico della città, fino a quel momento molto danneggiato dalla reggenza dei Baciocchi. Inoltre i Borbone, nella persona di Maria Luisa prima e di Carlo Ludovico poi, si impegnarono a continuare i lavori architettonici e urbanistici intrapresi dai loro predecessori durante il Principato.

Maria Luisa governò il Ducato dal 1817 al 1824, instaurando un governo assoluto che sotto molti punti di vista, nell’ambito della Restaurazione, prese forme oppressive e bigotte. In questo breve periodo la Duchessa cercò per prima cosa di riscattare le sopraffazioni dei francesi esercitate sul clero, restituendogli molti dei privilegi che aveva perso e, in continuità con le molte iniziative intraprese da Elisa, si concentrò sullo sviluppo, sulla cura e sul miglioramento della vecchia struttura urbana. Il 26 aprile del 1818 nominò Architetto Regio il lucchese Lorenzo Nottolini che nel 1822 fu incaricato di realizzare l’acquedotto per condurre, finalmente, acqua corrente in città. Maria Luisa s’impegnò anche a illuminare le strade e le piazze, progettò l’imbiancatura delle case, si dedicò alla sistemazione dei pubblici passeggi e cercò una soluzione per migliorare la percorribilità delle strade, come nel caso di via Pozzotorelli e della zona compresa tra il Palazzo Ducale e il Fosso (oggi via Garibaldi): l’Architetto Nottolini, a cui fu affidato l’incarico, ideò la copertura di quest’ultimo, mettendo così in atto una soluzione che nel tempo si dimostrò di grande utilità.

È importante aggiungere che Lorenzo Nottolini, fra il 1818 e il 1822, fu nominato dalla Duchessa non solo Architetto Regio della Casa e della Corte, ma anche Membro del

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Consiglio delle Acque, Strade e Macchine del Ducato, Ingegnere Capo del Primo Dipartimento (la Versilia) del Consiglio delle Acque e Strade e Macchie, e infine Ingegnere Capo del Commissariato delle Acque e Strade. Nelle mani dell’Architetto era concentrata gran parte della politica edificatoria lucchese, sia pubblica che privata, tanto civile quanto religiosa, abbracciando l’intero arco dell’architettura, da quello più ufficiale e decorativamente impegnativo a quello più tecnico e funzionale. Tanta fiducia da parte della Duchessa nasceva dal fatto che ella aveva già instaurato un rapporto di fiducia con Lorenzo Nottolini fin da quando era stata confinata a Roma (dove l’artista aveva studiato, fruendo di una “pensione” e della protezione di Elisa Baciocchi) in seguito alla caduta del regno d’Etruria (di cui era stata sovrana) e in attesa

che le grandi potenze decidessero quale stato affidarle11.

La Duchessa, infine, ordinò la sistemazione della passeggiata pubblica, dei giardini sulle mura, e fece costruire l’Orto Botanico. Nel Bollettino delle Leggi del Ducato Lucchese del 1819 si trova il primo Decreto che consente intuire quali fossero le intenzioni della Duchessa ancor prima dell’emanazione di norme specifiche per il rinnovamento urbano ed edilizio cittadino: si tratta del Regolamento di Pulizia Municipale, all’interno del quale si danno le prime indicazioni e i primi limiti comportamentali alla cittadinanza12. Fra il 1818 e il 1824 istituì la Direzione dei Pubblici Abbellimenti13, a

capo della quale pose il Direttore nella persona di Pietro Paoli14, incaricato di vigilare

su tutto ciò che riguardava la conservazione delle Mura e delle Pubbliche Passeggiate, di sorvegliare i lavori di abbellimento attuati su edifici pubblici e privati e, in particolare, di controllarne la solidità quando minacciavano rovina, al fine di garantire l’incolumità pubblica. Nel 1824 Maria Luisa morì e le successe il figlio Carlo Ludovico che governò il Ducato fino al 1847, in una situazione politica per molti aspetti incerta a causa del progressivo imporsi della dimensione nazionale su quella locale. Dal punto di vista urbanistico il Duca, sulla scia delle decisioni materne, affiancato prima dall’Architetto Regio Nottolini e poi da Cesare Lazzarini, s’impegnò ad approvare nuovi progetti, con l’obiettivo di donare a Lucca un rinnovato splendore. Si occupò, quindi, dell’organizzazione della zona sud, quella intorno al Palazzo Ducale, ultimò la

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MOROLLI, 1989, pp. 171 – 173.

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Bollettino [..], Tomo IV, 1820, pp. 266 – 275. Vedi appendice A.2.

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Bollettino [..], Tomo VIII, 1823, pp. 83 – 85. Vedi appendice A.3.

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sistemazione delle Mura e fece costruire il “Caffè delle Mura” (1840), che divenne in breve l’inizio e la conclusione della passeggiata lungo le cortine e i baluardi, nonché luogo di ritrovo e di svago per la cittadinanza. Sempre a Lorenzo Nottolini affidò l’ultimazione del recupero dell’Anfiteatro romano15, iniziata nel 1700 con gli scavi di Sebastiano Donati, che consistettero nel liberare il perimetro esterno e quello dell’arena da costruzioni successive e decadenti, ma lasciando sui ruderi delle gradinate le case costruite nel corso dei secoli16. Recuperato questo spazio, in un primo momento il Sovrano pensò di spostarvi il mercato delle granaglie, solitamente collocato in Piazza San Michele, che spesso provocava disturbi e sporcizia; in seguito alle lamentele dei commercianti, decise di ridimensionarlo, ma di lasciarlo in Piazza San Michele.

Nel 1828, per la prima volta nella storia della città, Carlo Ludovico emanò un Decreto

con il quale ordinò degli interventi da compiere principalmente sui palazzi, così da rinnovarne l’aspetto e il decoro, e contemporaneamente istituì la Deputazione degli Edili, incaricata di dirigere e sorvegliare tutti i lavori di abbellimento degli edifici pubblici e privati, presieduta dal Gonfaloniere, e affiancato da altri quattro membri e dall’Architetto Comunale. La città fu divisa in nove compartimenti e alla fine di ogni anno veniva puntualmente emanata una Notifica, all’interno della quale erano elencate le strade e le piazze dove si sarebbero dovuti seguire i lavori di abbellimento. Il Decreto aveva previsto anche che, se in qualche caso il proprietario fosse stato impossibilitato ad effettuare i lavori perché in stato di miseria, la Deputazione avrebbe dovuto concedere un sussidio; mentre, nel caso in cui qualcuno avesse voluto compiere autonomamente dei lavori di abbellimento, avrebbe dovuto presentare una domanda scritta e uniformarsi alle disposizioni della Commissione. Infine, spettava sempre alla Deputazione proporre i lavori d’Interesse Pubblico, come il restauro di strade malsane o dei pozzi.

4.1. La Direzione dei Pubblici Abbellimenti

Secondo quanto riportato all’interno del Bollettino delle Leggi del Ducato Lucchese, la Duchessa Maria Luisa, con l’Ordine Reale del 27 dicembre 1818, nominò prima il Direttore dei Pubblici Abbellimenti, Pietro Paoli e, pochi anni dopo, con il decreto del

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BELLI BARSALI, 1970, p. 47.

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25 febbraio 1823, ne stabilì i compiti con dodici articoli. Secondo quanto riportato nei dodici articoli, il Direttore aveva il compito di vigilare sulle antiche mura, di segnalare alle autorità competenti eventuali danni e suggerirne gli interventi di riparazione (art.1); aveva l’incarico di vigilare sui lavori di muratura e imbiancatura di edifici pubblici e privati (art. 2), attuabili solo in seguito ad un permesso del Gonfaloniere, che aveva la possibilità di indicare anche i metodi di esecuzione (art. 3.). Nel caso di palazzi pericolanti, il Direttore era incaricato di segnalarne la pericolosità e, con l’aiuto dell’Architetto Comunale, cercare una soluzione adeguata (art. 4.). Era poi autorizzato a controllare che l’Amministrazione Comunale attuasse una buona inghiaiatura delle strade sulle mura, nonché la sostituzione delle piante danneggiate e la loro cura, e il mantenimento dei vivai ( art. 6.). Tutti i lavori attuabili sulle mura e in città, secondo quanto riportato nel settimo e nell’ottavo articolo, dovevano essere proposti dal Direttore che, solo dopo una consultazione con il Gonfaloniere, poteva presentarli alla Sovrana per il permesso definitivo. Il denaro per finanziare i lavori alle mura era raccolto con la tassazione “di lire una per ogni cento libbre di salumi d’ogni specie, e formaggi salati provenienti dall’Estero, come pure una sovraimposta di soldi otto per ogni barile di vino, che egualmente s’introduce dall’Estero”. Tutti gli altri lavori, invece, dovevano ottenere il permesso sia del Direttore, che del Gonfaloniere, ed erano regolarmente appaltati in seguito ad un Bando Pubblico (art. 11.).

4.2. La Deputazione degli Edili

Salito al trono, Carlo Ludovico ritenne opportuno rendere Lucca “allegra, comoda e bella17” al pari di molte altre capitali europee, mettendo in vigore norme “dirette a dare una nuova vita al materiale della città il di cui esterno per un lungo abbandono riusciva tristo segnatamente ai Forestieri, ai quali, sebbene non sfuggisse la bella forma architettonica e la ricchezza del suo pietrame nella maggior parte del fabbricato, non poteva che fare una dispiacente sorpresa la indolenza nostra18”.

L’obiettivo del Duca era di svecchiare le strade e renderle agibili, ma soprattutto di eliminare l’antico alone che ricopriva tutti i palazzi: per questo ordinò di scialbare e colorare in maniera uniforme e compatta tutti gli esterni, così da donare alla città una

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Bollettino [..], Tomo XIV, 1829, pp. 10 - 15.

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nuova luce e un aspetto rinnovato. I primi punti del Decreto, composto in totale da ventisette articoli, indicano in linea generica i lavori da compiersi: i proprietari degli edifici furono obbligati a colorire e scialbare tutte le facciate dei palazzi, a orientare l’apertura di porte e finestre verso l’interno, a regolare la canalizzazione delle acque piovane dai tetti fino a terra e, in un secondo momento, a regolare tutti gli sporti delle botteghe che affacciavano sulle strade e ordinare le aperture secondo assi precisi. Poiché si trattava di un’operazione di rilevante importanza il Duca decise che, anche nel caso in cui vi fosse stato qualcuno privo del denaro necessario a provvedere all’attuazione di questi obblighi, sarebbe stato aiutato dal Comune, al quale era stata messa a disposizione una cospicua somma di denaro, raccolta in seguito all’emanazione del Motuproprio del 15 febbraio 1823 diretto a tassare i fieni e la legna. Il tredicesimo articolo del Decreto del 19 aprile 1828 apre una seconda sezione, quella che ufficializza la nascita e stabilisce i compiti di un nuovo organo preposto al controllo dell’attuazione di queste norme: la Deputazione degli Edili.

A capo di questa il Duca pose il Gonfaloniere della città, nella persona del sig. Niccolao Giorgini, che fu nominato Presidente, affiancato inoltre da altri quattro membri; il Palazzo del Comune di Lucca ne divenne la sede e qui aveva l’obbligo di riunirsi almeno una volta al mese. Fu poi stabilito che ad affiancare questo nuovo organo vi fosse l’Architetto Comunale, al quale venne affidato il compito di vigilare quotidianamente e personalmente i cantieri. In un primo momento ricoprì la carica Giovanni Lazzarini al quale successe, nel 1834, il figlio Cesare19. La città fu divisa idealmente in nove compartimenti e ogni anno, in seguito a Notifica, era stabilito in quale di questi dovevano cominciare i lavori, ripetuti obbligatoriamente ogni dieci anni sempre a carico dei proprietari.

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1806 – Commissario del Cantone di Lucca Municipalità di Lucca

• Presidente

Competenze: - Amministrazione rendite Comunali - Amministrazioni imposte stabilite dal Consiglio

- Direzione ed esecuzione di Lavori Pubblici - Conservazione e sorveglianza di Beni Comunali

• Due assistenti

• Consiglio Municipale

Competenze:

- Controllo amministrazione del Presidente - Amministrazione delle entrate e delle uscite

- Sorveglianza dei Beni Pubblici - Esecuzione e direzione dei Lavori Pubblici

- Controllo Impiegati

• Ministro della Giustizia

Tabella 1. Organizzazione amministrativa della Municipalità di Lucca nel 1806.

Tabella 2. Organizzazione amministrativa di Lucca nel 1818, quando era una Vicaria del Ducato.

28 ottobre 1818

Maria Luisa emana un Decreto con il quale Lucca diventa Vicaria del Ducato.

A capo della Vicaria sono posti:

- il Consiglio: composto da tutti i capifamiglia maschi di maggiore età e residenti a Lucca da almeno 9 anni.

I Consiglieri avevano il compito di: - eleggere il Presidente (in carica per 3 anni)

- eleggere il Cancelliere

- eleggere i Governatori dei paesi che dipendevano da Lucca - Il Gonfaloniere: commissario della Vicaria,

Presidente di una Magistratura composta da 9 anziani, assistiti da un cancelliere.

La Duchessa eleggeva:

- un Consiglio Comunicativo composto da 24 membri - i Commissari della Vicaria

- i Cancellieri Commissariali - il Cancelliere del Magistrato

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Tabella 3. Organi preposti ad amministrare Lucca nel 1810.

Tabella 4. Organizzazione amministrativa di Lucca dal 1815 al 1847. 1810 – Decreto sull’organizzazione dell’Autorità Amministrativa

Maire, o Presidente (nominato dal Principe)

o Competenze:

- Ordine Pubblico

- Controllo dei Commerci

- Culto

- Controllo di acque e strade

- Controllo beni demaniali

- Istruzione

- Sanità pubblica

Un Segretario

Due Aggiunti

Sostituiscono il Maire in caso di impedimenti

Consiglio Municipale

- Controlla la gestione economica del Maire

- Aveva il compito di suddividere fra i cittadini l’onere di occuparsi delle riparazioni delle strade

- Esprimeva pareri sulla gestione delle proprietà comunali

1815 – 1847 Magistratura:

- Gonfaloniere compito esecutivo - amministrazione economica - 10 Priori - predisposizione bilancio

-approvazione provvedimenti - affitti

- lavori

- autorizzazione pagamenti - controllo fossi e canali

Consiglio Generale:

- 24 membri funzioni deliberative - nomina medici condotti - nomina esattori

- delibera opere nuove o straordinarie - apertura e chiusura strade

- occupazione terreni di pubb. utilità

Cancellerie: sono delle circoscrizioni amministrative comprendenti una o più Comunità poste sotto il diretto controllo dei Cancellieri, funzionari di nomina governativa.

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Tabella 5. I compiti del Direttore dei Pubblici Abbellimenti.

Tabella 6. Organizzazione della Deputazione degli Edili. Direzione dei Pubblici Abbellimenti

Ordine Reale del 27 dicembre 1818 Maria Luisa nomina

Il Direttore Che aveva il compito di: - vigilare le antiche mura

- vigilare i lavori di imbiancatura e muratura degli edifici - segnalare la pericolosità di edifici pericolanti - controllare che l’Amministrazione Comunale attuasse una buona inghiaiatura delle strade

sulle mura, le piante danneggiate, la loro cura e il mantenimento dei vivai

Deputazione degli Edili

Decreto Sovrano del 19 aprile 1828 Carlo Ludovico di Borbone nomina

Il Presidente

(nella persona di Niccolao Giorgini) affiancato da

Quattro membri

L’Architetto Comunale vigilava il loro operato (nella persona di Giovanni Lazzarini, prima, e poi dal figlio

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Figura 1. Il manifesto del Decreto del 1828. ASCLu, Protocollo degli Edili, 7 agosto 1829 n. 421.

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Figura 2. Manifesto di aggiudicazione degli appalti per i lavori da attuarsi

ASCLu,

18

. Manifesto di aggiudicazione degli appalti per i lavori da attuarsi in seguito a Decreto del 1828.

ASCLu, Protocollo degli Edili, 29 agosto 1829 n. 443.

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Ciò che stabilivano sia il Decreto che la successiva notifica del 21 agosto fu comunicato alla cittadinanza attraverso un manifesto affisso nell’estate del 1829: in esso erano indicate le prime strade in cui dovevano eseguirsi i lavori, quelle dove non dovevano attuarsi; venne per la prima volta accennato pubblicamente il metodo della divisione della città in compartimenti, che avrebbe permesso con più facilità di attuare gradualmente tutti i lavori. A questo primo manifesto, poco dopo, ne fece seguito un altro: in esso erano elencati gli accollatari che avevano vinto il Bando Pubblico istituito dal Comune, al fine di garantire a tutti i proprietari lo stesso onere di spesa e lo stesso risultato nel lavori. Pietro Luporini di Lucca ebbe l’incarico di provvedere ai lavori di muratura, imbiancature e colorito, Giovanni Canterini e Bernardo Buonfiglio si occuparono delle questioni relative all’applicazione delle tubature per lo scolo delle acque piovane e infine Domenico Gemignani, in qualità di fabbro, ebbe l’incarico di provvedere a tutti i lavori sulle infettiate, serrande e finestre.

Di particolare importanza è il documento numero 417 del 1829 contenuto nel Fondo degli Edili nel quale vennero riportate, in maniera indicativa, le tinte di base che potevano essere impiegate per lo scialbo e la tinteggiatura delle facciate dei palazzi,ma non la quantità di colori che doveva essere impiegata per ciascuna tinta, così da lasciare una minima liberà di scelta:

“Modo indicativo la composizione delle diverse tinte e colori votato nel campione esistente nella sala dell’Ufficio Comunale di Lucca a forma di rispettivi numeri qui notati, e sono:

1. Terra gialla, e nera.

2. Terra gialla e molto nero.

3. Nero, e molta terra gialla.

4. Terra d’ambra, un poco di nero e pochissima terra gialla.

5. Terra gialla e pochissima terra nera.

6. Terra verde e terra gialla eguale porzione.

7. Nero e terra rossa.

8. Terra verde, nero, e piccola dose di terra gialla.

9. Nero e poca terra rossa.

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11.Terra d’ambra e un poco di terra gialla e di nero.

12.Terra verde e nero.

13.Nero e poca terra verde.

14.Nero e un poco di terra gialla.

15.Terra gialla, terra d’ambra e nero (si noti che questo colore è unicamente destinato per le facciate dei palazzi da dipingersi a macigno).

Tutte le suddette tinte dovranno sempre essere unite al bianco di calcina in quella dose che si ravvisi necessaria per ridurle del tuono richiesto”.

Questo documento è molto utile ai fini della presente ricerca perché permette di capire con un margine di approssimazione che aspetto avessero le facciate dei palazzi della città in seguito all’attuazione dei lavori. Come accennato pocanzi, la notifica del 15 giugno 1830 comunica le modifiche da attuare anche alle “botteghe”, da questo momento obbligate “a togliere tutte le tettoie, i banchi, le mensole, e qualunque altra cosa che sporgesse dal vivo del muro”.

Dopodiché la situazione a Lucca si assestò e, con regolarità, alla fine di ogni anno fu comunicato alla cittadinanza quale compartimento doveva essere coinvolto nell’attuazione dei lavori stabiliti dal decreto del 19 aprile 1828.

Il Fondo che contiene tutti i documenti dei lavori di competenza della Deputazione degli Edili è estremamente vasto, ed è composto sia dai progetti proposti dai singoli proprietari che dai progetti redatti dalla Deputazione e dell’Architetto Comunale. In essi non è mai specificato il colore destinato alla facciata da rinnovare, ma è lasciato alla decisione del singolo proprietario, o dei proprietari, direttamente sul cantiere. La lista dei colori era affissa nella Sala della Residenza Comunale ed è andata perduta. La Deputazione fu soppressa nel 1855.

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Figura 4. Casa via dei Fossi, località detta “del Molinetto”. ASCLu, Protocollo degli Edili, 23 marzo 1833 n. 79.

Figura 5. Casa del Signor Roberto Bombicci, via Nuova. ASCLu, Protocollo degli Edili, 28 luglio 1837, n. 187.

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Figura 6. Casa del Signor Roberto Bombicci, via Nuova com’è oggi.

Figura 7.Casa Pardocchi. Prospetto della facciata. In questo disegno è possibile confrontare la facciata medievale con in progetto del successivo intervento ottocentesco.

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4.3. Il mercato di Piazza San Michele

In seguito ai provvedimenti emanati nel 1828, Carlo Ludovico si rese conto che il mercato delle granaglie che si svolgeva regolarmente in Piazza San Michele era inadatto al decoro della città, principalmente perché troppo vicino al Palazzo Ducale e al Palazzo dei Priori, alla Porta San Pietro e alla Chiesa di San Michele. Nel 1830 emanò un Decreto con cui decise di spostarlo all’interno dell’antico Anfiteatro romano20una volta terminati i lavori di ripristino e sgombero dell’area. Le lamentele dei commercianti, preoccupati per il calo di vendite che avrebbe causato lo spostamento, indussero il Duca a sospendere il provvedimento e ad emanarne un altro con il quale confermava la possibilità per i mercanti di continuare ad esercitare le vendite sul

sagrato della chiesa di San Michele, ma in modo limitato21. Nel 1834, infine, emanò un

altro Decreto con il quale, questa volta, limitava lo spazio a disposizione dei mercanti, che doveva essere il più lontano possibile dalla chiesa, scoperto e “senza baracche, stoje, od altro22 ”.

5. Lucca nella seconda metà del secolo XIX

Nel 1847, quando Lucca fu annessa al Granducato di Toscana sotto la reggenza di Leopoldo II, perse buona parte della propria indipendenza e, una volta alterati gli equilibri interni, anche le sue condizioni economiche si aggravarono. In seguito all’istituzione del Regno d’Italia le cose peggiorarono ulteriormente perché fu costretta a sottomettersi a decisioni prese ed elaborate in contesti lontani e diversi. L’unico elemento positivo in tutto ciò fu la città che riuscì a conservare e a difendere valori che in molte altre piccole città d’Italia si erano persi sotto il peso schiacciante del rinnovamento moderno. Questo è riscontrabile anche nel tessuto urbano: la parte antica, sia perché rinchiusa fisicamente all’interno della cerchia muraria, sia per la mancanza di forze tendenti a demolirla, si conservò intatta, mentre le aree circostanti si svilupparono secondo i canoni dettati dalle moderne esigenze.

Alcuni Regolamenti Edilizi, emanati dopo il 1860, ci danno la possibilità di capire com’era regolata la città in seguito a questi eventi politici. I regolamenti s’interessano

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Bollettino [..], Tomo XVI, 1930, pp.93 - 94.Vedi appendice A.6.

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Bollettino [..], Tomo XVII, 1831, p. 1. Vedi appendice A.7.

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in particolare di urbanistica, di tutela degli edifici e delle opere d’arte collocate in luoghi pubblici, e dell’utilizzo degli spazi in strada.

Il primo di questi Regolamenti Edilizi, contenuto all’interno del Regolamento di Polizia

Municipale, entrò in vigore nel 186823 ed era composto di 96 articoli, suddivisi in sette

sezioni chiamate “titoli”. S’interessava di “occupazione del suolo e dell’aria pubblica”, di “sicurezza delle persone che transitano per le vie e piazze della città”, di “igiene pubblica, nettezza delle vie e delle piazze della città”, “della decenza, comodità e quiete pubblica”, di “edilizia, ossia ornato esterno dei fabbricati e conservazione dei monumenti” e, ultimo, le “disposizioni generali e transitorie”. Si concludeva con una tabella intitolata “delle tasse da esigersi dall’Amministrazione Comunale per i permessi rilasciati dal Sindaco e dalla Giunta”. La sezione che si occupava di “edilizia, ossia ornato esterno dei fabbricati e conservazione dei monumenti” è composta di 12 articoli e stabilisce, in continuità con il decreto del 1828, che tutti i muri e le facciate dei palazzi prospicienti le strade debbano essere colorati a spese del proprietario, compresi i canali dei tetti, le finestre, i numeri civici; i lavori dovevano essere eseguiti ogni dieci anni sempre secondo il metodo della successione dei compartimenti in cui ancora era ancora,idealmente, divisa la città.

A queste leggi se ne aggiunsero altre dettate da esigenze più moderne che stabilivano: “chiunque voglia costruire nuovi fabbricati o variare anche in minima parte l’aspetto di una facciata deve preventivamente chiedere il permesso all’Autorità Municipale e uniformarsi alle sue norme”. Interessanti e di particolare novità sono gli articoli 72 e 73: il primo stabilisce che “a nessuno è concesso rimuovere le iscrizioni, i monumenti, le memorie, gli stemmi, né variarne la posizione, o toglierle o nasconderle alla vista del pubblico e nemmeno collocarne di nuove senza il permesso dell’Autorità Municipale”; il secondo invece si rivolge ai proprietari dei negozi e alle insegne che vengono affisse su ogni fondo e stabilisce che: “Tutti i cartelli o iscrizioni permanenti destinati ad insegne di bottega, negozio ed industria qualunque, devono essere approvati dalla Giunta, e scritti in buono Italiano e vi potrà essere unita la traduzione in altra lingua”.

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Fu discusso e approvato dal Consiglio Comunale di Lucca nel maggio del 1866, in seguito fu approvato dal Ministero ed entrò in vigore nel 1868. ASCLu, Carteggio miscellaneo, busta n. 9, fascicolo n. 2. Vedi appendice A.9.

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La sezione termina con una chiara indicazione: “chiunque non applicherà queste regole e non attuerà i lavori secondo esse sarà severamente punito e i lavori saranno disfatti e rifatti sempre a carico del proprietario”.

Il 23 agosto del 1875 fu approvato un nuovo Regolamento Edilizio24, questa volta autonomo, composto di 24 articoli divisi quattro capitoli quali: “nettezza e ornato esterno di fabbricati” (artt. 1, 11), “conservazione di monumenti” (artt. 12, 13 e 14), “disposizioni penali” (artt. 15 e 16), “disposizioni generali e di procedura” (artt. 17, 24). L’articolo n. 1 utilizza per la prima volta il termine restauro, riferendosi alle facciate di tutti quei palazzi che “per ragioni d’arte e di storia meritano di essere conservati così come sono” e per i quali solo la Giunta ha la facoltà di stabilire lavori straordinari o parziali. A questo si aggiunge l’articolo n. 7 all’interno del quale, per la prima volta, si utilizza il concetto di tutela e dichiara che “è proibito recare danno, scrivere, o in qualunque modo guastare o macchiare o tingere o altro su qualsiasi monumento, opere, od edificio sia pubblico che privato e loro affissi e dipendenze e su muri di cinta di orti e giardini, come pure è proibita ogni specie d’alterazioni sebbene momentanee alle fonti pubbliche, non che ai candelabri e ai bracieri, che servono alla illuminazione”. Il secondo capitolo s’interessa in maniera “moderna” della conservazione dei monumenti: l’Autorità Municipale non deve solo garantire la sicurezza pubblica, ma deve anche conservare i monumenti architettonici provvedendo al restauro di Chiese, Palazzi, Logge ed Edifici di qualunque genere che siano giudicati monumenti d’arte quando minacciano di deperire. E provvede, intimando al proprietario o patrono di eseguire il restauro, di consentire che questo venga eseguito a sue spese”.

Come a completare il Regolamento Edilizio del 1875, nel 1891 ne fu emanato un altro25. Composto di 42 articoli e diviso in dieci capitoli, ufficializza l’istituzione di un nuovo organo di controllo comunale che succede alla prima Commissione Edilizia del 1828, questa volta chiamata Commissione Edilizia Consultiva. Come la precedente, anche questa si compone di cinque membri, tre dei quali possono essere eletti anche al di fuori del Consiglio Comunale, il Sindaco e l’Ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico. A differenza della Commissione Edilizia, la Commissione Edilizia Consultiva ha l’incarico

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ASCLu, Carteggio miscellaneo, busta n. 9, fascicolo n. 2. Vedi appendice A.10.

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sia di controllare i lavori pubblici che di proporre la formazione di un piano regolatore di fabbricazione e di fognatura nei rapporti tecnici ed igienici, e di redigere ogni anno una relazione da consegnare alla Giunta sulle opere di abbellimento e di pubblica utilità necessarie alla città.

Come avvenne nel 1828, anche questo Regolamento si interessa di intonacatura e coloritura dei muri esterni degli edifici e dei muri di cinta di orti e giardini. Stabilisce che devono essere colorati secondo il decoro della città ed esclude “i fabbricati di riconosciuto carattere monumentale, e quelli costruiti in pietra da taglio o in mattoni e paramento” (articolo 19). Il settimo capitolo regola la “conservazione delle iscrizioni lapidarie, degli stemmi e degli oggetti d’arte”: l’articolo 34 stabilisce che “la rimozione temporanea o definitiva di uno stemma, di una iscrizione lapidaria, o di un oggetto d’arte, dovrà essere sempre denunziata alla Giunta comunale, che può vietarla per riconosciuto valore storico o pregio d’arte, sentito il parere della Commissione Consultiva Edilizia, e nei casi più gravi della Commissione provinciale conservatrice dei monumenti d’arte e d’antichità; l’articolo 35 aggiunge che “all’esterno di un edificio privato non potranno collocarsi in modo permanente statue, iscrizioni, memorie ecc., senza prima avere fatta denunzia alla Giunta comunale, che potrà vietarne il collocamento quando deturpi l’aspetto pubblico, intesa la Commissione edilizia consultiva”. Gli articoli 23, 24 e 25 si occupano del regolamento delle iscrizioni e delle pitture: stabiliscono che per ogni atto di questo tipo è necessario chiedere prima l’autorizzazione al Comune e, per “le iscrizioni permanenti destinate a insegne e botteghe, di negozio e esercizio qualunque d’industria, arte o professione, dipinte, incise o scolpite, dovranno sempre essere dettate in lingua italiana e corrette per

locuzione e ortografia; e soltanto vi potrà essere unita la traduzione in altra lingua26”.

Di carattere innovativo, non presente in nessun precedente regolamento edilizio, è quello che è riportato all’interno del quinto capitolo, articolo 28: le tende per riparo dal sole collocate avanti le botteghe, possono sporgere dal muro non oltre 30 centimetri e non potranno discendere da un’altezza minore di metri due dal suolo; e non sono permesse quando, per la ristrettezza del luogo, possono recare ostacolo al libero transito delle vetture. Nella città ottocentesca dunque anche le vetrine furono oggetto di limitazioni e norme. A tal proposito, anche se non si conserva nessun

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esempio di interventi appartenenti a questo periodo, può risultare interessante illustrare ciò che avvenne in seguito alla nascita del Regno d’Italia, nei due decenni a cavallo fra il 1800 e il 1900, quanto anche a Lucca si ebbe un grande sviluppo culturale ed economico tale da favorire l’ascesa di un nuovo ceto emergente composto da commercianti, industriali e esportatori, che si sostituirono alla vecchia aristocrazia. In particolare, con il cambiamento dell’economia, i commercianti capirono che le vetrine dei negozi avevano un ruolo molto importante per le vendite: furono quindi rinnovate, così da diventare uno dei primi mezzi di comunicazione per attirare i clienti e favorire le vendite. Per realizzarle, i proprietari di alcuni negozi collocati lungo le arterie principali, in particolare in via Fillungo, nei pressi della Cattedrale di San Michele in Foro, lungo via Beccheria e via Santa Croce, s’impegnarono a cercare un nuovo stile adatto alla propria vetrina e, come in tutta Europa, anche a Lucca i mercanti affidarono la realizzazione ad architetti in voga durante il tardo Ottocento, fra cui si possono

ricordare i nomi di Giovan Lelio Menesini, Virginio Paolinelli e Umberto Colombini27.

Sulla scia del movimento inglese Arts and Crafts gli architetti idearono opere che fondevano insieme l’arte pura e l’artigianato, a Lucca molto specializzato anche grazie all’Istituto Regio delle Belle Arti Augusto Passaglia, divenuto poi Regia Scuola Professionale delle Arti Decorative Industriali, che permise l’aumento di maestranze specializzate in ambito artistico e nel settore delle arti applicate. Si possono ricordare la Ditta Franco Spicciani e Figlio e l’artigiano Eugenio Bianchi tra i più rinomati intagliatori e falegnami. Franco e Carlo Spicciani vissero a Lucca fra il 1910 e il 1933, ed erano sia arredatori, che proprietari di un negozio dal nome La casa moderna, che si riferisce chiaramente al negozio parigino “La Maison Moderne”, aperto nel 1899 da Julius Meier-Graefe, critico di arte tedesco e tra i massimi promotori del movimento Art Nouvea28. Carlo Spicciani prediligeva alcuni motivi decorativi tipici del Liberty quali le figure muliebri danzanti con velo, ispirate alle rappresentazioni della ballerina Loie Fuller, acclamatissime all’epoca e di grande suggestione per molti francesi. A Lucca i negozi che hanno conservato almeno in parte i lavori degli Spicciani risalenti all’epoca Liberty sono la “Profumeria Venus” e la “Gioielleria Chiocchetti”. Quest’ultima conserva ancora la vetrina del 1912 e una parte dei mobili, mentre si è perduto

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ILG, 2002., pp. 53 - 54.

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l’arredamento interno di una farmacia aperta nel 1913 di fronte alla chiesa di San Michele29. Ancora oggi, camminando per le strade della città è possibile ammirare le vetrine in stile Liberty che agli inizi del XX secolo destarono tanta meraviglia nei lucchesi.

Emilio e Giuseppe Pellegrini, proprietari della Gioielleria che si trova all’incrocio fra via Fillungo e via San Giorgio, proposero nel 1906 al Consiglio Comunale di realizzare un ammodernamento della vetrina su un progetto dell’architetto Umberto Colombini. Questo avrebbe permesso, secondo l’idea di partenza dell’architetto e dei proprietari, di sostenere la competizione con la vicinissima gioielleria “Chiocchetti”. Il lavoro fu realizzato solo parzialmente. Quello che è possibile ammirare ancora oggi è in parte opera del capomastro Amerigo Pergola, vissuto a Lucca fra il 1871 e il 1945, che applicò quegli elementi lapidei sui quali l’Architetto Colombini inserì elementi curvilinei in legno e una grande vetrata e pose due semplici insegne di legno su cui fu dipinta la scritta “Antica ditta G.ppe Pellegrini”, ciascuna decorata da una scultura in bronzo quasi a tutto tondo rappresentante un viso di donna circondato da fiori, tipico elemento dello stile liberty, attribuito a Francesco Petroni30.

La gioielleria Chiocchetti si trova in via Fillungo e il mobilio interno oltre che la vetrina espositiva fu realizzata dalla ditta Spicciani nel 1912. E’ interamente costituita da legno e cristallo ed è composta di tre vetrine, due laterali e una centrale, intervallate da due porte d’ingresso, che permettono un’ampia esposizione di oggetti preziosi, oltre che la vista dall’esterno dello sfarzoso interno. Gli angoli delle vetrine e l’insegna in alto su cui è scritto F. Chiocchetti sono impreziositi da decorazioni floreali e geometriche, elementi tipici dello stile Liberty31.

Alla fine dell’Ottocento in piazza San Michele c’era un negozio di moda che vendeva stoffe, tappeti e abiti ed era di proprietà di Silvia Ripari e Giuseppe Nardi. Nel 1921 il signor Natale Pera, loro vicino, aveva deciso di ristrutturare la facciata esterna per ingrandire lo sporto in via Beccheria allo scopo di esercitare al meglio il proprio lavoro di pasticciere e droghiere e per fare questo si era rivolto all’architetto Giovanni Lelio Menesini. Un anno dopo anche i signori Nardi e Ripari richiesero al Comune il permesso di aprire una nuova porta in vicolo dello Stellino e di estendere il cartello di

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ILG, 2002, pag. 138.

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ceramica e finta pietra che sormontava già il negozio del Signor Pera allungando il fregio e inserendo come decorazione gli stessi elementi che erano già presenti sui prospetti dei negozi vicini32. Si rivolsero all’architetto Menesini che adeguò le prime decorazioni con le successive: inserì i fregi e i putti invetriati, la parte più originale del progetto e non sono sottoposti ad una logica costruttiva, ma segnano i punti di intersezione della fascia lapidea orizzontale con quella verticale , senza dare né ricevere sostegno dagli elementi architettonici. I putti furono realizzati quasi a tutto tondo con un forte contrasto tra il bianco del corpo e gli oggetti variopinti da lui sorretti. Alludono alle attività dei negozi: in corrispondenza della pasticceria Pera portano, come camerieri, prodotti dolciari o botti di vino, boccali e grappoli d’uva. Sopra l’attuale farmacia centrale, che un tempo era il negozio Nardi Ripari, i putti indossano pellicce d’ermellino, portano ombrelli e borse di stoffa. Sulla base del putto che affaccia in via dello Stellino è tutt’ora presente il nome dell’artista che realizzò i puttini: si tratta di Umberto Pinzauti, scultore molto attivo a Lucca33.

Nel 1914 i fratelli Nieri presentarono alla Giunta Comunale un progetto elaborato da Virgilio Paolinelli per un nuovo prospetto del loro negozio di pizzicheria in piazza San Michele34, dietro il coro della chiesa. Il prospetto odierno del negozio, con una destinazione diversa, è molto fedele al prospetto del 1914 e si rifà nella disposizione generale degli elementi al progetto del 1911. Due pilastri laterali affiancano la mostra tripartita per mezzo di due colonnine di ghisa, sovrastata da un architrave con la scritta commerciale “Pizzicheria Salsamenteria Santi Nieri”, il tutto completato dal una grata in ferro battuto che sovrasta le vetrine laterali, realizzate dall’officina lucchese di Raffaello Guidi. Sulla lunetta ad arco ribassato è presente la testa di Mercurio, non prevista dal progetto originale35.

La “Profumeria Venus” fu ammodernata fra il 1921 e 192236, ma non è stato possibile

ottenere informazioni certe sull’autore della vetrina. E’ stata attribuita allo scultore Alfredo Angeloni, ma non è possibile escludere che anche il proprietario, il Signor Palmiro Angelucci, famoso negli stessi anni a Lucca come abile marmista possa essere

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ASCLu, Permesso di Costruzione, 25 febbraio 1922 n. 98;

33

ILG, 2002, pp. 182 - 183. 34

ASCLu, Permesso di costruzione, 24 aprile 1914, n. 5795; ASCLu, Deliberazioni della Giunta Municipale, 23 luglio

1912 n. 1609.

35

ILG, 2002, p. 229.

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intervenuto alla sua realizzazione. La lastra superiore, che compone l’architrave dell’ingresso, ha inciso il nome della profumeria, mentre sulla lastra inferiore è inciso il nome del proprietario. Di particolare interesse sono le due figure femminili scolpite in basso rilievo e rappresentate nude e con i capelli sciolti, sono inserite in una specie specchio ovale incorniciato da perline, idealmente sostenuto da un nastro con un fiocco in bronzo; questo particolare fa pensare all’intervento di Francesco Petroni, considerato a Lucca uno degli specialisti in questo settore. Inoltre, come nel caso dei putti di piazza San Michele, le due donne sono raffigurate nell’atto di cospargersi di profumo, si richiamano al tema del negozio. L’interno della profumeria, interamente in legno, è opera dalla Ditta Spicciani37.

Sempre in Piazza San Michele, all’angolo con via di Poggio Egidio Gambogi, commerciante che esportava olio, vino e formaggi commissionò a Virgilio Polinelli il progetto per la facciata dell’ufficio della sua ditta. La parte marmorea, tutt’ora presente e integra, fu invece affidata allo scultore Francesco Petroni che inizialmente aveva elaborato un progetto da realizzarsi in pietra gialla di Firenze, successivamente bocciato perché troppo discordante con le vicine insegne. Realizzò quindi due bellissimi putti, un maschio e una femmina, che rappresentano l’umanità che con il suo lavoro trae dalla terra i suoi prodotti, ricchezza della nostra vita; reggono un festone floreale al di sotto del quale c’è un festone di pietra liscia dove era prevista la collocazione dell’insegna. Inoltre, al di sotto dei piedi dei putti, oltre i capitelli, Petroni inserì due medaglioni in bronzo raffiguranti i ritratti di profilo di Amerigo Vespucci e Cristoforo Colombo, intesi come precursori dei lucchesi nel praticare i commerci con il nuovo continente.

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Figura

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Figura 8. La gioielleria Pellegrini.

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Figura 10. La gioielleria Chiocchetti

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Figura ASCLu,

Figura 13

I locali oggi sono occupati dalla Farmacia Centrale e due negozi di abbigliamento, Principe e Sugar

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Figura 12. Progetto per l'insegna della Pizzicheria Nieri ASCLu, Permesso di costruzione, 24 aprile 1914 n. 202

13. Le antiche insegne dei negozi Pera, Ripardi e Nardi.

I locali oggi sono occupati dalla Farmacia Centrale e due negozi di abbigliamento, Principe e Sugar Pera, Ripardi e Nardi.

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Figura 14. Progetti per le insegne dei negozi Pera e Ripari ASCLu,

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. Progetti per le insegne dei negozi Pera e Ripari – Nardi. Particolare: i Putti. ASCLu, Permesso di Costruzione, 25 febbraio 1922, n. 98.

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