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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

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Academic year: 2021

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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Nel concludere questo lavoro dobbiamo constatare il ruolo fondamentale che il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale dell'articolo 112 svolge nell'assetto disegnato dalla Costituzione. Senza di esso infatti i valori costituzionali di uguaglianza e di legalità, nei confronti dei quali assume una funzione strumentale, rischierebbero di non essere adeguatamente tutelati e sicuramente la magistratura requirente godrebbe di una minore indipendenza nei confronti della politica.

In un certo senso lo stesso dibattito tra i sostenitori del principio di obbligatorietà e quelli del principio di discrezionalità perde gran parte del suo significato se la questione viene osservata da ottica comparata.1 Infatti, si è

registrato un forte avvicinamento tra le due tipologie di sistemi, specialmente in ambito europeo, come conseguenza del percorso di armonizzazione delle legislazioni intrapreso dagli stati membri dell'Unione Europea. Dove vige l'obbligatorietà si sono diffusi, in conseguenza alle evidenti esigenze di deflazione, ampi spazi di valutazioni discrezionali a disposizione del Pubblico Ministero nell'esercizio dell'azione penale, mentre negli ordinamenti che hanno optato per il principio di opportunità si è spesso deciso di introdurre strumenti di controllo sulle scelte della magistratura requirente per rispondere all'esigenza di legalità che normalmente si avverte in quei paesi.2

Non sarebbe però utile trincerarsi dietro la difesa del principio senza affrontare i numerosi problemi di effettività di cui è afflitto. Come abbiamo avuto modo di vedere persino una formula rigida come quella prevista dalla Costituzione viene costantemente disattesa nella prassi. I dati statistici ci hanno mostrato che il fenomeno dell'elusione dell'obbligatorietà penale, pur essendo molto meno drammatico rispetto a quello che viene riportato nella vulgata, ha dimensioni notevoli e, se non viene adeguatamente gestito,

1 Cfr. R. E. Kostoris Per un'obbligatorietà temperata dell'azione penale in Rivista di

Diritto Processuale 2007 n4.

2 L. Luparia Obbligatorietà e discrezionalità dell'azione penale nel quadro comparativo

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rischia di svuotare il principio costituzionale del suo significato. Non si vuole certo fare un'acritica apologia della magistratura requirente, già nel 1851 Charles Baudelaire aveva modo di scrivere “ho spesso pensato che se Gesù Cristo comparisse oggi sul banco degli accusati, si troverebbe un qualche procuratore disposto a dimostrare che il suo caso ha l'aggravante della recidiva”3 e spesso a questa considerazione, che si è sovente dimostrata

vera, non è corrisposta una pari attenzione nella persecuzione di soggetti potenti. Tuttavia il nostro sistema, caratterizzato dall'obbligatorietà dell'azione penale e dall'indipendenza del Pubblico Ministero, ha garantito un'applicazione tendenzialmente uguale del diritto penale.4 I danni prodotti

dalla saturazione del sistema di giustizia danneggiano solamente la tutela dei principi costituzionali già menzionati, ma comportano anche un notevole danno economico5 e al riguardo si possono citare le parole di Ernesto Lupo

nel 2012, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, con le quali, l'allora Primo Presidente della Corte di Cassazione, sottolinea, in riferimento alla crisi economica e finanziaria, che risulta: “sempre più chiara consapevolezza del contributo negativo che l'arretrato e i tempi lunghi della giustizia (particolarmente quella civile) recano alla più generale crisi economica, di efficienza e di credibilità del paese”. In una simile situazione è necessario provvedere a trovare soluzioni che rendano effettivo il principio in esame. Le direttrici su cui ci si può muovere per ottenere questo risultato sono molteplici. La prima è quella di agire sull'ipertrofia della legislazione penale sostanziale. Questa infatti, portando alla congestione del sistema di repressione, ha tra le altre cose un effetto estremamente negativo sulla prevenzione generale dei reati, in quanto l'irrogazione della sanzione diventa in molti casi completamente irrealistica. Molti operatori inoltre sottolineano

3 C. Baudelaire Del vino e dell'hashish, 1851, citato in A. Rossi Per una concezione realistica dell'obbligatorietà dell'azione penale in Questione giustizia, 1997, n2, p. 309.

4 A. Rossi Per una concezione “realistica” dell'obbligatorietà dell'azione penale in

Questione Giustizia, 1997 n2, p. 309.

5 Il rapporto Doing Business della Banca mondiale evidenzia questa situazione, seppur con particolare riferimento alla giustizia civile, collocando l'Italia al 158° posto su 183 per l'efficienza della giustizia.

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anche che sarebbe molto importante intervenire per inserire filtri alla possibilità di ricorrere in appello.6 Altro tema fondamentale è quello delle

risorse da investire nel sistema giudiziario, moltissimi distretti infatti risultano avere piante organiche fortemente sottodimensionate sia per quello che riguarda il personale togato (basti pensare che nel 2014 in nove distretti risultavano ammanchi nel personale superiori al 15%: Ancona 17,03%, Caltanissetta 21,05%, Catanzaro 22,86%, Messina 17,58%, Palermo 15,25%, Potenza 21,60%, Reggio Calabria 18,01%, Torino 16,13% e Trento 16,19%) sia per quello che riguarda il personale amministrativo (secondo il Ministero della Giustizia si può individuare a livello nazionale una carenza del 18,64% e in particolare sembrano in sofferenza i distretti di Trento 23,3%, con un picco del 41,9% nella sezione distaccata di Bolzano, Milano 25,1%, Trieste 19,4% e Torino 19,2%).7 Anche i cosiddetti criteri di priorità possono

avere una grande utilità nei termini di razionalizzazione del sistema, purché vengano interpretati in modo conforme al dettato costituzionale e non diventino uno strumento finalizzato a provocare l'automatica archiviazione delle fattispecie considerate non prioritarie. Possiamo concludere che nessun provvedimento adottato in maniera isolata, nemmeno il più radicale, può essere risolutivo per garantire l'effettività del principio di obbligatorietà dell'azione penale, bisogna perciò provvedere a introdurre una combinazione di scelte legislative, organizzative e culturali, volte a rispondere alle esigenze deflattive del sistema, la decisione di introdurre l'archiviazione per tenuità del fatto sembra un primo importante passo in questo senso.

Non si tratta di interventi semplici e sicuramente un simile percorso andrebbe incontro a numerose difficoltà. Tuttavia non intervenire in questa materia significa ridurre il principio di obbligatorietà dell'azione penale a un mero “feticcio” privo di qualsiasi effettività e, paradossalmente, potenziale fonte di problemi per il sistema della giustizia italiana. Non solo parte della dottrina,8

6 Cfr P. Davigo - L. Sisti Processo all'italiana, Laterza, 2012.

7 Cfr Servizio Studi del Senato, Dati statistici relativi all’amministrazione della giustizia

in Italia, n. 11, maggio 2013.

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ma anche alcuni magistrati impegnati in inchieste particolarmente complesse si sono posti in maniera molto critica nei confronti dell'obbligatorietà dell'azione penale. Solo per fare un esempio molto noto si può citare la posizione, più volte ripetuta, di Giovanni Falcone, il quale di certo non può essere tacciato di essere stato timido nel perseguire soggetti che detengono ampie porzioni di potere nel nostro paese. Il noto magistrato antimafia sottolineò in particolare il rischio che l'obbligatorietà si trasformi in arbitrio nel caso in cui ci si limiti al formalistico rispetto del principio senza porre attenzione al concreto esercizio dell'azione penale, piano sul quale i confini tra obbligatorietà e discrezionalità spesso si confondono e quest'ultima è fisiologica in parte dell'attività del Pubblico Ministero. In particolare Falcone trovava estremamente problematica l'assenza di controllo e di responsabilità sull'attività del Pubblico Ministero, situazione resa particolarmente problematica dall'impossibilità pratica di perseguire tutte le manifestazioni del fenomeno criminale che frustra le esigenze di difesa sociale.9 Inoltre l'autore

nota il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale non è stato assolutamente sufficiente a garantire che l'intervento repressivo di diversi organi del Pubblico Ministero non fossero disorganici. Infine, con particolare riferimento al contrasto della criminalità organizzata, Falcone sostenne, tramite una comparazione con gli USA, come il principio di discrezionalità permetta agli inquirenti di usare meglio le risorse a disposizione indirizzando gli sforzi solo sui casi più rilevanti.10 Non affrontare le problematiche che

Giovanni Falcone ha posto molti anni fa sarebbe un grave errore specialmente in un paese come il nostro che, per usare le parole di

9 G. Falcone - M. Padovani Cose di Cosa Nostra, BUR, 2012, p. 180. In questo saggio Falcone sostiene tra l'altro l'opportunità di procedere a un'opera di depenalizzazione per alleviare i problemi della giustizia penale sebbene, a suo dire, un simile intervento non sarebbe una “panacea” per il sistema.

10 G. Falcone - M. Padovani Cose di Cosa Nostra op.cit., p. 151 L'autore in particolare ricorda che in questo modo a New York fu possibile processare solamente i capi della cupola della Cosa Nostra americana tenendo estranei altri membri e ottenendo rapidamente dure condanne, contra nello stesso saggio si cita G. Neppi Modona che si domanda in termini problematici se non sia preferibile agire sulla punibilità del delitto di associazione mafiosa restringendone l'area di applicazione ai soli capi dell'organizzazione.

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Piercamillo Davigo,11 può essere definito “a illegalità diffusa” in quanto, solo

per fare qualche esempio, sono presenti forme di criminalità organizzata non presenti negli altri paesi europei, ed emerge un altissimo tasso di devianza della classe dirigente sia politica che imprenditoriale.12

Non si può però non constatare che in realtà gli interventi riformatori non sono andati nel senso di affrontare i problemi sottolineati dalla dottrina e da molti autorevoli operatori. Piuttosto le riforme che negli anni sono state proposte sono sembrate essere ispirate da una volontà punitiva della classe politica verso la magistratura, in particolare verso il Pubblico Ministero, e da tentativi di autoconservazione dei membri della classe dirigente rimasti coinvolti in rilevanti procedimenti penali. Sembra legittimo sospettare che le azioni messe in campo negli anni passati fossero volte non a garantire un miglior servizio per i cittadini, ma piuttosto a tornare al tempo in cui “il giudice si inchinava”.13 Qualcuno si è domandato anzi se questa situazione di

inefficienza efficiente non sia stato scientificamente cercata dalla classe politica, infatti una giustizia non in grado di fornire il servizio che le compete sarà sicuramente più facile da attaccare e ben difficilmente si realizzeranno mobilitazioni in difesa dell'indipendenza della magistratura.14

Per interrogarci sulle prospettive future è utile prendere in considerazione le proposte portate avanti da Nicola Gratteri,15 è infatti noto che il nome dell'ex

Procuratore di Reggio Calabria sia stato proposto per la carica di Ministro della Giustizia del Governo Renzi. Sebbene alla fine tale nomina non si sia concretizzata per ragioni ancora non del tutto chiare, è stata nominata una commissione consultiva per la riforma della giustizia, presieduta dallo stesso Gratteri, che si è insediata il 30 luglio 2014, quindi pare utile riprendere le linee guida che il quasi Ministro presentò al Presidente del Consiglio

11 P. Davigo – L. Sisti Processo all'italiana op.cit., pp. 11-15.

12 Questa situazione ha portato la Corte dei Conti a dichiarare che la corruzione costa al paese circa 60 miliardi di euro l'anno e l'evasione circa 120 miliardi di euro l'anno. 13 G. C. Caselli Assalto alla giustizia, Melampo, 2011, pp. 29 sgg.

14 G. C. Caselli Assalto alla giustizia op.cit., p. 81. L'autore per descrivere l'inefficienza efficiente della giustizia italiana utilizza l'immagine di un malato cronico agonizzante da anni che, pur essendo circondato da medici, non ottiene una cura adeguata. 15 Per una panoramica della proposte cfr. N. Gratteri Programma di un quasi ministro in

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incaricato. Si tratta di una proposta di riforma complessiva, quindi in questa sede tralasciamo l'analisi delle proposte che non incidano sull'oggetto che stiamo esaminando, alcune sono condivisibili e altre suscitano ampie perplessità come quelle in materia di riforma del sistema carcerario.16 Per

quello che ci riguarda possiamo constatare che il programma di Gratteri è chiarissimo sull'obbligatorietà dell'azione penale in quanto si sostiene esplicitamente che va mantenuta, ma allo stesso tempo si propone di intervenire con un forte intervento di depenalizzazione e con il blocco della prescrizione dopo la condanna di primo grado. Simili provvedimenti migliorerebbero sicuramente la situazione razionalizzando il sistema e rendendo maggiormente effettivo il principio di obbligatorietà dell'azione penale, tuttavia da soli probabilmente non sarebbero risolutivi. L'esperienza comparata in questo può fornirci spunti estremamente interessanti, in particolare potrebbe essere molto utile prendere esempio dai tre strumenti deflattivi dell'obbligatorietà dell'azione penale previsti per il Pubblico Ministero Europeo e dal temperamento del principio di legalità previsto nell'ordinamento tedesco per i reati minori.

Riferimenti

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