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CAPITOLO IV CONTABILIZZAZIONE DELL’AVVIAMENTO E CONTROLLLO INTERNO

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CAPITOLO IV

CONTABILIZZAZIONE DELL’AVVIAMENTO E

CONTROLLLO INTERNO

4.1 Performance measurement system e goodwill

Il principio contabile IAS 36, così come il FAS 142, richiedono che l’avviamento sia allocato alla cash generating unit che beneficia delle sinergie da esso generate e che rappresenta il livello minimo all’interno dell’impresa al quale l’avviamento viene monitorato ai fini del controllo di gestione. Ovviamente esiste una relazione tra l’allocazione dell’avviamento e il management interno, il goodwill infatti viene monitorato internamente per realizzare i benefici dell’acquisizione che sono stati previsti inizialmente.

La funzione principale del sistema di misurazione delle performance è di fornire ai manager informazioni tali da poter prendere delle decisioni corrette e di indurli ad agire nell’interesse degli shareholders (Demsky, 1976). Il processo decisionale manageriale richiede non solo informazioni su previsioni di futuri sviluppi ma anche dati che riguardano la misurazione delle performance passate, che indicano nel complesso la direzione corretta delle azioni da intraprendere.

La misurazione delle performance viene usata per valutare l’operato di un dato periodo, è utilizzata come un indicatore del successo lungo quel periodo ma deve essere anche comparata alle più recenti previsioni per poter percepire tempestivamente la necessità di azioni correttive.

Quando i manager devono prendere una decisione anticipano la modalità con cui verranno valutati, è per questo motivo che un sistema di misurazione delle performance viene progettato per indurre i manager ad agire nel miglior interesse dell’azienda e degli azionisti.

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Queste sono le ragioni che spiegano il ruolo così importante giocato, in un sistema di misurazione delle performance, dalle varianti del Residual Income, come l’economic value added o EVA ; un manager potrà anticipare il residual income generato da una particolare decisione, tipicamente una decisione di investimento.

Il residual income può essere spiegato come il flusso attivo netto che un investimento genera con il tasso minimo di ritorno economico previsto. Quando un manager è valutato o premiato in base a tale misura le sue decisioni saranno dipendenti dal valore attuale del residual income che può essere identificato con il valore attuale netto (Preinreich, 1937).

Come abbiamo già detto, nel capitolo II, da un punto di vista economico, l’avviamento è il surplus del valore netto di un’azienda, cioè risulta essere equiparabile al valore attuale netto di un investimento; Ellis (2001) lo identifica con il valore attuale di una rendita economica o Residual Income.

Se il valore del goodwill è basato sul valore attuale del residual income risulta allora relazionabile ad un sistema di misurazione manageriale.

Nel processo di impairment test l’avviamento viene valutato e la sua valutazione è verificata da auditors esterni, tali valutazioni sono utilizzate anche per le misurazioni interne e per i sistemi di premiazione del personale.

In ogni caso il residual income di un certo periodo, se non unito ad altre informazioni, non riesce ad indicare il valore creato nel periodo. L’uso esclusivo, di tale misurazione per la valutazione delle performance, può causare una visione un po’ miope se l’orizzonte temporale considerato è inferiore a quello del progetto aziendale generalmente più ampio (O’Hanlon, 1998). In aggiunta, il residual income non fornisce informazioni sulla situazione esistente al momento della iniziale pianificazione della creazione di valore del periodo.

Creazione di valore significa che i manager iniziano un progetto con un valore attuale netto positivo, che permette di incrementare la ricchezza degli azionisti. Contrariamente, la realizzazione di valore descrive il successo nell’ultima implementazione e realizzazione delle pianificazioni.

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Per la prospettiva di un management basato sui valori queste misure di performance sono superiori allo standard del residual income. Comunque, fino a quando il valore economico del goodwill è identificabile con il valore attuale del futuro residual income e quindi con il valore creato, si può ritenere che esista una relazione tra la contabilizzazione dell’avviamento ed un value based performance mesurement.

La discussione intorno alle differenti funzioni della contabilità per un uso manageriale ha una lunga tradizione. In particolare la questione è analizzata per capire se l’informazione di cui hanno bisogno gli investors per valutare l’azienda, comunicata loro tramite i documenti contabili obbligatori, possa essere utilizzata anche per scopi informativi interni.

Gjesdal (1981) sostiene che l’utilità delle decisioni e l’amministrazione sono funzioni distinte della contabilità. Conseguentemente, la letteratura è critica circa l’uso di informazioni, rilevanti per il decision making, derivanti dal performance measurement system usate per scopi amministrativi (Lambert, 2001).

Anche se le ricerche teoriche raccomandano di tenere sempre ben distinte le informazioni raccolte per scopi diversi, ciò non è sempre valido empiricamente nella pratica.

Bushmann (2006) mostra che dei semplici aggiustamenti al modello adottato dall’azienda portano ad una situazione in cui i requisiti informativi degli azionisti e dei managers coincidono.

Si può concludere, sotto quest’ultima prospettiva che le informazioni contabili usate dagli investor, per avere una valutazione dell’azienda, possono essere ottime anche per una prospettiva amministrativa.

Conseguentemente i ricercatori hanno iniziato ad analizzare il collegamento dei regimi di reporting con le proprietà informative dei sistemi contabili (Hemmer, 2008;Scholze, 2007).

Sfortunatamente, come si è già detto, il residual income identificato con il valore attuale netto investito nell’acquisizione e quindi associabile all’avviamento, da solo non fornisce una risposta ai problemi contabili e decisionali. Numerosi studi però hanno esaminato la correlazione tra valori di

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mercato e EVA, scelto come un’altra versione del residual income riportando risultati contrastanti (Liang, 2005; O’Byrne, 1996).

Il residual income non è una buona forma di misurazione perché non è connesso con il valore in un singolo periodo ma richiede la considerazione di un contesto dinamico.

In questo contesto Scultze (2005) esamina le informazioni contenute nell’impairment test sotto il FAS 142. Egli conclude che l’impairment è dovuto a ragioni diverse, non solo ad un deterioramento delle performance economiche. In particolare l’adattamento di informazioni che derivano dal processo di impairment, per decisioni aziendali, può avere effetti indesiderabili sulle scelte gestionali. Per il suo effetto negativo sul reddito, la svalutazione dell’avviamento, può condurre ad una discriminazione economica su progetti anche vitali. Le condizioni che portano alla decisione di svalutare il goodwill sono particolari perciò devono essere studiate attentamente prima di inserirle in un contesto di performance misurement.

La conseguenza della scelta dell’uso del residual income per le misurazioni e valutazioni delle performance è critica a causa della già vista mancanza di collegamento tra la creazione di valore di un particolare periodo e la misura di quel valore nel dato periodo.

O’Hanlon (2002) è intervenuto per correggere questa mancanza stabilendo il collegamento mancante. Lo studioso ha elaborato una misura di unione della creazione e della realizzazione di valore denominata “excess value created” o eccesso di valore creato, di seguito solo EVC. Questa misura è costituita da due componenti, il goodwill promesso e goodwill realizzato; il primo è equivalente al valore attuale netto del futuro residual income atteso, mentre il secondo è identificabile con il residual income guadagnato e accumulato alla data t derivato con il tasso di attualizzazione r. L’EVC è così calcolato:

(

)

[

]

(

)

s s t s s t t s s t RI r E RI r EVC + − ∞ = − = + + + =

1

1 1 1 [1]

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dove:

EVC = excess value created; RI = residual income;

E = excess return;

r = tasso di attualizzazione; t = periodo considerato.

Il primo addendo costituisce il goodwill realizzato mentre il secondo quello promesso. L’EVC risulta essere una aggregazione delle passate e future parti di valore create, creando questa nuova misura O’Hanlon ha fornito il collegamento mancante tra il goodwill contabile e la misurazione di performance.

Un EVC positivo comunque non implica che nel periodo considerato sarà creato valore perché non è una misura periodica di performance, per esserlo è necessaria un’azione correttiva, è necessario indicare l’ampiezza rispetto alla quale la creazione di valore inizialmente pianificata è attualmente realizzata.

4.2 Possibile sviluppo di un performance mesurement basato sul goodwill

Schultze (2009) ha testato la possibilità di sviluppare un sistema di misurazione delle performance basato sulle informazioni contabili riguardanti l’avviamento sviluppando una misura che include il nuovo valore creato e la realizzazione di quello inizialmente pianificato. Secondo l’autore tale misura ha due componenti principali: il residual income e il goodwill.

Innanzitutto è necessario prendere in considerazione la prospettiva degli azionisti, per essi l’operato del management è valutabile tramite il prezzo delle azioni, i dividendi e le opzioni.

Se i profitti vengono distribuiti, gli azionisti ricevono i dividendi (free cash flows, in seguito solo FCF) e accettano che il valore dell’azienda non cresca, quando invece i guadagni sono trattenuti in azienda il valore aziendale è destinato a crescere (incremento di valore, in seguito solo ∆V).

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Da un punto di vista finanziario per l’investor è indifferente ricevere e reinvestire il capitale o vederlo trattenuto in azienda, a parità di condizioni di rischio chiaramente. Conseguentemente, se una misura di performance deve fornire informazioni in merito al valore addizionale creato, per la prospettiva dell’azionista, essa deve necessariamente catturare sia l’aumento di valore dell’azienda che la distribuzione all’azionista.

Per avere una misura interna aziendale della profittabilità di acquisizione di un’azione bisogna utilizzare la misura elaborata da Schultze denominata “economic income”, questo indicatore è così calcolato:

t t t FCF V EI = +∆ [2] dove: EI = economic income; FCF = free cash flows;

V = valore dell’azienda.

L’economic income è generata dal passare del tempo quando l’interesse sul valore attuale cresce; questo effetto viene spesso indicato come effetto tempo. È raccomandabile controllare la crescita dell’interesse per garantire un ritorno adeguato sul valore netto attuale di inizio periodo, ciò permette un corretto ritorno sul valore dell’impresa.

La misura che permette di attuare tale raccomandazione, secondo Schultze, è il “Residual Economic Income”, in seguito REI, che è così calcolato:

1 − × − ∆ + = t t t t FCF V r V REI [3] dove:

REI = residual economic income; FCF = free cash flows;

V = valore dell’azienda; r = tasso di attualizzazione.

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La formula 3 dimostra che un valore positivo del il REI indica che è stato creato valore addizionale mentre dei valori negativi suggeriscono che c’è stata una “distruzione di valore”.

Il REI risulta quindi essere relazionato alla creazione di valore e può essere utilizzato come una misura di performance che permette di allineare gli interessi dei managers con quelli degli azionisti. Questa misura è inoltre collegata direttamente con l’EVC della 1 che rappresenta la generazione di valore accumulata nel tempo.

Il REI misura, tramite i flussi di cassa, l’interesse degli azionisti e tramite il valore dell’azienda quelli prettamente aziendali con l’aggiunta della considerazione di quella che era la situazione pianificata tramite l’applicazione del tasso di attualizzazione. Può essere ritenuta una buona misura di performance nel senso che informa circa il nuovo valore creato e circa le deviazioni tra i piani originali e quelli effettivamente realizzati.

L’importanza del goodwill accounting per un sistema di misurazione si manifesta proprio in questo momento, il REI infatti può essere calcolato per ogni divisione basandosi sulle informazioni elaborate ai fini della contabilizzazione di avviamento. Conseguentemente, l’informazione risultante dall’elaborazione di tale contabilità può essere usata per calcolare una misura della creazione di valore attuale di uno specifico periodo.

È possibile perciò affermare, che secondo tale ipotesi, l’introduzione dell’obbligo di condurre l’impairment test sull’avviamento, potenzialmente permette alle aziende di elaborare nuove forme di misurazione delle performance.

Concentrandosi sull’ipotesi avanzata da Schultze (2009), di utilizzare i dati contabili derivanti dai regolamenti IAS 36 e FAS 142, è doveroso ricordare che tali articoli permettono, nella stima del recoverable amount, una considerazione di valori che può non coincidere con la prospettiva di un azionista.

Gli shareholders valutano gli incrementi di ricchezza sulla base di una considerazione dei valori post-tassazione, perciò per scopi di controllo interno

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un’ottima misura di performance deve coincidere con le valutazioni di tali attori del mercato.

La considerazione di una base pre-tassazione prevista negli standard contabili, non coincide quindi con quella tipica degli azionisti; per rendere equivalenti le due valutazioni il tasso di attualizzazione utilizzato nell’impairment, deve incorporare l’effetto dei futuri flussi di cassa; perciò il tasso deve essere continuamente aggiornato per riflettere la posizione dei beni del bilancio in merito alla situazione tassativa.

Kvaal (2007) sostiene che lo IAS 36 debba essere rivisto, nello specifico il value in use dovrebbe essere misurato considerando i flussi di cassa specifici delle aziende dopo la tassazione.

Nelle regole contabili vigenti il valore attuale dei flussi di cassa futuri, per l’applicazione del procedimento di impairment testing secondo lo IAS 36, può differire dai dati utilizzati in un sistema di valutazione delle performance e quindi è necessario procedere a delle modifiche prima di poter utilizzare tale misura in un sistema di controllo interno.

Per esempio i regolamenti degli standard contabili richiedono che per le CGUs i flussi di cassa vengano determinati in modo da riflettere le aspettative di mercato circa le future performance, i dati contabili che possono essere utilizzati per il decision-making devono però fornire informazioni addizionali in merito alle specifiche opportunità di investimento. Un sistema di misurazione delle performance dovrebbe indicare, dove possibile, i futuri investimenti per eventuali ristrutturazioni, per garantire la comprensione della creazione di valore addizionale e migliorare la qualità delle decisioni. Il regolamento IAS 36 prevede invece che il tasso di attualizzazione non deve tenere in considerazione informazioni in merito a future ristrutturazioni a meno che non si tratti di un obiettivo vincolante per il management.

Un altro elemento critico riguarda l’applicazione del tasso di attualizzazione richiesto dai regolamenti; è previsto che l’azienda stimi il WACC utilizzando tecniche come il CAPM o consideri il tasso marginale di indebitamento, tale

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procedura richiede appropriate correzioni, per un possibile uso di controllo interno, basate sugli stessi dati usati per determinare il WACC (Husmann, 2008).

Secondo una prospettiva finanziaria poi, una decisione di investimento dovrà essere basata sul tasso interno di ritorno della miglior alternativa di investimento (Brealy, 2006), si può argomentare che questo tasso differisce dal costo del capitale per gli azionisti, ma per lo scopo di costruire un sistema di misurazione interna è necessario che il tasso rifletta il valore addizionale creato nella prospettiva dei proprietari. Conseguentemente il tasso di ritorno che deve essere implementato in un sistema di misurazione delle performance per valutare i progetti di investimento coincide con il costo del capitale degli azionisti.

Altro elemento importante da tenere in considerazione è che le attività di investimento implementate dal management possono aumentare il fair value di una CGU, in particolare ciò può accadere quando è stato creato valore per gli azionisti. Questo effetto può costituire un incentivo per il management, ad agire negli interessi degli shareholders, quando l’operato viene valutato in base al profitto divisionale o al residual income, perché non viene tenuto in considerazione il carico di impairment loss sulle entrate. Ovviamente la creazione di questo incentivo dipende dall’architettura del sistema di controllo interno.

Quando i manager sono valutati e premiati sulla base del REI (formula 3) il problema non sussiste perché tale misura cattura la creazione di valore e ciò induce ad accettare un progetto anche se esso avrà un impatto negativo sul profitto derivante dall’impairment ma esistono comunque possibilità di creare valore aggiunto. I dati forniti dal procedimento di impairment, in questo caso, possono quindi essere usati per sviluppare un sistema di misurazione superiore per la prospettiva di un management fondato sul valore.

È possibile concludere che con eventuali aggiustamenti, comunque necessari, i dati forniti dall’applicazione dell’impairment test possono essere utilizzati per calcolare il REI su base divisionale. A questo punto è doveroso chiedersi se questi risultati possono essere portati da una base divisionale ad una aziendale. Fino a che le divisioni sono interdipendenti la massimizzazione del valore della

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singola unità è equivalente alla massimizzazione del valore aziendale. Chiaramente il design organizzativo e di conseguenza le unità rispetto alle quali il goodwill è monitorato hanno un impatto immediato sulla congruenza dei risultati.

In realtà sono proprio i regolamenti IFRS e anche US-GAAP a prevedere un uso dei dati contabili per fini di controllo intero prevedendo che la CGU a cui l’avviamento è allocato, sia la più piccola unità, a beneficiare delle sue sinergie, rilevabile ai fini di un controllo interno.

Fino a che è rispettata la richiesta di un’indipendenza da altre divisioni i cambiamenti nei flussi di cassa di un’unità non influenzano e non compensano quelli delle altre, perciò l’uso del REI per ogni unità al fine di valutare il manager divisionale appare possibile e congruente con gli interessi degli azionisti, in quanto tale misura è indipendente dalla gestione di altre divisioni ed è in grado di catturare il valore aggiunto creato.

Una problematica che merita di essere analizzata riguarda la possibilità che il goodwill risulti da una business combination, in questo caso è lecito chiedersi se le informazioni usate per valutare le performance di un’unità possono essere utilizzate per studiare il successo di un’acquisizione.

Un buon sistema di misurazione che sfrutti anche le informazioni contabili obbligatorie deve riscontrare se gli obiettivi dell’acquisizione inizialmente pianificati si verificano creando valore generato proprio dall’investimento.

Schulze (2005) mostra che le misure di performance basate sul residual income, che include la considerazione delle svalutazioni di avviamento, forniscono informazioni limitate a riguardo. Ciò è dovuto al mix di informazioni derivanti dal goodwill accounting che considera sia il successo dell’acquisizione che il goodwill nuovamente generato nell’ultimo periodo.

Questi inconvenienti sono evitabili considerando il REI, nel caso in cui tale misura sia derivata direttamente dal business plan, un valore positivo alla data d’acquisto indica che l’investimento ha creato valore; un valore negativo, invece, indica il pagamento di un sovraprezzo. Nei periodi seguenti se il REI è pari a zero possiamo leggere il segnale che ciò che era stato pianificato si è verificato

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puntualmente; se invece risulta positivo riflette la costruzione di nuovi vantaggi competitivi e quindi di valore aggiuntivo per gli azionisti.

Perciò l’utilizzo del REI garantisce la separazione tra valutazione dell’acquisizione e valutazione del valore creato nel tempo.

Ricerche successive dovrebbero verificare i risultati di un sistema di misurazione e incentivi basati su tali informazioni però si può sostenere che essendo tali informazioni, secondo lo IAS 36 e il FAS 142, obbligatorie da diffondere, le aziende potrebbero cogliere l’occasione per adottare nuove forme di misurazione fondate proprio sull’informativa per l’impairment test. È comunque raccomandabile che i dati così raccolti siano verificati da auditors indipendenti per verificare la veridicità, l’economicità e l’elaborazione di queste risorse informative.

4.3 Influenza degli IAS/IFRS sui sistemi di controllo

I principi contabili e le procedure di controllo amministrativo sono materie intimamente collegate in quanto il bisogno di produrre determinate informazioni, secondo regole precise, richiede che vengano pianificate ed attuate procedure e misure di controllo delle stesse.

Corsi (2008) sostiene che il sistema di controllo amministrativo-contabile, a cui è attribuito lo scopo di garantire l’attendibilità dell’informazione prodotta dall’azienda per soddisfare le esigenze conoscitive dei soggetti interni ed esterni, non solo non può rimanere indenne ai cambiamenti indotti dall’adozione degli IAS/IFRS nell’informazione economico-finanziaria, ma anzi deve risultare valorizzato da tale cambiamento.

I principi contabili internazionali incidono direttamente sulla componente dell’informazione e della comunicazione influenzando altresì l’ambiente di controllo, le attività di controllo, la valutazione del rischio e il monitoraggio. Queste componenti costituiscono il più famoso modello di controllo cioè il cosò Report (Cooper, 1997); il fatto che i principi contabili possano influenzare un

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modello così ampiamente diffuso ci fa apprezzare la portata dei cambiamenti introdotti con loro adozione.

Il nuovo regolamento impatta su tutte le fasi del processo informativo contabile ma tra i principali rischi indotti dall’adozione degli IAS/IFRS è rilevabile la maggiore discrezionalità che pervade l’intero processo, inducendo talvolta ad una possibile strumentalizzazione della valutazione e rappresentazione di molte operazioni.

Come ben sappiamo il procedimento di impairment test dell’avviamento realizzato tramite la definizione di cash generating units è foriero di manipolazioni contabili e azioni di cosiddetta “contabilità creativa”. Corsi sostiene che lo IAS 36 in particolare impatti sulle procedure di individuazione e raccolta dei dati. Esso necessita di attingere a dati interni di natura gestionale per realizzare un processo valutativo volto a valutare e monitorare eventuali perdite di valore. Quindi è immediatamente comprensibile come l’impairment sia una dei principi contabili che maggiormente incide sui preesistenti e futuri sistemi gestionali.

Rispetto alla rivoluzione generata dall’introduzione dei principi IAS IFRS Marchi (2008) riscontra tre possibili approcci da parte delle aziende:

− l’approccio del “cogliamo l’opportunità” che può generare cambiamenti anche radicali nel sistema di controllo interno coinvolgendolo interamente;

− l’approccio del “limitiamo i danni”, che oltre ai doverosi cambiamenti che coinvolgono il sistema informativo - contabile, comporta anche impatti di natura gestionale ma limitati all’area amministrativa;

− l’approccio del “adempimento di legge” che si limita a trasformare i valori di bilancio in valori adatti alla nuova disciplina con effetti sul solo bilancio. Nel primo degli approcci decritti le aziende tentano di cogliere le opportunità offerte dalla legge per evolvere il sistema di controllo aziendale in tutte le sue componenti sia strutturali che di processo. È proprio per queste aziende che saranno rilevabili le maggiori necessità di riprogettazione in ambito informativo aziendale.

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4.4 Impatto dell’impairment test sui sistemi informativi

Secondo l’approccio internazionale, i principi di bilancio rappresentano lo strumento ideale per ottenere dei mercati più efficienti, un’allocazione delle risorse finanziarie più razionale, una maggior tutela per gli attori del mercato ed il perseguimento quindi di un interesse pubblico collettivo. Risulta possibile come il processo di conversione verso questa nuova disciplina possa produrre riflessi nel breve e nel medio periodo sul sistema di controllo di gestione e conseguentemente sui sistemi informativi. In particolare tali sistemi devono adeguare i reports gestionali, i collegamenti tra i diversi sistemi di elaborazione e raccolta dei dati e le procedure di rilevazione e riclassificazione, Marchi (2008).

Un altro effetto importante potrebbe riguardare gli indicatori di performance, come abbiamo già avuto modo di comprendere nel precedente paragrafo. Gli IFRS potrebbero indurre ad applicare nuovi indicatori, non legati ai concetti di prudenza e competenza economica, ma che invece considerino il rischio operativo e finanziario, il timing dei flussi finanziari e la dinamica dei beni immateriali. Considerando i flussi di liquidità futura che saranno generati dalla combinazione aziendale, gli indici potranno permettere la valutazione delle potenzialità effettive dell’impresa.

In questo modo, l’introduzione degli IFRS, farebbe avvicinare anche le aziende italiane, che adottano tale regolamento, ad un modello gestionale di value based management.

Per quanto riguarda le società quotate, soggetti per i quali l’adozione degli IAS/IFRS risulta obbligatoria, il sistema informativo si concretizza spesso in software Enterprise Resource Planning o ERP, tale sistema è caratterizzato dalla presenza di unica base di dati, da moduli e processi tra loro fortemente integrati ma dedicati ciascuno ad applicazioni specifiche in ambiti diversi.

I mutamenti contabili e quindi informativi imposti dall’adozione dei principi contabili internazionali sono numerosi.

Si rilevano cambiamenti nelle operazioni ritenute rilevanti, perciò da registrare, rispetto alla disciplina precedente; esistono anche cambiamenti nelle

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logiche contabili delle operazioni, dipendenti perlopiù dalla diversa prevalenza attribuita alla forma o alla sostanza delle operazioni. Possono essere diversi anche i criteri di valutazione e quindi sono rilevabili anche differenze nei collegamenti tra sottosistemi informativi, è proprio questo il caso dell’impairment test che richiede un forte collegamento tra il controllo di gestione, la pianificazione finanziaria e la contabilizzazione dei beni.

Infine si devono ricordare anche classificazioni contabili nuove non solo per le destinazioni di bilancio ma anche a fini informativi.

Quagli (2007) ha condotto uno studio su 50 società quotate italiane che per il loro peso settoriale e autorevolezza nel proprio contesto riescono a rispecchiare il panorama dell’area considerata, i dati sono raccolti nel 2005. La ricerca intende studiare l’impatto sui sistemi informativi della transizione IAS.

La scelta del passaggio verso il nuovo regime contabile poteva essere esercitata fin dal 2005, in tale momento le aziende avevano davanti diverse opzioni:

− mantenere un sistema informativo ispirato alle regole nazionali con registrazioni extracontabili per predisporre i bilanci all’introduzione IFRS;

− modificare, fin dall’esercizio 2005, il proprio sistema informativo anticipando il cambiamento inevitabile del 2006;

− modificare il sistema solo per certe operazioni, per adeguarle alla nuova disciplina, mentre per altre operazioni veniva mantenuto valido il metodo delle rettifiche.

Come si rileva dalla lettura della Tabella 1, Quagli riscontra che il 56 % delle società del campione avevano optato per la prima opzione ma circa la metà aveva comunque cominciato a predisporre un sistema IAS complied rilevando quindi che il passaggio non era già stato eseguito solo per motivi di tempo e di semplificazione amministrativa.

Le società che hanno integralmente o parzialmente adeguato il proprio sistema sono 15, queste aziende sono intervenute sul piano dei conti, creando specifici conti IAS/IFRS o utilizzando uno special ledger per effettuare le rilevazioni IAS . Ci sono poi 7 società che non hanno comunicato la scelta e ciò fa prevedere che

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non abbiano ancora scelto quale via intraprendere o non abbiano compreso a fondo l’importanza dell’introduzione del nuovo regolamento.

TABELLA 1

Soluzione contabile adottata dalle aziende

Soluzione contabile # di imprese Percentuale

Contabilità IAS/IFRS integrale 6 12,00%

Contabilità IAS/IFS parziale 9 18,00%

Bilancio nazionale e riclassificazione IAS/IFRS 28 56,00%

di cui certe dell'adozione IAS/IFRS nel 2006 13 26,00%

Non risponde 7 14,00%

Totale 50 100,00%

Tabella 1: Scelta operata dalle aziende del campione in merito alla soluzione contabile adottata nell’anno 2005 (Quagli 2007).

Gli IAS/IFRS hanno come diretto ambito applicativo la contabilità generale e il bilancio ma essi prevedono anche espliciti collegamenti con il controllo di gestione ed il budget. Infatti è proprio la disciplina dell’impairment test che prevede l’individuazione delle cash generating units per l’attribuzione del valore dei cespiti e per la previsione dei flussi di cassa, tutti aspetti che richiedono un contatto diretto con il controllo di gestione.

Una società che ha già implementato un sistema di centri di responsabilità potrebbe valutare la possibilità di equiparare tali centri alle CGUs, del resto un centro di profitto solitamente si fonda sulla possibilità di accumulare costi e ricavi con riferimento ad una definita unità organizzativa dotata di una certa autonomia decisionale e queste sono caratteristiche che incontrano facilmente quelle delle CGUs di generazione di flussi finanziari largamente indipendenti.

Dal punto di vista informativo a tali unità sono già attribuiti diversi assets aziendali e per esse esiste già un budget specifico, entrambi tali requisiti sono previsti nello IAS 36.

Quagli ritiene che la convergenza dei due profili, financial e management accounting, circa l’utilizzazione delle CGUs vada inevitabilmente a favorire la semplificazione delle procedure amministrative entro la società, dal momento

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che permetterebbe di evitare due procedure di calcolo di dati distinte. Inoltre l’integrazione tra financial e management accounting, possibile nei sistemi ERP, beneficerebbe dall’uso delle stesse unità di reporting.

È doveroso ricordare che l’integrazione che riguarda i moderni sistemi informativo - contabili richiede che le attività di modifica siano ben progettate anche considerando le relazioni infragruppo, ciò vuol dire che i dati del bilancio consolidato devono essere molto omogenei.

L’ultima problematica considerata dall’autore riguarda i costi legati alle modifiche del sistema informativo.

Come illustrato dalla Tabella 2 ben oltre la metà delle società indagate non aveva effettuato alcuna stima, mentre 10 società avevano espresso un giudizio approssimativo circa l’incidenza del costo.

La stima è stata effettuata solo dalle imprese che attuavano un investimento di ampia portata, infatti solo 8 aziende del campione hanno comunicato la stima che era in media di 450 mila euro. È perfettamente comprensibile che le società che avevano redatto i loro primi bilanci IAS/IFRS apportando semplici modifiche extracontabili al bilancio italiano non abbiano ritenuto necessario stimare il costo di modifiche che spesso si sono risolte con l’utilizzo di semplici fogli di calcolo come Excel.

TABELLA 2

Stima dei costi per le modifiche informative

Stima # di imprese Percentuale

Stima non eseguita 28 56,00 %

Stima in corso 4 8,00% Costi "modesti" 9 18,00% Costi "significativi" 1 2,00% Stima quantitativa (media 450m/€ ca.) 8 16,00% Totale 50 100,00%

Tabella 2: Stima dei costi, operata dalle aziende, per le modifiche al sistema informativo da introdurre in seguito all’adozione degli IAS/ IFRS (Quagli, 2007).

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Si può desumere che la transizione agli IAS/IFRS non ha ancora avuto riflessi importanti sui sistemi informativi aziendali. Le aziende hanno preferito apportare modifiche extracontabili senza cogliere l’opportunità per modificare ed integrare i sistemi tra contabilità e controllo interno.

Le poche aziende che hanno deciso di attuare dei cambiamenti attuano investimenti modesti, ma la questione più grave secondo Quagli è il quasi totale disinteresse verso la problematica informativa generata dall’introduzione dei principi contabili internazionali.

Probabilmente analizzando dati più recenti la problematica dell’adeguamento del sistema informativo alla nuova disciplina incontrerà maggiore considerazione in quanto l’adozione è diventata obbligatoria e le aziende non possono esimersi dal considerare la portata dei cambiamenti introdotti.

4.5 Conclusioni

In questo capitolo abbiamo illustrato il possibile trattamento dei dati e delle informazioni necessarie per adempiere al nuovo regolamento IAS 36 per un fine di controllo interno.

È stato compreso che con adeguati aggiustamenti e correzioni possono essere derivate dal procedimento di impairment test misure anche ottime per valutare le performance del management e dell’azienda.

Inoltre è stato rilevato che l’utilizzo dell’indicatore REI permette anche l’incentivazione dei manager spingendoli a scegliere progetti di investimento vitali per l’azienda e che permettono la creazione di valore per l’azionista anche se possono essere soggetti ad impairment losses.

L’utilizzo di questo indicatore a nostro parere è raccomandabile perché potrebbe anche allontanare i manager dalla pratica di “gestire” arbitrariamente e secondo convenienza le svalutazioni di avviamento.

Sarebbe importante cercare di studiare forme di misurazione dei risultati che cerchino di allontanare lo spettro delle valutazioni di convenienza, anche se è un compito decisamente arduo visto l’impatto che la divulgazione di una

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svalutazione di avviamento ha sul mercato in generale e in special modo sul prezzo delle azioni.

È comunque indubbio che tale regolamento ha le potenzialità per portare impatti, anche piuttosto importanti, sui sistemi informativi aziendali anche se le aziende hanno dimostrato, almeno nei primi anni di introduzione dei principi contabili internazionali, di non aver ancora colto la portata di tale influenza.

I principi IAS/IFRS rappresentano per le aziende l’opportunità di sfruttare in modo economico le informazioni tipicamente contabili - amministrative che sono state spesso disgiunte dal controllo di gestione interno.

Crediamo che sia l’occasione per rendere anche i sistemi di misurazione, non solo i reports, omogenei fra i diversi paesi perché basati su misure identiche derivanti da questa nuova disciplina, non solo per ciò che riguarda l’avviamento.

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