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STORIA ED EVOLUZIONE DELLO STEMMA CIVICO DI AVERSA

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SALVATORE DE CHIARA

STORIA ED EVOLUZIONE DELLO STEMMA CIVICO DI AVERSA

Lo stemma della città di Aversa è, tradizionalmente, costituito da un gallo basilisco, figura mitologica che fonde le fattezze del gallo a quelle di un serpente. Pur essendo ignota l’origine di tale emblema, esso ha una storia plurisecolare, nel corso della quale le sue caratteristiche sono mutate più volte e le sue forme esteriori hanno subito una lunga evoluzione, che continua ancora oggi. Attraverso lo studio dei documenti d’epoca e la ricerca su oggetti inediti se ne è ricostruita una linea di sviluppo attraverso sei secoli, mettendo in evidenza le fonti normative e le fogge estetiche in relazione ai diversi periodi storici.

1. Origine del gallo nell’araldica aversana

L’identificazione di una comunità cittadina con i segni esteriori che la rappresentano è elemento fondante dell’idea di appartenenza collettiva, essa affonda le radici nei secoli medioevali, parallelamente allo sviluppo delle realtà comunali e dell’urbanesimo. Gli emblemi civici nascono, solitamente, sotto forma di drappi, citati dalle fonti più risalenti come Vexillum Commune, che riportano unicamente i colori distintivi, adoperati come vessilli di guerra o come segni distintivi delle magistrature civiche, e spesso quale segno di autonomia nelle lotte con il potere regio e feudale nel XII secolo, solo successivamente saranno inscritti in scudi e verranno caricati di ulteriori figure, uniformandosi, nel tempo, alle regole codificate dagli araldi. È, dunque, il gonfalone che, già da un’epoca risalente, ha rappresentato il segno identificativo delle comunità e delle istituzioni comunali, recandone lo stemma ed i colori, ed avviando una tradizione che si è consolidata ed è giunta sino al giorno d’oggi, ove le città sono rappresentate nelle occasioni solenni dagli antichi stemmi.

L’araldica civica della città di Aversa si sviluppa anch’essa lungo queste linee generali, aggiungendo all’antichità della propria tradizione la peculiarità dell’emblema che la contraddistingue, rappresentato dal gallo basilisco, le cui origini sono oscure e circa il quale non si conoscono con certezza le motivazioni che hanno spinto gli aversani ad eleggerlo come proprio emblema.

La mitologica figura del gallo dotato di una coda di serpente è descritta nei bestiari medievali come un essere spaventoso e mortale, capace di uccidere o di pietrificare i viventi con il solo sguardo, la sua nascita deriverebbe dalla schiusa di un uovo deposto da un gallo e covato a lungo da un serpente, secondo una descrizione attestata per la prima volta negli scritti del monaco inglese Beda “Il Venerabile”, Dottore della Chiesa, considerato fra le personalità culturali di maggior rilievo dell’ VIII secolo.

Le descrizioni di questo essere chimerico si rifacevano sia al basiliscus indicato come “re dei serpenti” nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, sia a diversi passi dell’Antico Testamento che lo citano come essere mostruoso1. Sicuramente, in territorio campano, non mancarono reminescenze osche collegate al culto dei colubri, ed in particolare nell’agro aversano fu ampio l’influsso della cultura di derivazione osca dell’antica Atella. Il serpente era, del resto, elemento distintivo della cultura opicia e specie assai diffusa nell’ambiente naturale campano, al

1 In particolare, dal libro di Isaia, LIX, 5: «Hanno fatto schiudere le uova degli aspidi ed hanno tessute tele di ragni: chi mangerà di quelle uova, perirà, e se a covare si pongano, ne scapperà fuori un basilisco»; così A.MARTINI, Vecchio e Nuovo Testamento secondo la Volgata, Venezia, G. Antonelli, 1843. Questa versione del testo sacro, rimasta per oltre due secoli la più diffusa in lingua italiana, rende con “basilisco” il termine regulum presente nel testo originale latino di San Girolamo. La medesima traduzione è indicata anche da L. CASTIGLIONI - S.MARIOTTI, IL - Vocabolario della lingua latina, Torino, Loescher, 1966.

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punto che Filippo Briet d’Abbeville attribuì il nome dell’antico popolo proprio all’abbondanza di serpenti: «Opici dicti a serpentibus, quibus eorum regio scatebat, et olim Companiae partem obtineat»2.

La quasi totalità degli studi sull’arme di Aversa3 concorda nel collocare nel periodo normanno, cioè sin dalla fondazione della città, la comparsa del gallo, nella sua versione naturale, come insegna locale, derivando direttamente dal patrimonio araldico delle genti della Normandia.

Esso è tradizionalmente associato alla simbologia del guerriero prode, coraggioso e dell’uomo ardimentoso; tale simbolo originario si sarebbe poi fuso, non è ben chiaro quando e come, con una più ancestrale tradizione legata al serpente, dando origine all’attuale basilisco.

Il primigenio stemma della città dovette, dunque, essere un semplice gallo, al quale, secondo una radicata tradizione cittadina, fu abbinato il motto Non decipit somnus, “Il sonno non inganna”;

quest’ultimo, in realtà, piuttosto che una peculiarità aversana, è da considerarsi una frase tipica delle antiche raffigurazioni del gallo, al quale erano sempre abbinate frasi relative al sole o alla fine del sonno. Da un’opera dell’abate Picinelli4 del XVII secolo, dedicata alla simbologia degli stemmi, si evince chiaramente che il gallo deve essere abbinato al motto Non decipit somnus, si tratta, quindi, di una sorta di tradizione araldica codificata, alla quale anche Aversa si è adeguata.

Figura 1. Illustrazione dell’araldica del gallo del XVII secolo5.     

 

Non esiste, purtroppo, alcuna testimonianza o alcun documento relativo all’età più antica che comprovi l’effettiva epoca in cui il gallo basilisco fu innalzato dalla civitas aversana quale proprio stemma, né è possibile confermare in maniera incontrovertibile le supposizioni sull’origine normanna della figura. È probabile che l’uso dello stemma civico subì una cesura in epoca angioina, a seguito di un decreto del 1279 di Carlo d’Angiò6 che sancì l’obbligo per tutte le città demaniali di consegnare i propri sigilli affinché fossero distrutti, come parte di un progetto più ampio di

2 F.BRIET D’ABBEVILLE, Parallela geographica Italiae veteris et novae, appendice al v. II, Parigi, S. Cramoisy 1649, p.

586.

3 Tra gli altri: Aversa a Domenico Cimarosa nel primo centenario della sua morte, Napoli, F. Giannini e figli, 1901 (noto anche come “Album cimarosiano”); L.SANTAGATA, Storia di Aversa, v. 1, s.l., E.V.E., 1991, pp. 487 e ss.; L.

D’ALESIO, Aversa. Guida turistica illustrata, Aversa, Molinaro, 2000.

4F.PICINELLI, Mondo simbolico formato d'imprese scelte, spiegate, ed' illustrate con sentenze, ed eruditioni, sacre, e profane, Milano, F. Vigone, 1669.

5 S.PIETRASANTA, De symbolis heroicis, Anversa, Balthasaris Moreti, 1634, p. 281.

6 ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Registri Cancelleria Angioina 1278-1279, n. 33, fol. 21 (numerazione antica).

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occupazione delle istituzioni da parte della feudalità francese. Peraltro, nel medesimo periodo si sostituì nella denominazione ufficiale il termine communitas con universitas, rappresentativo di una concezione privatistica in linea con la nuova visione patrimonialistica dello stato dei sovrani angioini, e meno evocativo della autonomia istituzionale delle realtà cittadine7.

Dunque, verosimilmente, anche i sigilli aversani furono consegnati al Giustiziere di Terra di Lavoro e cessò l’uso dello stemma antico, quale che fosse. In verità è da rilevare che nel 1701, in occasione della congiura del principe di Macchia, che tentò di detronizzare il Viceré spagnolo, scoppiarono in città gravi tumulti che culminarono con l’assalto ai palazzi del potere civile e religioso, e che ebbero come conseguenza la distruzione di gran parte dell’archivio della Universitas, conservato presso la sede vescovile, causando la perdita della documentazione più antica della amministrazione cittadina, tra cui, probabilmente, anche le attestazioni più antiche dell’uso dello stemma, e di una sua successiva ricomparsa.

2. La comparsa del gallo basilisco

La testimonianza più antica della presenza del basilisco ad Aversa è costituita dalla celebre tavola del “Martirio di San Sebastiano”, opera di Angiolillo Arcuccio risalente al 1482. Sullo sfondo della figura del santo è rappresentata una veduta della città del periodo, su cui svetta la mole della cupola ottagona della cattedrale, al cui apice è presente proprio il gallo con la coda di serpente attorcigliato. Pochi anni più tardi il medesimo stemma comparve sul frontespizio di un documento ufficiale della città, un “Atto di Concordia” del 1508, con il quale gli eletti di Aversa rivendicavano le libertà e le giurisdizioni comunali di fronte al nuovo regime vicereale.

In tale raffigurazione il gallo basilisco compare in oro in campo azzurro, su uno scudo antico, e vi appare per la prima volta il motto in latino Qui sub ingesta iacuit Basiliscus harena, invictum liber protulit ille caput, “Il basilisco che giacque sull’arena fiero sollevò il capo invitto”.

Per tutto il XVI secolo la tradizione dello stemma si consolidò, specie a seguito della concessione alla città, all’epoca dell’Imperatore Carlo V, con gli speciali Capitoli del 1536, della facoltà di rilasciare diplomi di cittadinanza, rafforzando quelle libertà civiche che erano state erose nel periodo angioino ed aragonese.

Figura 2. Angiolillo Arcuccio, Martirio di San Sebastiano (dettaglio), particolare del basilisco 8.

7 Cfr. Le eredità normanno-sveve nell'età angioina: persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno; atti delle Quindicesime Giornate Normanno-Sveve, Bari, 22 - 25 ottobre 2002, a cura di G.MUSCA,Bari, Dedalo, 2004.

8 MUSEO DIOCESANO DI AVERSA.

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4 Figura 3. Frontespizio Atto di Concordia, 15089.

Le rappresentazioni grafiche del gallo basilisco aversano si moltiplicano nel corso del XVII secolo, segno di una affermazione ormai definitiva dell’arme quale elemento identificativo della civitas, inserito non soltanto negli atti ufficiali della stessa ma anche in raccolte compilative di stemmi e in opere storiche. La grafica non è sempre univoca ma gli elementi salienti della figura araldica si ritrovano con relativa costanza: la forma compatta ed esile del corpo del gallo, la presenza di ali visibili e la coda sottile serpentiforme, sovente attorcigliata a formare una voluta.

Sin dal XVI secolo esso è inscritto in un scudo sannitico, sovente, ma non sempre, in oro in campo d’azzurro, sormontato da una corona patrizia antica d’oro, ornata di quattro fioroni, di cui tre visibili, e quattro perle, di cui due visibili.

9 BIBLIOTECA COMUNALE DI AVERSA (d’ora in avantiBCA), Fondo Atti antichi della città di Aversa.

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Non è in alcun modo certo chi ne sia stato l’autore, anche se una certa tradizione locale10 ne attribuisce la paternità all’umanista e filosofo aversano del XVI secolo Luca Prassicio. La più antica immagine a stampa di questo stemma risale al 1644 ed è contenuta nell’opera del letterato calabrese Ottavio Beltrano, “Breve descrittione del Regno di Napoli diviso in dodeci Provincie” nella quale con brevità si tratta della città di Napoli e delle cose più notabili di essa”. Nel corso del ’600 lo stemma è riprodotto sulle platee dell’ospedale della Real Casa dell’Annunziata e sui libri dei pagamenti e dei mandati degli eletti e del cassiere di città, e, nella medesima foggia, è presente in un noto stemmario manoscritto conservato presso la biblioteca nazionale di Napoli, accanto agli emblemi di numerose altre città del regno e dei diversi patriziati cittadini.

Figura 4. Miniatura tratta da Breve descrittione del Regno di Napoli di O. Beltrano.

Figura 5. Miniatura tratta da uno stemmario del XVII secolo11.

In alcuni di questi documenti, peraltro, non mancano raffigurazioni in cui il gallo basilisco è rappresentato al naturale, anche coronato da una corona di fantasia, e, talvolta, non mancano raffigurazioni del semplice gallo nero, privo della mitica coda di rettile. Così, come nei colori naturali del Gallus gallus domesticus, il gallo è effigiato nella “Carta del Fioravanti”, una mappa cartografica del 1772 commissionata dalla Universitas al fine di rappresentare i confini della giurisdizione cittadina12.

L’orientamento della figura è generalmente alla destra araldica ma non mancano esempi notevoli nel quale esso è rivoltato, come, nel caso più eclatante, sulla chiave di volta del portale

10 Aversa a Domenico Cimarosa, cit.

11 BIBLIOTECA NAZIONALE DI NAPOLI, Fondo manoscritti e rari, X. A. 42, immagine tratta da A. CASALE - F.

MARCIANO -V. AMOROSI, Famiglie nobili del Regno di Napoli in uno stemmario seicentesco inedito, Boscoreale, Youcanprint, 2016.

12 Cfr. N.DE CHIARA, Aversa e i suoi casali nel Settecento, Aversa, NeroSuBianco, 2011.

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d’ingresso all’antico palazzo del Reggimento di Città, sede dell’amministrazione cittadina, la cui realizzazione risale al 1712. Esempi analoghi si rinvengono nella celebre veduta della città realizzata dal Pacichelli negli ultimi anni del ’60013 e in quella dell’Orlandi del 177214; in entrambi i casi si tratta di incisioni in bianco e nero, nelle quali lo stemma è riportato entro uno scudo.

Malgrado tali esempi la posizione rivolta a sinistra resta una eccezione minoritaria nella vasta casistica delle rappresentazioni.

Figura 6. Dettaglio della miniatura presente sulla Carta del Fioravanti  15. 

Figura 7. Miniatura tratta da G.B. Pacichelli.  

13 G.B.PACICHELLI, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie, in cui si descrivono la sua metropoli fidelissima città di Napoli, e le cose più notabili, Napoli, Mutio, 1703.

14C.ORLANDI, Delle città d'Italia e sue isole adjacenti compendiose notizie, vol. II, Perugia, Mario Riginaldi, 1772.

15 MUNICIPIO DI AVERSA, Ufficio di Gabinetto del sindaco. 

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7 Figura 8. Portale d’ingresso all’edificio ex pretura di Aversa (già Palazzo del reggimento di città). 

 

Figura 9. Particolare platea dell’Annunziata di Aversa, XVII sec.16.

16 BCA, Fondo Ave Gratia Plena, Libro dei censi della Casa santa dell’Annunciata di Aversa.

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8 Figura 10. Particolare platea dell’Annunziata di Aversa, XVII sec17

3. Evoluzioni in epoca contemporanea

Durante il regno borbonico il ruolo della città rifiorì quale centro amministrativo a ridosso della capitale, essa, del resto, nel 1734, fu il primo grande centro ove Carlo di Borbone stabilì la sua corte ed il proprio stato maggiore tra l’aprile ed il maggio di quell’anno, prima del suo ingresso a Napoli, e proprio ad Aversa il giovane principe compì i suoi primi atti di governo18. In questo nuovo clima, alla metà del XVIII secolo, gli eletti della città acquistarono dalla famiglia Pignatelli una ricca berlina di gala per trasportare le autorità civili municipali nelle grandi cerimonie, sul retro della carrozza fu aggiunto uno scudo ovale sul quale è raffigurato a rilievo un gallo su una zolla di suolo, incorniciato da una ghirlanda d’alloro, il tutto in legno dorato su campo rosso, colori distintivi del fasciame e del telaio della carrozza.

Figura 11. Particolare della berlina di gala degli eletti di Aversa19.   

17 ID, Ave Gratia Plena della città di Aversa contro gli introscritti suoi censuarii. Libro quarto. 

18 Cfr. SANTAGATA,cit.

19 Conservata ad Aversa presso il Tribunale di Napoli Nord. 

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Nel 1818 l’arme di Aversa risulta inserita nella raccolta degli stemmi del Regno di Napoli tenuta dal Ministero della Cancelleria del Regno delle due Sicilie. Le caratteristiche estetiche del gallo basilisco, anche in periodi coevi, si sono discostate non poco da un esempio all’altro, come espressione del personale gusto dell’autore dell’immagine, in conseguenza delle possibilità tecniche del momento o delle intenzioni dei committenti. In particolare, a partire dall’800, l’ampia possibilità di riproducibilità tipografica ha dato seguito ad una moltitudine di grafiche differenti per la rappresentazione dello stemma, motivata anche dalla rinascita di una ampia cultura storica che mirava alla riscoperta delle origini cittadine20, che ebbe avvio già nella prima metà del secolo, per poi divenire esigenza pressante dopo l’Unità nazionale.

Le prime amministrazioni postunitarie mantennero il medesimo stemma già in uso negli anni precedenti, ma avviarono al contempo la ricerca di una grafica che fosse maggiormente radicata nella tradizione antica e rappresentasse al meglio l’importanza della città. Le diverse raffigurazioni hanno convissuto sui documenti e sulle rappresentazioni negli edifici pubblici fino ai primi decenni del XX secolo, presentando diversi dettagli variabili: la forma del corpo del gallo, che in talune rappresentazioni è piuttosto semplice e stilizzato, mentre in altre presenta caratteristiche molto particolareggiate, oppure che talvolta ha fattezze piuttosto esili ma che si ritrova con forme assai floride dipinto sulle sedi municipali; la forma della coda, spesso appena accennata oppure con ampie volute; la presenza di vari modelli di corona, quasi sempre di fantasia e non riconducibile ai modelli araldici codificati; la presenza, o meno, degli elementi naturali del suolo su cui poggia la figura; variabile è anche la forma dello scudo e dei suoi elementi decorativi.

Figura 12. Stemma pubblicato su L’Eco di Aversa nel 186521.

Figura 12. Stemma adoperato su carta intestata del comune di Aversa nel 1892.

20 Protagonista di questa fioritura di studi fu il marchese Gaetano Parente, umanista e storico, che diede alle stampe l’opera Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa e fu fondatore del giornale “L’Eco di Aversa”.

21 «L’Eco di Aversa», 1865, IV, n. 16, p. 1.

 

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10 Figura 13. Stemma adoperato su carta intestata del comune di Aversa nel 1898.

Sul finire del XIX secolo l’amministrazione comunale portò a termine il tentativo di rinverdire l’antica tradizione dello stemmo civico, realizzando alcune raffigurazioni che si ispiravano direttamente alla antica immagine del 1508. Sulla base tale di impronta grafica fu realizzato il primo gonfalone comunale e fu realizzata una particolare versione dello stemma che proiettò lo stesso nella modernità: per la prima volta lo scudo era contornato da un serto di quercia e di alloro ed era coronato dalla corona turrita di città, vi era inoltre riportato su un cartiglio l’antico motto in lettere rosse. Questa versione fu pubblicata nell’“Album cimarosiano” del 190122 e fu il modello di riferimento da cui sarebbero discese molte delle successive rappresentazioni grafiche.

Figura 13. Stemma pubblicato sull’Album cimarosiano del 1901.

22 Aversa a Domenico Cimarosa nel primo centenario della sua morte, cit.

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L’identificazione della città con il basilisco non fu, peraltro, univoca, ed infatti l’uso di raffigurare l’arme aversana con l’immagine del semplice gallo è sopravvissuto piuttosto a lungo, specie nelle rappresentazioni fatte lontano dalla città, tale immagine si ritrova nel 1866 nel Dizionario Corografico dell’Italia di Amato Amati23, opera compilata in periodo immediatamente postunitario per rappresentare la nuova realtà territoriale del giovane Regno d’Italia, ed ancora agli inizi del secolo successivo, nella riedizione del 190124 della stessa opera, che, malgrado affermi d’essere stata compilata « con il concorso delle rappresentanze comunali e provinciali », pubblica uno stemma molto lontano dal reale, finanche rappresentandolo su un inedito scudo in campo d’oro, analogamente alla prima edizione.

Figura 14. Stemma pubblicato, da AMATI,Dizionario corografico, 1866.

Figura 15. Stemma pubblicato, da MAGRINI-VACCARI,Dizionario corografico, 1901.

23 A.AMATI, Dizionario corografico dell'Italia, Milano, Vallardi, 1866.

24 G.B.MAGRINI -G.VACCARI, Dizionario corografico dell’Italia e dei principali paesi italiani oltre confine, Milano, Vallardi, 1901.

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4. Il riconoscimento ufficiale dello stemma nel corso del ’900

La effettiva ufficializzazione dello stemma della città di Aversa avvenne soltanto in era fascista, a seguito di un lungo e tortuoso procedimento che ebbe avvio nell’anno 1929 e che fu determinato dalla circolare n. 8600/23 della Consulta Araldica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con tale provvedimento si ribadiva il tassativo divieto per i comuni di adoperare lo stemma dello stato e si sollecitava l’amministrazione municipale ad avviare le procedure per ottenere il riconoscimento dello stemma, rammentando la lettera dell’articolo 1 del R.D. n. 442 del 20 marzo 1924, che poneva il divieto di uso di stemmi o gonfaloni non legalizzati dalla Consulta Araldica.

Il comune di Aversa era all’epoca retto dal commissario prefettizio Mario de Riso di Carpinone che, con propria determina del 13 gennaio 1930, assunse ufficialmente lo stemma pubblicato nel 1901 ed il gonfalone già in uso, dandone questa scarna descrizione: «Lo stemma del Comune di Aversa è rappresentato da un gallo-basilisco dorato, su fondo bleu turchino, circondato da rami e sormontato da corona dorata con punte a cinque torri.»

Al documento è allegata anche una relazione storica che faceva riferimento alle più antiche raffigurazioni – le già ricordate immagini presenti sulla tavola del San Sebastiano e sull’Atto di Concordia del 1508 – per giustificare e descrivere così lo stemma:

«[…] rappresentato da un Gallo-basilisco, ritrova il fondamento etimologico e la spiegazione blasonica nelle origini stesse della Città, la quale fu fondata poco dopo il 1000 dai Normanni. Esso vuol significare il simbolo dei combattenti che non sanno cedere, reintegrando sempre il certame e ciò a riferimento delle guerre combattute, nell’epoca normanna, contro Napoli e Capua. Il simbolo del gallo, assunto in principio, venne poi trasformato in basilisco e precisamente un secolo dopo che Carlo V elargì i Capitoli alla Città di Aversa: tale trasformazione del simbolo stette a dimostrare la fine dello stato di decadenza della Città, con le acquistate libertà municipali ed a ciò ha riferimento il distico che si riscontra di sotto lo stemma».

Al di là della descrizione storica – in realtà piuttosto fantasiosa e tratta integralmente da un saggio dello storico campano Angelo Broccoli, pubblicato nell’”Album cimarosiano” del 1901 – e della contraddittorietà della ricostruzione della scansione cronologica della comparsa del basilisco, è curioso notare come i medesimi fogli che riportavano tali blasonature recavano, in realtà, addirittura due versioni dello stemma civico, diverse tra loro ed entrambe differenti dalla descrizione stessa: in un caso era presente l’antico stemma ottocentesco, nell’altro una diversa foggia di tale stemma accollato allo scudo recante il fascio littorio, secondo le previsioni del R.D. n.

1430 del 14 giugno 1928.

La effettiva concessione, a seguito dell’acquisizione del parere favorevole dalla Commissione Araldica Napoletana che, però, prescrisse che il riconoscimento non dovesse comprendere anche il tradizionale motto, si perfezionò il 18 luglio del 1931 con Decreto del capo del Governo Benito Mussolini, che sancì il diritto d’uso di uno stemma civico con questa blasonatura: «D’azzurro, al gallo basilisco d’oro, posto su terreno di verde. Ornamenti esteriori da città.». Il relativo diploma fu consegnato, con annessa miniatura, al comune di Aversa nell’agosto dello stesso anno, ma se ne sono successivamente perdute le tracce, probabilmente nell’immediato secondo dopoguerra, forse per la premura di obliterare un documento che recava la compromettente firma del duce del passato regime.

Di tale immagine non esiste alcun esempio, nella realizzazione dei documenti ufficiali dell’epoca si continuarono ad adoperare, fino al 1945, indifferentemente, i diversi modelli di stemma già in uso, ai quali fu aggiunto, in alcuni casi, il capo del littorio previsto dal R.D. n. 1440 del 12 ottobre 1933, né se ne sono riscontrate testimonianze su diplomi o fotografie. La mancata diffusione dello stemma, per il quale pure si era avviato l’iter di riconoscimento, può ricostruirsi come il prodotto di diverse circostanze: in primo luogo una valutazione meramente economica sull’opportunità di adoperare le giacenze di materiali già disponibili, in secondo luogo l’avvicendarsi in nove anni di tre diversi podestà e commissari alla guida del comune, la confusione generata dalla contemporanea concessione di un gonfalone con una grafica innovativa rispetto ai

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modelli tradizionali. Dagli anni ’40, addirittura, compare uno stemma totalmente fuori da ogni regola ed autorizzazione, entro uno scudo sannitico caricato del capo del littorio è inscritta la grafica realizzata per l’“Album cimarosiano”: su un piccolo scudo, sormontato dalla corona turrita, campeggia il basilisco, il tutto circondato da serti di quercia e alloro attraversati in basso da un cartiglio.

Figura 16. Parere della Commissione Araldica Napolitana del 193025.

25 ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (d’ora in avanti ACS), Ufficio araldico - Fascicoli comunali, b. 100, fasc. 9243. 

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14 Figura 17. Stemma adoperato su carta intestata del comune di Aversa nel 1932.

Figura 18. Stemma adoperato su carta intestata del comune di Aversa nel 1940.

4. Le evoluzioni negli ultimi decenni

A partire dal 1946 ritornarono nell’uso pubblico le medesime fogge diversificate dello stemma elaborate nei decenni precedenti, non si provvide neanche in epoca repubblicana ad una revisione ed unificazione dei modelli né ad emanare un disciplinare sulla forma e l’uso dell’emblema della città.

Una ulteriore novità si ebbe intorno agli anni ’70, allorché fu adoperata una nuova matrice grafica, tratta dalla miniatura contenuta nel decreto di concessione del gonfalone che la città ottenne nel 1934, in essa il gallo basilisco è rappresentato con proporzioni maggiori, con un folto piumaggio ed una coda di colubro assai pronunciata. I colori dello scudo sono quelli tradizionali, con il campo azzurro ed il terreno al naturale di verde, il gallo basilisco è d’oro ma le raffigurazioni sono sempre prive del cartiglio riportante il motto.

Questo stemma ha avuto una ampia diffusione per decenni, entrando nell’uso costante dell’amministrazione comunale e di molti enti privati, dalle associazioni alle società sportive, fu collocato anche all’ingresso della sede municipale ed in numerosi uffici, ove tutt’oggi si trova. La peculiare grafica di questo basilisco ne ha sicuramente decretato la fortuna, essendo particolarmente ricercata e ricca è risultata assai apprezzata quale immagine elegante e rappresentativa dell’orgoglio cittadino, per questi motivi è stata largamente impiegata nei documenti dell’amministrazione comunale e, sin dagli anni ’2000, campeggiava nel sito internet istituzionale del Comune.

Un primo studio organico sulle vicende dello stemma di Aversa è stato condotto alla fine degli anni ’80 dall’on. Tiberio Cecere, architetto, parlamentare e studioso di storia locale che fu per diversi anni assessore comunale, l’esistenza di tale documento è confermata solo in via secondaria, tramite le testimonianze dei funzionari comunali e dei fornitori che hanno avuto modo di visionarlo, poiché il relativo incartamento non è stato ritrovato neanche nell’archivio privato del politico e studioso aversano.

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Si può dedurre che, sulla base di ricerche storiche e comparazioni tra le varie forme note, il Cecere stesso abbia disegnato una nuova versione delle fattezze del gallo basilisco, probabilmente anche attingendo a documenti oggi non più disponibili, che trae la sua principale ispirazione, ancora una volta, dalla già più volte ricordata raffigurazione del 1508.

Figura 19. Stemma comparso negli anni ’70 e tutt’ora in uso.  

Figura 20. Stemma realizzato da Michele Gioia su indicazioni di T. Cecere negli anni ’90, tutt’ora in uso.  

Tale raffigurazione compare per la prima volta nel 1986, sulla copertina della riedizione dell’opera storica di Gaetano Parente “Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa”, curata proprio dal Cecere per l’Amministrazione comunale, e, nel corso degli anni ’90, sarà rielaborata dal grafico Michele Gioia, sempre sotto la guida di Tiberio Cecere, in una nuova versione a colori, dalle forme nette e pulite, perfettamente in linea con le previsioni del decreto di concessione del 1931.

Questa versione è stata adottata, de facto, dall’amministrazione comunale che l’ha usata sui propri documenti ed atti, nonché quale fregio del corpo della Polizia Municipale. Peraltro, lo statuto comunale, approvato dal consiglio comunale il 30 giugno 2000 ed attualmente in vigore, prevede, all’articolo due, che

«[…] Il Comune si identifica con lo stemma: Basilisco in oro su fondo blu con la scritta, fuori campo grafico: Qui sub ingesta iacuit Basiliscus harena, invictum liber protulit ille caput, e con il gonfalone attuale come da allegato grafico.

L’uso dello stemma e del gonfalone sarà oggetto di regolamentazione e disciplina».

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Fornendo una descrizione che, evidentemente, risulta in contrasto con le previsioni del decreto concessorio, sia per quanto riguarda i colori che per l’uso del motto; inoltre, malgrado le previsioni del comma finale, un regolamento d’uso e disciplina non è mai stato emanato.

In tempi recenti è ripresa una proliferazione di diversi stili dello stemma, frutto soprattutto della elevata diffusione e riproducibilità delle immagini attraverso il mezzo informatico – finanche sulla homepage del sito ufficiale del Comune, fino al 2018, erano presenti addirittura tra diverse versioni dello stemma civico – sottoposte, oggi, al solo gusto dell’utilizzatore, sia soggetto pubblico che privato.

Infatti, se, da un lato, ogni singola articolazione degli uffici comunali sceglie in maniera estemporanea e casuale la versione da adoperare, dall’altro, chiunque abbia necessità di rappresentare lo stemma aversano può attingere ad una varietà di esempi a proprio piacimento. In ordine cronologico, l’ultima interpretazione dello stemma cittadino è apparsa nel 2008, elaborata in digitale dal sito internet ww.araldicacivica.it, la quale, per la sua alta qualità grafica e per la circostanza di essere usata per illustrare la pagina dell’enciclopedia online Wikipedia26, ha conosciuto un ampio utilizzo, anche da parte dell’amministrazione comunale, risultando attualmente effigiata all’ingresso della sala consiliare e presente sul nuovo sito internet istituzionale lanciato nel 2019, benché, ancora una volta, presenti una foggia ulteriore del basilisco e sia presente il cartiglio con il motto che non dovrebbe comparire.

 

Figura 21. Stemma ricostruito dal sito www.araldicacivica.it nel 2008 e tutt’ora in uso.   

5. Le vicende del gonfalone comunale

Parallelamente allo stemma si è sviluppato anche l’uso di un gonfalone, sia pure con una storia assai più recente ma con un percorso evolutivo non meno articolato. Come la gran parte delle città italiane, Aversa si dotò di un nuovo gonfalone dopo l’Unità nazionale, quale segno di rinnovata identità e di appartenenza civica che avrebbe dovuto testimoniare l’antica storia della città. Il gonfalone d’epoca contemporanea fu realizzato nel 1899, composto da un drappo in seta azzurra sul quale fu riccamente ricamato l’emblema del gallo basilisco, nella foggia tratta dal frontespizio dell’Atto di Concordia del XVI secolo, raffigurato su uno scudo di forma antica, posto all’interno di una cornice rotonda, al quale fu abbinato il cartiglio con il motto civico, nei colori naturali, il tutto circondato da un festone floreale dorato.

Quel drappo apparve pubblicamente il 1° ottobre 1899 quando sventolò, in rappresentanza del comune di Aversa, alla solenne cerimonia di inaugurazione del monumento ai caduti garibaldini della battaglia di Ponti della Valle a Maddaloni27.

26 https://it.wikipedia.org/wiki/Aversa (ultima consultazione, 20/04/2020).

27 Cfr. S. DE CHIARA, Ritrovato il vecchio Gonfalone della Città, «Nero su Bianco», 2019, XXII, N. 12, p. 56.

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17 Figura 22. Gonfalone del 1899.  

Da allora il gonfalone ha accompagnato per novant’anni la storia della città, presenziando ai momenti più importanti della comunità aversana, dalle cerimonie civili alle processioni patronali.

L’autore di quest’opera ed il procedimento di scelta dell’iconografia non sono noti, però, come ricordato in precedenza, è piuttosto chiara la volontà di richiamarsi alla tradizione più antica e di rammendare i fili della storia della passata grandezza della città con la rinascita che la comunità stava vivendo nell’Italia unita. Nel 1932, a seguito della concessione dello stemma civico, fu avanzata dal podestà Felice Tango una specifica richiesta al sovrano ed al capo del governo affinché fosse riconosciuto alla città un nuovo gonfalone e, a tal fine, fu allegato un bozzetto riproducente, in verità in maniera sommaria, il gonfalone già posseduto dal Comune.

Figura 23. Bozzetto predisposto all’atto della richiesta di riconoscimento del gonfalone. 

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La concessione venne sancita da un Regio Decreto del 26 febbraio 1934, che decretò doversi riconoscere al comune un gonfalone composto da un «Drappo di colore azzurro riccamente ornato di ricami in oro e caricato dello stemma comunale, con l’iscrizione centrata in oro “Città di Aversa”»28.

La miniatura allegata al decreto, vistata dal commissario del re presso la Consulta araldica, il senatore e storico Pietro Fedele, presenta la foggia che avrebbe dovuto avere il nuovo segno distintivo del comune, con un innovativo disegno del gallo basilisco, che appare non nella consueta posa eretta, ma in un forma più allungata e sinuosa, caratterizzato da un folto piumaggio e da un’alta cresta, con una voluminosa coda di serpente attorcigliata, entro uno scudo sannitico con il capo del littorio.

Figura 23. Miniatura allegata al R.D. del 1934.  

28 ACS, Ufficio araldico - Fascicoli comunali, b. 100, fasc. 9243.

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Malgrado l’avvenuta concessione il gonfalone non fu mai realizzato e l’Amministrazione comunale continuò ad innalzare quello realizzato nel 1899, ben oltre la Seconda Guerra Mondiale, per i decenni successivi. Il lungo uso ne logorò i tessuti e ne fu disposta la sostituzione nel 1989, in preparazione della visita di Giovanni Paolo II prevista per l’anno successivo.

Fu creato un nuovo gonfalone, che riprendeva il disegno previsto dal Regio Decreto del 1934, privato ovviamente del capo del littorio, ma con il colore del tessuto del drappo visibilmente più chiaro, tendente al celeste anziché all’azzurro. Di tale gonfalone sono state realizzati due diversi esemplari, tutt’ora in uso, conservati, rispettivamente, presso la sala consiliare del municipio e presso il comando della Polizia Municipale. Il gonfalone antico, dopo decenni di oblio, è attualmente esposto nell’ufficio del presidente del Consiglio Comunale.29 Sul medesimo disegno è stata realizzata una bandiera comunale che identifica le sedi municipali ufficiali, in questa realizzazione, però, il tessuto di fondo è decisamente tendente al blu.

Figura 24. Gonfalone comunale attuale.   

 

29 Dopo il 1990 fu riposto in un deposito presso il comune, affidato alla custodia dell’ufficio economato ove fu dimenticato, è stato ritrovato da chi scrive nel periodo in cui è stato addetto al cerimoniale presso l’Ufficio di Gabinetto del sindaco.

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