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Memoria. 3 giugno 2022

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Memoria

agli Uffici di Presidenza delle Commissioni riunite Vª “Bilancio e Tesoro” e VIª

“Finanze” della Camera dei Deputati, sul disegno di legge C. 3614, “Conversione in legge del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese, e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina”

3 giugno 2022

Onorevoli Presidenti, Onorevoli Deputati,

la perdurante crisi internazionale innescata dal conflitto russo-ucraino genera effetti di immediato impatto sulle famiglie e sul tessuto economico italiano, in una fase ancora segnata dalla difficile ripresa della produzione, del commercio e dell’occupazione dopo i due anni di pandemia. Il Governo è dunque costretto a fronteggiare il contesto emergenziale con strumenti eccezionali – quali il decreto-legge sottoposto al Vostro esame per la conversione – volti a sostenere una ripresa ancora fragile, per non disperdere gli sforzi straordinari compiuti durante la pandemia.

È una strategia che non può che essere condivisa dalle parti sociali.

I professionisti italiani, che affiancano il mondo delle imprese nella conduzione della loro attività, registrano i segnali di incertezza e preoccupazione per il prossimo futuro: la destinazione di risorse pubbliche al sostegno negli investimenti di medio-lungo periodo è dunque ancora essenziale, per favorire ripresa e innovazione in un contesto di perdurante insicurezza degli operatori economici. È altresì apprezzabile l’impegno profuso dal Governo nella ricerca di una maggiore indipendenza energetica del Paese: la valorizzazione delle fonti rinnovabili è il più rilevante contributo che possiamo dare alla crescita sostenibile, e deve essere perseguito con determinazione, marginalizzando resistenze motivate da interessi particolaristici.

Al contempo, occorre prefigurare, già dalla prossima manovra di bilancio, interventi di sistema, non circoscritti a fronteggiare l’emergenza, per conseguire obiettivi di

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semplificazione degli adempimenti che gravano sulle attività economiche, di alleggerimento della pressione fiscale, di ulteriore riduzione del costo del lavoro, e di accelerazione dei procedimenti giudiziari.

In questa memoria prendiamo in considerazione alcune delle disposizioni del decreto- legge n. 50, selezionate in ragione della loro attinenza con le competenze e gli interessi dei liberi professionisti, che la nostra Confederazione rappresenta.

Superbonus

L’art. 14 del decreto modifica nuovamente il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) al superbonus 110% e agli altri principali bonus edilizi.

Nel dettaglio, con la disciplina introdotta dal decreto in commento le banche e le società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’apposito albo (comprese, quindi, Sgr, Sim, Sicaf e Sicav) potranno effettuare cessioni sempre, quindi anche prima del quarto trasferimento, nei confronti di clienti professionali privati, di cui all’articolo 6, comma 2- quinquies, del D.Lgs. n. 58/1998, che hanno stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa o con la capogruppo. Si tratta di quei soggetti, che secondo il Regolamento degli intermediari, «possiedono l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume» (allegato 3, delibera Consob 16190/2007). Vi rientrano, ad esempio, banche, imprese e organismi di investimento, altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; imprese di assicurazione, organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; fondi pensione e società di gestione di tali fondi; gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie; le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:

totale di bilancio 20.000.000 EUR; fatturato netto: 40.000.000 EUR; fondi propri: 2.000.000 EUR.

A tali soggetti non è data la facoltà di ulteriore cessione: dovranno utilizzare i crediti acquistati solo per i propri versamenti in F24. La novità si applica alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate a partire dal 1°

maggio 2022.

Quello al nostro esame è, dunque, il quinto provvedimento che in meno di 5 mesi ha modificato per ben 4 volte il meccanismo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale (sconto in fattura e cessione del credito), nonché la sedicesima modifica apportata al Decreto

“Rilancio” n. 34/2020 nell’arco di 24 mesi dalla sua entrata in vigore, con un unico vero

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risultato: stravolgere lo stesso spirito con cui era stato messo a punto il meccanismo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale, e generare incertezza e ingessare il mercato.

In particolare negli ultimi 5 mesi stiamo assistendo a quegli effetti “domino” che il gruppo di lavoro di Confprofessioni, istituito allo scopo di seguire e monitorare la normativa del Superbonus 110% e di tutti i bonus edilizi, da qualche tempo aveva annunciato e segnalato: incertezza, perdita di fiducia, rallentamento della circolazione dei crediti, ivi compresi quelli acquisiti dai professionisti, con conseguente raggiungimento della capienza fiscale da parte dei soggetti (in particolare Banche e intermediari finanziari) che acquistano crediti, rallentamento della produzione di materiali e componenti edili ed impiantistici e riduzione degli investimenti connessi direttamente o indirettamente al settore edile. In una parola: una sorta di lockdown economico del settore edile, con conseguente agonia di una fase di ripresa economica che era appena iniziata.

In meno di due anni sembra quasi essere stato stravolto un meccanismo messo a punto per imprimere slancio alla rigenerazione e riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale, sia dal punto di vista strutturale che di efficientamento energetico, e per contribuire al rilancio economico e sociale del Paese, anche sotto forma di impatto occupazionale di nuove assunzioni e di stabilizzazione di lavori precari; vi è il rischio che i risultati attesi possano essere vanificati dalla impossibilità di portare a temine i lavori già iniziati (con cantieri in stallo e lavori incompiuti) e/o di far partire nuovi cantieri.

Difatti, se i crediti non vengono più comprati o viene rallentato il meccanismo di cessione, il soggetto che ha crediti non può monetizzarli: le imprese non possono più pagare i fornitori, i materiali, i dipendenti. In altri termini i cantieri inesorabilmente si bloccano. I committenti dovranno attingere alle proprie risorse per finire lavori in corso d’opera o, scenario peggiore, questi lavori non saranno mai terminati a seguito di concordati e fallimenti, innescando un lungo corollario di ricorsi e contenziosi tra committenza, imprese e professionisti.

Ed in questo scenario si sono riversati inevitabilmente gravi e significativi effetti anche sui professionisti, che il Decreto Legge n. 34/2020, e successivamente il Decreto Antifrode, anche sulla base del documento dell’Unità di informazione della Banca d’Italia dell’11 febbraio 2021, hanno individuato come i veri garanti degli interventi in ambito Superbonus 110% ed in quello degli altri bonus edilizi (le asseverazioni di congruità tecnica ed economica sono richieste ai professionisti, e solamente ai professionisti viene richiesta un’assicurazione che garantisca l’intero importo dei lavori realizzati).

Senza volere prendere in considerazione le pesantissime sanzioni penali che sono state recentemente introdotte a carico dei tecnici asseveratori, sino a questo momento i professionisti assumevano per lo più incarichi direttamente da parte dei clienti finali committenti delle opere, riuscendo ad offrire prestazioni professionali con sconto in fattura, in un clima di totale terzietà ed indipendenza rispetto agli esecutori degli interventi. A seguito delle ultime modifiche normative, i professionisti stanno incontrando difficoltà nel cedere

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l’enorme quantità di crediti acquisiti nel tempo, oltre che difficoltà nel proporre ulteriori prestazioni professionali con sconto in fattura, se non a condizione di ricevere incarichi direttamente dagli esecutori dei lavori in grado di proporre, a loro volta e con i rischi innanzi evidenziati, sconto in fattura, con conseguente eventuale condizionamento che potrebbe subire il soggetto professionista controllore che verrebbe pagato direttamente dal soggetto controllato, con l’ovvio rischio di depotenziare le attività di controllo dei professionisti, caratterizzate da terzietà ed indipendenza.

La disposizione in esame si pone, dunque, l’obiettivo di sbloccare la situazione allarmante per il comparto dell’edilizia che è stata determinata dalla continua modifica delle regole in corsa, consistente nel blocco dell'acquisto dei crediti da parte dei principali player (Poste e CDP su tutti) e nella progressiva riduzione da parte di altri (molte banche hanno deciso di non acquistare più crediti indiretti frutto di sconto in fattura).

Emblematico, a tale proposito, è il numero complessivo dei crediti presenti sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate e non ancora accettati da oltre 30 giorni pari a 5,396 miliardi di euro.

Confprofessioni è fortemente preoccupata per questa ennesima modifica apportata al meccanismo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale (sconto in fattura e cessione del credito), che costituisce ulteriore tentativo ed approssimazione da parte di un Legislatore che mostra di non avere ancora chiaro il punto di arrivo.

Ulteriore variazione all’assetto normativo del Decreto Rilancio contenuta nell’art. 14 del DL Aiuti è relativa alla proroga di ulteriori tre mesi del termine per il completamento del 30% degli interventi effettuati sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi dall’esterno.

In particolare, la detrazione del 110% spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 (termine che resta invariato), a condizione che alla data del 30 settembre 2022 (in precedenza il termine era fissato al 30 giugno 2022) siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo. Si precisa che, ai fini del computo della suddetta percentuale del 30% possono essere compresi anche i lavori non agevolati dal Superbonus.

Confprofessioni ha sempre prospettato al Governo ed al Parlamento nel corso delle varie audizioni e delle recenti interlocuzioni, anche attraverso la predisposizione di appositi emendamenti, l’esigenza, relativamente agli edifici unifamiliari, di prorogare il termine per l’effettuazione delle spese, quanto meno al 31 dicembre 2023, e di dilazionare il termine per l’effettuazione del SAL dei lavori, posto, tra l’altro, che quello degli edifici unifamiliari rappresenta il segmento di immobili maggiormente interessato per la rilevanza degli interventi di efficientamento energetico, sia per il loro valore in termini di sostenibilità, che dal punto di vista economico, per il rilevante numero di imprese e di operatori professionali coinvolti nei lavori.

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Pertanto la proroga solo del SAL al 30 settembre 2022 introdotta dalla disposizione in commento rappresenta una misura insufficiente, posto che un freno ai lavori è senza dubbio il periodo estivo (difatti, in molti Comuni costieri si verifica lo stop ai cantieri da giugno a settembre), e che molte imprese saranno ingolfate dai ritardi nelle consegne dei materiali. In altri termini, anche con tre mesi in più, resta elevato il rischio che non vengano terminati in tempo i lavori e che non si riesca a cedere il credito.

Confprofessioni invita, pertanto, a compiere una attenta riflessione e valutazione legata alle scadenze: solo garantendo un orizzonte temporale adeguato sarà possibile scongiurare il rischio che i risultati attesi possano essere vanificati dalla impossibilità di portare a temine i lavori già iniziati (con cantieri in stallo e lavori incompiuti) e/o di far partire nuovi cantieri, e sfruttare appieno il potenziale in termini di crescita economica attivato con il Superbonus 110% e con le altre detrazioni edilizie, con le notevoli ricadute sociali ad essa connesse, e così raggiungere gli obiettivi – condivisi con l’Unione Europea – di efficientamento energetico degli edifici e di adeguamento in termini di sicurezza del patrimonio edilizio nazionale, ottenendo al contempo un effetto di rilancio del settore edile e dell’intera economia del Paese.

Credito di imposta per investimenti in beni immateriali e credito d’imposta formazione 4.0

Confprofessioni mostra un generale apprezzamento per le misure volte a dare slancio alla ripresa economica e alla produttività delle imprese. In questa prospettiva, particolarmente utili per il rilancio del comparto libero professionale risultano essere le maggiorazioni del credito d’imposta per investimenti in beni immateriali 4.0 e il credito d’imposta formazione 4.0, previsti rispettivamente dagli art. 21-22 del decreto in conversione.

Gli studi e le attività professionali hanno infatti un particolare bisogno di misure di sostengo che consentano al professionista di digitalizzare ed innovare la propria attività. Solo con un massiccio investimento nella modernizzazione e digitalizzazione degli studi professionali tramite incentivi per lo sviluppo delle infrastrutture digitali è possibile un ampliamento del mercato dei servizi professionali che consenta, così, di competere con gli attori europei.

Fondamentale, in questa direzione, è il credito d’imposta formazione 4.0 che mira ad elevare la qualità degli apprendimenti nell’ambito del 4.0 e ad accompagnare i processi di innovazione cercando di fornire una risposta alla carenza di competenze professionali.

Nell’ambito degli studi professionali, la formazione dei collaboratori e dei dipendenti è imprescindibile e già il nostro sistema bilaterale tramite il fondo interprofessionale Fondoprofessioni è intervenuto con specifiche azioni dedicate al tema della digitalizzazione in linea con le trasformazioni tecnologiche attualmente in atto. Gli studi sono certamente compresi nel perimetro di applicazione della misura, in quanto inclusi nella nozione di impresa, ai sensi della Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6

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maggio 2003. È tuttavia essenziale che, nella fase attuativa della misura, non vengano introdotti requisiti che, di fatto, estromettono il comparto libero professionale dall’accesso allo strumento.

Dobbiamo constatare, infatti, che restrizioni sostanziali introdotte in sede di attuazione dei provvedimenti legislativi, contro lo spirito e la lettera della legge, sono avvenute assai spesso nel vasto e frammentato panorama degli incentivi economici, creando squilibri e svantaggi competitivi nel mercato concorrenziale dei servizi professionali. Molte azioni – quali, a titolo d’esempio, il superammortamento dei beni strumentali, i fondi per start-up innovative, il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica – continuano ad escludere espressamente i liberi professionisti e i lavoratori autonomi, o a richiedere, in modo ancora più subdolo, il requisito dell’iscrizione alla Camera di Commercio quale condizione per l’accesso.

Proprio in questi giorni è stato approvato in Consigli dei Ministri uno specifico disegno di legge di delega al Governo per la realizzazione di un sistema organico degli incentivi alle imprese che ha tra i suoi obiettivi l’efficienza, il coordinamento, la razionalizzazione degli aiuti, la massima semplificazione e uniformità del sistema degli incentivi. Riteniamo questa sede la più opportuna per stabilire, in via generale, il principio dell’uguaglianza dei soggetti economici ai fini dell’accesso.

Patti territoriali dell’alta formazione delle imprese

L’articolo 28 istituisce la figura dei “patti territoriali dell’alta formazione delle imprese”.

Le Università potranno dunque stipulare accordi con altri soggetti privati e pubblici per promuovere e migliorare l’offerta formativa universitaria, con specifico riguardo alla formazione delle figure professionali necessarie allo sviluppo delle potenzialità produttive e della competitività dei settori e delle filiere in cui sussiste mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, con particolare attenzione alle discipline STEM.

Confprofessioni ha segnalato più volte la necessità di un ripensamento dei percorsi formativi nella scuola superiore e nelle Università, per colmare il divario tra istruzione e mondo del lavoro. In particolare, riteniamo che il momento storico attuale imponga di ridefinire l’offerta formativa universitaria al fine di offrire corsi utili allo sviluppo di nuove professionalità che sappiano cogliere le opportunità offerte dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche e dalle nuove esigenze della società. Riteniamo, inoltre, che sia fondamentale radicare l’Università nel territorio con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dell’una e il progresso dell’altro. Infatti, la collaborazione con le amministrazioni pubbliche e le realtà produttive locali determina una ricaduta della ricerca scientifica sull’economia reale di cui beneficiano in primis le comunità locali. Al contrario, guardando al modus operandi dei diversi soggetti che operano nei territori, notiamo che vi è spesso una tendenza all’isolamento. Ad esempio, le PMI tendono a dimostrare una limitata cultura dell’innovazione, anche a causa della

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propensione a contenere i costi, laddove, invece, la collaborazione con le Università e i centri di ricerca presenti sul territorio potrebbe arrecare loro enormi benefici in termini di competitività.

Pertanto, guardiamo con grande interesse all’introduzione dei Patti territoriali dell’alta formazione delle imprese per lo sviluppo delle potenzialità produttive e della competitività delle aziende, soprattutto al Sud e nelle aree interne. La nuova misura persegue obiettivi che riteniamo imprescindibili e che, come tali, noi stessi abbiamo già proposto in diverse sedi:

aumentare il numero dei laureati, orientarne le competenze in rapporto alle esigenze del mondo del lavoro, ridurre la forte disomogeneità tra le regioni italiane sotto il profilo delle opportunità formative offerte ai giovani e ai lavoratori.

Accogliamo altresì con favore il riconoscimento delle Università quali leader dei nuovi Patti territoriali. Gli Atenei sono, infatti, i soggetti più qualificati per dare la spinta propulsiva alla collaborazione tra i diversi soggetti che operano sul territorio. Anche il PNRR riconosce tale centralità con molteplici investimenti: ad esempio, i partenariati tra università, centri di ricerca e imprese su progetti di ricerca e sviluppo che coinvolgono anche le istituzioni locali e il supporto a start-up e spin-off per la valorizzazione economica della ricerca a beneficio dei territori.

I professionisti intendono offrire il proprio contributo ai nuovi modelli di collaborazione a livello locale, a cominciare dai Patti territoriali. Riteniamo, infatti, che un più intenso dialogo tra mondo delle professioni, scuola e Università possa contribuire ad indirizzare queste ultime verso l’innovazione delle competenze professionali.In particolare, occorre procedere con rapidità alla revisione dei percorsi universitari preordinati al conseguimento delle qualifiche professionali che andrebbero semplificati e razionalizzati. Gli atenei dovrebbero creare percorsi specialistici, che siano in grado, già nel triennio, di fornire competenze abilitanti all’esercizio di professioni qualificate. Occorre poi impostare percorsi post-laurea nei termini di una formazione professionalizzante di alto livello, rivolta non soltanto ai laureati triennali, ma soprattutto a lavoratori già attivi e consapevoli delle necessità di formazione su temi ad alta competenza tecnica. Su questo modello, si dovrebbe anche prevedere un’articolazione della docenza universitaria aperta all’apporto di professionisti ed esperti esterni ai ruoli, eventualmente per un periodo limitato, in funzione di arricchimento dell’offerta formativa nelle lauree professionalizzanti.

Come l’attuazione del PNRR sta dimostrando, la formazione di figure professionali innovative è essenziale alla crescita del Paese: le stringenti tempistiche del PNRR e l’elevata difficoltà di molti progetti sotto il profilo tecnico sono sfide che non potrebbero essere affrontate senza l’apporto stabile di competenze qualificate da parte dei professionisti.

Analogamente, tale apporto potrebbe certamente arricchire la collaborazione tra le Università e le imprese per lo sviluppo dei territori.

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Indennità una tantum per i lavoratori autonomi

L’articolo 33 istituisce un Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2022, ai fini della concessione, per il medesimo 2022, di un’indennità una tantum in favore dei lavoratori autonomi le cui concrete modalità operative verranno stabilite con un successivo decreto ministeriale.

I liberi professionisti italiani sono indubbiamente una delle categorie maggiormente penalizzate dalla crisi pandemica in quanto, oltre ad aver subito una contrazione molto ingente sia delle attività che dei redditi, hanno sopportato diverse discriminazioni contenute nei primi provvedimenti governativi legati all’emergenza Covid-19 (una su tutte, l’iniziale esclusione dei liberi professionisti e lavoratori autonomi dai contributi a fondo perduto), che sono state poi state corrette solo nel corso dei mesi successivi.

Di conseguenza il comparto libero-professionale, già provato dalla crisi pandemica, guarda con particolare preoccupazione sia al rischio di una nuova fase recessiva dell’economia nazionale sia alla crescente inflazione.

Pertanto accogliamo con favore la disposizione in commento, che mira a sostenere il potere di acquisto dei lavoratori autonomi contrastando, parzialmente, l’aumento dell’inflazione attraverso una indennità una tantum, segno dell’attenzione che il Legislatore ha voluto riservare alle sollecitazioni provenienti dal nostro mondo. Inoltre, riteniamo apprezzabile il campo di applicazione della norma la quale, al comma 1, individua un novero di beneficiari assai ampio: a) i lavoratori autonomi e i professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS, quindi sia i titolari di partita Iva, sia i contribuenti della gestione artigiani e commercianti, sia gli agricoltori; b) i professionisti iscritti alle Casse di previdenza autonome. Infine, il testo precisa che il diritto a percepire l’indennità una tantum non sarà cumulabile con quella riservata alle altre categorie di lavoratori e ai pensionati, di cui agli articoli 31 e 32 del decreto.

Venendo alle criticità della art. 33, questo demanda ad un successivo Decreto del ministro del Lavoro, di concerto con il ministro dell’Economia, da adottarsi entro il 17 giugno 2022, la definizione dei profili concernenti l’importo dell’indennità, la misura del limite massimo del reddito complessivo percepito nel periodo d’imposta relativo al 2021 (al rispetto del quale è subordinato il diritto in esame), i criteri e le modalità di concessione dell’indennità, la quota delle risorse da destinare agli iscritti ai regimi gestiti dai suddetti enti di diritto privato ed i relativi criteri di ripartizione delle risorse.

Con riferimento ai criteri e modalità per la concessione dell’indennità riteniamo fondamentale garantire una rapida e certa erogazione delle somme. Non si devono continuare a ripetere gli errori del passato dando per scontato che la macchina amministrativa sia preparata a rispondere all’implementazione di una nuova misura in tempi così brevi.

Perciò è importante tutelare tutti i possibili beneficiari riducendo al minimo il rischio di errori, dunque prevedendo criteri chiari per accedere al beneficio e stabilendo tempi certi per la presentazione della domanda e per la sua erogazione. Sempre con riferimento ai criteri, questi

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dovrebbero ricalcare quelli utilizzati per gestire i bonus varati dal Governo nell’ambito della legislazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19. Proprio al fine di sveltire al massimo l’erogazione delle risorse riteniamo auspicabile un pieno coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate che ha amministrato, con buoni risultati, il flusso dei pagamenti dei contributi a fondo perduto anti Covid-19. Con riferimento, invece, ai Professionisti iscritti alle Casse autonome riteniamo che i pagamenti potrebbero essere gestiti direttamente dagli stessi Enti di previdenza, sempre riprendendo il positivo modello utilizzato per le indennità del 2020.

Sul piano fiscale, nel silenzio della norma, riteniamo che le indennità di cui all’art. 33 non concorrano alla formazione del reddito dei percettori, in analogia con quanto già esplicitamente previsto dalle norme relative alle indennità una tantum per i dipendenti, i pensionati e precari (Art. 31 e 32). Al fine di una maggiore chiarezza e certezza del diritto riteniamo che sarebbe utile chiarire ed esplicitare tale principio, anche con riferimento all’indennità di cui all’art. 33.

Da ultimo, con riferimento alla dotazione finanziaria della misura (cinquecento milioni per il 2022), anche se, per esprimere una valutazione complessiva sugli effetti del bonus occorrerà necessariamente attendere l’emanazione del Decreto ministeriale, ad una prima analisi rileviamo che l’entità delle somme stanziate sembrerebbe non essere sufficiente a garantire, ad autonomi e professionisti, lo stesso livello di trattamento economico riservato alle altre categorie di lavoratori (art. 31 e 32). Come già anticipato la platea dei possibili beneficiari dell’indennità è assai ampia, dunque c’è il rischio concreto che le risorse stanziate non siano sufficienti a tutelare tutti gli eventuali destinatari. Ricordiamo, infatti, che in Italia ci sono circa 5 milioni di lavoratori autonomi, la maggioranza dei quali con un reddito inferiore ai 35.000 euro. Sarebbe pertanto opportuno, fin da ora, valutare un’integrazione della provvista finanziaria dell’art. 33 al fine di scongiurare il rischio che le risorse messe a bilancio non siano in grado di accogliere e coprire l’elevato numero di domande che perverranno o, peggio ancora, che il Decreto ministeriale, debba stabilire dei requisiti più stringenti - una indennità minore rispetto ai 200 euro o un limite reddituale inferiore a 35.000 euro annui – al fine di porre degli ulteriori ostacoli e paletti, con lo scopo di limitare la platea dei beneficiari dell’indennità una tantum a favore dei lavoratori autonomi. Questa rappresenterebbe una ingiusta discriminazione nei confronti dei lavoratori autonomi, rispetto alle altre categorie di lavoratori, che non troverebbe alcuna giustificazione giuridica né logica.

Al contrario proprio la perdurante situazione di crisi che sta colpendo i liberi professionisti richiede, anche nei loro confronti, il massimo sforzo finanziario da parte dello Stato.

Disposizioni in materia di Pubblica Amministrazione

Accogliamo con favore il rinnovo degli incarichi di collaborazione già autorizzati dal Ministero della cultura – Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio (DGABAP),

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e l’autorizzazione a conferire ulteriori incarichi presso la medesima struttura, previsti dall’art.

51 del decreto.

Si tratta di interventi necessari per l’attuazione del PNRR e in massima parte relativi a figure professionali specializzate quali architetti, archeologi e ingegneri.

Analogamente, accogliamo con favore la decisione di aumentare il numero di esperti in servizio presso la segreteria tecnica della Soprintendenza speciale per il PNRR, prevedendo che possano essere conferiti ulteriori incarichi individuali ad esperti di comprovata qualificazione professionale nei settori tecnico e giuridico.

Come è noto, la consulenza dei professionisti a vantaggio del settore pubblico è stata istituzionalizzata dagli interventi legislativi abilitanti che hanno, tra l’altro, previsto forme di vero e proprio reclutamento dei professionisti all’interno dei ruoli della p.a., sebbene per un periodo di tempo circoscritto alla durata del PNRR. In linea generale, la collaborazione tra i professionisti e la p.a. è un fenomeno positivo, e ne auspichiamo l’ampliamento anche in prospettiva futura: i professionisti possono apportare alla p.a. competenze tecniche avanzate e aggiornate, e un approccio maggiormente orientato al pragmatismo e all’efficienza.

Riteniamo che tale collaborazione debba sempre avvenire – proprio come in questo caso – mediante contratti di lavoro autonomo nel rispetto del carattere libero e indipendente del lavoro professionale.

Più in generale, il PNRR mette al centro la cultura prevedendo importanti investimenti, tra cui la messa in sicurezza sismica dei luoghi di culto, la valorizzazione dei borghi e degli edifici storici rurali, la digitalizzazione del patrimonio culturale e il miglioramento dell’efficienza energetica di musei, cinema e teatri. Pur esprimendo apprezzamento per tali interventi, spesso attesi da molto tempo, intendiamo sottolineare che nel nostro Paese, leader mondiale in termini di patrimonio artistico, la spesa per la conservazione e il restauro delle opere è inferiore alla media europea e in costante calo negli ultimi anni. Riteniamo ineludibile invertire la rotta, a partire dalla valorizzazione dell’archeologia, che in Italia si impone come attività di assoluto rilievo e che può rappresentare un’occasione di crescita economica sia rispetto al patrimonio culturale nazionale sia rispetto allo sviluppo del turismo. A tal fine, facciamo nostre le proposte – già avanzate dalle associazioni degli archeologi liberi professionisti, pure rappresentati in Confprofessioni – perché si disponga una fiscalità di vantaggio per i privati che sostengono costi per indagini archeologiche e si realizzi la completa digitalizzazione del patrimonio archeologico, a partire dall’inventario digitale nazionale dei siti e dei ritrovamenti e la pubblicazione di materiale inedito storico.

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