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Antropologia e Archeologia dell Amore

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Valentino Nizzo

IV Incontr o di Studi Antr opologia e Ar cheologia a confr onto

Antropologia e Archeologia dell’Amore

Tomo I

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Atti del IV Incontro Internazionale di Studi

#AntArc4 – #AntArc2017 Proprietà riservata-All Rights Reserved

© COPYRIGHT 2021

Giancarlo Giovine per la Fondazione Dià Cultura

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ideAzione, progettoScientificoecurAtelAdelconVegno:

Valentino Nizzo (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia - MiBACT)

conlAcollAborAzionedi: Fondazione Dià Cultura

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Alessandra Sperduti (Museo delle Civiltà); Mario Torelli (Accademia dei Lincei); Valentino Nizzo (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia); Francesco Pignataro (Fondazione Dià Cultura); Simona Sanchirico (Fondazione Dià Cultura)

coordinAmentoorgAnizzAtiVoeSegreteriA:

Simona Sanchirico; Francesco Pignataro; Chiara Leporati; Alessandra Botta; Giulia Resta (Fondazione Dià Cultura); Valentino Nizzo (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia)

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Antropologia e Archeologia a Confronto 4 (#AntArc4 – #AntArc2017)

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Archeologia e antropologia dell’amore: Atti dell’Incontro Internazionale di Studi di Antropologia e Archeologia a confronto [Roma, Parco Regionale dell’Appia Antica – Ex Cartiera Latina, 26-28 Maggio 2017] / a cura di Valentino Nizzo. Roma: Fondazione Dià Cultura, 2021, 2 tomi, pp. 1066.

ISBN 978-88-946182-1-1 CDD D.930.1

2. Amore – Morte – Genere – Atti di Congressi I. Valentino Nizzo (1975-)

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vIncolIdamoretrale alpI.

notedIcamposullIneguaglIanzadIgenereedIgenerazIoneInambItorurale

Premessa

L’amore è un sentimento che si esprime con innumerevoli forme e comportamenti.

In ogni cultura e società umana è stato declinato in molteplici aspetti, mostrando che Il presente contributo vuole dare visibilità ai legami d’amore all’interno delle famiglie contadine della Svizzera contemporanea, dove l’affetto coniugale e intergenerazionale lega i suoi membri in un doppio abbraccio: se da un lato riscalda il cuore, creando condizioni di solidarietà, identità e forte senso d’appartenenza, dall’altro alimenta presupposti di estrema vulnerabilità e consolida rapporti d’ineguaglianza tra i suoi membri. L’amore dunque implica non solo affetto e che, nonostante la presenza di amorevolezza e cura, l’amore può manifestarsi anche con risvolti negativi. L’abbraccio dell’amore può dunque anche essere pericoloso, andando a creare vincoli che incatenano i suoi protagonisti.

riforma della legge sulle pari opportunità in ambito Elvetico. Tra Novembre 2010 e Aprile 2012 ho avuto modo di partecipare a uno dei 21 progetti selezionati per

Il team di ricerca in cui ho collaborato, formato da Yvan Droz e Fenneke Reysoo (Institut de hautes études internationales et du développement - IHEID, Ginevra) e da Valérie Miéville-Ott (Agridea, Losanna), ha avuto l’obiettivo di studiare la vita delle famiglie contadine analizzando la distribuzione del lavoro al loro interno, con particolare attenzione all’assegnazione dei compiti in base all’appartenenza di genere e alle relazioni tra generazioni. Per assolvere tale compito è stata usata una metodologia sia qualitativa che quantitativa; per quanto ha riguardato la mia personale esperienza, su cui questo contributo si basa, mi sono dedicata allo studio delle aziende agricole del Canton Ticino e del Canton Vaud, oltre che alla conduzione di focus group in tre diversi istituti di formazione professionale della Svizzera Romanda, avendo modo di collezionare circa 135 ore di osservazione partecipante e 35 ore di interviste qualitative semi-strutturate.

L’agricoltura svizzera

Quando si pensa al lavoro in fattoria è molto facile che un’immagine idilliaca sorridenti nei campi contornati da montagne. Chi lavora in fattoria è visto come un privilegiato nella Svizzera contemporanea perché è in contatto con la natura, con

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gli animali e con un ambiente lavorativo ritenuto salutare. Analizzando le immagini usate dal governo locale per la promozione dell’attività agricola (ove solo il 2% della popolazione è direttamente coinvolto) è evidente lo sforzo di dare un’associazione si può vedere come esista uno sforzo esplicito di associare l’immagine dei lavoratori della biodiversità degli animali locali, nonché di produttori di alimenti di qualità per il resto della popolazione (Figg. 1-2-3-4-5).

(Politiche Agricole 2002 e 2007) per coloro che si dedicano alla produzione di carne, latte e derivati, frutta o verdura sul territorio elvetico, avendo diritto a quote maggiori se la produzione avviene in regioni montane invece che in pianura, se le aziende sono disponibili per visite pedagogiche alle scuole e se contribuiscono all’offerta turistica con attività di preservazione dei sentieri escursionisti e la cura dei campi per la proliferazione delle farfalle1. Queste attività complementari aumentano notevolmente la mole di lavoro ma comportano la possibilità di richiedere pagamenti diretti allo Stato, motivando i contadini ad allargare il proprio raggio d’azione e a sobbarcarsi mansioni nuove. In cambio, essi possono contare su una preziosa retribuzione diretta, una sicurezza quanto mai rara nel mondo rurale soggetto ai risvolti della natura e alle incertezze meteorologiche2.

Dopo l’esperienza d’isolamento della seconda guerra mondiale, la Svizzera ha deciso di adottare una politica protezionistica del proprio mercato, con importanti decisioni legislative che fanno preferire il consumo interno invece che l’importazione o l’esportazione: l’obiettivo è il soddisfacimento indipendente dei fabbisogni alimentari nazionali, i quali implicano notevoli investimenti nel settore produttivo

fondi statali3.

Nonostante gli sforzi del governo, il trend comune delle fattorie elvetiche è quello di una progressiva riduzione numerica: ci sono sempre meno aziende e di dimensione sempre maggiore poiché le piccole imprese non riescono a far fronte ai debiti (ad esempio per l’acquisto dei macchinari) o alla vulnerabilità economica data dai fenomeni atmosferici. Per essere competitive e ammortizzare i costi dei prestiti volti al rinnovo degli strumenti di lavoro o di ristrutturazione, le aziende sono portate ad ampliare le loro dimensioni mirando a un aumento della produttività.

Oltre ai sussidi, la sopravvivenza delle aziende svizzere è legata alle attività di vendita diretta dei propri prodotti, offerte di ristoro e bed & breakfast, di cooperazione con le scuole locali per le visite in fattoria, ecc. Parliamo qui di attività semi-agricole e di competenza prevalentemente femminile, le cui entrate sono di vitale importanza

1 AA.VV. 2013.

2 criVelli 1991.

3 droz, mieVille-ott 2001.

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poiché costituiscono una rara forma di guadagno di denaro contante. Nonostante l’impegno nella preparazione che, ad esempio, la visita di una scolaresca o di una famiglia di turisti comporta, le responsabili sono raramente riconosciute come fattori chiave dell’attività e delle entrate che ne conseguono.

Una caratteristica importante del sistema produttivo agricolo elvetico consiste nel fatto che, generalmente, a ogni azienda corrisponde un’unità familiare di lavoratori, i quali vivono in loco e sono più o meno tutti coinvolti nelle mansioni che permettono la sopravvivenza dell’azienda agricola4. Il trend generico delineato dalla ricerca ha mostrato una preponderanza di famiglie mono-nucleari e patri-viri-locali, con una del marito e più raramente della moglie) o con i siblins esclusi dalla successione.

maggiori sussidi in caso di singolo proprietario, il quale è convenzionalmente il marito, l’uomo di casa, l’agricoltore propriamente detto. Per questo motivo le donne,

5, sono in una condizione di invisibilità giuridica, non hanno copertura sanitaria (che in Svizzera è privata e legata allo status lavorativo) e non hanno modo di costruirsi una pensione per la vecchiaia visto che il sistema pensionistico elvetico premia lavoratori full-time e senza interruzioni di prestazioni. Per il bene della famiglia e dell’azienda le contadine sono complici di questa condizione di estrema vulnerabilità, interiorizzando l’invisibilità che ne deriva e vivendo in uno stato di violenza simbolica, senza retribuzione né riconoscimento sociale o giuridico. Ma anche se nessuno sembra accorgersi del loro lavoro, esse sono legate all’azienda a doppia mandata e sanno di non poter essere facilmente sostituite. Si riporta qui lo stralcio di un’intervista che può meglio chiarire questa condizione.

A.: Ad esempio quando sono andata a Milano e avevo fatto il piano delle cose da mangiare appeso sul frigo e spiegavo alle bambine come farsi in stalla e mettevano il latte sul fuoco a scaldare … a 3 anni, secondo me i bambini sono molto più intelligenti e meno imbranati di quello che crediamo noi (…).

Intervistatrice: Quindi lei faceva il piano e…

A.: Sì, le bambine partecipavano con il papà accanto ovviamente che supervisionava. Io così potevo fare i weekend di studio a Milano una volta ogni tanto.

Intervistatrice: Però era lei che organizzava la base e i menù.

4 WeilenmAnn 2015.

5 droz, mieVille-ott, reySoo

2014.

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Sia organizzazione sia con le persone, valorizzarle, capire dove è meglio piazzare una persona, zero, quello è il mio campo.

Intervistatrice: Ma quando lei andava via in quei due giorni chi faceva le

A.: Mio marito e le bambine, certamente, sparecchiare, piatti, lavatrici, era solo l’aspetto logistico che io preparavo prima di partire (…). Nel proprio, però comunque corro tutto il giorno, e d’altra parte l’azienda ha bisogno di questa entrata, a parte il mio divertimento. Perché dopo per fortuna arrivano i contributi 2 volte l’anno, giusto per coprire il botto che va alle banche (22.02.2011).

Dall’intervista emerge che in caso di assenza, rara e ponderata, la donna deve gestire preventivamente le mansioni di cui si occupa nel quotidiano, dedicando tempo ed fattoria. Oltre a queste mansioni professionali, convergono anche quelle di cura dei

6.

Nonostante i supporti economici, la vita delle famiglie contadine è quindi basata su condizioni di estrema vulnerabilità e ineguaglianza a causa dell’organizzazione del lavoro, soprattutto per quanto riguarda i membri di sesso femminile. Tali condizioni vengono consolidate dalle attuali politiche agricole e sono del tutto ignorate dall’opinione pubblica, la quale continua invece a considerare la fattoria come luogo di vita e di lavoro idilliaco. Sorprendentemente anche gli stessi contadini sono promotori di questa retorica positiva, la quale contribuisce a mettere in ombra gli aspetti di discriminazione e a far risaltare solo l’associazione positiva con l’ambiente, con gli animali e con la produzione di cibo di qualità per il resto della popolazione. Tutti questi elementi sono alla base dell’ethos contadino, i

A.: Ce ne sono troppe di parti belle … bella domanda … io trovo grande soddisfazione per preparare cose buone per la gente. I miei formaggi, la salumeria, la carne, il nutrimento, nutrire, che è una cosa viva che ti permette di metterci del tuo, e poi in fondo è un gesto d’amore verso la società. Questa è una cosa che dà un ritorno importante (22.02.2011).

I lavoratori agricoli possono contare su un forte senso d’orgoglio per il proprio lavoro e per i suoi frutti. Questa valenza, rimarcata dalle campagne governative e

6 AA.VV. 2012.

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dalla retorica osservata durante la ricerca sul campo, è stata analizzata come una tra

l’identità professionale, anche detta ethos contadino7. Ethos contadino e violenza simbolica tra fratelli

per perseguire un bene maggiore: la prosperità dell’azienda contadina.

generazione dei loro genitori e si dedicano a un lavoro che è in primis una dedizione:

solo così si sopportano lunghi orari di lavoro e l’assenza pressoché totale di tempo libero o giorni di ferie. Il rapporto dell’UFAG 2012 (Istituto di ricerca del Ministero dell’Agricoltura) sull’impiego del tempo in fattoria parla di 65 ore di lavoro settimanali8.

F.: Gli animali non vanno in vacanza (04.09.2011).

D.: Quando è ora di lavorare è ora, non importa se sei stanco (02.02.2012).

E ancora:

A.: E non è un caso che i contadini non trovano moglie, perché le donne si spaventano anche del lavoro e giustamente: devo lavorare come un mulo e non posso prendere iniziative perché sembra che l’unica cosa che conta sono le vacche e quanto latte fanno, che poi oggi non è neanche più quello.

Io per la politica non ho mai mollato, mi veniva da piangere ogni tanto per andare alla riunione o al comitato però non ho mai mollato perché altrimenti diventi come una bestia, lavori solo più e ti incattivisci.

A.: Io i primi 15 anni di matrimonio non sono mai andata in vacanza. Mai.

Dopo mi è capitato di andare qualche giorno al mare con le bambine…

una settimana.

A.: No no anche con Mario, se si andava si andava assieme. E poi ci si organizzava, magari quando avevamo qualche aiuto in più negli anni Novanta si andava ma poco … quando si tornava c’era sempre qualche [animale] morto in azienda, però al diavolo. Si lasciava a chi c’era, lo stagista o …. Però pochissimo.

7 droz 1999, pp. 173-186.

8 roSSier, reiSSig 2014.

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Intervistatrice: Non tutti gli anni…

A.: No no assolutamente. Adesso quello che facciamo… (ride) il problema è che gli impiegati devono fare il loro tempo libero, dunque quando non ci sono dobbiamo esserci noi, quando loro ci sono noi comunque abbiamo il nostro lavoro (eheheh) un po’ sembra una barzelletta. Però c’è da dire che per la stanchezza si apprezza quando c’è un cambio, però il nostro è un lavoro così ricco e pieno di progetti che non è che si spasima per le

lavoro che prende tanto ma che dà tanto se lo si prede dalla parte giusta (22.02.2011).

Da questi brevi stralci di interviste raccolte durante l’esperienza di campo, emerge

9.

tranne laddove eredi maschi non siano disponibili o interessati), eventuali fratelli o sorelle rinunciano alla loro parte di eredità. Pretenderla equivarrebbe a mettere in ginocchio l’economia della fattoria o, peggio, costringere il nuovo proprietario a venderne una parte per ripagare i siblins. Questi scenari sono indicibili perché contrarierebbero l’ethos contadino, il cui obiettivo principe è la prosperità dell’azienda. Secondo le interviste, il fratello di un erede dell’azienda dunque non potrebbe mai esigere la sua quota d’eredità o andrebbe contro a una serie di sanzioni sociali e culturali da parte della sua stessa famiglia. Dalle parole degli intervistati non si è mai riferito a questa condizione come ingiusta visto che il bene del singolo individuo viene dopo quello dell’azienda.

Simili scenari di violenza simbolica sono stati descritti in riferimento a casi di

esigere pagamenti avrebbe obbligato l’ex-coniuge alla vendita per disporre di fondi,

10. Nessuno osa ribellarsi a questo sistema perché gli obiettivi principali sono il mantenimento della buona reputazione della famiglia e della fattoria, cioè la salvaguardia dell’ethos contadino, la sopravvivenza economica dell’azienda e arrivare a passare un’eredità produttiva nelle migliori condizioni possibili, senza debiti e con piante o animali sani e forti e contratti vantaggiosi con i rivenditori.

Amare vuol dunque dire lavorare senza sosta, riconoscimento o paga, vincolando sé stessi e i propri cari giorno dopo giorno, generazione dopo generazione.

9 droz, forney 2007.

10 SolinAS 2004.

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Forme d’amore – o quasi – tra generazioni

Sin da bambini si impara a mettere i propri bisogni dopo quelli della fattoria, entrate stabili, alla loro parte di eredità o alla libertà data dal disporre di tempo libero per sé. Tutti devono dare una mano, senza eccezioni.

G: Siamo una famiglia di contadini e da noi si è sempre fatto così: tutti

E ancora:

con le macchine a tagliare e noi con il rastrello dietro…

MP: Io e le sorelle, più le zie di mio marito che hanno tra i 50 e i 60 anni.

Sono ancora lì che vengono a dare una mano ma adesso l’anno scorso abbiamo spianato due campi perché di giovani che vengono volontari per aiutare non ce n’é più … E per pagare 20 franchi l’ora uno che viene a rastrellare, bé

Il lavoro in un’azienda agricola inoltre si caratterizza per la compartecipazione al lavoro da parte di tutti coloro che sono legati da vincoli di parentela di primo, secondo e anche terzo grado, soprattutto nei periodi di eccezionale fatica stagionale come il raccolto, la vendemmia o la transumanza. Anche chi non è normalmente un

un imperativo che non risparmia nessuno: i pensionati tornano attivi a pieno regime, così come i bambini piccoli che vengono ben presto introdotti nel sistema lavorativo

D: Non ricordo bene a che età ho iniziato a lavorare con i miei. Mi hanno messo sul trattore da quando avevo la gamba abbastanza lunga per arrivare al pedale. Avrò avuto sei o sette anni. Forse era pericoloso ma anche i miei cugini facevano lo stesso. Mi sarebbe piaciuto fare uno sport ma mia madre non aveva proprio tempo di portarmi in giro… e poi toccava che anche io dessi una mano (20.03.2011).

rischiosi, il cui pericolo è sottostimato, messo in dubbio, per poter continuare il comportamento socialmente appreso come giusto. C’è un bene maggiore che guida le scelte pedagogiche: il benessere dell’azienda e il contributo di ognuno sono valori

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che anche i bambini imparano presto a mettere davanti ai propri interessi individuali, come il desiderio di praticare uno sport.

MG: Il mercoledì pomeriggio che non c’era scuola magari gli amichetti erano a giocare a casa di qualcuno ma io no. Magari c’era da tirare su questo e quello, mi piazzavano sul trattore a 2 km/h e io guidavo. Va beh, è andata così. Di sicuro era per farmi capire che c’era da collaborare. Mio papà è sempre stato: È da fare, da dare una mano e non da stare lì tanto a

Come Michele Poretti ha evidenziato11, i bambini cresciuti in ambito rurale sono spesso esposti a rischi dati dall’accompagnare i propri genitori sul luogo di lavoro, come la stalla in cui si condensano gli acidi dell’urina degli animali o i prodotti chimici, e potenzialmente pericolosi nelle mani di un bambino, necessari alla fertilizzazione dei campi. Se però nessuno osasse sostenere la bontà dell’esperienza di un bambino costretto ad accompagnare la madre alla catena di montaggio di una grande fabbrica industriale, ecco che per il mondo contadino torna l’immagine idilliaca che rende fortunato il bambino che cresce in fattoria. Pur considerando le dovute differenze del caso, è tuttavia doveroso ammettere che anche il mondo agricolo ha lati negativi che non lo rendono luogo di vita e di lavoro esclusivamente salutare, che non sempre si tratta di un ambiente adatto ai più piccoli e che le esigenze lavorative spesso

e professionali osservate durante la ricerca sul campo.

MP: Questa mattina per esempio mi sono alzata alle 5 ho dato a lei la pappa, poi sono andata in stalla con lei in carrozzina (ride), lei lì si perde:

Dalle interviste condotte è emerso come il rammarico spesso accompagni la attività extra-scolastiche, gite fuori porta, musei o vacanze di famiglia. Solo coloro che si dedicano alla coltivazione di certi ortaggi possono godere di maggiore libertà, un lusso inarrivabile a chi invece lavora nell’allevamento. Spesso anche la generazione

una consulenza o un aiuto per la famiglia. La categoria del tempo libero appare dunque come un lusso inarrivabile per la maggior parte dei lavoratori del mondo confronti degli animali, andando ad alimentare l’ideal-tipo12 del contadino perfetto e della sua famiglia. Solo la generazione più giovane degli intervistati ritiene che sia

11 poretti 2009-2010.

12 Weber 1958.

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fondamentale ripensare l’organizzazione del lavoro in modo da equilibrare anche il tempo per la propria famiglia o lo svago, dimostrando una reinvenzione dell’ethos contadino che trova posto per sé oltre che per la dedizione al lavoro13. Tuttavia per molti lavoratori agricoli non si può parlare che di qualche giornata di vacanza ogni uno o due anni, e sempre con il pensiero rivolto all’azienda.

MP: L’anno scorso era estate e c’erano gli operai e noi siamo andati via Sai, è cresciuto così

telefonato che [le mucche] erano scappate nel prato di un altro e così

Intervistatrice: Vi è capitato altre volte durante quell’anno di prendervi

MP: No, però 3 anni fa siamo andati 4 giorni al mare a Cattolica. Dobbiamo andare vicino perché se devi tornare per un qualche problema (ride). Poi in estate ci sono i parti delle mucche e bisogna starci vicino, facciamo anche se il vitello è diritto o meno, quindi quello è un periodo in cui bisogna lavorare e tanto (17.05.2011).

conto non solo delle disponibilità economiche ma anche degli impegni dell’azienda

Questioni di genere

Al di là dei periodi di lavoro più intensi, i quali non vengono retribuiti economicamente ma con gratitudine e capitale sociale14 (talvolta anche con prodotti alimentari pregiati come il formaggio d’alpeggio), i membri della famiglia nucleare sono costantemente chiamati a contribuire al sistema lavorativo della fattoria.

Gli attori sociali responsabili del ciclo produttivo della fattoria coincidono con quelli della sfera riproduttiva familiare, in cui rientra il sostentamento e la cura del nucleo abitativo15. Il sovrapporsi dei compiti produttivi e riproduttivi causa un eccezionale carico di lavoro che viene ripartito silenziosamente all’interno della famiglia contadina. Uno dei criteri principali per la divisione delle mansioni è quello

quei lavori di cura che si estendono dal nucleo famigliare ai piccoli animali della fattoria. Nel corso della ricerca, questa distinzione è stata però smentita da tutte

13 mAnfredi 2011.

14 bourdieu 1979.

15 droz, mieVille-ott, reySoo 2014.

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quelle donne che gestiscono da sole la propria azienda e che sono perfettamente in ovviata con stratagemmi e organizzazioni differenti del lavoro. In un’azienda visitata della stalla a quello inferiore, l’agricoltrice aveva provveduto a creare una botola nel pavimento che le permetteva di far cadere il nutrimento per gli animali direttamente Lavori considerati tipicamente maschili consistono nella manovra dei grandi macchinari agricoli (anche se essi non richiedono alcuna forza particolare e possono essere guidati senza problema anche da corporature più minute). Sono invece di pertinenza tutta femminile la cura di piccoli animali, come conigli, pulcini e galline, nonché la gestione dell’orto famigliare. Altri lavori di cura sono quelli legati al dettaglio, come già l’intervista di MP del 17.05.2011 descriveva parlando della accennato precedentemente, le attività di cura sono estese anche alla famiglia, dove tipicamente resta alla donna la responsabilità della preparazione dei pasti, della cura

16. L’attività dell’azienda agricola è resa possibile anche grazie al soddisfacimento dei bisogni della sfera riproduttiva famigliare, che solo nelle coppie più giovani vengono svolte in compartecipazione: come ha descritto Ruth Rossier17, l’elasticità nell’inversione dei ruoli e delle attività tra i coniugi è una delle chiavi per far fronte ai cambiamenti del mercato e per lo sviluppo positivo del lavoro in fattoria.

In aggiunta a questi compiti, le donne sono unanimemente responsabili anche del mantenimento delle relazioni all’esterno della fattoria (come i rappresentanti esterni, i rivenditori, i colleghi, le scuole per le visite pedagogiche, i turisti, ecc.), il cui risvolto più importante è di certo costituito dai referenti per la richiesta dei fondi statali a pagamento diretto. Queste richieste obbligano a lunghe ore di lavoro burocratico al computer che implicano studio e lavoro certosino nella compilazione di contadine devono frequentare corsi di aggiornamento per svolgere queste mansioni, i quali sono spesso rappresentati come momenti di svago piuttosto che di investimento professionale. Anche se tale lavoro è di fondamentale importanza perché senza i fondi statali quasi nessuna azienda contattata sarebbe in grado di sopravvivere, tuttavia il lavoro di compilazione della richiesta dei sussidi non genera visibilità o potere decisionale per la donna che se ne occupa. La messa in ombra del lavoro femminile in azienda è dunque un processo articolato in più occasioni. Le mansioni femminili sono infatti contraddistinte da una profonda invisibilità culturale e le donne hanno però iniziata a emergere la coscienza per la situazione d’ineguaglianza presente nel mondo rurale, insieme alla volontà di cambiare le cose. Ad esempio è emersa la richiesta di momenti di formazione dedicati alla discussione delle problematiche

16 VerSchuur 2011.

17 roSSier 2005.

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18, la quale di forza di questa nuova categoria professionale.

Conclusioni

Nonostante la consuetudine ci porti a pensare alla famiglia come luogo prediletto in cui i sentimenti di amore vengono coltivati, l’esperienza di ricerca nella Svizzera ticinese e romanda ha contribuito a sviluppare uno sguardo critico su tale associazione. La ricerca AgriGenre ha messo in evidenza che le aziende agricole a conduzione familiare della Svizzera contemporanea sono soggette a una organizzazione del lavoro che crea condizioni di disuguaglianza e vulnerabilità al suo interno.

Donne e bambini sono i soggetti più a rischio di discriminazione, nonostante essi godano di esplicite attenzioni riguardanti la loro dignità e parità rispetto agli uomini.

In particolare i bambini, accompagnando i genitori durante l’attività lavorativa, vengono esposti a un ambiente che implica rischi per la loro incolumità. Essi sono incoraggiati a prendere parte al lavoro maneggiando strumenti potenzialmente pericolosi e il tempo libero fuori dalla fattoria che riescono a condividere con i loro genitori è spesso ridotto a un paio di giornate ogni due anni.

Le donne costituiscono una forza lavoro preziosa che si occupa di attività fondamentali per la sopravvivenza dell’azienda agricola ma ciò nonostante non godono di riconoscimento per il lavoro svolto. L’invisibilità interiorizzata costituisce la principale causa per la perpetrazione dell’ineguaglianza tra i generi, soprattutto dal punto di vista giuridico, legale, sanitario, assicurativo e pensionistico. Queste forme di violenza all’interno delle famiglie contadine svizzere sono raramente percepite come tali dagli attori sociali coinvolti e costituiscono un evidente paradosso per la loro co-presenza con sentimenti di affetto e cura tipici di ogni famiglia occidentale contemporanea.

Dalla ricerca qui esposta emerge dunque che vivere all’interno di una famiglia libero e di un giusto riconoscimento del proprio lavoro o della propria eredità. A causa di un forte ethos contadino, i membri della famiglia sono condannati dall’amore per i propri cari, per la fattoria, per gli animali e per la natura a vivere in una continua Future ricerche potrebbero mostrare che non solo queste sono le condizioni che creano disparità e abuso in concomitanza con forme di amore familiare. Un interessante terreno d’indagine potrebbe essere costituito da altre situazioni in cui l’unità familiare mono-nucleare corrisponde alla forza lavoro, come nel caso di botteghe artigiane o altre attività a conduzione familiare.

18 mAnfredi 2016.

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questo progetto di ricerca, è stato possibile assistere a un lento processo di presa di consapevolezza delle discriminazioni interne all’ambiente rurale e accompagnare quegli attori sociali che hanno deciso di intraprendere azioni volte a contrastare le condizioni di ineguaglianza di genere. Una forma di amor proprio che lentamente si sta facendo largo come coscienza professionale di categoria tra le donne lavoratrici.

La speranza di chi scrive è che questa azione sia solo l’inizio di un processo autonomo più ampio che possa portare a un nuovo equilibrio delle condizioni di lavoro all’interno del mondo contadino contemporaneo.

federicA mAnfredi

Istituto di Scienze Sociali, Università di Lisbona federicamanfredi@hotmail.fr

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VerSchuur 2011: c. VerSchuur, Du grain à moudre, Genre, développement rural et alimentation, Ginevra 2011.

Weber 1958: m. Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino 1958 (Ed. orig. 1922).

WeilenmAnn 2015: c. WeilenmAnn (ed.), Donne Potere Storia. Politica delle donne e pari opportunità in Svizzera dal 2001 al 2015, Berna 2015.

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di wellness (da https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/grazie-contadini-svizzeri, 9.10.2017)

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paesaggista (da https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/grazie-contadini-svizzeri, 9.10.2017)

dell’integrazione (da https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/grazie-contadini-svizzeri, 9.10.2017)

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manager (da https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/grazie-contadini-svizzeri, 9.10.2017)

albergatore (da https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/grazie-contadini-svizzeri, 9.10.2017)

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disciplinari, nello spirito che ha sempre contraddistinto la serie di incontri di “Antropologia e Archeologia a confronto”

giunta alla sua IV edizione.

Al centro della discussione tra antropologi (fisici e culturali) e archeologi è stata in questa occasione la nozione stessa di amore, affrontata in una prospettiva critica e problematica in rapporto sia alla sfera umana che a quella divina o, più latamente, materiale, e indagata anche tenendo conto delle modalità attraverso le quali, in una data cultura, essa può essersi diacronicamente e sincronicamente definita e trasmessa fino ad approfondire le eventuali dinamiche che possono, nel tempo, aver contribuito più o meno consapevolmente a modificarla o alterarla in seguito al confronto o all’incontro con altre culture. A tal fine e per gli scopi precipui di questo incontro, con il concetto di amore si è inteso latamente e traslatamente l’intero ventaglio di percezioni emozionali, affettive e sessuali che può variamente connotare l’esperienza umana, dalle prime fasi in cui si definisce e si esprime l’identità di genere a quelle in cui maturano gli istinti e le inclinazioni sessuali, senza tralasciare la sfera dei sentimenti astratti (desiderio, infatuazione, sogno, nostalgia) o trascendenti (venerazione, devozione, consacrazione, culto, preghiera) che possono costituire parte integrante e, a volte, esclusiva dell’esperienza amorosa. Sul piano specificamente sessuale, l’incontro non si è posto l’obiettivo di approfondire i molteplici e senza dubbio interessanti temi correlati alla meccanica o all’estetica del sesso, quanto piuttosto le dinamiche culturali, ideologiche, rituali, relazionali e antropo-poietiche che possono contraddistinguere, influenzare e indirizzare le forme e i modi in cui l’amore può essere – passivamente o attivamente – esperito o negato.

I principali tagli tematici indagati nei quasi 60 contributi che compongono il volume e nelle relative discussioni sono stati i seguenti:

L’idea e la percezione dell’amore I gesti, i segni e le espressioni dell’amore L’amore e le sue relazioni [“pericolose”]

I generi dell’amore I tempi e i riti dell’amore Gli spazi e i luoghi dell’amore

Valentino Nizzo: Archeologo senza frontiere (Todi 1975). Da maggio 2017, in seguito a una selezione internazionale, dirige il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma. Ha conseguito nel 2007 il PhD in Etruscologia presso la

“Sapienza” Università di Roma e, nel 2013, un post-dottorato presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze pubblicandone i risultati nel volume Archeologia e Antropologia della Morte: Storia di un’idea (Bari 2015). Dal 2014 è abilitato come professore associato di archeologia e nel 2018, come esperto di alta qualificazione, ha insegnato Museologia presso l’Università di Udine. È ideatore e direttore scientifico della Collana Antropologia e Archeologia a Confronto. Ha all’attivo quattro monografie e la curatela di 9 volumi, per un totale di oltre 150 pubblicazioni scientifiche e di alta divulgazione. I suoi interessi si incentrano sulle problematiche storiche, artistiche e della cultura materiale delle civiltà etrusco-italiche, sulla prima colonizzazione greca, sul confronto tra archeologia e antropologia, oltre che, in generale, sui più vasti temi dell’ideologia funeraria, della storia dell’archeologia e sui meccanismi e i valori sociologici della comunicazione museologica e archeologica.

€ 139,00

(Costo dei 2 tomi indivisibili)

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