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Il disegno di legge “Disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente

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Academic year: 2022

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Parere ai sensi dell’art. 10 della L. 195/1958 relativo al testo del Disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 aprile 2007, recante «Disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il conferimento e l'integrazione della relativa disciplina.».

(Deliberazione del 17 gennaio 2008)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 17 gennaio 2008 ha approvato il seguente parere:

«1. Il disegno di legge “Disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente. Delega al governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della relativa disciplina” approvato dal Consiglio dei ministri il 24 aprile 2007 propone, in primo luogo, l’introduzione nel codice penale del nuovo “Titolo VI bis” relativo ai “Delitti contro l’ambiente” contenente una serie di nuove fattispecie delittuose nelle quali l’ambiente costituisce il bene giuridico tutelato. L’iniziativa riprende i contenuti di precedenti proposte di legge, tutte relative all’introduzione di nuove fattispecie delittuose, che solo in piccola parte avevano trovato riscontro nel testo unico delle norme a tutela dell’ambiente (decreto legislativo n. 156/2006), mediante l’introduzione della fattispecie relativa alle “Attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti” di cui all’art. 260. Le nuove figure delittuose previste dal testo in esame sono, in particolare, l’inquinamento ambientale (artt. 452 bis e 452 ter), il disastro ambientale (art. 452 quater), l’alterazione del patrimonio naturale (art. 452 quinques), il traffico illecito di rifiuti e di materiale radioattivo e nucleare (artt.

452 septies e 452 octies), l’associazione a delinquere diretta alla commissione di delitti contro l’ambiente (art. 452 novies) .

Il disegno di legge introduce, in secondo luogo, una responsabilità amministrativa per le persone giuridiche (art. 2). V’è, infine, la delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo di riordino, coordinamento e integrazione del complesso di norme che prevedono sanzioni penali o amministrative a tutela dell’ambiente (art. 3).

2. Su tale disegno di legge il Ministro della giustizia ha chiesto al Consiglio superiore di esprimere il proprio parere ai sensi dell’art. 10 legge 24 marzo 1958 n. 195. Va, al riguardo, evidenziato che esula dalla competenza consiliare l’esame critico delle disposizioni di diritto penale sostanziale introdotte mediante il disegno di legge, atteso che, ai sensi della norma citata, il Consiglio esprime pareri al Ministro guardasigilli sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario e l’amministrazione della giustizia e su materie riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (oltre che su eventuali lesioni di diritti fondamentali costituzionalmente previsti).

Ciò posto, non appare tuttavia inopportuno esprimere apprezzamento in ordine a due particolari profili oggetto della disciplina proposta, incidenti sulla effettività dell’intervento giudiziario.

Da un lato merita positive valutazioni l’introduzione, anche in materia ambientale, della responsabilità amministrativa degli enti e delle relative sanzioni amministrative per le violazioni ambientali commesse nell’interesse e a vantaggio delle persone giuridiche. Giova rammentare che il decreto legislativo n. 231/2001 non conteneva alcuna previsione di responsabilità per gli enti giuridici in materia di illeciti ambientali e tale lacuna appariva ingiustificata proprio in ragione della specifica finalità economica e del correlato illecito vantaggio, spesso assai ingente, che connota le più gravi violazioni commesse in danno dell’ambiente. Sotto altro profilo l’iniziativa in esame pone opportunamente l’attenzione sul problema interpretativo posto dalla previsione delle medesime condotte sia come fattispecie penali che come illeciti amministrativi, prevedendo come criterio

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direttivo per il superamento di tale incertezza interpretativa il principio di specialità a vantaggio delle fattispecie delittuose (cfr. art. 3, terzo comma, lett. b, relativo a delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo di riordino della materia).

3. Una considerazione specifica deve essere dedicata ai problemi organizzativi correlati all’inserimento nel codice penale della fattispecie di cui all’art. 452 novies relativa ai “Delitti ambientali in forma organizzata”.

La norma prevede una prima ipotesi nella quale l’associazione, costituita e diretta in via esclusiva o prevalente alla commissione dei delitti contro l’ambiente, presenti i caratteri dell’associazione a delinquere semplice, disciplinata dall’art. 416 c.p., e una seconda ipotesi incriminatrice nella quale l’associazione a delinquere sia di tipo mafioso e presenti i caratteri di cui all’art. 416 bis c.p. e, in particolare, commetta delitti contro l’ambiente avvalendosi delle condizioni descritte dal terzo comma di tale articolo. Ne consegue che la nuova fattispecie di reato associativo, connotato dalla tipologia mafiosa e finalizzato alla commissione di delitti contro l’ambiente verrà attratta nella competenza delle Direzioni distrettuali antimafia in virtù del richiamo operato dall’art.

51, comma 3 bis, c.p.p. ai delitti di cui all’art. 416 bis c.p. ed ai delitti effettuati avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis terzo comma.

Detta soluzione va valutata positivamente in quanto i delitti contro l’ambiente costituiscono un settore importante e assai lucrativo delle attività illecite dei gruppi criminali mafiosi e camorristici e la previsione di una specifica fattispecie associativa, con la conseguente attrazione di competenza in fase di indagini in favore della DDA, è idonea a determinare un più adeguato coordinamento di attività e di sinergie produttivo di migliori risultati nell’attività di contrasto.

Devono essere tuttavia rappresentati sin da ora i problemi organizzativi determinati da questo accrescimento di competenze della DDA, non già per disincentivare la scelta operata, ma perché i conseguenti snodi organizzativi possano essere previsti e risolti prima che possano ingenerare disservizi. Da un lato è necessario prefigurare l’aggravio di lavoro che le nuove fattispecie associative determineranno in ragione dell’attrazione nelle competenze DDA di una serie di onerose indagini e procedimenti relativi ai nuovi reati e, soprattutto, alla ricostruzione investigativa dei reati scopo (che presentano spesso struttura estremamente complessa per il numero delle persone coinvolte, per i collegamenti internazionali, per i sofisticati espedienti dissimulatori posti in essere al fine di occultare natura e provenienza dei rifiuti) oggi gravanti sulle Procure

“ordinarie” e sugli eventuali gruppi specialistici in esse operanti. Per altro verso deve essere evidenziato che le indagini per il contrasto dei reati contro l’ambiente, soprattutto quelle volte alla ricostruzione dei reati scopo e all’individuazione delle relative responsabilità, presentano un alto livello di specializzazione legato all’elevato tecnicismo della legislazione (che impone la conoscenza anche di nozioni appartenenti a scienze non giuridiche) e alla elaborazione ultra trentennale operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Un tale approfondito livello di conoscenze non è uniformemente diffuso tra i magistrati di Procura né è suscettibile di facile trasmissione ed assimilazione. Certamente non è sufficientemente diffuso tra i magistrati operanti nelle DDA che sono stati sinora selezionati in base ad altre competenze ed esperienze professionali.

Conseguentemente il nuovo modello organizzativo che il disegno di legge suggerisce per realizzare un più efficace contrasto nella lotta alla criminalità organizzata che opera nel settore dei delitti contro l’ambiente, imporrà una forte cooperazione ed una osmosi culturale tra due settori professionali che fino ad ora hanno operato in modo indipendente pur nell’ambito degli stessi uffici di Procura. Ciò potrà avvenire utilizzando lo strumento della co-assegnazione ma, probabilmente imporrà anche di ampliare i titoli per l’accesso alla DDA al fine di consentire la formazione progressiva di magistrati che, provenendo da esperienze di investigazioni e di contrasto alla criminalità ambientale tradizionale, possano, nell’ambito della DDA, ampliare le proprie esperienze

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e competenze professionali offrendo, al contempo, un insostituibile apporto nelle investigazioni contro la criminalità mafioso-ambientale.».

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