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Compensazione spese legali: quando si applica?

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Compensazione spese legali:

quando si applica?

24 Marzo 2020Redazione

Condanna e compensazione delle spese processuali: la sentenza deve essere motivata e indicare le gravi ragioni.

Quando si gioca una partita a calcio, le possibilità sono tre: o si vince, o si perde, o

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si pareggia. Con buona approssimazione, la stessa cosa succede in tribunale. O il giudice accoglie la domanda, o la rigetta (dando ragione all’avversario) oppure dà ragione un po’ all’uno e un po’ all’altro.

Da ciò derivano anche alcune conseguenze in materia di condanna alle spese processuali: chi perde, di norma, deve pagare le spese sostenute dalla controparte, non solo i costi vivi ma anche la parcella del relativo avvocato. Dall’altro lato chi vince ha diritto a ottenere subito tale pagamento; a tal fine può usare la sentenza come “titolo” per recuperare le somme e procedere, in caso contrario, al pignoramento dei beni.

Potrebbe però verificarsi anche la compensazione delle spese legali, ossia la classica “X” sulla schedina: il giudice può cioè decidere che le spese del giudizio gravino su ciascuna parte che le ha sostenute. Nessuna delle due avrà così diritto al rimborso. In pratica, ognuno affronta le proprie spese.

Ma quando si applica la compensazione delle spese legali? La legge indica degli specifici casi, seppure lasciando un certo margine di discrezionalità al giudice.

In questa guida ci occuperemo proprio di questo: spiegheremo cioè in quali casi non ci può essere la cosiddetta «condanna alle spese processuali» ma si verifica invece la compensazione delle stesse.

Cos’è la condanna alle spese processuali?

Non si può comprendere cos’è e quando si applica la compensazione delle spese legali se prima non si sa cos’è la condanna alle spese processuali.

A differenza del processo penale, il processo civile è a spese delle parti e non dello Stato: pertanto sia chi intraprende il giudizio che chi si difende è chiamato ad anticipare i costi del giudizio.

Chi avvia la causa versa le tasse (il cosiddetto contributo unificato) e provvede alle spese di notifica. Entrambe le parti devono poi regolare i conti con il proprio difensore secondo il preventivo di parcella da questi formulato al momento del conferimento del mandato.

Durante la causa poi possono sopraggiungere altre spese, come ulteriori notifiche

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o l’anticipo al consulente tecnico d’ufficio.

Con la sentenza il giudice, nel dare ragione a una parte o all’altra, stabilisce che chi perde debba rimborsare a quella vincitrice tutti i costi sostenuti, compresa la parcella integrale al suo avvocato. La parcella viene quantificata sulla base di un decreto ministeriale del 2014, a prescindere quindi da quelli che sono stati gli accordi tra le parti.

Questo provvedimento va sotto il nome di condanna alle spese processuali o legali, che dir si voglia.

Il soccombente deve restituire anche l’Iva che l’avversario ha dovuto versare al proprio legale.

Cos’è la compensazione delle spese legali

In presenza di alcune presupposti, che vedremo qui di seguito, il giudice può evitare la condanna alle spese processuali e decidere invece che ogni parte, anche quella vittoriosa, si sobbarchi le spese che ha anticipato fino alla fine del giudizio. È ciò che viene detto compensazione delle spese processuali o legali.

Il giudice può anche condannare una sola parte a pagare alcune spese, in ragione del suo comportamento negativo o della natura arbitraria delle spese sostenute.

Il giudice potrebbe anche decidere di disporre la condanna alle spese e mettere a carico di entrambe alcune spese sostenute per l’interesse comune come il compenso al consulente tecnico d’ufficio.

In ogni caso non è possibile addossare tutte le spese alla parte interamente vittoriosa.

In quali casi è possibile la compensazione delle spese legali?

La compensazione è possibile solo in alcuni casi:

soccombenza reciproca;

assoluta novità della questione trattata;

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rifiuto di una proposta conciliativa;

mutamento della giurisprudenza;

altre gravi ragioni.

Soccombenza reciproca

La soccombenza reciproca si verifica quando il giudice riconosce in parte le ragioni dei rivali in giudizio oppure rigetta una parte delle rispettive difese. In entrambi i casi non c’è un vincitore netto.

Marco chiede a Domenico 1.000 euro per dei lavori eseguiti in casa, ma Domenico sostiene di non dovergli nulla perché le opere non era a regola d’arte.

Il giudice riconosce i difetti delle opere e riconosce a Domenico un credito di solo 600 euro.

Maria fa causa al suo ex datore di lavoro per dei crediti non retribuiti pari a 4.000 euro. Il datore, a sua volta, chiede a Maria il risarcimento per alcuni danni da lei prodotti nello svolgimento delle mansioni per un importo di 3.000 euro. Il tribunale dà ragione ad entrambi e riconosce il credito di Maria di soli 1.000 euro.

In entrambi i casi le parti risultano o parzialmente vincitrici o parzialmente sconfitte.

Pertanto quando il giudice rigetta, in tutto o parte, le richieste delle controparti si verifica la soccombenza reciproca e quindi non c’è alcuna condanna alle spese ma la compensazione delle spese legali.

La compensazione delle spese legali può essere

totale quando ogni parte sopporta le spese che ha anticipato dall’inizio del giudizio;

parziale quando il giudice decide una compensazione proporzionata alla misura della reciproca soccombenza (ad esempio compensa le spese per la metà e pone la restante metà a carico della parte soccombente). In caso di compensazione parziale, per la parte non compensata le spese devono fare carico al convenuto e non all’attore.

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Assoluta novità della questione trattata

Un altro caso di compensazione delle spese è quando in causa si discute sull’interpretazione di una legge che non è mai stata affrontata in precedenza dalla giurisprudenza (si pensi a una normativa appena varata). In tali ipotesi, se non ci sono precedenti a riguardo, è più difficile farsi un’idea dell’esito del giudizio prima di iniziare la causa e quindi, in caso di soccombenza, c’è un profilo di minore responsabilità della parte sconfitta.

Attenzione però: la novità deve concernente l’applicazione delle norme essenziali a stabilire chi ha torto o ragione e non per le questioni secondarie del giudizio.

Mutamento della giurisprudenza

Un’altra ipotesi in cui il giudice può compensare le spese è quando la Cassazione ha mutato, in corso di causa, il proprio orientamento, in tal modo spiazzando chi ha agito nella convinzione di avere ragione. In tal caso, si tratta di un errore giustificabile che viene perdonato con la compensazione delle spese.

Anche in questo caso, come nel precedente, il mutamento della giurisprudenza deve riguardare le questioni dirimenti ossia quelle principiali.

Rifiuto di una proposta conciliativa

Se una parte rifiuta senza giustificato motivo l’eventuale proposta conciliativa e il giudice accoglie la domanda in misura non superiore a tale proposta, il giudice può condannare la parte al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo il caso di soccombenza reciproca.

Per altre gravi ragioni

Il Giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni a quelle appena indicate. Tale previsione, inizialmente non contenuta nell’articolo del codice di procedura civile, è stata introdotta dalla Corte Costituzionale [1].

Tale scelta deve essere però motivata: il giudice deve cioè spiegare quali sono le gravi ed eccezionali ragioni non potendosi limitare a una formula generica. Qualora non dovesse farlo, la sentenza è appellabile.

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Si pensi a una controversia di difficile, incerta o dubbia risoluzione, oppure in presenza di un contrasto; all’assenza di precedenti giurisprudenziali rinvenibili con riferimento all’oggetto del contendere, ecc.

La compensazione delle spese di giudizio deve essere annullata se la motivazione è incomprensibile. Infatti, in presenza di una parte risultata totalmente vittoriosa, la deroga al criterio della soccombenza è consentita solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente indicate.

Lo ha ricordato la sesta sezione civile della Cassazione con una recente ordinanza [2].

Secondo la Suprema corte, se la sentenza impugnata non consente di individuare le ragioni che hanno indotto il giudicante a compensare le spese del giudizio nel quale è risultata vittoriosa la contribuente, è possibile appellare la decisione della compensazione delle spese.

Infatti l’articolo 9 del dlgs 156 del 2015, applicabile dal primo gennaio 2016, prevede che le spese possono essere compensate in presenza di gravi ed eccezionali ragioni che devono espressamente motivate.

[1] C. Cost. sent. n. 77/2018.

[2] Cass. sent. n. 7489/20 del 24.

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