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RIMANENZE DI MAGAZZINO, LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE, CREDITI RIMANENZE DI MAGAZZINO 1. Matteo Pozzoli

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1

R

IMANENZE DI MAGAZZINO

, L

AVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE

, C

REDITI

Matteo Pozzoli

Premessa: La presente dispensa è specificamente indirizzata agli studenti del corso di

“Contabilità e Bilancio” per i percorsi MII dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

R

IMANENZE DI MAGAZZINO1

Sommario: 1. Inquadramento della problematica; 2. Definizione, individuazione e classificazione; La determinazione del costo; 4. Tecniche di determinazione del valore delle rimanenze; 5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato; 6. Determinazione dei valori fiscali

1. Inquadramento della problematica

Le rimanenze sono una posta da seguire con grande attenzione, in ragione del fatto che qualsiasi impresa in condizioni di normale funzionamento – indipendentemente dal settore in cui opera e dall’attività svolta – risulta solitamente in possesso di rimanenze alla data di riferimento del bilancio.

Occorre, perciò, considerare adeguatamente le principali prassi concernenti la contabilizzazione di tali voci imprescindibile così da poter redigere un bilancio veritiero e tecnicamente corretto.

In sostanza, le rimanenze costituiscono una combinazione di fattori produttivi presenti in cicli economici che, non essendo terminati alla data di chiusura, abbracciano esercizi contigui.

Per quanto rileva gli aspetti contabili, occorre evidenziare che la disciplina giuscontabile appare consolidata da tempo, mentre gli orientamenti professionali sono sempre più propensi a recepire l’impostazione della migliore prassi internazionale, identificata solitamente con i principi contabili internazionali emanati dallo IASB.

Il presente contributo è finalizzato ad analizzare le principali problematiche analizzate dall’Organismo Italiano della Contabilità (OIC) nell’OIC 13, Rimanenze, rivisto a seguito della riforma del diritto societario e della revisione dei principi contabili nazionali.

1 La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione delle rimanenze di magazzino è originariamente tratta da: M. Pozzoli, Rimanenze di magazzino: OIC 13, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n.

24/2007, pp. 56-61.

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2 2. Definizione, individuazione e classificazione

Il legislatore civilistico non fornisce una vera e propria definizione di cosa debba intendersi per rimanenze; l’OIC 13 definisce le rimanenze come “beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella normale attività d’impresa.” (OIC 13, par.4).

A livello classificatorio, si ricorda che le rimanenze costituiscono la macroclasse C) dell’attivo patrimoniale. Il codice civile fornisce, inoltre, una classificazione delle rimanenze in classi che rappresenta un buon punto di riferimento anche ai fini valutativi.

Tabella 1 - Classificazione rimanenze effettuata dal codice civile (Codice civile , art. 2424) 1. Materie prime, sussidiarie e di consumo

2. Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati 3. Lavori in corso su ordinazione

4. Prodotti finiti e merci 5. Acconti

Brevemente, si evidenzia che le materie prime rappresentano i materiali destinati ad entrare nel ciclo produttivo dell’impresa (il cuoio per la produzione delle scarpe, la calce per la produzione delle case, ecc.).

Le materie sussidiarie sono beni che concorrono solo indirettamente al processo produttivo (il colorante per la produzione di abiti, i chiodi per la costruzione delle case, ecc.)

Le materie di consumo costituiscono beni che entrano nel processo produttivo per essere consumati con la produzione dello stesso (colla, pezzi di ricambio, energia elettrica, ecc.).

I prodotti in corso di lavorazione sono beni che costituiscono parte del processo produttivo e che alla data di chiusura non hanno completato il proprio ciclo.

I semilavorati costituiscono beni che si trovano in stadi intermedi di produzione, ma che – a differenza dei prodotti in corso di lavorazione – hanno già una propria identità e, conseguentemente, un mercato di riferimento (i tergicristalli per la fabbricazione di autovetture, i bottoni per la produzione di giacche, ecc.).

I prodotti finiti rappresentano beni che hanno concluso il proprio ciclo produttivo e che sono in attesa di essere ceduti.

Le merci sono prodotti acquisiti e rivenduti nelle medesime condizioni, senza che l’impresa intervenga per modificarne natura o consistenza.

Si deve rilevare che la classificazione di un bene come attività circolante anziché come immobilizzazione varia in relazione alla destinazione attribuita dal management al bene stesso. Un immobile può rappresentare per un’impresa immobiliare o edile una rimanenza, ma per un negozio di abbigliamento una immobilizzazione.

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3 Anche se il principio della sostanza sulla forma sembra essere stato formalmente riconosciuto dalla normativa nazionale (seppur sotto le mentite spoglie del principio della “funzione dell’elemento economico dell’attivo e del passivo considerato”), il momento dell’iscrizione in bilancio (o della cancellazione) viene normalmente identificato con il passaggio di proprietà dello stesso. Questo si considera avvenuto:

- con la spedizione o la consegna, per i beni mobili;

- con le modalità contrattuali dell’acquisto, il passaggio sostanziale dei rischi e la data di compravendita, per i beni immobilizzati.

A tale proposito, si ricorda che l’impresa è tenuta a iscrivere in bilancio i beni di proprietà anche se presso terzi e, al contrario, a non iscrivere i beni di terzi mantenuti in conto deposito presso l’impresa.

Tali movimentazioni dovranno essere evidenziate e illustrate in base a quanto previsto dai conti d’ordine e dal sistema degli impegni 2.

Dovranno essere indicati in bilancio i beni di proprietà non ancora posseduti, perché ancora oggetto di consegna.

3. La determinazione del costo

Il sistema contabile nazionale risulta, come noto, articolato fortemente sul costo storico ed anche le rimanenze sono fondamentalmente valutate, fatta eccezione quando previsto diversamente, su tale principio.

Il costo storico è identificato in sede di iniziale iscrizione con il costo di acquisto o di produzione.

Tale costo rappresenta l’insieme dei costi necessari per ottenere la proprietà del bene nella sua attuale locazione e condizione.

Il costo di acquisto è rappresentato dal prezzo d’acquisto a cui vanno sommati gli oneri accessori, quali i costi di trasporto, di imballaggio, dogana, ecc. Sono solitamente esclusi, a differenza di quanto esplicitamente previsto per le immobilizzazioni, gli oneri finanziari.

Il costo di produzione include tutti i costi di fabbricazione; questi sono suddivisi dal Principio contabile in base alla inerenza degli stessi al processo di produzione dei beni e alla conseguente metodologia di imputazione degli stessi in: costi diretti e indiretti.

In linea di massima, i costi diretti rappresentano spese attribuibili esclusivamente alla produzione dei beni oggetto di valutazione, mentre i costi indiretti costituiscono spese generali che necessitano di un

2 Si veda: Oic, Oic 22, Conti d’ordine.

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4 processo di ripartizione atto ad attribuirli al valore dei beni per la quota ragionevole delle spese riferita alla produzione dei beni medesimi.

Tabella 2 - Classificazione costi diretti e indiretti (OIC 13, par.23)

Costi diretti Costi indiretti o spese generali di produzione o industriali

- Costo materiali utilizzati, ivi inclusi i trasporti su acquisti (materiale diretto).

- Costo della mano d'opera diretta, inclusivo degli oneri accessori.

- Semilavorati.

- Imballaggi.

- Costi relativi a licenze di produzione.

- Stipendi, salari e relativi oneri afferenti la mano d'opera indiretta ed il personale tecnico di stabilimento.

- Ammortamenti economico-tecnici dei cespiti destinati alla produzione.

- Manutenzioni e riparazioni.

- Materiali di consumo.

- e) Altre spese effettivamente sostenute per la lavorazione di prodotti (gas metano, acqua, manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.).

Non esiste una regola generale o generalmente accettata per quantificare la ripartizione delle spese generali; solitamente, tuttavia, tali oneri sono imputati in base a percentuali prefissate basate su un previsto volume di spese relative ad un normale livello di produzione, inteso come risultato medio del procedo produttivo desunto dalle precedenti serie storiche o determinato in base ai budget.

I parametri previsti per la distribuzione delle spese generali variano in relazione al bene in oggetto e può fare riferimento a:

- le ore dirette di mano d'opera;

- il costo della mano d'opera diretta;

- le ore macchina;

- le percentuali di assorbimento per reparto o gruppi di reparti.

L’OIC 13 si sofferma, poi, su una serie di oneri che sono ritenuti non capitalizzabili nel valore delle rimanenze.

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5 Tabella 3 - Costi normalmente esclusi dal valore delle rimanenze

Costi anomali o superiori al livello standard di capacità produttiva Spese generali ed amministrative

Spese di vendita

Spese di ricerca e sviluppo

Oneri finanziari (fatta eccezione per il caso in cui tali oneri facciano riferimento a beni che richiedono un periodo di produzione, per es., per la maturazione o l’invecchiamento, significativo)

I costi anomali (sprechi, costi dovuti a impianti e macchinari inattivi) o ritenuti superiori al livello standard di capacità produttiva sono imputati al conto economico dell’esercizio in cui hanno avuto la propria manifestazione economica.

Le spese generali ed amministrative non possono essere incluse nel valore delle rimanenze, in quanto fanno riferimento a funzioni comuni dell’impresa nella sua interezza e, per questo, dovrebbero essere sostenute indipendentemente dall’acquisizione delle rimanenze medesime.

Similmente le spese di vendita si riferiscono all'attività distributiva dell'impresa e pertanto per definizione non sono costi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze.

Le spese di ricerca e sviluppo non sono ritenute imputabili al valore delle rimanenze poiché non sono associabili alle rimanenze presenti in magazzino alla data in cui predette spese sono state sostenute;

non vi è in sostanza diretta correlazione tra spese di ricerca e sviluppo sostenute e valore delle rimanenze iscritte.

Il Principio contabile prevede che gli oneri finanziari – come precedentemente accennato - siano generalmente imputati al conto economico dell’esercizio in cui sono stati sostenuti; tale convinzione è motivata dal Principio contabile nazionale in considerazione che:

- gli oneri finanziari sono costi di natura ricorrente ed è difficile individuare gli oneri finanziari specificamente sostenuti per l’acquisizione delle rimanenze;

- l’utilizzo dell’indebitamento in luogo dell’utilizzo del capitale proprio potrebbe costituire una scelta del management che comporta maggiori costi (interessi passivi) a fronte di una maggiore disponibilità del capitale.

L’unica circostanza in cui risulta sostenibile includere il costo degli oneri finanziari nelle rimanenze si ha nel momento in cui gli oneri sostenuti ineriscono a specifiche voci che richiedono un processo produttivo significativo prima della commercializzazione delle stesse (per esempio, brandy, vino, ecc).

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6 4. Tecniche di determinazione del valore delle rimanenze

Una volta identificato il costo a cui inizialmente iscrivere le rimanenze, è necessario definire la valutazione del magazzino.

A tale fine, si ricorda che il Codice Civile dispone che: “Le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo storico ed il valore di mercato” (Codice civile, art. 2426).

Per quanto concerne la determinazione del costo, occorre da subito distinguere tra:

- beni non fungibili (ossia non intercambiabili); e - beni fungibili (ossia intercambiabili).

I primi (per esempio, gli immobili per le imprese edili, gli yacht per le imprese di costruzione barche, ecc.) possono essere iscritti in bilancio solo per mezzo di una specifica identificazione del costo, in quanto risultano beni unici non assimilabili ad altre realtà.

I secondi – a causa dell’elevato numero delle rimanenze, dell’entità delle stesse e della velocità di rotazione – possono essere iscritti (per singola voce di magazzino) tramite le seguenti tecniche presuntive di determinazione specificamente riconosciuti dal legislatore:

- First In, First Out (FIFO), il quale assume che gli acquisti più remoti sono i primi ad essere dismessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più recenti. Tale metodo ha il pregio di rispecchiare in condizioni di normalità il ciclo di funzionamento del processo economico nonché di contrapporre ai costi più recenti i ricavi più recenti.

- Last In, First Out (LIFO), il quale assume che gli acquisti più recenti sono i primi ad essere dimessi, con la conseguenza che il magazzino è composto dai beni più remoti. La tecnica in oggetto appare significativa in periodi di prezzi ascendenti, contrapponendo i costi di acquisizione più recenti con i ricavi derivanti dalle vendite di esercizio. Ne origina, tuttavia, che – a livello patrimoniale – il valore del magazzino risulta sottostimato;

- Costo medio ponderato, il quale assume che le merci non sono singolarmente identificabili e fanno parte di un insieme di beni egualmente disponibili. Il criterio in parola livella i costi dei singoli beni poiché definisce una media tra il complesso dei valori entrati in magazzino nell’esercizio in corso.

I metodi sopra considerati possono essere applicati:

a) per movimento, in base alla quale i valori sono determinati con flussi continui subito dopo ogni acquisto; oppure

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7 b) per periodo, in base alla quale il costo medio ponderato viene riferito ad un

determinato periodo.

La scelta della tecnica di valutazione per determinare il costo delle rimanenze deve essere ben ponderata perché le differenze valutative possono essere assai significative.

Esempio: Alfa è un’impresa che produce felpe.

Si assume di adottare una tecnica di valutazione basata sui movimenti.

Nel gennaio dell’esercizio t Alfa acquista 1.000 felpe dal grossista Beta per rivenderle al dettaglio, pagandole €50.000.

Nel febbraio del medesimo anno Alfa acquista altre 500 felpe per €28.000 e uno stesso quantitativo di felpe viene acquisito a marzo per €27.500.

Ad aprile, Alfa vende 800 felpe per un importo di € 50.000 e ne compra 400 per €18.000.

A ottobre, Alfa vende altre 800 felpe per €48.000 e ne compra 300 per €15.000.

Infine a novembre, sono vendute 500 felpe per €30.000 e comperate altre 200 felpe per €.8000.

Tabella 4 - La situazione è schematizzata dalla seguente tabella.

Data Quantità Prezzo commessa Prezzo unitario di

carico/scarico

Gennaio 1000 50.000 50

Febbraio 500 28.000 56

Marzo 500 27.500 55

Aprile (800)

Aprile 400 18.000 45

Ottobre (800)

Ottobre 300 15.000 50

Novembre (500)

Novembre 200 8.000 40

Se viene utilizzato – considerato che tutti i prezzi sono espressi in unità di euro - il metodo FIFO al 31 dicembre avremo che:

50.000 + 28.000 +27.500 – 40.000 + 18.000 – (10.000 + 28.000 + 5.500) + 15.000 – (22.000 + 4.500) + 8.000 = 36.500 valore rimanenze finali calcolato con il metodo FIFO

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8 Tabella 5 - Valutazione al FIFO

Data Quantità Prezzo

commessa

Prezzo unitario di carico/scarico

Quantità giacenza

Valore giacenza

Gennaio 1000 50.000 50 1.000 50.000

Febbraio 500 28.000 56 1.500 78.000

Marzo 500 27.500 55 2.000 105.500

Aprile (800) 50 1.200 65.500

Aprile 400 18.000 45 1.600 83.500

Ottobre (800) 50 per 200

56 per 500 55 per 100

800 40.000

Ottobre 300 15.000 50 1.100 55.000

Novembre (500) 55 per 400

45 per 100 600 28.500

Novembre 200 8.000 40 800 36.500

Se viene utilizzato il metodo LIFO avremo che:

50.000 + 28.000 + 27.500 – (27.500 + 16.800) + 18.000 – (18.000 + 11.200 + 10.000) + 15.000 – (15.000 + 10.000) + 8.000 = 38.000 valore rimanenze finali calcolato con il metodo LIFO

Tabella 6 - Valutazione al LIFO

Data Quantità Prezzo

commessa

Prezzo unitario di carico/scarico

Quantità giacenza

Valore giacenza

Gennaio 1000 50.000 50 1.000 50.000

Febbraio 500 28.000 56 1.500 78.000

Marzo 500 27.500 55 2.000 105.500

Aprile (800) 55 per 500

56 per 300 1.200 61.200

Aprile 400 18.000 45 1.600 79.200

Ottobre (800) 45 per 400

56 per 200 800 40.000

(9)

9 50 per 200

Ottobre 300 15.000 50 1.100 55.000

Novembre (500) 50 per 300

50 per 200 600 30.000

Novembre 200 8.000 40 800 38.000

Se viene utilizzato il metodo del costo medio ponderato:

50.000 + 28.000 + 27.500 – (50.000 + 28.000 + 27.500/1.000+500+500) x 800 = 63.300 valore rimanenze calcolato con il metodo CMP dopo lo scarico di aprile (800)

63.300 + 18.000 - (63.100 + 18.000)/1.600 x 800= 40.650 valore rimanenze calcolato con il metodo CMP dopo lo scarico di ottobre (800)

40.650 + 15.000 – (40.550 + 15.000)/1.100 x 500 = 30.355 valore rimanenze calcolato con il metodo CMP dopo lo scarico di novembre (500)

30.355 + 8.000 = 38.355 valore rimanenze finali calcolato con il metodo CMP

Tabella 7 - Valutazione al CMP

Data Quantità Prezzo

commessa

Prezzo unitario di carico/scarico

Quantità giacenza

Valore giacenza

Gennaio 1000 50.000 50 1.000 50.000

Febbraio 500 28.000 56 1.500 78.000

Marzo 500 27.500 55 2.000 105.500

Aprile (800) 52,75 1.200 63.300

Aprile 400 18.000 45 1.600 81.300

Ottobre (800) 50,8125 800 40.650

Ottobre 300 15.000 50 1.100 55.650

Novembre (500) 50,59 600 30.355

Novembre 200 8.000 40 800 38.355

5. Valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato

Si deve ricordare che il legislatore dispone che le rimanenze siano iscritte, laddove inferiore, al valore di mercato.

A questo fine, l’OIC prevede che in linea generale per valore di mercato debba intendersi:

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10 - il costo di sostituzione, inteso come “il costo con il quale in normali condizioni di gestione una determinata voce in magazzino può essere riacquistata o riprodotta”, per le materie prime e sussidiarie, che partecipano alla fabbricazione di prodotti finiti. Tale valore si calcola su acquisti di quantità normali effettuate in normali circostanze;

- il valore netto di realizzo definito come “il prezzo di vendita nel corso della normale gestione”

al netto dei costi di completamento e delle presumibili spese dirette di vendita, per le merci, i prodotti finiti, semilavorati di produzione e prodotti in corso di lavorazione. (OIC 13, D.VI.b).

La seguente tabella riporta i riferimenti di carattere generale previste dal Principio contabile per identificare il valore di mercato delle rimanenze.

Figura 1 - Valutazione delle rimanenze ai valori di mercato

Vi possono essere, in aggiunta, talune circostanze in cui è necessario apportare specifiche modifiche alle sopra menzionate disposizioni di carattere generale, quali:

- il minor costo di sostituzione delle materie prime e sussidiarie non può essere recuperato per mezzo del valore netto di realizzo del prodotto finito di cui entrano a far parte. In tali casi si rende necessario utilizzare il valore netto di realizzo anche per questi materiali;

- si ha una situazione di prezzi decrescenti. La valutazione delle rimanenze destinate alla vendita effettuata con il metodo LIFO pone una particolare problematica nel definire il valore di mercato. In tali casi deve essere utilizzato il costo di sostituzione per la determinazione del valore di mercato delle merci e dei prodotti finiti. Ancora l’OIC prevede che, qualora il valore netto di realizzo al netto del normale margine di profitto sia superiore al costo di sostituzione, ed entrambi tali valori siano inferiori al valore contabile, in assenza di riduzioni dei prezzi di vendita, è consentito utilizzare il valore netto di realizzo;

Materie prime e sussidiarie che partecipano alla fabbricazione dei prodotti finiti

Costo di sostituzione

Prodotti finiti, merci ed altre giacenze destinate alla vendita Semilavorati (parti o componenti di produzione), prodotti in corso di lavorazione

Valore netto di realizzo

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11 - il costo di sostituzione è inferiore al costo storico, ma quantità normali di materie prime e sussidiarie e di semilavorati d'acquisto presentano un valore netto di realizzo uguale o superiore al loro costo storico. Qualora la possibilità del loro realizzo sia oggettivamente documentabile e verificabile, tali materiali non devono essere svalutati (fatta eccezione per il caso in cui questi siano determinati con il metodo LIFO in presenza di prezzi decrescenti);

- il valore di mercato per le materie prime, sussidiarie e semilavorati (parti o componenti) d'acquisto di lento movimento od obsoleti è rappresentato dal valore netto di realizzo.

In linea generale, laddove il valore netto di realizzo dei prodotti finiti o delle merci acquistate per la rivendita sia particolarmente fluttuante, il costo di sostituzione può essere il livello di approssimazione più utile per indicare il valore netto di realizzo.

6. Determinazione dei valori fiscali

Il legislatore fiscale ha ritenuto opportuno prevedere una disciplina particolareggiata per la determinazione dei valori riconosciuti ai fini fiscali.

Le disposizioni di seguito brevemente commentate – si ricorda – acquisiscono rilevanza ai soli fini fiscali e, se non risultano appropriate per rappresentare fedelmente il valore economico delle rimanenze possedute, non sono applicate per la redazione del bilancio civilistico.

L’art. 92 del Testo Unico delle Imposte sul reddito assume che “Le variazioni delle rimanenze finali [...] rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio.”.

In questa prospettiva, le rimanenze finali di beni intercambiabili partecipano al reddito per un importo non inferiore a quello che si ottiene raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato secondo le disposizioni previste dal legislatore medesimo.

La norma tributaria distingue, poi, tra:

- rimanenze finali iscritte per la prima volta in bilancio, valutate al costo medio ponderato;

- rimanenze finali iscritte negli esercizi successivi, valutate al LIFO a scatti annuali.

È, poi, specificato che le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del FIFO, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall'applicazione del metodo adottato.

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12 Esempio: L’impresa Alfa di cui all’esempio precedente aveva nell’esercizio x iscritto 800 giubbotti con un costo medio ponderato annuale pari a 120. Il valore complessivo delle rimanenze finali è pari a (800 x €120) €96.000.

A fine esercizio successivo (x+1) presenta 1.000 capi in magazzino; Alfa assumerà il valore delle rimanenze iniziali delle felpe come valore fiscale della quantità di felpe corrispondente alla quantità di felpe possedute ad inizio esercizio (800 capi), mentre la quantità eccedente (200) è determinata in base al costo medio ponderato annuale dell’esercizio pari a €130. Le rimanenze finali sono, perciò, pari a [(€96.000 + (200 x €130)] €122.000.

Nell’esercizio x+2, Alfa rileva una quantità di rimanenze finali di 700 giubbotti con una diminuzione di 300 capi rispetto ad inizio esercizio.

In base alle disposizioni del TUIR, il valore delle rimanenze finali di x+2, sarà dato dall’eliminazione del valore delle rimanenze acquisite nell’esercizio x+1 (pari a 200 giubbotti) e di 100 giubbotti acquisiti nell’esercizio x. Avremo, perciò, che il valore delle rimanenze finali ai fini fiscali sarà pari a [€122.000 – (200 x €130) – (100 x €120)] €84.000.

In ultimo, se in un esercizio il valore unitario medio dei beni risulta superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo è determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni (indipendentemente dall'esercizio di formazione) per il valore normale.

Per valore normale si deve intendere – in conformità a quanto contenuto nell’art. 9, comma 3 del TUIR in base al quale “per valore normale […] si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso".

Per le valute estere si assume come valore normale il valore al cambio esistente alla data di chiusura dell'esercizio.

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13

L

AVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE3

Sommario: 1. Premessa e inquadramento della problematica; 2. Elementi definitori; 3.

Rilevazione e criteri di contabilizzazione; 4. Il criterio della percentuale di completamento; 5.

Il criterio della commessa completata; 6. Ulteriori problematiche; 7. Considerazioni 1. Premessa e inquadramento della problematica

La problematica del trattamento contabile dei lavori in corso di ordinazione necessita di alcune preliminari precisazioni sugli aspetti tecnico-contabili di riferimento nonché sul disposto normativo da cui l’OIC 23, Lavori in corso su ordinazione, è stato sviluppato.

Per quanto concerne gli aspetti di inquadramento tecnico-contabile, è opportuno rilevare che il principio base su cui si sviluppano parte delle considerazioni del Documento in parola (e prima ancora del testo normativo) trovano la loro ragione di essere nel postulato della competenza economica in base alla quale, come noto, i fatti, gli eventi e le operazioni devono essere rilevati in bilancio alla loro manifestazione economica piuttosto che alla loro manifestazione monetaria. Tale principio ha quale importante corollario (almeno per le imprese) la correlazione dei costi e dei ricavi, il quale dispone che il conto economico deve includere nel bilancio i ricavi correlati ai pertinenti costi. È importante ancora aggiungere che svolge un importante ruolo nella contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, introdotto, come già detto, in modo imperfetto e incompleto nella legislazione nazionale per mezzo del già menzionato principio della “funzione economica relativa all’elemento dell’attivo o del passivo considerato” (art. 2423-bis, comma 1).

Allo stesso tempo, non si deve dimenticare che un importante ostacolo all’applicazione completa della competenza economica è rappresentato dal principio della prudenza, per il quale in bilancio devono essere iscritti tutti i costi anche potenziali di competenza dell’esercizio, mentre i ricavi non possono essere iscritti se non effettivamente realizzati.

Principio della competenza economica (nonché corollario della correlazione tra costi e ricavi) e principio della prudenza trovano nella contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione ampio terreno di scontro! Il problema principale, infatti, consta nel rilevare (soprattutto pluriennali) i ricavi di competenza dell’esercizio delle commesse, in quanto solitamente il pagamento (o la grande parte di esso) avviene alla consegna dell’opera.

3 La sezione della presente dispensa dedicata alla contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione è tratta da: M.

Pozzoli, Lavori in corso su ordinazione, Guida alla Contabilità e Bilancio, Milano, Il Sole24Ore-Frizzera, n. 2/2008, pp.

44-51.

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14 Per quanto rileva l’incipit legislativo da cui prende corpo il documento stesso, basti, per adesso, ricordare che il punto 11 dell'art. 2426 – introdotto dal Dlgs 127/1991 tramite l’implementazione di una delle più rilevanti novità della IV Direttiva - dispone che “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”.

2. Elementi definitori

Il primo aspetto considerato dall’OIC concerne l’esame di cosa debba intendersi per “lavoro in corso su ordinazione”; esso dovrebbe presentare sostanzialmente le seguenti principali caratteristiche:

- Oggetto: esistenza di una commessa, ossia di un contratto tramite cui un soggetto (committente o appaltante) affida a un soggetto terzo (appaltatore) la realizzazione di un progetto;

- Durata: normalmente pluriennale;

- Finalità: costruzione e realizzazione di un’opera o di una fornitura di beni (o servizi) che nel loro complesso siano parte del medesimo progetto;

- Esecuzione: in base all’ordinazione delle richieste del committente e secondo le specifiche tecniche da questo richieste.

Si rileva che gli accordi di commessa non sono accordi “tipizzati” ma definiti (secondo e in linea con) le norme del diritto positivo.

I lavori in corso su ordinazione sono normalmente suddivisi – in base alla natura del contratto – in:

- contratti a prezzi predeterminati, i quali prevedono (fatta eccezione per gli eventuali adeguamenti concordati dalle parti nel corso del lavoro o resisi necessari, come l’adeguamento ex lege di cui all’art. 1664, c.c.) la consegna del lavoro sulla base di un prezzo fisso predeterminato o di prezzi fissi delle singole voci di lavoro predeterminati;

- contratti con prezzo basato sul costo consuntivo più il margine, nei quali il committente si impegna a rimborsare l’appaltatore per i costi sostenuti ad aggiungere a tali costi un recupero solitamente fissato sulla base percentuale dei costi medesimi (con le condizioni previste contrattualmente) e di un importo fisso (OIc 23, par.19).

In ottica comparativa, sembra giusto evidenziare che l’OIC 23 risulta in linea (anche se tale classificazione è squisitamente illustrativa e non prescrittiva) con il contenuto dello IAS 11, Lavori in corso su ordinazione (Costruction contracts).

(15)

15 Il principio contabile nazionale si discosta, invece, dall’omologo documento dello IASB per quanto riguarda l’ambito di applicazione: mentre, infatti, l’OIC distingue nella propria trattazione tra commesse “a lungo termine”, ossia solitamente pluriennali e commesse “a breve termine”, lo IASB non effettua alcuna distinzione, riferendo le proprie disposizioni indistintamente a tutte le commesse.

Tale discrasia origina anche atteggiamenti diversi in ambito di determinazione dei criteri di contabilizzazione adottati 4.

3. Rilevazione e criteri di contabilizzazione

La problematica più urgente in materia di rilevazione e contabilizzazione delle commesse consta, come accennato, nel rilevare i ricavi nell’esercizio in cui questi hanno avuto effettiva manifestazione, considerato che spesso tali commesse presentano costi negli anni di “produzione” della commessa e ricavi solo al momento del suo completamento o a partire da tale momento.

A tale riguardo, come si avrà modo di rilevare in più circostanze, è indispensabile che l’impresa appaltatrice (e in particolare l’amministrazione di questa) si doti di un sistema di rilevazione analitico dei rispettivi ricavi di commessa, intesi come i corrispettivi riconosciuti per l’esecuzione dell’opera, e costi di commessa, intesi sia come costi sostenuti direttamente (costi diretti), sia come costi riferibili all’attività aziendale ma imputabili ragionevolmente e attendibilmente alla commessa (costi indiretti).

L’OIC presenta un’elencazione di cosa solitamente debba essere considerato costo e ricavo di commessa; tale elencazione (di seguito riportata) deve essere evidentemente considerata esemplificativa e non esaustiva, in ragione anche della molteplicità di circostanze che tali situazioni presentano.

Tabella 1 - Elencazione esemplificativa ricavi e costi di commessa (OIC 23, parr-29-32)

Ricavi di commessa Costi di commessa

— il prezzo base stabilito contrattualmente;

— le eventuali rettifiche di prezzo pattuite con atti aggiuntivi;

— le maggiorazioni per revisione prezzi;

— i corrispettivi per opere e prestazioni aggiuntive (es: varianti);

— i corrispettivi aggiuntivi conseguenti ad eventi i cui effetti siano contrattualmente o per legge a carico del committente;

— gli altri proventi accessori (quali quelli derivanti dalla vendita dei materiali non impiegati, ecc.).

Costi diretti:

— i costi dei materiali utilizzati per la realizzazione dell'opera;

— i costi della manodopera (nel caso di opere realizzate in uno specifico cantiere, tali costi includono tutta la manodopera di cantiere, incluso il personale direttivo e quello addetto ai servizi generali);

— i costi dei subappaltatori;

— le spese del trasferimento di impianti e di attrezzature al cantiere;

— i costi per l'impianto e lo smobilizzo del cantiere;

4 In questo senso, si veda: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Ragionieri/Commissione per i principi contabili, Guida all’applicazione dello IAS 11 “Lavori su ordinazione”, p. 6.

(16)

16

— gli ammortamenti ed i noli dei macchinari impiegati;

— le royalties per brevetti utilizzati per l'opera;

— i costi per fidejussioni e assicurazioni specifiche;

— i costi di progettazione (se riferibili direttamente alla commessa).

Costi indiretti:

— i costi di progettazione (se tali costi si riferiscono all'intera attività produttiva o sono attribuibili a più commesse);

— i costi generali di produzione o industriali, cui si applicano i principi riportati dell’OIC 13 relativo alle giacenze di magazzino.

I due criteri di contabilizzazione ammessi dalla legislazione nazionale sono:

- Il criterio della percentuale di completamento o dello stato d'avanzamento;

- Il criterio della commessa completata o del contratto completato.

Figura 1 - Criteri di contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione previsti dall’OIC 23

Entrambi i criteri menzionati sono nei termini di legge ammissibili.

L’OIC esprime la propria preferenza per il criterio della percentuale di completamento, ritenuto in grado di dare una migliore rappresentazione dell’andamento della commessa nonché dei ricavi e dei costi di commessa.

Tale preferenza appare più evidente se riferita a commesse ultrannuali; le imprese, infatti, adottando il criterio della commessa completata per contabilizzare queste commesse, rischierebbero di contabilizzare i ricavi delle commesse con ampio ritardo rispetto al sostenimento dei costi che hanno generato i ricavi medesimi (per esempio, nel caso in cui i pagamenti siano effettuati prevalentemente una volta terminata la commessa medesima).

A questo riguardo, si evidenzia che l’Oic ritiene in queste circostanze ammissibile adottare il criterio della commessa completata alle commesse di breve termine.

Criteri di contabilizzatone ammessi

criterio della percentuale di completamento o dello stato

d'avanzamento

criterio della commessa completata o del contratto

completato

(17)

17 Il criterio della commessa completata è ritenuto, infatti, meno fuorviante nel caso in cui sia applicato a commessa a breve termine, poiché, in tale circostanza, il “ritardo” della contabilizzazione dei ricavi rispetto ai pertinenti costi è limitato.

In aggiunta, il criterio della commessa completata è applicato nel caso in cui non sia possibile adottare il criterio della percentuale di completamento, poiché i requisiti necessari non sono soddisfatti.

4. Il criterio della percentuale di completamento

L’Oic, come accennato, dispone che il criterio della percentuale di completamento è applicabile quando sono soddisfatte talune condizioni (si veda tabella sotto riportata).

Tabella 2 - Condizioni che rendono possibile l’adozione del criterio della percentuale di completamento (Oic 23, par.45)

1) esiste un contratto vincolante per le parti che ne definisca chiaramente le obbligazioni e, in particolare, il diritto al corrispettivo per l’appaltatore;

2) il diritto al corrispettivo per la società che effettua i lavori matura con ragionevole certezza via via che i lavori sono eseguiti (cfr. paragrafo 48);

3) non sono presenti situazioni di incertezza relative a condizioni contrattuali o fattori esterni di tale entità da rendere dubbia la capacità dei contraenti a far fronte alle proprie obbligazioni (ad esempio, l’obbligo dell’appaltatore nel completare i lavori);

4) il risultato della commessa può essere attendibilmente misurato.

Le principali accortezze tecniche che l’impresa deve mantenere concernono la determinazione dei costi e dei ricavi di commessa; questi sono determinati in relazione allo stato di avanzamento dei lavori (SAL), il quale nella sostanza dovrebbe evidenziare il “valore” dei lavori eseguiti sino alla data di riferimento del bilancio.

Giova, in aggiunta, evidenziare che, indipendentemente dal metodo specifico prescelto per determinare l’avanzamento dei lavori, esistono elementi comuni da tenere in considerazione, quali:

- il costante monitoraggio del SAL, per mezzo soprattutto della coerenza tra percentuali di completamento stimate e consuntivate; qualora gli indicatori prodotti (nel periodo e/o totali) non risultino in linea con le stime iniziali, sarà necessario rivedere le stime e le conseguenti percentuali di completamento;

- laddove siano previste modifiche al progetto iniziale, sarà opportuno tenere in considerazione tali rettifiche per aggiornare i dati e le percentuali previste;

- la applicabilità del parametro adottato con la situazione presentata. Il principio della coerenza richiede che debbano essere applicati i medesimi principi contabili e metodi applicativi da un esercizio ad un altro. Tale impostazione può essere controvertita nel solo

(18)

18 caso (eccezionale) in cui, vi sia evidenza che l’adozione del criterio e del metodo è inadeguata e non adatta a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione;

- gli eventuali acconti e anticipi potrebbero non fare riferimento all’attività effettivamente svolta nell’esercizio; se così fosse, questi devono essere rilevati fra le passività o portati a diminuzione dell’ammontare complessivo del lavoro.

Non esistono previsioni giuridiche atte a definire quale sia la tecnica migliore in assoluto. L’Oic, quindi, in relazione alle prassi prevalenti nel settore distingue tra:

- metodi basati sul valore o dati di carico, quali: metodo del costo sostenuto (cost-to-cost);

e, metodo delle ore lavorate;

- metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata, quali: (i) metodo delle unità consegnate; e, (ii) metodo delle misurazioni fisiche.

Non esiste un metodo “preferito” in assoluto, anche in ragione del fatto che qualsiasi circostanza dovrebbe essere analizzata separatamente. Tuttavia, l’Oic ritiene che il metodo del costo sostenuto (“cost to cost”) sia, in condizioni normali, quello preferibile e, inoltre, il metodo che dovrebbe essere adottato per verificare l’adeguatezza dei metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata, i quali potrebbero portare in condizioni particolari a risultati anche assai difformi.

Procediamo adesso ad esaminare in sintesi le caratteristiche principali dei metodi maggiormente adottati con l’ausilio di una breve esemplificazione.

(19)

19 Figura 2 - Metodi per la determinazione dello stato avanzamento lavori

Metodo del cost to cost

Il metodo del cost to cost è il più utilizzato nella pratica; esso richiede: (i) l’esistenza di un sistema interno che rilevi – ed anche ribalti nel caso di oneri solo indirettamente imputabili - i costi alle singole commesse; e, (ii) la possibilità di formulare le stime necessarie per determinare il SAL.

Il metodo del cost to cost si sostanzia nei seguenti passaggi:

- determinazione costi effettivi sostenuti;

- raffronto costi effettivi sostenuti con costi totali stimati;

- determinazione del valore della produzione realizzata per mezzo dell’applicazione della percentuale desunta ai ricavi totali stimati.

Per ottenere una corretta applicazione del metodo in parola, è necessario escludere i costi che possono portare ad una visione distorta dell’operazione, quali i costi sostenuti per attività ancora da eseguire.

Per esempio, se l’impresa appaltatrice Alfa acquista 100tonnellate di cemento per avere un particolare sconto, e, al termine dell’esercizio, ha utilizzate solo 40tonnellate, nella determinazione del SAL dovremo tener conto del cemento utilizzato (40 tonnellate) e non di quello acquisito.

Per la medesima motivazione, dovranno essere esclusi gli anticipi concessi a subappaltatori riferiti a lavori da eseguire negli esercizi futuri.

Esempio

L’impresa Beta vince una gara concernente la costruzione di un ponte per 6.000. L’opera deve essere consegnata entro 3 anni.

Beta produce un proprio piano tramite cui ha previsto costi complessivi pari a 4.000 nonché la seguente ripartizione dei costi stimati lungo il periodo previsto:

Metodi per la determinazione del lo

SAL

Metodi basati sul valore o dati di carico

Metodi basati sulla misurazione della produzione effettuata

Metodo del costo

sostenuto Metodo delle

misurazioni fisiche Metodi delle ore

lavorate Metodo delle unità

consegnate

(20)

20

Costi X X+1 X+2

2.500 500 1.000

X + X+1 3.000

X + X+1 + X+2 4.000

I costi sostenuti nell’esercizio X sono imputabili in parte all’acquisto di materiali che saranno utilizzati solo nell’esercizio X+1 quantificabili in 500. A fronte di quanto sopra previsto, Beta dovrebbe rilevare il primo anno un avanzamento del 50%, il secondo un avanzamento complessivo del 75% e il terzo il completamento dell’opera (100%).

I corrispettivi ricavi saranno:

Ricavi X X+1 X+2

3.000 1.500 1.500 X + X+1

4.500

X + X+1 + X+2 6.000

Il margine della commessa maturato nei singoli periodi è dato dalla variazione tra i ricavi della commessa e i corrispondenti costi della commessa dell’esercizio, perciò nel primo anno il margine sarà pari a 1000 (3.000 – 2.000), nel secondo pari a 500 (1.500 – 1.000) e nel terzo pari a 500 (1.500 – 1.000).

Ne risulta che il bilancio dell’esercizio X (e stessa cosa avverrà per gli esercizi X+1 e X+2 con i pertinenti valori), una volta presentate le relative scritture d’assestamento, inclusa la capitalizzazione dei lavori in corso su ordinazione (Lavori in corso su ordinazione finali a Conto economico 3.000), presenterà una struttura similare a quella riportata nella successiva pagina. Si evidenzia che nell’esempio le rimanenze non utilizzate rappresentative di materie prime (pari a 500) sono state imputate nel corso dell’esercizio tramite le scritture a libro giornale insieme agli altri costi della produzione e, quindi, “sospese” nell’attivo patrimoniale (Materie prime finali a Conto economico 500).

(21)

21

Stato patrimoniale Conto economico

A) Valore delle produzione

… … …

C) Attivo circolante 2. Variazione delle rimanenze 500

1. materie prime, 3. Variazione dei lavori in corso

sussidiarie e di su ordinazione 3.000

consumo 500

… D) Debiti 2.500

3. Lavori in corso

su ordinazione 3.000 B) Costi della produzione

B6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 2.000

Si consideri, inoltre, che i prospetti sopra indicati, essendo il primo esercizio in cui la società lavora sulla commessa, presentano un valore della commessa coincidente con la variazione di valore della stessa riportata nel conto economico. A partire dall’esercizio X+1 le variazioni di valore dei lavori in corso del conto economico misureranno la variazione di valore della commessa tra inizio esercizio e fine esercizio.

Metodo delle ore lavorate

L’avanzamento del lavoro è, in questo caso, misurato con riferimento al numero delle ore lavorate rispetto al numero complessivo delle ore totali previste. Il metodo in oggetto può essere rilevante laddove la componente lavoro risulti particolarmente rilevante; il metodo in parola richiede i seguenti calcoli:

- la suddivisione dei ricavi totali previsti in: (i) costi previsti dei materiali e altri costi diretti, quali assicurazioni, royalties, esclusa la mano d'opera; e, (ii) valore aggiunto complessivo, per il residuo;

- la previsione delle ore dirette di lavorazione necessarie per il completamento delle opere ed il calcolo del valore aggiunto orario (quale quoziente del valore aggiunto complessivo e delle ore totali previste);

- la valutazione delle opere in corso di esecuzione ad una certa data, quale somma di: (i) i costi effettivi dei materiali impiegati nelle lavorazioni e degli altri costi diretti sostenuti,

(22)

22 esclusa la mano d'opera; e, il valore aggiunto maturato, determinato moltiplicando le ore dirette effettivamente lavorate per il valore aggiunto orario.

Considerato l’ambito “normale” di utilizzo del metodo, occorre prestare particolare attenzione all’imputazione delle ore lavorate. L’Oic dispone che anche che i lavori affidati esternamente siano contabilizzati:

- come ore interne dell'impresa; o

- assimilate ai costi dei materiali ed altri costi diretti; in questa seconda circostanza (ritenuta più praticabile) è necessario poter prevedere attendibilmente sin dal l'inizio della commessa quale parte di lavoro sarà affidata a terzi.

Metodo delle unità consegnate

Può risultare utile nella determinazione delle commesse focalizzate nella fornitura di serie di prodotti uguali od omogenei con ricavi e costi marginali sostanzialmente identici, quali, per esempio, tappi di bottiglia, agende, ed altri accessori.

I prodotti in corso di lavorazione o finiti ma non consegnati sono valutati al costo di produzione e sono quindi classificati come rimanenze di magazzino.

Metodo delle misurazioni fisiche

Il metodo è, talvolta, adottato dalle imprese di costruzioni, qualora il SAL sia rilevato periodicamente in contraddittorio per la determinazione delle fatturazioni.

Questo consta nella rilevazione delle quantità prodotte e presuppone la previsione (o in alternativa la determinabilità) di un prezzo per le singole unità prodotte.

5. Il criterio della commessa completata

Se l’impresa opta per l’adozione del criterio della commessa completata, la commessa deve essere valutata come un lavoro in corso ed essere, per questo, iscritta al minore tra costo e mercato 5. Come si evince dalla denominazione stessa, i ricavi sono rilevati solo quando le opere sono effettivamente ultimate e consegnate. Nei lavoro in corso su ordinazione, la consegna è solitamente identificata, a seconda dell’opera e degli accordi contrattuali, dalla spedizione o dall’accettazione del bene da parte del committente 6.

5 Si veda: Oic, Oic13, Rimanenze.

6 L’Oic dispone che, “a seconda della tipologia di lavoro, la consegna può coincidere con la spedizione del bene o con l’accettazione del bene da parte del committente. In ogni caso occorre che siano rispettate le seguenti condizioni:

(23)

23 6. Ulteriori problematiche

L’Oic analizza le modalità con cui contabilizzare una serie di ulteriori costi ed oneri che si possono verificare nel corso della vita di una commessa e che potrebbero dare luogo ad alcuni dubbi concernenti la loro imputazione o classificazione; di seguito, forniamo una breve analisi di alcuni significativi casi considerati:

- Costi per l'acquisizione della commessa. Fanno riferimento agli studi, ricerche, oneri per partecipazione gare, ed altri costi sostenuti per l’acquisizione della commessa. Questi devono essere imputati al conto economico dell’esercizio in cui gli stessi sono sostenuti, poiché rappresentano costi di natura ricorrente sostenuti nel normale svolgimento dell’attività aziendale. Tuttavia, se sostenuti specificamente per una commessa e l'assegnazione della commessa avviene nello stesso esercizio (od è sostanzialmente certa alla data di chiusura), e il costo è recuperabile dal margine di commessa, tali costi possono essere contabilizzati come costi pre-operativi.

- Costi pre-operativi. Sono i costi sostenuti dopo la definizione del contratto, ma prima che sia posta in essere l’attività necessaria per svolgere l’attività di costruzione, quali costi di progettazione, impianto e organizzazione del cantiere, ecc.

Se l'impresa adotta il criterio della percentuale di completamento, i costi pre-operativi sono rilevati con gli stessi criteri con cui si rilevano i costi sostenuti per l’esecuzione delle opere.

Se l'impresa adotta il criterio della commessa completata, i costi pre-operativi vanno rilevati con gli stessi criteri con cui si rilevano i costi sostenuti per l'esecuzione delle opere.

- Oneri sostenuti dopo la chiusura della commessa. Devono essere, tra gli altri, annoverati in questa categoria i costi di smobilizzo del cantiere, i costi per il collaudo delle opere eseguite, gli oneri per penalità contrattuali, gli oneri per la manutenzione successiva delle opere, gli oneri per garanzie contrattuali. I pertinenti stanziamenti devono esser rilevati tra i “Fondi per rischi ed oneri”. Se, quindi, è adottato un criterio basato sul valore di carico, tali costi devono essere inclusi tra quelli della commessa ed i relativi stanziamenti devono

1) la costruzione del bene sia stata completata ed il bene accettato dal committente;

2) i collaudi siano stati effettuati con esito positivo; se il collaudo viene procrastinato per cause non dipendenti dall’appaltatore, il contratto si può considerare completato, purché vengano rispettate le altre condizioni ai punti 3 e 4 e la richiesta di collaudo sia documentata;

3) eventuali costi da sostenere dopo il completamento siano di entità non significativa e siano comunque stanziati;

4) gli eventuali effetti relativi a situazioni d’incertezza connessi con tali commesse, ancora presenti nonostante la costruzione sia stata completata, possano essere stimati con ragionevolezza e sia possibile effettuare per essi appropriati stanziamenti.”. Si veda Oic, Oic 23, par.88.

(24)

24 incidere sul risultato della stessa. Qualora, invece, sia utilizzato il criterio delle misurazioni fisiche o altri similari, gli stanziamenti devono essere effettuati progressivamente in funzione dell'avanzamento della commessa;

- Oneri finanziari. Devono essere imputati, indipendentemente dal criterio adottato, direttamente al conto economico al momento in cui maturano o sono sostenuti, sia che venga adottato il criterio della percentuale di completamento sia che venga applicato il criterio della commessa completata 7.

7. Considerazioni

L’Oic 23 è un documento che analizza con analiticità le caratteristiche e le diverse circostanze che si possono verificare nella rappresentazione contabile dei lavori in corso su ordinazione.

A questo riguardo, si deve rilevare che il criterio della percentuale ci completamento è sicuramente preferibile (soprattutto per le commesse pluriennali) rispetto alla commessa completata.

Tale impostazione è confermata dal fatto che anche lo IASB nella revisione del menzionato Ias 11 (1994) ha eliminato il criterio della commessa completata, rendendolo applicabile solo in via residuale, ossia nel caso in cui lo SAL non sia quantificabile con attendibilità.

La disciplina fiscale medesima, pur prevedendo talune regole ad hoc (per esempio, sui corrispettivi pattuiti e i rischi contrattuali), accettano il criterio della percentuale di completamento, ritenendolo il principio base per la valutazione delle commesse ultrannuali (Tuir, art. 93, comma 2). Non è questa la sede per esaminare i riflessi fiscali derivanti dalla predisposizione di lavori in corso su ordinazione, ma basti considerare che il Tuir richiede di suddividere “le opere, le forniture e i servizi” in base alla loro presunta durata in:

- opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione non superiore all’anno (365 giorni) e a cavallo di due esercizi; e

- opere, forniture e servizi con tempo di esecuzione ultrannuale,

7 Tuttavia, l’Oic – con specifico riferimento alla contabilizzazione delle commesse col criterio della commessa completata. dispone che” Se viene seguito il criterio della commessa completata, è accettabile imputare ai costi di commessa, includendoli nel valore (al costo) delle rimanenze, gli interessi passivi sui capitali presi a prestito specificatamente per la commessa e per essa effettivamente utilizzati in aggiunta agli anticipi ed acconti ricevuti dal committente, purché sussistano le seguenti condizioni:

1. trattasi di commesse con tempi di realizzazione eccedenti i dodici mesi;

2. l'impresa non riceva anticipi ed acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari e quindi la quota non finanziata dal committente è rilevante;

3. l'impresa disponga di un sistema amministrativo che consenta di seguire i flussi finanziari relativi ad ogni singola commessa;

4. l'impresa sia in grado di effettuare un'attendibile previsione dei capitali che verranno effettivamente presi a prestito specificatamente per l'esecuzione della commessa, tenuto conto degli anticipi e degli acconti ricevuti dal committente;

5. gli interessi su tali capitali siano recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un preventivo di commessa che ne tenga conto.”. Si veda: Oic, Oic 23, Lavori in corso su ordinazione, cap. L.II.

(25)

25 laddove i primi sono disciplinati alla stregua delle normali rimanenze (Tuir, art. 92, comma 6), ossia con riferimento al costo sostenuto nell’esercizio, mentre i secondi sono valutati ai fini fiscali sulla base dei corrispettivi pattuiti o al costo.

(26)

26

C

REDITI

,

DISPONIBILITA

LIQUIDE

,

RATEI E RISCONTI

CREDITI

Sommario: 1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori; 2. Classificazione; 3.

Rilevazione; 4: Valutazione; 4.1 Il valore presumibile di realizzazione; 4.2 Costo ammortizzato e attualizzazione. 5 Le operazioni di factoring. 6. I crediti da operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine

1. Inquadramento della tematica e aspetti definitori

È difficile, se non impossibile, che un’impresa in continuità operativa non presenti crediti alla data di chiusura dell’esercizio. Questi, infatti, originano naturalmente dall’effettuare operazioni commerciali, finanziarie o da eventi ed operazioni di altro tipo.

Un bilancio può essere, in via del tutto astratta, privo di crediti quando l’impresa effettua tutte le operazioni in contanti oppure nel caso in cui alla data di riferimento del bilancio tutti i crediti siano stati regolati dai debitori.

I crediti costituiscono il diritto acquisito da un’impresa ad esigere ad una scadenza predefinita un determinato ammontare da clienti o da altri.

La problematica concernente i crediti sarà esaminata in modo autonomo dalla macro-classe in cui questi sono stati inclusi, poiché i criteri di rilevazione, valutazione e informativa sono i medesimi indipendentemente da dove questi sono imputati. In definitiva, cambia, a secondo della classificazione, la sola modalità di appostamento in bilancio!

È bene puntualizzare che non esamineremo in questo contesto, se non per completezza espositiva, la problematica relativa ai “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” già precedentemente considerata (si vedano le dispense “La costituzione d’impresa e le altre operazioni di capitale” e

“Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e Immobilizzazioni materiali”).

In aggiunta, non si prenderanno in considerazione i crediti originati da operazioni in valuta estera, per le quali sono previste specifiche disposizioni normative.

I riferimenti tecnici essenziali che guideranno la seguente esposizione sono, oltre alle principali impostazioni dottrinali, i Principi contabili nazionali e, in questo specifico caso, l’OIC 15, Crediti.

(27)

27 2. Classificazione

Nella classificazione dei crediti hanno, in linea generale, rilevanza i seguenti fattori:

- origine: (i) crediti sorti in relazione a ricavi (per esempio, i crediti verso clienti) derivanti da operazioni di gestione caratteristica; (ii) crediti sorti per prestiti e finanziamenti concessi (questi differiscono dai crediti commerciali per non essere connessi a ricavi, bensì ad operazioni che hanno ad oggetto direttamente somme di denaro); o (iii) crediti sorti per altre motivazioni (per esempio, crediti derivanti da operazioni di gestione non caratteristica, crediti verso dipendenti per anticipi su competenze di futura liquidazione, crediti verso l'erario, crediti verso istituti di assicurazione per gli indennizzi, depositi cauzionali, ecc.). L’indicazione dell’origine economica dei crediti fornisce utili informazioni sulle modalità con cui la società genera crediti e, quindi, si suppone entrate di cassa;

- natura del debitore: crediti verso clienti, consociate, controllanti, soci, altri. La natura del debitore è funzionale all’esposizione dei crediti medesimi in bilancio. I crediti vantati nei confronti dei clienti sono “normali” crediti operativi, identificano una posizione pendente originata dall’attività commerciale e servono a misurare lo stato di salute dell’attività caratteristica della struttura aziendale. Essi, peraltro, esprimono valori di mercato e, laddove ciò non si verificasse, riescono a spiegare i rapporti di forza dei soggetti coinvolti nell’operazione. I crediti verso altre società del gruppo o parti correlate possono essere, al contrario, “viziati” dai legami tra le parti coinvolte, talvolta non esprimono valori di mercato e, per tali motivi, necessitano di una diversa informativa di bilancio;

- scadenza: crediti esigibili entro l’esercizio successivo e oltre l’esercizio successivo. Tale evidenziazione contribuisce a illustrare la posizione finanziaria della società; la presenza di crediti destinati a divenire moneta nel breve termine indica che la società dovrebbe fruire di liquidità in un futuro molto prossimo. La presenza di liquidità evidenzia la capacità della società di far fronte ad impegni di breve periodo o se, al contrario, la società dovrà fare ricorso a “mezzi di terzi” per regolare le obbligazioni contratte.

La successiva figura sintetizza i criteri di classificazione che rilevano per la rappresentazione dei crediti.

(28)

28 Figura 1 - Criteri di classificazione

Lo schema di stato patrimoniale del codice civile prevede che debbano essere evidenziati con riferimento ai crediti i seguenti importi:

A - Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata;

B.III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:

2) crediti:

a) verso imprese controllate;

b) verso imprese collegate;

c) verso controllanti;

d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti d-bis) verso altri.

C.II - Attivo circolante. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili

oltre l'esercizio successivo:

1) verso clienti;

2) verso imprese controllate;

3) verso imprese collegate;

4) verso controllanti;

5) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti 45-bis) crediti tributari;

45-ter) imposte anticipate;

56) verso altri.

Il legislatore ha previsto, quindi, che i crediti siano classificati, in base alla loro destinazione, in immobilizzazioni e attivo circolante 8. A questo riguardo, rileva che anche i crediti sottendono alla

8 Le modalità di classificazione esposte non son evidentemente le uniche possibili, bensì quelle più adatte e conformi allo sviluppo della pertinente disciplina nazionale. Caratozzolo “propone”, per esempio, anche le seguenti classificazioni:

- crediti pecuniari e crediti in natura;

- crediti di sicuro esito, crediti di esito dubbio e crediti inesigibili;

- crediti certi nell’esistenza e nell’importo, crediti incerti nell’esistenza o nell’importo;

- crediti fruttiferi e crediti infruttiferi;

- crediti a breve termine, crediti a medio termine e crediti a lungo termine;

- crediti cambiari e crediti non cambiari;

- crediti assistiti da garanzie reali o da privilegi e crediti non garantiti.

Si veda: M. Caratozzolo, Il bilancio d’esercizio, Milano, Giuffré, 2008, p. 440.

Criteri di classificazione

dei crediti

Origine Natura del

debitore Scadenza

(29)

29 regola per la quale “gli elementi destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni” (art. 2424-bis, c.c.).

Nelle immobilizzazioni sono, perciò, iscritti principalmente i crediti che hanno natura finanziaria (per esempio, crediti derivanti da finanziamenti concessi, depositi cauzionali, acconti per acquisto di immobilizzazioni finanziarie), mentre nell’attivo circolante sono allocati principalmente i crediti originati da operazioni di natura commerciale (per esempio, crediti verso clienti documentati da fatture, cambiali attive, crediti verso società di factoring, crediti per interessi di mora). In termini aziendalistici, nelle immobilizzazioni, troviamo i crediti di finanziamento, mentre nei crediti dell’attivo circolante iscriviamo i crediti di finanziamento (si veda Figura 2).

In sostanza se una controllante effettua un prestito in denaro ad una controllata, il pertinente credito sarà rilevato tra le immobilizzazioni finanziarie (più precisamente, sottovoce BIII.2.a) ); se, però, la controllante vende un bene ad una controllata, il pertinente eventuale credito sarà iscritto nell’attivo circolante (più precisamente alla voce CII2).

Tale impostazione trova riscontro anche nell’ulteriore indicazione del legislatore, per la quale devono essere separatamente esposti, per ciascuna voce dei crediti iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie gli importi esigibili entro l’esercizio successivo, mentre per ciascuna voce dei crediti iscritti nell’attivo circolante, gli importi esigibili oltre l’esercizio successivo.

Figura 2 – Imputazione dei crediti in bilancio

In linea teorica, tuttavia, non è impossibile che un credito commerciale possa essere iscritto tra le immobilizzazioni (ad esempio, un credito derivante dalla vendita di un bene ad un cliente con un

Crediti di

finanziamento Crediti di

funzionamento

Immobilizzazioni

finanziarie Attività

circolanti

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