Ruolo del dirigente scolastico nella Provincia di Trento
Luisa Bortolotti
Trento, 14 aprile 2003
Dirigenza scolastica, definizione
Prima dei Decreti Delegati
31 maggio 1974: i Decreti Delegati
Rinnovamento degli anni Novanta
Quadro normativo di riferimento nazionale
Quadro normativo di riferimento provinciale
Aspettative
Due abiti professionali
Tre maxi competenze didattiche
Dirigenza scolastica: definizione
quel complesso di attività mirate al coordinamento e alla propulsione di una scuola.
Il termine deriva dal latino “dirigere” composto da:
dis in funzione rafforzativa (dal greco, due volte) e regere dirigere, reggere, guidare
sia dal greco orego = tendo, dirizzo
sia dal sanscrito ragati = governare, comandare
Quindi nell’azione del dirigere si fonde
sia il senso del guidare diritto, correttamente,
sia quello del comandare, del dare cioè indicazioni opportune perché la giusta direzione sia intrapresa e mantenuta.
Dirigenza scolastica (in senso largo e in senso stretto):
tutti coloro che esercitano, a vari livelli, tali funzioni di guida, organizzazione, comando, stimolo al miglioramento della scuola
Prima dei Decreti Delegati
il ruolo del direttore didattico (per il settore della scuola primaria) e del preside (la scuola secondaria di primo e secondo grado) era sostanzialmente di tipo burocratico-amministrativo:
_ doveva preoccuparsi di trasmettere e far rispettare la Legge, le Ordinanze e le Circolari nella sua scuola e l’insieme delle norme era ritenuto sufficiente per assicurare la dovuta
funzionalità dell’istituzione
_ il prestigio era invece assicurato dalla severità organizzativa e didattica, da garantirsi attraverso la funzione di vigilanza, altro momento forte della professionalità del dirigente scolastico.
L’azione del dirigente nella scuola italiana si è in gran parte esaurita in uno dei compiti assegnatele, questo appunto della vigilanza.
Quindi con il rischio di essere accettato passivamente o con diffidenza.
_ le competenze amministrative gli permettevano infine di tradurre in atti formali le varie disposizioni per il “governo”
dell’istituzione
Come si può facilmente desumere era un ruolo ed una funzione a bassissimo contenuto di responsabilità; le relazioni coni vari soggetti cooperanti con la scuola erano parimente semplificate:
. sia per la presenza di codici comportamentali formalizzati nella normativa vigente
. sia per il prevalere del rapporto di tipo gerarchico rispetto ad altri stili relazionali
La professionalità si manifestava pertanto prevalentemente
nella solida conoscenza delle leggi e dei regolamenti scolastici e nella capacità di farli rispettare utilizzando al meglio gli strumenti amministrativi e praticando una costante ed attenta vigilanza.
Più defilata la competenza didattica, considerata più un optional personale che uno degli elementi della professionalità del
dirigente.
Forse se ne potrebbe intravvedere un accenno nell’elenco delle competenze quando il Testo Unico del 1928 gli affida il compito di eseguire la “visita alla classe”.
“durante tali visite deve sentirsi maestro e vivere la vita della scuola senza atteggiamenti autoritari, accostandosi agli
insegnanti maestro dei maestri con benevolenza e
comprensione suscitando in loro fiducia e collaborazione”
Ma anche in questo caso il richiesto obbligo di redigere il verbale di visita e di farlo controfirmare “per presa visione”
dall’insegnante interessato trasformava l’operazione più in un controllo amministrativo sull’insegnante che in
un riscontro fra piano di lavoro programmato - obiettivi conseguiti – correzioni da impostare.
Il tutto nell’ambito di una relazionalità di tipo tecnico-didattico tale da non far temere finalità inquisitorie o valutative.
I compiti del dirigente erano fissati dagli articoli dall’11 al 15 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965
prevale quindi un’idea gerarchica, paternalistica e di controllo del dirigente scolastico, inteso appunto come estrema
appendice del Ministero della Pubblica istruzione
31 maggio 1974: i Decreti Delegati
Carta Costituzionale art. 5:
riconosce e promuove le autonomie locali
Legge delega 30 luglio1973, n. 477,
delegò il governo ad emanare una serie di decreti sulla scuola
31 maggio 1974
con i DD e in particolare i D.P.R.
416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica” e
417 “Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo e ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed
artistica dello Stato”
muta decisamente lo scenario organizzativo, relazionale e gestionale della scuola italiana.
Vengono introdotte nuove figure giuridiche (nuovi organi
collegiali di governo per la partecipazione nella gestione della scuola),
gli Organi Collegiali (OO.CC.)
che si sistemano all’interno della classica struttura piramidale della scuola italiana
ma che intessono con la stessa rapporti di tipo non gerarchico.
Alla scuola i caratteri di una comunità.
Gli OO.CC. hanno nei confronti dell’Amministrazione compiti:
_ consultivi
attraverso l’espressione di pareri obbligatori, anche se spesso non vincolanti
_ propositivi
su tutti gli aspetti della vita organizzativa e didattica _ deliberanti
in forma diretta o attraverso l’enucleazione di criteri guida _ di controllo-valutazione
attraverso il Consiglio di disciplina per gli alunni, il Comitato di valutazione per gli insegnanti, il Collegio dei docenti per la valutazione complessiva dell’attività didattica.
Il dirigente scolastico si è venuto così a trovare nel punto di incontro dei vertici di due opposte piramidi facenti capo
l’una all’apparato burocratico amministrativo
costituito da Leggi, Decreti, Ordinanze, Circolari e Autorità gerarchiche
l’altra all’istanza partecipativo-collegiale
costituita dall’utenza (genitori e alunni) e dal corpo docente e non docente, con rappresentanti a vario livello negli OO.CC.
delle scuole
In realtà con i DD il dirigente diviene il rappresentante della Unità scolastica assumendo così funzioni socio-politiche.
Dovrà intessere una rete di relazioni con i vari enti operanti nella realtà sociale e politica del territorio
che devono o possono interagire con la scuola.
Dovrà saper creare condivisione attorno agli obiettivi propri della scuola, enucleati attraverso un aperto confronto fra il
programma ministeriale, le situazioni ed esigenze locali, i paradigmi culturali e valoriali condivisi dalla comunità.
Un ruolo di negoziazione fra le varie componenti del sistema scolastico che dovranno essere portate ad interagire per
l’individuazione e la realizzazione di progetti unitari, pur nella distinzione o meglio nell’articolazione delle varie competenze.
Rinnovamento degli anni Novanta
A partire dagli anni Novanta si assiste ad un ritmo di frenetico rinnovamento. Le ragioni di questa svolta e di questa improvvisa celerità si possono individuare nelle seguenti questioni:
- confronto con la situazione europea (stati Nord Europa) - dibattito sulla qualità nelle grandi organizzazioni
- passaggio da un’economia di grandi imprese nazionali alla strategia “mista” che sfocia nelle prime privatizzazioni
- - da una fase di espansione ad una di contrazione della macchina burocratica
- - affermarsi di movimenti politici dichiaratamente orientati al federalismo, decentramento
- - emergere di un mondo parallelo a quello dell’amministrazione pubblica
Gestione – autonomia – responsabilità del dirigente
E’ con il consolidarsi di una diversa concezione dell’Unità scolastica che il ruolo del dirigente scolastico subisce le più profonde spinte innovative.
La scuola viene sempre più considerata come organizzazione per l’erogazione di servizi, piuttosto che come istituzione.
La scuola come organizzazione per l’erogazione di servizi è interessata ad interpretare e soddisfare i bisogni degli utenti e, per corrispondervi al meglio, chiede autonomia gestionale così da liberarsi da vincoli che ne limitano l’operatività.
La non dipendenza dal “centro” non libera certo da
responsabilità che divengono anzi più dirette: al maggior
“potere” decisionale che l’autonomia concede al dirigente
corrisponde una forte responsabilità, nei confronti della società e dei soggetti interagenti, per tutti gli aspetti organizzativi sui quali si esplica l’attività gestionale del dirigente scolastico.
Aspetti dell’attività organizzativa: continuità e innovazione (p.104): promozione, programmazione, coordinamento, rappresentanza, capacità di comunicare.
Quadro normativo di riferimento nazionale
Legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo Questa legge ridefinisce radicalmente il rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, poiché conferisce rilevanza giuridica a regole di trasparenza, celerità, pubblicità, partecipazione,
efficienza, efficacia.
Assegnare a tali regole rilevanza giuridica cogente significa che la loro inosservanza provoca l’annullamento degli atti
amministrativi e la conseguente attribuzione di responsabilità amministrative e patrimoniali ai dipendenti pubblici.
Decreto Legislativo 3 febbraio 1993
“Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”
si propone di
a) accrescere l’efficienza della amministrazione in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi della Comunità Europea
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico
c) integrare gradualmente la disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato
D.Lgs. 3.2.1993, n. 29
un decreto che sebbene non contempli i capi di istituto getta le basi dell’attuale filosofia dirigenziale anche nella scuola
si ha la svolta sulle responsabilità dirigenziali in ordine ai risultati raggiunti dalle amministrazioni statali
Legge 14 gennaio 1994 n. 20
che introduce il controllo sulla gestione delle PPAA da parte della Corte dei Conti
un controllo che si allarga alla verifica dell’efficacia, efficienza ed economicità del servizio erogato
Non si parla ancora di autonomia tuttavia è proprio in questo complesso percorso normativo che possono essere rintracciati i motivi ispiratori della successiva produzione legislativa rivolta all’autonomia delle amministrazioni pubbliche.
Legge 15 marzo 1997, n. 59
“Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali per a riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”
recepire queste innovazioni e aprire definitivamente la strada all’autonomia delle amministrazioni pubbliche periferiche, comprese quelle scolastiche
La riforma della dirigenza scolastica è strettamente legata
all’attuazione dell’autonomia: si deve attendere questa legge per arrivare alla sua definitiva approvazione.
L’art. 21 di tale legge dedicato all’autonomia delle istituzioni
scolastiche, prevede il conferimento della qualifica dirigenziale a tutti i capi di quegli istituti che abbiano perseguito personalità giuridica autonoma e delega il Governo a definire i contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale.
E’ sulla scorta di questa legge che vengono emanati numerosi decreti e regolamenti attuativi che ridisegnano progressivamente il futuro sistema scolastico.
A seguito di questa delega il Governo emana un apposito decreto legislativo sui dirigenti delle istituzioni scolastiche D.Lgs. n.59 del 6 marzo 1998
“Disciplina della qualifica dirigenziale ai capi di istituto delle istituzioni scolastiche autonome, a norma dell’art. 21, comma 16, della legge 15 marzo 1997, n. 59”
ed è questo l’atto normativo che attualmente possiamo
considerare giuridicamente sostitutivo dell’art. 3 del D.P.R. 417 del 1974 sulla funzione direttiva.
Stabilisce che:
- i dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli regionali e vengono valutati in ordine ai risultati
- i dir sc assicurano la gestione unitaria dell’istituzione
- i dir sc hanno poteri autonomi di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane
- i dir sc assicurano la qualità dei processi formativi
- i dir sc possono avvalersi di docenti ai quali delegare specifici compiti e sono coadiuvati dal responsabile amministrativo
D.P.R. 233 del 18 giugno 1998:
Dimensionamento delle unità scolastiche
D.Lgs. 31 marzo1998, n. 112
“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali”
Tale decreto trasferisce compiti in materia di istruzione a Stato, Regioni, Province e Comuni.
Ridefinizione delle competenze in materia di istruzione scolastica.
Il rapporto fra dirigenza scolastica e autonomia diventa
progressivamente più intenso e culmina nei Contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto scuola
C.C.N.I. 26/05/99 e C.C.N.I. 31/08/99 del Comparto Scuola Decreti e circolari per la sperimentazione progetti di autonomia
Regolamento marzo 1999
che prescrive l’avvio dell’autonomia a partire da settembre 2000 E’ il primo testo in materia di autonomia diffuso dal Ministero della PI nelle scuole
Il Regolamento prevede tre forme di autonomia:
a) autonomia didattica
è finalizzata alla realizzazione del diritto all’apprendimento e al successo formativo di tutti gli alunni
a tal fine le scuole possono adottare un curricolo flessibile
b) autonomia organizzativa
le istituzioni scolastiche possono adottare qualsiasi modalità organizzativa di gestione del personale e delle risorse materiali
c) autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
le istituzioni scolastiche hanno la possibilità di progettare percorsi di ricerca inerenti diversi ambiti delle scienze della formazione
Passaggi rilevanti:
- la possibilità per le singole istituzioni scolastiche di istituire “reti di scuole” al fine di migliorare l’utilizzo delle risorse
- il Curricolo nell’autonomia, che definisce il compito del ministro e quello delle singole istituzioni scolastiche
il curricolo è composto di tre sezioni principali:
curricolo nazionale obbligatorio
curricolo locale obbligatorio e opzionale curricolo locale facoltativo
Il curricolo dell’autonomia è un curricolo fortemente ispirato ai principi
della continuità educativa e
dell’unitarietà dell’insegnamento.
Risulta evidente l’importanza dello strumento fondamentale che incarna lo spirito dell’autonomia scolastica concretizzandola in precisi impegni professionali: il Piano dell’offerta formativa.
“Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare educativa ed
organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”.
Il POF è un documento di programmazione particolarmente complesso poiché prevede quattro livelli di intervento:
1. la progettazione curricolare
2. la progettazione exracurricolare 3. la progettazione educativa
4. la progettazione organizzativa
Quadro normativo di riferimento provinciale
Provincia autonoma di Trento - Legge Provinciale 9 novembre 1990, n.29 “Norme in materia di autonomia delle scuole, organi collegiali e diritto allo studio”
integrata da
Legge Provinciale 11 settembre 1998, n. 10 D.P.G.P. 16 novembre 1998, n. 32/104
legge provinciale 1999, n.3
Cultura d’impresa e dirigenza scolastica (pp. 63-74)
il problema della riorganizzazione dello Stato si pone sempre con maggior forza e in questo contesto l’attenzione è caduta anche sulla scuola con particolare interesse per la spesa che essa comporta e per la qualità del prodotto che riesce ad
assicurare agli utenti
Si è cominciato a parlare anche per la scuola di una prospettiva definita “aziendalistica” che coniugasse il contenimento dei costi con la qualità del risultato.
Romei: “E’ l’idea di impresa non quella di azienda a indicare una prospettiva di sviluppo culturale e operativo davvero stimolante”
Il prodotto non è costituito da un bene, bensì da un servizio, la cui natura crea problemi valutativi.
Il docente italiano non è abituato a rendere conto del proprio operato, perché:
- individualismo proprio del lavoro docente
- convinzione della natura essenzialmente qualitativa
dell’operato dell’insegnante tale da non poter essere sottoposta ad esami quantitativi e dunque impossibilitata ad essere
sottoposta a verifica
- mancanza di abitudine da parte dell’insegnante a vedere
“controllato” e valutato il proprio modo di lavorare
Il dirigente scolastico può essere un promotore efficace della qualità
Fra le altre competenze quelle relative alla capacità di decisione e di contrattazione: contrattare significa elaborare decisioni
comuni su temi di interesse comune e il più possibile razionalmente
La complessità di lavorare in gruppo può far scattare
“meccanismi di difesa” a livello inconscio che spesso finiscono per rendere apprensivo il soggetto; al superamento di tali disagi dovrà dare un contributo determinante il dirigente scolastico, che dovrà avvalersi della sua autorevolezza.
Il controllo di gestione
La presenza del dirigente scolastico appare determinante per promuovere la qualità della scuola e per verificarne il prodotto.
La scuola deve essere sempre più considerata alla stregua degli altri servizi pubblici e gestita secondo la medesima prospettiva organizzativistica.
Occorre riconoscere che i processi di innovazione della scuola italiana non sono certo stati fatti passare per il tramite dei
dirigenti scolastici, storicamente sottovalutati e relegati al ruolo di tutori della normativa statale.
Occorre rilevare che il dirigente può avvalersi sapientemente di una interpretazione flessibile delle norme da considerare come risorse e non come vincoli.
L’acquisizione da parte del dirigente scolastico della “cultura d’impresa” e la sua diffusione all’interno della scuola appare quindi imprescindibile, per una reale qualificazione del sistema scolastico italiano e per fare in modo che esso – e i soggetti che vi operano – si sottopongano ad un continuo “controllo di
gestione”, presentando il rendiconto del proprio operato alle famiglie degli utenti, al mondo del lavoro e alla società in
generale. La scuola è un servizio sociale alla persona e come tale deve essere considerata.
Nuove aspettative
Il paradigma più usato è quello del ”management”,
mutuato dal mondo dell’economia e che indica l’attività di direzione, gestione, amministrazione di un’azienda.
La scuola non può essere gestita come un’azienda.
Disegnare la nuova qualificazione del dirigente scolastico
in una sorta di leadership, che coinvolge un suo diverso modo di porsi nel dirigere una scuola con la collaborazione di tutti.
La figura del dirigente scolastico si caratterizza per una serie di capacità fondate sull’argomentazione chiara e definita, il
dialogo, la competenza a lavorare in gruppo, una elevata sensibilità sociale e interpersonale, in modo che possa esercitare il potere senza abusi, dato che gli deriva
sostanzialmente dal consenso del team in cui opera.
Ciò significa che il dirigente è inserito in una struttura sistemica a valenza circolare,
dove la funzione dirigenziale è legata volta volta alle circostanze e ai problemi che esse impongono, cosicché il dirigente sa
accettare di essere colui che è diretto qualora tale necessità emerga dagli obiettivi da raggiungere che nel gruppo sono stabiliti.
Cioè, nel gruppo si instaura una reciproca funzionalità
tra dirigente e dipendente: non c’è una rigida conservazione dei ruoli, ma un funzionale scambio per raggiungere la migliore efficienza operativa nella scuola.
Il dirigente è quella figura, ricca di specifiche competenze
professionali, che il gruppo “scolastico”, ossia il gruppo formato da coloro che agiscono nella scuola e si interessano di essa, individua di volta in volta, in funzione dell’obiettivo da
perseguire, come quella più adatta.
Insomma la dirigenza scolastica viene a configurarsi più come una funzione che come una carica. Una funzione strettamente legata all’efficienza della scuola e al contributo alla qualità della formazione che da essa è doveroso aspettarsi.
L’unica strada da percorrere è quella del leader del gruppo docente in forza della sua capacità, studiata e coltivata, di
analizzare i problemi, sia quelli che sono inerenti al suo settore di competenza, sia quelli che emergono di volta in volta dal
lavoro con il gruppo con senso di collaborazione e di flessibilità.
Soprattutto di essere un attento comunicatore e ascoltatore nei confronti di tutti i membri del gruppo stesso e di coloro che
hanno a che fare, a vario titolo, con l’attività della scuola.
Non può esimersi dall’essere un educatore fra gli educatori, uno studioso e un esperto dal punto di vista professionale.
Il compito difficile del dirigente scolastico è quello di sapersi proporre come un leader funzionale e possibilmente anche emotivo, all’interno di un gruppo di lavoro la cui formazione dipende dal caso e non dalla scelta.
Un simile ruolo non si improvvisa ma si cerca di perseguirlo al meglio grazie ad un training.
Cultura, scientificità, strategie mentali di costante apertura verso l’altro e verso l’oltre,
capacità di stare insieme agli altri e di lavorare con gli altri non solo per più o meno spurie predisposizioni del carattere ma per ferma, controllata e logica decisione di essere un punto di riferimento in certi determinati settori
e al tempo stesso di saper mettere in discussione il suo ruolo e il suo punto di vista, di alternarsi nel ruolo stesso di riferimento funzionale del gruppo.
La scuola occupa un posto centrale perché essa è l’istituzione cui il patto sociale di tutti i membri demanda il compito di
coltivare sistematicamente le potenzialità razionali dell’individuo attraverso una continua stimolazione all’astrazione ella
formalizzazione, al senso critico e perciò ai più alti valori
dell’uomo veicolati tramite l’insegnamento di specifici contenuti disciplinari storicamente dati.
Naturalmente questa sua posizione di centralità la scuola può mantenerla solo se essa è voluta tale da tutta la comunità.
La scuola è l’istituzione sociale cui è demandata l’educazione dei giovani attraverso il sistematico
insegnamento/apprendimento di precisi contenuti disciplinari.
I parametri del concetto di scuola si sono venuti a precisare a partire dalla fine del XVIII secolo, quando cioè la scuola diviene sempre più parte integrante della struttura di uno Stato.
Le componenti del concetto di scuola agiscono in maniera omeodinamica, ossia tendono necessariamente
all’assestamento della struttura.
La scuola, come motore della cultura di tutta una comunità, si qualifica soprattutto per le caratteristiche:
1.laicità e autonomia
2.totalità della sua offerta 3.unitarietà
4.chiara e forte progettualità politica
5.centralità operativa nel sistema formativo
6.progettualità antropologica di emancipazione e di sviluppo
7.programmazione curricolare
8.internazionalizzazione dell’educazione
9.comprensione, tolleranza, amicizia tra i popoli, le razze, le religioni
10.produttività formativa
Perciò il concetto di scuola ha un suo proprio meccanismo omeodinamico che lo spinge a perfezionarsi, a perseguire necessariamente la sua realizzazione attraverso la
realizzazione al meglio delle sue componenti.
P. 39 ss L’auspicabile “guardaroba” professionale del dirigente scolastico dovrebbe avere due ineludibili abiti (competenze)da lavoro: uno culturale e uno didattico.
L’abito culturale identifica il dirigente scolastico
. sia quale manager di “integrazione socioculturale”
. sia quale regista democratico della complessità istituzionale 1. significa porsi moltiplicatore di occasioni di raccordo-
interdipendenza longitudinale tra i gradi del sistema scolastico e trasversale tra la scuola e le agenzie “intenzionalmente”
formative del territorio: famiglia, Ente locale, Associazionismo
2. significa porsi al centro di quel sistema ramificato che è la scuola).
L’abito didattico pone il dirigente scolastico in prima fila a combattere con la scuola l’aspra battaglia contro l’avvento di una onda cognitiva lunga di erogazione massmediologica, causa prima dei crescenti
isolamento-solitudine dei bambini
indottrinamento-omologazione culturale.
Contro l’isolamento la socializzazione scolastica
contro l’inondazione congnitiva l’alfabetizzazione primaria e secondaria
Compito della scuola dovrà essere prevalentemente quello di insegnare ad apprendere e molto meno quello di “informare”, dove appare titanica l’impresa di essere concorrenziali con le tecnologie informatiche.
Travolta e sommersa dall’onda lunga del Televideo, Videotex, Pay-tv, la scuola sarebbe costretta a deporre le armi, tanto da lasciare via libera al transito di una era postscolastica.
Lo “specifico” dell’istruzione della scuola è rinchiuso nell’antica e vincente equazione deweyana: imparare ad imparare
(“specifico” metacognitivo, metaculturale).
Dunque scuola sempre meno macchina di
trasmissione/riproduzione culturale e sempre più terreno di alfabetizzazione primaria e secondaria.
Il dirigente ha pertanto i compito di pilotare la scuola verso il
traguardo dell’alfabetizzazione primaria e secondaria attestando capacità di guida nel percorrere tre strade didattiche della
Individualizzazione, Interclasse, Interdisciplinarietà.
Tre maxi competenze didattiche per la dirigenza scolastica:
1. l’individualizzazione, ovvero il rispetto dello stile cognitivo dell’allievo
- obiettivo delle pari opportunità formative: didattica delle classi di livello
- strategie: mastery learning (apprendimento per padronanza)
e credito didattico (saperi disciplinari e saperi antropologici)
2. interclasse, ovvero quando la scuola fa ricerca
3. interdisciplinarietà
Mastery learning:
1. suddivisione in gruppi eterogenei per profitto-informazioni
2. accurata predisposizione di materiali didattici
3. valutazioni formative: test, recupero
4. valutazione sommativa