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Come fare per abortire

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Come fare per abortire

written by Redazione | 10/08/2018

Quali sono le procedure previste dalla legge per praticare un’interruzione di gravidanza? Quali tempi bisogna rispettare?

Se stai leggendo questo articolo probabilmente sei in cerca di informazioni concrete su come fare per abortire ossia come poter fermare il corso di una gravidanza indesiderata o pericolosa per la salute fisica o psichica della donna:

il nostro ordinamento difatti non tutela soltanto il diritto ad essere madre, ma anche il corrispettivo diritto a non essere madre [1]. La decisione di interrompere la gestazione potrebbe essere sorretta da motivi medici (aborto terapeutico) oppure dipendere esclusivamente dalla volontà della donna (aborto volontario): in entrambi i casi è opportuno informarsi bene e riflettere approfonditamente, ma allo stesso tempo non attendere troppo tempo perché occorre rispettare alcuni termini, oltre i quali non sarà più possibile procedere (aborto illecito). Se dunque hai avuto un rapporto a rischio, e temi sia avvenuto un concepimento non desiderato, non aspettare troppo tempo prima di eseguire un test di gravidanza.

Il percorso che deve affrontare la donna per porre termine a una gravidanza iniziata non è semplice da affrontare, soprattutto da un punto di vista psicologico

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ed emotivo, per questo è importante che possa contare su un adeguato supporto, come quello fornito a titolo gratuito dai Consultori Familiari distribuiti su tutto il territorio nazionale. E’ importante precisare che tutta la procedura abortiva deve sempre essere legittimata dalla volontà della donna, e che la stessa ha il diritto di ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento.

Vediamo dunque insieme come abortire, facendo una distinzione tra interruzione volontaria di gravidanza e interruzione dipesa da motivi medici. Il nostro discorso non riguarderà il cosiddetto aborto spontaneo, che si verifica quando il feto muore in maniera naturale e indipendente dalla volontà della donna, che deve comunque sottoporsi al raschiamento per eliminare il rischio di contrarre malattie, e nemmeno l’aborto eugenetico, che consiste nell’interruzione di gravidanza praticata a causa di una malformazione del feto che non sia idonea a ledere la salute fisica o psichica della donna: questa ultima tipologia di aborto è sempre vietata in Italia [2].

L’interruzione volontaria di gravidanza

Quali termini bisogna rispettare?

L’interruzione volontaria di gravidanza si può effettuare entro 90 giorni dal concepimento; il termine di inizio va calcolato partendo dal primo giorno dell’ultima mestruazione.

Quali sono i motivi?

La decisione di interrompere una gravidanza può dipendere da vari fattori: ad esempio il concepimento può essere conseguenza di un metodo contraccettivo fallito (il classico preservativo rotto), di un rapporto non protetto (pericoloso per il contagio di malattie anche gravi come l’HIV) oppure di una violenza sessuale subita, o ancora alla base della decisione potrebbero esserci motivazioni economiche o sociali. In ogni caso la decisione di abortire spetta alla donna, e il personale medico può solo consigliare e suggerire altre soluzioni, come ad esempio la il diritto di ricorrere al parto anonimo, che consente alla donna di non essere nominata nel certificato di nascita, e al bambino di nascere.

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Quale procedura bisogna seguire?

La donna o la minorenne con il consenso di entrambi i genitori o autorizzazione del giudice tutelare deve rivolgersi a un medico di sua fiducia, che può essere un ginecologo oppure anche il medico di famiglia non obiettore; questi ha il compito di accertare lo stato di gravidanza, di rendere la donna edotta dei suoi diritti e di prospettare le possibili alternative. Se all’esito del colloquio la donna mantiene ferma la sua volontà di abortire, il medico le rilascia un certificato che attesta l’avvenuto incontro e che viene firmato anche dalla paziente. Se ci sono motivi di urgenza il medico può rilasciare un certificato che consente alla donna di procedere subito all’interruzione bypassando il tempo di riflessione previsto dalla legge in 7 giorni dalla data del rilascio del predetto certificato. Decorso questo termine, la donna può rivolgersi ad una struttura pubblica ospedaliera o ad una clinica privata o convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale per procedere con l’interruzione di gravidanza.

Quale metodo verrà effettuato?

Le alternative sono due: da un lato l’aborto farmacologico, e dall’altro quello chirurgico. La scelta di quale metodo usare spetta alla donna, dietro parere medico, ma ci sono dei tempi stringenti da rispettare per l’aborto farmacologico, dunque se la donna dovesse impiegare più tempo per prendere la decisione di interrompere la gravidanza dovrà fare ricorso all’aborto chirurgico.

Come avviene l’aborto farmacologico?

Innanzitutto con questo termine non ci riferiamo alla cosiddetta pillola del giorno dopo: quest’ultima ha una funzione anticoncezionale d’emergenza più che abortiva, deve essere assunta entro le 72 ore successive al rapporto sessuale a rischio e non necessita di ricovero ospedaliero, mentre l’aborto farmacologico deve essere eseguito dalla paziente entro 7 settimane dal presunto concepimento e sotto stretto controllo del personale medico. La procedura prevede l’assunzione di due farmaci, uno (la famosa pillola Ru 486) a 48 ore dall’altro, che comportano prima la morte dell’embrione, e poi l’espulsione di tutto il materiale ovulare: è necessario difatti svuotare completamente l’utero per prevenire infezioni e arrestare l’emorragia.

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Come avviene l’aborto chirurgico?

L’aborto chirurgico può essere eseguito entro 14 settimane dal concepimento (calcolato sempre a partire dalla data dell’ultima mestruazione) : a differenza del precedente metodo, l’intervento dura circa 20 minuti, dunque se non ci sono complicanze la donna può essere dimessa dall’ospedale o dalla clinica nella stessa giornata. I medici somministrano alla paziente alcuni farmaci che hanno la funzione di dilatare il collo dell’utero, in maniera tale da agevolare l’ingresso di una sonda che ha il compito di aspirare tutto il contenuto dell’embrione;

successivamente si procede alla necessaria pulizia dell’utero con l’ausilio di un cucchiaio metallico. Tutta l’operazione è realizzata in anestesia locale o generale, e eccezionalmente la scelta in questo caso spetta alla donna, stante la delicatezza dell’intervento.

E’ doloroso abortire?

Entrambi i metodi comportano effetti collaterali, consistenti in vomito, diarrea, dolori addominali, nausea: per lenire i dolori è possibile utilizzare appositi farmaci analgesici. L’aborto chirurgico presenta ulteriori rischi derivanti dall’utilizzo dell’anestesia e dalla possibilità che la sonda provochi lesioni uterine. La decisione di interrompere una gravidanza può portare inoltre conseguenze psicologiche nella donna, come sensi di colpa, stress o tristezza: in questi casi è importante non isolarsi, ma cercare conforto nel partner, se presente, nella famiglia, negli affetti e anche, laddove necessario, un sostegno psicologico da personale specializzato.

L’interruzione di gravidanza dipesa da motivi medici

Quali termini bisogna rispettare?

L ’ a b o r t o t e r a p e u t i c o p u ò e s s e r e p r a t i c a t o o l t r e i p r i m i 9 0 giorni dall’avvenuto concepimento, e generalmente fino a 22 settimane circa, ovvero fino a quando il feto non è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno, poiché in questi casi il personale medico ha l’obbligo legale di assisterlo e rianimarlo.

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Quali sono i motivi?

L’aborto terapeutico può essere motivato da un grave pericolo per la vita delle donna, causato dal prosieguo della gravidanza o dal successivo parto, oppure dalla presenza di gravi malformazioni del feto che rappresentano un pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Quale procedura bisogna seguire?

E’ necessario che la presenza di uno dei due requisiti suddetti venga certificata da un medico, tramite esami specifici prenatali come ad esempio l’amniocentesi o la villocentesi, che sono invasivi e dunque non del tutto esenti da rischi per il feto. Questi esami sono gratuiti per tutte le gravidanze che sono considerate “a rischio”, come ad esempio per le donne in attesa di età superiore ai 35 anni.

Quale metodo verrà eseguito?

La scelta del metodo dipende dallo stato di avanzamento della gravidanza: infatti fino a 16 settimane si può procedere in anestesia generale tramite raschiamento oppure aspirazione del materiale uterino per via vaginale, mentre oltre le 16 settimane si può procedere solo inducendo un vero e proprio travaglio tramite la somministrazione di farmaci per via vaginale e in alcuni casi anche orale, che hanno il compito di indurre le contrazioni uterine, ed espellere il feto.

E’ doloroso abortire?

Il cosiddetto travaglio abortivo, ovvero quello che si effettua quando l’interruzione avviene oltre le 16 settimane, è doloroso anche se ovviamente non come quello che si prova durante un parto giunto al suo fisiologico termine:

ciononostante la donna può assumere antidolorifici o richiedere che le venga praticata l’anestesia generale. Da un punto di vista psicologico inoltre il travaglio abortivo è più complesso da affrontare, perché la donna per abortire deve ricorrere a un vero e proprio parto.

Quanto costa abortire?

Se la donna decide di rivolgersi a un ospedale o a una clinica privata convenzionata i costi sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale, mentre nel

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caso di clinica privata i costi per tutta la procedura sono a suo carico.

Quali limiti devono rispettare i medici obiettori di coscienza?

Il diritto della donna a non diventare madre si scontra sul campo con il diritto dei medici e del personale sanitario di rifiutarsi a praticare l’aborto: in Italia, soprattutto al sud, le donne si trovano a doversi confrontare con un’altissima percentuale di obiettori di coscienza, che spesso determinano lunghe liste d’attesa negli ospedali e la decisione di ricorrere alle cliniche private. Se però i medici hanno il diritto di rifiutarsi a prestare la propria opera per determinare l’aborto, allo stesso modo gli stessi hanno l’obbligo di assistere la paziente durante tutto il suo percorso prima e dopo l’interruzione di gravidanza, altrimenti incorrono nel reato di rifiuto di atti d’ufficio [3].

Di Cinzia Pacileo

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