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Le pietre con pitture in ocra di Riparo Dalmeri (Trento). Sviluppi delle ricerche sull arte e la ritualità del sito epigravettiano

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1. Premessa

Il riparo Dalmeri ha rappresentato, negli ultimi quindici anni di ricerca preistorica in area alpina, un sito di

riferimento per comprendere le modalità di sfruttamento del territorio montano da parte dei gruppi umani epigravettiani.

L’ottimo stato di conservazione dei resti faunistici e litici e delle superfici di calpestio, ha permesso di ottenere una

Le pietre con pitture in ocra di Riparo Dalmeri (Trento). Sviluppi delle ricerche sull’arte e la ritualità del sito epigravettiano

Giampaolo DaLmerI1*, anna CUsINaTO1, Klaus KOmPaTsCHer1, maria HrOZNY KOmPaTsCHer1, michele BasseTTI2* & stefano NerI1

1 sezione di Preistoria e Paleontologia Umana, museo Tridentino di scienze Naturali, via Calepina 14, 38100 Trento, Italia

2 COra ricerche archeologiche s.n.c., spini di Gardolo 75, 38014 Gardolo (TN), Italia

* e-mail dell’autore per la corrispondenza: dalmeri@mtsn.tn.it

rIassUNTO - Le pietre con pitture in ocra di Riparo Dalmeri. Sviluppi delle ricerche sull’arte e la ritualità del sito epigravettiano- Il riparo Dalmeri è localizzato a 1.240 m s.l.m. sul margine settentrionale della Piana della marcesina (Grigno - altopiano dei sette Comuni - Trentino). a partire dal 1991, gli scavi stratigrafici, condotti dal Museo Tridentino di Scienze Naturali, hanno messo in luce una sequenza di livelli antropici, attribuiti all’epigravettiano recente. La ricerca interdisciplinare ha permesso di ricostruire parte dell’organizzazione spaziale del sito e le modalità di sfruttamento delle risorse dell’ambiente montano da parte dei cacciatori-raccoglitori epigravettiani. Nei livelli antropici possono essere distinti due momenti insediativi principali. Il primo, datato tramite carbonio 14 attorno a 13.200 anni cal BP, rappresenta la più antica fase di occupazione umana (Us 65/15a) ed è in stretta connessione con la deposizione di circa 220 pietre dipinte con ocra rossa. Il secondo, datato attorno a 13.000 cal BP, corrisponde alle paleosuperfici d’abitato 26c e 26b, che hanno conservato strutture evidenti (focolari) e latenti (struttura sub-circolare interpre- tata come capanna). L’ampliamento degli scavi stratigrafici verso l’area esterna durante la campagna di ricerche 2006 ha permesso di individuare e scavare due fosse, indicate con s1 e s2, in fase con la deposizione delle pietre dipinte e contenenti depositi intenzionali. I dipinti con pigmento rosso (ematite) sono stati realizzati su calcare oolitico, che costituisce il deposito di crollo precedente la fase di frequentazione umana. Il restauro delle stesse ha messo in evidenza differenti tipi di figure: zoomorfe, schematiche, antropomorfe, mani, figure composite su due facce e diversi tipi di pietre con tracce di pigmento rosso. L’analisi dimensionale delle pietre ha permesso di riconoscere una certa standardizzazione nella scelta dei supporti calcarei utilizzati. La distribuzione areale delle pietre dipinte permette di riconoscere all’interno del più antico livello di frequentazione (Us 65/15a) una fascia preferenziale di concentrazione orientata secondo un’asse est-ovest e disposta a ventaglio a partire dalla zona ingresso della struttura abitativa sub-circolare. all’interno della fascia, la frequenza delle pietre dipinte non è omogenea ma mostra un forte incremento nu- merico in prossimità delle strutture a fossa s1 e s2. al momento del ritrovamento gran parte delle pietre è stata rinvenuta capovolta con la faccia decorata rivolta verso il basso (75%). I dati presentati suggeriscono che nel più antico livello di occupazione del riparo è stata delimitata un’area, dove sono state svolte azioni di tipo rituale. Sebbene la complessità del rito ci sfugga, i dati finora acquisiti suggeriscono un’organizzazione degli spazi la cui intenzionalità potrà essere meglio evidenziata con il proseguimento e l’ampliamento degli scavi.

sUmmarY - The ochre painted stones from the Dalmeri Rockshelter. Development of the research on the art and the rituality of the Epigravet- tian site -The Dalmeri rockshelter is located at 1250 mt. a.s.l. on the northern edge of the Piana della marcesina (Grigno - altopiano dei sette Comuni - Trentino). From 1991 the stratigraphic excavations carried out by the museo Tridentino di scienze Naturali have revealed a sequence of anthropic levels datable to the recent epigravettian. The interdisciplinary research has allowed us to reconstruct part of the spatial organisa- tion of the site and the resources exploitation of the mountain environment by the epigravettian hunter-gatherers. Two principal dwelling phases can be identified in the anthropic levels. The first, dated at about 13.200 years 14C cal BP, represents the most ancient human dwelling phase (Us 65/15a) and is strictly connected to the location of about 220 stones painted with red ochre. The second phase, dated at about 13.000 14C cal BP, corresponds to the dwelling surfaces 26c and 26b that conserved evident structures (hearths) and latent ones (subcircular structure interpreted as a hut). The paintings in red-pigment (hematite) were carried out on oolitic grainstone from the natural landslide which took place before the human settlement occupation. The restoration of these paintings yielded different types of figures: zoomorphic, signs, anthropomorphic, hands, composite figures on both sides and diverse types of stones with red pigment traces. The dimensional analysis of the stones revealed a certain standardisation in the choice of the calcareous supports used. The spatial distribution of the painted stones highlighted a preferential belt of con- centration orientated on an east-west axis inside the most ancient settlement level (Us65/15a). The present data suggests that an area had been marked off in this most ancient settlement level of the rockshelter where ritual activities took place. even though the complexity of the rituals is not clear to us, the data available at this time suggests a spatial organization, which will become more evident after further excavation.

Parole chiave: riparo Dalmeri, epigravettiano recente, arte mobiliare, ocra, stili Key words: riparo Dalmeri, recent epigravettian, mobiliary art, ochre, styles

XLII Riunione scientifica dell’I.I.P.P. L’arte preistorica in Italia. Trento, Riva del Garda, Val Camonica, 9-13 ottobre 2007

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prima ricostruzione della paleo-economia, dell’organizza- zione dell’abitato e della funzionalità del sito. Negli ultimi sette anni, a seguito della scoperta di un rilevante numero di pietre dipinte in ocra rossa che provengono dalla base del deposito antropico, con raffigurazioni naturalistiche e schematiche in ocra rossa, si è aperta una nuova e comples- sa prospettiva di ricerca relativa all’arte e alla spiritualità epigravettiana (Dalmeri et al. 2006). Nell’Italia nord-orien- tale, le testimonianze artistiche sono rappresentate esclusi- vamente da arte mobiliare e provengono principalmente da tre depositi, Riparo Tagliente, Riparo Villabruna e Riparo Dalmeri, quest’ultimo attribuito all’interstadio di allerød.

alcune osservazioni stilistiche sull’arte mobiliare di riparo Dalmeri sono state precedentemente formulate sulla base delle pietre provenienti dalle campagne di scavo 2001 e 2002 (Dalmeri et al. 2002; Broglio & Dalmeri 2005). Una prima contestualizzazione a livello regionale della produ- zione mobiliare di riparo Dalmeri è stata proposta da a.

Broglio e C. montoya (Broglio & Dalmeri 2005). Gli autori evidenziano una buona affinità stilistica tra i siti di Riparo Dalmeri e di Riparo Villabruna per quanto riguarda la pro- duzione di figure naturalistiche e dei motivi schematici. Nel presente lavoro, le pitture di riparo Dalmeri non saranno analizzate solo per la loro valenza stilistica o per le tecniche utilizzate, ma saranno viste come rappresentative di gesti e di concezioni ideologiche. L’entità numerica e la varietà tipologica e stilistica delle pietre dipinte giustificano la loro elaborazione spaziale e permettono di sviluppare l’ipotesi che esse non siano state posizionate in modo causale, ma secondo una concezione ideologica. L’asse di riflessione che struttura questo lavoro verte sul contesto archeologico di ritrovamento delle pietre dipinte, proponendo una chia- ve di lettura basata sull’analisi delle relazioni spaziali che intercorrono tra esse. Questa strutturazione dello spazio tramite opere d’arte mobiliare difficilmente trova paragoni con altri siti europei.

2. IL SITo ePIGRaVeTTIaNo 2. 1. Il deposito stratigrafico

Gli scavi stratigrafici, tuttora in corso, hanno messo in luce un deposito antropico, datato 14C alla fase terminale del Paleolitico superiore e riferibile alla cultura dell’epi- gravettiano recente. Il riparo si apre alla testata di una piccola valle periglaciale, tributaria del profondo canyon della Valsugana, solcato dal Fiume Brenta (circa 250 me- tri s.l.m.). La morfogenesi del riparo è dovuta all’erosione differenziale del substrato calcareo stratificato (litofacies oolitica della Formazione Giurassica di rotzo) per l’azione combinata della dissoluzione carsica e di processi crioniva- li durante l’ultimo massimo glaciale (Dalmeri et al. 2005, 2006). Il riparo sottoroccia è esposto a Ne e si estende per 30 m in direzione NNW-sse con aggetto massimo di circa 7 m e altezza attuale di 4 m. La successione stratigrafica del riparo, che interessa l’arco cronologico tra la fine del Pleistocene superiore e l’Olocene, ha uno spessore com- plessivo di circa 4,5 m ed è stata suddivisa, dal basso verso l’alto, nei seguenti complessi stratigrafici:

1. Brecce crioclastiche associate a frazione fine (UUSS 54, 53, 52, 51). Questo gruppo di unità, datate a 13.590-13.250 14C cal BP 2σ è coperto da una brec-

cia (UUss 15b, 50).

2. strutturazione con pietre dipinte. Questa fase, com- prendente le UUss 74, 15a, 65, 26d-e, rappresenta i momenti iniziali dell’occupazione umana. La più antica struttura individuata, situata presso la linea dell’aggetto, è l’Us 74, un accumulo di blocchi di crollo, alla cui sommità è stata rinvenuta la grande pietra con antropomorfo rD 211. Tale struttura è parzialmente coperta dall’Us 65, una breccia a ma- trice organica e a forte componente antropogenica (industria litica, resti faunistici e carboni), che pres- so la linea dell’aggetto raggiunge uno spessore mas- simo di 55 cm, mentre si esaurisce verso l’interno del riparo. L’occupazione umana durante la fase del- la strutturazione con le pietre dipinte è testimoniata anche dalla presenza di due focolari nell’area est e da un primo approntamento di una struttura abitativa con il diametro di 4 m. Questo momento di occu- pazione è definito tramite tre date: 13.410-13.210, 13.300-13.120 e 13.300-12.940 14C cal BP 2σ.

3. suoli sepolti di origine antropica (UUss 26c, 26b-14) che si sviluppano su un parent material costituito da una breccia crioclastica (Us 15b), arricchiti da matri- ce franco limosa, micacea, nerastra, molto organica con abbondanti materiali litici, manufatti in osso e re- sti faunistici in giacitura orizzontale. Nell’area ovest, queste unità hanno uno spessore medio tra 5 e 10 cm e si estendono dai Q. 39 H÷N ai Q. 45 H÷N per circa 35 mq. L’attribuzione cronologica dei livelli 14/26b e 26c, datati radiometricamente a 13.310-12.940 e 13.130-12.900 14C cal BP 2σ , è in accordo con i caratteri tecno-tipologici dell’industria litica, tipici dell’epigravettiano recente.

4. La sequenza superiore è formata da una serie di brecce a prevalente supporto di matrice limosa (UUss 2-21).

2. 2. Le ricerche interdisciplinari

Dal 1991 fino ad oggi, le ricerche interdisciplinari finalizzate alla ricostruzione del paleoambiente, alla com- prensione della paleoeconomia e dell’organizzazione spa- ziale del sito sono state principalmente effettuate a partire dal materiale archeologico dei livelli 26c e 26b-14. La ri- costruzione paleoambientale indica un ambiente aperto di prateria alpina, dove iniziavano a svilupparsi alcune aree boschive a pino e larice (Bertola et al. 2007; Broglio &

Dalmeri 2005). L’analisi archeozoologica ha evidenzia- to un’economia specializzata nella caccia allo stambecco, che rappresenta circa 90% dei resti faunistici determinabili.

altri animali, come cervo, capriolo e camoscio e in modo più sporadico orso e tasso, sono stati cacciati e macellati dai gruppi umani che hanno frequentato il sito (albertini &

Tagliacozzo 2004; Cassoli et al. 1999; Fiore & Tagliacozzo 2005 ). La rappresentazione dei resti anatomici di stambec- co, l’analisi delle strie di macellazione e dei coni di percus- sione documentano che le carcasse erano lavorate all’in- terno del riparo e che esso era periodicamente pulito dai frammenti più grandi. L’analisi archeozoologica suggerisce un’intensa frequentazione umana stagionale del riparo, nel periodo estate-autunno, evidenziando inoltre il ruolo della caccia agli uccelli, come indicano alcune strie da strumento litico su un omero di galliforme, e dell’attività di pesca. I

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resti di pesce, che sono principalmente rappresentati da bar- bo e cavedano e in modo minore da trota, temolo e luccio, permettono di ipotizzare attività di pesca nel fiume Brenta.

Questi ultimi dati suggeriscono che l’ampio territorio sfrut- tato dai cacciatori di riparo Dalmeri comprendeva non solo le praterie alpine dell’altopiano attorno ai 1.200-1.350 m s.l.m. e le foreste di conifere, situate a quote leggermente inferiori, ma si estendeva fino al fondovalle del fiume Bren- ta, alla quota attuale di circa 200 m.

Le strutture d’abitato individuate nei suoli d’abita- to 26b-14 e 26c permettono di tracciare un primo quadro parziale dell’organizzazione spaziale del sito. In questa porzione del sottoroccia, è stato possibile identificare in fase di scavo una lieve depressione topografica circolare di oltre 4 m di diametro delimitata da un cordone di pietre, frammiste a resti litici e faunistici. Lungo questo cordone di pietre, che presentava un’interruzione verso est, è stata riconosciuta una buca di palo. L’area interna della struttura conservava altre tre buche di palo e alcune lievi depressioni topografiche, delle quali la più evidente conteneva un ac- cumulo di resti faunistici (denominato Us 46) associati a polvere d’ocra rossa. L’analisi spaziale dell’industria litica proveniente dall’area ovest del sottoroccia ha supportato l’ipotesi della presenza della struttura circolare, interpreta- ta fino ad oggi come fondo di capanna con un diametro di circa 4 m. e un ingresso verso est (Broglio & Dalmeri 2005;

Lemorini et al. 2005).

L’ampliamento degli scavi stratigrafici verso l’area esterna durante la campagna di ricerche 2006 ha permesso di individuare e scavare il riempimento di due fosse, indica- te con s1 e s2, contenenti depositi intenzionali con corna di stambecco. Queste sono da interpretarsi come depressioni naturali delimitate da grandi blocchi di distacco che si sono formate per fenomeni di soffusione, ossia per la fusione di masse di ghiaccio sepolte. Queste due strutture sono in fase con la deposizione delle pietre dipinte (Us 65) e appar- tengono quindi ai primi momenti di occupazione del sito.

La fossa s1, di forma ovale, si distingue per la quantità di materiale antropico in essa contenuto e per la complessità della sequenza dei livelli di riempimento, tra i quali quello superiore era costituito da corna di capra ibex posizionate attorno ad alcune pietre, di cui una dipinta in ocra rossa.

Le caratteristiche tipologiche dello strumentario litico trovano notevoli somiglianze con gli insiemi litici provenienti dai siti epigravettiani datati agli interstadi tem- perati di Bølling e allerød e situati in Italia settentrionale.

3. Le PIeTre DIPINTe 3. 1. Aspetti generali

all’interno dell’unità 65, è stata ritrovata la maggior parte delle pietre dipinte, mentre alcune giacciono disperse nella parte più interna del sottoroccia al tetto della breccia crioclastica (US 15a) (Fig. 1). L’elemento stratigrafico 65, che corrisponde ad una delle prime strutturazioni del piano abitativo del sito, è esteso su circa 16 mq con uno spesso- re variabile da 10 a circa 55 cm verso il margine esterno all’aggetto roccioso ed è funzionale alla deposizione rituale della maggior parte delle pietre dipinte. Questa unità è pro- babilmente connessa anche al fondo di capanna individuato presso un’ampia rientranza rocciosa della parete interna del

riparo ed è costituita da una sorta di terrazzamento regola- rizzato di pietre calcaree locali, di pezzatura piuttosto omo- genea, molte delle quali caratterizzate da pittura in ocra e disposte capovolte. Complessivamente la distribuzione del- le pietre dipinte è inseribile in una fascia di circa 30 m2, lar- ga oltre 4 m con andamento est-ovest obliquo rispetto alla parete rocciosa interna. sembra essere rispettata una con- centrazione preferenziale disposta a ventaglio, che segue grossomodo un’asse con orientamento est-ovest (Dalmeri et al. 2005, 2006). a partire dalla zona ingresso della strut- tura abitativa, l’incremento percentuale delle pietre dipinte è forte in direzione est, verso ed in prossimità delle strut- ture a fossa s1 e s2 con corna di ibex queste, in fase con le stesse pietre. Tale assetto distributivo, in corso di approfon- dimento, evidenzia nettamente una soglia di massima den- sità delle pietre dipinte in corrispondenza dei qq. 43÷47/F, soglia che delimita un’area di rispetto verso l’esterno del sottoroccia, dove sono strutturate le due fosse.

sono state eseguite delle analisi chimiche e minera- logiche sui pigmenti rossi (Broglio & Dalmeri 2005; Belli et al. 2006). Il film pittorico mostra uno spessore variabile da 15 a 80µm, originariamente coperto da laminazioni cal- citiche, presenti su molti campioni. L’analisi FT/Ir (spet- trofotometro Infrarosso) ha rivelato l’utilizzo di ematite come pigmento, confermato anche dall’analisi XrF (Fluo- rescenza raggi X). L’analisi FT/Ir ha permesso inoltre di identificare nella pellicola pittorica di 4 pietre una compo- nente organica, un composto di natura cerosa che mostra notevoli somiglianze con la cera d’api, che può aver rappre- sentato il legante di alcune pitture.

3. 2. Analisi dimensionale dei supporti calcarei dipinti È stato predisposto un abaco per poter analizzare i caratteri dimensionali più frequenti dei supporti calcarei utilizzati per la pittura (lunghezza-larghezza). L’abaco è stato applicato a 210 pietre dipinte con figurazioni e con tracce di colore, rispettando le categorie pittoriche di base:

figurazioni zoomorfe, schematiche e antropomorfe, con co- lore uniforme e quelle solo con tracce di pigmento rosso.

figurazioni zoomorfe (n. 23)

Pur tenendo presente il numero non elevato di pie- tre, all’interno di questa categoria pittorica si delinea una maggior frequenza dimensionale verso la fascia tra i 17.5- 22.5 cm di lunghezza e 12.5-17.5 cm di larghezza (n. 7 pietre). In generale, altre cinque pietre si collocano tra 12.5- 27.5 cm di lunghezza e 12.5-17.5 cm di larghezza. Un’uni- ca pietra (rD5) appare con lunghezza tra i 32.5-42.5 cm e larghezza tra i 17.5-22.5 cm. Le rimanenti sono più piccole e si inseriscono nella fascia dimensionale tra i 7.5-22.5 cm e 7.5-12.5 cm.

figurazioni non realistiche (schematiche), antropo- morfe, mani (n. 30)

all’interno delle categorie pittoriche individuate la frequenza dimensionale più evidente è rappresentata da nove pietre con lunghezza tra i 12.5-17.5 cm e larghezza tra i 7.5-12.5 cm. In generale, altre sei pietre si collocano tra i 12.5-22.5 cm di lunghezza e 12.5-17.5 cm di larghezza.

Un’unica pietra (rD211) appare con lunghezza tra i 32.5- 42.5 cm e larghezza tra i 22.5-27.5 cm. Le rimanenti sono più piccole e si inseriscono nella fascia dimensionale <7.5-

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22.5 cm di lunghezza e <7.5-12.5 cm in larghezza.

pietre con colore in ocra uniforme (n. 36)

all’interno della categoria pittorica indicata non si riconosce una particolare frequenza dimensionale, si nota invece una tendenza generale verso le dimensioni minori.

Quindici pietre si inseriscono tra i 7.5-12.5 cm di lunghezza e <7.5-12.5 cm in larghezza.

pietre con tracce di colore (n. 121)

In questa consistente categoria pittorica si nota una tendenza generale delle pietre verso dimensioni marcata- mente piccole. Una maggior frequenza dimensionale appa- re tra i 7.5-12.5 cm di lunghezza e <7.5-7.5 cm in larghez-

za, con 40 supporti calcarei. altre 40 pietre si inseriscono nella fascia tra i 7.5-17.5 cm di lunghezza e 7.5-12.5 cm in larghezza. Un’unica pietra appare con lunghezza tra i 32.5- 42.5 cm e larghezza tra i 22.5-27.5 cm.

In sintesi, all’interno delle quattro categorie pittori- che si riconoscono due significative tendenze dimensionali.

Le pietre con raffigurazioni zoomorfe e schematiche han- no dimensioni medio-grandi, con lunghezza da 7.5 a 22.5 cm e larghezza da 7.5 a 17.5 cm, mentre quelle con colore uniforme o solo tracce, sono più piccole, con lunghezza da

<7.5 a 17.5 cm e larghezza da <7.5 a 12.5 cm. Ne consegue anche una certa standardizzazione nel peso.

L’analisi porta a delle considerazioni importanti Fig. 1 - ripartizione areale delle pietre dipinte nelle Unità 65 e 15a, in relazione alle due fosse di origine antropica. Nel riquadro la rap- presentazione pittorica rD211 e la sua collocazione nel quadrato 46F.

Fig. 1 - Localisation of the painted stones in U.S. 65 and 15a, in connection with the two anthropic pits S1, S2.

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per quanto riguarda la scelta delle pietre impiegate per la pittura:

- traspare un grado di standardizzazione nella scelta dei supporti calcarei utilizzati per le principali cate- gorie pittoriche;

- sembra di riconoscere una chiara intenzionalità nella scelta dimensionale del supporto calcareo adibito ad accogliere pitture “importanti o meno”, indicativa- mente dettata anche dalle caratteristiche morfolo- giche del supporto stesso, unitamente alla tipologia delle facce.

4. Le PITTURe: TIPoLoGIa FIGURaTIVa e sFrUTTameNTO DeL sUPPOrTO

Le pietre prese in considerazione con le varie raffi- gurazioni pittoriche sono 217 (Fig. 2). I dati sono aggior- nati alla campagna di scavo 2005. sono state individuate finora 11 categorie di pitture in ocra rossa o associazioni più o meno complesse, indicate di seguito in rapporto alla loro frequenza:

1) tracce di colore su una o più facce, 2) colore uniforme su una o più facce, 3) figurazioni zoomorfe, 4) figurazioni schematiche o segni, 5) figure antropomorfe, 6) colore associato a tracce di utilizzo, 7) rappresentazioni composite su due facce, 8) figurazioni di mani, 9) colore associato a incisioni, 10) colore a bassorilievo,11) colore associato a incisioni lineari e lustrature marginali.

spiccano per l’elevato numero (n. 121) quel- le pietre con solo tracce di pittura in ocra, disposta su una o più facce. meno presenti sono quelle con colore uniforme, posto sempre su una o più facce (n. 34). Le pietre con figurazioni zoomorfe e schematiche sono ben rappresentate, rispettivamente con 23 e 19 esemplari. se- guono 7 supporti calcarei con antropomorfi: una presen- za rilevante considerando la particolare tipologia figu- rativa. Le altre categorie di pitture si attestano su valori numericamente più bassi.

4. 1. Raffigurazioni zoomorfe

Le raffigurazioni zoomorfe complessivamente sono 25 (Fig. 3). Nello schema proposto evidenziamo le ten- denze più rappresentative. C’è un rapporto univoco pietra- raffigurazione, raramente nella stessa pietra sono rappre- sentate due figure sulla stessa faccia o su facce adiacenti.

L’orientamento prevalente dell’animale è quello a sinistra con 18 esemplari; le figure con corna più o meno esalta- te sono le più rappresentate (n. 17), così come le figure in atteggiamento statico (n. 19). Le pietre con figure zoomor- fe sono 23. Prevalgono largamente quelle integre (n. 17).

Rispetto alla superficie della pietra (faccia), la posizione dell’animale è spesso centrale (n. 16), con preferenza per le superfici concave e convesse. Questa scelta, probabilmente motivata, conferisce a volte una certa plasticità alla figura.

La maggior parte delle pietre era disposta con la superficie dipinta capovolta (n. 16).

Fig. 2 - Le varie cate- gorie pittoriche ricono- sciute.

Fig. 2 - Various identi- fied pictorial typologies.

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4. 2. Raffigurazioni non realistiche (schematiche) La tipologia delle raffigurazioni non realistiche (schematiche) è piuttosto varia (Fig. 4). Finora questa ca- tegoria è rappresentata da 24 elementi. In sintesi le figura- zioni simboliche possono essere ricondotte a forme ovali semplici o complesse, fasce, motivi geometrici angolari, quadrangolari, associazione di triangoli, composizioni line- ari, stelliformi, tratti lineari o curvi, in rilievo o associati a sottili incisioni lineari.

Le figure non realistiche sono ripartite su 27 pietre, rare sono quelle ricorrenti (anello ovale, banda curva, frec- cia, stelliforme). L’anello ovale è presente ben su quattro pietre diverse. Pietre integre e frammentate numericamente si equivalgono. La posizione del motivo dipinto è spesso centrale (n. 15), con preferenza per la superficie piana (n.

16). anche in questo caso prevalgono quelle pietre disposte con la faccia dipinta orientata verso il basso (n. 15).

4. 3 Raffigurazioni antropomorfe

Le raffigurazioni antropomorfe sono 7, di due tipo- logie stilistiche (Fig. 5). Due sono di tipo naturalistico- ve- rista e 4 appartengono alla sfera simbolico/schematica. Le pitture sono state realizzate su 7 supporti calcarei, con pre- ferenza per la superficie piana.

4. 4. Altre osservazioni

Prevalgono con il 63,4 % le pitture presenti su un’uni- ca faccia del supporto calcareo. seguono quelle realizzate su una faccia e sul bordo (23,9 %). Le rappresentazioni pittori- che poste su due o più facce sono poco frequenti. Conside- rando poi la morfologia delle superfici decorate, prevale la pittura su faccia piana (51,8 %), con un numero significativo di pitture realizzate anche su superfici convesse e concave (19,8 e 18,3 %). Le pietre che hanno conservato una sorta Fig. 3 - Tipologia delle raffigurazioni zoomorfe.

Fig. 3 - Typologies of the zoomorphic figures.

Fig. 4 - Tipologia delle raffigurazioni non realistiche (schematiche).

Fig. 4 - Typologies of the unrealistic figures: schematics or signs.

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di simbolo di riconoscimento o “marchio” pittorico sulla faccia opposta a quella dipinta, in genere posto in posizione centrale, sono 24 su 145 esaminate. La tipologia del “mar- chio” varia da semplici chiazze d’ocra, a punti ben delineati, o simboli complessi (“ramiforme”, “cruciforme”). Le pietre dipinte che presentano tracce di alterazione termica sono 15 sulle 195 prese in considerazione.

5. DIsPOsIZIONe TOPOGraFICa e OrGaNIZZaZIONe DIFFereNZIaTa DeLLe PIeTre DIPINTe

5. 1. Prime osservazioni sulla collocazione topografica L’areale di distribuzione delle pietre dipinte corri-

Fig. 6 - Organizzazione delle pietre dipinte nello spazio. modello di distribuzione areale in relazione alla disposizione della pittura, sup- portato da una sezione a banda.

Fig. 6 - Location of the painted stones, with the indication of the painted faces position.

Fig. 5 -Tipologia delle raffigurazioni antropomorfe.

Fig. 5 - Typologies of the anthropomorphic figures.

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sponde ad una fascia di circa 30 m2, larga oltre 4 m con andamento est-ovest, obliquo rispetto alla parete rocciosa interna (Dalmeri et al. 2005, 2006) (Figg. 6, 7). sembra es- sere rispettata una concentrazione preferenziale disposta a ventaglio, che segue grossomodo un’asse con orientamento est-ovest. a partire dalla zona ingresso della struttura abita- tiva circolare, l’incremento percentuale delle pietre dipinte è forte in direzione est, verso ed in prossimità delle strutture a fossa s1 e s2, che sono in fase con le stesse pietre. È ri- conoscibile inoltre una soglia caratterizzata da una elevata densità di pietre dipinte in corrispondenza dei qq. 43÷47/F.

Questa soglia sembra delimitare un’area di rispetto verso l’esterno del sottoroccia, dove sono strutturate le due fosse.

In merito all’orientamento, le pietre deposte capovolte si attestano attorno al 75 %, seguono in netta minoranza (19,7

%) le pietre dipinte rilevate con la faccia decorata rivolta verso l’alto e numericamente scarse sono quelle disposte in verticale o in obliquo. Labili concentrazioni di pietre in posizione non capovolta sono riscontrabili all’interno della struttura abitativa sub-circolare e nei qq 43-44/F-G.

all’interno dell’Unità 65, con spessore variabile da 10 a circa 55 cm, è stata ritrovata la maggior parte delle pie- tre con ocra, mentre alcune giacevano disperse nella parte più interna del sottoroccia al tetto della breccia crioclastica (Us 15a). Proprio l’elemento stratigrafico 65 corrisponde ad una delle prime strutturazioni del piano abitativo del sito, estesa

su circa 16 mq e funzionale alla deposizione “rituale” di gran parte delle pietre dipinte. Nel consistente incremento di spes- sore della stessa Unità a partire dall’ingresso della struttura sub-circolare, in estensione verso l’esterno del riparo, è stato possibile identificare sei gruppi di sovrapposizioni di pietre con pitture, a volte riconducibili ad una sorta di accatasta- menti intenzionali, connessi alla strutturazione di origine an- tropica di Us 65. Questi “nuclei” di concentrazione di pietre dipinte con varie raffigurazioni in ocra rossa saranno oggetto di uno studio approfondito, che includerà altre 50 pietre con tracce di pittura recuperate nei qq 41-42/F-G durante la cam- pagna di scavo 2007 e attualmente in fase di restauro.

5. 2. Organizzazione delle pietre, differenziata per tipologia raffigurativa

Collocazione delle pietre con raffigurazioni zoomorfe La dislocazione delle pietre con figurazioni zoomor- fe riflette la fascia preferenziale di concentrazione di tutto il complesso pittorico costituito da pietre con pittura in ocra rossa, disposta a ventaglio a partire dalla zona d’ingresso della struttura abitativa sub-circolare e orientata est-ovest.

alcune pietre sono affiorate presso la parete rocciosa e ne- gli spazi interni della grande struttura, mentre l’incremento numerico più consistente appare in direzione est, a circa 6 m dalla roccia, verso ed in prossimità delle strutture “a Fig. 7 - Organizzazione delle pietre dipinte nello spazio. modello di distribuzione areale in relazione alla tipologia pittorica, supportato da tre sezioni a banda. sono riconoscibili sei nuclei di concentrazione (a÷F).

Fig. 7 - Location of the painted stones distinguished by pictorial typology

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fossa” s1 e s2. Non è possibile cogliere un’orientazione o disposizione preferenziale degli animali dipinti.

Collocazione delle raffigurazioni non realistiche (schematiche)

anche le figurazioni non realistiche o schematiche rispecchiano i comportamenti e le tendenze distributive generali. Permane l’incremento numerico in direzione est, dove la soglia di massima distribuzione è confermata in corrispondenza dei settori F-G. Non si notano significative associazioni di pietre con tipologie figurative similari.

Collocazione degli antropomorfi e mani

Le pietre con chiare raffigurazioni antropomorfe o comunque che riportano elementi legati alla figura uma- na sono dislocate di preferenza verso la fascia di massima concentrazione dei dipinti mobiliari, quindi verso l’esterno del sito, alcune nelle immediate vicinanze della grande pie- tra con l’antropomorfo rD211 (qq. 46F-G). Quest’ultima, posta su un tumulo artificiale costituito da altre pietre, in posizione limite e sensibilmente elevata rispetto alle altre, costituisce sicuramente un elemento centrale del “comples- so rituale” e potrebbe aver in qualche misura condizionato l’organizzazione spaziale o i sistemi di deposizione delle altre figurazioni pittoriche.

6. CoNCLUSIoNI e PRoSPeTTIVe DI rICerCa

Durante gli ultimi quaranta anni, è stato possibile aprire un ampio dibattito sul significato e l’interpretazione dell’arte parietale. Nougier (1985) ha posto l’accento sul ruolo funzionale dell’atto pittorico, parlando di arte propi- ziatoria per la caccia. Laming-emperaire (1962) e Leroi- Gourhan (1965) tentarono di comprendere quale sistema reggeva la traduzione grafica delle concezioni ideologiche, che, secondo gli autori, sono state espresse nella compo- sizione pittorica di una grotta. Lewis-Williams(2002) ha ipotizzato che alcuni gruppi umani del Paleolitico superio- re praticassero una forma di sciamanesimo. Contrariamen- te all’arte parietale, l’arte mobiliare è rimasta ai margini di tale dibattito, perché la maggior parte dei ritrovamenti, frutto di scavi non stratigrafici, è priva di un’appropriata documentazione archeologica. Tra i rari siti che hanno re- stituito oggetti d’arte mobiliare contestualizzati, citiamo il giacimento di Gönnersdorf nella Germania settentrionale (Bosinski 1990) e la grotta di enlène nell’ariège (Clottes 1999). L’ipotesi dell’abate Breuil, ripresa successivamente da Lorblanchet (1995), attribuisce all’arte mobiliare una funzione simile a quella che avrebbe avuto l’arte parieta- le, ovvero quella di rappresentare dei “sanctuaries à parois mobiles”. m. Conkey (1980), fornendo un’interpretazione differente dei siti ricchi di placchette dipinte o incise, ha ipotizzato che essi rappresentassero luoghi d’aggregazione stagionale (aggregation sites), dove i cacciatori-raccoglito- ri, dispersi in tutta la regione, si raggruppavano, attivando così un complesso sistema di comunicazione.

a riparo Dalmeri è stata riconosciuta una disposizio- ne rituale delle pietre dipinte nel sito, all’interno della qua- le il grande antropomorfo rD 211 occupa una posizione di rilievo, assolvendo sicuramente ad una funzione ideologica centrale (Dalmeri et al. 2005, 2006). Il corpus dei dati ar-

cheologici permette di ipotizzare che i gruppi umani epigra- vettiani abbiano concepito uno spazio sacro, delimitandolo attraverso la deposizione di pietre dipinte contraddistinte da una forte unità tecnico-stilistica. Fino ad oggi è possibile ri- conoscere solo alcune azioni, che probabilmente erano parti integranti di un rito più complesso: la scelta e il prelevamen- to della pietra dalla breccia in sito, l’atto pittorico e la sua collocazione con la superficie decorata orientata verso il bas- so. La sovrapposizione fisica delle pietre (“nuclei di concen- trazione”) indica la ripetitività del gesto rituale e suggerisce che il capovolgimento e quindi l’occultamento dell’immagi- ne fossero parte integrante del rito. a sostegno di quest’in- terpretazione, alcune pietre presentano un piccolo segno di riconoscimento sulla superficie visibile. In questo contesto, particolarmente significativa è la grande figura umana, for- se maschile, denominata rD 211, che sembra aver assunto un ruolo centrale all’interno della strutturazione delle pietre dipinte. Questa interpretazione deriva dalle seguenti consi- derazioni: le dimensioni del dipinto notevolmente superiori a tutti gli altri, la postura ieratica della figura, la collocazione su di un accumulo artificiale di blocchi calcarei in posizione più elevata rispetto alle altre pietre dipinte. a conferma di ciò, tale pietra posta in giacitura capovolta era rimasta visi- bile, a differenza delle altre, anche nei successivi momen- ti di frequentazione, quando era in corso un ripristino della struttura abitativa. Questo suggerisce che la pittura rD 211 abbia rappresentato un punto di riferimento anche per chi ha frequentato il sito durante le fasi 14-26b e 26c e che questa relazione sia rimasta immutata fino all’abbandono. Secondo la nostra interpretazione, questa originale espressione pitto- rica documenta una trascrizione spaziale di una complessa concezione ideologica. all’interno di questa rappresentazio- ne un essere umano sembra aver giocato un ruolo centrale, il cui significato ancora ci sfugge. Non esistono gli elementi per ipotizzare se la deposizione della pietra rD 211 fosse finalizzata ad onorare un individuo presente nella memoria collettiva o in un mito oppure ancora se si trattasse di un indi- viduo fisico probabilmente appartenuto al medesimo gruppo umano di chi ha dipinto e deposto le pietre.

È indispensabile rimarcare nuovamente l’affinità stilistica tra le pietre di riparo Dalmeri e l’arte espressa dai cacciatori epigravettiani che hanno frequentato il sito di Riparo Villabruna nella non lontana Val Cismon (Berto- la 2007; Broglio & Dalmeri 2005). Due delle cinque pietre dipinte in ocra rossa rinvenute in questo riparo denotano delle somiglianze stilistiche con le pitture di riparo Dal- meri. Particolarmente significativa è l’analogia composi- tiva tra la pietra n. 2 di Riparo Villabruna che conserva un complesso motivo “iperantropomorfo” e la rD 82 di Riparo Dalmeri. Se al Riparo Villabruna il record archeo- logico suggerisce che i cacciatori abbiano deposto le pie- tre per onorare una sepoltura, a riparo Dalmeri l’ipotesi interpretativa è tuttora aperta.

L’ampliamento degli scavi stratigrafici verso l’area esterna, che non è stata ancora indagata, potrà fornire nuovi elementi interpretativi. Particolare attenzione sarà dedicata allo studio dei “nuclei di concentrazione” delle pietre dipin- te e dei depositi intenzionali delle fosse di probabile origine rituale (Fig. 7). Il proseguimento delle ricerche interdisci- plinari avrà, tra gli altri obiettivi, quello di precisare quale relazione cronologica e funzionale sia intercorsa tra la fase di deposizione delle pietre dipinte e le successive fasi rap- presentate delle due superfici d’abitato 26b-14 e 26c.

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