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Capitolo 4 Descrizione della parte sperimentale

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Descrizione della parte

sperimentale

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4.1 Introduzione

Questa sezione è dedicata alla descrizione della parte sperimentale del lavoro di tesi. Si riassume lo studio, la sequenza di prove sperimentali ed i risultati conseguiti nelle prove preliminari che hanno portato alla misura delle isoterme di adsorbimento delle microemulsioni bicontinue del sistema ternario didodecil dimetil ammonio bromuro / acqua / tetradecano a contatto con soluzioni di ioni cromato.

Lo studio è stato sviluppato in tre fasi.

Scelta della microemulsione e relativa preparazione.

Ricerca ed ottimizzazione del sistema di contatto tra microemulsioni e soluzioni acquosa.

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4.2

Scelta della microemulsione e relativa

preparazione

In questo lavoro di tesi è stato scelto il sistema ternario didodecil dimetil ammonio bromuro / acqua / tetradecano; questo sistema risponde in maniera ottimale a tutti i requisiti necessari. Il DDAB è un sale di ammonio quaternario che presenta un parametro critico di impacchettamento v/a0lc ≈

1, condizione necessaria per l’esistenza di una microstruttura bicontinua

[50]. Il Tetradecano, avendo una catena idrocarburica più lunga delle catene

del tensioattivo, conferisce al diagramma di fase caratteristiche particolari che garantiscono un ampio range di composizioni in cui si ha struttura bicontinua.

Per identificare la composizione ottimale della microemulsione da utilizzare nelle fasi successive di studio è stato necessario, in primo luogo, analizzare alcuni punti del sistema ternario per verificare l’attendibilità dei diagrammi di fase reperiti in letteratura e per avere una panoramica dell’evoluzione della microstruttura del sistema scelto, al variare della composizione.

Il diagramma di fase del sistema DDAB / acqua / tetradecano è stato esplorato in relazione ad alcune caratteristiche macroscopiche (aspetto, densità, viscosità, stabilità a contatto diretto con l’acqua) delle principali fasi omogenee da esso esibite. Sul diagramma, reperito in letteratura [50],

(Figura.4. 3) sono stati scelti punti rappresentativi di ognuna delle regioni monofasiche aventi microstruttura caratteristica. Ogni punto analizzato è caratterizzato univocamente dalla terna di valori della composizione percentuale in peso. Unitamente ai valori di composizione, nelle Tabella.4. 1-Tabella.4. 5, sono riportati i valori S/W (grammi di DDAB su g acqua) e

(4)

la percentuale in peso di tetradecano, corrispondenti alla composizione di ogni punto studiato. Il parametro S/W indica la linea a rapporto in peso tensioattivo acqua costante; tale linea congiunge il vetrice dell’olio puro con l’asse DDAB – acqua. Per la regola della leva, valida nei diagrammi di fase ternari, questa linea interseca l’asse DDAB/acqua nel punto corrispondente al rapporto in peso S/W. Il secondo parametro indica la linea a percentuale in peso di olio costante. Tale linea è parallela all’asse DDAB/acqua ed interseca l’asse olio/acqua nel valore corrispondente alla percentuale in peso di olio nel sistema. Questi due parametri permettono una diretta visualizzazione dei punti studiati.

(5)

4.2.1 Diagramma di fase DDAB / Acqua / Tetradecano

Il diagramma è dominato da una estesa regione centrale chiamata L2.

Questa regione è stata oggetto di molti studi atti a determinarne la microstruttura e come essa varia al variare della composizione [50], [51], [53].

Generalmente, nei sistemi DDAB/acqua/olio si osserva che la microstruttura all’interno della regione L2 è bicontinua soltanto per alti

valori del rapporto S/W [50]. Le misure di conducibilità elettrica delle

microemulsioni unite alle analisi effettuate mediante le tecniche di scattering, mostrano che all’aumentare del volume d’acqua il dominio acquoso tende a disconnettersi [53]. C’è un valore critico del rapporto S/W

al di sotto del quale i valori di conducibilità cadono bruscamente poiché l’acqua viene segregata dal tensioattivo in micelle inverse e la microstruttura assume la forma di una microemulsione di acqua in olio. Fenomeno analogo si ha mantenendo il rapporto S/W costante ed aumentando la quantità d’olio.

Il sistema DDAB/acqua/tetradecano risulta essere di particolare interesse per diversi motivi. Al contrario degli altri sistemi la regione L2 non è estesa

fino all’angolo dell’olio puro. Questo comporta che la microemulsione bicontinua, all’aumentare della quantità di olio, non si disconnette totalmente ma si smiscela in una microemulsione bicontinua in equilibrio con eccesso di olio puro prima di trasformarsi in una microemulsione a micelle inverse [50]. Inoltre, la linea a rapporto critico S/W cade al di fuori

della regione monofasica [53]. Si può quindi concludere che per il sistema

esaminato in questa tesi la regione L2 è caratterizzata in ogni suo punto da

una microstruttura bicontinua. Quello che varia è il grado di connessione. Un idea dell’organizzazione della struttura bicontinua e della variazione del grado di connessione è dato dalla Figura.4. 1.

(6)

Figura.4. 1 Progressiva disconnessione del dominio acquoso [54].

Nella Figura.4. 1 a) e b) mostrano due schematizzazioni di struttura bicontinua pienamente connessa. b) è la rappresentazione di un modello matematico complesso (D.O.C. model) che interpreta con buona correlazione i dati ottenuti da analisi di scatternig. In c) il grado di connessione diminuisce.

I limiti della regione L2 risultano essere molto sensibili alle variazioni di

temperatura [50], perciò in fase di studio è stato ritenuto conveniente

ricercare punti che non fossero troppo ai limiti della regione L2.

Oltre il confine superiore della regione L2 si ha una regione bifase in cui

è presente una microemulsione bicontinua con grado di connettività minimo in equilibrio con olio quasi puro.

a)

b)

(7)

organizzata costituita da due domini continui di acqua divisi da un bistrato di tensioattivo entro il quale è contenuto l’olio. Analisi basate su tecniche di Small-Angle X-ray Scattering e dello Small-Angle Neutron Scattering hanno trovato un buon accordo con un modello matematico che interpreta la struttura di Maddaford. Tale modello è riportato in Figura.4. 2.

Figura.4. 2 Struttura bicontinua cubica proposta da Maddaford [54].

Oltre alle regioni L2 e V2 sono presenti, nel diagramma, due piccole

regioni caratterizzate da fasi omogenee Lα1 ed Lα2, rispettivamente vicino

all’angolo dell’acqua e del tensioattivo. Nella regione Lα1 la

microemulsione assume struttura lamellare. La struttura lamellare è costituita da doppi strati di tensioattivo organizzati in lamelle e dispersi in fase acquosa; l’olio, presente in piccola quantità, occupa la regione interna del bistrato [55]. Questa regione comprende miscele binarie Acqua / DDAB

con contenuto di tensioattivo compreso tra 1 e 35%. Le miscele ternarie hanno un contenuto in Tetradecano inferiore al 3%. Vicino all’angolo del tensioattivo si formano geli cristallini sempre con struttura lamellare. Queste fasi possono essere preparate come miscele binarie tensioattivo / acqua, con contenuti d’acqua compresi tra 0.1 e 0.01%, o come miscele ternarie con un contenuto massimo di olio pari a circa il 7% [51]. La regione

Lα1 esibisce un piccolissimo tratto in cui si trova in equilibrio con olio puro

(8)

Nel triangolo olio + acqua + Lα1 si trova invece una regione in cui è

presente una microemulsione a gocce molto stabile [50].

Figura.4. 3 Diagramma di fase del sistema ternario DDAB / acqua / tetradecano [50]. D B C A S/W = 0.55 Xolio = 26.1% 80% 60% 40% 20% E

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4.2.2 Descrizione dei componenti della microemulsione

Didodecil dimetil ammonio bromuro

Il Didodecil dimetil ammonio bromuro (DDAB) è un tensioattivo cationico di formula chimica [H3C(CH2)11]2NBr e di peso molecolare di

462 g/mol. In Figura.4. 4 si riporta la struttura molecolare. La testa polare è costituita da un ammonio quaternario legata covalentemente a due metili e due catene alifatiche sature di dodici atomi di carbonio. Si presenta come un sale bianco igroscopico e farinoso. E’ stato acquistato dalla Fluka in confezioni da 50 g con purezza ≥ 98% ed è stato utilizzato tal quale.

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Tetradecano

Il Tetradecano è un idrocarburo alifatico di formula chimica CH3(CH2)12CH3 e di peso molecolare 198 g/mol. E’ un idrocarburo a

catena lineare. Ha una densità di 0.763 g/ml. Si presenta come un olio trasparente e leggermente viscoso. In Figura.4. 5 si riporta la struttura molecolare del Tetradecano.

Figura.4. 5 Struttura molecolare del Tetradecano.

Acqua deionizzata

L’acqua utilizzata è acqua deionizzata di Tipo I, con resistività, compensata a 25 °C pari a 18 MΩ·cm, ottenuta da deionizzatore Millipore®.

(11)

4.2.3 Preparazione delle fasi

Tutte le fasi sono state preparate con la seguente procedura. I componenti sono stati aggiunti consecutivamente in boccette in vetro da 20 ml munite di tappo a vite. Il tensioattivo è stato introdotto per primo pesando la quantità opportuna su bilancia analitica (precisione 0.01g). Dopo aver impostato la tara su 0 g è stato aggiunto il volume opportuno di acqua mediante micropipetta, verificando il peso corrispondente. Dopo aver impostato nuovamente la tara su 0 g è stato aggiunto il volume opportuno di tetradecano mediante micropipetta, verificando il peso corrispondente. Il sistema è stato posto in agitazione con agitatore magnetico per un minimo di dodici ore. L’errore delle micropipette è stato valutato pesando ripetutamente, su bilancia analitica (precisione 0.0001g), un volume noto di acqua deionizzata. La densità dell’acqua a 20° è stata considerata pari a 998,204g/cm3. L’errore è stato considerato pari alla media degli scarti tra le misure del peso di un dato volume e il volume stesso. L’errore massimo è risultato inferiore alla precisione della bilancia analitica utilizzata per la preparazione delle microemulsioni, perciò è stato trascurato.

Le seguenti tabelle riportano le composizioni delle fasi preparate. Tabella.4. 1

Nome Fase Coordinate

A L2 S/W = 0,55 %wt Olio = 26,07% DDAB 1,00 g %wt DDAB 26,24 % Acqua 1,82 g %wt acqua 47,69 % Olio 0,99 g %wt olio 26,07 % 3,81 g

(12)

Tabella.4. 2

Tabella.4. 3

Nome Fase Coordinate

C L α1 S/W = 0,25

DDAB 0,50 g %wt DDAB 20,00%

Acqua 2,00 g %wt acqua 80,00%

2,50 g

Tabella.4. 4

Nome Fase Coordinate

D Lα2 S/W = 6,25

DDAB 0,50 g %wt DDAB 86,21%

Acqua 0,08 g %wt acqua 13,79%

0,58 g

Tabella.4. 5

Nome Fase Coordinate

E L α1+ L α2 S/W = 1

DDAB 0,30 g %wt DDAB 50,00%

Acqua 0,30 g %wt acqua 50,00%

0,60 g

Nome Fase Coordinate

B V2 S/W = 0,55 %wt Olio = 5,02% DDAB 0,55 g %wt DDAB 33,70% Acqua 1,00 g %wt acqua 61,28% Olio 0,08 g %wt olio 5,02% 1,63 g

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4.2.4 Descrizione delle fasi

A – Fase interna alla regione L2

La composizione del punto A è stata scelta imponendo un rapporto S/W = 0.55. Questo valore è stato scelto perché simile ai punti studiati da Monduzzi [50].

La scelta della quantità di olio pari al 26,07% è derivata dalla necessità di tenersi sufficientemente lontani dalle linee di confine tra la regione L2 e

la regione V2.

Aspetto e caratteristiche della fase

La fase caratterizzante il punto A si presenta come una soluzione omogenea limpida, con una viscosità paragonabile a quella di un olio denso. Questo aspetto è in accordo con quanto riportato in letteratura [50].

Se agitata vigorosamente ingloba l’aria sotto forma di bolle la cui dimensione dipende dal grado di agitazione. La conferma che si tratta solo di un fenomeno dovuto alla presenza di bolle d’aria deriva dal fatto che, una volta centrifugata a 14000 rpm per dieci minuti, la fase ritorna ad assumere le caratteristiche iniziali. Questa fase è sensibile a cambiamenti di temperatura anche di pochi gradi, infatti, se si raffredda tende a divenire opalescente e a gelificare. Tale fenomeno è in accordo con quanto riportato in letteratura: ovvero che i diagrammi di fase per questi sistemi sono fortemente dipendenti dalla temperatura.

Comportamento a contatto diretto con l’acqua

Mescolata con l’acqua si disperde rapidamente formando una soluzione opalescente e gelatinosa, probabilmente a causa della formazione di una dispersione multifase. Centrifugando questa dispersione a 14000 rpm per

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dieci minuti si nota una stratificazione di due fasi diverse non definibili, probabilmente micelle o fasi lamellari a contatto con acqua.

E’ stata realizzata una prova di contatto con l’acqua senza agitazione. In una provetta riempita d’acqua deionizzata è stata fatta colare lungo il bordo una piccola quantità di microemulsione. Inizialmente si forma un menisco tra le due fasi ben definito, come quello che si formerebbe tra due sostanze immiscibili. Tale menisco, inizialmente ben delineato, inizia a disperdersi dopo circa 10 minuti a causa dell’interdiffusione di una fase nell’altra. Dopo circa mezz’ora il menisco si trasforma in uno strato opaco di circa un centimetro. La dinamica della prova è riassunta in Figura.4. 6.

t = 0 min. t = 2 min. t = 30 min.

Figura.4. 6 Dinamica del contatto della fase L2 con acqua.

Microemulsione

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B – Fase interna alla regione V2

La composizione del punto B è stata scelta mantenendo costante S/W = 0.55 e diminuendo la quantità d’olio dal 26,07 al 5,02% così da attraversare il confine della regione L2 ed entrare nella regione V2. La composizione

scelta è prossima a quella dei punti studiati da Maddaford [54].

Aspetto e caratteristiche della fase

La microemulsione avente microstruttura appartenente a questa regione si presenta come un gel omogeneo trasparente e limpido, molto viscoso con densità minore di quella dell’acqua. Questo aspetto trova riscontro con studi precedenti [50], [54]. Durante l’agitazione su agitatore magnetico l’aria

rimane imprigionata nella microemulsione e può essere tolta solo mediante centrifugazione.

Comportamento a contatto diretto con l’acqua

A contatto con l’acqua, in maniera analoga al caso della fase A, seppure con una dinamica leggermente più lenta, anche questo tipo di microemulsione tende a disperdersi. Per verificare ciò una piccola quantità di fase A è stata posta sulla parete di una provetta che in seguito è stata riempita di acqua deionizzata. Dopo circa dieci minuti la spinta idrostatica dovuta alla differenza di densità provoca la formazione di filamenti opachi che si stratificano progressivamente sulla superficie dell’acqua nell’arco di due ore. La dinamica della prova è riassunta in Figura.4. 7.

(16)

t = 0 min. t = 10 min. t = 180 min.

Figura.4. 7 Dispersione della fase cubica in acqua. C – Fase interna alla regione Lα1

La composizione del punto C è stata scelta sull’asse per avere una miscela binaria DDAB/acqua. E’ stato imposto un quantitativo di tensioattivo pari al 20% per tenersi al centro della regione Lα1. La

composizione è simile ai punti studiati da Evans [55].

Aspetto e caratteristiche della fase

La microemulsione avente microstruttura appartenente a questa regione si presenta come una crema biancastra densa e lattiginosa. Dopo centrifugazione a 14000 rpm per dieci min assume un aspetto del tutto simile alla fase cubica. Gli aspetti iniziale e finale collimano con quanto riportato in letteratura [55]. Questa fase ha una viscosità apparente,

intermedia tra quella della fase cubica e quella della fase bicontinua.

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D – Fase interna alla regione Lα2

Non è stato possibile preparare questa fase poiché dopo pochi minuti di agitazione, la viscosità aumenta a tal punto da bloccare l’agitatore magnetico. Per favorire la miscelazione il sistema è stato posto in un agitatore ad ultrasuoni per mezz’ora. L’agitazione ad ultrasuoni non ha prodotto nessun risultato. La prova è stata abbandonata.

E – Regione bifasica

Questa fase è stata preparata per osservare una regione bifasica.

Facendo riferimento al diagramma di fase binario in Figura.4. 8 [55] il

risultato di una miscela al 50% DDAB/acqua risulta essere un sistema costituito da due fasi lamellari in equilibrio tra loro.

Figura.4. 8 Diagramma di fase binario DDAB/acqua [55].

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Aspetto e caratteristiche della fase

La microemulsione avente microstruttura appartenente a questa regione si presenta come una crema biancastra densa e lattiginosa. Dopo centrifugazione a 14000 rpm per dieci min si nota una stratificazione di due fasi distinte. Ambedue le fasi sono opache ma con diversa intensità. In particolare la fase stratificata superiormente presenta una opacità meno marcata. Il risultato è in buon accordo con quanto riportato in letteratura

[55].

Comportamento a contatto diretto con l’acqua

(19)

4.2.5 Conclusioni

La preparazione delle fasi omogenee appartenenti al diagramma di fase DDAB / acqua / tetradecano ha fornito un’ampia panoramica sul sistema ternario. Tutte le fasi preparate hanno risposto, con buon accordo, alle descrizioni riportate nelle fonti bibliografiche. Pur non disponendo di sistemi per la determinazione delle microstrutture si può concludere dunque, con sufficiente sicurezza, che le microstrutture caratterizzanti le microemulsioni preparate corrispondono effettivamente a quelle anticipate dagli studi di letteratura.

La natura dei risultati fin qui ottenuti suggerisce di restringere il campo di studio alla sola regione L2. La motivazione di questa scelta è prettamente

tecnica. L'eccessiva viscosità delle fasi appartenenti alle altre regioni ne rende difficile l'utilizzo. Le microemulsioni appartenenti alla regione L2

hanno una viscosità intermedia tra quella dell'olio e quella dell’acqua e possono essere maneggiate con facilità.

Dalle prove di contatto con l'acqua si evince l'impossibilità di attuare un contatto diretto tra la fase acquosa e la microemulsione poiché questo comporta la dispersione di una fase nell'altra.

In tutte le prove di contatto diretto tra microemulsione ed acqua si è riscontrato il fenomeno di dispersione unito al cambiamento di fase della microemulsione. Probabilmente la microemulsione di partenza, messa a contatto diretto con l'acqua, evolve lungo la linea a rapporto S/O costante avvicinandosi verso l'angolo dell'acqua pura, infine esce dalla regione di partenza cambiando fase.

I tempi di dispersione sono maggiori per le fasi cubiche e lamellari rispetto alle fasi bicontinue.

(20)

4.3

Ricerca ed ottimizzazione del sistema di

contatto tra microemulsione e soluzione

acquosa

Questa fase del lavoro sperimentale è stata finalizzata alla ricerca di un sistema di contatto tra la microemulsione e le soluzioni acquose contenenti gli ioni cromato. Dalla fase sperimentale precedente è emersa la conclusione dell’impossibilità di realizzare un contatto diretto tra le due fasi. E’ stato quindi necessario ricercare un mezzo, da interporre tra le fasi, che permettesse l’interscambio di specie ioniche senza permettere l’interdiffusione di una fase nell’altra. Sono state testate diverse tipologie di mezzi di separazione: setti in vetro poroso, membrane di diversa natura. Per ogni materiale è stata realizzata una configurazione che permettesse le condizioni ottimali di contatto ed una perfetta tenuta.

La microemulsione utilizzata per le prove di contatto è stata scelta all’interno della regione L2 del diagramma di fase con composizione

percentuale in peso DDAB/acqua/olio pari a 26,24/47,69/26,07.

In seguito ai risultati ottenuti è stato scelto il mezzo di separazione più idoneo il quale è stato impiegato per la costruzione dell’apparato di contatto con cui sono state effettuate le successive misure di adsorbimento.

(21)

4.3.1 Prove di contatto con setti porosi

Sono state realizzate due prove di contatto con setti porosi in vetro.

La microemulsione è stata inserita in un tubo filtratore in vetro. Il tubo è stato immerso in un becker contenente l’acqua. I livelli di acqua e microemulsione sono stati aggiustati in modo da eliminare effetti di pressione idrostatica. La densità della microemulsione nella regione L2

oscilla tra 0.91 e 0.94 g/cm3; le differenze di pressione idrostatica dovute alla differenza di densità tra i due fluidi sono state trascurate.

La Figura.4. 7 mostra lo schema di contatto realizzato.

Figura.4. 9 Schema di contatto con setto poroso.

La prima prova è stata condotta utilizzando un setto a porosità elevata. La seconda prova è stata condotta utilizzando un setto a bassa porosità.

Conclusioni

I setti porosi non sono sufficienti a tenere separate le fasi. Nelle due prove si osserva una migrazione della microemulsione verso l’acqua. Questa si manifesta con la formazione di una patina opalescente sulla superficie del setto esposta lato acqua. La differenza tra le due prove è di natura prettamente cinetica. Nella prova a porosità elevata il tempo di diffusione è minore. I tempi di formazione della patina opalescente sono di 30 min. per il setto ad alta porosità e di 2 ore per il setto a bassa porosità.

Setto poroso Microemulsione

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4.3.2 Prove di contatto con membrane selettive

Le membrane selettive sono setti che permettono il flusso preferenziale di una specie chimica rispetto alle altre presenti in soluzione. Le membrane utilizzate in queste prove sono membrane idrofile a scambio ionico. E’ stata realizzata anche una prova con membrana idrofoba porosa. La ricerca è stata finalizzata a trovare una membrana che impedisse, o quantomeno rallentasse, il flusso diffusivo della microemulsione nell’acqua, permettendo tuttavia lo scambio delle specie ioniche. Il tensioattivo e l’olio che compongono la microemulsione sono molecole organiche stericamente molto ingombranti che dovrebbero diffondere con sufficiente difficoltà attraverso la struttura della membrana. Nel caso delle membrane anioniche, caricate con gruppi fissi positivi, si dovrebbe aggiungere anche la repulsione elettrostatica come ulteriore fattore frenante del tensioattivo.

Lo schema generale di contatto è stato realizzato saldando la membrana ad un tubo di vetro con una sostanza collante che garantisse la tenuta idraulica. Il tubo, riempito di microemulsione, è stato immerso in un becker contenente l’acqua. I livelli di acqua e microemulsione sono stati aggiustati in modo da eliminare effetti di pressione idrostatica.

Caratteristiche delle membrane

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Membrana anionica IonCladTM R4030.

Capacità di scambio ionico di 1 meq/g. E’ prodotta per aggraffaggio radiochimico dei gruppi funzionali su poli(tetrafluoroetilene). Ha uno spessore a secco di 70 µm. Viene fornita dal produttore, scambiata con controioni cloruro.

Membrana cationica IonCladTM R1010.

Capacità di scambio ionico di 1,2 meq/g. E’ prodotta per aggraffaggio radiochimico di catene di poli(acido p-stirensolfonico) su poli(tetrafluoroetilene). Ha uno spessore a secco di 40 µm.

Membrana idrofoba BioTrace® NT.

Questa membrana è in poli(vinildienilenfloruro). Ha un diametro dei pori di 0,1 µm ed uno spessore di 0.45 µm.

Produttore: Sybron Chemicals Inc. (Bayer company). Membrana anionica supportata IONAC® MA-3475.

Questa membrana ha una capacità di scambio ionico di 0,9 meq/g. E’ caratterizzata da gruppi funzionali fortemente ionizzati che offrono un’alta permiselettività. Viene fornita dal produttore, scambiata con controioni cloruro. E’ supportata da un telaio di garza in fibra di vetro che gli conferisce maggiore resistenza meccanica. Ha uno spessore a secco di 400 µm.

In appendice A, nella sezione Membrane, sono riportate tutte le informazioni di catalogo relative a questa membrana.

(24)

Produttore: Solvay R&S, Olland. Membrana anionica ADP.

Questa membrana ha una capacità di scambio ionico di 1,30 meq/g. E’ prodotta per aggraffaggio radiochimico di sali di ammonio quaternario su polimero perfluorinato. La membrana presenta un adeguato grado di cross-linking che gli conferisce alta stabilità. E’ stata fornita dal produttore in fogli A4 stoccati in soluzione salina 10 g/l di NaCl.

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4.3.3 Conclusioni

La membrana idrofoba manifesta la formazione di una patina opalescente sulla superficie della membrana affacciata dal lato dell’acqua dopo appena 15 min.; fenomeno che evidenzia il passaggio della microemulsione.

La membrana cationica, contrariamente ad ogni aspettativa, sembra bloccare il passaggio della microemulsione. In questa prova, dopo 5 ore di osservazione, non è stata osservata la formazione della patina. Una possibile interpretazione di questo fenomeno è che uno strato di tensioattivo ricopra, per interazione di scambio ionico, la superficie della membrana affacciata dal lato della microemulsione e blocchi il flusso. Questa membrana non può essere utilizzata nelle misure di adsorbimento poiché ostacola il passaggio degli anioni.

Le membrane anioniche hanno dato prestazioni accettabili. Pur non permettendo il completo arresto del flusso di tensioattivo verso la fase acquosa lo rallentano, garantendo un tempo di contatto massimo entro il quale non si verifica una permeazione apprezzabile della microemulsione. Il tempo massimo di contatto è stato calcolato come il tempo necessario all’intorbidimento della fase acquosa. Soluzioni torbide non possono essere analizzate con i metodi, utilizzati in questo studio, per le misure di concentrazione degli ioni cromato. I tempi di contatto massimi sono stati stimati per le diverse membrane anioniche studiate e sono riportati in Tabella.4. 6.

(26)

Tabella.4. 6 Tempi di intorbidimento delle soluzioni con membrane anioniche.

Membrana Tempo di intorbidimento

R1030 ~ 4h

R4030 ~ 4h

IONAC® MA-3475 ~ 16h

Solvay ADP ~ 96h

In seguito ai risultati sperimentali ottenuti dalle prove di contatto attraverso setti si è scelto di utilizzare le membrane anioniche come mezzo di separazione tra la microemulsione e la soluzione di ioni cromato.

(27)

4.4

Misure di adsorbimento

In questa fase del lavoro sperimentale sono state effettuate le misure delle isoterme di adsorbimento della microemulsione.

Le misure sono state condotte mettendo a contatto, tramite un apparato appositamente realizzato, costituito da due semicelle in vetro (si veda par. 4.4.3), la microemulsione e la soluzione contenente gli ioni cromato.

I diversi punti sperimentali costituenti ciascuna isoterma sono stati ricavati variando le condizioni operative del sistema: concentrazioni iniziali delle soluzioni di cromato e volumi delle soluzioni e della microemulsione.

E’ stato eseguito un adeguato numero di prove preliminari per ottimizzare il sistema di misurazione, scegliere la composizione definitiva della microemulsione da caratterizzare, stabilire, in ogni condizione di concentrazione iniziale e di volume delle fasi, il tempo necessario al raggiungimento dell’equilibrio.

Raggiunto l’equilibrio sono stati effettuati i rilevamenti di concentrazione nella soluzione e sono state ricavate le quantità di cromo adsorbite dalla microemulsione.

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4.4.1 Prove preliminari

Prima dell’effettiva misura delle isoterme sono state realizzate una serie di prove preliminari finalizzate a stabilire la configurazione ottimale del sistema:

1. sono state utilizzate le diverse membrane anioniche a disposizione. Queste prove sono state necessarie a stimare i flussi delle specie ioniche permessi dalle diverse membrane, ed il grado di impermeabilità al tensioattivo durante lo scambio ionico.

2. Sono stati variati alcuni parametri del sistema quali: composizione della microemulsione (all’interno della regione L2), pH, natura dei

controioni sulle membrane, per identificare le condizioni migliori per l’esecuzione delle successive misure delle isoterme di adsorbimento. Le prove sono state realizzate prelevando campioni a tempi crescenti per un periodo pari al tempo massimo di contatto previsto per il tipo di membrana utilizzata (Tabella.4. 6). In Appendice A sono riportate le caratteristiche delle prove eseguite ed i grafici concentrazione-tempo relativi alle prove preliminari.

(29)

L’aspetto più interessante, emerso dalle prove preliminari è che concentrazione iniziale della soluzione gioca un ruolo fondamentale sull’evoluzione della prova. Lo studio di questo aspetto è stato approfondito nella misura delle isoterme ed è discusso nel capitolo 5.

L’aumento del pH ha un leggero effetto negativo sulle proprietà adsorbenti della microemulsione, probabilmente per l’effetto competitivo degli ioni OH-, presenti in quantità maggiori a pH fortemente alcalini.

In alcune prove sono stati registrati fenomeni di risalita della concentrazione. In generale, nelle prove di adsorbimento, è stata registrata una progressiva diminuzione della concentrazione di ioni cromato in soluzione, seguita da uno stazionamento al valore della concentrazione di equilibrio. In alcune prove la concentrazione della soluzione è diminuita progressivamente col tempo, sino ad un valore minimo ed in seguito è risalita lentamente verso valori più alti. Questo fenomeno è di difficile interpretazione. Una possibile spiegazione può essere legata alla diffusione della fase organica nella soluzione. Le molecole di tensioattivo che diffondono dalla microemulsione alla soluzione, portano legati a se ioni cromato. Il fenomeno di risalita della concentrazione di equilibrio ha reso impossibile misurare l’isoterma a 52mg/l (si veda cap. 5).

Infine dalle prove preliminari è emerso che il riutilizzo delle membrane comporta una diminuzione delle prestazioni, in termini di perdita di impermeabilità al tensioattivo e rallentamento del flusso di ioni cromato. Nelle misure delle isoterme di adsorbimento sono state utilizzate membrane nuove per ogni prova.

(30)

4.4.2 Metodo di misurazione

Per misurare un’isoterma di equilibrio, occorre mettere una quantità nota, di materiale adsorbente, a contatto con un volume noto di soluzione contenente l’adsorbato, ad una data concentrazione iniziale. Atteso il tempo di equilibrio si deve procedere ad analizzare la concentrazione della soluzione, che è, appunto, la concentrazione di equilibrio del sistema. Infine si misura la quantità adsorbita dal sistema adsorbente. All’aumentare della quantità adsorbita, la concentrazione di equilibrio si porta verso valori più alti, fino a che il sistema adsorbente si satura. Per costruire l’intera curva, è prassi realizzare prove di adsorbimento batch in cui il sistema adsorbente trova a contatto con soluzioni a concentrazioni sempre maggiori. Un altro metodo è quello di lasciare invariata la concentrazione iniziale, ma variare i volumi della soluzione, o del sistema adsorbente.

Dalle prove preliminari è emerso che la concentrazione iniziale è un fattore che influenza radicalmente il comportamento della microemulsione. Perciò non è stato possibile costruire un’isoterma di adsorbimento tenendo volumi fissi e variando la concentrazione delle soluzioni.

In prima analisi, è stato deciso di realizzare una campagna di prove, per la misura delle isoterme, sviluppata attraverso progressivi incrementi di quantità adsorbite, nello stesso sistema adsorbente. Le prove sono state realizzate mettendo in contatto la microemulsione con una soluzione di ioni cromato a concentrazione iniziale C0. Atteso il tempo di equilibrio, la

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possibile stabilire la quantità di ioni cromato adsorbiti sulla membrana. Dal dato di concentrazione di equilibrio nella soluzione, e quindi dalla quantità di ioni cromato rimasti in soluzione al termine della prova, è infatti possibile risalire alla quantità di ioni cromato adsorbiti dal sistema membrana + microemulsione. Non si ha alcuna informazione su come, il Cromo adsorbito, si distribuisca fra i due elementi. Non potendo analizzare, per via spettrofotometrica, la microemulsione, per problemi di interferenze ottiche dovute all’opacizzazione delle miscele acqua microemulsione, è stato necessario disporre di una metodologia sperimentale che permettesse di ottenere le informazioni relative al coefficiente di ripartizione tra membrana e microemulsione.

La procedura definitiva che ha permesso di condurre le misure delle isoterme riportate nel capitolo 5 è dunque la seguente. E’ stata scelta una concentrazione iniziale C0 della soluzione di ioni cromato. E’ stata

realizzata una prima prova, riempiendo la semicella da 10,45 ml con microemulsione e quella da 14,30 ml con soluzione a concentrazione C0. In

seguito sono stati introdotti, nelle semicelle, agitatori magnetici per permettere l’agitazione del sistema e diminuire i tempi necessari al raggiungimento di equilibrio. Le velocità di agitazione sono state regolate tra 5 e 7 giri/s. Le semicelle sono state tappate con gli appositi tappi e poste in agitazione mediante posizionamento su agitatori vortex come mostrato in Figura.4. 10.

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Figura.4. 10 Apparato per la misura delle isoterme.

Durante questa prova è stato analizzato l’andamento della concentrazione in soluzione, in funzione del tempo, in modo da stabilire il tempo necessario al raggiungimento dell’equilibrio. Appena due concentrazioni sono risultate uguali, in due intervalli di tempo consecutivi, è stato considerato raggiunto l’equilibrio.

La cella è stata smontata. La soluzione è stata analizzata. La microemulsione è stata conservata.

Per valutare la quantità di cromo adsorbita dalla membrana, questa è stata trattata, in matraccio tarato da 50 ml, con soluzione 1 M di KCl. Le membrane anioniche, poste in soluzioni di elettroliti, instaurano un equilibrio di scambio ionico, che nel caso particolare in esame può essere scritto come

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durante la prova. Poiché il volume del matraccio è noto con precisione, analizzando la soluzione in essa contenuto è stato possibile risalire alla quantità di ioni cromato presenti sulla membrana all’equilibrio.

Per avere conferma che tutto il cromo fosse desorbito dalla membrana, è stato ripetuto il trattamento con soluzione vergine di KCl e sono state condotte le analisi per verificare la presenza di ioni cromato. I test hanno dato sempre esito negativo.

L’interferenza del KCl nelle misure spettrofotometriche è stata valutata preparando campioni con concentrazione 1M di KCl a titolo noto di Cromo. Dalle analisi risulta che il KCl non crea interferenza.

Vista la tendenza del tensioattivo ad adsorbirsi sulla membrana, è stato necessario sciacquare abbondantemente questa, prima di sottoporla al trattamento con soluzione di KCl.

Appena prelevata dalla cella, la membrana è stata sciacquata con acqua deionizzata, mediante spruzzetta. In seguito è stata messa a bagno in un becker contenente acqua deionizzata e posta in un agitatore ad ultrasuoni per 10 min. La soluzione di lavaggio è stata scaricata e l’operazione è stata ripetuta per quattro volte. Le soluzioni di scarico, se agitate, producono molta schiuma, segno che il tensioattivo è presente all’interno della membrana o è adsorbito sulla sua superficie. Test colorimetrici sulle soluzioni di lavaggio delle membrane hanno mostrato l’assenza di cromo. Questo tutela da ipotesi di perdita di ioni cromato in fase di lavaggio. terminata la fase di lavaggio, le membrane sono state trattate in soluzione salina (KCl 1M) per un giorno. Infine, una volta desorbito il Cromo, sono state sciacquate con acqua deionizzata e riposte in soluzione 10 g/l di NaCl.

Le prove di adsorbimento, successive alla prima, sono state realizzate con la stessa procedura. Per ottenere i punti successivi al primo, è stato diminuito progressivamente il volume delle microemulsioni utilizzate,

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mentre la concentrazione iniziale della soluzione di ioni cromato è rimasta invariata. Mantenendo fissa la quantità iniziale di ioni cromato nel sistema e diminuendo il volume di microemulsione, aumenta la quantità di cromo per unità di volume del sistema adsorbente; questo permette al sistema di concentrarsi maggiormente, e permette la misura dei punti dell’isoterma più vicini alla saturazione. I tempi di equilibrio, al diminuire dei volumi di microemulsione utilizzata nella prova, diminuiscono, perciò, per le prove successive alla prima, non è stato necessario analizzare la concentrazione in funzione del tempo. Il tempo di equilibrio è stato stabilito in base al volume massimo di microemulsione utilizzato, ed è stato considerato valido per tutte le prove a volume di microemulsione minore.

Per esplorare regioni a bassa concentrazione di adsorbato nella fase adsorbente, è stato utilizzato il volume massimo di microemulsione, ed è stato diminuito il volume della soluzione.

Le membrane ADP utilizzate in ogni prova sono state ritagliate da fogli A4 di membrana vergine stoccati in soluzione 10 g/l di NaCl. I campioni di membrana sono stati sciacquati con acqua deionizzata per togliere l’eccesso di soluzione salina, asciugati su carta assorbente ed utilizzati tal quali, senza nessun tipo di condizionamento.

Per garantire una superficie di contatto, tra le fasi e la membrana, uguale in tutte le prove, è stato necessario far lavorare la cella in verticale, quando i volumi erano tali da non consentire un livello adeguato della microemulsione, o della soluzione, nella semicella (vedi Figura.4. 12 par 4.4.2).

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l’errore commesso nell’introduzione dei volumi di microemulsione. Per la stima è stata pesata la microemulsione residua nella punta e, dalla densità, è stato possibile risalire agli errori sul volume, che sono risultati sempre inferiori al 2%.

I risultati sperimentali, relativi ai punti delle isoterme di adsorbimento misurati, sono riportati nel capitolo 5.

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4.4.3 Descrizione dell’apparato di contatto per le prove di

adsorbimento

La microemulsione e la soluzione di ioni cromato sono state messe in contatto mediate una cella in vetro pirex appositamente realizzata. La cella è composta da due semicelle cilindriche aventi una flangia in vetro smerigliato e un colletto filettato per l’inserimento delle sostanze (Figura.4. 11). L’assemblamento delle semicelle avviene posizionando un disco di membrana tra le flangie. Per ottimizzare la tenuta idraulica tra le flangie e la membrana sono inseriti due o-ring in silicone. Le due semicelle sono pressate mediante una pinza in acciaio.

Figura.4. 11 Apparato di contatto per misure di adsorbimento. I volumi massimi sono stati misurati riempiendo le semicelle con acqua deionizzata fino al livello massimo utile e pesando la corrispondente quantità. La densità dell’acqua è stata considerata pari a 1 g/cm3. Il livello massimo è stato segnato e preso come riferimento. L’errore commesso nel

Semicella

Sinistra Semicella Destra

Oring Membrana

Indicatore livello massimo Tappo

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Tabella.4. 7 Volumi delle semicelle.

V [ml] errore %

Semicella piccola 10.45 5%

Semicella grande 14.30 5%

Nelle prove in cui sono stati utilizzati volumi di microemulsione o di soluzione inferiori al valore di capienza massima della cella, è stato necessario far operare questa in modo da garantire sempre la stessa superficie di contatto tra le fasi e la membrana.

Ciò è stato possibile facendo lavorare la cella a diverse inclinazioni come mostrato in Figura.4. 12.

Figura.4. 12 Utilizzo della cella nelle misure di adsorbimento. Vmax > V2 > V3 > V4.

Vmax

V2 V3

V4

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4.4.4 Descrizione dei reagenti

Cromato di Potassio

Il Cromato di Potassio è un sale giallo acceso di formula chimica K2CrO4 e peso molecolare 194.2 g/mol. E’ stato acquistato dalla Carlo Erba

Reagenti in confezione da 250 g con purezza ≥ 99% da ed utilizzato tal quale. In soluzione acquosa si dissocia nelle specie ioniche K+ e CrO4-.

L’esistenza di tali specie è fortemente influenzata dal pH della soluzione. In Figura.4. 13 si riporta il campo di esistenza delle specie ioniche originate dal cromato di potassio.

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potassio è stato utilizzato per la preparazione delle soluzioni a titolo noto da utilizzare nelle prove di adsorbimento.

Cloruro di Potassio

Il Cloruro di Potassio è un sale bianco igroscopico di formula chimica KCl e peso molecolare 74.55 g/mol. E’ stato acquistato dalla Riedel in confezione da 500g con purezza ≥ 99.8% ed usato tal quale. E’ stato utilizzato per la preparazione delle soluzioni 1M necessarie al trattamento delle membrane utilizzate dopo le prove di adsorbimento (si veda par. 4.4.2).

Difenilcarbazide

La 1-5-difenilcarbazide ha formula grezza C13H14N4O e peso molecolare

242.28 g/mol. E’ stata acquistata dalla Carlo Erba Reagenti in confezione da 25 g con purezza ≥ 99.9%. E’ stata usata come agente complessate nella misurazione delle concentrazione delle soluzioni di Cromato di Potassio (vedi par. 4.4.6).

Acido Solforico

L’Acido Solforico è stato utilizzato come acidificante nella fase di complessazione nelle misure di concentrazione delle soluzioni di Cromato di Potassio. E’ stato utilizzato Acido solforico al 96% con d20° = 1.835 g/cm3.

Acetone

L’Acetone è stato utilizzato come solvente per la Difenilcarbazide. E’ stato utilizzato Acetone ACS ISO per analisi con purezza ≥ 99.8%.

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4.4.5 Preparazione delle soluzioni stock

Soluzioni di Cromato di Potassio

Sono state preparate due soluzioni base di Cromato di Potassio dalle quali sono state ricavare per diluizione tutte le soluzioni utilizzate nelle prove.

250 ml di soluzione 0.1M (5200 mg/l di Cr) 50 ml di soluzione 1M (52000 mg/l di Cr)

Le soluzioni sono state preparate pesando la quantità opportuna di sale su bilancia analitica. Il sale è stato disciolto in un becker e la soluzione è stata portata a volume in un matraccio tarato.

Soluzioni di Cloruro di Potassio

Sono state preparate soluzioni di Cloruro di Potassio ed utilizzate tal quali.

50 ml di soluzione 1M.

Le soluzioni sono state preparate pesando la quantità opportuna di sale su bilancia analitica. Il sale è stato disciolto in un becker e la soluzione è stata portata a volume in un matraccio tarato.

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Soluzioni di Difenilcarbazide

Sono state preparate soluzioni di Difenilcarbazide in Acetone ed utilizzate tal quali.

5 ml di soluzione allo 0.63% in peso di Difenilcarbazide

Le soluzioni sono state preparate pesando la quantità opportuna di complessate su bilancia analitica. La Difenilcarbazide è stata disciolta in una boccetta da 10 ml munita di tappo a vite aggiungendo il solvente con micropipetta. Le soluzioni di Difenilcarbazide tendono a degradare nell’arco di tre giorni, assumendo un colore bruno. Perciò le soluzioni sono state rinnovate ad ogni campagna di analisi.

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4.4.6 Metodi di analisi

Le concentrazioni delle soluzioni di Cromato di Potassio sono state determinate per via spettrofotometrica. Il metodo analitico è stato ripreso dal quaderno n°100 dell’1/9/94 dei metodi IRSA-CNR.

Il metodo si basa sullo sviluppo del colore conseguente alla reazione tra cromo (VI) e difenilcarbazide. Il meccanismo di tale reazione, ancora non completamente noto, sembra consistere in una riduzione del cromo (VI) a cromo (III) e in una contemporanea ossidazione della difenilcarbazide a difenilcarbazone con conseguente formazione di un composto colorato in rosso-violetto. Il cromo(VI) viene determinato eseguendo le misure di assorbanza alla lunghezza d'onda di 540 nm. La reazione è molto sensibile e il coefficiente di estinzione molare, a tale lunghezza d'onda, è circa 40.000 L/(mole cm).

Questo metodo consente la determinazione del solo cromo(VI) direttamente nel campione nell'intervallo di concentrazione compreso tra 0,1 e 1,0 mg/l. Concentrazioni più elevate possono essere determinate previa diluizione del campione.

La reazione sulla quale si basa il metodo è assai specifica tanto che alla lunghezza d'onda di 540 nm le interferenze sono praticamente trascurabili con una banda passante dello strumento sufficientemente stretta. Causa di interferenza negativa può essere costituita dalla presenza di sostanze ossidanti, come NO2 (per concentrazioni superiori a 5 mg/l ) e cloro libero per concentrazioni superiori a 2 mg/l, che provocano decomposizione del

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Le analisi sono state condotte con uno spettrofotometro Shimadsu UV-Vis 2100munito di vaschette con cammino ottico da 1 cm (Figura.4.12).

Figura.4. 14 Spettrofotometro UV-Vis Shimadsu 2100.

Per eseguire le misure sono state preparate tre soluzioni standard rispettivamente 0.1, 0.5, 1 mg/l di Cromo con cui lo strumento è stato calibrato ogni volta.

Le assorbanze dei campioni sono state misurate con riferimento ad un bianco realizzato con acqua deionizzata.

Ad 1 ml di campione sono stati aggiunti 20µl di soluzione acquosa di acido solforico 1:1 e 10µl di soluzione di difenilcarbazide.

La reazione di complessazione è stata lasciata procedere per 10 minuti. I campioni contenenti il complesso sono stati sottoposti ad analisi spettrofotometrica. Gli errori di diluizione e l’errore spettrofotometrico sono stati valutati calcolando la deviazione standard tra i risultati dell’analisi di quattro campioni preparati distintamente a partire dalla stessa soluzione da analizzare. L’errore sulla misura è compreso tra lo 0,1 e l’8%. I risultati delle analisi sono riportati in formato elettronico nell’Appendice A.

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Cap IV – Descrizione della parte sperimentale

[50] Munduzzi ed al.; Langmuir 1997, vol.13(1997) p.p.2184-2190.

[51] Fontell, Ceglie, Lindman, Ninham; Acta Chem. Scand.vol.40A (1986) p.p. 247. [52] Blum, Pickup, Ninham, Chen, Evans; J. Phys. Chem. vol.89 (1985) p.p. 711-713. [53] Hide, Ninham, Zemb; J . Phys. Chem. vol. 93 (1989) p.p.1464-1471.

[54] Maddaford, Toprakcioglu; Langmuir vol.9 (1993) p.p.2868-2878. [55] Gregory, Sen, Evans; J. Phys. Chem. vol.92 (1988) p.p.774-783.

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