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Capitolo 2: L

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Capitolo 2: L

E CARATTERISTICHE DEL MARKETING

VIRALE

.

2.1 L

A POPOLARITÀ DEL VIRAL MARKETING NEGLI

USA.

Prima di passare ad una trattazione specifica del viral marketing, riteniamo opportuno sottolineare l’importanza di questo strumento all’interno della cultura economica americana, paese ispiratore e pionieristico nella elaborazione di nuove strategie di mercato.

Pertanto, nel presente paragrafo presenteremo contemporaneamente i risultati di due interessanti studi: uno realizzato dall’agenzia di marketing Shape Partners e l’altro dall’agenzia eMarketer (“Word-of-mouth Marketing: The Stats, Surveys

and Substance Behind the Buzz”), che mostrano come la popolarità e la potenza

del marketing virale negli Stati Uniti d’America, stanno aumentando notevolmente.

I risultati hanno in qualche modo sorpreso anche gli stessi e-marketers, come ha affermato Kathy Sharpe CEO di Sharpe Partners: “Sapevamo che molte persone

condividono contenuti virali, ma non ci aspettavamo questi numeri. La vera sfida per le agenzie di marketing interattivo è quella di sviluppare proprio quel tipo di contenuti che invoglia gli utenti a condividerli costantemente con la propria cerchia di conoscenti”.

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- Le fonti d’acquisto.

A. Roper di GfK Group, ha realizzato uno studio per misurare e quantificare l’impatto generale e l’influenza che il passaparola esercita sulla vita dei consumatori giorno dopo giorno. Numerose indagini indicano che gli americani sono molto più propensi a rivolgersi a familiari, amici o altri “esperti” personali, piuttosto che utilizzare i media tradizionali per avere informazioni o farsi un’idea su determinati prodotti e servizi (grafico 1).

Grafico 1: le fonti d’acquisto.

- I destinatari.

Secondo Roper, le persone solitamente usano il word-of-mouth per diffondere principalmente messaggi ai loro amici ed ai membri della loro famiglia (grafico 2).

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- I contenuti dei messaggi.

Il contenuto virale più diffuso in rete è quello che fa ridere o diverte (88%). Le informazioni personali professionali e finanziarie sono al secondo posto con il 24%. Inoltre, al contrario delle credenze più diffuse, i contenuti “provocanti” ed a sfondo sessuale costituiscono solo il 12% dei materiali condivisi (grafico 3).

Grafico 3: i contenuti dei messaggi inviati.

-La frequenza d’invio dei messaggi.

La ricerca di Shape Partners evidenzia che se il 63% degli utenti interpellati condivide contenuti almeno una volta la settimana, il 25% lo fa quotidianamente (grafico 4).

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-Il numero degli utenti

Le e-mail con contenuto virale sono inviate molto spesso a più di una persona. Infatti il 75% degli utenti invia tali contenuti ad almeno altri 6 utenti (grafico 5).

Grafico 5: il numero degli utenti destinatari dei messaggi.

-Il contenuto virale “brandizzato”

Per le società interessate ad implementare strategie di marketing virale, lo studio di Sharpe Partners evidenzia che associare un brand al contenuto virale, incide poco sulla propensione degli utenti a diffondere tali contenuti. Solo il 5% si dichiara contrario alla diffusione di materiali che contengono chiari messaggi pubblicitari (grafico 6).

(5)

2.2 I

L CAMBIAMENTO NELL

APPROCCIO AL MARKETING

.

Il passaggio o l’adottamento di modelli di business che prevedono strategie virali, comportano un cambiamento nell’impostazione e nello sviluppo delle azioni tipiche di marketing.

In tabella 3 si è voluto ricostruire schematicamente questo processo di conversione, che parte dalla fase iniziale di sviluppo del prodotto e continua fino alla valutazione dello stesso (feedback).

Tabella 3: confronto fra marketing tradizionale e marketing virale.

Approccio

tradizionale Marketing virale consumatore Ruolo del

Esempi di marketing virale Sviluppo del prodotto Dentro l’azienda Basato sulle idee della comunità Produttore, disegnatore Software open source ( es: Linux) Disseminazione del messaggio Pubblicità, P.R. Passaparola “Dirigente” delle relazioni pubbliche Hotmail, Paypal, video sharing, Valutazione del prodotto Pubblicità, vendite Feedback degli altri consumatori Critico ePinions.com Distribuzione del prodotto digitale Canali tradizionali Condivisione

fra utenti Distributore Gnutella

Acquisto del prodotto Nessuna coordinazione Acquisto coordinato Acquirente, venditore, organizzatore Mercata, eBay Feedback del

consumatore Privato Pubblico

Critico, dirigente delle

relazioni pubbliche

eComplaints

Come si può notare, nelle strategie di marketing virale è fondamentale l’analisi dei contenuti prodotti dai consumatori e più in generale dagli utenti del web. Si assiste ad un ribaltamento totale in ogni singola fase con un ruolo predominante del consumatore che può invogliare/allontanare altri utenti alla prova/acquisto, attraverso le sue espressioni “verbali”.

(6)

Nel corso del capitolo individueremo quali strumenti può utilizzare l’utente per influenzare i suoi pari, nonché quelli che le aziende possono mettere a disposizione al fine di creare e controllare sistemi di passaparola.

2.3 C

LASSIFICAZIONE DEL VIRAL MARKETING

:

I

L FRICTIONLESS VS ACTIVE

VIRAL MARKETING

.

Nel tempo sono state offerte differenti catalogazioni delle attività comunicative che si rifanno al nome di marketing virale, specialmente in funzione o del mezzo di propagazione o del contenuto del messaggio.

Nel nostro caso, la più interessante e valida distinzione è quella che distingue il ruolo del trasmettitore nel processo d’emanazione della comunicazione. Possiamo cosi differenziare le forme di marketing virale definite active da quelle dichiarate frictionless (figura 1).

Figura 1: classificazione del marketing virale.

ACTIVE VIRAL MARKETING

Esempio: Yahoo! Messenger

ACTIVE VIRAL MARKETING

SOCIAL VIRAL MARKETING

ruolo attivo del trasmettitore Esempio: Gmail

MARKETING VIRALE

INCITED VIRAL MARKETING

Esempio: AllAdvantage.com

FRICTIONLESS VIRAL MARKETING

ruolo passivo del trasmettitore

Fanno parte della prima specie, tutti i casi che esigono un intervento più o meno sostenuto dell’utente. Questa peculiarità merita un approfondimento sulle

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motivazioni che mobilitano il ricevente di un messaggio virale, a porsi come propagatore dello stesso.

Di regola una strategia virale porta ad un esito positivo quando riesce a basarsi, per lo meno, su una delle seguenti motivazioni21:

1) La distribuzione del messaggio, sia in termini positivi sia negativi, dà un vantaggio in termini d’approvazione/identificazione sociale a chi lo trasmettere;

2) Accresce il valore del prodotto/servizio in maniera eloquente tante più sono le persone che ne usufruiscono (elevato valore dato dalle esternalità);

3) L’emanazione del messaggio/prodotto/servizio/contenuto, porta un vantaggio di tipo economico al mittente e/o al destinatario.

In base a questa tripla ripartizione, è possibile identificare altrettante specie di

active viral marketing:

• Si può parlare di active viral marketing, in senso stretto, quando l'utente si rende trasmettitore del prodotto o servizio dato che all'accrescere degli utenti partecipanti aumenta il valore d'utilizzo dello stesso, in particolare se questi fanno parte dell’ambito delle conoscenze.

Quasi certamente l’esempio più appropriato è quello fornitoci dai sistemi d’instant messaging quali ICQ, MSN o Yahoo! Messenger, che hanno sfruttato questo tipo di marketing virale per erigere ed incrementare i loro

network di utilizzatori. Per poter disporre del servizio di messaggistica,

l'utente registrato deve conoscere altri iscritti allo stesso sistema e/o incoraggiare la propria rete di conoscenze a scaricare quel software specifico, dando inizio ad un meccanismo di diffusione potenzialmente virale.

• Un secondo raggruppamento, il Social Viral Marketing, richiama uno dei fattori più stimolanti, quali il riconoscimento pubblico, sia in termini di

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legame ad una cerchia ristretta, sia d’avanguardia nell'impiego di un certo prodotto o servizio tecnologico.

Molti web-site ottengono il massimo rendimento da questo tipo di meccanismo, mettendo a disposizione la condivisione di un contenuto o la possibilità di sperimentare un servizio (spesso avviene con i software), dando la possibilità di renderlo noto ai propri conoscenti. Gmail, servizio gratuito di posta elettronica offerto da Google, rappresenta uno dei possibili casi enunciabili. Il servizio d’e-mail in questione, ha iniziato a spandersi in modo esponenziale dal 2004, allorché l'azienda californiana di Mountain View, ha

incominciato a concedere un numero d’account circoscritto

fondamentalmente ai propri impiegati per un periodo di beta-testing. Tutti i titolari di un account potevano invitare fino a cinque persone per volta ad essere partecipi alla prova, facendo sì che i pochi inviti fruibili fossero la sola maniera per collaudare un sistema di posta elettronica rivoluzionario per dimensione (1 Gigabyte di spazio) ed efficienza (motore di ricerca interno e altre caratteristiche innovative). L’insufficienza degli account ha fatto aumentare enormemente di valore gli inviti, al punto che molti sono stati concessi sul web (anche a 60$) richiamando ulteriormente l'interesse degli internauti e della stampa22 sul caso Gmail.

• Infine fanno parte della classe dell' Incited Viral Marketing, tutti gli automatismi di incentivazione economica alla divulgazione di messaggi, come ricompense, coupon, o concorsi. Solitamente si opta per tale soluzione nel momento in cui il messaggio manca di una viralità propria e non arriverebbe da solo a spingersi fino la tipping point23. È un’opzione spesso non ideale poiché l'utilizzo di incentivi economici non è alquanto imprudente potendo generare fenomeni “sgradevoli”, primo fra tutti lo spamming. Inoltre

22 Tra gli articoli apparsi negli stati uniti, possiamo sottolinearne due in particolare: “My Left Arm for a Gmail Account” da Wired e “What's Behind Gmail's Popularity?” apaprso su PC World.

23 Il “tipping point” è un concetto popolarizzato da Malcom Gladwell nell’omonimo libro(2000). Si

riferisce al momento in cui viene raggiunta una massa critica ed un piccolo cambiamento conduce ad un altro molto più grande.

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non sono pochi i casi nei quali il pericolo di recare danno al brand, ha portato alla cessazione o ad una correzione concreta dell’azione virale. Un caso emblematico, delle occasioni ma anche dei pericoli legati all'utilizzo di incentivi, fu quello del sito AllAdvantage.com che arrivò a costruire, dal nulla e in pochissimo tempo, un network di milioni d’utilizzatori tramite un meccanismo d’incentivazione piramidale. A dispetto del forte impatto dell’azione virale, il servizio cessò dopo qualche anno, forse proprio perché molti utilizzatori avevano scaricato il software più per interesse economico che per quello nel servizio.

La seconda categoria, il frictionless viral marketing, raggruppa tutte le situazioni in cui il messaggio virale si spande indifferentemente dalla decisione del mittente. Il classico esempio è quello rappresentato del servizio di posta elettronica Hotmail, che fu interprete nella seconda metà degli anni '90 di una diffusione esponenziale e senza precedenti passando da 0 ad oltre 12 milioni di utenti con un budget pubblicitario minimo. Ciò si realizzò attraverso l'invito in calce a ciascun messaggio a creare un account di posta, cliccando semplicemente sulla scritta “Get your private, free e-mail from Hotmail at http:

//www.hotmail.com”. In pratica chi inviava un messaggio di posta da un account hotmail, non era consapevole del contestuale invio di un messaggio pubblicitario.

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2.4 L

A GENERAZIONE DEL BUZZ

.

Il buzz, inteso come forma di passaparola aggregato, è frutto principalmente di quello che negli ambienti di marketing, è definito anche come “Consumer

Generated Media 24”, ovvero l’insieme di tutte le informazioni create dai

consumatori su prodotti e servizi. Diversamente dai media tradizionali, si tratta di notizie non pagate dalle aziende e che si riferiscono spesso ad esperienze dirette d’utilizzo.

Intelliseek stima che alla fine di giugno 2005, i commenti prodotti dai

consumatori e memorizzati nel web fossero oltre 1,4 miliardi con un tasso di crescita del 30% annuo. Parallelamente Pew Internet and American Life Project, stima che il 44% dei consumatori che accedono ad internet abbia creato del contenuto.

Tenendo presente che analizzeremo in dettaglio il blog nel prossimo paragrafo, vediamo quali sono le atre due forme principali attraverso le quali il CGM si esprime:

 Forum e community: sono siti web che incoraggiano la discussione tra particolari gruppi di soggetti che condividono interessi comuni. Microsoft ha individuato per anni in questi forum, un canale privilegiato per l’offerta di idee di sviluppo di prodotti. I forum non godono d'alta credibilità come strumento di marketing adatto ad aumentare le vendite, ma soprattutto come strumento importante per avere accesso a persone che sono interessate ad una particolare categoria di prodotto e per aumentare la fiducia del consumatore nei confronti dell’azienda al fine d’ottenere un feedback positivo.

 Siti di terze parti. Ci sono piccole comunità di consumatori molto attivi che generano un gran numero di referenze in siti come Complaints.com o My3cents.com. Le informazioni sono distribuite sotto forma di raccolta di

24 Fonte: Nielsen BuzzMetrics

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esperienze di consumo precedenti, evidenziando i pro ed i contro di un prodotto/servizio.

2.5 I

BLOGS

.

Il blog (o weblog) è un sito web sotto forma di diario dove sono inseriti degli argomenti che saranno oggetti di commento. La maggior parte delle volte contengono dei links che permettono di collegarsi ad altri blogs per cercare diari on-line dove si svolgono altri tipi di conversazioni.

Va detto che, concettualmente, i blogs non sono una novità assoluta dato che la pratica di aprire e gestire dei siti web personali, dove depositare e mettere a disposizione ricerche e opinioni, si sviluppò fin dai primi anni di vita del world

wide web, con i BBS (Bullettin Board Systems).

Spesso si parla anche di “blogosfera”, termine che fu usato da fonti giornalistiche per riferirsi ai weblogs come una rete sociale. La prima comunità di weblog era formata da un piccolo numero di individui con elevate conoscenze tecniche che familiarizzavano con l’HTML. Fu cosi fino alla comparsa dei primi hosting

service e degli strumenti di weblog, come Blogger, che nel 1999 scoppiò il “big

bang” 25 del blogging.

Una volta che questi strumenti divennero accessibili a più persone, la comunità di

weblog originale si frammentò. Derek Powazek26, autore di una lunga esperienza

nella creazione dei community sites, descrisse il processo col quale si formarono le nuove comunità di weblog, nel seguente modo: ”Alcuni weblog dove sono

presenti dei commenti possono trasformarsi rapidamente in una comunità, attirando un piccolo gruppo di persone che si sono interessate a seguire a lungo e a partecipare più o meno attivamente. E se ognuno di questi lettori avvia poi

25 Bausch (2002).

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un weblog dal canto suo, con commenti a cui gli altri possono prendere parte, ogni blogger si sentirà avvolto in una comunità immensa ed interconnessa”.

Il ruolo dei blogs nel creare le comunità virtuali probabilmente è l'area che ha ricevuto più considerazione nella ricerca accademica. L'università del Minnesota mantiene un web-site intitolato “Into the Blogosphere”, che rappresenta una raccolta on-line di composizioni, attraverso le quali s’esplorano le caratteristiche comunicative, visuali, e sociali dei weblogs. Il progetto rappresenta l’insieme di prospettive che si rivolgono a vari campi quali quelli sociologici e della comunicazione.

2.5.1 Background sul fenomeno blog.

Verso la fine dell’anno 2004, il blog è divenuto un fenomeno culturale mondiale. Al di sopra dell’entusiasmo dei soggetti tecnologicamente più avanzati, il

blogging ha cominciato a trasformare aree chiave aziendali (come quella

giornalistica e politica) e sembra essere sempre di più, un concorrente diretto dell’e-mail come strumento di comunicazione personale. Inoltre il loro numero nella rete sta aumentando esponenzialmente. Nel marzo 2005, Technorati, un sito per la ricerca di blog, annotava l’esistenza di circa otto milioni di diari on-line, quattro milioni in più rispetto a 5 mesi prima. Stesso discorso vale per i lettori che si manifestano sempre più in modo crescente ed affezionato. Nel gennaio 2005, Pew Internet and American Life Project riporta che il numero di lettori era aumentato del 58% nel 2004 e affermavano che i “blogs si erano stabiliti come una parte chiave della cultura on-line”27.

L'evidenza della rivoluzione del blogging non solo è statistica. Merriam-Webster, editori di dizionari, scelsero “blog” come “parola top dell’anno 2004”.

L’acquisto di Blogger, uno degli attrezzi di blogging on-line, da parte di Google nel febbraio 2004, ed il lancio del servizio di blogging MSN Spaces da parte di

27 Rainie, “The state of blogging” (2005).

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Microsoft nello stesso anno, furono un chiaro segnale che il blogging rappresentava più di un capriccio passeggero.

Le aziende cominciano ad apprezzare il potere dei blogs e tale trend si riflette sempre più nella stampa commerciale. Nel suo numero di gennaio del 2005, la rivista Fortune, mise i diari on-line tra i “10 trend più interessanti”, dibattendo che tale strumento stava cambiando le pratiche lavorative all’interno dell’area pubblicitaria, del marketing e delle relazioni pubbliche. Allo stesso modo l’Harvard Business Review, indicò i blogs come uno delle idee più innovative per l’anno 2005, identificandolo come il media più utile per la conversazione rispetto a tutti gli altri. Nel febbraio del 2005, The Economist, dedicò un articolo intero a Robert Scoble, “celebrity blogger” di Microsoft, nel quale fu chiaramente esposto come i blog avrebbero portato all’estinzione delle pubbliche relazioni tradizionali.

L’azienda pionieristica nell’utilizzo dei diari on-line come strumento di marketing fu la produttrice del software Macromedia, che già nel 2002 incoraggiò i propri impiegati ad avviarne alcuni al fine di rendere più agevole la comunicazione fra i managers e gli ingegneri. Oggi sulla stessa scia, molte altre società (ad esempio Google) hanno cominciato ad usare al proprio interno i blogs al fine di organizzare meglio il proprio know-how.

Se la flessibilità è una dei vantaggi innati nello strumento in questione, occorre sottolineare che la loro economicità dal punto di vista finanziario e la disponibilità di un’abilità tecnica solamente di base, non creano barriere all’entrata virtuali al loro utilizzo.

Nonostante i citati esempi riguardino società conosciute e consolidate, il fenomeno blog s’adatta bene anche alle realtà di piccole aziende.

Secondo Joshua Allen, il primo blogger di Microsoft, “le piccole società hanno

bisogno dei blogs anche di più delle grandi aziende, poiché questi aiutano a costruire molto efficacemente le relazioni, che sono un elemento di consolidazione per le piccole realtà”.

L’interesse nel blog come uno strumento d’affari, è coinciso con la realizzazione crescente che i metodi di marketing tradizionale, ormai non s’adattino bene ai

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mercati odierni, caratterizzati da una frammentazione in aumento e da clienti più cinici. Alla Search Engines Strategies Conference tenuta a New York nel marzo 2005, PR marketers e ricercatori si trovarono d'accordo nell’affermare che i blogs sarebbero diventati presto “uno strumento di marketing indispensabile” 28.

Tuttavia nonostante queste premesse entusiastiche, le società che usano attualmente i diari on-line al fine di fare marketing o allo scopo d’instaurare relazioni pubbliche, non sono numerose. Una ricerca condotta nell’ottobre del 2004 da Technorati (Sifry, 2004), valutò che il numero dei corporate blogs era circa 5.000 e che circa il 20% di questi lavorava per solo due società: Microsoft e Sun Microsystems.

Nel maggio 2005, eMarketer, un’azienda di New York che s’occupa di ricerche di mercato, rilasciò un rapporto intitolato The Business of Blogging. Il report dimostrò che solo il 4% delle società per azioni statunitensi aveva un blog aperto al pubblico.

I risultati di questi esami accentuano un paradosso. Se i blogs sono potenzialmente un attrezzo di marketing effettivo, come la stampa commerciale ed i libri su blogging e blogs sottolineano accanitamente, come mai cosi poche società li stanno usando? La risposta sta forse nel fatto che il fenomeno di business blogging non ha ancora raggiunto il cosiddetto tipping point, di cui abbiamo già dato una spiegazione all’inizio del presente capitolo.

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2.5.2 Il corporate blogging.

Nel 1999, The Cluetrain Manifesto, proclamò “la fine del solito business” e, dichiarò “i mercati quali conversazioni”29. The Cluetrain Manifesto è considerato una sorta di bibbia nel mondo dei business bloggers, nonostante non faccia molte menzioni sui weblogs. Il lavoro può essere considerato il culmine di un lungo processo di distacco dai metodi di marketing convenzionali che conducono ad un approccio più incentrato sul cliente (Customer-centred approach).

Il concetto di corporate blogging è frutto di una stretta connessione fra marketing virale e marketing relazionale. Regis McKenna nel suo lavoro pionieristico,

Relationship Marketing(1992), individua “la fine della lealtà, come uno dei problemi maggiori per le aziende che si trovano di fronte a consumatori con una vasta scelta”. La soluzione proposta dall’autore è “d’integrare il cliente nell’azienda al fine di creare e sostenere una relazione con lo stesso”. Questo

nuovo approccio rappresenta ”un passo fondamentale nel ruolo e negli scopi di

marketing: dalla manipolazione del cliente bisogna passare al coinvolgimento di un cliente genuino; dal dire e dal vendere al comunicare e condividere conoscenze”. Ma in definitiva quali sono le ragioni per il quale il business

dovrebbe essere “bloggato”? Basandoci su materiale fornito dai libri ed articoli di business possiamo evidenziare diverse ragioni:

• “Umanizzare” la società.“Le aziende non parlano con la stessa voce come

queste nuove comunicazioni on-line. Al loro target in rete, le aziende sembrano santificate, noiose e letteralmente inumane” 30.

Passando dalla teoria alla pratica, Robert Scoble, la star blog di Microsoft, è indicato come la persona che dà una voce più umana all’azienda di software, dando la possibilità di ribattere sui problemi societari. L’attenzione verso questo personaggio attrasse anche le prime pagine del settimanale The

29 Levine (2000).

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Econmist, nelle quali s’invitava le aziende a seguire l’esempio di Scoble e a

porre fine alle comunicazioni aziendali “cosi come le conosciamo” 31.

• Comunicare con i consumatori. A differenza dei forum e delle newsletters, la maggioranza di weblogs è accessibile liberamente a chiunque disponga di una connessione d’internet32. Inoltre, i commenti presenti possono essere dibattuti in modo semplice tramite l’uso dei post. Secondo Gardner (2005), “la più grande forza dei blogs risiede nello stabilire dialogo con i lettori”. Kaye (2003) usa il termine “customer relationship blog” per descrivere la potenzialità dei diari on-line di fornire alle aziende la possibilità di connettersi con i loro clienti in un modo personalizzato ed immediato.

I weblogs offrono anche un modo di raggiungere un pubblico di nicchia che è fondamentale per piccole società. Per esempio, Kaye (2003) racconta la storia di un piccolo fabbricante che usò un blog per introdurre sul mercato un'apparecchiatura per borse da passeggio. Localizzando ed esaminando quali visitatori stavano leggendo e stavano rispondendo, l’azienda ha potuto offrire specifici contenuti e promozioni per micro-target di particolare interesse, diminuendo tramite l’uso del blog i costi di marketing on-line ed off-line.

• Costruire una reputazione. Il blog può essere usato per dimostrare competenze particolari in una particolare area d’affari. Dirigenti aziendali come Jonathan Schwartz, presidente e C.O.O. di Sun Microsystems, ed Alan Meckler, C.E.O. di Jupitermedia, hanno usato il loro blogs per stabilire una posizione di “leader teorici” nel loro particolare dominio. Nonostante nelle piccole aziende è molto più probabile che i proprietari abbiano ambizioni più modeste, i blog offrono un modo utile per “farsi un nome”. Come afferma Biz Stone (2004): ”Il blogging è specialmente utile per proprietari di piccolo

aziende, consulenti, lavoratori indipendenti e chiunque trarrà profitto

31 Anon, 2005.

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dall’essere noto come un innovatore nel suo particolare campo d’esperienza”.

Hewitt33 usa il termine “guadagnò di credibilità” e in vede questo, insieme alla possibilità d’offrire una voce autentica, “la differenza cruciale tra

web-sites e blogs”.

• PR e relazioni con i Media. La scomparsa delle relazioni pubbliche “tradizionali” è stata annunciata in più di un'occasione (Stern, 2003). Nel The

Cluetrain Manifesto (tesi 26), s’afferma che le relazioni pubbliche non si

riferiscono al pubblico, ma sono intraprese solo perché le aziende hanno paura della reazione dei loro mercati. A tal proposito Scoble, crede che i

blogs siano la risposta a tal problema: ”Il blogging è necessario perché gli altri attrezzi di comunicazione - stampa, annunci, banners, web-sites, depliant, non hanno il potere di una volta. Le persone né credono né hanno più fiducia nella maniera vacua con cui vengono presentati i materiali cosiddetti sociali al fine di parlare con le persone”.

Rubel usa il termine di micro-persuasione (come il nome del suo blog), per riferirsi al processo d’influenzamento dei bloggers leader. Questa abilità non solo è importante per i professionisti che esercitano le pubbliche relazioni ma anche al blogger della singola società, che vuole comunicare notizie aziendali o rispondere alla stampa.

Il blog, tuttavia, è un’arma a doppio taglio nella rete, poiché una volta che l’informazione s’è sparsa nella blogosfera, è impossibile controllarla. Un esempio al riguardo è rappresentato da un fabbricante di serrature per biciclette americano, Kryptonite, che scopri a sue spese tale insidia. Nel settembre 2004, un ragazzo realizzò un video che mostrava come la sua serratura di successo potesse essere sostituita dall’uso “intelligente” di una penna biro. Il video non ci mise molto a circolare nella blogosfera e si stima

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che lo spiacevole episodio costò all’incirca più di 10 milioni di dollari all’azienda Kryptonite.

• I blog come strumenti per l’ottimizzazione sui motori di ricerca. La comunità dei corporate blogging è divenuta consapevole sempre di più, del valore del blog come strumento per l’ottimizzazione sui motori di ricerca, anche se i media hanno teso finora ad ignorare questa caratteristica. Esperti di

corporate blog hanno accentuato il fatto che i motori di ricerca sono

naturalmente attratti dai blogs (soprattutto quelli aggiornati continuamente) contenenti parola chiave significative. Per esempio, Chaney34 descrive i blogs come dei magneti di motori di ricerca, mentre Hurlbert35 rapportò che il suo

blog, Blog Business World, era classificato, all’interno di una ricerca con

parole chiave “Business world”, all’ottavo posto di Google.

Un effetto negativo delle capacità di SEO (search engine optimization) dei

blogs è l'aspetto noto come spam blogging. In un articolo intitolato “Will spam-blogging be the death of blogging?” Shah (2005), definisce lo spam blogs come “un blog fasullo che è creato al solo fine di veicolare pubblicità o

verso siti d’affiliazione”.

• Il blogging come modello di business. Anche se le aziende si sono concentrate originariamente sui blogs come un attrezzo di marketing e comunicativo, in questi ultimi tempi s’assiste ad una crescita d’interesse verso i diari on-line come modello di business. Wharton, suggerisce tre modi tramite i quali potrebbero generare reddito:

• vendere tramite un servizio annunci basato su parole chiave, come fa ad esempio Google Adsense;

• usare un modello di sottoscrizione (sebbene rimane da vedere se i lettori siano disposti a pagare per il contenuto);

34 “Blogs as SEO/SEM tools” , 2005. 35 “Web Pro News”, 2005.

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• essere acquistati da una società più grande come Gawker o Weblogs Inc, i leaders nel settore delle pubblicazioni di nicchia. I loro blogs attirano milioni di visitatori e guadagnano soldi attraverso reddito pubblicitario.

Gardner nel suo libro, dedica un capitolo intero su come guadagnare col blog. Le sue idee includono l’uso di programmi d’affiliazione e la vendita di merce blog-marcata.

Vista l’elevata flessibilità d’utilizzo di cui godono, risulterebbe assai dispendiosa e comunque anche fuori contesto in alcuni casi, una trattazione più ampia sugli eventuali ulteriori usi dei blog all’interno di una azienda. Pertanto, alfine di fornire un quadro visivo migliore, possiamo classificarli in modo sintetico come rappresentato in tabella 4:

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2.5.3 Nuovi strumenti per i corporate blogs.

L’attrazione verso i diari on-line è sempre più crescente anche per il fatto che stanno nascendo nuove innovazioni tecnologiche ad essi collegate. Secondo Gardner questi nuovi strumenti possono aggiungere valore ad un blog aumentando la sua funzionalità e l'utilità.

L’RSS è visto da molti come la chiave per aumentare il potere dei diari on-line. Il

Really Simple Syndication è una tecnologia pull basata sull’XML che rende

possibile la distribuzione e la diffusione su diversi canali (syndication) di liste di

link, titoli e sommari di news. Una volta che i lettori sottoscrivono un RSS feed, ricevono automaticamente contenuti aggiornato tramite un feed reader o aggregatore di notizie come Bloglines o Newsgator.

Weil36 identifica alcuni vantaggi nell’uso dell’RSS piuttosto che dell’e-mail come mezzo di distribuzione di contenuti. Dal punto di vista dell'editore, l’RSS offre un modo per aggirare i filtri spam ed evitare il sovraccarico d’e-mail. Per il consumatore, l’RSS è un modo pratico per ricevere notizie ed informazioni che evitano il bisogno di visitare più web-sites o blogs.

La Microsoft, che è sempre stata molto sensibile riguardo ha inserito fasci di

RSS/news aggregator gratuiti nel browser Internet Explorer 7.

Altri strumenti specifici, riguardano delle significative variazioni della natura del

blog. Tra queste possiamo ricordare: l’audioblogging e il podcasting, il videoblogging e il moblogging. Vediamo in breve di cosa si tratta.

2.5.3.1 AUDIOBLOGGING E PODCASTING.

Mentre i blogs standard usano il testo come mezzo per divulgare contenuti, attrezzi come l’audioblog rendono tal compito ancora più semplice tramite l’incorporazione di file audio nei post. Un’estensione dell’audioblogging è

36 “Debbie's blog” , 2004.

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rappresentata dal podcasting. Wikipedia, un enciclopedia on-line, dà la definizione seguente: “Il podcasting è un sistema che permette di scaricare in

modo automatico risorse audio o video, chiamate podcast, utilizzando un programma (un "client") gratuito, l’aggregatore o feeder”.

Secondo Spencer37, sono quattro le ragioni per le quali una società deve adoperare il podcast: 1)guadagnare vantaggio dall’essere il first mover, 2)sviluppare la lealtà di cliente, 3)dare alla società una voce più umana e 4)sfruttare il valore di relazioni pubbliche di una tecnologia nuova.

Anche se i weblogs non sono l'unico modo per pubblicare podcast, l’agio col quale essi possono essere aggiornati li rende un mezzo di distribuzione ideale. Un esempio è rappresentato dal bisettimanale dei PR professionisti Neville Hobson e Shel Holtz (For Immediate Release), il quale è completato da un blog che offre un sommario dei contenuti e l’ordine d’esposizione, così come collegamenti per i vari articoli menzionati nello show. Questo podcast è un primo esempio di come affermarsi come innovatore in un particolare campo di affari.

2.5.3.2 VIDEOBLOGGING E MOBLOGGING.

I blogs video, o vlogs, usano i video piuttosto che testi per pubblicizzare i loro contenuti. Il Moblogging comporta post video, fotografie o audio da un telefono mobile ad un blog.

Junnarkar38 offre una veduta d'insieme su queste varianti del blog e nota che la ricerca e la pubblicazione di video e foto sta aumentando notevolmente insieme a

vlog e moblog, permettendo di rendere visibili molto più facilmente video e foto

personali.

37 “Move over blogs: here come podcasts” , 2005. 38 “Bloggers add moving images to their musings” , 2005.

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2.5.4 Gli Inconvenienti dei corporate blogs.

Nonostante la promozione intensiva di blogging nella stampa commerciale, un numero elevato di operatori commerciali rimane scettico sul potenziale di business dei blogs. I problemi messi in luce riprendono diversi aspetti39:

• Strumenti quali e-mail, i whitepapers, gli e-zines e web-site, vengono considerati formati migliori per pubblicare informazioni rispetto ai diari on-line;

• Difficoltà nel calcolare un ROI: non sono poche le critiche riguardo all’impossibilità di monetizzare il traffico che un blog può produrre;

• Il problema del tempo: i blog sono facili da cominciare ma difficili da mantenere;

• La necessità di avere delle linee guida per blog aziendali;

• Il monitoraggio continuo della blogosfera per evitare effetti sabotativi.

(23)

2.5.5 Il social network.

I social network rappresentano un’estensione del blog, poiché sono formati da un’insieme di tanti diari on-line personali

La manifestazione dei social network ebbe luogo negli Stati Uniti d’America ed è stata approfondita attorno a tre leitmotiv: l’ambito della professione, quello dell’amicizia e quello delle relazioni intime.

I primi social network più popolari furono sicuramente Friendster, tribe.net,

linkedin.com. e Orkut di Google. In Italia, il primo dei grandi portali passati

verso questo tipo di social network è stato Supereva.

I social network possono essere disposti anche intorno a modelli di business, come ad esempio nel caso d’Ecademy, ReferNet o Shorcurt (il cui scopo è mettere in rapporto utenti per affari).

La peculiarità essenziale di tali web-site, è che favoriscono un’importante azione di brand loyalty in quanto autorizzano, ma soprattutto obbligano, gli utilizzatori a dover tornare a navigare le proprie pagine, sia per chi deve divulgare nuovi post sul proprio blog, sia per quelli sia vogliono rilasciare messaggi ad utenti “attraenti”. “I social networking stanno vivendo una forte crescita e hanno

sviluppato un’esperienza unica on-line che è continuamente aggiornata dai contenuti sviluppati dai nuovi consumatori. Questo promuove l’interesse e la visita continua del consumatore” ha affermato Jon Gibs, direttore di Nielsen/NetRatings.

Proprio la sede di New York di Nilsen//NetRatings ha diffuso una ricerca (maggio 2006) riguardante l’esplosione di popolarità dei web-sites che offrono piattaforme finalizzate al social networking.

Nello specifico la ricerca ha preso in esame i 10 maggiori siti specializzati nelle relazioni on-line, ed è emerso che nell'ultimo anno hanno avuto un aumento generale del 47% di utenti, passando dai 46,8 milioni dello scorso anno ai 68.8 milioni d’aprile 2006. Nella tabella 5 (sottostante), presentiamo in breve i risultati della ricerca.

(24)

Tabella 5: top 10 social networks.

Sito Iscritti aprile 2005 iscritti aprile 2006 tasso di crescita

MySpace 8.210 38.359 367% Blogger 10.301 18.508 80% Classmate On-line 11.672 12.865 10% MSN Groups 12.352 10.570 -14% AOL Hometown 11.236 9.590 -15% Yahoo! Groups 8.262 9.165 11% MSN Space 1.857 7.165 286%

Six Apart TypePad 5.065 6.711 32%

Xanga.com 5.202 6.631 27%

YouTube N/I 12.505 N/C

Fonte:/NetRatings maggio 2006

Un caso molto interessante d’applicazione diretta del marketing alle reti sociali è rappresentato da Popstick che è un'agenzia d’informazione che adopera la tecnologia digitale, al fine di realizzare soluzioni creative per la formulazione di nuovi itinerari per il business, attraverso il social network marketing. In particolare Popstick Outburst, unisce le funzioni di condivisione, editoria personale e partecipazione in tempo reale. All'interno del “tool Outburst” per la comunicazione personale è presente la funzionalità blog dove introdurre video privati, prendere parte a forum pubblici e molto altro.

Popstick Outburst incoraggia la comunicazione peer-to-peer ed include:

(25)

Figura 2: un blog di Popstick Outburst.

2) esperti appartenenti a diversi campi; 3) tecnologia di Live Audience;

4) il caricamento e la condivisione di video; 5) una rappresentazione grafica degli utenti;

6) la visualizzazione dinamica delle relazioni, attraverso mappe interattive che rendono possibile la rivelazione di utenti con gli stessi interessi (figura 3);

Figura 3: mappa utenti Popstick Outburst con medesimi interessi.

7) intervento a sondaggi; 8) chat sponsorizzate;

(26)

Al fine di incoraggiare ed aiutare lo scambio e la condivisione tra gli staff di marketing ed i venditori, il social network in questione, s’avvale di tutti questi dispositivi in maniera sinergica. Lo scopo pertanto è quello d’influenzare gli utenti di queste comunità virtuali a relazionare con gli addetti di marketing delle aziende appartenenti a questa rete.

(27)

2.6 G

LI OPINION LEADER ON

-

LINE

.

Affinché si sviluppi l’effetto moltiplicatore, che è alla base del marketing virale e che consente alle idee di spandersi come dei veri e propri contagi sociali, è necessario il riconoscimento di coloro che si trasformeranno nei “connettori” di una strategia di viral marketing.

Nell’ambito della letteratura classica di marketing è facile imbattersi nella figura dell’opinion leader. Con questo termine s’intendono quelle persone che, grazie al loro status e parte all’interno della società nella quale quotidianamente vivono, riescono, attraverso la diffusione delle loro opinioni, a persuadere punti di vista e pareri delle persone che li circondano.

Solitamente nell’ambito locale gli opinion leader sono individualità rilevanti, per il ruolo istituzionale o culturale; in ambiti più grandi sono, in genere, individui che hanno grande visibilità tramite i media classici TV, radio e giornali.

Il quadro globale nel campo telematico è ancora più attraente. Gli opinion

leaders on-line sono capaci di sfruttare al meglio le proprietà interattive del

mezzo per diffondere le proprie opinioni.

I punti di forza su cu si basa la loro azione, sono ottime capacità dialettiche collegate ad un’alta polivalenza nell’impiego delle medesime ed un’ovvia conoscenza dell’oggetto del confronto. I loro luoghi d’azione preferiti sono le

community, le chat nonché i blogs.

L’effetto degli e-opinion leaders è, spesso, esplosivo: a poco a poco arrivano a conquistarsi la fiducia degli interlocutori trasformandosi per loro in un vero e proprio punto di riferimento: se si considera inoltre l’opportunità offerta dal web di poter inoltrare contenuti e messaggi ad un gran numero di persone a costo zero, si può apprezzare facilmente la loro portata.

E’ stato stimato che la capacità d’influenza di un e-opinion (o opinion leader on-line) rispetto al classico opinion leader (che opera off-on-line) è di otto a due: questo chiarisce come mai la loro figura è sempre di più al centro dell’interesse delle aziende, percependoli come importanti alleati o come pericolosi nemici.

(28)

2.6.1 Classificazione teoriche degli opinion leaders: gli

e-fluentials e le loro caratteristiche.

La letteratura mette in rilievo molteplici figure di soggetti implicati nel

word-of-mouth, due delle quali hanno un particolare peso nella diffusione esponenziale di

un messaggio commerciale: coloro che operano come “evangelisti” e alle volte danno origine al buzz, e coloro che si impiegano nell’inoltrare il messaggio nel profondo del proprio network di conoscenze.

Differenti autori hanno supposto la sussistenza di una o ambedue i generi affibbiando loro, di volta in volta, qualità e peculiarità diverse (tabella 6).

Gladwell discerne i Mavens - che agiscono come banche dati nel passaggio dei messaggi - dai Connectors - che esercitano il ruolo di “collante sociale” nell’emissione del messaggio - e dai Persuaders - che in caso d'incertezza sulla oggettività del messaggio, operano da persuasori.

Emanuel Rosen differenzia i Mega Hubs, in genere giornalisti, celebrità, politici e leader d’opinione dai Regular Hubs, persone comuni, dinamiche nella propria rete sociale ma a stento identificabili dalle aziende.

Secondo Seth Godin, uno dei maggiori teorizzatori sul fenomeno del marketing virale, è possibile rinvenire due tipi di influenzatori on-line40: i Promiscuous

Sneezers e i Powerful Sneezers. I primi sono individui che, notata la rilevanza

della loro immagine, decidono di metterla al servizio delle aziende per influenzare l'opinione pubblica (si tratta, in questo caso, dei cosiddetti

testimonials). I secondi sono coloro che offrono le loro opinioni semplicemente

la passione di farlo: sono proprio questi ultimi ad avere una maggiore influenza, poiché visti come indipendenti, dunque disinteressati.

Nel libro “The Buzz”41 s’accenna agli Alphas - individui autorevoli, in genere caratterizzati da comportamenti orientati al rischio poichè incuriositi dai cambiamenti, ma che si segnalano per una certa asocialità - ed ai Bees - caratterizzati da uno spirito altamente socievole e pertanto pressati dalla voglia di trasmettere e condividere qualcosa con gli altri, trasformando i concetti ed i

40 “Unleashing the IdeaVirus”, 2000.

(29)

messaggi degli Alphas, in contenuti diffondibili agevolmente e “assimilabili” dalla maggior parte della “popolazione”(Mainstream); il loro stile di vita è marcato da un forte senso d'imitazione e dalla necessità di trovare l’approvazione sociale. In “The Buzz” è lampante il legame col schema di Moore42, essendo gli

Alphas gli Innovators e gli Early adopters, i Bees gli Early Majority, il Mainstream la Late Majority e gli Skeptics i cosiddetti Laggards.

Il modello di Moore viene ripreso anche da George Silverman, nel suo libro “The

Secrets of Word-of-Mouth Marketing”, nel quale tratta diffusamente una matrice

di decisione per sistemare il messaggio in modo logico a seconda del gruppo cui é rivolto distinguendo tra gli Experts (simili ai Maven di Gladwell) e i

Champions (riconducibili ai Connectors).

Tabella 6: classificazione degli opinion leader nella letteratura di marketing virale.

Autori Opinion leaders Azioni

Mavens banche dati nel passaggio dei messaggi.

Connectors "collante sociale” nell’emissione del messaggio. Gladwell

Persuaders

operano da persuasori in caso d’incertezza sull’oggettività del

messaggio.

Mega Hubs leader d’opinione riconosciuti. Emanuel

Rosen

Regular Hubs leaders d'opinione nella propria sfera sociale.

Promiscuous Sneezers

mettono al servizio delle aziende la propria immagine al fine d'influenzare

l'opinione pubblica. Seth Godin

Powerful Sneezers semplicemente per la passione di farlo. offrono la propria opinione solo Alphas (simili agli Early

adopters)

individui autorevoli incuriositi dai cambiamenti ma asociali. Salzman

Bees (simili agli Early Majority)

forte senso di comunicatività spinti dalla ricerca d'approvazione sociale. Experts stesse considerazioni fatte per i Mavens

di Gladwell. George

Silverman

Champions riconducibili ai Connectors di Gladwell.

(30)

Nel presente paragrafo tuttavia, si vuole dare attenzione e luce soprattutto ad un importantissimo contributo empirico su questo tema, proposto dalla società di consulenza Burson-Marsteller con l'obiettivo di individuare quali caratteristiche abbiano i soggetti in grado di influenzare le decisioni d’acquisto di larghe fasce di consumatori. Questa ricerca fu condotta fra il 2000-2001 su 2.014 operatori d’internet, reclutati da un pannello di 100.000 famiglie on-line. Il campione venne bilanciato per essere demograficamente rappresentante della popolazione degli Stati Uniti.

Da un punto di vista demografico i risultati hanno evidenziato che gli e-fluentials non differiscono molto dalla popolazione in linea generale. Entrambi i gruppi presentavano un'età media di circa 42 anni ed un reddito familiare medio di approssimativamente 53.000$. Più della metà di entrambe le popolazioni aveva una laurea (54% contro 55% di popolazione generale on-line), ed una maggioranza (69% contro 62%) lavorava a tempo pieno. Gli e-fluentials erano più che altro uomini (58% contro 49%), ed una buona parte era rappresentata da single (22% contro 16%).

I risltati più interessanti della ricerca furono:

 Gli e-fluentials rappresentavano degli amplificatori di marketing (Marketing

Multipliers), cioè persone con un raggio d’influenza molto più esteso della

media e che venivano consultati quattro volte più spesso dei navigatori “normali” in merito a notizie su società, affari e nuove tecnologie. Ad esempio, riguardo all’attività d’informazione su nuovi eventi, essi davano circa 102 milioni opinioni (dato ancora più sorprendente se tenuto conto che la popolazione on-line era circa di 110 milioni di americani). Di seguito, nella tabella 7, vengono riportati i dati completi sul numero delle raccomandazioni:

(31)

Tabella 7: il numero delle raccomandazioni.

Attività d’informazione

Numero di raccomandazioni stimate Nuovi eventi Nuove tecnologie Hobbies Aziende e Business Salute Prodotti Lavoro Intrattenimento 102 milioni 96 milioni 94 milioni 88 milioni 81 milioni 73 milioni 71 milioni 68 milioni

 Gli e-fluentials erano attratti principalmente dai web-site delle società, ritornandovi spesso piuttosto che fare affidamento a magazines on-line o siti d’opinione. Le categorie di prodotti più viste riguardavano: la tecnologia, la vendita al dettaglio, i servizi finanziari, i prodotti farmaceutici, e l’automobilistica (grafico 7).

Grafico 7: gli argomenti di discussione e il reperimento delle informazioni da parte degli e-fluentials.

 Gli e-fluentials inoltre erano anche avidi comunicatori. Quasi 8 su 10 (84%) si prestavano fiduciosi nell’esprimere le loro opinioni, paragonate a meno di sette in dieci (67%) della popolazione generale on-line. Inoltre, alla quasi

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metà (48%) piaceva influenzare il pensiero delle persone riguardo agli argomenti di discussione. Allo stesso tempo si prestavano come degli ascoltatori esperti, nel senso che ascoltavano attentamente le opinioni di altri (83% sono d’accordo con questa dichiarazione contro 71% della popolazione generale on-line).( grafico 8).

Grafico 8: l’attività d’ascolto degli e-fluentials.

 Gli “e-opinion” erano anche esperti tecnologici (Technology Savvy), individui che navigavano più frequentemente e più a lungo del resto degli internauti (grafico 9). Tre su quattro dicevano di essere esperti o comunque in possesso di un buon livello di navigazione su internet (contro il 47% della popolazione generale). Una grande parte di e-fluentials andava va in linea almeno una volta al giorno (74% contro 45%) e la metà passava almeno due ore in linea ogni giorno (53% contro 22%).

(33)

Grafico 9: il livello d’abilità informatico e la frequenza di navigazione degli e-fluentials.

 Infine gli e-influentials erano new product innovators, soggetti inclini alle nuove tecnologie e all'innovazione, che spesso influenzavano gli acquisti dei loro amici e provavano nuovi prodotti prima degli altri nella loro cerchia di conoscenze (grafico 10).

Grafico 10: gli e-fluentials quali new product innovators.

Quest’ultima categoria ha ricevuto particolare attenzione in un recente approfondimento intitolato “tech-fluentials”. L'analisi in questione segnala l’esistenza di un gruppo di individui che da un lato utilizzano e consumano tecnologie avanzate, e dall'altro sono estremamente attivi e influenti nel

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diffondere informazioni su queste tematiche. Sono ben dieci le categorie di

tech-fluentials identificate da Burson-Marsteller:

1. Chief Opinion Leaders: provano i prodotti per primi e cercano di influenzare, all’interno del network, le decisioni d’acquisto dei loro pari. 2. Quality and Function-focused Shoppers: per loro la funzionalità e la

qualità del prodotto sono molto più importanti del prezzo.

3. Design Conscious: questi credono che la costruzione di un buon design possa aumentare il valore di un brand, dargli un vantaggio competitivo e guidare le decisioni d’acquisto di prodotti tecnologici.

4. Fast and Mobile: Insistono sulla velocità e sulla mobilità, l’uso della banda larga, i motori di ricerca, e il wireless per la ricezione delle informazioni.

5. Accessible On-line and Off-line: Usano sia internet sia i magazines per acquistare prodotti e ricevono notizie sulla tecnologia principalmente dalle riviste, i siti web, ed i blog.

6. Community-oriented Citizens: quando esprimono opinioni d’acquisto o portano a termine un acquisto sono generalmente influenzati da quella che è la responsabilità sociale dell’azienda.

7. Information Spreaders: costruiscono la propria stima e il proprio orgoglio informando gli altri su prodotti recentissimi, i servizi le tendenze, e informazioni sulle società sia positive sia negative usando i cellulari (MMS e SMS).

8. Highly Active and Engaged Internet Users. Provvedono a lasciare feedback sui siti aziendali, messaggi nei forum, e acquisire contatti di lavoro e personali on-line.

9. Knowledge Hunters and Gatherers: per lo più ricevono notizie, cercano di imparare nuove prospettive d’uso e seguono con particolare attenzione le nuove questioni e tendenze.

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10. Futurists: Considerare la tecnologia come guida nella loro professionista e nella vita personale, ed investono nei prodotti tecnologici per divertimento e per affari.

Per completare il discorso sugli e-fluentials possiamo evidenziare quali sono le azioni che mettevano in pratica correntemente:

• Fare amicizie on-line;

• Creare contatti d’affari on-line;

• Provvedere a rilasciare numerosi feedback sui siti web; • Inoltrare news che appaiono sui siti ad altre persone; • Partecipare alle chatrooms;

• Lasciare post sui blogs e nelle newsgrouop.

2.6.2 Identificazione degli opinion leaders.

L’identificazione dei connettori virali, è una fase cruciale al fine d’espandere le iniziative aziendali presso una vasta parte del pubblico.

Nel libro Conected Marketing, l’autore Paul Marsden, ricercatore e consulente di marketing presso la London School of Economics, evidenzia cinque soluzioni pratiche al fine d’identificare gli opinion leaders:

1) Auto-Designazione. malgrado la predisposizione degli individui a sovrastimare la loro “opinion leadership”, questa soluzione può considerarsi sufficientemente affidabile. Un metodo potrebbe essere quello d'invitare i clienti già acquisiti, a redigere un breve questionario dal quale possa affiorare il loro status di opinion leader.

(36)

In tal contesto ci sembra importante sottolineare l’attività di Procter & Gamble che ha lanciato due programmi per il reclutamento di e-fluentials: Tremor e

Vocalpoint.

• Tremor s’occupa di sviluppare programmi di word-of-mouth marketing fra i

teenagers. Il principio su cui si basa Tremor è che il modo più efficace per far

circolare un messaggio è sfruttare una rete di persone reali che comunicano direttamente tra loro. Steve Knox, amministratore delegato della Tremor, afferma infatti che: “C'è un gruppo di persone che è responsabile di tutto il

passaparola che circola nel mercato”. Kriox spiega che la Tremor, per

trovare queste persone, fa delle ricerche molto approfondite cercando d'isolare le caratteristiche psicologiche del sottogruppo degli adolescenti più carismatici. Per fare un esempio, l’amministratore delegato della Tremor, ha osservato che la maggior parte degli adolescenti nella rubrica del cellulare ha una trentina di nomi, mentre la Tremor sceglie quelli che ne hanno 150. La fase di reclutamento avviene soprattutto tramite annunci su internet ed il tasso d’accettazione è all’incirca del 10-15% del totale dei richiedenti.

Lo scopo di Tremor è, oltre a quello dichiarato di pubblicizzare in modo “below

the line” alcuni prodotti (non sono solo quelli di Procter & Gamble), raccogliere

idee per lo sviluppo di nuovi prodotti. I partecipanti sono ricompensati con: - la prova gratuita dei nuovi prodotti;

- esclusivi accessi a particolari manifestazioni.

• Vocalpoint invece, è un brand ideato per favorire una maggiore collaborazione tra le aziende e una community di mamme “influenti”, in grado di fornire preziosi consigli su diversi settori come intrattenimento, moda, musica, alimentari e bellezza. Attraverso un’attenta analisi dei pareri espressi da queste mamme, accuratamente selezionate per rappresentare un panel significativo, Vocalpoint genera valore e una migliore conoscenza del mercato per le aziende clienti, utilizzando strumenti come sondaggi, sampling

(37)

e speciali anteprime. Le spiegazioni di questa scelta strategica possono essere facilmente ritrovate nel fatto che le mamme sono soggetti chiave ai quali, storicamente, è demandato il compito di occuparsi della gestione delle risorse familiari e che influenzano circa i ¾ degli acquisti familiari.

2. Attività Professionale: lo status professionale del target, dei clienti acquisiti o dei consumatori, può essere concepito come un indice importante del loro status di opinion leadership. Professioni specificamente legate ad una determinata categoria e l’abilità di far circolare i messaggi e di persuadere i colleghi attraverso il passaparola, sono fattori che concorrono a circoscrivere lo status di

opinion leader. Nonostante questo metodo sia meno “preciso”

dell’auto-designazione, rappresenta indubbiamente la soluzione più rapida, semplice ed economica per identificare opinion leaders.

3. Informatori Chiave: è un metodo che si basa sull’invito ad un determinato numero di individui, che sono al corrente dei “canali” tramite i quali il passaparola si diffonde, di segnalare loro stessi gli opinion leaders.

Teoricamente questa soluzione viene impiegata per scovare gli influenzatori in mercati di nicchia.

La Hasbro, nota azienda americana produttrice di giocattoli, nel 2001, per lanciare POX (gioco elettronico portatile), spedì i suoi market researchers nelle sale giochi, nei parchi-gioco, al fine d’interagire con gli adolescenti fra gli 8 e i 13 anni e farsi indicare i bambini cool del luogo. Ottenuta una risposta, i ricercatori si rivolgevano al bambino indicato porgendogli lo stesso quesito fino a quando qualcuno non provvedeva ad auto-disegnarsi. Una volta identificati gli

opinion leaders con questa metodologia, i ricercatori proponevano loro di

prendere parte ad un’esclusiva “prova di prodotto”, premiata con 10 pre-release del gioco da condividere con gli amici.

(38)

4. Sociometria: questa tecnica consiste nella mappatura dei percorsi d’influenza del word-of-mouth nel mercato di riferimento, per identificare i centri d’influenza (hubs). La goniometria è una tecnica dispendiosa, sia per costi sia per tempistica, ed è adoperata principalmente per mappare le reti d’influenza nel corso della gestione dei processi di cambiamento all’interno delle grandi aziende.

(39)

2.7 P

UNTI DI FORZA DEL MARKETING VIRALE

.

Il marketing virale fornisce alle aziende una serie di punti di forza e benefici che lo rendono una strategia attrattiva da aggiungere al mix promozionale. I benefici più rilevanti sono: l’economicità nell’implementazione e la natura volontaria della diffusione del messaggio.

2.7.1 L’economicità del marketing virale.

Secondo una ricerca del marzo del 2006 pubblicata da MarketingSherpa.com43, i costi da sostenere per realizzare uno strumento di marketing virale sarebbero i seguenti (tabella 8):

Tabella 8: costo stimato per strumenti di marketing virale.

Tipologia di strumenti virali Prezzo

E-card 500$-1.000$ giochi/quiz 2.500$-5.000$ audio clip 2.000$-4.000$ video clip 5.000-10.000$ invia ad un amico 500$-1.000$ micro-sites 10.000$-20.000$ Fonte: MarketingSherpa.com

Come possiamo notare, questi costi si discostano di molto da quelli che necessitano per l’implementazione di una campagna pubblicitaria sui media tradizionali o anche su internet stesso.

Il caso Hotmail mostrò sin dall’inizio come una strategia incentrata sul passaggio virale di un messaggio (il celebre “Get your private, free e-mail at

(40)

http://www.hotmail.com) potesse dar vita a risultati incredibili e a costi

inimmaginabili. Hotmail spese solo 500.000$ in 18 mesi guadagnando 12 milioni di sottoscrittori. Il suo più diretto concorrente, Juno, spese 20$ milioni in operazioni di marketing tradizionale (annunci radio e affissioni) per ottenere nemmeno la metà dei clienti di Hotmail.

2.7.2 La natura volontaria della propagazione del messaggio.

Uno dei dilemmi maggiori nella comunicazione on-line, è raffigurato dall'elevato grado di rumore all’interno del quale si disloca l’utente internet (sovraccarico comunicativo o information overload). Nella fase di navigazione l’utente, in presenza di banner, pop-up, o altri elementi testuali e visivi presenti all'interno della pagina, può facilmente essere sviato.

Il marketing virale s’insedia tra quelle strategia che operano “below the line”, anche raccolte sotto l’etichetta di tecniche di stealth marketing e permette, attraverso strategie basate sul word-of-mouth elettronico, l’inoltro di messaggi verso le persone che sono ritenute più in “sintonia” col contenuto dello stesso. La semplice conoscenza, risultato di rapporti preesistenti, è qualcosa che i ricercatori più astuti tentano di identificare nella fase di targeting. È sempre più utile ed indispensabile per far fronte alle esigenze di consumatori più consapevoli, più attenti, più informati e che non sono in genere disponibile a perder molto tempo nel seguire messaggi pubblicitari.

I pianificatori di conto tentano di entrare nella mente del consumatore e spendono molto tempo identificando le persone che saranno le più interessate a comunicare le informazioni che l’impresa vuole. Il livello d’interesse non fa appena ricorso al semplice prodotto ma anche nella maniera in cui è presentato. Nel caso di marketing virale, gli individui possono scegliere di dividere qualcosa con gli amici o famigliari basandosi appena su qualche aspetto particolare del messaggio che pensano susciti in loro qualche particolare emozione o reazione. Il

(41)

messaggio può essere umoristico, presentare interessanti elementi grafici, o altre caratteristiche che saranno apprezzate maggiormente proprio perché inviate da un soggetto col quale esiste un rapporto stabile.

(42)

2.8 P

UNTI DI DEBOLEZZA DEL VIRAL MARKETING

.

I punti di debolezza di un programma di marketing virale sono rappresentati da: mancanza di controllo sulla propagazione del messaggio, difficoltà di misurazione degli effetti, e da problemi etici e legali. Quest ultimo non è da considerarsi come un vero e proprio problema essendo di carattere generico ma crediamo che sia opportuno inserirlo in questa lista poiché ha limitato e limiterà l’utilizzo dello strumento per gli e-marketers.

2.8.1 Mancanza di controllo della propagazione del messaggio.

Questa difficoltà può essere vista come il capo espiatorio di tutti gli altri punti deboli di una campagna di marketing virale. La pubblicità tradizionale in generale dà ad un’azienda, più controllo sul contenuto e la disseminazione del messaggio.

Quando un’azienda colloca avvisi pubblicitari su magazines o media, quali tv e radio, il controllo sulla propagazione e sull’audience del messaggio è maggiore, anche perché l’individuazione del target di riferimento è più sicura, essendo le tecniche in tali campi consolidate.

Il viral marketing non offre questa stessa sicurezza. Come afferma Welker (2002), “teoricamente l’ideavirus (il messaggio infetto) viaggia senza fine”. Inoltre le imprese corrono un rischio ben più provante che il messaggio provochi un impatto negativo sul prodotto o sul brand. La rete estremamente collegata di consumatori può avere effetti collaterali indesiderabili se il messaggio (stessa considerazione vale per il prodotto) non è amato.

La probabilità che clienti insoddisfatti passino il messaggio ad altri soggetti è più alta rispetto al caso in cui il cliente si trasforma in un supporter del messaggio. La figura 4 in basso, mostra esattamente quanto detto. Come si può facilmente constatare un “terrorista” ha un coefficiente di raccomandazione approssimativamente pari al doppio di quello di un “supporter”.

(43)

Figura 4: differenza fra i coefficienti di raccomandazione dei clienti soddisfatti e insoddisfatti.

Fonte:Xerox, Cerf, Heskett, Sasser, analisi Arthur D. Little

Inoltre in alcuni casi, il marketing non tradizionale (e dunque anche il viral che ne rappresenta una forma) può essere visto dai clienti come una forma intrusiva o meglio ingannevole da parte dei clienti.

2.8.2 Difficoltà nella misurazione degli effetti.

Una delle più grandi difficoltà che presenta una campagna di marketing virale, è la possibilità di misurare con una certa precisione gli effetti.

Le pubblicità sui media tradizionali godono in tal contesto, di migliori possibilità dovuta all’accumulata esperienza da parte dei marketers e delle agenzie nella misurazione e previsione degli effetti che una campagna pubblicitaria off-line potrà avere.

Figura

Tabella 3: confronto fra marketing tradizionale e marketing virale.
Figura 1: classificazione del marketing virale.
Tabella 4: possibili usi del blog aziendale.
Tabella 5: top 10 social networks.
+7

Riferimenti

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