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Capitolo 3: SINTOMATOLOGIA&DIAGNOSI

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Academic year: 2021

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Capitolo 3: SINTOMATOLOGIA&DIAGNOSI

3.1 SINTOMATOLOGIA

È ampiamente accettata la suddivisione della sintomatologia in quattro fasi fondamentali:

1. La fase prodromica. 2. La fase acuta. 3. La fase subacuta. 4. La fase cronica.

La fase prodromica, ovverosia asintomatica per quanto concerne i sintomi della laminite: in questa fase possono essere evidenti i sintomi a carico di altri apparati, ad esempio, sintomi di colica, di polmonite, di ritenzione di placenta, etc.., cioè i sintomi della malattia primaria a cui può succedere la laminite.

Questa fase, temporalmente, va da quando agisce l’agente casuale, alla manifestazione di sintomi clinici propri della laminite: si ritiene che l’intervallo di tempo sia di 20h-40h (schema di Hood D. M. , 1999). Il fatto è che durante tale fase si verifica il vero e proprio danno dell’apparato di sostegno della terza falange e che quando compaiono i sintomi, spesso e volentieri si sono già instaurate lesioni irreversibili. Tuttavia in tale lasso di tempo sarebbe opportuno agire su base preventiva, onde dove, possibile, prevenire l’insorgenza della malattia e dove non, andare a limitare il più possibile i danni.

La fase acuta, và dal manifestarsi dei primi sintomi clinici propri della laminite, alla comparsa dei segni radiografici e/o non di

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spostamento della terza falange. Tale fase prende un periodo di 24h-72h (vd. schema n.1). Compaiono in questa fase i sintomi caratteristici della laminite (C.C. Pollitt, 2001):

OBEL I

 gli zoccoli possono presentarsi caldi (anche se non è un segno patognomonico, potendosi riscontrare in svariate situazioni).

 il polso digitale diviene evidente e “saltellante” con frequenza aumentata (arteria digitale laterale e mediale, percepibili a livello del pastorale, a volte anche direttamente visibile alla sola osservazione).

 possibilità di evocare dolore mediante le tenaglie da piede andando a comprimere sulla suola.

 il dolore viene altresì evocato alla percussione della parete.

 la zoppia si rende particolarmente evidente quando il cavallo viene fatto voltare in stretto raggio.

 si ha l’abolizione del dolore mediante anestesia locale sesamoidea abassiale (rivedere).

 nel grado I di Obel, l’animale presenterà zoppia al trotto ed essa potrà essere evidente anche solo quando il soggetto viene fatto voltare in uno stretto raggio, oppure condotto su terreno duro. In questo caso spesso il primo sintomo che si è verificato il danno lamellare, consiste nell’atteggiamento del cavallo che inizia a spostare alternativamente ilpeso delcorpo da un anteriore all’altro; è possibile che tale atteggiamento si verifichi, seppur più raramente anche a carico dei posteriori. E così come c’è correlazione diretta

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________________________________________________________________62 tra algia mostrata dal soggetto e danno lamellare che si è instaurato, la frequenza dell’alternarsi del carico, aumenta all’alternarsi del dolore (vd. figura 1).

 Il bipede anteriore solitamente è colpito con maggiore incidenza e gravità, ciò in relazione al fatto che il 65% del peso corporeo è distribuito a questo livello.

Figura 1. Soggetto che alterna il carico sugli anteriori. Notare che è stato fornito al cavallo la possibilità di muoversi volontariamente su di un letto di soffici trucioli. ( Pollitt C.C.,“Equinelaminitis”.Pag.53.RIRDIC,2001.)

OBEL II

I cavalli che sviluppano una più estensiva patologia lamellare mostreranno segni clinici più ovvi, la zoppia sarà presente anche al passo ; inoltre tali soggetti mostreranno segni di disagio, potranno

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tremare, sudare, presentare frequenza cardiaca e respiratoria aumentata.

OBEL III

Il soggetto severamente colpiti: rifiuterà di sollevare il piede da terra, poiché il caricare tutto il peso sul controlaterale, causa un estremo dolore e parimenti il soggetto si rifiuta, se non forzato, di muoversi anche solo al passo. In stazione gli arti anteriori, maggiormante colpito, sono portati in avanti, caricando sulla porzione posteriore del piede, sui talloni anziché la punta; i posteriori invece sono portati“sotto disè” nel tentativo di spostare quanto più possibile il carico del peso corporeo caudalmente. Questo appena descritto è, diciamo, il classico atteggiamento del cavallo affetto da un attacco acuto di laminite, parimenti anche nella fase cronica il medesimo atteggiamento pùo essere presente. Un tale comportamento (vd. figura. 2) di solito non pone dubbi da un punto di vista diagnostico, avendo come diagnosi differenziale patologie a carico dell’osso navicolare o anche ad esempio gravi forme di risentimento muscolare di varia natura, ma difficilmente nel primo caso entrambi gli anteriori sono colpiti nella medesima maniera, e in entrambi i casi la modalità di insorgenza si presenta ben distinguibile dalla laminite.

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Figura 2. Questa immagini mostrano soggetti colpiti da laminite, nel classico atteggiamento assunto quando è il bipede anteriore ad essere maggiormente colpito.

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L’animale tende a non muoversi spontaneamente, e se forzato a farlo, caricherà il peso sui posteriori inarcando la groppa nel tentativo di evitare il più possibile il carico sui posteriori, quindi l’animale prima di avanzare bascula indietro e, se deve girare lo fa spostando prima il peso indietro, portando in alto la testa ed il collo, e poi ruotandosi sui posteriori. Quando è colpito maggiormente il bipede posteriore, allora il quadro è invertito rispetto alla descrizione precedente ed inoltre si presenterà un atteggiamento di ipermetria simile all’arpeggio: il cavallo cioè nel tentativo di evitare il più possibile il contatto con il suolo ed in punta, tende a sollevare maggiormente e a portare più anteriormente del normale il posteriore. Gli anteriori saranno in questo caso portati indietro sotto il torace e il cavallo si muove attorno agli anteriori, abbassando la testa ed il collo per scaricare il peso dai posteriori. È possibile in questo caso che si abbia l’alternarsi del carico da un anteriore all’altro.

OBEL IV

Con un severo e gravissimo cedimento lamellare in tutti e quattro i piedi, il cavallo resterà immobile, in atteggiamento di forte dolore e frequentemente tali soggetti giacciono a terrra per la maggior parte del tempo, tenendo gli arti distesi e rifiutandosi di alzarsi se non vivacemente stimolati.

Fase subacuta, si instaura quando in seguito alla fase acuta, trascorse 24h-72h non si ha mutamento di posizione della falange,

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________________________________________________________________66 tale fase durerà almeno due mesi, tempo necessario affinché si abbia una riparazione delle lamelle, come pure può , a seconda dei danni che si sono instaurati, trasformarsi nuovamente in attacco acuto allorquando si presentano i medesimi od altri fattori scatenanti.

Fase cronica, si instaura in seguito a quello che Hood chiama “ colasso digitale” ( digital collapse) ovvero sia lo spostamento (displacement) della falange distale, che, non ben ancorata alla scatola cornea può ruotare in senso palmare oppure scendere, sink, letteralmente affondare, nella scatola cornea. Si instaura un mutamento cioè del normale assetto della terza falange, ed a seconda della gravità della situazione si associano anche segni a livello della corona: comparirà uno “scalino” al margine fra zoccolo e cute, essendo la falange discesa nella scatola cornea (vd. figura 3). A livello della suola avremo: perdita della concavità, progressivamente all’appiattimento, fino ad un possibile aspetto convesso ed addirittura allo sfondamento della suola ed affacciarsi della P3,o meglio delderma che la riveste,all’esterno.

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Figura 3.Lo “scalino” checomparein corona,evidenziato medianteilditoindice che riesce ad affondare nella zona della corona, mentre in condizioni normali qui si apprezza una convessità dura.

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Figura 4.Leimmaginimostrano dall’alto verso ilbasso:suola cheha perso la concavità fino a divenire convessa (freccia) ed essendo pertanto visibile sotto il margine della parete. Sfondamento della suola e prolasso del derma soleare, prima e dopo il curettage del piede. ( PollittC.C.,“Equinelaminitis”.Pag.53.RIRDIC,2001.)

La durata della fase cronica permane per diversi mesi, difatti l’unica possibilità di eliminare il dolore e restituire la funzionalità anche parziale, al soggetto consiste nell’effettuare una successive ferrature correttive volte a riportare la falange nella posizione originale; ammesso che ciò sia possibile, il periodo di tempo richiesto non è inferiore ai sei mesi. Tuttavia la cronicità può permanere per tutta la vita del soggetto, andandolo inoltre a predisporre maggiormente ad attacchi acuti di laminite, ed inoltre si può anche verificare il caso che, come nel caso dello sfondamento della suola, la condizione diventi incompatibile con la vita del soggetto.

3.2 DIAGNOSI

La diagnosi di laminite è essenzialmente basata sulla sintomatologia del soggetto: l’atteggiamento del soggetto colpito nella fase acuta è abbastanza patognomonico e caratteristico. Alla visita il soggetto va ben valutato, cercando di localizzare mediante percussione e l’utilizzo delle tanaglie da piede, quale sia la porzione dolorante e quale quella meno che può essere reclutata per l’appoggio. Viene preso in considerazione il polso digitale, la sua frequenza è in relazione, anche se non in maniera sempre costante, con la gravità della situazione e dolore. Bisogna altresì porre attenzione alla conformazione del piede ed effettuare delle lastre radiografiche al fine di avere un riferimento

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della situazione iniziale; difatti, visto che questa patologia nella maggior parte dei casi va ad alterare i rapporti tra scatola cornea e falange, e visto che solo il ristabilirsi di questi ultimi quanto più vicino all’origine, può determinare la cessazione della sofferenza dell’animale: è di vitale importanza conoscere la situazione iniziale. Alcuni clinici addirittura, vedono come buona norma, fare delle lastre del piede, sano, da tenere come punto di riferimento, qualora si verificasse la patologia, essendoci in verità da una razza all’altra ma anche da un soggetto all’altro, un’estrema variabilità. Al fine di poter valutare il piede è indispensabile oltrechè una corretta e costante tecnica radiografica, l’utilizzo di markers, quali: un asticella di metallo o chiodo da ferratura, o striscia di pasta contrastografica a base di bario, o comunque sia un materiale radiopaco, possibilmente di misura nota, da porre sulla parete dorsale a partire dalla giuntura tra cute e parete (subito sotto la corona); ed una puntina da disegno da porre sulla suola, subito al davanti della punta del fettone.

INDAGINE RADIOGRAFICA NEL SOGGETTO LAMINITICO: RADIOGRAFIA E VENOGRAFIA.

RADIOGRAFIA:

L’indagine radiografica solitamente è lo strumento diagnostico di conferma, in questa patologia dove la diagnosi si fa essenzialmente sulla sintomatologia, e dove parimenti non è detto che le alterazioni radiografiche siano immediatamente evidenti. Altresì, questo mezzo di indagine gioca un ruolo chiave nel seguire l’evoluzione della malattie e soprattutto nel determinare una corretta ferratura. In alcuni casi poi

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________________________________________________________________70 particolari, si può riscontrare, in maniera casuale, che un soggetto apparentemente sano e senza alcun problema correlabile direttamente alla laminite, presenti un quadro radiografico, compatibile con un attacco non recente.

TECNICA:

Viene qui fatta breve trattazione della metodica radiologica con particolare riferimento, a quegli accorgimenti necessari ed indispensabili da prendere, quando si analizza un soggetto laminitico; viene data altresì breve trattazione di quali sono i parametri radiografici da prendere in considerazione nella valutazione del soggetto (Cripps P. J. , Eustace R. A. , 1999). Per quanto riguarda la tecnica radiografica, andrebbe adottata una procedura “standard” in modo tale da ottenere lastre tra loro paragonabili nel tempo.

Alcuni accorgimenti sono:

 Porre entrambi gli anteriori o posteriori sui blocchi da radiografia e centrare il fascio di raggi a metà dello spazio tra punta e talloni, a circa un paio di centimetri sopra alla linea di appoggiodel piede, in corrispondenza cioè del margine palmare della falange distale (Redden R. F. , 2003).

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Figura 5. corretto posizionamento del soggetto. (Redden R. F. , “A technique for performing digitalvenography in the standing horse”.Pag.128.Equinevet.Educ.13 (3).2001.)

 La distanza tra apparecchio radiografico e zoccolo, per consentire la visualizzazione ottimale dei tessuti molli e limitare al massimo la distorsione, è di 80cm.

 È necessario porre sulla scatola cornea dei markers radiopachi di riferimento per così valutare alcuni parametri: come markers si possono utilizzare gli oggetti più vari, dalle monete, al chiodo da ferratura, alla puntina da disegno etc. Le caratteristiche essenziali che il marker, (Pollitt C. C., 2001) qualunque esso sia, dovrebbe avere sono le seguenti:

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________________________________________________________________72  essere di grandezza nota.

Figura 6. Corretto posizionamento del soggetto sui blocchi, del marker ed indicazione del fascio di raggi x (rappresentati dalla freccia nera). ( PollittC.C.,“Equinelaminitis”. Pag. 53. RIRDIC, 2001.)

Per quanto riguarda il posizionamento: un marker (di solito di forma lineare) và posto nel mezzo della parete (vd. fig. 6), sopra diessa con un’estremità posta a partire dalla linea diseparazione tra muraglia e pelo ( la così detta “linea del pelo”); l’altro, di solito per comodità di applicazione una puntina da disegno, si colloca al davanti della punta del fettone, sulla suola.

PARAMETRI:

Utilizzando i precedenti accorgimenti,sono stati messi a punto dei parametri, da valutare analizzando la lastra radiografica di un soggetto colpito da laminite( Floyd A. , 2007), che verranno qui di seguito elencati e brevemente spiegati:

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 L’angolo palmare (Palmar Angle) della terza falange: è l’angolo formato dal piano passante per il margine palmare della falange distale che si interseca con il piano di appoggio. Idealmente sarebbe pari a zero gradi, in caso di rotazione della falange esso diviene positivo, poi ci sono variazioni individuali, per cui ad esempio è tipico e fisiologico, riscontrare tale angolo di pochi gradi e negativo nei soggetti Qharter horse e derivati.

Figura 7. Lastra radiografica nella quale in rosso sono indicati i parametri a cui si fà riferimento nel testo e le relative misure espresse in millimetri. (Redden R. F. , “A technique forperforming digitalvenography in thestanding horse”.Pag.128.Equinevet. Educ. 13 (3).2001.)

 L’ampiezza dello spazio compreso tra margine esterno della parete e lo spessore della zona lamellare (in inglese indicato come H-L: dove H stà per Horn ed L stà per Lamellar zone): essa comprende quindi sia gli strati di corno che quelli di tessuto lamellare. La distanza H-L

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________________________________________________________________74 è misurata in due punti: appena distalmente alla base del processo estensore, e, al margine dorso-distale, della falange distale (cioè sull’apice di quest’ultima). Questi due parametri sono poi espressi come un rapporto tra la misura prossimale e quella distale (es.19/19mm). Diciamo che una distanza normale è rappresentata da un valore all’incirca di18 millimetri.

 La distanza tra il processo estensore della falange distale e la corona, in inglese C-E, dove C stà per Coronary ed E stà per Exstensor process, ( si può trovare indicata anche come E-C, con gli stessi riferimenti per quanto riguarda le lettere, ma disposti all’inverso). Essa rappresenta la distanza verticale tra il margine superiore del processo estensore di P3 ed il limite prossimale della parete e cioè la cosìdetta “linea delpelo”.

 Spessore della suola in punta (SDT) ed alla ali (SDW): è la distanza tra il margine palmare di P3 e la superficie esterna della suola. La profondità della suola si misura in due punti, in punta ed alle ali di P3, prendendo così in considerazione il fatto che essa è concava e di spessore variabile. Questi due parametri possono poi essere espressi come rapporto tra SDT e SDW ( es. 20/23mm), le sigle derivano dal nome in inglese e rispettivamente: Sole Depth Tip e Sole Depth Wings. Un valore accettabile è rappresentato da 17mm.  Tessuti molli, si và ad apprezzare, nella proiezione latero-laterale, la

porzione al davanti il margine dorsale di P3: a questo livello si apprezzerà sulla lastra uno spazio nero, più prossimo all’osso, corrispondente ai tessuti molli del derma e parte dell’ingranaggio

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con l’epidermide; verso l’esterno avremo invece una zona grigia, corrispondente al corno. Il rapporto tra questi due spazi, ottimale è di 1:1. A questo livello si potranno poi avere delle importanti alterazioni:

 l’aumento del nero, indica uno stato di congestione ed edema a livello lamellare;

 la presenza di strie nere, ben definite, indica raccolta di liquido, od altrettanto frequentemente si possono avere a tale livello dei distacchi e la penetrazione di aria ( nei casi più drammatici l’aria viene prodotta da batterid’irruzione secondaria),quest’ultima và a costituire delle strie nere contornate dal grigio del corno, esse in inglese prendono il nome digas line.

Quindi riassumendo si valutano i seguenti parametri:  ANGOLO PALMARE.

 H-L.  E-C.

 SDT e SDW.  TESSUTI MOLLI.

Tramite diessiè possibile avere,un’idea abbastanza precisa,di come si sia spostata la terza falange e soprattutto di quali siano le strutture danneggiate nel piede.

In aggiunta ai parametri sopra elencati, uno di particolare importanza, è la valutazione del parallelismo tra la superficie dorsale della parete e terza falange, si apprezza, in proiezione latero-laterale, dopo aver posto il marker sulla parete come già descritto precedentemente. In

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________________________________________________________________76 condizioni normali le due strutture sono parallele, mentre in corso di laminite si possono apprezzare fondamentalmente due alterazioni, entrambe caratterizzate da rotazione della falange (Herthel D. , Hood D. M. , 1999):

 Rotazione capsulare: in cui si ha perdita del parallelismo tra falange e parete, ma permanenza dell’allineamento con l’asse digitale.

 Rotazione della falange : in cui la falange ruota rispetto all’asse digitale, attorno all’articolazione interfalangea distale, quest’ultimo è un asse che idealmente risulta dall’allineamento degliassidelle tre falangi.

Perdendosi il parallelismo, se si fa la differenza tra, l’angolo determinato dal piano passante per la superficie dorsale di P3 ed il piano orizzontale, e l’angolo determinato dalla superficie dorsale della parete ed il piano orizzontale: otteniamo l’angolo di rotazione della falange rispetto alla scatola cornea. Un altro angolo di rotazione ottenibile, ed anch’esso valido, è quello dell’asse di P3 rispetto all’asse digitale, che ovviamente in condizioni normali è prossimo allo zero.

VENOGRAFIA:

Essa rappresenta, per così dire una variante, dell’indagine radiografica classica ed ha assunto sempre maggior importanza nell’ultima decina di anni, nello studio sia sperimentale che pratico della laminite. Tale metodica è stata messa a punto relativamente di recente: dopo il tentativo di A. M. Ritmeester (Ritmeester et al. , 1998), di iniettare il mezzo di contrasto direttamente in arteria, con l’inconveniente però di

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determinare vasospasmo; C. C. Pollitt ha dimostrato, utilizzando modelli in vitro, il riempimento retrogrado della circolazione arteriosa del dito in seguito all’iniezione delmezzo dicontrasto nella vena digitale. Quindi R. F. Redden, clinico, e C. C. Pollitt, ricercatore, lavorando assieme, hanno messo a punto tale metodica venografica (Redden R. F. , 2001), che prevede l’infusione del mezzo di contrasto nella vena digitale al fine di valutare la vascolarizzazione arteriosa del piede.

Figura

Figura 1. Soggetto che alterna il carico sugli anteriori. Notare che è stato fornito al cavallo la possibilità di muoversi volontariamente su di un letto di soffici trucioli
Figura 2. Questa immagini mostrano soggetti colpiti da laminite, nel classico atteggiamento assunto quando è il bipede anteriore ad essere maggiormente colpito.
Figura 3. Lo  “s c al i no”  c he c ompar e i n  c or ona, e vi de nzi at o  me di ant e i l di t oindice che riesce ad affondare nella zona della corona, mentre in condizioni normali qui si apprezza una convessità dura.
Figura 5. corretto posizionamento del soggetto. ( Re dde n R.  F.  ,  “A t e chni que  f or pe r f ormi ng  di gi t al ve nogr aphy  i n  t he  s t andi ng  hor s e ”
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