S&F_scienzaefilosofia.it ISSN 2036_2927 www.scienzaefilosofia.it
Eventuali proposte di collaborazione (corredate da un breve curriculum) vanno inviate via email all’indirizzo:
redazione@scienzaefilosofia.it
L’immagine in copertina, Medusa, è opera del Maestro Nizzo de Curtis COMITATO SCIENTIFICO
PAOLO AMODIO Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli Federico II
GUIDO BARBUJANI Docente di Genetica _ Università degli Studi di Ferrara
EDOARDO BONCINELLI Docente di Biologia e Genetica _ Università “Vita‐Salute San Raffaele”
di Milano
ROSSELLA BONITO OLIVA Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli – L’Orientale
BARBARA CONTINENZA Docente di Storia della scienza e delle tecniche _ Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
MASSIMILIANO FRALDI Docente di Scienza delle costruzioni _ Università degli Studi di Napoli Federico II
ORLANDO FRANCESCHELLI Docente di Teoria dell’evoluzione e Politica _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
ELENA GAGLIASSO Docente di Filosofia e Scienze del vivente _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
PIETRO GRECO Giornalista scientifico e scrittore, Direttore del Master in Comunicazione Scientifica della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste
GIUSEPPE LISSA Professore Emerito di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Napoli Federico II
GIUSEPPE O. LONGO Docente di Teoria dell’informazione _ Università degli Studi di Trieste
MAURIZIO MORI Docente di Bioetica _ Università degli Studi di Torino
TELMO PIEVANI Docente di Filosofia della Scienza _ Università degli Studi di Milano‐
Bicocca
VALLORI RASINI Docente di Filosofia Morale _ Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
STEFANO RODOTÀ Docente di Diritto Civile _ Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
SETTIMO TERMINI Docente di Cibernetica _ Università degli Studi di Palermo NICLA VASSALLO Docente di Filosofia Teoretica _ Università degli Studi di Genova
INTERNATIONAL ADVISORY BOARD
DAVID BANON Professeur au Département d’études hébraïques et juives, Université de Strasbourg; Membre de l’Institut Universitaire de France; Prof. invité au départment de pensée juive, Université hébraïque de Jérusalem EDWARD K. KAPLAN Kevy and Hortense Kaiserman Professor in the Humanities, Brandeis
University, Waltham, Massachusetts
NEIL LEVY Deputy Director (Research) of the Oxford Centre for Neuroethics; Head of Neuroethics at the Florey Neuroscience Institutes, University of Melbourne
ANNA LISSA Wiss. Mitarbeiterin am Institut für Jüdische Philosophie _ Universität Hamburg
DIEGO LUCCI Associate Professor of History and Philosophy, American University in Bulgaria
DAVIDE MAROCCO Lecturer in Cognitive Robotics and Intelligent Systems, Centre of Robotics and Neural Systems, School of Computing and Mathematics, University of Plymouth, UK
MAX STADLER Professur für Wissenschaftsforchung, Eidgenössische Technische Hochschule, Zürich
REDAZIONE
PAOLO AMODIO (DIRETTORE) Università degli Studi di Napoli Federico II_ Facoltà di Lettere e Filosofia_ Dipartimento di Filosofia “A. Aliotta”_ Via Porta di Massa, 1 80133 Napoli tel. +390812535582
fax +390812535583 email: paamodio@unina.it CRISTIAN FUSCHETTO Università degli Studi di Napoli_Federico II FABIANA GAMBARDELLA Università degli Studi di Napoli_Federico II GIANLUCA GIANNINI Università degli Studi di Napoli_Federico II DELIO SALOTTOLO Università degli Studi di Napoli_L’Orientale ALESSANDRA SCOTTI Università degli Studi di Napoli_Federico II ALDO TRUCCHIO Université de Genève
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Scienza&Filosofia 2015_numero quattordici, tra filosofia e psichiatria. Online per scelta, in ordine al dinamismo e all’immediata disponibilità della ricezione, adattandosi volentieri ai tempi e agli spazi che la rete in genere istituisce:
vorrebbe essere agile e facilmente fruibile per chi è interessato a prender parte alle nostre discussioni. La sua mission non può dunque che essere diretta e senza scolastici orpelli:
Preoccupata di istituzionalizzarsi come depositaria della coscienza etica del progresso scientifico, a quasi trent’anni dalla sua nascita la bioetica sembra essere a un bivio: rinnovare il suo statuto o rischiare di smarrire definitivamente la sua mission di disciplina di incrocio tra sapere umanistico e sapere scientifico. È nostra convinzione che la bioetica possa continuare a svolgere un ruolo solo se, piuttosto che salvaguardare principi assiologici di una realtà data, sia intenzionata a ripensare criticamente i valori alla luce dei cambiamenti, epistemologici prima ancora che ontologici, dettati dall’età della tecnica. Il nostro obiettivo è quello di individuare ed evidenziare il potenziale d’innovazione filosofica tracciato dalla ricerca scientifica e, al contempo, il potenziale d’innovazione scientifica prospettato dalla riflessione filosofica.
Da questa mission la rivista trova l’articolazione che ci è parsa più efficace. Anche questo numero conterrà perciò le tipiche sezioni:
D OSSIER Il vero e proprio focus tematico scelto intorno al quale andranno a orbitare
S TORIA Esposizione e ricostruzione di questioni di storia della scienza e di storia di filosofia della scienza con intenzione sostanzialmente divulgativa;
A NTROPOLOGIE Temi e incroci tra scienze, antropologia filosofica e antropologia culturale;
E TICHE Riflessioni su temi di “attualità” bioetica;
L INGUAGGI Questioni di epistemologia;
A LTERAZIONI Dalla biologia evoluzionistica alla cibernetica, temi non direttamente “antropocentrati”;
C OMUNICAZIONE La comunicazione della scienza come problema filosofico, non meramente storico o sociologico. In altri termini:
quanto la comunicazione della scienza ha trasformato la scienza e la sua percezione?;
A RTE Intersezioni tra scienze e mondo dell’arte;
R ECENSIONI &R EPORTS Le recensioni saranno: tematiche, cioè relative al dossier scelto e quindi comprensive di testi anche non recentissimi purché attinenti e importanti; di attualità, cioè relative a testi recenti. Reports di convegni e congressi.
Per favorire la fruibilità telematica della rivista, i contributi si aggireranno tra le 15.000 – 20.000 battute, tranne rare eccezioni, e gli articoli saranno sempre divisi per paragrafi.
Anche le note saranno essenziali e limitate all’indicazione dei riferimenti della citazione e/o del riferimento bibliografico e tenderanno a non contenere argomentazioni o ulteriori approfondimenti critici rispetto al testo.
A esclusione delle figure connesse e parti integranti di un articolo, le immagini che accompagnano i singoli articoli saranno selezionate secondo il gusto (e il capriccio) della Redazione e non pretenderanno, almeno nell’intenzione – per l’inconscio ci stiamo attrezzando – alcun rinvio didascalico.
Last but not least, S&F_ è parte del Portale Sci‐Cam (Percorsi della scienza in Campania, www.sci‐cam.it) in virtù di una condivisione di percorsi e progetti.
Le immagini d’apertura ai singoli articoli – coperte da copyright
– www.caldwelllever.com – che appaiono in questo numero, sono
3
Un grazie particolare a Delio che si è prodigato molto per l’uscita di questo numero.
In rete, dicembre 2015
La Redazione di S&F_
S&F_n. 14_2015
I NDICE
5
D
OSSIER8
Psichiatria e filosofia. Allittero ergo sum.
Psicolatrie e filosofemi_psicolatrati e filosofischi
14F
ABRIZOG
AMBINIPsychiatry Today
28
B
RUNOM
ORONCINIIl dona‐niente e il debito impagabile. Jacques Lacan fra Heidegger e Mauss
51
D
ELIOS
ALOTTOLOAnomia, anormalità e patologia: alcune note sulla relazione tra filosofia, scienze umane e psichiatria
74
C
HANTALM
ARAZIA–
S
AMUELT
HOMAOn the Use and Abuse of philosophy for psychiatry (and on the use of history)
84
F
ABIANAG
AMBARDELLAAntropologia e psichiatria: Ernesto de Martino e i mondi
“altri”
95
E
NRICOB
ENIAMINO DEN
OTARISPenso mas não existo. Il singolo come molteplicità pluripersonale. La ricerca di Sergio Piro
117
A
LESSANDRAS
COTTIQuel che resta della psicanalisi. Una lettura merleau‐
pontiana di Freud
125
F
ULVIOS
ORGEPsichiatria e psicoanalisi: relazioni virtuose
146
M
ARIAB
ETTEGHELLAScimpanzé, lunatici e poeti. Il contributo di Gregory Bateson alla psichiatria
S
TORIA164
M
ONICAR
ICCIOSentire, esprimere, simulare: arte della recitazione e scienza delle passioni nel tardo Ottocento
A
NTROPOLOGIE182
S
ALVATOREG
IAMMUSSOIdee per un’antropologia
ermeneutica
E
TICHE211
M
ARIAT
ERESAS
PERANZAFormalità e materialità dell’etica. Dal dover essere all’evidenza assiologica
L
INGUAGGI235
S
ANDROB
ALLETTAImre Lakatos e il problema della demarcazione
A
LTERAZIONI253
V
ALLORIR
ASINIUna filosofia per la neurofisiologia:
Weizsäcker e la forma dell’esperienza
C
OMUNICAZIONE266
C
RISTIANF
USCHETTOFruizione incarnata dei beni culturalitra Dissemination e Interaction Design
A
RTE273
L
EONARDOV.
D
IS
TASOLe “scarpe di Van Gogh” e le scarpe della contadina
R
ECENSIONI&R
EPORTSreport
288
Attualità di Gabriel Tarde: sociologia, psicologia, filosofia. Giornata di studi in onore di Gabriel Tarde.
Biblioteca di Area Umanistica dell’Università Federico II di Napoli 14 Ottobre 2015
(M
ARIAT
ERESAS
PERANZA)
recensioni
297
Ludwig Binswanger, La psichiatria come scienza dell’uomo, Mimesis, Milano‐Udine 2013
(D
ELIOS
ALOTTOLO)
302
Erwin W. Straus, Il vivente umano e la follia. Studio sui fondamenti della psichiatria, Quodlibet, Macerata 2010 (D
ELIOS
ALOTTOLO)
308
Jean Piaget, Saggezza e illusioni della filosofia. Carattere e limiti del conoscere filosofico, Einaudi, Torino 1975
(F
ABIANAG
AMBARDELLA)
311
Paul B. Preciado, Testo tossico. Sesso, Droghe e Biopolitiche nell’Era farmacopornografica, Fandango Libri, Roma 2015
(E
MILIAM
ARRA)
315
G
IANLUCAG
IANNINIEconomia e destino (prossimamente ánthropos?)
in margine a:
Aldo Masullo – Paolo Ricci, Tempo della vita e mercato del tempo. Dialoghi tra filosofia ed economia sul tempo: verso una critica dell’azienda capitalistica, Franco Angeli Editore, Milano 2015
336
Aldo Masullo, Il tempo e la grazia. Per un’etica attiva della salvezza, Donzelli, Roma 1995
(A
LBERTOG
IOVANNIB
IUSO)
S&F_n. 14_2015
D OSSIER
Psichiatria e filosofia. Allittero ergo sum.
Psicolatrie e filosofemi_psicolatrati e filosofischi
ABSTRACT: In the story of culture, Philosophy and Psychiatry have intercepted each other more frequently to emphasize methodological distinctions than to integrate their respective analyses into a coherent picture. A story of disagreements, of categorical closures followed by sudden and not always sincere concordance in the name of the opposing concepts of Universality and Medicine, one would say. Here we ask whether it is still possible to rebuilt a conceptual framework, a new chapter in this relationship, to imagine new discursive possibilities.
Non faccio filosofia ma mi limito a pensare nell’ambito del compito specifico che mi sono posto: essere un vero psichiatra. È così che mi sono trovato, e così funziono come membro della società umana. Non nego affatto che altri ne sappiano più di me. Io non so, per esempio, come si potrebbe mai sperimentare Dio disgiunto dall’esperienza umana. Se non Lo sperimento, come posso dire allora che Egli è?
La mia esperienza però è assai ristretta e ben piccola, e anche l’oggetto dell’esperienza è piccolo e condizionato dalla natura umana, nonostante l’opprimente intuizione dell’incommensurabilità: lo si vede benissimo quando si cerca di esprimerlo. Nell’esperienza tutto cade in preda all’ambiguità della psiche. La più grande esperienza è anche la più piccola e angusta, e perciò ci si trattiene con pudore dal parlarne a voce troppo alta o, addirittura, dal filosofarci sopra. Inoltre si è troppo piccoli e insufficienti per arrogarsi una pretesa del genere.
Jung
input_
Filosofia e psichiatria (quanto meno quella che si è declinata
anche in termini di psicoterapia) sono essenzialmente – per natura
e per statuto teorico – “discorsi”, “narrazioni”. Analisi e
psicoanalisi, accademia e clinica, cura e guarigione, universale e
caso. Nella storia della cultura, filosofia e psichiatria –
spesso, ma non solo, in virtù della psicoanalisi – si sono
incontrate e più spesso per distinguersi metodologicamente
piuttosto che per coimplicarsi. Storia di attriti, forse, o di
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improvvisi ma non sempre autentici abbracci. Reciproche chiusure categoriali. Da un lato in nome di un’universalità, dall’altro in nome della clinica e del farmaco. Se c’è una storia riconosciuta – ma non sempre veramente indagata nei suoi riflessi e nelle sue effettive opzioni (al di là di Freud e Jung) da Jaspers a Binswanger a Foucault a Lacan – oggi le neuroscienze sembrano addirittura imporre un terreno di coltura condivisibile. È davvero così? La domanda, dunque, verte sui paradigmi: cui prodest philosophia? Difficile a dirsi: intanto, la storia della psichiatria e dell’istituzione psichiatrica ha incontrato e incontra spesso la “filosofia” come suo modello fondazionale e, allo stesso tempo, come suo orizzonte oppositivo. Non bisogna scomodare Charcot e Kraepelin, ad esempio, come momento di riversamento filosofico nella costituzione della psichiatria, o Goffman, Foucault e Basaglia come momento di confronto critico, produttivo e riproduttivo. E, del resto, le stesse scuole critiche, come quella dell’etnopsichiatria, non possono che complicare la domanda non soltanto sullo statuto paradigmatico della psichiatria (la malattia, i sintomi, le risposte sono universali? o, al limite: esistono?), ma anche sul suo ruolo nella definizione complessa della natura della natura umana e della cultura della natura umana, tra bíos e téchne. La psichiatria assume, dunque, quel ruolo anfibio che svela la complessità del Moderno e dei nuovi modelli di rappresentazione dell’umano: la contrapposizione tra natura e cultura, la relazione tra fondamento e struttura, la liaison pornographique tra istituzione e costituzione. Sullo sfondo, la narrazione sempre più complessa della manchevolezza strutturale dell’animale umano. Anche solo a mo’ di messa a punto: è possibile ricostruire il quadro, riproporre concetti e categorie, aspettarsi un nuovo quoziente di quel rapporto, intuire nuove possibilità discorsive?
_output
Dunque, lo psichiatra ha un paziente, per il quale a volte c’è solo un farmaco senza psicoterapia. Oppure la psicoterapia è il farmaco. Ma ci giro intorno. Come che vada, non sempre c’è narrazione o discorso, ma silenziosa cura clinica: la narrazione è dunque lo sguardo strabico della filosofia che guarda alla psichiatria e – come lo studente di filosofia del liceo che confonde filosofia e psicologia – la confonde con la psicoanalisi e i suoi racconti.
Se è vero – come qualcuno qui ha scritto – che il punto centrale della psichiatria del terzo millennio è che non è attrezzata per riconoscere il suo limite e concepisce l’altro, il suo paziente, come un oggetto da ridurre alla forma della sua supposta curabilità, la filosofia è ozio colpevole, negozio e postulato di potere senza alterità, senza differenza, presuntuosa di prassi.
Tra psichiatria e filosofia c’è chi ci rimette la vita, chi invece scommette con Dio. E poi tanti volti, maschere, Io: odiosi, trascendentali, duplici, animati, corporei, mentali, incarnati, scheletrici, esoterici, assoluti, patici, psicotici, perplessi.
C’è una guida per ognuno, scritta o prescritta. Troppi psichiatri, troppi filosofi. Latrati e fischi. Alla luna
Folle è l’uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.
Shakespeare
Com’era noto a Derrida, Platone possedeva una farmacia, perché la scrittura potesse emergere‐rimediare‐avvelenare l’oralità e ogni segno. Sicché il gioco genealogico versus la filosofia e la sua presunta onnipotenza richiama, anzi mette in luce, uno schema familiare e archetipico: nel nome del Padre‐Logos si annidano rimozione, castrazione, sublimazione, pulsione di morte, coazione a ripetere, e i segni si fanno lapsus, simulazioni, dissimulazioni, sintomi, residui, tracce.
Come lo psichiatra che sbaglia farmaco, il filosofo allittera.
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La più cruda luce diurna, la razionalità a ogni costo, la vita chiara, prudente, cosciente, senza istinti, in contrasto con gli istinti, era essa stessa soltanto una malattia diversa, e in nessun modo un ritorno alla virtù, alla salute, alla felicità.
Nietzsche
Parità di voci?
Equivoci
Perciò preferisco il linguaggio equivoco, perché rende giustizia in ugual misura alla soggettività delle rappresentazioni archetipiche e all’autonomia dell’archetipo.
“Dio”, per esempio, significa da un lato un ens potentissimum inesprimibile, dall’altro un’allusione estremamente inadeguata e un’espressione di impotenza e di perplessità umana, vale a dire un evento di natura estremamente paradossale. Lo spazio dell’anima è incommensurabilmente grande e colmo di realtà vivente. Al margine di questo spazio sta il segreto della materia e quello dello spirito, ossia del senso. Per me, questo è l’ambito entro il quale posso esprimere la mia esperienza.
Jung
Ironie
La psicoanalisi è più una passione che una scienza: perché le manca la mano ferma nelle sue indagini, anzi perché questo difetto costituisce già da solo l’unico requisito per fare psicoanalisi.
Karl Kraus
Terzi argomenti
Anche la follia merita i suoi applausi.
Alda Merini
Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano… bruciano… bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno ooohh.
Jack Kerouac
Se fosse necessario sarei disponibile al farmaco se mi promettesse un sogno
I nostri sogni, quando eccezionalmente riescono e divengono perfetti – di solito il sogno è un lavoro di acciarponi – sono simboliche catene di scene e di immagini in luogo di un linguaggio poetico di narrazione;
essi parafrasano le nostre vicende o
aspettative o relazioni con artistica arditezza e determinatezza, al punto che poi la mattina stupiamo noi stessi, se ci ricordiamo dei nostri sogni. Noi consumiamo nel sogno troppa arte – e ne siamo perciò di giorno così poveri.
Nietzsche
Qui immagino due risposte. Quella del filosofo sarebbe fermamente «no»: non si può tenere un discorso serio e responsabile sul sogno, nessuno potrebbe neppure raccontare un sogno senza svegliarsi. Una simile risposta negativa, di cui si potrebbero fornire mille esempi da Platone a Husserl, credo che definisca forse l’essenza della filosofia. Il
«no» lega la responsabilità del filosofo all’imperativo razionale della veglia, dell’io sovrano, della coscienza vigilante. Che cos’è la filosofia, per il filosofo? La veglia e il risveglio. Tutt’altra, ma non meno responsabile, sarebbe forse la risposta del poeta, dello scrittore o del saggista, del musicista, del pittore, dello sceneggiatore di teatro o di cinema. Persino dello psicoanalista. Non direbbero no ma sì, forse, a volte. Direbbero sì, forse, a volte.
Sarebbero acquiescenti nei confronti dell’evento, della sua eccezionale singolarità: sì, forse si può credere e confessare di sognare senza svegliarsi; sì, non è impossibile, a volte, dire, dormendo, a occhi chiusi o spalancati, qualcosa come una verità del sogno, addirittura un senso e una ragione del sogno che merita di non precipitare nella notte del nulla.
Derrida
e un viaggio
Ovunque mi trovi ad andare, scopro che un poeta è già stato là prima di me.
Freud
Filosofia e psichiatria: falangi macedoni, muri contro muri di amori, certezze e divisioni
La differenza tra me e la maggior parte degli altri uomini è che per me i “muri divisori”
sono trasparenti. È questa la mia caratteristica. Altri ritengono i muri così spessi, che al di là di quelli non vedono nulla, e perciò credono che non vi sia nulla.
In un certo qual modo io percepisco i processi che si verificano nel profondo, e da ciò deriva la mia certezza interiore. Chi non vede nulla non ha nessuna certezza, e non può pervenire a nessuna conclusione, o non può fidarsi delle sue conclusioni. Non so che cosa mi abbia consentito di percepire la corrente della vita. Probabilmente l’inconscio stesso, o forse i miei primi sogni. Essi hanno deciso il mio cammino fin dall’inizio. La conoscenza dei processi del profondo ha ben presto plasmato la mia relazione col mondo.
Fondamentalmente fu già nella mia infanzia quella che è oggi. Da bambino sentivo di essere solo, e lo sono ancora oggi, perché conosco cose e debbo riferirmi a cose delle
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quali gli altri apparentemente non conoscono nulla, e per lo più nemmeno vogliono conoscer nulla. La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. La solitudine cominciò con le esperienze dei miei primi sogni, e raggiunse il suo culmine al tempo in cui mi occupavo dell’inconscio.
Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l’amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.
Jung Anche nella veglia ci comportiamo come nel sogno: cominciamo con l’inventare e immaginare l’uomo con cui trattiamo – e dimentichiamo subito questo fatto.
Nietzsche
D’altronde non sempre si è soli e spesso va ammirato chi davvero vede in trasparenza i muri divisori, che equivoca e magari dimentica.
Quand’è così, che si allitteri per piacere, che si sogni e, se ci si ammala, si finga che si tratti dell’effetto collaterale del racconto di un vecchio canto.
Tu qui? Come venuto? Hai dunque un viso di tanta audacia, che al mio tetto giungi, tu che palesemente l’assassino
sei di quest’uomo, e il ladro manifesto del mio potere? Pei Celesti, dimmi:
qual traccia di demenza o di viltà
hai scôrta in me, che t’indusse alla trama?
Immaginavi tu ch’io non vedessi
strisciar la frode, o, vistala, indugiassi a rintuzzarla? Ah! Ma fu pazza impresa la tua, senza partito e senza amici dar la caccia al poter, che si conquista sol con molte dovizie e molta gente.
Muoia chi, sciolti dai selvaggi vincoli i piedi miei, me trasse a salvamento, e mi raccolse, ahimè, non pel mio bene!
Se quel giorno ero spento,
né a me né ai cari causa sarei di tante pene.
Né l’uccisor sarei
del padre, e non direbbero
me di colei che madre ebbi, consorte.
Ora iddii piú non ho, stirpe son d’empî, con quelli onde infelice nacqui sono commisto;
e se v’è mal piú tristo, quello Èdipo ebbe in sorte.
Sofocle
Qual è l’azione della musica?
Essa risolve una visione in volontà.
Nietzsche
Quando sono stanco, stono ma canto.
P.A.
D
OSSIER Fabrizio Gambini, Psychiatry TodayF ABRIZO G AMBINI
P SYCHIATRY T ODAY
1. Intro 2. Psichiatria 3. Psicoanalisi 4. Das Ding, ovvero la ricorsività del Reale 5. Ricorsività e condizioni di terminazione 6. Psicoanalisi e filosofia
ABSTRACT: The conception of psychiatry in neuroscience is a blind alley that leads to the loss of all that is human beyond diagnostic calcification and the designation of behaviour. On the other hand, psychoanalysis has failed in its potential for giving new life to psychiatry, and has created a false dichotomy between scientific blindness and fictional speculation. The article offers no third way but rather offers an interpretation of Freud and Lacan that entails a solid conception of language, and one that respects and accounts for the variables in subjective expressions through which all human expressiveness is necessarily made manifest. This means it is essential for psychoanalysis to interact with philosophy and, in particular, with so‐called negative philosophies.
1. Intro
Va in un certo senso da sé che l’inglese del titolo indichi già, ma solo in parte, ciò di cui si tratta, ovvero l’asservimento della psichiatria a un paradigma trionfante su scala planetaria che trova nel DSM, Manuale Statistico e Diagnostico pubblicata dall’Associazione degli Psichiatri Americani e giunto ormai alla quinta revisione, la sua più completa affermazione. Si tratta di un processo che ha incontrato, e tutt’ora incontra, molte resistenze. Tutte perdenti.
Quella che segue è dunque la storia di una sconfitta, la mia. Mi
piacerebbe dire la nostra ma, per ragioni che spero risulteranno
chiare alla fine di questo scritto, esito a farlo. Come spesso
succede, è però una sconfitta che ha in sé i germi di una speranza
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e, dunque, di una ancora attiva forma di resistenza. E anche di questo vorrei dare una forma di testimonianza.
2. Psichiatria
A mio modo di vedere il punto centrale della psichiatria del terzo millennio è che non è attrezzata per riconoscere il suo limite e concepisce l’altro, il suo paziente, come un oggetto da ridurre alla forma della sua supposta curabilità. Intendiamoci, non è che non esistano limiti, anzi! Semplicemente ci siamo trovati a fare i conti col fatto che ciò che è supposto incurabile, ovvero quello per cui riteniamo di non poter fare niente, non viene trattenuto dentro una relazione bensì espulso attraverso l’idea di una sorta di campo continuo che è quello delle Neuroscienze. Nell’attesa dei progressi futuri che renderanno farmacologicamente aggredibile il comportamento di ognuno e che ridurranno l’anima all’epifenomeno di un funzionamento neuronale indagato sempre più in profondità e senza alcun limite, qualcosa bisogna pur fare di coloro che non rientrano nei criteri della curabilità psichiatrica. Lo diceva bene Broussais (1834) in un epoca in cui gli psichiatri sapevano ancora scrivere e non si vergognavano di esprimere opinioni piuttosto che nascondere l’insipienza del loro sapere dietro lo schermo dell’evidence based: «Se talora i cadaveri ci sono parsi muti, è perché ignoriamo l’arte di interrogarli»
1. È così che si crea un movimento atroce sostenuto dai meccanismi contigui dell’abbandono e della delega. Non è questa la sede per parlarne ma, di fatto, dalla chiusura dei manicomi e dalla recentissima chiusura degli OPG, molto rapidamente si sono create, di nuovo, delle isole concentrazionarie e di deportazione. Per altro questo avviene in un paese in cui gli operatori della psichiatria sono gli stessi, o sono gli eredi degli stessi, che hanno prodotto lo sforzo che è stato fatto in Italia a partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso. Sforzo che è stato quello di
1
F. Broussais, De l’irritation et de la folie, Paris 1834.
D
OSSIER Fabrizio Gambini, Psychiatry Todaypermettere la libera circolazione di uno psicotico nella città in una situazione che non fosse d’abbandono, bensì, al contrario, in una situazione nella quale le sue difficoltà, assieme alle difficoltà della famiglia, degli amici e della città, venissero considerate, analizzate e trattate da un’équipe curante. Si è trattato di uno sforzo titanico, a tratti grandioso e non privo dei suoi momenti propriamente esaltanti, che ha prodotto straordinarie pratiche d’intervento nella psichiatria d’allora.
Sfortunatamente nessuna di queste è stata seguita da un’elaborazione in grado di descriverle, conoscerle, analizzarle, formalizzarle e, infine, trasmetterle. E, di questo sforzo, oggi, su tutto il territorio nazionale, registriamo il completo fallimento. Una delle ragioni di questo fallimento è certamente da situare nell’origine delle esperienze di “psichiatria democratica”
che sono state condotte in Italia negli anni ‘60 e ‘70. Non si è trattato, mai, di esperienze anche soltanto simili a quella di Kingsley Hall a Londra, o della Clinica di La Borde in Francia.
Piuttosto in Italia abbiamo avuto a che fare con situazioni
amministrative complesse che hanno sempre e, direi prima di tutto,
assunto la forma propria a manifestazioni della presenza dello
Stato nel tessuto vitale della società civile. Dall’inizio si è
trattato cioè di pratiche della liberazione che miravano
direttamente a una trasformazione massiva dell’insieme della
città. Nel quadro della situazione politica e culturale
dell’Italia in quegli anni, le esperienze alle quali ho fatto
riferimento, sono diventate, in pratica senza significative
resistenze, il prototipo di un cambiamento legislativo nazionale,
la Legge 180 del 15 maggio 1978, ripresa in seguito nella legge
istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. Per quel che mi è
dato osservare nel mio lavoro quotidiano di psichiatra, al
fallimento che ho cercato di delineare nei suoi tratti essenziali
siamo giunti principalmente per due strade. La prima possiamo un
po’ brutalmente descriverla come l’impossibilità di un movimento,
17
che si voleva rivoluzionario, di fronteggiare con strumenti adeguati il fenomeno della follia; la seconda possiamo indicarla, con pari brutalità, come il risultato dell’incapacità della psicoanalisi di temperare una psichiatria che a tutt’oggi non trova di meglio che far pesare il suo potere istituzionale ed economico come garanzia della sua “scientificità”.
3. Psicoanalisi
Per quanto riguarda questo secondo punto, la psicoanalisi si dà come un discorso che aspira a risolvere tutto quello che è dell’ordine del particolare, ma è lontana dal poter fare lo stesso con ciò che è di ordine generale e, come sappiamo, Freud stesso aveva il suo daffare ad articolare i sintomi detti individuali con quelli detti tipici. Questo vuol dire che una cosa è tracciare il percorso d’un significante, come il morso d’un cavallo o un rubinetto smontato, ma che altra cosa è dire in cosa consista una fobia. È proprio qui che gli psichiatri e gli psicoterapeuti ci danno, danno cioè a noi psicoanalisti, un aiuto avvelenato, ci aiutano infatti a dimenticare il problema. Per loro il cammino individuale attraverso il quale si è fatto il montaggio individuale unico e irripetibile del sintomo è, dall’inizio, privo d’importanza. È sufficiente leggere il DSM o il PDM
2, poiché esiste perfino una versione psicodinamica del DSM, e lo trovate scritto a lettere cubitali: una fobia è una fobia, inutile sapere se si tratta di ragni, di topi o di cavalli. Nello stesso modo, una psicosi è una psicosi; inutile sapere se si tratta di essere l’imperatore del terzo pianeta di Alpha Centauri, la reincarnazione di Gesù Cristo o se si passi la propria vita a guardarsi la pancia riconoscendola come un corpo estraneo.
Proprio da qui possiamo riprendere la questione della psicoanalisi e del suo fallimento nel fecondare le pratiche psichiatriche concrete: dall’incapacità di risolvere la contrapposizione che
2