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THE ROLE OF THE MEDICO-LEGAL SPECIALIST AS AN EXPERT WITNESS FOR THE JUDGE OR FOR THE PLAINTIFF
OR THE DEFENDANT
IL RUOLO DEL MEDICO-LEGALE CTP E CTU
Dr. Marco Marello*
* Direttore Controllo Tecnico Generali Business Solutions, Milano ABSTRACT
The author reminds the possibility given to the judge by the sentence of the Court of Cassation of November 2008 to express a pronunciation in a trial where is involved a biological damage, without the contribution of a medico-legal expert witness.
In the meantime the author analyzes the contribution of the medico legal specialist in the evaluation of the personalization of a biological damage.
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IL RUOLO DEL MEDICO-LEGALE CTP E CTU
La prima parte dell'intervento si sofferma sulla possibilità (ammessa dalle Sezioni Unite nelle sentenze quadrigemine del novembre 2008) che il Giudice ponga a fondamento della propria decisione elementi diversi dall'accertamento medico-legale, qualora lo ritenga, motivatamente, superfluo.
Il secondo spunto, che riguarda l'apporto del medico-legale per la valutazione dei presupposti che legittimano la personalizzazione del danno, propone una schematizzazione utile e a sintetizzare il contributo richiesto al medico legale ai fini della personalizzazione del danno biologico (ferma la necessità della condivisione, tra tutti gli operatori del diritto, dei criteri di valutazione e della relativa aggettivazione esplicativa).
LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE
L’intervento si focalizza sulla liquidazione del pregiudizio non patrimoniale in ipotesi di morte, con particolare riguardo al c.d. "danno da lucida agonia": viene passata in rassegna la più recente giurisprudenza in materia, a dimostrazione dell'incertezza applicativa determinata dall'assenza di parametri economici di riferimento e dal ricorso al criterio equitativo puro.
IL DANNO MORALE
La trattazione consiste in una rassegna dei precedenti giurisprudenziali in materia, di cui viene offerta una classificazione in rapporto alle ragioni poste a fondamento della negazione o del riconoscimento del danno da "sofferenza morale".
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174 Due spunti di riflessione a proposito del ruolo del medico-legale.
Secondo buona parte della Magistratura (tra cui, ad esempio, il dott. Spera ed altri magistrati milanesi), l’apporto del CTU medico-legale è decisiva al fine di valutare la sussistenza o meno dei presupposti per procedere alla c.d. “personalizzazione del danno non patrimoniale”.
In pratica, il giudice dovrebbe specificare nel quesito usualmente posto al CTU i peculiari pregiudizi provati nel processo per verificarne il nesso di causalità con la menomazione psico-fisica.
Il CTU sulla base delle allegazioni e delle prove acquisite al processo relativamente alle specifiche condizioni psico-fisiche ed abitudini di vita della vittima, dovrà accertare i peculiari pregiudizi conseguenti alle menomazioni e se queste ultime abbiano cagionato particolari sofferenze soggettive, sia nel corso dell’inabilità temporanea (assoluta o parziale) sia con riferimento ai postumi permanenti. Il CTU potrebbe, ad esempio, accertare che, a causa delle scarse capacità di adattamento della vittima alle condizioni post-traumatiche, la degenza ospedaliera o la terapia riabilitativa siano state vissute con particolare disagio o dolorose.
Ritengo che sia, in ogni caso, una prassi virtuosa chiedere al CTU di valutare il grado delle sofferenze soggettive conseguenti al decorso della malattia traumatica o alle menomazioni accertate (es. irrilevante, scarso, medio, elevato, massimo).
Non è un caso che in Francia e, ultimamente anche in Italia, siano state approntate apposite tabelle volte a oggettivare il dolore conseguente alla lesione dell’integrità psico- fisica (vedi recenti Tabelle Mastroroberto-Ronchi-Genovese).
Per completezza faccio presente che in Dottrina (vedi il prof. Bona) è stato al contrario sottolineato come la sofferenza morale e il patema d’animo ricadono fuori dell’area dei pregiudizi medico-legalmente verificabili.
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175 Entrando nel particolare:
- gli attuali baremes medico-legali (compresi quelli annessi alla normativa) non tengono conto delle conseguenze "soggettive" della lesione e delle sofferenze patite e patiende dalla vittima;
- la stima medico-legale del danno biologico riguarda, normalmente, le ripercussioni negative sul "fare" e non sul "sentire" del leso.
Pertanto, si potrebbe così sintetizzare il contributo richiesto al medico legale ai fini della personalizzazione del danno biologico (ferma la necessità della condivisione, tra tutti gli operatori del diritto, dei criteri di valutazione e della relativa aggettivazione esplicativa):
A) Conseguenze della lesione e dei postumi sul "fare"
Attraverso un giudizio di compatibilità tra lesione e/o menomazione ed interferenza delle stessa su specifiche attività svolte dal leso (handicap aggiuntivi rispetto a quelli comuni a tutti);
B) Conseguenze della lesione e dei postumi sul "sentire" dividendo tra:
1) Livello di sofferenza fisica e psichica nella fase acuta, durante cioè il decorso della malattia traumatica, cioè:
a) dolore fisico;
b) importanza e durata del trattamento terapeutico;
c) grado e tempo di astensione dalle attività quotidiane;
2) Livello di sofferenza fisica e psichica nella fase cronica, ovvero dopo la stabilizzazione dei postumi, cioè:
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176 a) dolore fisico cronico
b) modifiche permanenti (o ricorrenti) della qualità di vita c) alterazioni permanenti dell'integrità somatica
Va detto tuttavia che tale orientamento, funzionale al rispetto dei principi sanciti dalla Suprema Corte in tema di valutazione personalizzata ed utile a colmare le attuali lacune della stima medico-legale, a causa di variabili arbitrarie necessariamente intrinseche a tale componente valutativa, rischia di ridurre il livello di prevedibilità del danno liquidabile e di appensantirne il processo valutativo.
Il tutto accompagnato dalla realistica probabilità di incrementi risarcitori per le ipotesi più gravi, sottratte agli appiattimenti legati ai tradizionali parametri valutativi.
Di tanto occorre tener conto nel vagliare l'opportunità di sostenere la descritta impostazione.
Da tutt’altro punto di vista, occorre però prendere atto che le Sezioni Unite, nelle sentenze quadrigemine del novembre 2008 si sono soffermate, tra le altre cose, anche sulle modalità di prova e di liquidazione del danno non patrimoniale.
In esse viene ribadito che il danno non patrimoniale (costituendo danno-conseguenza) anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona: “deve essere allegato e provato”.
Per il pregiudizio non patrimoniale di tipo biologico: “la vigente normativa (art.138 e art.139 d.lgs. 209/2005) richiede l'accertamento medico-legale”.
A parere della Corte, il Legislatore peraltro non eleverebbe l'accertamento medico-legale a: “strumento esclusivo e necessario”, e dunque: “il giudice potrà non disporre l'accertamento medico- legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona
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177 non sia possibile (perchè deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga, motivatamente, superfluo, e potrà porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), ed avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni”.
Non nascondo che quest’ultima affermazione mi lascia francamente perplesso per le conseguenze pratiche che potrebbe comportare, anche perché appare davvero incomprensibile, nella pratica, come si possa dimostrare tramite testimoni e/o presunzioni l’entità delle lesioni all’integrità psico-fisica subite da una persona.
Per gli altri pregiudizi non patrimoniali (di tipo non biologico), invece: “potrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva”, con un “particolare rilievo” dato alla
“prova presuntiva” attenendo il pregiudizio: “ad un bene immateriale” il tutto con ricorso a strumenti di convincimento del tutto labili e non concretamente confutabili.
Va comunque detto che, sino ad ora, conseguenze pratiche di questa affermazione non se ne registrano, nel senso che i Magistrati, nelle ipotesi di danno alla persona continuano ad ammettere e far espletare le CTU medico-legali.
In conclusione, il ruolo del CTU potrà sicuramente cambiare, ma credo sarà opportuno individuare in modo concorde tra tutti gli operatori del diritto (ed i magistrati in primo luogo) confini e criteri ben precisi, onde evitare che i medici-legali valutino con modalità arbitrarie, in carenza di una metodologia condivisa, circostanze del tutto soggettive e prive di elementi tecnici-scientifici (come ben potrebbe essere la sofferenza soggettiva di ciascuna vittima).
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178 LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE
Le quattro sentenze delle Sezioni Unite datate 11 novembre 2008 (N. 26972 – in tema di medical malpractice –– N. 26973 e 26974 – in tema di responsabilità civile auto – e N.
26975 – in tema di immissione di rumori molesti) hanno avuto un immediato impatto per tutti gli operatori del diritto soprattutto in merito al tema di come procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, da intendersi come figura risarcitoria unitaria comprensiva di una serie di diversi pregiudizi denominati in vario modo per ragioni di
“esigenze descrittive” (danno morale, danno biologico, danno da lesione del rapporto parentale), ma mai implicanti il “riconoscimento di distinte categorie di danno”.
Per quanto riguarda il danno non patrimoniale in ipotesi di morte, le Sezioni Unite, da un lato hanno ribadito dei principi che, per la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza di merito, erano assolutamente pacifici:
- il danno alla perdita del diritto alla vita non è risarcibile;
- la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale determina duplicazione di risarcimento poiché altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato;
- il danno “biologico” iure hereditatis può essere riconosciuto solamente se il soggetto sia rimasto in vita per un apprezzabile lasso di tempo.
La novità, invece, è stata data dal riconoscimento del danno morale “terminale” iure hereditatis subito dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, vittima che sia rimasta peraltro “lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine”. Una siffatta sofferenza psichica: “non essendo suscettibile, in ragione del
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179 limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione”, tenendo conto che: “anche se di durata contenuta”, è della: “massima intensità”.
Questo è stato pertanto l’unico elemento realmente problematico, per la giurisprudenza di merito e di legittimità, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale da morte.
Il Supremo Collegio, tra l’altro, non ha affatto chiarito quando e come sia possibile stabilire se una vittima è rimasta “lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine” (ponendosi inoltre in contrasto con quell’orientamento giurisprudenziale della stessa Cassazione, secondo cui sarebbe irrilevante lo stato di incoscienza della vittima al fine di ottenere il risarcimento del danno biologico e morale: vedi Cass. 19.01.2007 n. 21976 e Cass. 24.05.2001 n 7075) e lasciando altresì alla pura equità del singolo Magistrato il compito di liquidare una tale voce risarcitoria che, come il danno biologico terminale iure hereditatis, non è prevista da nessuna delle Tabelle adottate nei diversi fori italiani.
L’incertezza, pertanto, regna sovrana.
Si passa da una liquidazione di Euro 60.000,00 a titolo di danno morale terminale per gli eredi di una vittima deceduta a distanza di trenta minuti dall’incidente, periodo di tempo durante il quale sono state eseguite delle manovre rianimatorie (Trib. Desio 29.11.2008 n. 602), ad una liquidazione di Euro 5.000,00 a titolo di danno biologico terminale per quattordici ore di sopravvivenza “pur in assenza di lucidità” essendo “certo e indubitabile che il danno biologico … sussista sia che la vittima abbia coscienza della lesione sia che non l’abbia” (Trib. Milano Sez. X, Dott.ssa La Monica, 16.02.2009); ad una liquidazione di Euro 54.000,00 a titolo di danno biologico iure hereditatis per una
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180 signora di 22 anni morta a distanza di diciotto giorni dal sinistro lasciando un marito e due figli in tenera età (Trib. Busto Arsizio 06.05.2009 n. 170).
In una ipotesi di infortunio sul lavoro in cui il lavoratore decede a distanza di quarantacinque minuti dall’evento, lasciando moglie e cinque figli, nulla invece è stato riconosciuto né a titolo di danno biologico iure hereditatis perché non intercorso un apprezzabile lasso di tempo né a titolo di danno morale iure hereditatis perché manca la prova della lucida agonia (Trib. Torre Annunziata Sez. Distaccata di Castellamare di Stabia 02.12.2008).
Ed ancora, in un sinistro stradale in cui muore un bimbo di un anno a distanza di sei giorni dal sinistro, nulla viene riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale iure hereditatis perché da un lato il periodo di tempo trascorso è stato “troppo breve” per risarcire il danno biologico e d’altro canto per il danno morale vi è la prova che il bimbo era già in coma al momento dei primi soccorsi ed è rimasto incosciente fino al decesso (Trib. Busto Arsizio 24.03.2009 n. 389).
La Suprema Corte, a sua volta, non ha contribuito di certo alla chiarezza.
In una ipotesi di decesso di un motociclista a distanza di 28 ore dall’evento, è stata cassata la sentenza di merito che aveva liquidato a titolo di danno biologico iure ereditario un milione di lire, perché: “deve ritenersi illogica la sua determinazione in una misura simbolica, senza tener conto che la lesione mortale, reca in sé la invalidazione totale della parte lesa privandola delle condizioni biologiche di sopravvivenza. Il principio di diritto, costituzionalmente orientato, esige allora una migliore considerazione della prudente discrezionalità del giudice del merito, il quale anche per tale voce deve provvedere ad un risarcimento integrale e non parziale del danno” (Cass. 28.11.2008 n.
28407).
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181 In una ipotesi di decesso invece di un soggetto a distanza di 40 ore all’incidente è stata invece confermata la decisione della corte di merito che aveva negato il risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis perché se è vero che le Sezioni Unite hanno ritenuto che: “in caso di morte della vittima che segua le lesioni dopo breve tempo, la sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia è autonomamente risarcibile non come danno biologico ma come danno morale nella sua ampia accezione”, è altrettanto vero che: “tanto presuppone che sofferenza psichica vi sia stata e, dunque, che la vittima sia stata in condizioni tali da percepire il proprio stato (il che va escluso in caso di coma immediatamente conseguito all’evento dannoso), com’è reso evidente dal riferimento, nella menzionata sentenza, ad un caso nel quale la vittima era, appunto, “rimasta lucida durante l’agonia” (Cass. 28.11.2008 n. 28423).
Da ultimo è stata confermata una sentenza di merito che non aveva liquidato in forma autonoma il danno non patrimoniale iure hereditatis, seppure la vittima fosse morta a distanza di tre giorni dall’incidente, in quanto le sezioni unite: “hanno precisato che il danno tanatologico o da morte immediata vada più correttamente ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso, nella sua nuova più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita. La corte milanese ha del tutto correttamente applicato tale principio, qualificando esattamente tale sofferenza come danno morale e non come danno biologico terminale, attesane la inidoneità, nel caso di specie (l’intervallo di tempo tra l’incidente e la morte fu di tre giorni), ad integrare gli estremi di quella fattispecie di danno non patrimoniale” (Cass.
13.01.2009 n. 458).
In questo contesto, le tabelle 2009 di Milano in tema di danno da morte, lasciano nella totale incertezza il tema della liquidazione del danno non patrimoniale iure hereditatis
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182 (sia come biologico che come morale) visto che nulla viene detto sul punto, e procedono invece ad aumentare in maniera francamente immotivata, tenuto conto che quelle precedenti erano perfettamente conformi ai dettami delle Sezioni Unite, valutando sia il danno da perdita del rapporto parentale che quello “morale” da sofferenza soggettiva, i valori minimi e massimi di circa il trenta-quaranta per cento.
In conclusione, il criterio di liquidazione dovrebbe essere sempre parametrato ai principi dettati dalla Corte Costituzionale nel 1986 (SENTENZA N. 184), e cioè: “uniformità pecuniaria di base” ma anche “adeguamento al caso concreto”.
In pratica, il sistema tabellare è compatibile con i dettami delle Supreme Corti, purché venga sempre concessa la possibilità di procedere alla personalizzazione del caso concreto.
IL DANNO MORALE
In tema di liquidazione del danno non patrimoniale in ipotesi di lesioni (micro o macropermanenti) subite dalla vittima, invece, maggiori problemi di interpretazione ha avuto il passaggio delle articolate decisioni delle Sezioni Unite dove è stato specificato che la “sofferenza morale”, quando il danneggiato lamenti “degenerazioni patologiche”, rientra: “nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente”.
Determina quindi: “duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei su indicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo”.
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183 Viene dunque “esclusa la praticabilità di tale operazione” (in contrasto, non solo con la precedente giurisprudenza di merito, ma anche con quella di legittimità: vedi, tra le più recenti, Cass. 12.05.2006 n. 11039; Cass. 21.09.2007 n. 19493 e Cass. 21.02.2008 n. 5505).
In definitiva: “il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, dovrà procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”.
La giurisprudenza di merito, come era facilmente prevedibile, è entrata in crisi nel tentativo di dare attuazione concreta a tali principi.
Secondo un primo filone giurisprudenziale la risarcibilità del danno morale unitamente al danno biologico deve essere esclusa.
Le ragioni poste a fondamento di siffatte decisioni, che si richiamano tutte alle Sezioni Unite, sono state fondamentalmente di quattro tipi:
A) Scomparsa della figura del danno morale
“Deve, pertanto, ritenersi sbagliata la prassi di liquidare in caso di lesioni della persona sia il danno morale sia quello biologico … Nulla può essere liquidato a titolo di danno morale, non potendosi ritenere sussistente in re ipsa … dopo la decisione delle Sezioni Unite del 2008” (Trib. Potenza 16.12.2008 n. 973, per lesioni rispettivamente del 3%, 7% e 17% conseguenti a sinistro stradale; in senso conforme Trib. S. Maria Capua a Vetere 16.12.2008 n. 776 per lesioni del 25-26% conseguenti a sinistro stradale; Trib.
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184 Monza 18.12.2008 per lesioni del 7% conseguenti a sinistro stradale; Trib. Busto Arsizio 23.01.2009 n. 39 per lesioni del 8,5% conseguenti a sinistro stradale).
B) Esiguità delle lesioni all’integrità psicofisica del danneggiato
“Considerata l’entità della lesione (2%), tenuto conto della recente decisione della Suprema Corte, ritenuto che nel caso in esame la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale determina una duplicazione del risarcimento, detta voce di danno non va riconosciuta” (GdP Gallarate 30.12.2008 N. 2392 in ipotesi di sinistro stradale; in senso conforme Trib. Venezia 19.12.2008 n. 3081, per lesioni del 3% in ipotesi di responsabilità ex artt. 2043 e 2051 c.c.; GdP Borgomanero 29.12.2008 n.
645, per lesioni dell’1,5%; Tribunale di Rimini 10.01.2009 n. 46 per lesioni con 0%. Le ultime due vertenze avevano ad oggetto una domanda di risarcimento danni conseguenti a sinistro stradale; GdP Milano 06.03.2009 n. 4543, per postumi permanenti del 2%
conseguenti a sinistro stradale);
C) Genericità della domanda o della deduzione di questa voce di danno;
“Deve escludersi, nella fattispecie, la risarcibilità del danno morale, tra l’altro non concretamente dedotto (se non come menzione, nelle conclusioni dell’atto di citazione, del nomen iuris della categoria di danno) e non provato nella sua effettività” (Trib.
Milano 30.12.2008 n. 15273 per lesioni del 7% in ipotesi di responsabilità ex art. 2051 c.c.; in senso conforme Trib. La Spezia 07.01.2009 n. 09, per lesioni del 20%
conseguenti a sinistro stradale).
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185 D) Assenza di allegazione e di prova;
“Nel caso di specie nulla è stato allegato e men che meno provato che possa indurre a ritenere che vi siano ulteriori concrete sofferenze fisiche e psichiche patite da …. Che non siano risarcite dalla liquidazione secondo i criteri tabellari” (Trib. Catania 17.11.2008, per lesioni del 2% in ipotesi di responsabilità ex artt. 2043 e 2051 c.c.; in senso conforme Trib. Bologna 23.11.2008, per lesioni del 7-8% conseguenti a sinistro stradale);
“Nulla in punto danno morale in mancanza di deduzioni e di prove specifiche di sofferenze particolari subite tanto che le stesse, in ossequio al sopra richiamato orientamento giurisprudenziale, debbono ritenersi adeguatamente risarcite dalla liquidazione del danno biologico” (Trib. Pavia 17.12.2008 n. 1105, per lesioni del 16%
conseguenti a sinistro stradale; in senso conforme Trib. Frosinone 27.11.2008 n. 1092, per lesioni del 4% conseguenti a sinistro stradale)
Sempre nel campo di coloro che negano l’autonoma risarcibilità del danno morale, segnaliamo una interessante decisione del Tribunale di Lucca, in tema di infortunio in itinere, secondo cui: “la sofferenza morale non va risarcita con una somma aggiuntiva rispetto all’importo liquidato per il danno biologico ma va considerata, nella sua intensità e persistenza, ai fini dell’adeguamento del valore tabellare di questo importo alla specificità del singolo caso”. Nel caso di specie: “non vi è stato alcun adeguamento (del valore tabellare) in mancanza di (tempestiva) allegazione e prova del fatto che le lesioni riportate dall’attore abbiano avuto una incidenza, in termini di sofferenza psichica, specifica e superiore rispetto a quella ordinariamente conseguente al tipo delle lesioni stesse” (Trib. Lucca 05.01.2009 per lesioni del 16% in sede di giudizio civile a fronte di un 18% riconosciuto in sede Inail. L’ammontare del danno civilistico è stato dunque
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186 considerato inferiore all’ammontare della rendita con conseguente rigetto delle domande svolte dall’attore nei confronti del civilmente responsabile).
Altra parte consistente della giurisprudenza di merito, tuttavia, ha invece riconosciuto il danno da “sofferenza morale”, in aggiunta al danno biologico, seppure con le differenti seguenti modalità.
1) Mantenendo esattamente gli stessi criteri liquidativi adottati in precedenza:
“Ritiene che non si faccia alcuna duplicazione del danno se per la determinazione del quantum di tale danno (non patrimoniale)… si adotti come criterio equitativo, tenuto conto delle circostanze concrete del fatto, delle effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità della malattia, dell’entità dei postumi residuati, attestato in una percentuale del danno biologico complessivamente liquidato oscillante tra un quarto ed un mezzo del medesimo” (Trib. Rimini 10.01.2009 n. 48, per postumi del 13,5% conseguenti a sinistro stradale; in senso conforme Trib. Ancona 26.11.2008 n. 1457 per postumi del 9,5%
conseguenti a sinistro stradale).
“E’ opportuno evidenziare che il criterio della liquidazione del danno morale … secondo una percentuale del danno biologico, non è, a ben vedere, sconfessato dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite. Invero nella sentenza in questione solo apparentemente parrebbe criticata tale modalità di liquidazione in concreto del danno morale, mentre, in realtà, il principio affermato dai Giudici di Legittimità è nel senso che, ove la sofferenza soggettiva del danneggiato sia trasmodata in una vera e propria patologia psichica, il danno morale non va affatto riconosciuto, a prescindere dal quomodo della sua liquidazione. E’ in tali termini che va intesa la pronuncia in oggetto … Ove … non si tratti di danno morale ma di componente di danno biologico di carattere psichico è evidente come debba escludersi non già il criterio di liquidazione basato sulla
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187 percentuale di danno biologico, ma, in radice, la liquidazione stessa del danno come sofferenza soggettiva” (Trib. Napoli 01.02.2009 n. 1309 per postumi permanenti del 13,5% conseguenti a sinistro stradale; in senso conforme Trib. Napoli 06.02.2009 n.
1531 per postumi permanenti del 7% conseguenti a sinistro stradale).
“Alla somma così ottenuta (a titolo di danno biologico) va aggiunta la somma di Euro … a titolo di danno morale che deve essere liquidata in quanto nella condotta della vettura non identificata si possono ravvisare gli estremi di un reato colposo e del reato di cui all’art. 189 cds e sicuramente da tale vicenda sono derivate notevoli sofferenze morali, testimoniate dalla documentazione in atti, che devono essere risarcite” (Trib. Milano 23.12.2008 n. 15184, per postumi permanenti del 50% conseguenti a sinistro stradale).
2) “Personalizzando” il valore tabellare del danno biologico riconosciuto:
“La liquidazione unitaria del danno non patrimoniale consistente nella lesione dell’integrità psicofisica – comprensivo dei profili che in precedenza venivano separatamente risarciti come “danno morale” – comporta quella “adeguata personalizzazione” fondata sulla valutazione della “effettiva consistenza (del)le sofferenze fisiche e psichiche” di cui la Suprema Corte ha ribadito la necessità … La particolare sofferenza, sia in termini di dolore fisico che di afflizione psicologica, che le lesioni sofferte hanno comportato per il ricorrente impongono che vengano aumentati, in una misura che si ritiene congruo determinare in un terzo del valore base, sia il risarcimento spettategli per ciascun giorno di inabilità temporanea, sia il valore del punto sulla base del quale viene risarcita la invalidità permanente” (Trib. Udine 04.12.2008 n. 1735, per postumi permanenti del 25% conseguenti a sinistro stradale; in senso conforme Trib.
Udine 19.11.2008 n. 1580, dove la personalizzazione è stata del 50% del valore base per postumi permanenti del 35% conseguenti a sinistro stradale; C. App. Perugia
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188 24.11.2008 per postumi permanenti del 15% in ipotesi di responsabilità ex art. 2052 c.c. ha effettuato una “personalizzazione” del 60% del valore tabellare; Trib. Torino 23.12.2008 n. 8438 per postumi permanenti del 52,5% conseguenti a sinistro stradale ha effettuato una “personalizzazione” di quasi il 70% del valore tabellare; Trib. Milano 16.02.2009, per postumi permanenti rispettivamente del 33% e del 35% ha effettuato una personalizzazione di quasi il 100 % nel primo caso e di circa il 40% nel secondo;
Trib. Catanzaro 13.05.2009 per postumi permanenti del 12% e del 2% conseguenti a sinistro stradale ha effettuato una “personalizzazione” del 20%).
Ed ancora: “Il giudice anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che determina una duplicazione di danno) deve procedere ad un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” (Trib. Milano 24.12.2008 n. 15227, per postumi permanenti del 13-14% in ipotesi di medical malpractice, dove il Magistrato indica una cifra unica “per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del diritto alla salute”, senza specificare le diverse componenti; in senso conforme Trib. Milano 05.03.2009 n.
3047, per postumi permanenti del 4% in tema di medical malpractice; Tribunale di Milano 06.05.2009 n. 6076, in tema di medical malpractice).
Nelle ipotesi di danni alla persona conseguenti a sinistri stradali con postumi c.d.
micropermanenti (e cioè fino al 9% compreso), la nozione della c.d. “personalizzazione”
trova tuttavia un limite ben preciso nel dettame normativo di cui all’art. 139 del Codice delle Assicurazioni che, al terzo comma, statuisce espressamente che: “l’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del primo comma può essere aumentato dal Giudice
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189 in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”.
Anche a tale proposito, la giurisprudenza di merito si è divisa.
Vi sono coloro secondo i quali il limite di cui all’art. 139 del CdA è invalicabile, quantomeno sicuramente nell’ambito dei sinistri stradali: “Il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., nel caso di danno biologico per lesioni di lieve entità subite dai danneggiati da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è costituito, in modo omnicomprensivo, del danno biologico così come definito dall’art.
139 secondo comma, del D. Lgs. N. 209/2005, accertato secondo i criteri e le misure fissati nel medesimo articolo 139, intendendosi che l’ammontare del risarcimento può essere personalizzato dal giudice con le modalità ed entro i limiti fissati dal comma terzo del precitato art. 139” (GdP Milano 12.03.2009 n. 5546, per postumi permanenti del 5%; in senso conforme GdP Reggio Emilia 17.12.2008 n. 2 per postumi permanenti dell’8%).
Vi sono invece coloro i quali sostengono che tale limite sia superabile: “nei valori monetari disciplinati dall’art. 139 del CdA, il Legislatore non ha affatto tenuto conto anche del danno conseguente alle sofferenze fisiche e psichiche patite dalla vittima. Il Giudice, operando una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 139 del Cda e 2059 c.c., deve quindi garantire comunque l’integrale risarcimento del danno alla salute
… procedendo ad una adeguata personalizzazione del danno non patrimoniale e … liquidando, se del caso, e sulla base delle allegazioni e delle prove acquisite al processo
… congiuntamente ai valori monetari di legge, una somma ulteriore che ristori integralmente il pregiudizio subito dalla vittima” (Trib. Milano 19.02.2009 n. 2334, per postumi permanenti del 4%; in senso conforme Trib. Bologna 29.01.2009 n. 20076 per
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190 postumi permanenti del 3%; Trib. Roma 05.02.2009 N. 2667 per postumi permanenti del 6%; Trib. Roma 25.02.2009 per postumi permanenti dell’8% e Trib. Torino 17.03.2009 per postumi permanenti dell’8%).
Anche il Supremo Collegio, ad onor del vero, è tornato a pronunciarsi in punto liquidazione danno non patrimoniale in ipotesi di lesioni personali.
Da un lato, purtroppo, sono stati instillati nuovi dubbi, laddove è stata affermata ancora la sussistenza di una: “autonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico, in relazione alla diversità del bene protetto … che esclude il ricorso semplificativo a quote del danno biologico esigendo la considerazione delle condizioni soggettive della vittima e della gravità del fatto e pervenendo ad una valutazione equitativa autonoma e personalizzata” (Cass. 28.11.2008 n. 28407).
Ed ancora: “nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona, deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute” (Cass. 12.12.2008 n. 29191).
Tali questioni terminologiche, tuttavia, a nostro sommesso avviso, e nonostante queste decisioni, sono state definitivamente superate dalle sentenze quadrigemine delle Sezioni Unite: il danno non patrimoniale, anche se composto ovviamente da una complessa serie di pregiudizi, è uno ed uno solo.
La cosa sicuramente più interessante che invece emerge dalle decisioni successive del Supremo Collegio è la chiara indicazione ai giudici di merito di evitare, al momento di procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, di appiattirsi sui valori previsti
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191 dalle tabelle adottate, ma di procedere con una necessaria personalizzazione del danno, sulla scorta ovviamente delle necessarie allegazioni e prove fornite dal danneggiato.
Gli esempi sono molteplici.
Ad esempio è stata cassata con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva liquidato un 95% di danno biologico limitandosi ad applicare i criteri tabellari vigenti in quel momento nel foro partenopeo: “senza concedere alcuna personalizzazione. La stima risulta fatta pertanto con criteri meramente matematici … Pertanto risulta violato il principio del risarcimento totale del danno biologico da illecito della circolazione, come definito dal Legislatore, che ne descrive le componenti in ordine alle quali la motivazione deve essere adeguata, non solo ai valori tabellari, che sono, nel caso di lesioni gravissime, meramente indicativi” (Cass. 20.01.2009 n. 1351; in senso conforme Cass. 20.01.2009 n. 1343 che cassa sempre una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva liquidato un 12% di postumi permanenti a titolo di danno biologico senza tener conto di tutte le componenti da cui è composta tale voce di danno).
E’ stata altresì ritenuta fondata la censura relativa alla ridotta ed automatica liquidazione del danno morale in una misura percentuale sul danno biologico (Cass. 20.01.2009 n.
1351).
Ed ancora è stata cassata una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che per un 14 % di postumi permanenti a titolo di danno biologico si era limitata ad applicare i valori tabellari vigenti in quel momento. Orbene, secondo la Corte di Cassazione: “il giudice di rinvio dovrà procedere alla ri-liquidazione del danno alla salute in tutte le sue componenti, ma, per essersi formata cosa giudicata interna sulla liquidazione della componente danno biologico da postumi permanenti delle lesioni, considerati anche come comprensivi del pregiudizio che la Corte territoriale ha chiamato alla vita di
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192 relazione, dovrà assumere come componente necessaria della nuova unitaria liquidazione del danno de quo quanto riconosciuto per danno biologico nei detti sensi.
E, quindi, dovrà riconoscere il danno "morale" in qualcosa di più di quanto ha riconosciuto a titolo di danno biologico. Inoltre, nel procedere alla liquidazione unitaria e, di risulta, a quella del danno "morale", dovrà accertare, ai fini dell'identificazione di quest'ultimo, sulla base delle risultanze degli atti e di tutte le circostanza del caso concreto (e, naturalmente con la considerazione dei limiti del giudizio di rinvio), l'entità della sofferenza temporanea cagionata dalle lesioni subite dalla ricorrente e l'eventuale esistenza di una sofferenza permanente, così realizzando l'operazione di personalizzazione della complessiva liquidazione indicata dalle Sezioni Unite. Poiché ai fini della liquidazione del danno biologico per come l'ha riconosciuto la Corte territoriale ha utilizzato le tabelle milanesi, fermo restando che non potrà determinare in modo automatico il danno "morale" in una percentuale del danno de quo, secondo una prassi applicativa che le Sezioni Unite hanno disatteso nella motivazione delle sentenze citate, quella Corte potrà senza dubbio considerare quanto liquidato in base a dette tabelle e comunque quanto risultante da esse come elemento per procedere alla detta operazione di personalizzazione, avuto riguardo alle già sopra risultanze degli atti e circostanze del caso concreto. In definitiva, la Corte territoriale si conformerà a quanto la sentenza n.
26972 del 2008 ha precisato nel paragrafo 4.9. della motivazione” (Cass. 09.04.2009 n. 8669).
Da ultimo segnaliamo che è stata cassata anche una decisione in tema di micropermanenti (2%), ove erano stati applicati i criteri di legge, ed era stato riconosciuto un danno morale nella misura di un terzo del danno biologico, con la statuizione dei seguenti principi: “le attuali tabelle ministeriali micropermanenti, in vigore, dovranno essere sostituite con un regolamento per decreto presidenziale, che tenga conto delle
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193 quattro componenti del danno biologico per lesioni di lieve entità, come definito dal secondo comma dell'art. 139 del nuovo codice, norma che non ha previsto la retroattività del nuovo regime, che si prevede sarà correttivo del primo per la migliore valutazione del danno biologico come danno complesso”; inoltre: “resta fermo il divieto dell'automatismo anche per la liquidazione delle micropermanenti e dei danni morali consequenziali che restano estranei alla definizione complessa del danno biologico, che vincola anche i giudici tenuti ad applicarla per tutte le sue componenti a prova scientifica e personalizzanti” (Cass. 20.05.2009 n. 11701).
Di fronte a questo complesso quadro sono arrivate le nuove Tabelle dell’Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano.
Pur apprezzando lo sforzo per arrivare a dei criteri organici ed uniformi di liquidazione del danno non patrimoniale, non ci possiamo esimere dal rilevare alcune contraddizioni rispetto ai principi delle sezioni unite.
Le Tabelle, in primo luogo, danno già per scontato nel valore punto-base quello che dovrebbe essere allegato e provato, e cioè il pregiudizio morale (ma è sempre presente?).
E’ davvero difficile, allora, comprendere quale fosse la “duplicazione” di cui hanno parlato le Sezioni Unite.
Le Tabelle, inoltre, dicono di voler aderire al metodo della c.d. personalizzazione, ma, in realtà, gli spazi per tale operazione sono molto limitati per le lesioni più gravi rispetto a quelli lasciati per le micropermanenti, realizzando nella pratica un effetto contrario rispetto quello che animava le finalità delle Sezioni Unite.
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194 L’Osservatorio, inoltre, nulla dice circa la giustificazione di una differente liquidazione delle micropermanenti in ipotesi di sinistri non derivanti dalla responsabilità civile auto rispetto a quelli regolamentati dai criteri di legge (art. 139 del Codice delle Assicurazioni).
L’interpretazione data dall’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano ai principi elaborati dalle Sezioni Unite nel novembre del 2008, in sintesi, non è detto che abbia un’adesione così ampia come accaduto in passato per le precedenti tabelle (anche se il Tribunale di Torino ha già mostrato una prima adesione a tali nuovi valori: Tribunale Torino 04.06.2009 n. 4297, che tuttavia opera dei distinguo ben precisi, nel senso che:
“si riserva di modulare il trattamento liquidatorio anche al di sotto dei valori minimi”, oppure di personalizzare ulteriormente il danno nelle ipotesi di “eventuale lesione concorrente di diritti costituzionali fondamentali diversi dal diritto alla salute”).
In definitiva, siamo ancor ben lontani dall’aver trovato una strada condivisa da tutti gli operatori del diritto.