• Non ci sono risultati.

TRAPIANTI D’ORGANO E IDONEITÀ AL LAVORO∗

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "TRAPIANTI D’ORGANO E IDONEITÀ AL LAVORO∗"

Copied!
21
0
0

Testo completo

(1)

TRAPIANTI D’ORGANO E IDONEITÀ AL LAVORO

Dr. Aldo Di Blasi∗∗ – Dr.ssa Linda Di Blasi∗∗∗

Nei vorticosi cambiamenti indotti dal progresso scientifico sulla qualità della vita negli ultimi decenni, un posto di privilegio nella generale considerazione occupano i trapianti d’organo e di ciò si ha contezza nell’attenzione del legislatore e nell’interesse crescente della comunità scientifica e della pubblica opinione. I trapianti d'organo sono ormai entrati nella pratica clinica quotidiana; dai primi trapianti renali si è passati, ultimamente, ai trapianti di cuore, fegato, pancreas e midollo osseo, con risultati ogni giorno più soddisfacenti a mano a mano che si sono perfezionati gli studi di immunologia e le tecniche chirurgiche. La trapiantologia costituisce ormai una valida e concreta alternativa nella terapia di gravi patologie altrimenti pressoché incompatibili con una aspettativa di vita a breve e lungo termine.

E’ divenuto pertanto argomento di attualità e degno di attenzione, la valutazione post-trapianto, ai fini dell'inserimento dei trapiantati nella società e nel mondo del lavoro. Ciò ha aggiunto ai problemi di natura chirurgica, di natura immunologica e di natura immunosoppressiva, anche problemi di natura medico- legale: lo stato sociale si trova quindi nella necessità di stabilire se i soggetti trapiantati continuano ad essere degli invalidi o se è possibile reinserirli nel mondo del lavoro.

Se compito primario di ogni medico è tutelare la salute del singolo e della collettività, tendendo al raggiungimento del benessere fisico, psichico e sociale, compito del medico legale e del medico del lavoro è valutare il danno esitato e la capacità lavorativa residua, in modo da consentire interventi di tipo sanitario ed

Convegno sul tema: “Medicina legale militare: contributo alla società civile”. Messina, 14.10.00

∗∗ Presidente C.M.V. di Messina del Ministero del Tesoro, medico del lavoro, già primario medico legale INPS di Livorno e Piombino, referente Melchiorre Gioia a Messina.

∗∗∗Medico Serv. Aut. Salute Mentale, Clinica Psichiatrica Policlinico Università di Messina

(2)

economico, finalizzati a liberare l’individuo dallo stato di bisogno causato dalla malattia, oltre che a tutelare lo stesso e l’ambiente di lavoro.

La possibilità di disporre oggi di una casistica sufficientemente ampia di soggetti sottoposti a trapianto di organi facilita l’esame del problema della loro tutela assicurativa e sociale. Infatti, se molteplici sono gli aspetti medico-legali connessi con i trapianti d’organo, fra questi, particolare rilievo meritano la tutela sociale e previdenziale dei pazienti, anche e soprattutto in relazione alla possibilità di svolgere attività lavorativa.

Nei centri medico-legali dell’INPS, dell’INAIL, delle AUSL, delle Forze Armate, delle Commissioni invalidi, non è ormai raro incontrare dei soggetti trapiantati nei confronti dei quali viene richiesto un giudizio sulla loro capacità lavorativa.

In questi casi la valutazione della compromessa validità diventa specifica o para- specifica e soprattutto invita a ribaltare il metodo originario: più che accertare cosa il soggetto non può fare per causa della invalidità, bisogna accertare cosa egli può fare «nonostante» l'invalidità.

Valutazione Medico-Legale

Nella valutazione, il medico-legale deve anzitutto tener conto del fatto che tra i trapiantati esistono tre tipi di pazienti:

Consideriamo ai fini valutativi, specificamente, tre tipi di trapiantati:

A. Pazienti trapiantati con organo ben funzionante, in buone condizioni generali, con terapia immunosoppressiva efficiente e ben tollerata. - Questi pazienti rappresentano il gruppo (in realtà molto piccolo) più idoneo a potere riprendere una attività lavorativa; sono soggetti che, se sostenuti psicologicamente in maniera opportuna,possono inserirsi in una attività produttiva; deve trattarsi però di una attività leggera, senza particolare impegno psico-fisico, non condizionata da orari né da ritmi produttivi particolari. Ci si riferisce ad una attività di tipo impiegatizio o ad attività autonome dirigenziali; questo tipo di trapiantati,pur trovandosi nelle migliori condizioni, ha difficoltà ad un reinserimento lavorativo vuoi per

(3)

motivi di natura psicologica vuoi per motivi inerenti alla terapia ed alla dieta che devono seguire.

B. Pazienti trapiantati con terapia immunosoppressiva mal sopportata e disturbi funzionali d'organo. - Si tratta di un gruppo di pazienti nel quale la terapia immunosoppressiva provoca manifestazioni tossiche a carico di vari organi e complicazioni aggiuntive; inoltre la funzionalità dell'organo trapiantato non è ottimale e si rilevano segni di screzio renale (nei trapiantati di rene) o episodi di angina (nei trapiantati di cuore).

C. Pazienti trapiantati in terapia immunosoppressiva,buona funzionalità d'organo e con disturbi concomitanti.- Questi soggetti sono del tutto particolari perché vivono in un equilibrio molto instabile: da un lato debbono praticare la terapia immunosoppressiva con tutte le cautele ed i pericoli che essa comporta,dall'altro debbono provvedere ad una terapia per la malattia specifica di cui soffrono (ipertensione arteriosa, diabete mellito, disturbi circolatori, glaucoma,ecc.); alcune di queste malattie poi hanno un carattere iatrogeno ed il loro trattamento terapeutico interagisce con la terapia immunosoppressiva. Sulla validità del soggetto influisce anche la terapia immunosoppressiva praticata; essa oltre a dare dei disturbi di carattere particolare come l'intolleranza agli zuccheri, la nefrotossicità, l'epatotossicità, l'osteoporosi, sviluppa anche dei disturbi di carattere generale come l'anoressia, l'astenia, la depressione, la sonnolenza. Queste situazioni debbono essere valutate in rapporto alle condizioni generali del trapiantato ed eventuali malattie concomitanti; un soggetto diabetico ha grosse difficoltà a potere praticare una terapia cortisonica così anche un soggetto iperteso. Oltre ad una continua terapia immunosoppressiva, tali soggetti debbono praticare una dieta appropriata che, nel maggior numero dei casi, è ipoproteica ed ipoglucidica; ciò determina situazioni di iponutrizione che mal si conciliano con prestazioni lavorative di un certo impegno fisico.

(4)

Tali disturbi condizionano le possibilità prestazionali dei soggetti trapiantati e di essi bisogna tenere conto nel valutare le risposte che nel colloquio anamnestico i pazienti forniscono.

Frequente inoltre è il riscontro, nel primo anno dal trapianto,di larvate reazioni disforiche, come anche è stato segnalato un periodo successivo di relativa depressione,correlata alla consapevolezza di doversi attenere a terapie e controlli per un tempo indefinito. Utile a tale scopo è la somministrazione di test psicometrici, psicodiagnostici e questionari per la valutazione della qualità della vita.

L’elemento comunque di cui occorre tenere particolarmente conto è l'attività lavorativa del trapiantato; a questo proposito però bisogna fare un discorso più approfondito.

Il tipo di attività svolta condiziona, già prima dell'intervento, la vita lavorativa del soggetto; infatti bisogna fare due grosse distinzioni fra lavoro dipendente e lavoro autonomo e, nell'ambito di questi, fra lavoro leggero e lavoro medio-pesante; la possibilità di potere continuare a lavorare o non lavorare diventa attuale già prima dell'intervento di trapianto e questa possibilità varia a seconda dell'organo interessato; certo un cardiopatico in IV classe funzionale NYHA difficilmente potrà svolgere una attività lavorativa anche se autonoma e leggera; ma per un insufficiente renale in trattamento dialitico, il discorso si fa più articolato dovendo distinguere tra lavoro dipendente ed autonomo e tra lavoro leggero e medio- pesante.

In questo tipo di malati, sia nel lavoro dipendente che in quello autonomo è da scartare la possibilità di effettuare dei lavori medio-pesanti; semmai il problema si pone per i lavori leggeri: in questo caso è favorito il lavoratore autonomo che non il dipendente essendo quest'ultimo vincolato da ritmi produttivi cui nessun datore di lavoro intende rinunciare. Il lavoratore autonomo se svolge un lavoro particolarmente leggero e non è obbligato da particolari impegni produttivi, può continuare, anche se in dialisi, una certa attività lavorativa.

L'esperienza quotidiana però insegna che il dializzato, vuoi per motivi di ordine psicologico, vuoi per motivi di organizzazione del lavoro, vuoi per motivi di malessere generale (il dializzato si lamenta di un profondo stato astenico) difficilmente continua a svolgere una attività lavorativa degna di questo nome; lo

(5)

stesso dicasi dell'insufficiente epatico: finché la malattia non è evoluta ed il quadro disprotidemico non è molto alterato, è possibile che il soggetto svolga una certa attività lavorativa nei limiti del tipo di lavoro di cui si accennava sopra;

quando invece la malattia evolve nel senso di una completa insufficienza d'organo, non c'è volontà che tenga: il grave stato astenico che si instaura toglie ogni desiderio di lavorare ed il soggetto cade in una situazione di prostrazione psico-fisica; queste sono le condizioni in cui i soggetti si trovano al momento del trapianto.

Una volta effettuato il trapianto,il discorso relativo al reinserimento lavorativo si fa più complesso e non è possibile generalizzare;bisogna prendere in considerazione gli elementi di valutazione di cui si diceva prima e cioè il tipo di lavoro svolto,la sua attualità ed il tempo trascorso dalla effettuazione del trapianto.

In primo luogo, attraverso una attenta disamina della documentazione sanitaria di cui tali soggetti sono forniti, bisogna accertarsi della funzionalità dell'organo trapiantato e definire eventuali accenni a fenomeni di rigetto; è opportuno esaminare attentamente la storia clinica post-trapianto del paziente, valutare tutti gli accertamenti clinici che nei controlli ospedalieri vengono effettuati ed inquadrare tali soggetti nell'ambito di quelle tre categorie di cui si accennava.

E' necessario anche soffermarsi sulla valutazione delle capacità funzionale dell'organo trapiantato e dei suoi limiti funzionali nei confronti della attività lavorativa, effettuando una disamina dettagliata dell'impegno energetico richiesto dal lavoro abitualmente svolto o da eventuali occupazioni confacenti.

La valutazione dell'invalidità lavorativa non può essere basata sulla considerazione dei soli parametri clinici e di conseguenza espressa in termini prognostici di probabile recupero professionale, solo teoricamente prospettabile, ma deve rimanere fondamentalmente ancorata alla situazione occupazionale di fatto, immutata o eventualmente modificata dopo il trapianto.

Tutti gli elementi clinico-anamnestici disponibili debbono essere inquadrati e valutati nell'ambito della attività lavorativa svolta dall'assicurato o nell'ambito di eventuali occupazioni confacenti.

(6)

Pertanto, le condizioni cliniche dei soggetti post-trapianto vanno valutate attentamente in tutti i loro aspetti intrinseci ed estrinseci al fine di definire fisicamente il nuovo « tipo di lavoratore ». Nel ritorno al lavoro del trapiantato, è l'interessato che decide se riprendere o meno la propria attività o un'altra; in questa decisione egli è condizionato da due ordini di fattori:

a) fattori di ordine clinico; b) fattori di ordine non sanitario.

Riteniamo che i fattori di ordine non sanitario prevalgono molto spesso sui fattori clinici nel condizionare il ritorno o meno al lavoro; infatti in questa decisione acquistano rilevanza diversi elementi di natura non sanitaria come:

a) la valutazione soggettiva delle proprie condizioni cliniche; b) l'attaccamento ideale al lavoro ed il bisogno o meno di sentirsi utile; c) il bisogno economico.

Accanto a questi fattori un ruolo determinante svolge la componente clinico- sanitaria della decisione di riprendere il lavoro e cioè la compatibilità trapianto- lavoro; il tipo di lavoro che il trapiantato ha svolto o che potrebbe svolgere acquista una importanza rilevante nello stabilire quale entità di sforzo psico-fisico lavorativo il trapiantato può svolgere senza problemi, tenendo presente i costi metabolici delle varie attività lavorative.

Definire pertanto la figura lavorativa del trapiantato non è agevole; nel tentare di fare ciò, è opportuno quindi tenere conto non solo del soggetto in quanto paziente ma anche del lavoro e soprattutto dell'impatto di tali soggetti con l'ambiente lavorativo. Nell'esprimere il giudizio medico-legale su questi soggetti trapiantati, oltre agli elementi di ordine clinico e lavorativo di cui si è accennato, è necessario tenere conto infine di altri due elementi: a) l'attualità del lavoro; b) il tempo trascorso dalla effettuazione del trapianto.

Il tempo trascorso è un valido indice prognostico e permette di valutare sia eventuali fenomeni di rigetto, sia eventuali manifestazioni tossiche della immunosoppressione, sia eventuali complicazioni post-trapianto (non bisogna infatti sottovalutare la possibilità che i trapiantati vadano incontro ad infezioni e che le complicanze settiche incidono sulle cause di morti tardive e sull'andamento del trapianto).

L'attualità del lavoro, oltre a costituire un elemento di valutazione sui costi energetici cui il trapiantato va incontro, rappresenta un indice presuntivo di

(7)

riacquisto di validità del soggetto pur nei limiti delle considerazioni sopra formulate.

E' necessario pertanto un lavoro di équipe che comporta una interdisciplinarietà di interventi al fine di definire al meglio il rapporto di compatibilità tra trapianto e lavoro; tale rapporto va considerato sia come fattore causale di eventi futuri nuovi sia come evoluzione di una situazione già di per sé precaria.

In ambito INPS:

Fra i tanti assicurati che arrivano alla osservazione dei medici legali INPS, gran parte risultano affetti da malattie renali, epatiche, cardiache e del sangue, in evoluzione clinica avanzata, se non in fase terminale; questi soggetti chiedono la prestazione previdenziale in quanto non sono più in grado di svolgere la propria attività lavorativa sia perché portatori di una insufficienza cardiaca o perché affetti da insufficienza renale cronica (molto spesso in trattamento dialitico) o perché affetti da insufficienza epatica evoluta (con versamento ascitico più o meno conclamato) o perché affetti da forme tumorali del sangue.

Il giudizio medico-legale varia da soggetto a soggetto e si estrinseca o in un giudizio di invalidità o in quello di inabilità; diversi fattori influenzano tale giudizio: condizioni cliniche, evoluzione della malattia, attività lavorativa, età del soggetto: la valutazione di tali parametri fa indirizzare verso un giudizio o un altro.

Com'è noto, in campo previdenziale, viene valutata l'esistenza o meno di una riduzione della capacità lavorativa oltre un certo limite; si tratta però di una capacità lavorativa del tutto particolare, né generica né specifica, che deve tenere conto non solo della specializzazione lavorativa dell'assicurato ma anche della possibilità di rioccupazione in attività confacenti; non si tratta quindi di efficienza psico-fisica generica ma di una efficienza psico-fisica da utilizzare in senso produttivo; a seconda del grado di riduzione di tale capacità lavorativa e del carattere permanente o meno di essa, scatta il giudizio di invalidità o di inabilità.

(8)

A norma della legge n. 222/84, i soggetti dichiarati invalidi sono sottoposti dopo tre anni a visita di revisione; revisione si può avere, ad iniziativa dell’Istituto, sia per gli invalidi che per gli inabili. In questa fase, alcuni di essi vengono a trovarsi in una situazione clinica del tutto nuova in quanto hanno subito nel frattempo un trapianto d'organo.

Pertanto, in ambito INPS, i trapiantati sottoposti a visita spesso sono soggetti già dichiarati invalidi o inabili per varie gravi patologie d’organo, i quali, chiamati a revisione, nel frattempo hanno subìto un trapianto d’organo; si pone in questi casi un problema prognostico che è importantissimo per un corretto giudizio medico- legale. Qui il medico previdenziale è chiamato a valutare se esistono ancora le condizioni di una ridotta efficienza psico-fisica nel senso voluto dalla legge.

Dalla casistica della sede di Agrigento,in un biennio,si evince che l'assegno ordinario di invalidità ex art. 1 Legge 222/84, è stato erogato dall'INPS in 4 casi di trapianto renale,uno di trapianto di fegato, due di midollo,due di trapianto cardiaco . In altra sede,a Parma,in cinque anni l’assegno è stato concesso in 7 casi su 15 di trapianto renale(gli altri già in epoca di dialisi); vi erano compresi, in particolare, casi con persistenti valori patologici della creatininemia (sino a 2,4 mg/dl), taluni anche soggetti ad infezioni urinarie ricorrenti, nonché un caso di cataratta bilaterale (con funzionalità renale compensata). L'età media alla concessione del beneficio previdenziale risulta 40 anni (fra 32 e 50 anni).

La pensione di inabilità è stata concessa dall'INPS di Parma dopo il trapianto in 3 casi su 5. Ricorrevano nella specie gravi complicanze post-trapianto:

polineuropatia periferica (S. di Landry-GuillanBarre) con osteoporosi diffusa;

cataratta bilaterale con esiti di necrosi asettica della testa femorale e creatininemia patologica (1,5 mg/dl); pneumopatia interstiziale con tromboflebite degli arti inferiori ed insufficienza renale (creat. 2,2 mg/dl). L'età media della attribuzione è risultata 47 anni (da 44 a 50 anni).

La sede di Pozzuoli in un decennio ha avuto modo di esaminare solo tre casi di assicurati che avevano ricevuto un trapianto,e precisamente un trapianto di cornea per cheratocono (non invalido,un trapianto cardiaco per cardiomiopatia dilatativa e un trapianto renale per i.r.c. (invalidi).

Per quanto concerne in particolare il trapianto renale,come si vede,la valutazione ai fini previdenziali non riconosce, di regola, i presupposti per la concessione della pensione di inabilità (art. 2 Legge 222/84); è permessa infatti,di norma, una

(9)

attività lavorativa, pur «qualsiasi» e non «usurante», anche nell'ambito di una capacità personalizzata.

Possono sussistere invece i presupposti per il riconoscimento della condizione di invalido (ex art. 1 Legge 222/84) quando sia provata, per dequalificazione o caratteristiche di usura del lavoro, di impegno fisico rilevante o fonte di stress, una sufficiente compromissione della capacità attitudinale del soggetto. Come emerge dalla casistica si tratta di una valutazione spesso già espressa in precedenza al trapianto, ma che non pare possa essere sostanzialmente revocata sulla base del solo fatto biologico del trapianto stesso, in assenza di un «effettivo»

recupero professionale, che si prospetta, di fatto, difficoltoso o improbabile.

Frequente è il riscontro tra gli epatotrapiantati di titolari di assegno d'invalidità o di pensione di inabilità concessa per grave malattia epatica e quindi trapiantati. In tali soggetti è quasi sempre costante un miglioramento delle condizioni psicofisiche rispetto all'epoca della concessione, ma è altresì costante la difficoltà nel valutare un riadattamento lavorativo.

Tenendo in debito conto le problematiche per la stima degli esiti dei trapianti, i Medici dell’INPS procedono, alla luce del dettato di legge per l'invalidità pensionabile, utilizzando parametri basati su funzionalità dell'organo

trapiantato,malattia di base, effetti collaterali della terapia immunosoppressiva, presenza di complicanze, reazione psichica al trapianto. Quindi correlando, indicativamente, le classi di invalidità alle voci di prestazioni previste dalla norma, al contempo contemperando una dovuta stima delle condizioni generali, ponendo tutto in relazione alla capacità di lavoro in occupazioni confacenti.

Competenza delle CC.MM.OO.

È il riconoscimento della inabilità ai fini dell’attribuzione ai lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche iscritti a forme di previdenza esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza. La pensione di inabilità, introdotta dalla legge n.335 del 8.8.95, con effetto dal 1 gennaio 1996, è una tipologia aggiuntiva ai trattamenti di pensione già previsti, la cui misura è pari a quella che sarebbe spettata ai dipendenti all’atto del compimento di determinati

(10)

limiti d’età, nella ipotesi in cui la cessazione dal servizio, verificatasi anticipatamente rispetto al raggiungimento di tali limiti, sia imputabile ad infermità non dipendenti da causa di servizio, per le quali gli interessati si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

La stessa è reversibile ai superstiti, secondo le disposizioni vigenti nel regime dell’A.G.O., estese a tutte le forme esclusive o sostitutive dall’art.1, comma 41, della legge 335/95.

La valutazione dei trapiantati segue, in questa fattispecie, i criteri che i Sanitari dell’INPS adottano per l’attribuzione della pensione di inabilità ai sensi dell’art.2 della legge n.222/84.

La C.M.O., nel caso ritenga che l’infermità inabilitante (a qualsiasi attività lavorativa), pur presentando i caratteri della gravità e della permanenza, possa col tempo essere suscettibile di miglioramento, indica una data stabilita per la revisione del giudizio.

La C.M.O. può anche esprimere un giudizio di inabilità permanente in modo assoluto o relativo al servizio (con riferimento al profilo professionale o alla qualifica di appartenenza); l’amministrazione di appartenenza, in caso di inabilità permanente assoluta al servizio, come nel caso di stato di inabilità assoluta a qualsiasi attività lavorativa, non dispone altri accertamenti e provvede alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Ai sensi della Legge n. 210/92 che regolamenta l’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, i soggetti sottoposti a trapianto epatico per gli esiti di un’epatite virale causata da tali eventi hanno diritto ad un indennizzo da parte dello Stato per la menomazione permanente dell'integrità psicofisica. La commissione giudicante deve fornire un giudizio sul nesso causale e sul grado di menomazione psicofisica, secondo la tabella A annessa al T.U. approvato con D.P.R. del 23.1.78. n. 915. come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. del 30.12.8 1, n. 834. Tale tabella non prevede espressamente la voce trapianto di fegato, i cui esiti andranno pertanto valutati per analogia.

(11)

In ambito di Assicurazione privata per l'invalidità permanente da malattia e/o da infortunio si agirà a termini di polizza: varie sono le dizioni del rischio assicurato. Generalmente per la polizza infortunio si farà riferimento alla capacità lavorativa a proficuo lavoro, mentre relativamente alla polizza malattia il riferimento può essere quello della riduzione della capacità lavorativa specifica; a seconda del rischio assicurato si individuerà la valutazione richiesta.

Non esistono proposte valutative espressamente rivolte agli esiti di trapianto epatico, ma solamente delle proposte per la stima della sindrome gastroenterica, suddivisa in classi,o per gli esiti di epatiti tossiche,o esiti di epatiti infettive.

In sede di infortunistica lavorativa non sono previsti esplicitamente nelle tabelle allegate al T.U. di cui al D.P.R. 30.06.35, n. 1124 e successive modifiche, i trapianti d’organo. Unico parametro di riferimento tabellare, per il trapianto renale, nel T.U. è l'infermità “perdita di un rene con integrità del rene superstite”

(25%). Dovendo fare riferimento ad una «attitudine lavorativa» di carattere manuale, nella tutela sociale di questa specifica invalidità, la prevedibile modificazione in peius nel tempo della condizione del soggetto portatore di trapianto renale, fino a quando maggiori garanzie non si otterranno con future terapie immunosoppressive, suggerisce l'opportunità di attivare di regola l'istituto delle revisioni con periodicità almeno biennale, previsto dagli enti valutativi e, comunque, in ogni momento per domanda del singolo interessato.

In definitiva, la valutazione del danno, tenuto conto del livello funzionale renale ripristinato, delle condizioni relative al trattamento immunosoppressivo e alle complicanze del trapianto, non può che essere intermedia tra quella che faccia riferimento alla perdita di un rene con compenso funzionale da parte del rene superstite e quella relativa alla condizione di una emodialisi ben tollerata.

Per quanto riguarda il trapianto di fegato, qualora esso consegua ad una infezione virale o a trauma, gli esiti dell'epatotrapianto andranno valutati con riferimento analogico, non esistendo valutazioni tabellari specifiche previste.

Nella nuova “tabella delle menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psico-fisica, comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali”, approvata con D.M.

12 luglio 2000, i trapianti d’organo sono finalmente stati presi in considerazione:

dal 25 luglio 2000,data di pubblicazione sulla G.U., il trapianto di cuore con

(12)

insufficienza cardiaca riconducibile a classe I NYHA è valutato al 40%, quello in II classe al 50%, quello in III classe al 75%.

Il trapianto renale, con necessità terapeutica, e segni di insufficienza renale,a seconda della gravità (lieve,moderata), è valutato fino al 45%; quello con

insufficienza d’organo e manifestazioni secondarie della terapia adottata di grado severo, fino a 60%. Per gli altri tipi, ovviamente,si procede per analogia.

Col D.M. è stato approvato anche una “tabella di coefficienti da utilizzare per la determinazione della percentuale di retribuzione da prendere a base per l’indennizzo delle conseguenze della menomazione”, a seconda del grado di pregiudizio sull’attività svolta dal soggetto e su quella della categoria di appartenenza e sulla ricollocabilità.

Quanto all’attività svolta,va preso in considerazione il tipo di attività nelle sue generali connotazioni,indipendentemente dalle condizioni contingenti e peculiari dell’organizzazione del lavoro in cui in concreto il danneggiato operava. La nozione di categoria di appartenenza è definita espressamente dal legislatore e comunque, contenendo il riferimento al “complesso delle attività adeguate”, è necessariamente da rapportare alla generale configurazione delle attività stesse.

Per quanto attiene alla ricollocabilità, va osservato che il riferimento alle

“possibilità che le residue capacità psicofisiche siano utilizzabili” prescinde dall’effettivo ricollocamento e, quindi, la ricollocabilità va valutata con riguardo esclusivo alle potenzialità lavorative del soggetto, tenendo conto anche dei risultati degli interventi riabilitativi effettuati nonché dei benefici che il soggetto può ricavare dagli interventi di supporto ambientali e dai servizi di sostegno effettivamente fruibili.

In tema di invalidità civile, il tradizionale parametro della capacità generica al lavoro, impossibile da individuare in un epoca in cui le mansioni che richiedono un semplice ed aspecifico intervento manuale ed intellettivo sono un'eccezione, nel 1988 è stato sostituito con l'altro, indubbiamente più personalizzante, della capacità lavorativa generica con attenzione all’incidenza del danno funzionale permanente sulle occupazioni confacenti alle attitudini del soggetto e sulla capacità lavorativa specifica (con la possibilità di modificare,in riferimento a ciò, le valutazioni tabellari del D.M. 5 febbraio1992 fino a 5 punti), allineandosi

(13)

l'invalidità civile alla criteriologia valutativa dell'assicurazione di previdenza sociale (L.222/84) in un avanzamento significativo verso quella nozione unitaria della invalidità di cui la Medicina Legale ha formulato da anni l'auspicio. La normativa ha in maniera innovativa esplicitato i parametri su cui deve fondarsi la prevista perdita della capacità lavorativa suddividendo le attività lavorative, secondo livelli di limitazione crescente, nelle seguenti sei categorie:

1) potenzialità lavorativa conservata senza limitazioni;

2) conservata con limitazioni saltuarie;

3) conservata con ausili tecnici e/o modifiche ambientali;

4) possibile soltanto per determinati tipi di attività lavorativa;.

5) limitate con ausili tecnici c/o modifiche ambientali;

6) quasi abolita (o conservata per attività occupazionali non redditizie).

La stesura delle tabelle sulle percentuali di invalidità ha fatto riferimento alla classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dall'OMS, introducendosi in tal modo il presupposto fondamentale di una nozione unitaria degli effetti della infermità e delle menomazioni, come danno biologico e relazionale (danno bio-sociale), che può essere vissuto, nel suoi riflessi socio- economici, in modo più o meno gravemente limitativo della personalità, anche a motivo della sostanziale incapacità delle strutture sociali di rimuovere la proiezione negativa del danno.

Di particolare rilievo, in questa prospettiva di valutazione, è altresì l’indicazione di legge alle Commissioni competenti, di determinare «in ogni caso... le potenzialità lavorative del soggetto», l’oggettiva incidenza delle menomazioni sulle capacità del soggetto di espletare mansioni confacenti, soprattutto in riferimento al grado di abilità residua e cioè alla effettiva possibilità di recupero e di reinserimento socio-produttivo. Un approccio valutativo alla invalidità civile del soggetto trapianto non può prescindere dalla considerazione della sua assoluta individualità sia sotto il profilo della oggettiva e permanente menomazione che insiste sul riflesso bio-sociale, sia sotto quello della possibilità e della volontà della persona al recupero lavorativo.

Occorre anzitutto premettere che la valutazione del grado di inabilità di trapiantati, trattandosi in genere di soggetti già riconosciuti gravemente invalidi od addirittura inabili civili in epoca antecedente l'intervento sostitutivo,può

(14)

avvenire solo in sede di verifica successiva all'intervento medesimo (della cui esistenza la Commissione medica non viene ovviamente informata) o di visita richiesta per aggravamento. D'altronde una revoca o comunque una restrizione del beneficio, conseguente ad un recupero progressivo della validità individuale, non può in ogni caso proporsi prima di una sicura e favorevole definizione prognostica; il che non è sempre possibile , per la ristrettezza dei tempi dall'esecuzione del trapianto che non consente ancora di individuare un arco cronologico definitivo di sopravvivenza e di recupero funzionale dell'organo trapiantato, oltre il quale si possa fondatamente rimuovere ogni riserva di prognosi. Quanto, poi, all'espressione del giudizio, la valutazione deve esprimersi, ovviamente, in modo assolutamente obiettivo, prescindendo da ogni coinvolgimento solidaristico, più rapportabile al rischio di morte ed alla sofferenza che ha gravato sul soggetto in epoca antecedente l'intervento risolutore, che non alla stima effettiva del grado di menomazione. In altri termini, il giudizio deve ancorarsi, in ogni caso, ai caratteri reali della menomazione ed alla incidenza concreta di questa sul modo di sentirsi, di essere e di operare della persona, rifuggendo da semplicistiche generalizzazioni e interpretazioni. In sede di valutazione si dovrà tenere conto della componente positiva di validità, ove esista, prudentemente differenziandola da una pur possibile (e rischiosa) esaltazione per un senso di recuperato benessere e contemperandola cautamente con il rischio di danno che ancora limita la potenzialità del soggetto e ne condiziona, per il tempo necessario alla stabilizzazione favorevole, la effettiva possibilità ad esprimere appieno le energie psico-fisiche. Ciò che si impone nel giudizio di sintesi, in altri termini, è la massima e sensibile armonia fra gli stimoli soggettivi della persona alla ripresa lavorativa, l'oggettività ed il grado della menomazione e la percezione delle effettive possibilità biologiche individuali, e la possibilità di reinserimento e di recupero produttivo.

Considerando, per esemplificare, alcune ipotesi di studio, si può dire che il tipo di trapianto, più favorevole, in termini prognostici, è indubbiamente quello di cornea, per la rapidità di esecuzione, la maggior facilità di reperimento degli organi e la elevata percentuale di successo. Il soggetto che ha subito un trapianto di cornea avrà riacquistato, indubbiamente, dopo il trapianto, una buona capacità visiva, quantomeno in riferimento all'occhio che può disporre della nuova cornea.

Sotto il profilo valutativo, pertanto, la causa invalidante che rendeva il soggetto

(15)

completamente inabile ed ascrivibile alla categoria dei ciechi civili è almeno in gran parte rimossa, fermo restando che, il persistente pregiudizio oculare e la necessità per il soggetto di osservare controlli periodici e accurate norme igienico- protettive, condizionerà ancora l'appartenenza alla categoria degli invalidi civili.

La eventuale attività lavorativa che in concreto potrà essere svolta, tuttavia dovrà caratterizzarsi per l'assenza di ogni motivo di pericolo per il buon esito del trapianto stesso, onde saranno da escludere pertanto tutte quelle attività che implicano contatti con sostanze irritanti, perfrigerazioni ed eccessivo stress visivo, almeno nel primo anno successivo all'intervento stesso. Di qui, la necessità di ripetere la valutazione da parte delle Commissioni esaminatrici.

Analogamente ed in modo più essenziale per il trapianto di rene ove la precedente terapia dialitica è stata ex lege ritenuta condizionante di una inabilità di fatto, all'interno delle nuove ipotesi tabellari, ove il soggetto dializzato è caratterizzato da una percentuale di invalidità compresa da un minimo del 91 ad un massimo del 100%. Una volta risoltasi la menomazione con la sostituzione dell'organo, peraltro ed avendo riacquistato il soggetto la funzione che gli era propria, la valutazione dovrà necessariamente tenere conto della peculiarità del periodo che segue l'intervento chirurgico, durante il quale il soggetto deve sottoporsi a rigorosi e frequenti controlli. Una volta, però, definita favorevolmente ogni riserva di prognosi, non esistono nel soggetto trapiantato di rene sostanziali impedimenti a riprendere una vita normale e non sussistono, in particolare controindicazioni quantomeno ad una moderata attività lavorativa, tenuto anche conto della condizione psicologica individuale che sovente indica una normalizzazione della quotidianità come il più provvido presidio terapeutico al ripristino della qualità della vita. Nel trapianto renale, inoltre, potrebbe comparire un secondo soggetto passibile di valutazione in qualità di monorene, rappresentato dall'eventuale donatore vivente che, nell'atto di compiere un gesto umanitario, sacrifica in parte la propria validità ed integrità biologica talora gravato dal rischio, già descritto in letteratura di complicazioni a carattere psichico e psicologico, con disordini di tipo ansioso-depressivo, talvolta capaci di indurre forme autolesionistiche. In entrambi i casi (donatore e ricevente), sotto il profilo valutativo, si tratta di un soggetto, la cui funzione emuntoria è garantita ed assolta dalla integrità dell'unico organo funzionante e nel confronti del quale una diversa considerazione valutativa sotto il profilo della invalidità civile, a parità,

(16)

ovviamente, delle altre condizioni fisico-psichiche sarebbe destituita di fondamento scientifico. Nelle nuove ipotesi tabellari, invece, (nelle precedenti non si prevedevano specificamente ipotesi di trapianto di organo) si è verificata proprio questa sorta di discriminazione, essendo il trapianto renale che abbia avuto esito positivo, valutato tout court nella misura fissa del 60%, a fronte della perdita funzionale o anatomica di un rene per motivi patologici e traumatici valutata in misura pari al 25%, ovvero della agenesia di un rene ben compensata, prevista nella ipotesi tabellare in misura pari al

21 %: quasi che, ferme restando, giova sottolineare, condizioni morbose ulteriori che giustifichino una diversità di valutazione, l'esito del trapianto renale, ancorché pienamente favorevole, condizioni un pregiudizio individuale addirittura eccedente la perdita della metà della persona.

Anche per il trapianto cardiaco, pur con i doverosi «distinguo» che discendono dalla peculiarità dell'intervento, considerandosi il periodo post-operatorio più delicato, non dovrebbe prescindersi nella valutazione dalle condizioni soggettive ed obiettive che definiscono la validità (o la invalidità della persona). Nelle nuove ipotesi di tabellazione, invece, risulta che il trapianto cardiaco in assenza di complicanze induce di per sé una invalidità civile compresa da un minimo del 71 ad un massimo dell'80% (nella tabella percentuale ordinata per apparati) e nella misura fissa dell'80% (nella tabella ordinata in percentuali), che non è, in ogni modo, misura dissimile da quella prevista per condizioni patologiche ben più gravi e debilitanti (miocardiopatie o valvulopatie con insufficienza cardiaca grave), addirittura paragonabili, se vogliamo, a quelle infermità che, preesistenti al trapianto, ne hanno indotto la necessità di esecuzione. Quasi a sottolineare, dunque, che al di là di considerazioni quasi trionfalistiche sul recupero della validità e della qualità della vita individuale quali discendono dalla prospettiva clinica di un trapianto cardiaco, confermate, peraltro, dalla valutazione statistica che la letteratura riporta, vige ancora sotto il profilo assistenziale la tendenza a ritenere un soggetto sottoposto a trapianto cardiaco meritevole di ogni attenzione e cura, tanto da imporgli per solidarietà una qualifica di semi-inabile, smentendo i più tranquillizzanti giudizi quoad vitam et quoad valetitudinem.

Nelle citate tabelle non sono stati presi in considerazione tutti i tipi di trapianti d'organo tanto che non esistono valutazioni esplicite da applicare in tali casi e non vi è dubbio che la valutazione in termini di invalidità civile di tali patologie non è

(17)

certamente delle più semplici in quanto non è, peraltro, facilmente assimilabile alla valutazione di altri stati invalidanti tabellati.

Per il trapianto di fegato, o di pancreas, ad esempio, non è prevista alcuna voce specifica,per cui si procederà per via analogica,rifacendosi alle varie classi di alterazioni della funzione digestiva.

Da un punto di vista medico legale sarebbe utile prevedere sempre, nella metodica di valutazione di pazienti portatori di organi trapiantati,una visita di revisione. Tale modo di agire potrebbe essere estremamente valido considerando il successivo instaurarsi di modificazioni della capacità lavorativa del soggetto esaminato e appare più corretto in quanto è estremamente difficile stilare un giudizio definitivo di invalidità civile sin dalla prima visita.

Il giudizio sulla validità residua della persona, in riferimento alla capacità di lavoro, non generica, bensì attitudinale o semi-specifica o comunque realisticamente rapportabile ad attività lavorative in cui il soggetto sottoposto a trapianto e che aspiri ad un reinserimento lavorativo possa effettivamente cimentarsi senza rischio od usura, spesso appare poco rispondente alla realtà, per il disatteso controllo della compatibilità fra stato invalidante e mansioni specifiche assegnate al disabile: infatti troppo spesso l'accertamento è limitato ad una superficiale considerazione sull'eventuale pregiudizio alla salute ed alla incolumità dei compagni di lavoro ed alla sicurezza degli impianti relativamente al grado ed alla natura della minorazione, ancora una volta dimostrandosi la predisposizione di uno stato assistenziale per l'elargizione di benefici spesso vani per la loro esiguità piuttosto che per elaborare con realismo e concretezza ipotesi di effettivo recupero e reinserimento produttivo di coloro le cui infermità condizionino uno stato di bisogno.

In ambito di valutazione dell'Handicap , il riferimento normativa è costituito dalla Legge 05.02.92 n. 104, che pone non pochi problemi di valutazione; la legge stabilisce (art. 3 comma 1) che si considera persona handicappata “colui che presenta una minorazione fisica-psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di vita di relazione, di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

(18)

Al comma 3 del medesimo articolo è previsto che “qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale, la situazione assume connotati di gravità”.

Chiave di lettura di tale normativa è la prevenzione dello svantaggio sociale secondario alla menomazione; suo intendimento è quello di fornire assistenza e benefici ai portatori di handicap, mirando a valorizzare le potenziali capacità dell'individuo.

La legge non fornisce parametri indicativi per la valutazione dell'handicap, e tale stima è difforme da quella della capacità lavorativa generica doverosa in ambito di invalidità civile; tale evoluzione, proiettandosi nell'ambiente sociale, relazionale e lavorativo, comporta un allargamento degli orizzonti valutativi, esaltando gli aspetti individuali.

Di interesse per l'handicap è la quantificazione, non solo della capacità di lavoro o di altre specifiche abilità, ma dell'impossibilità dell'individuo nel compiere le attività lavorative ed extralavorative che prima della sopraggiunta invalidità riusciva ad espletare.

In conclusione, si può affermare che il giudizio medico-legale sui soggetti trapiantati è piuttosto complesso e richiede la valutazione di diversi elementi; per fare ciò nel migliore dei modi, è necessaria la collaborazione fra il clinico, il medico del lavoro ed il medico legale i cui contributi sono essenziali per formulare un giudizio corretto, rispettoso delle condizioni del soggetto e capace di tutelare le esigenze cliniche ed umane dei trapiantati. Ancora, si ribadisce la difficoltà nel valutare la possibilità di riadattamento lavorativo in assenza di effettiva reintroduzione nel mondo lavorativo; le asperità in questa stima si presentano importanti: spesso, infatti, i soggetti su cui devesi porre l’

apprezzamento valutativo del danno sono reduci da un periodo più o meno lungo di grave malattia prima del trapianto e hanno cessato di essere produttivi nel campo lavorativo da tempo, divenendo ampiamente medicalizzati e dipendenti dal

(19)

punto di vista economico da trattamenti pensionistici in ambito assistenziale o previdenziale.

I concetti valutativi validi per tutti gli ambiti di tutela si possono così riassumere:

1) la valutazione della invalidità del soggetto sottoposto a trapianto d'organo con esito favorevole ed una volta decorso il termine dedicato al controllo clinico di riserva prognostica, deve muovere dalla menomazione effettiva incidente sulla capacità bio-sociale del soggetto, nonché dalla validità residua computata in termini di concreta possibilità di recupero e di reinserimento produttivo di una persona che possa e voglia reintegrarsi in una società da cui le infermità preesistenti lo avevano sostanzialmente emarginato;

2) la interpretazione normativa per il soggetto sottoposto favorevolmente a trapianto d'organo deve indiscutibilmente privilegiare la componente di tutela protesa alla valorizzazione delle positive capacità individuali, a fronte di comportamenti ispirati a puro assistenzialismo che non giovano all'oggetto della tutela né alla società nei cui confronti l'invalido percepirebbe una sostanziale emarginazione;

3) la condizione del soggetto sottoposto favorevolmente a trapianto d'organo non può né deve intendersi a priori come stato di grave menomazione, ma ogni singola fattispecie deve essere attentamente considerata nei riferimenti oggettivi e soggettivi della sintomatologia ed in tal senso sottoposta ad una valutazione di sintesi sia in riferimento ad una condizione di invalidità che di residua e produttiva validità;

4) a parità di menomazioni oggettive si deve sempre e comunque riconoscere una variabilità individuale nella valutazione in particolare della capacità lavorativa, che può trovare nelle stesse condizioni psicologiche del soggetto trapiantato, come si è sottolineato, le ragioni di una mancata utilizzazione di fatto delle riacquistate energie produttive. Tali condizioni, rilevanti, sempre che assurgano a livello di infermità, costituiranno esse stesse oggetto dell'accertamento medico-legale, rappresentando elemento di giudizio per una valutazione suscettibile di oscillazione caso per caso.

5) in ogni modo e per ogni infermità e menomazione la componente basilare del danno considerata nel giudizio di invalidità deve risultare il danno

(20)

biologico nei suoi riflessi sociali ed assistenziali di cui le implicazioni lavorative sono un aspetto fra i tanti, risultando non più differibile la necessità di cogliere, in ogni previsione assistenziale, assicurativa e previdenziale, la unitarietà dei concetti di infermità, di menomazione, di danno, di disabilità e di handicap, posto che unitarie sono tali nozioni, come unica è la persona umana, cui la Costituzione garantisce, nella libertà dal bisogno, una realizzazione della qualità della vita che, proprio in riferimento al trapianto di organo, è stata efficacemente definita come un conveniente contemperamento fra equilibrio funzionale, stato di salute, capacità intellettuale, benessere emotivo e adattamento psico-sociale.

Solo così operando, potrà dirsi di aver interpretato anche sotto il profilo socio- assistenziale il trapianto di organi nella dimensione di privilegio che si è voluto fornire ad un trattamento risolutore di condizioni gravi di inabilità e di handicap, restituendo al soggetto sottoposto a trapianto, come già la clinica nella liberazione dalla malattia e dalla infermità, la dignità di uomo nei suoi riflessi di componente sociale, pienamente partecipe della vita aggregativa, di relazione, economica e produttiva che solo in una siffatta percezione unitaria, distingue la qualità accettabile della vita da una sofferta ed emarginata sopravvivenza.

Riassunto

Gli Autori, alla luce della diffusione delle pratiche di trapianto d’organo e del progressivo miglioramento della relativa prognosi, in considerazione del sempre maggior numero di pazienti trapiantati che vengono all’osservazione dei Centri medico-legali dell’INPS, dell’INAIL, delle AUSL, delle CMV, delle Forze Armate, ecc., ritengono indispensabile e indifferibile una riflessione sui criteri valutativi della menomazione psico-fisica, da adottare nei vari ambiti, per la concessione delle prestazioni di invalidità o inabilità.

Dopo aver suddiviso i soggetti in classi di invalidità, a seconda delle condizioni post trapianto, riconoscono la difficoltà di giungere a una valutazione basata su certezze assolute, per cui auspicano la generalizzazione, per i casi di trapianto, dell’istituto della revisione, al fine di verificare, dopo un congruo lasso di

(21)

tempo,la stabilizzazione delle condizioni psico-fisiche e l’eventuale ed effettivo riadattamento e reinserimento lavorativo.

BIBLIOGRAFIA

1) Aquila C., Pracanica A., Pracanica G.: “Invalidità, sordomutismo e cecità civile”, Pirola Ed., Milano, 1994

1) Birbes M.G., Fornaciari M., Sandrini S.: “Giudizio di invalidità e trapianto di rene:

esperienza di un decennio a Brescia”, in Atti del Conv.Naz. Di Medicina Legale

“Trapianti d’organo e invalidità”, Punta Ala (Grosseto), 12-14.4.1991.

2) Castrica R., Bolino G.: “Pensionistica privilegiata ordinaria e di guerra.Equo indennizzo. Lineamenti di Medicina legale militare”. Ed. Colosseum, Roma, 1992.

3) Cecchi R., Del Vecchio S.: “Criteri per la valutazione del danno biologico nel trapianto di rene”, in Atti del Conv.Naz. Di Medicina Legale “Trapianti d’organo e invalidità”, Punta Ala (Grosseto), 12-14.4.1991.

4) Cimaglia G., Rossi P.: “Danno biologico.Le tabelle di Legge”. Giuffrè Ed., Milano, 2000.

5) Circolare n.57 del 24.6.1998, Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica: Regolamento recante modalità applicative delle disposizioni contenute all’art.2, comma 12, della legge 8.8.1995, n.335, concernenti l’attribuzione della pensione di inabilità ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche iscritti a forme di previdenza esclusive dell’assicurazione obbligatoria.

6) Gennari M., Crotti P., Cucurachi N., Bignardi L.: “Qualità di vita e invalidità conseguente al trapianto renale: casistica afferente al Centro Trapianti di Parma”, in Atti del Conv.Naz. Di Medicina Legale “Trapianti d’organo e invalidità”, Punta Ala (Grosseto), 12-14.4.1991.

7) Jacovelli G., Colacicchi E., Piga C.: “La valutazione medico legale in ambito previdenziale dei soggetti sottoposti a trapianto renale Studio su 87 casi”, in Atti del Conv. Naz. DI Medicina Legale “Trapianti d’organo e invalidità”, Punta Ala (Grosseto), 12-14.4.1991.

8) Legge 12 giugno 1984, n.222, Revisione della disciplina della invalidità pensionabile.Commentario a cura di F.P.Rossi. CEDAM Padova, 1989.

9) Norelli G.A., Mencarelli A.: “Invalidità civile e trapianti d’organi”, in Atti del Conv.Naz. di Medic.Leg. “Trapianti d’organo e invalidità”, Punta Ala (Grosseto), 12-14.4.1991.

10) Pastena M.: “La valutazione medico-legale del trapiantato di fegato.Problematiche di valutazione nei diversi ambiti e proposta valutativa in tema di invalidità pensionabile”. Rassegna di medicina legale previdenziale, 1999; 1:16-24.

11) Porcello G., Di Falco A., Vita P.: “La valutazione medico-legale dei trapiantati d’organo in ambito previdenziale”. Riv. It. Med. Leg. XIII,1999, 1:1247-1265.

* * * *

TAGETE n.2 Giugno 2003 Anno IX

Riferimenti

Documenti correlati

Anzitutto perciò ringraziamo il Signore nostro Dio, da cui viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto; rendiamo lode alla sua bontà con tutto l’ardore del cuore, perché ha

00.85.1 Complesso operatorio - Dipartimento di Chirurgia Generale, d'Urgenza e dei

Ai sensi del D.M. 2 lett b), la presenza di “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto

97 L’insegnamento strumentale conduce, attraverso l’integrazione con l’educazione musicale e l’apprendimento della notazione e delle strutture metriche e

3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa. L’esercizio, ove previsto dai contratti collettivi di cui al comma 7 e nei

Identificativo fiscale ai fini IVA: 1ro:2aa'4·350832 Codice fiscaie: MNIM~Z7~B132133é Nome: maurlzlo.

Gli esiti conseguiti nella prova di italiano (60,4%) dagli alunni delle classi quinte della scuola primaria sono superiori alla media nazionale (54,3%), ai risultati della

Per ogni minore con handicap grave, la lavoratrice madre o, in al- ternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino,