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DEONTOLOGIA ED ETICA: I CRITERI GUIDA PER IL MEDICO di

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Collana Medico‐Giuridica n.10 

LA PERIZIA MEDICO LEGALE 

‐ Associazione M. Gioia ‐   

 

DEONTOLOGIA ED ETICA: I CRITERI GUIDA PER IL MEDICO 

di  Mauro Barni*    

 

Penso  che  per  il  medico  così  come  per  il  giurista,  una  guida  comportamentale  affidante  non  può  che  essere  di  sostanza  deontologica,  arricchita  peraltro  da  un  minimo  etico  comune capace di dare senso umanistico alla norma deontologica rendendola rispondente a  motivazioni non solo formali od utilitaristiche. Anche per quanto riguarda la deontologia del  medico e del medico legale, l'auspicio di una norma giuridica puntigliosa che tutto preveda,  a  suo  tempo  perorata,  mi  sembra  da  non  privilegiare,  così  come  mi  sembra  da  evitare  il  ripiegamento  verso  una  visione  individualistica,  anche  eticamente  fondata,  ma  del  tutto  inadeguata quando sono in gioco interessi e conflitti che esigono invece un comportamento 

"costante".  Naturalmente  occorre  concentrare  l'attenzione  sulla  norma  deontologica  considerando  anche  l'ambito  giuridico‐dottrinario  dal  quale  emerge  che  non  è  quello  dei  paesi  anglosassoni  ove  i  mores  influenzano  le  Corti  con  il  variare  delle  reazioni,  dei  sentimenti,  delle  conoscenze  sociali  sicché  la  Common  Law  nasce  e  si  articola  su  questo  ondivago variare di sensibilità e di cultura.  

Bisogna  però  tenere  presente  che  una  norma  puntigliosa  e  sclerotica,  anche  se  perfetta  nella  sua  armonia  concettuale,  non  è  mai  suscettibile  di  adattarsi  al  cangiare  degli  eventi,  delle sensibilità e delle reattività nei confronti di una sostanza di doverosità che si mantiene  oppure diviene in maniera incessante e dinamica ovvero si trasforma in un valore diverso più  o  meno  sentito  e  sensibile.  Credo  perciò  che  occorra  riferirsi  a  moduli  comportamentali  oggettivi  ma  nello  stesso  tempo  aperti  alla  evoluzione  che  nelle  attività  mediche  e  nelle  attività medico legali è ben presente nel codice di deontologia (che gli avvocati non hanno).  

Noi  abbiamo  dunque  un  codice  di  deontologia  che  vale  per  l'esercizio  della  medicina  in  generale,  ma  anche  della  medicina  legale.  Purtroppo  il  problema  vero  è  che  non  esiste  o  esiste scarsamente la forza per far rispettare il dettato deontologico che sussume dalla etica  e  dalla  bioetica  esigenze  ponderate  e  sofferte  esistono  oggi  aperte  alle  nuove  ansie  della  società, tendenti a conferire alla professione medica significati diversi  in quanto più evoluti  in  armonia  col  progresso  ma  anche  più  rispettosi  dei  diritti  della  persona.  Ed  è  qui  il  dinamismo  che  muove  la  deontologia.  Altrimenti  non  cesseremo  di  meravigliarci  di  sentenze  come  quella  fiorentina  (Corte  di  Assise,  8  novembre  1990)  di  condanna  del  chirurgo  che  operò  un'anziana  donna  non  consenziente  a  titolo  di  omicidio  preterintenzionale e di recepirne la avvenuta conferma da parte della Corte d'Appello e di  Cassazione in una realtà di sbalordimento e di stupore. In verità questa sentenza colpisce il  mondo medico perché esso è pervicacemente ignaro di deontologia od è forse consapevole  di una deontologia che non è mutata e deve mutare.  

Le  norme  che  regolano  il  consenso  informato  nel  codice  di  deontologia  medica  sono  norme  ormai  in  buona  parte  obsolete.  Bisogna  intanto  cambiare  (e  subito)  quella  che 

* Ordinario di Medicina Legale 

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LA PERIZIA MEDICO LEGALE 

‐ Associazione M. Gioia ‐ 

consiglia il medico di informare i familiari allorché il paziente non sia in grado di recepire un  giudizio  diagnostico  o  prognostico.  Ma  perché?  Tutto  questo  non  è  più  possibile  quanto  meno  non  è  possibile  mantenere  una  norma  deontologica  che  suona  ormai  come  antigiuridica.  

Ecco  dunque  l'esigenza  di  rendere  dinamico  il  codice  deontologico,  di  maturarlo  costantemente nel tempo e questo è un compito cui la Federazione Nazionale degli Ordini  non può venir meno.  

Fortunatamente  vi  sono  espressioni  sensibili  ed  indirizzate  in  questo  senso.  Vi  sono  dei  rischi  è  vero:  ma  non  sono  poi  troppo  eccessivi  nella  misura  in  cui  la  Cassazione  in  una  sentenza  recente  fa  piazza  pulita  della  tendenza  di  alcuni  medici  a  sottrarsi  alla  sanzione  sulla  base  di  una  interpretazione  di  dubbia  costituzionalità.  Del  resto  anche  Padovani  ha  chiaramente affermato che la categoria ha il diritto di darsi delle regole e di farle rispettare  nell'ambito  del  potere  disciplinare.  E  così  è  intervenuta  una  nuova  legittimazione  giurisprudenziale  (autorevolmente  commentata  in  dottrina)  alla  Deontologia  medica  in  questi  chiarissimi  termini:  "L'art.  38  d.p.r.  5  aprile  1950  n.  221,  prevede  quali  illeciti  disciplinari  degli  esercenti  le  professioni  sanitarie  abusi  o  mancanze  o  fatti  disdicevoli  al  decoro  professionale,  non  descrive  compiutamente  le  azioni  o  omissioni  vietate  ‐  a  differenza  delle  norme  penali  soggette  al  principio  di  stretta  legalità  ‐  ma  pone  delle  clausole  generali  il  cui  contenuto  deve  essere  integrato  dalle  norme  di  etica  professionale  l'enunciazione delle quali è rimessa all'autonomia dell'ordine professionale, cui spetta anche  l'interpretazione  e  l'applicazione  di  esse  in  esercizio  dei  relativi  poteri  nei  procedimenti  disciplinari (principio affermato in tema di procedimento disciplinare a carico di un medico  cui  era  stata  contestata  in  particolare  la  violazione  degli  art.  18  e  42  seg.  del  codice  di  deontologia  professionale,  per  aver  prescritto  ed  usato  per  la  cura  del  cancro  farmaci  di  composizione  e  preparazione  segreta  diffondendo  notizie  di  trattamenti  terapeutici  non  sottoposti  ad  adeguate  sperimentazioni  ed  a  rigoroso  controllo  scientifico  e  comunque  notizie sanitarie atte a suscitare illusorie speranze".  

Ritornando  sui  pensieri  di  altri,  alla  ricerca  di  un  filo  conduttore  immaginario,  ma  comunque  non  del  tutto  illegittimo,  avrei  concluso  limitandomi  ad  una  affermazione  precisa:  che  la  deontologia  del  medico  legale  è  ben  sintetizzata  nel  codice  di  deontologia  del  medico  legale  al  punto  che  vi  fanno  riferimento  perspicui  commenti  dottrinari  e  soprattutto le relazioni di Mario Portigliatti Barbos (Aspetti etico deontologici della perizia, in  La perizia e la Consulenza Tecnica, Pacini, Pisa, 1989). Il perito, dice Portigliatti, deve essere  rispettoso  della  legge,  indipendente,  capace  di  astenersi,  imparziale  ed  affidabile,  competente  e  cosciente  dei  propri  limiti,  aggiornato,  riservato  e  sobrio,  completo  ed  accurato,  metodologicamente  corretto,  impegnato,  puntuale  e  disinteressato:  ma,  a  ben  guardare,  sono  concetti  tutti  che  si  inquadrano  in  regole  deontologiche  nobilitate  da  condizionamenti  etici.  Nella  deontologia  del  Consulente  d'Ufficio  e  di  parte  v'è  tutta  una  gamma di questioni che pongono peraltro l'esigenza di metodologie diverse.  

Se noi ad esempio consideriamo la consulenza per il Pubblico Ministero nell'ambito degli  art.  359‐360  del  nuovo  Codice  di  Procedura  Penale,  si  colgono  indicazioni  relative  alla  attività  del  medico  legale  originali  e  peculiari  rispetto  alla  antica  e  pur  persistente  perizia  ove  la  collaborazione  tecnica  è  richiesta  dal  giudice  a  seguito  di  incidente  probatorio: 

questioni sulle quali non entro ma che sono importantissime e che postulano metodologie  diverse nel relazionare e nel riferire, che il Consulente deve ben conoscere. Altrimenti egli 

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LA PERIZIA MEDICO LEGALE 

‐ Associazione M. Gioia ‐ 

non  è  un  medico  legale.  Così  come  il  medico  legale  deve  conoscere  l'ambito  giuridico  nel  quale opera, se relaziona nell'ambito penalistico o civilistico ovvero assicurativo pur sempre  in materia di danno alla persona. Così il Consulente deve essere preciso nella valutazione dei  rapporti  di  causalità  la  cui  affermazione  o  negazione  non  è  sempre  materializzabile  in  parametri univoci.  

Il  medico  legale  deve  essere siffattamente  informato  e  la deontologia  del  medico  legale  deve conoscere e dominare la coscienza e la conoscenza dei compiti che l'attendono e della  materia giuridica nella quale opera.  

Spero che la dignità che il medico legale ha assunto negli ultimi tempi e della quale sono  fermamente  convinti  insigni  maestri  del  diritto,  si  faccia  strada  nell'ambito  dell'attività  forense.  

E'  mistificante  infatti  che  non  si  faccia  distinzione  fra  medici  comunque  chiamati  a  svolgere attività medico legale e specialisti in medicina legale. Il medico legale è pur sempre  uno specialista, di questo occorre convincersi tutti: medici, giuristi, magistrati, altrimenti il  discorso diventa confuso e non riconducibile a chiarezza.  

Sarebbe opportuno che al di là delle etichette e dei compiti si facesse strada l'esigenza e  l'idea  di  una  professionalità  del  medico  legale  insostituibile.  Altrimenti  l'esercizio  medico  legale  è  destinato  a  tradursi  in  una  indifferenziata  attività  professionale  di  indole  medica  priva di connotazioni giuridiche, incanalata da quesiti formulati egualmente senza nessuna  aderenza  alla  realtà  medico  legale.  Basti  pensare  ai  quesiti  sul  danno  a  persona  in  responsabilità  civile  che,  non  tenendo  spesso  in  alcun  conto  la  sentenza  della  Corte  Costituzionale  30  giugno  1986,  n.  184  postulano  ancora  la  quantizzazione  della  invalidità  generica o specifica!  

Le perplessità sorte al seguito di alcune affermazioni sono legittime, ma solo se riferite a  chi fa attività medico legale al di fuori di una specializzazione che ha ormai valenza europea  e  che  è  quanto  meno  garanzia  di  professionalità  e  di  coscienza  dei  fini  di  giustizia  cui  è  deputata.  

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