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PROFILI DI EVENTUALE RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE RIFERIBILI ALLA DIAGNOSI E AL
TRATTAMENTO DEL MORBO DI CROHN.
CONSIDERAZIONI MEDICO LEGALI.
Descrizione di alcuni casi clinici.
Angelo Porrone1
ABSTRACT
Il Morbo di Crohn rappresenta una patologia molto diffusa nella popolazione generale e fonte di un elevato numero di errori diagnostici, essenzialmente collegabili al notevole pleomorfismo clinico della sintomatologia di esordio e alle diverse evoluzioni sotto il profilo del decorso e della sua storia naturale.
Si tratta di una malattia a carattere infiammatorio, di tipo disreattivo, in cui fattori ambientali e psicogeni giocano un ruolo essenziale nel suo scatenamento e sviluppo, su un terreno di predisposizione idiopatica e con caratteristiche comuni con molte malattie del collagene.
Spesso, infatti, la diagnosi differenziale si pone soprattutto con malattie come il lupus eritematoso sistemico, che può sporadicamente esordire con una sintomatologia addominale che mima molto di frequente per le sue manifestazioni il morbo di Crohn.
Esiste quindi una continuità, ovvero una comunanza eziopatogenetica fra malattie del collagene e morbo di Crohn, spesso con sintomi similari.
Per quanto il Crohn rappresenti una patologia tutt’altro che rara, non è infrequente la circostanza di un ritardo diagnostico e, in casi estremi, anche una mancata diagnosi in assoluto, in tal senso.
1 Angelo Porrone - Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni, Specialista in Medicina del Lavoro, Specialista in Oncologia, Specialista in Dermatologia e Venereologia, Roma - Isernia
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La presenza, ad esempio di sindromi occlusive o subocclusive intestinali può essere erroneamente riferita a manifestazioni aderenziali successive ad interventi chirurgici o ad altre patologie occasionali, in assenza di un reale conforto diagnostico clinico, strumentale e istologico, dove invece la sede dei sintomi riportati e la reiterazione apparentemente ingiustificata degli episodi occlusivi dovrebbe indirizzare diversamente la prognosi verso affezioni specifiche e ben note come il Crohn.
La comparsa, da ultimo, di un’enteropatia protidodisperdente, accompagnata da dolori addominali e scariche diarroiche, con ipoalbuminemia secondaria, teoricamente dipendente da presumibili svariate affezioni intestinali, dovrebbe invece apparire molto suggestiva della presenza di un Crohn, la malattia epidemiologicamente più frequente con tale tipo di problematica, come riportato in letteratura, o magari della presenza di un lupus eritematoso sistemico, di cui può talvolta può rappresentare la sintomatologia di esordio, come altrettanto segnalato da qualche articolo in letteratura.
Trattandosi peraltro di una malattia ad andamento cronico recidivante, successive poussées non sempre vengono inquadrate nel modo dovuto e trattate adeguatamente, con complicanze spesso attenuabili o evitabili con opportune terapie.
Altrettanto frequente può anche essere la confusione diagnostica con la rettocolite ulcerosa malgrado le diversità di sede e di decorso della storia clinica naturale delle due malattie infiammatorie croniche intestinali.
Ciò identicamente può sortire erroneamente differenti e demolitivi interventi, con possibili conseguenze dannose dovute alla diagnosi erronea.
Perfino una elevazione dei leucociti nella formula, nel caso del Crohn, ciò che si può verificare nelle fasi attive o avanzate di malattia, pur in presenza di classici sintomi addominali, può comportare addirittura una diagnosi di leucemia mieloide cronica come accaduto in taluni sporadici casi, con trattamenti terapeutici completamente diversi, grave ritardo diagnostico ed effetti dannosi complessivi legati ancora una volta alla diagnosi errata.
In buona sostanza nella pratica clinica si evince come il Crohn venga spesso equivocato con altre patologie, come anche può accadere nelle forme giovanili acute, con possibile compromissione di tutto il tubo digerente, fino all’ipofaringe, e con diagnosi erronea, in taluno caso, di faringite - tonsillite cronico - ricorrenti.
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Da tutto ciò si evince l’interesse per questa malattia, caratterizzata da diagnosi prevalentemente clinica e con manifestazioni e decorso non sempre sovrapponibili, anche sotto il profilo medico legale, per la possibilità non remota di ritardi ed errori di inquadramento nosologico e anche per l’eventualità di trattamenti incongrui e demolitivi, in prevalenza non giustificati.
INTRODUZIONE
Gli aspetti generali e le caratteristiche cliniche del morbo di Chron sono discussi, in modo esaustivo, in un articolo dal titolo “Crohn Disease”, di Leyla J Ghazi, Internet, http://emedicine.medscape.com/article/172940-overview, ultimo aggiornamento 13 ottobre 2014.
Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria intestinale idiopatica che può colpire qualsiasi tratto del tubo digerente, dalla bocca all’ano.
Fasi di remissione clinica e ricaduta a varia distanza di tempo si alternano nei soggetti affetti da tale patologia cronica.
Elevazioni della VES e della PCR all’esordio sono associate con un rischio elevato di successive complicanze.
Dolori addominali e diarrea, anche in presenza di possibili fistolizzazioni intestinali secondarie, costituiscono in genere il quadro di esordio della malattia.
Altri segni e sintomi del Crohn possono essere dati da:
• emorragia rettale (proctorragia);
• febbre;
• perdita di peso, anoressia;
• nausea, vomito;
• malnutrizione, carenza di vitamine
• faticabilità generalizzata, astenia;
• osteopenia;
• turbe psichiatriche come depressione, ansia, e difficoltà ad affrontare i problemi; nei pazienti pediatrici si possono verificare problemi psicologici con compromissione della qualità della vita e dell’immagine corporea;
• carenza o assenza di crescita nei pazienti pediatrici, ciò che può precedere di anni i sintomi gastrointestinali tipici.
L’esordio classico del Crohn è dato, in un soggetto giovane adulto, da dolori addominali di ndd, associati a diarrea, con un numero di scariche alvine giornaliere
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non superiore a 5 – 6 scariche al giorno.
Ai fini diagnostici vanno in particolare valutati i seguenti segni e sintomi:
• normalità dei segni vitali, ma con possibile presenza di tachicardia in associazione a stato anemico in pazienti talvolta disidratati; presenza accessoria di possibile febbre intermittente cronica;
• segni gastrointestinali tali da simulare, in qualche caso, un addome acuto; va valutato il tono dello sfintere rettale, o la presenza di anormalità aspecifiche della mucosa rettale, ovvero la possibile presenza di sangue nelle feci;
• possibili segni genitourinari per la presenza di fistole, ulcere, ascessi, e cicatrici nella regione perianale, ovvero nefrolitiasi, idronefrosi, e fistole entero – vescicali;
• segni e sintomi muscolo – scheletrici, con possibile artrite ed artralgia, di qualis tutte le articolazioni;
• segni e sintomi cutanei, con pallore o ittero, o muco – cutanei, con afte buccali, eritema nodoso e piodermite gangrenosa;
• segni e sintomi oftalmici, con possibili episclerite e uveite;
• ritardo della velocità di crescita in rapporto all’ altezza), ritardo puberale;
• turbe ematologiche, specie turbe della coagulazione, leucocitosi negli accessi delle fasi avanzate di malattia.
Fra gli esami di laboratorio vanno testati l’emocromo con formula, gli indici di flogosi, la VES, gli esami ematochimici di routine, gli indici di funzionalità epatica, la presenza di autoanticorpi, ecc..
Un RX digerente semplice con assunzione di bario per via orale, opportunamente effettuato, può consentire di fare la diagnosi di Crohn.
TC addome, RM addome, RM pelvi, endoscopia ed ecografia addominale e anche la PET in taluni casi, oltre alla somministrazione di isotopi radioattivi usati come radiomarcatori, per ricerche specifiche di medicina nucleare, possono consentire di confermare la diagnosi di Crohn.
Ai fini diagnostici sono soprattutto necessarie alcune procedure, fra le quali soprattutto le seguenti:
• endoscopia del tratto gastrointestinale superiore, esofago – gastro – duodeno – scopia, con biopsie, colangiopancreatografia endoscopica retrograda transduodenale;
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• colonscopia, ileocolonscopia;
• endoscopia del piccolo intestino;
• radiologia interventistica, per aspirazione di ascessi sottocutanei.
La terapia farmacologica del Crohn comprende nell’ordine:
• derivati dell’acido 5 aminosalicilico, mesalamina rettale, sulfasalazina, balsalazide;
• cortisonici per uso generale, come prednisone, prednisolone, idrossicortisone, metilprednisolone;
• agenti immunosuppressivi come mercaptopurine, methotrexate, tacrolimus;
• anticorpi monoclonali come infliximab, adalimumab, certolizumab pegol, natalizumab, vedolizumab;
• antibiotici come il metronidazolo, o chinolonici come la ciprofloxacina;
• antispastici e antidiarroici come loperamide, atropina difenoxilata;
• colestiramina, una resina a scambio ionico, e colestipolo, fra gli agenti sequestranti gli acidi biliari, per la prevenzione della colestasi epatica;
• agenti anticolinergici come diciclomina, iosciamina, propantelina.
A differenza della rettocolite ulcerosa, nel trattamento standard iniziale del morbo di Chron non è prevista la chirurgia, anche se la stragrande maggioranza dei pazienti fa ricorso alla chirurgia durante il prosieguo della malattia nel tempo.
La chirurgia si può adottare, in genere, però, a livello dell’ileo terminale o ileo – colico o gastrointestinale, secondo le seguenti finalità:
• resezione dell'intestino affetto, non essendo uniforme l’interessamento della malattia
• ileocolostomia o ileostomia prossimale;
• pulizia di ogni focolaio settico allo scopo di prolungamento dei tempi di resezione definitiva del tratto intestinale compromesso;
• chirurgia dei restringimenti delle anse intestinali, per eliminazione dei sintomi subocclusivi;
• by pass della zona intestinale stenotica;
• dilatazione endoscopica dei restringimenti sintomatici accessibili.
A livello del grosso intestino la chirurgia può prevedere:
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• colectomia totale con ileostomia definitiva, per via laparoscopica o con approccio a cielo aperto)
• colectomia segmentale o totale;
• proctocolectomia totale o proctectomia con creazione di stomia.
Circa l’eziopatogenesi il Crohn resta una malattia intestinale idiopatica dovuta ad uno squilibrio fra fattori proinfiammatori e antinfiammatori, con decorso cronico – recidivante.
Su un terreno di predisposizione genetica agirebbero antigeni esterni fino a scatenare l’infiammazione cronico – ricorrente.
Circa il 30 % dei casi di Crohn coinvolge il piccolo intestino con frequenza maggiore di ileite terminale, il 20 % o l’ileo terminale o il piccolo intestino, il 45 % entrambi i tratti intestinali.
Si tratta peraltro di una patologia in aumento nei bambini di tutte le età.
Dolore addominale e diarrea rappresentano i sintomi di esordio, complicati spesso dalla presenza di fistole intestinali e di sindromi occlusive o subocclusive.
Può anche essere presente febbre, proctorragia, calo ponderale, osteopenia, malassorbimento e deficit di vitamine.
I dati di laboratori indicano variazioni aspecifiche non tali da apparire diagnostiche.
La radiografia del digerente può mostrare la presenza di ostruzioni intestinali o di ascessi e fistole concomitanti.
Gli studi radiologici di accompagno del piccolo intestino, SBFT, stanno soppiantando la TC e la RM con enterografia.
La presenza di ascessi pelvici e di fistole può essere indagata con la RM.
L’endoscopia e la biopsia sono essenziali per la diagnosi di malattia di Crohn, specie per la valutazione del coinvolgimento eventuale del colon o per la ricerca dell’ileite terminale.
Il trattamento prevede nei pazienti con malattia mite l’utilizzo dell'acido 5 aminosalicilico, 5-ASA, degli antibiotici, e della terapia nutrizionale.
In caso di mancata risposta a questo approccio o di malattia più severa di quanto
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ipotizzato inizialmente si usano i corticosteroidi generali e la terapia di immunomodulatrice con 6 mercaptopurine, 6-MP, o infine il metotrexate quale ultimo rimedio.
Ad un livello superiore di difficoltà di trattamento si collocano, quindi, le terapie biologiche e chirurgiche, che rappresentano i presidi terapeutici più potenti che possono essere utilizzati al bisogno.
Nelle forme aggressive è possibile utilizzare anche gli antagonisti del TNF o fattore di necrosi tumorale.
La chirurgia gioca un ruolo fondamentale in molti casi nel controllo della malattia refrattaria alle cure mediche e nel trattamento delle complicanze del morbo di Crohn.
Trattandosi di una malattia ad andamento cronico ricorrente, con frequenti recidive, dopo resezione segmentale intestinale la strategia di cura prevede l’uso di una chirurgia che miri comunque alla conservazione della funzione e della lunghezza intestinale, onde evitare l’evenienza di una sindrome dell’intestino corto.
In ambito patogenetico è possibile affermare che nel caso del Crohn è in atto un’infiammazione cronica con attivazione dei linfociti T.
Predominano quindi i T helper sui T suppressor, con produzione di citochine che reclutano varie cellule infiammatorie a cui è dovuto il rilascio di sostanze infiammatorie aspecifiche comprendenti metaboliti della proteasi dell’acido arachidonico, i fattori di attivazione delle piastrine e radicali liberi responsabili del danno diretto intestinale.
Una predisposizione genetica sarebbe alla base delle alterazioni dell’integrità della barriera epiteliale mucosa e dell’omeostasi a tale livello, con riduzione dei meccanismi di autofagia degli antigeni, deficienze del riconoscimento dei recettori degli autoantigeni presenti dalla nascita, e turbe della differenziazione dei linfociti, tutte caratteristiche molto spiccate nel morbo di Crohn.
Un’infiltrazione iniziale compisce le cripte con ulcerazione secondaria della mucosa intestinale.
Successivamente le cellule infiammatorie invadono gli strati profondi delle mucose e, in un processo in evoluzione, si vanno ad organizzare dei granulomi in assenza di caseosi.
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I granulomi poi si estendono in tutti gli strati della parete intestinale fino al mesentere e ai linfonodi regionali.
I granulociti neutrofili infiltrano le cripte formando degli ascessi.
La formazione del granuloma è da ritenersi patognomonica del Crohn, ma lo stesso può anche mancare nella sua forma tipica.
A livello macroscopico dominano l’iperemia e l’edema della mucosa prevalentemente distrofica.
La progressione della malattia contempla complicazioni come l’ostruzione intestinale stenotica, secondaria a fibrosi, e l’ulcerazione profonda della mucosa.
La formazione di aderenze intestinali evita, in prevalenza, la perforazione intestinale in corso di Crohn.
Circa l’eziologia, la causa determinante del Crohn resta ignota.
In tal senso sono stati implicati fattori genetici, microbici, immunologici, ambientali, dietetici, vascolari, e psicosociali, come anche il fumo e l’uso dei contraccettivi orali, o anche e gli antinfiammatori non steroidei o FANS.
Soprattutto si verificherebbe una maggiore suscettibilità per alterate risposta immunitarie di tipo 1, con presenza di più fattori scatenanti.
L’interazione tra fattori predisponenti genetici, fattori endogeni e fattori ambientali, con alta probabilità sta alla base dello sviluppo della malattia.
Gli studi di settore hanno dimostrato una forte connotazione ereditaria della malattia di Crohn.
Non si tratta in ogni caso di un’ereditarietà di tipo mendeliano classico, con disturbi immunitari legati alla funzione di barriera della mucosa.
Sono anche state verificate associazioni con alterazioni o variazioni sul cromosoma 6, ovvero con tre polimorfismi di singoli nucleotidi del gene NOD2, oggi chiamato CARD15, ma senza che sia possibile formulare conclusioni definitive in tal senso.
Si è anche pensato ad agenti eziologici infettivi come il Micobatterio paratubercolare, lo Pseudomonas, e la Listeria implicati nella patogenesi del morbo di Crohn, sulla base del presupposto che la malattia sia il risultato di una disfunzione
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legata ad un’inappropriata risposta ad una fonte infettiva.
E’ stato anche notato un incremento nel focolaio infiammatorio della lesione del morbo di Crohn di alcuni mediatori come l’interleuchina 12 e il fattore di necrosi tumorale, TNF, per cui a tali agenti viene anche attribuito un ruolo nella patogenesi della malattia.
Da ultimo anche il fumo e una dieta ricca di grassi parrebbero implicati a livello patogenetico.
In base ad uno studio effettuato negli USA a cavallo del 2003 – 2004, i nuovi casi di Crohn avrebbero una prevalenza pari a 201 / 100.000 abitanti fra gli adulti e pari a 43 / 100.000 fra i bambini.
L’incidenza in Europa è invece di 5,6 / 100.000 in base ad alcuni studi, con una frequenza circa doppia nelle aree del nord Europa rispetto alle zone del meridione.
Esistono due picchi di età, il primo nella fascia 15 – 30 anni e il secondo, meno importante, fra i 60 – 70 anni di età.
Infatti la maggior parte dei casi si verifica al di sotto dei 30 anni di età.
In Asia l’incidenza è minore come anche nella razza nera.
Non parrebbero esistere differenze di genere sotto il profilo epidemiologico.
La malattia è controllabile con adeguate terapie mediche e trattamenti chirurgici opportuni, ove necessari, con un andamento cronico prevalentemente indolente.
Cirrosi epatica biliare e tumori appesantiscono la prognosi del Crohn che resta generalmente favorevole sotto il profilo prognostico, con scarso o nullo incremento della mortalità.
Circa il decorso della malattia, circa il 50 % dei pazienti ha una ricaduta entro un anno dall’esordio mentre il 10 % è destinato alla cronicità.
Il rischio a 5 anni di intervento chirurgico è del 37 %, per più procedure chirurgiche è del 12 %, mentre il rischio a 10 anni sale al 39 % e quello per più procedure chirurgiche al 23 % circa.
A 15 anni il rischio di plurime procedure chirurgiche sale al 36 %, con un 30 % indenne da interventi chirurgici.
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In caso di sospetto di morbo di Crohn il paziente va inviato dal gastroenterologo.
Nel bambino un ritardo nella crescita può anticipare il Crohn di molti anni.
La sintomatologia è in genere caratterizzata da febbre lieve, diarrea persistente con dolore addominale, perdita di liquidi, astenia e facile faticabilità.
Sono anche presenti crampi addominali che acuiscono il dolore, riferito al quadrante inferiore o in sede periombelicale.
Il dolore precede la diarrea precede e può essere parzialmente alleviato dall’evacuazione.
La diarrea non è di solito macroscopicamente sanguinolenta, con carattere spesso intermittente.
Il coinvolgimento doloroso di due sedi addominali porta i pazienti a riferire come diffuso il dolore addominale, spesso associato ad espulsione di muco, sangue, e pus.
La colite del Crohn è indistinguibile da quella della rettocolite ulcerosa, con diarrea sanguinolenta e purulenta in entrambi i casi.
In questo caso si possono associare malassorbimento, diarrea, astenia e perdita di peso.
Possono anche apparire da subito sintomi di tipo ostruttivo, legati a edema infiammatorio e spasmo intestinale secondario, che possono essere aggravati da pranzi abbondanti, per compressione intestinale da parte degli alimenti, associati a crampi e borborigmi.
I sintomi sono collegati alla sede e all’estensione della malattia.
La sede più frequente in assoluto è quella ileo – cecale terminale, onde il termine coniato in precedenza di ileite regionale, con doppia sede di localizzazione della malattia nel 20 % dei casi, localizzazione nel 30 % dei casi nell’intestino crasso, più raramente allo stomaco e alla bocca, nel 90 % dei casi.
L’occlusione intestinale si verifica nel 45 % dei casi di Crohn, con un 20 % di casi di doppia occlusione, 33 % di occlusione del piccolo intestino, e 5 % di casi di occlusione gastroduodenale o anale, per presenza consensuale di ascessi e fistole.
All’atto della visita medica occorre rilevare la temperatura corporea, la dolorabilità intestinale alla palpazione, la presenza o meno di masse endoaddominali, lo stato nutrizionale, la presenza o meno di ascessi perianali, l’esistenza eventuale di sintomi extraddominali correlati.
Talvolta il quadro clinico può simulare un addome acuto.
Afte, eritema nodoso, pioderma gangrenoso e altri segni e sintomi si possono
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associare al Crohn.
Può anche verificarsi la presenza di un’uveite secondaria.
Altezza e peso vanno attentamente valutati nei bambini, onde evidenziare eventuali difetti nella crescita.
Va anche a tal riguardo verificata l’età scheletrica per confronto.
Ascessi, fistole e microperforazioni possono complicare il quadro addominale, con possibilità anche di stenosi e aderenze che possono dar luogo ad ostruzione intestinale.
Ciò è dovuto alla natura transmurale della lesione intestinale tipica della malattia.
Sono anche possibili fistole enterovescicali, enterocutanee, e rettovaginali.
Raro è il quadro di una peritonite classica che può anche essere mascherato dall’uso di corticosteroidi e immunosoppressori.
Il rischio di cancerizzazione secondaria è pari al 3 % a 10 anni e all’8 % a 30 anni.
Frequente nelle forme giovanili sono le colangiti sclerosanti.
Dolori muscolo – scheletrici sono presenti nel 9 - 53 % dei casi, l’artrite è più frequente nei bambini, dal 7 al 25 % dei casi.
Nell’adulto la localizzazione più ricorrente è l’articolazione metacarpo – falangea, ma possono essere comunque colpite grandi e piccole articolazioni.
Eritema nodoso, molto spesso associato ad artrite, nel 75 % dei casi, e altre manifestazioni dermatologiche sono possibili nel 2 – 34 % dei casi.
Lesioni aftosiche orali sono la manifestazione più comune a quel livello.
Episclerite e uveite si segnalano fra le manifestazioni oftalmiche del Chron.
Nefrolitiasi, idronefrosi e fistole entero –vescicali sono possibili evenienze urologiche.
La malattia epatobiliare epatica, specie nei bambini, sia intra che extraepatica è fra le più conosciute complicanze del Crohn in tali sedi.
Le colangiti sclerosanti primarie nel Crohn possono aumentare il rischio di colangiocarcinoma.
Possibili sono anche le cirrosi biliari secondarie.
Di relativa frequenza è la malattia tromboembolica.
Frequente è il malassorbimento da riduzione della superficie assorbente della mucosa intestinale.
Uno dei sistemi di classificazione adottati, ai fini della valutazione del decorso e della prognosi della malattia è il Sistema di classificazione di Montreal, che, nella sua
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revisione prevede l’esistenza delle tre seguenti variabili:
• età al diagnosi
• distribuzione / localizzazione della malattia
• comportamento di malattia
L’età della diagnosi (a) prevede, a sua volta 3 categorie, nel modo seguente :
• A1 - ≤ 16 anni
• A2 - 17-40 anni
• A3 - > 40 anni
La distribuzione e l’ubicazione di malattia presenta 4 categorie, di cui una riguarda la variazione del coinvolgimento dell’addome superiore :
• L1 - ileale
• L2 - colon
• L3 - ileocolica
• L4 - malattia isolata dell’addome superiore; L4 rappresenta una variabile aggiuntiva per L1 - L3 quando c'è il coinvolgimento concomitante dell'addome superiore
Comportamento della malattia (b) prevede una categoria (B1) provvisoria e 2 specifiche, con una variabile ulteriore data dalla malattia perianale (p) , nel modo seguente:
• B1 – non stenosante, non penetrante; B1p: non stenosante, non penetrante ma con il coinvolgimento perianale;
• B2 - stenosante; B2p: stenosante con il coinvolgimento perianale;
• B3 - penetrante; B3p: penetrante con il coinvolgimento perianale.
Sono stati ance elaborati degli indici dello stato di malattia per il Chron, uno per gli adulti, il CDAI, e uno per i bambini, il PCDAI.
Gli indici rispecchiano la valutazione globale del medico e la fase correlata di malattia.
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Stato generale del paziente, dolori addominali, scariche alvine, presenza di masse addominali, presenza di sangue nelle feci, ecc., sono contemplati nelle schede relative ad altri indici utilizzati per valutare la fase di malattia del Chron, a fini diagnostici e terapeutici.
Dolore addominale, diarrea non sanguinolenta, calo ponderale, febbre, talvolta sintomi ostruttivi, ecc., fanno tutti parte del quadro clinico della malattia.
Esistono delle differenze diagnostiche fra morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, consistenti, essenzialmente, nella diversa localizzazione, tutto il tubo digerente spesso nel Crohn ovvero l’ileo terminaleo due sedi dell’intestino tenue, in genere, il colon e il retto, con prevalente coinvolgimento del retto prossimale, nella rettocolite ulcerosa, la presenza di granulomi non caseosi nel Crohn, e l’assenza di granulomi nella rettocolite, fistole, ascessi e restringimenti fibrotici del lume intestinale nel Crohn, malattia solo mucosa nella rettocolite.
Il rischio di cancro nel Crohn è pari al 3 % a 10 anni, all’8 % a 20 anni e al 18 % a 30 anni, spiccato specie nei soggetti con colangite sclerosante e con colite di vecchia data.
La sintomatologia di esordio del Crohn quindi differisce da quella della colte ulcerosa, per l’emorragia occasionale, molto più frequente nella rettocolite, la febbre, il calo ponderale, i sintomi ostruttivi, ecc., tutti aspetti assai rari nella rettocolite rispetto al Crohn.
Peraltro varia il numero delle scariche alvine, circa 6 – 7 al giorno nel Crohn e molto più numerose nella rettocolite.
La diagnosi differenziale considera le diversità di presentazione e di decorso delle seguenti malattie:
• amebiasi;
• appendicite acuta – cronica, specie per l’identità di sede delle manifestazioni e dei sintomi, spesso indicati in fossa iliaca destra;
• morbo di Behcet
• tumore carcinoide intestinale;
• malattia celiaca;
• diverticolite;
• gastroenterite batterica;
• gastroenterite virale;
• giardiasi;
• tubercolosi intestinale;
• colon irritabile
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• ischemia intestinale mesenterica;
• tubercolosi intestinale;
• colite ulcerosa.
Gli errori diagnostici non sono, però, esattamente indicativi della diagnostica differenziale e il ritardo diagnostico è attribuibile a vari fattori e ad un insieme articolato di varie altre ipotesi, di volta in volta formulate, che poco o nulla hanno a che vedere con una corretta diagnostica differenziale, potendo spesso essere riferibili ad altri gruppi di malattie anche di tipo non intestinale.
Clinica, esami di laboratorio, esami strumentali di tipo radiografico ed esami istologici di biopsie consentono nella gran parte dei casi di formulare la diagnosi corretta di morbo di Crohn.
Gli esami sierologici possono consentire di distinguere il Crohn dalla rettocolite ulcerosa e dalla malattia intestinale indeterminata.
La prima vera modalità di diagnosi del Crohn è principalmente legata, oltre ché alla clinica, alle varie metodiche della diagnostica per immagini radiologica esperibili soprattutto legate ad un corretto quesito clinico di partenza.
Radiografia del digerente con il bario per via orale e TC sono esami indispensabili in caso di sintomatologia ostruttiva intestinale.
La TC enterografia e la RM enterografia si stanno dimostrando metodiche sempre più efficaci nella diagnosi di talune manifestazioni del Crohn, la prima per distinguere lesioni infiammatorie e fibrosi nel contesto delle anse intestinali, la seconda per valutare l’esistenza di ascessi e il tragitto di fistole a livello pelvico e perianale.
Per i soggetti più giovani sono state messi a punto protocolli radiologici con bassa esposizione di radiazioni.
La visualizzazione endoscopica e la biopsia sono poi fondamentali nella diagnosi di Crohn.
La coloscopia associata ad endoscopia consensuale dell’ultimo tratto dell’ileo permettono di valutare l’estensione della malattia e di verificare la presenza di stenosi fibrotiche e di fistole a livello delle anse intestinali indagate.
L’esofagogastroduodenoscopia, EGDS, può accertare la presenza del Crohn a livello intestinale alto, con sintomi gastrici o duodenali.
Gli esami di laboratorio sono per lo più aspecifici in caso di morbo di Crohn, ma consentono di monitorare il decorso della malattia.
Esame assai utile è l’emocromo con formula, per evidenziare la presenza di anemia da perdite ematiche, evenienza possibile anche per carenze di ferro di altra
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origine, per deficit di vitamina B 12 o di acido folico o per malattia ematologica di vario tipo.
La leucocitosi si accompagna alla presenza di un’infiammazione cronica o di ascessi, o in caso di trattamento con steroidei per via generale.
Lo studio degli elettroliti ematici appare indicativo dello stato di idratazione del paziente e della sua situazione renale.
L’ipoalbuminemia, secondaria al malassorbimento, è evenienza abbastanza comune in caso di Crohn.
Deficit di ferro, acido folico, vitamina B 12, calcio, magnesio, ecc., si evidenziano molto spesso nella malattia intestinale in parola, a corredo dei sintomi clinici.
Proteina C reattiva e VES sono correlabili, per la loro alterazione, allo stato di attività della malattia, potendo comunque apparire normali senza negare l’ipotesi del Crohn.
La calprotectina infiammatoria fecale è stata usata come marker del morbo di Crohn e della rettocolite ulcerosa, ovvero delle forme infiammatorie intestinali croniche, ma solo a livello sperimentale e non quindi su larga scala.
Vari tipi di antigeni, in ambito sierologico, sono stati utilizzati per differenziare il Crohn dalla colite ulcerosa, il pANCA e l’ASCA, positivi in caso di rettocolite.
Altro marker per il Crohn è dato dall’anti – omp C Escherichia, un antigene esterno di membrana, trovato positivo in circa il 50 % dei casi.
Un esame Rx addome semplice consente di valutare la presenza di occlusione o di perforazione intestinale.
Una radiografia del digerente con bario è in grado di valutare la presenza e l’estensione di restringimenti stenotici delle anse e di confermare l’esistenza di fistole e di pseudodiverticoli.
Tale tipo di esame non va condotto in caso di perforazione intestinale già nota.
Edema ed ulcerazione della mucosa, distorsione e addensamento delle anse, aspetto di “ciottolo” dell’ileo terminale, per la presenza di ulcerazioni longitudinali e lineari oblique, sono altre comuni immagini radiologiche reperibili.
Restringimenti fibrotici e coinvolgimento mesenterico sono ulteriori reperti radiologici che si possono evidenziare.
Un enteroclisma con bario, o “clisma opaco”, può consentire di meglio visualizzare lesioni esistenti a livello del colon, o fistole fra ileo terminale e punti adiacenti della valvola ileocecale.
Complicanze epato – biliari o renali possono essere evidenziate con la TC.
La TC è in grado di visualizzare altresì l’ispessimento mesenterico e la presenza di adenopatie intestinali consensuali.
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La TC rispetto all’esame Rx digerente con bario può meglio valutare, nel caso del Chron, l’interessamento pelvico.
La RM da migliori risultati rispetto alla ileo – coloscopia ed è in grado di studiare lo stato della pelvi e dell’area perianale.
A sua volta la RM enterografia appare più efficace della TC enterografia nel valutare il restringimento delle anse intestinali.
L’ecografia si dimostra un esame non invasivo e ripetibile, utile a verificare l’esistenza di calcoli renali e di grossi ascessi.
L’ileocolonscopia è un esame sensibile e specifico in caso di Crohn.
Permette di ottenere soprattutto del tessuto bioptico da indagare istologicamente e consente in tal modo anche di monitorare la malattia nel tempo.
La colonscopia verifica la presenza di stenosi e di attività di malattia nel tempo, accertando lo stato delle mucose in via di guarigione o guarite.
L’EGDS permette di differenziare il Crohn alto dall’ulcera peptica.
L’endoscopia del piccolo intestino consente ove possibile di effettuare la biopsia dell’ileo distale.
Leucociti marcati con tecnezio 99 o con indio 111, nell’ambito delle indagini di medicina nucleare, permette di evidenziare l’esatta estensione della malattia infiammatoria.
Sotto tale profilo la PET è in grado di svelare la distribuzione delle lesioni attive infiammatorie del Crohn.
L’istologia dimostra la presenza di un infiltrato infiammatorio transmurale della parete intestinale nel Crohn e il coinvolgimento consensuale linfonodale, con evidenza anche di granulomi non caseosi nel 15 – 30 % dei casi nella biopsia e nel 40 – 60 % dei casi, nei tratti enterici resecati chirurgicamente, nell’ambito dell’esame istologico definitivo.
Gli obiettivi della terapia sono la remissione clinica, istologica e di laboratorio nel Crohn, con aggiunta nel bambino del miglioramento delle condizioni legate alla crescita.
Il trattamento del Crohn è cambiato negli ultimi anni con l’ingresso di nuovi farmaci come gli agenti biologici anti fattore della necrosi tumorale, infliximab, adalimumab e altri, che hanno consentito una rapida remissione clinica della malattia e il suo mantenimento, con un prolungamento delle fasi intervallari di attività nelle forme moderate - severe, permettendo di riservare il cortisone alle forme severe.
In caso di fallimento della terapia medica la soluzione è chirurgica, con il ripristino delle funzioni.
Oggi si tende a riservare la soluzione chirurgica alle complicanze severe come
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un’emorragia intestinale incoercibile, il megacolon tossico, l’ascesso e la perforazione intestinale.
Talvolta l’ostruzione intestinale può essere trattata in maniera conservativa con idratazione, sondino naso - gastrico e alimentazione parenterale.
E’ anche in ipotesi l’uso di cellule staminali che in alcuni studi in una nutrita quota parte dei pazienti hanno permesso di evitare l’uso di terapie mediche in forme medio – severe.
Nel 7 % dei casi la stenosi nel Crohn è di natura neoplastica, con necessità di resezione chirurgica.
Nelle situazioni severe e a rischio, ostruzione, perforazione, sanguinamento, si richiede l’ospedalizzazione del paziente.
La cadenza delle visite di controllo periodiche è stabilita dall’entità e dalle complicanze della forma morbosa.
Nelle forme iniziali i pazienti vengono trattati con preparazioni a base di acido 5 aminosalicilico, 5-ASA, antibiotici, e terapia nutrizionale, sebbene, l'uso di 5 ASA per il trattamento di malattia di Crohn sia controverso, e giovandosi, in tal caso, solo un piccolo gruppo di pazienti, di tale terapia.
Corticosteroidi, immunomodulatori, 6 mercaptopurine - azatioprine e metotrexate vengono riservati al trattamento delle situazioni cliniche più severe.
Steroidi e agenti biologici sono spesso usati in combinazione.
La colestiramina si utilizza per le forme di ileite terminale o di resezione ileale che non sono in grado di assorbire gli acidi biliari.
Nella diarrea si utilizzano gli antispastici oltre alla reidratazione.
La sulfasalazina si rivela utile soprattutto nella malattia del colon.
Il 5 ASA pare fornire un contributo modesto nel prevenire le ricadute della malattia.
I cortisonici sono indicati nelle fasi acute ma non nel trattamento di mantenimento per le note loro complicanze, diabete, osteonecrosi asettica, ecc..
La risposta al trattamento, nelle forme severe, è attesa in 3 – 6 mesi.
Il metotrexate è in grado di sostenere nel tempo la remissione della malattia.
La terapia biologica anti TNF si utilizza nelle forme cortico – resistenti e che non abbiano nel frattempo un’infezione intestinale attiva in atto.
Cautele nel trattamento vanno in tal caso adoperate per pazienti già immunodepressi e con precedenti di TBC o di epatite B.
Sono anche stati segnalati casi, legatri alla terapia anti TNF, di linfomi a T cellule.
Infliximab, anti TNF alfa, si utilizza quale agente biologico nelle forme severe e in quelle resistenti ai cortisonici o ad altri tipi di trattamento combinati.
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Anche le forme refrattarie di fistole e ascessi si giovano di tale trattamento.
Farmaci similari biologici sono utilizzati nelle diverse forme resistenti o in caso di fallimento precedente delle terapie.
Altri farmaci come il Tacrolimus hanno dato in molti studi buone risposte terapeutiche.
In caso di fistole si utilizzano antibiotici ad ampio spettro prima di ipotizzare l’intervento chirurgico.
Altri farmaci usati in tal caso sono Azatioprina e farmaci biologici anti TNF alfa, accanto allo svuotamento degli ascessi.
Variazioni dietetiche e integrazione dell’alimentazione sono richieste in molti casi, soprattutto per la malnutrizione e per l’inappetenza di cui soffrono i pazienti, fino all’alimentazione parenterale completa, nel frattempo che la terapia steoridea faccia i suoi effetti.
Sintomi persistenti malgrado la terapia steroidea instaurata, fistole, restringimenti con ostruzione intestinale, sanguinamenti non trattabili, perforazione intestinale, cancro intestinale secondario e megacolon tossico, ovvero situazioni di emergenza, richiedono normalmente il ricorso alla terapia chirurgica.
Ad esempio, un’ostruzione non trattabile con terapia medica o una colite severe o fulminante richiedono un pronto intervento chirurgico.
Ileostomia, colectomia segmentale, procto – colectomia totale, sono alcuni dei tipi di interventi richiesti.
La complicanza più comune del Crohn è data dall’ostruzione intestinale che si verifica nel 30 – 50 %dei casi.
Gli ascessi nel Crohn si verificano nel 10 % dei casi.
Emorragia massiva e megacolon tossico sono le complicanze più rare.
Difficile è il trattamento della malattia perianale in assoluto.
Oggi si preferisce utilizzare i trattamenti laparoscopici rispetto a quelli classici a cielo aperto, con buoni risultati.
La complicanza più comune del trattamento chirurgico del Crohn è data dalle aderenze post – chirurgiche intraperitoneali, con un aumentato rischio concomitante anche di ascessi e fistole.
In definitiva il trattamento del Crohn è multidisciplinare, riservato, oltre alla gastroenterologia, a diverse altre discipline specialistiche e di supporto.
Di pari valenza, anche se più sintetico, è un articolo dal titolo “Crohn's disease”, a cura dello staff clinico della Mayo Clinic, Internet, http://www.mayoclinic.org/diseasesconditions/crohnsdisease/basics/definition/con 20032061?p=1, pag. 1 – 13, datato 10.12.2014.
Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria intestinale caratterizzata da
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diarrea severa, dolori addominali, interessamento profondo della parete intestinale, malassorbimento, astenia, calo ponderale e coinvolgimento possibile di diversi tratti intestinali.
I farmaci sono in grado di determinare remissioni cliniche a lungo termine.
Talvolta la localizzazione può verificarsi solo nell’intestino crasso.
Diarrea e faticabilità si possono facilmente associare agli altri sintomi, assieme al sanguinamento intestinale.
Il calo ponderale di associa in genere alla perdita o alla riduzione dell’appetito.
Episclerite, uveite, artrite e deficit di crescita si possono verificare in modo accessorio quali localizzazioni extraintestinali.
L’eziologia della malattia è ignota anche se la predisposizione ereditaria, insieme a fattori ambientali e intrinseci, possono favorirne l’insorgenza, con una patogenesi legata a disturbi dell’assetto immunitario.
Esiste un’ereditarietà familiare, con un’incidenza maggiore nei familiari dei soggetti affetti.
Nella maggior parte dei casi la malattia insorge prima dei 30 anni, anche se non appaiono esenti le altre fasce di età.
Il fumo di sigaretta rappresenta un fattore di rischio e la malattia può essere slatentizzata o aggravata dall’uso di antinfiammatori non steroidei o FANS.
Sono possibili complicanza come stenosi, fistole intestinali o cutanee, soprattutto ostruzione intestinale, fistole perianali difficili da trattare, malassorbimento, deficit di ferro e vitamine e cancro intestinale.
Gli esami di laboratorio possono evidenziare la presenza di anemia e di infezioni, ovvero la presenza di sangue occulto nelle feci.
La febbre accompagna l’esordio clinico e le eventuali riacutizzazioni della malattia.
Colonscopia, rettosigmoidoscopia, TC e RM possono meglio evidenziare i segni della malattia e le sue localizzazioni.
L’endoscopia Doubleballoon consente di valutare endoscopicamente il piccolo intestino, ciò che è impossibile alle altre metodiche.
La terapia è medica e in molti casi chirurgica, a seconda delle necessità.
Il 5 acido aminosalicilico o ASA viene usato nelle forme iniziali, con un uso più protratto dei corticosteroidi che non possono essere utilizzati per lungo tempo.
Immunosoppressori come l’azatioprina o la mercaptopurina sono utilizzati per la prevenzione delle recidive.
Terapie a base di Infliximab e altri invitori del TNF, fattore di necrosi tumorale si riservano alle forme severe e complicate.
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Cautela in tal caso si collega alla presenza di TBC e altre gravi infezioni in situazioni di immunodepressione severa di base.
Metotrexate, ciclosporina e tacrolimus sono altri farmaci anche adoperati nelle forme severe o resistenti ai trattamenti.
Metronidazolo e ciproxolamina fra gli altri antibiotici sono fra i farmaci più usati in caso di infezione.
Antispastici, antidiarroici, antidolorifici, terapie di supporto a base di ferro e vitamine sono anche rimedi molto utilizzati nel Crohn, insieme al calcio e alla vitamina D.
Il trattamento chirurgico è risolutivo rispetto al problema prospettato, ostruzione, fistole, svuotamento di ascessi, resezione colica, ecc., ma non guarisce di per se la malattia che tende a ripresentarsi nel tempo.
Scarso è l’effetto di restrizioni dietetiche sulla malattia, mentre lo stress può avere un effetto scatenante e peggiorativo della malattia.
Altrettanto interessante, nell’ambito di una disamina generale sulla malattia, si presenta un articolo dal titolo "What is Crohn’s Disease?”, Internet, http://www.ccfa.org/what-are-crohns-and-colitis/what-is-crohns-disease/,
consultato dicembre 2014.
Il Crohn è stato descritto per la prima volta dall’omonimo Dr. Burrill B. Crohn che ha dato il nome alla malattia.
Si tratta di una malattia infiammatoria intestinale cronica diversa dalla rettocolite ulcerosa.
La sede più frequente è il piccolo intestino, seguita dal colon, potendo la malattia colpire comunque ogni possibile sede del tubo digerente.
Soprattutto colpito è l’ileo, onde il termine anche noto di ileite regionale.
Diarrea persistente, dolore addominale e crampi, sanguinamento rettale, febbre, tenesmo rettale, perdita di appetito e di peso, faticabilità, amenorrea nelle donne, sudorazioni serali e talora perfino stipsi, fanno parte del possibile corteo sintomatologico.
Nell’ambito di una malattia cronica si alternano periodi di attività della malattia a periodi di remissione prolungata, specie per uso di farmaci con obiettivo di mantenimento del periodo di remissione.
Colpisce 700.000 americani all’anno, con una predilezione per la fascia di età 15 – 35 anni.
Le cause della malattia non sono note, anche se dieta e stress la possono aggravare.
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Batteri, virus e miceti, normalmente reputati innocui dalla barriera intestinale, vengono recepito come diversi dall’immunità dell’ospite, scatenando un processo a carattere autoimmunitario.
L’infiammazione non tende a guarire ma si cronicizza conducendo ad un’ulcerazione profonda della mucosa e ad un’alterazione stabile della parete intestinale coinvolta, con anomalo ispessimento.
Esiste una familiarità evidente della malattia che può colpire diversi membri della stessa famiglia.
Circa il 5 – 20 % dei soggetti affetti presenta membri familiari di primo grado affetti dal morbo in questione.
Non esistono marker sierologici o clinici patognomonici della malattia.
Endoscopia intestinale e biopsia consentono di formulare la diagnosi.
TC e RM sono in grado di fornire immagini abbastanza indicative dello stato di infiammazione della mucosa intestinale e delle sedi compromesse.
Le terapie mediche sono in grado di tenere sotto controllo la malattia ma dai 2/3 ai ¾ dei pazienti fanno poi ricorso ai trattamenti chirurgici nel corso della loro vita.
La chirurgia si rende necessaria quando la terapia medica non è più in grado di controllare i sintomi e in caso di fistole o di altre complicanze con esigenza di intervento chirurgico, come l’ostruzione intestinale.
5 ASA, corticosteroidi generali, immunomodulatori - immunosoppressori, terapie antibiotiche, terapie biologiche rappresentano i rimedi terapeutici di tipo medico attualmente conosciuti, in grado di controllare la malattia.
L’ileite e l’ileo – colite sono le forme più comuni del Crohn.
La gastroduodenite è rara.
Relativamente frequenti sono la digiuno – ileite e la colite.
Ulteriori spunti sulla malattia si possono cogliere da un articolo dal titolo
“Crohn's Disease”, Internet, http://www.niddk.nih.gov/health-information/health- topics/digestive-diseases/crohns-disease/Pages/facts.aspx, National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK), consultato dicembre 2014.
La malattia prevale nell’intestino tenue e nel crasso, ma può colpire qualsiasi tratto intestinale, compresi la bocca e l’ano.
Si tratta di una malattia infiammatoria cronica.
L’eziologia della malattia è ignota anche se pare dipendere dall’interazione fra ambiente e caratteristiche genetiche.
FANS, antibiotici e contraccettivi orali possono incrementare seppur di poco il rischio di ammalare di Crohn.
Si sviluppa più facilmente in soggetti di età compresa fra i 20 e i 29 anni di età.
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Diarrea, dolore addominale, perdita di peso, nausea e vomito, febbre sono fra i sintomi più comuni.
Altrettanto frequente è l’anemia secondaria al sanguinamento, anche possibile in modo massivo.
Artrite e complicanze oculari sono abbastanza rare.
Visita generale e prove di laboratorio, aspecifiche nel dimostrare la presenza di un’infiammazione sono indispensabili per la diagnosi almeno clinica.
Rx digerente, TC, RM ed endoscopia con biopsia permettono di confermare la diagnosi.
Anche la colonscopia ha un ruolo nel valutare la presenza di una colite e verificare l’interessamento dell’ileo terminale.
Terapie mediche e chirurgiche sono in grado di mantenere lo stato di remissione clinica e di risolvere le necessità e le emergenze.
Aminosalicilati, corticosteroidi, immunosoppressori e immunomodulatori, farmaci biologici e altri farmaci possono ottenere in modo continuativo la remissione dei sintomi e dei segni della malattia, malgrado le possibili ricadute nel tempo.
I cortisonici non possono essere usati per lungo tempo, azatioprina e mercaptopurine sono utili ai fini del mantenimento della fase libera.
Anche usati sono metotrexate e ciclosporina.
Le forme severe si avvalgono di farmaci biologici.
La chirurgia si rende necessaria in caso di ostruzione, fistole e colite da trattare con colectomia.
La malnutrizione può essere una possibile complicanza della malattia.
Cute e occhi possono secondariamente essere colpiti dalla malattia.
E’ possibile la sopravvenienza di un cancro sulle sedi di colite cronica o nel piccolo intestino.
Sono tuttora in corso studi per conoscere meglio l’eziologia della malattia e ottimizzare la terapia.
Espressivo ancora sugli aspetti generali della malattia appare un ulteriore articolo dal titolo “Malattia di Crohn”, Internet, Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Crohn, ultimo aggiornamento 09 gennaio 2015.
La malattia è una forma infiammatoria cronica anche definita ileite regionale.
Si tratta di una patologia particolare reputata comunemente come una malattia autoimmunitaria.
Nel 50 % dei casi colpisce la regione ileocolica.
Nel 30 % dei casi colpisce l’ileo, nel 20 % il colon.
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Esiste una classificazione definita di Vienna relativa alle fasi della malattia.
Si tratta di una malattia diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi occidentali e in prevalenza nelle regioni del nord.
La sua incidenza attuale è di 3 casi / 100.000 negli USA, e da 4 a 10 casi / 100.000 in Gran Bretagna e nelle regioni scandinave.
L’eziologia è sconosciuta anche se si riconosce in una interazione fra fattori ambientali e fattori di predisposizione genetica, collegati a disfunzioni del sistema immunitario.
Mutazioni nel gene CARD15, anche conosciuto come il gene NOD2, presente sul cromosoma 16, vengono associate alla malattia di Crohn.
Prevale quindi nelle zone ad alta industrializzazione, ciò che pare essere alla base della sua maggiore insorgenza in tali tipi di contesto.
Fumo di tabacco e contraccezione sembrano avere un ruolo di induzione e scatenamento della patologia.
Sotto il profilo patogenetico si ritiene che batteri e microrganismi siano in grado di sfruttare la debolezza della mucosa dell’ospite, non in grado di rimuoverli adeguatamente.
In tale meccanismo peraltro rientrano diversi batteri e microrganismi, non un singolo agente infettivo solamente.
Il gene, che in base agli studi è stato fortemente correlato alla malattia, è l'ATG16L1, capace di indurre il meccanismo dell'autofagia che permette di ostacolare la funzione del corpo e della barriera mucosa di attaccare i batteri invasivi.
Per molti legata ad una carenza dei linfociti T, l’anomalia immunitaria consisterebbe per molti studiosi in una deficienza della produzione di citochine da parte dei macrofagi.
I sintomi di esordio possono precedere di molti anni l’insorgenza conclamata della malattia che ha un picco di età fra 15 e 30 anni, anche se può colpire soggetti in qualsiasi epoca della vita.
Il dolore addominale può precedere gli altri disturbi, ma si accompagna in prevalenza alla diarrea che può anche essere sanguinolenta.
Febbre, fistole e calo ponderale si possono facilmente associare agli altri sintomi.
Il tenesmo rettale è più tipico della rettocolite ulcerosa.
Una grave stenosi con vomito e nausea può associarsi ad un tipico quadro di occlusione intestinale.
Una colangite sclerosante primitiva biliare fa parte del quadro clinico della malattia, potendo alla fine determinare una cirrosi biliare.
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Prurito, dolore, incontinenza fecale, fino alla comparsa di fistole, caratterizza la localizzazione perianale della malattia, che mostra spesso anche un’incontinenza fecale in questi casi.
Esiste una varietà di sintomi sistemici che possono accompagnare la malattia che appare, quindi, con manifestazioni pleomorfe.
Il calo ponderale e il deficit di crescita nei bambini sono piuttosto comuni.
Anoressia, steatorrea, malassorbimento, deficit nutrizionali, anemia microcitica o megaloblastica fanno parte del corteo sintomatologico.
Sintomi cutanei od oculari sono dati dall’eritema nodoso, dall’episclerite e da una tipica uveite.
Una spondiloartropatia sieronegativa è altrettanto tipica del Crohn.
Un’altra comune manifestazione cutanea della malattia è data dal pioderma gangrenoso che può esordire alle gambe, in prevalenza, con un nodulo ulcerato.
Anche un’anemia emolitica autoimmune e un’osteoporosi si possono verificare nel corso di un Crohn.
Complicanze neurologiche sono date da convulsioni, ictus, miopatia, neuropatia periferica, cefalea e depressione.
Sicuramente comunque l’organo più colpito resta l’intestino, con ostruzioni, fistole e ascessi.
Il rischio di cancro nel Crohn è lieve, la malnutrizione e il malassorbimento frequenti.
Soprattutto la formulazione della diagnosi nel Crohn può risultare impegnativa.
Una colonscopia, con endoscopia consensuale dell’ultimo tratto dell’ileo, può essere risolutiva sotto il profilo diagnostico nel 70 % dei casi.
L’introduzione della capsula endoscopica ha consentito di facilitare la diagnosi del Crohn che colpisce l’intestino tenue laddove l’endoscopia convenzionale non è in grado di arrivare.
L’immagine endoscopica della colite nel Crohn consente di visualizzare la presenza di numerose ulcerazione.
Sotto il profilo istologico micro e macroscopico il Crohn differisce dalla rettocolite ulcerosa per l’alternanza di tratti sani e tratti malati di intestino e per il maggiore approfondimento del Crohn nella parete intestinale, laddove nella rettocolite è colpita in prevalenza la mucosa intestinale, in modo uniforme e più superficiale.
La radiografia del digerente con bario e il clisma opaco possono consentire una migliore visualizzazione dell’intestino tenue e del colon, con possibile evidenza di aree infiammate e ulcerate o di stenosi.
La TC consente di indagare meglio l’intestino tenue, con la possibilità di studiare
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l’esistenza di ostruzione, ascessi e fistole intestinali.
Le metodiche di medicina nucleare permettono di individuare esattamente le zone e le aree intestinali colpite dal Crohn.
I trattamenti attuali di tipo medico o chirurgico non sono in grado di estinguere la malattia ma solo di provocare la remissione, anche prolungata, della sintomatologia.
La cura medica si basa sull’uso di antinfiammatori, corticosteroidi e antibiotici.
I farmaci comunemente usati nel trattamento dei sintomi della malattia di Crohn comprendono, nell’ordine mesalazina (5-ASA), prednisone, modulatori del sistema immunitario come l'azatioprina, la mercaptopurina, il metotrexate, ovvero terapie biologiche a base di anticorpi monoclonali come l'infliximab, l'adalimumab, il certolizumab pegol e il Natalizumab, quali antagonisti dei fattori di necrosi tumorale, TNF.
Le forme severe in fase acuta si giovano dell’utilizzo di idrocortisone e corticosteroidi per via generale, per brevi periodi onde evitare gli effetti indesiderati ben noti di tali farmaci.
La chirurgia viene riservata alle complicanze, ossia ostruzioni, fistole e/o ascessi, o alle situazioni difficili come nel caso in cui la malattia non risponda al trattamento farmacologico.
L’accumulo di tessuto cicatriziale post chirurgico determina una stenosi e un’ostruzione che necessita di un nuovo intervento di disostruzione entro 5 anni.
Le modalità possibili in questi casi sono due, ossia la stricturoplastica o la resezione di una parte dell’intestino, alternativamente.
I tassi di ulteriori interventi resisi successivamente necessari, con le due metodiche sono, rispettivamente, del 31 e del 27 %.
L’esito finale dei reiterati trattamenti di resezione di tratti dell’intestino tenue può essere purtroppo, a lungo andare, una sindrome dell’intestino corto.
Si verifica nel caso in cui la meta od oltre dell’intestino tenue sia stato rimosso per i ripetuti interventi di resezione richiesti.
Questa sindrome può essere trattata con cambiamenti dietetici, suporti alimentari e anche apporto endovenoso di vitamine e minerali.
L’ultimo rimedio in tali casi può anche essere dato dal trapianto dell’intestino tenue.
La prognosi del Crohn resta relativamente favorevole malgrado la mancanza di cure eziologiche, godendo la gran parte dei pazienti di lunghe remissioni e di una vita prevalentemente normale, a parte i periodi di riaccenzione e di attività della malattia.
Modesto è il rischio di carcinoma dell’intestino tenue e del colon retto.
Incentrato poi sulla diagnosi del morbo di Crohn è un articolo dal titolo
“Diagnosing Crohn's Disease”, Internet,
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http://www.webmd.com/ibdcrohnsdisease/crohnsdisease/crohnsdiseasediagnosis, consultato dicembre 2014.
Non esiste alcun esame diagnostico in grado di accertare la diagnosi di morbo Crohn, per cui occorre collegare fra loro gli aspetti clinici con quelli strumentali e laboratoristici.
I sintomi sono quelli ben noti dati dalla diarrea, dal dolore, dalla febbre, in diversi casi dall’ostruzione intestinale.
Proteine ematiche, VES, emocromo con formula, elettroliti ematici, sono gli esami di laboratorio maggiormente richiesti per la diagnosi.
Gli esami radiologici comprendono invece radiografia del digerente con bario, scansioni con TC dell’intestino tenue e dell’addome in generale, colonscopia o sigmoidoscopia, endoscopia con video – capsula, per indagare ove possibile lo stato dell’intestino tenue.
La biopsia successiva all’endoscopia è in grado di dirimere il quesito diagnostico.
DISCUSSIONE Caso clinico n. 1
Paziente di anni 68 circa, veniva ricoverato per occlusione intestinale e operato con resezione segmentale di ansa stenotica. Dall’anamnesi remota emergeva che in precedenza, negli ultimi 30 anni, il paziente era stato già operato di resezione di anse stenotiche dell’intestino tenue, per sindromi occlusive intestinali, legate, a dire dei sanitari interpellati, ad aderenze subentranti, in ben 9 occasioni senza che fosse stata formulata una diagnosi specifica. Il paziente aveva accusato all’esordio e nelle varie circostanze successive, diarrea episodica e sporadici rialzi febbrili, associati a dolori addominali riferiti in prevalenza alla fossa iliaca destra. Dopo l’ultimo intervento chirurgico, la sintomatologia ostruttiva non recedeva e si rendeva necessario un ulteriore intervento di resezione di ansa stenotica. Le condizioni del paziente si andavano deteriorando man mano in corso di ricovero, subentrava nel frattempo una sindrome dell’intestino corto che si cercava di correggere con apporto di alimentazione parenterale, ma per il peggiorare ulteriore delle condizioni cliniche generali subentrava di li a poco l’exitus.
Interessanti spunti di conoscenza sulla sindrome dell’intestino corto si possono trarre da un articolo dal titolo “Short - Bowel Syndrome”, Internet,
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http://emedicine.medscape.com/article/193391-overview, ultimo aggiornamento 30 ottobre 2014.
L’intestino tenue nell’uomo ha una lunghezza di circa cm 600, con una variabilità compresa fra 260 e 800 cm circa.
Accidenti di tipo ischemico o traumatico, o anche alcuni tipi di patologie, a livello del piccolo intestino, comportano spesso una perdita di circa 200 cm, ossia di circa il 50 % dell’intera lunghezza.
La sindrome dell’intestino corto è una patologia ben definita che comporta malassorbimento, diarrea, steatorrea, perdita di liquidi e di elettroliti e anche una malnutrizione.
La malattia è dovuta alla perdita anatomica o funzionale dei villi intestinali, con netta compromissione della capacità di assorbimento da parte dell’intestino tenue.
Una massiccia resezione intestinale è in grado, quindi, di interferire notevolmente sull’attività digestiva e sulla capacità di assorbimento dell’intestino.
Le cause più comuni di sindrome dell’intestino corto negli adulti comprendono, nell’ordine:
• il morbo di Crohn;
• l’enterite da radiazioni,
• accidenti vascolari mesenterici,
• traumi addominali, e
• l'ostruzione intestinale ricorrente.
In ambito pediatrico le cause prevalenti di sindrome dell’intestino corto sono date, nell’ordine, da:
• enterocolite necrotizzante;
• atresie intestinali;
• volvolo intestinale.
Altre situazioni pediatriche contraddistinte spesso dalla sindrome dell’intestino corto sono date dal piccolo intestino corto congenito, dalla gastroschisi, e dalla peritonite da meconio.
Non è comunque automatico lo sviluppo della sindrome dell’intestino corto in rapporto alla lunghezza dell’intestino tenue residuato dopo la resezione o la perdita funzionale.
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Condizioni premorbose intestinali, età del paziente e altri fattori circostanzali condizionano il manifestarsi della sindrome.
Nutrizione parenterale e trapianto intestinale sono fra le strategie studiete per ovviare agli effetti della sindrome.
Resezione intestinale di tumori, Crohn e patologie infiammatorie, ischemia mesenterica e altre situazioni morbose condizionano l’insorgenza della sindrome.
Negli USA tale sindrome si svilupperebbe in un numero orientativo di casi che vanno da 10.000 al 20.000 all’anno
Strozzamento delle anse intestinali, trombosi ed embolia della mesenterica superiore sono fra le cause più frequenti riconosciute.
Di recente, però, alcuni studi hanno dimostrato che il morbo di Crohn è responsabile di circa il 50 – 60 % di casi della sindrome dell’intestino corto.
Sporadicamente la causa è attribuibile alle conseguenze di un trauma intestinale.
Fino a qualche tempo fa la resezione digiuno ileale era ritenuta utile nel trattamento dell’obesità, con un incremento di tale sindrome.
Il problema funzionale legato allo sviluppo della sindrome è comunque legato alla perdita di una gran parte della superficie assorbente intestinale derivante dai suddetti motivi.
Il malassorbimento coinvolge macronutrienti come proteine, lipidi e glucidi, acqua, elettroliti e micronutrienti come vitamine e minerali.
Degli 8 – 9 litri di liquidi giornalieri assorbiti dall’intestino solo 150 – 200 ml vengono di norma espulsi, con una conservazione intestinale di circa il 98 %.
Questi disturbi si possono quindi manifestare anche solo con diarrea e disidratazione.
Le funzioni di un digiuno resecato possono essere successivamente vicariate dal tenue.
Più strategico in tal senso è l’ileo, specie quello terminale, con l’assorbimento anche dei sali biliari e della vitamina B 12, per cui la resezione comporta la perdita di acqua e di elettroliti.