analisi
32 novembre 2014
Ec onomia
I
numeri della zootecnia da carne italiana nel biennio 2013-2014 fotografano una realtà che ha ormai imboccato la strada del declino produttivo. Nel periodo considerato, le ma- cellazioni nel nostro Paese sono crollate di quasi il 10% e non solo perché la riduzione del reddito delle famiglie ha penalizzato i consumi di carni rosse. Al calo della domanda ha infatti corrisposto una diminuzione molto più contenuta dell’im- port di carni fresche e refrigerate, con un’ulteriore contrazione della capacità di autoapprovvigiona- mento del comparto nazionale.La sempre più accentuata volatilità dei mercati delle materie prime e dei capi – sia da macello, che da allevamento – ha accresciuto l’incertezza del contesto nel quale si muovono gli operatori della filiera e in questo quadro il nostro sistema produttivo paga carenze di tipo organizzativo e anche strutturale. Una delle più importanti tra queste è la mancanza di alternative all’approvvi- gionamento di capi da ristallo dalla Francia, il cui costo incide pesantemente sul bilancio degli alle- vamenti da ingrasso di casa nostra.
Produzione in calo, costi in aumento
L’ultima fiammata dei prezzi delle materie prime e l’aumento delle quotazioni dei capi da ristallo di
origine francese hanno giocato un peso rilevante nel determinare la caduta della produzione e l’au- mento dei costi che gli ingrassatori italiani hanno dovuto sostenere almeno per tutto il primo tri- mestre dell’anno in corso. Attualmente i prezzi di cereali e soia sono in netta diminuzione, ma il rientro delle quotazioni delle materie prime a livelli sostenibili ha coinciso con una fase ca- lante del mercato dei capi da macello. Le pro- spettive di un recupero del comparto sono rese ancora più incerte dall’impatto della riforma della Politica agricola comunitaria per quanto riguar- da il cosiddetto primo pilastro che comporterà, a partire dal 2015, una forte decurtazione dei paga- menti diretti, in particolare per i centri di ingrasso più strutturati e specializzati. Anche per questo il nuovo sistema dei pagamenti diretti dovreb- be rappresentare un forte incentivo per mettere finalmente in atto tutte le misure di intervento concordate al tavolo di filiera per affrontare i problemi del comparto.
L’attuale regime di aiuti comunitari
Le numerose analisi condotte dal Crpa sulla red- ditività degli allevamenti dei vitelloni da carne hanno dimostrato che, a fronte dell’accentuata volatilità del mercato delle materie prime e dei
CLAUDIO MONTANARI Crpa Spa, Reggio Emilia
Per la zootecnia da carne
i conti restano in rosso
In alto, bovini di razza Charolaise
Redditività peggiorata nel primo semestre dell’anno per l’estrema variabilità dei prezzi delle materie prime e delle quotazioni dei capi da macello
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bovini da macello, l’attuale regime di aiuti comu- nitari ha contribuito in modo determinante alla stabilizzazione dei redditi aziendali. Lo mostrano anche i primi risultati del monitoraggio dei costi di produzione affidato al Crpa nell’ambito delle azioni previste dall’Osservatorio del mercato delle carni bovine, gestito e coordinato da Ismea. L’ana- lisi riguarda, in questo caso, costi e ricavi rilevati su un campione di allevamenti da ingrasso e rela- tivi a partite di vitelloni maschi di razza Charolais, vendute tra il secondo trimestre 2013 e il secondo trimestre del 2014. Si tratta in totale di 66 partite, per complessivi 3.700 capi, suddivisi tra aziende di media e grande dimensione per tener conto del diverso livello dei costi fissi dovuto alle economie di scala. Dal punto di vista delle caratteristiche dei capi e delle performance zootecniche non sussi- stono differenze dovute alla diversa dimensione aziendale.
Nell’arco dell’intero periodo, in entrambi i gruppi di allevamenti i ristalli sono stati acquistati ad un peso medio di 420 kg ed ingrassati fino al rag- giungimento di un peso vivo finale di poco supe- riore a 720 kg. Il tempo di permanenza in stalla è risultato di circa 220 giorni in ragione di un incre- mento ponderale di 1,39 kg/giorno. Dato il livello dei prezzi delle materie prime della seconda metà del 2013 e la flessione dei prezzi alla macellazione della scorsa primavera, in nessuno dei quattro tri- mestri considerati i ricavi, al netto dei pagamenti diretti, hanno coperto il costo di produzione.
I risultati dell’indagine
Negli allevamenti di dimensione superiore a 900 posti stalla, il prezzo medio delle partite vendute nella seconda metà del 2013 ha consentito di retri- buire solo al 90% il lavoro impiegato, senza alcun
margine di recupero delle quote di ammortamen- to e degli interessi sul capitale investito (vedi grafi- co 1 sotto). Solo all’inizio del 2014 il temporaneo rialzo del prezzo al macello e il contestuale calo del costo di alimentazione hanno garantito una quasi totale copertura dei costi. La successiva flessione delle quotazioni registrata nella primavera scorsa ha invece determinato un netto deterioramento dell’utile lordo di stalla e, addirittura, un margi- ne operativo (lordo) negativo. In altre parole, si è lavorato in perdita. I ricavi sono infatti diminuiti al livello delle sole spese sostenute per l’acquisto dei mezzi correnti e dei servizi alla produzione.
Complessivamente il bilancio dei dodici mesi ha registrato una perdita di circa 74 euro per capo, corrispondente al valore degli ammortamenti e degli interessi sul capitale aziendale.
Nel caso degli allevamenti più piccoli – che con- tano una dimensione media di 450 posti stalla – la redditività ha seguito un andamento del tutto analogo, con perdite tuttavia di maggiore entità dovute al costo del lavoro più elevato (vedi gra- fico 2 a pag. 36). In particolare la redditività è nettamente peggiorata nel secondo trimestre di quest’anno, tanto che anche il margine sui costi correnti ha assunto valore negativo a causa della brusca inversione intervenuta sul mercato dei vi- telloni da carne. Se si guarda al risultato sull’intero periodo a cui l’analisi fa riferimento, il bilancio per questi allevamenti si è chiuso con una perdita netta a capo di circa 120 euro, corrispondente a 0,17 euro per kg. di peso vivo, e un margine ope- rativo lordo in rosso di 25 euro per ogni vitellone venduto. In altri termini, il ricavo della vendita dei vitelloni ha remunerato il lavoro dell’allevatore e dei collaboratori familiari solo per una quota pari a circa due terzi della tariffa salariale che sarebbe spettata a un operaio agricolo specializzato. Se si
Grafico 1
Costi e ricavi partite di bovini maschi di razza Charolaise in allevamenti sopra i 900 capi
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considera che il mercato dei vitelloni ha mantenu- to una tendenza sostanzialmente al ribasso anche in questa seconda metà del 2014 è difficile ipotiz- zare che la situazione dal punto di vista della red- ditività sia migliorata, anche mettendo in conto le recenti contrazioni dei prezzi dei cereali e della soia. Va inoltre valutata la dinamica dei prezzi dei ristalli, in quanto i capi venduti negli ultimi mesi sono stati acquistati all’inizio dell’anno, cioè in uno dei momenti di maggior tensione dei prezzi dei broutards di origine francese.
Serve una filiera più organizzata
Oltre alla possibilità di migliorare la produttivi- tà dell’allevamento, che dipende dalla capacità di gestione di ciascun allevatore, sono le variabili di mercato a determinare la sostenibilità economica della produzione del vitellone da carne. Queste, in assenza di forme di coordinamento ed orga-
nizzazione di tipo interprofessionale della filiera e senza un potenziamento del ruolo delle organiz- zazioni dei produttori, continueranno a rimane- re fuori dalla possibilità di controllo del singolo imprenditore agricolo, in considerazione del fatto che sui mercati di largo consumo la competizione è diventata globale.
Affrontare con concretezza questo tema, non cer- to nuovo e sicuramente comune ad altri compar- ti agricoli, è ancora più urgente per i bovini da carne, in vista dell’entrata in vigore della riforma del regime dei pagamenti diretti. La zootecnia da carne è infatti uno dei comparti maggiormente penalizzati dalla nuova Pac, inteso come diminu- zione del sostegno economico. A partire dal 2015 il pagamento unico aziendale, infatti, subirà una progressiva decurtazione che, a regime e comun- que non più tardi del 2019, si attesterà al 40% del livello attuale.
Nelle condizioni di mercato appena descritte, i pagamenti disaccoppiati e il premio alla macel- lazione hanno comunque garantito la piena co- pertura delle spese e degli oneri sostenuti, dando un margine di profitto positivo, anche se alquanto contenuto. In futuro questo paracadute non sarà più garantito e anche per quanto riguarda il nuo- vo impianto dei pagamenti accoppiati gli alleva- tori non possono aspettarsi molto, almeno fino all’eventuale revisione prevista per il 2017. Ri- spetto alla vecchia programmazione, nell’ambito dell’accordo nazionale sugli aiuti accoppiati della nuova Pac 2014-2020, il budget del premio alla macellazione è stato elevato da 27,5 a 66,4 milio- ni di euro, ma è anche notevolmente cresciuto il potenziale numero di capi eleggibili, non essendo più contemplate particolari condizioni di ammis- sibilità legate alla qualità.
Un capo di razza Charolaise
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Grafico 2 Costi e ricavi partite
di bovini maschi di razza Charolaise in allevamenti sotto i 900 capi
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