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4 L'IMMAGINE 4.1 I caratteri dell'immagine

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Academic year: 2021

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4 L'IMMAGINE

4.1 I caratteri dell'immagine

Negli anni '50 l'attenzione veniva soprattutto focalizzata sugli attributi dei prodotti. Ciò era fattibile per la possibilità di formulare una Proposta Unica di Vendita (PUV), cioè un motivo di acquisto semplice, identificato, definito, per l'acquirente. Ma, già alla fine del decennio, gli attributi incorporati nei prodotti non permettevano più una PUV, poiché la facilità di imitazione, data dalla crescente omogeneità tecnologica, aveva portato alla presenza sul mercato di prodotti assai simili che, oltretutto, venivano venduti con gli stessi criteri.

Negli anni '60 emerse quindi, come elemento di differenziazione, l'immagine. Le imprese miravano a vendere i loro prodotti per l'immagine e non per un vantaggio specifico di prodotto, come nei casi noti dei profumi, dei superalcolici, dei dolciumi. La percezione da parte dei consumatori divenne difficile, confusa: le aziende si affollavano verso immagini simili, indistinte, sovrapposte.

Dagli anni '80 siamo entrati nell'era del posizionamento. Un'era in cui prodotto, marca e impresa rimangono sicuramente elementi fondamentali, ma dove il successo risulta sempre più legato alla capacità di posizionare l'offerta in un luogo preciso della mente del consumatore. Il concetto di immagine e simbolo rimangono comunque fortemente collegati a quello di posizionamento, assieme alle componenti del prodotto ne costituiscono infatti gli elementi base, con una necessità in più, quella di riuscire a disegnare un profilo unico e specifico del prodotto.

L'importanza della gestione dell'immagine del prodotto è crescente, anche per l'inevitabile affinamento che le tecniche di costruzione relative ad essa hanno avuto nel tempo. L'azienda non può quindi limitarsi a comporre le dimensioni tecnico-funzionali del prodotto, ponendo solo su queste la speranza di una positiva accoglienza da parte della clientela. In grado diverso, a seconda della tipologia dei prodotti, è necessaria la costruzione, il posizionamento e il monitoraggio di un'immagine, i cui problemi non sono di immediata, rapida soluzione, ma richiedono una complessità di interventi coerenti nel tempo, il cui successo è comunque legato a una condizione esterna all'impresa: il vissuto percepito dai consumatori-utilizzatori.

Per comprendere le principali problematiche che la definizione dell'immagine presenta, si può ricorrere a un efficace esempio letterario-filosofico. Luigi Pirandello<$FLuigi Pirandello "Uno, nessuno e centomila", Mondadori, Milano, 1964.> offre un elenco di considerazioni, al momento in cui Gengé Moscarda, il protagonista di un suo romanzo costruito dalla riflessione sul rapporto identità immagine, scopre che l'immagine che ha di sé non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui. Eccone alcune che aiutano a cogliere le principali tematiche:

"che io non ero per gli altri quel che finora avevo creduto d'essere per me"

L'immagine che un bene ha sul mercato non corrisponde a quella che ha il produttore dello stesso bene.

"che non potevo vedermi vivere"

Il produttore non può "vedere" il prodotto nella condizione di funzionamento reale, ma solo nella condizione interna di generatore.

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"che non potendo vedermi vivere restavo estraneo a me stesso, cioè uno che gli altri potevano vedere e conoscere, ciascuno a suo modo; e io no"

L'immagine compiuta di un prodotto è quella che viene percepita soggettivamente in una condizione esterna all'impresa.

"che era impossibile pormi davanti questo estraneo per vederlo e conoscerlo; io potevo vedermi, non già vederlo"

Il produttore non può mai vedere il prodotto con gli occhi di un cliente. L'immagine che ha è comunque diversa da quella che hanno i consumatori, a causa del suo vissuto di creazione del prodotto.

"che il mio corpo, se lo consideravo da fuori, era per me come un'apparizione di sogno; una cosa che non sapeva di vivere e che restava lì, in attesa che qualcuno se la prendesse"

L'immagine del prodotto è elemento immateriale, in sé privo di contorni precisi. Acquista definizione solo nel momento in cui un consumatore lo percepisce.

"che, come me lo prendevo io, questo mio corpo, per essere a volta a volta quale mi sentivo, così se lo poteva prendere qualunque altro per dargli una realtà a modo suo"

L'immagine reale è quella percepita in modo soggettivo da ogni consumatore, ed è quindi diversa a seconda del percettore e delle condizioni di percezione; il suo possesso sta in chi la percepisce e non in chi la comunica.

Levy [1959] afferma che un'immagine è "un'interpretazione, un insieme di inferenze e reazioni".

E' un simbolo, non l'oggetto in sé, piuttosto si riferisce ad esso e lo rappresenta. Oltre alla realtà fisica del prodotto, della marca, dell'organizzazione, l'immagine include i suoi significati, cioè credi, atteggiamenti e sensazioni, che sono fortemente collegati alla realtà fisica e da questa difficilmente distinguibili. Basta pensare a prodotti come Coca Cola e Pepsi. I loro abituali consumatori saprebbero distinguerli con difficoltà in un test cieco, ma non rinuncerebbero mai a una precisa scelta di marca. L'acquisto del prodotto prevede in realtà l'acquisto di un'immagine.

Un'immagine è quindi "l'insieme complessivo, l'alone dei significati psicologici, l'asserzione dei sentimenti, dei messaggi estetici scritti indelebilmente sopra e oltre le caratteristiche fisiche"

[Ward, 1986]. Le scarpe non si comprano tanto per proteggere i piedi, quanto perché consentono di apparire eleganti. L'immagine da sola non è tuttavia sempre sufficiente a personalizzare un bene, è spesso troppo nebulosa, troppo intangibile, troppo simile ad altre. Le devono essere attribuite alcune, in genere poche e specifiche, caratteristiche e prestazioni relative al prodotto.

Le merci e le situazioni d'acquisto accentuano in ogni caso sempre più i loro contenuti simbolici, assumono quei valori che servono a connotare la personalità dei singoli acquirenti; si distinguono l'una dall'altra soprattutto per le sfumature d'immagine, che le fanno apparire come simboli di stato [Romano 1988].

Identità e immagine sono allora due aspetti diversi: immagine è la percezione del prodotto che ha il consumatore, identità è la sua essenza, la sua ragion d'essere. Quando le due cose non coincidono la situazione si può definire problematica. A volte prodotti che nascono con una certa identità, si devono poi adeguare all'immagine che il mercato loro assegna. La storia delle sigarette Marlboro rimane esemplare: nate per un gusto femminile e indirizzate alle donne, sono state percepite come prodotto maschile. All'azienda non è rimasto che accettare questo responso,

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addirittura rafforzando l'immagine maschile attraverso simboli di vita avventurosa, faticosa, sottoposta a disagi: un gusto, ironia della sorte, per "uomini duri".

E' ipotizzabile quindi un certo rimpallo tra la proposta dell'azienda e la percezione del mercato, fino a un equilibrio temporaneo, che corrisponde all'immagine accettata del prodotto. L'accordo si rompe quando l'azienda propone un riposizionamento di immagine o il target di mercato ne coglie una deformazione relativa a causa di eventi esterni (concorrenza, cambiamento di valori, di status symbol, ecc.) che ne mutano la lettura.

4.2 La costruzione dell'immagine

Nonostante siano possibili molte definizioni di immagine, parimenti valide e suggestive, in un ambito di marketing, l'immagine del prodotto significativa è quella percepita dal consumatore<$FSecondo Romano [1988] l'immagine viene definita dall'insieme di due componenti principali: l'immagine attesa, cioè quella che vorrebbe comunicare il produttore, e l'immagine riscontrata, cioè quella che è effettivamente percepita dal consumatore.>. Si può quindi considerare l'immagine come il risultato di un processo in quattro fasi (si veda figura 4.1):

@ELENCO = 1. fase dell'immagine voluta;

@ELENCO = 2. fase dell'immagine comunicata;

@ELENCO = 3. fase dell'immagine confrontata;

@ELENCO = 4. fase dell'immagine percepita.

La prima fase, dell'immagine voluta, comprende la definizione dell'immagine che l'impresa vorrebbe che il prodotto avesse presso il target di mercato prescelto. Si tratta del momento della pianificazione strategica dell'immagine del prodotto, che passa attraverso la scelta di posizionamento e la definizione delle politiche di immagine.

La seconda fase, dell'immagine comunicata, è data dal passaggio dal momento progettuale a quello di attuazione. Riguarda le azioni specifiche di comunicazione dell'immagine di prodotto, la redazione dei messaggi, la scelta delle ambientazioni, dei mezzi, dei veicoli, dell'insieme degli strumenti attraverso cui l'immagine viene costruita: gli attributi estetici e fisici del prodotto, la confezione, la marca, il livello di prestazione del servizio, ecc. A questa fase appartengono i contributi alla comunicazione di immagine che possono dare attori esterni all'impresa, come opinion leader, distributori, influenzatori.

La costruzione dell'immagine di un prodotto può infatti essere vanificata, ad esempio, da azioni specifiche della struttura distributiva, come sconti, promozioni, abbinamenti d'acquisto, ecc. E' questo il caso affrontato da una azienda leader nel settore dei dolciumi, la quale, lanciando un panettone all'interno di una nuova linea di prodotti da forno con immagine elevata (per ingredienti di prodotto, prezzo, confezione, comunicazione), rinunciò alla sua tradizionale struttura distributiva, la grande distribuzione, nonostante ciò significasse ridurre drasticamente le vendite, che, come è noto, avvengono in pochissimi giorni a ridosso delle festività di fine anno e necessitano quindi di una distribuzione intensiva. La scelta venne ritenuta obbligata perché le catene di supermercati erano considerate inaffidabili dal punto di vista della gestione

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dell'immagine: potevano offrire sconti sul prodotto, abbinarlo ad altri, porlo in offerta speciale, abbassandone l'immagine voluta. Per conservare l'immagine elevata di linea, ritenuta strategica, l'azienda preferì servirsi di gelaterie e pasticcerie, utilizzando i supermercati per altri prodotti.

La terza fase, dell'immagine confrontata, riguarda il momento in cui l'immagine comunicata viene posta in comparazione con l'insieme delle immagini comunicate dei prodotti della concorrenza. Essa viene relativizzata alle immagini alternative, risultandone riposizionata. Ne può risultare rafforzata, se le immagini dei prodotti concorrenti se ne distaccano fortemente, o appiattita, se risulta loro simile.

La quarta fase, dell'immagine percepita, è data dalla comprensione soggettiva che il consumatore-utilizzatore assegna all'immagine confrontata. In questa fase il controllo dell'immagine passa dai protagonisti dell'offerta al target di consumatori. Viene quindi trasferita una simbologia "oggettiva" in un vissuto simbolico soggettivo, la cui risultante deciderà del successo o meno del processo di costruzione dell'immagine pianificata dall'impresa. In questo vissuto intervengono tutti i "rumori" relativi a un processo di percezione, come la distorsione dei messaggi, la confusione delle immagini, la comprensione parziale delle componenti dell'immagine, la condizione d'animo del consumatore e così via.

Si possono considerare due livelli di immagine percepita di prodotto: immagine interna e immagine esterna. A volte i prodotti vivono una "schizofrenia" d'immagine, tra quella che hanno all'interno dell'azienda, che si fonda su una sorta di vissuto "materno" dato da anni di generazione, gestazione, nascita e crescita del prodotto, rispetto al punto di vista esterno del mercato. Questo non può essere ricondotto a un rapporto affettivo, ma a un più tiepido stato di chi ha scelto, a volte limitato da vincoli finanziari, tra alternative allettanti, uno dei molti prodotti.

Non solo. Spesso, per eventi particolari, le due immagini non risultano coerenti. Può accadere addirittura che un prodotto ritenuto all'interno dell'impresa una pecora nera voglia essere offerto all'esterno come pietra filosofale. Ciò risulta arduo specie per la forza vendita, che deve funzionare da camera di compensazione tra il vissuto negativo dell'azienda e la proposta positiva al mercato. All'interno, per tutte le azioni che riguardano quel prodotto, nonostante la possibilità di strepitosi successi di mercato, si può infatti diffondere una "cultura del peggiore" che, attraverso una riduzione di cure e attenzioni, può portare a un peggioramento delle prestazioni e, comunque, dell'immagine percepita. E' possibile che l'azienda concentri i propri sforzi su di un prodotto di cui è "innamorata", gratificata da qualche componente (tecnica, fisica, estetica), ma che il mercato non riconosce. Il risultato che ne deriva è, in genere, una riduzione di redditività complessiva. Per creare condizioni favorevoli a una gestione non problematica, occorre quindi rendere coerenti immagine interna ed esterna del prodotto.

L'immagine di un prodotto non è solo relativa, ma può risentire di un'immagine assoluta su attributi specifici, che non nasce da confronti, come il posizionamento, ma spesso da stereotipi fissati in anni di stratificazione di immagini, che perdurano anche oltre la loro realtà oggettiva. In molti casi ciò deriva da immagini delle nazioni o regioni di origine [Thorelli, Lin e Ye, 1989].

Secondo tali stereotipi l'abbigliamento italiano è il più elegante, i prodotti tedeschi hanno la migliore qualità, i prodotti francesi si rompono facilmente, le auto italiane sono veloci ma poco sicure, il cioccolato svizzero è il migliore, i profumi francesi sono insuperabili, lo champagne è il miglior vino. La costruzione di un'immagine di prodotto può trovare aiuto od ostacolo dall'esistenza di questi cliché, a seconda che segua o contrasti le credenze diffuse.

I prodotti basati essenzialmente sull'immagine, come i prodotti simbolo, rari, esclusivi, non possono venire progettati secondo un tradizionale approccio sequenziale, passo dopo passo, che parte dall'analisi di ogni componente e termina in uno studio della proposta totale degli elementi che superano con successo ogni fase di valutazione. L'approccio, secondo un criterio di capacità di attrazione, che il prodotto deve possedere, si basa su di un processo opposto e più breve.

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Questo inizia con un concetto di posizionamento, che viene sviluppato, messo in atto (come immagine comunicata) e testato nella sua percezione. Ogni proposta comprende un insieme di componenti come nome, confezione, posizionamento, che vengono assemblati per comporre l'immagine complessiva desiderata del prodotto, sottoposta a giudizio unitariamente e non per singole componenti.

Questo metodo di progettazione nasce da uno studio di analisi congiunta che considera gli elementi dell'immagine aziendale come componenti di prodotto. Il modo di apparire del prodotto risente pesantemente, infatti, dell'immagine dell'impresa. Se l'immagine del prodotto non è coerente con quella dell'azienda o degli altri prodotti che sono identificati dalla stessa marca, possono sorgere problemi nell'accoglimento da parte dei consumatori. Si tratta di una condizione che va considerata sia per i prodotti di largo consumo (nel caso di coerenza con l'immagine di marca), sia per i beni destinati alla produzione (nel caso di coerenza con l'immagine d'impresa).

In quest'ultimo caso, nonostante la credenza diffusa che la scelta venga compiuta essenzialmente sulla base di valutazioni tecnico-funzionali, occorre sottolineare che, per beni su cui l'azienda acquirente non ha un profondo sapere diretto, l'acquisto tende a privilegiare fornitori con immagine fortemente consolidata. E' spesso il caso degli strumenti di elaborazione dati (mainframe, personal computer, stampanti, ecc.), in cui il compratore cerca di superare l'ostacolo di un'impossibile conoscenza attraverso la sicurezza data dalla reputazione del prodotto e, più ancora, dell'azienda fornitrice. E' comprensibile come il possesso di un'immagine elevata si dimostri in questi casi essenziale per il successo di mercato.

Sull'immagine di prodotto si riversano così anche gli elementi costitutivi dell'immagine aziendale, sia materiali (edifici, personale, attrezzature), sia immateriali.

4.3 Il valore dell'immagine<>

Un modo semplice per valutare il contributo incrementale dell'immagine è quello di comparare i risultati di test ciechi a quelli di test dove viene identificato il prodotto, ponendo le stesse domande di giudizio sul prodotto a un medesimo target obiettivo di consumatori-utilizzatori.

Questo metodo è utile per valutare se negli elementi di scelta della clientela l'immagine è un fattore importante. In questo caso le risposte rilevate tra il primo e il secondo test dovrebbero presentare differenze significative, spesso addirittura opposte.

Il passo successivo, nell'identificare con maggiore precisione il valore dell'immagine di prodotto per il mercato, è quello di evidenziare il differenziale di immagine tra il prodotto in oggetto e i concorrenti. Un metodo interessante di partenza può essere quello dei profili dell'immagine proposto da Romano [1988]. Si tratta di isolare gli attributi principali che concorrono alla costruzione dell'immagine, facendoli valutare dal pubblico obiettivo secondo una scala numerica o semantica (figura 4.2). Il profilo viene valutato come scarto dalla media. In questo modo si possono confrontare sia le differenze di immagine tra il prodotto considerato e quelli concorrenti, sia la variazione di percezione di immagine per lo stesso prodotto nel tempo. Un altra applicazione potrebbe riguardare la valutazione della differenza tra l'immagine percepita interna e quella esterna.

Se il differenziale di immagine è elevato in termini positivi, l'azienda ha a disposizione una risorsa da valorizzare, in termini di mercato, di prezzo, di differenziazione. La scelta dell'uso di questa differenza positiva dipende dalle strategie che l'impresa considera di perseguire. In ogni caso, per tradurne la percezione positiva in una "disposizione alla scelta" del prodotto, si deve valorizzare questo scarto. Tale valorizzazione può essere misurata attraverso un confronto di prezzo tra due prodotti concorrenti, il più simili possibile in termini di componenti. Nel test si chiede a un gruppo di consumatori quale dei due prodotti acquisterebbe a parità di prezzo. Quindi

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si diminuisce il prezzo del perdente fino a che interviene un cambio di scelta. L'intervallo di prezzo evidenziato può essere una misura significativa del valore del differenziale di immagine tra i due prodotti. In pratica, la "disposizione alla scelta" del consumatore per il prodotto di immagine superiore vale una cifra leggermente inferiore a quella di cambio di scelta, come illustrato nella figura 4.3.

I prodotti hanno quindi un valore di immagine e ciò non deve sorprendere, né scandalizzare.

Sarebbe errato considerare un valore "socialmente buono" corrispondente all'aspetto funzionale e uno "socialmente cattivo" relativo agli aspetti emozionali e di immagine. Come afferma Romano [1988] "ritenere che gli oggetti possano avere valore funzionale senza valore espressivo, equivale a porli fittiziamente fuori dal loro contesto sociale - fuori dai valori di scambio - e a nascondere il lavoro della fantasia umana che inventa quegli oggetti come strumenti di appagamento".

Oltre a un valore che possiamo definire "di mercato", l'utilità della costruzione di un'immagine positiva e chiara è evidente in altre fasi del processo di marketing del prodotto. Nella situazione di acquisto, ad esempio, facilita l'assunzione di due condizioni di base:

@ELENCO = a) permette, attraverso la conoscenza del prodotto e il suo posizionamento nella mente del consumatore, la collocazione del bene nell'insieme evocato di prodotti-marche, al quale fa riferimento il consumatore per la sua scelta;

@ELENCO = b) rende minore lo sforzo di acquisto del prodotto, grazie alla riduzione della necessità di analisi specifica delle varie alternative, attraverso un riferimento complessivo noto.

Queste due condizioni divengono sempre più importanti nella vendita di prodotti di largo consumo, perché il consumatore:

@ELENCO = 1. è colpito da informazioni sempre più numerose su una dimensione crescente di alternative; non ritiene spesso economica, per tempo o difficoltà, un'analisi puntuale degli attributi e quindi sceglie più rapidamente in base all'immagine;

@ELENCO = 2. riesce a valutare con difficoltà crescenti i prodotti complessi, poiché le conoscenze tecniche normalmente diffuse nel mercato (negli stessi consumatori, distributori, influenzatori) non sono sufficienti e quindi sceglie "fidandosi" dell'immagine.

L'acquisto e la perdita di immagine sono eventi di lungo periodo; il loro costo non è quindi immediatamente identificabile. Se il lancio di un prodotto risulta un fallimento, può portare una perdita di credibilità e di immagine per gli altri prodotti della stessa marca e per l'azienda.

Questo costo "psicologico" può diventare molto alto anche per prodotti di bassissimo valore unitario, magari destinati a un ruolo marginale nel complesso dell'offerta dell'impresa. Ciò per la perdita d'immagine globale che ne deriva sia nei confronti del consumatore, sia nei confronti del distributore. Quest'ultimo potrebbe infatti considerare rischioso trattare i nuovi prodotti di quell'azienda, creando un circolo vizioso in cui i nuovi prodotti non vengono distribuiti finché non si consolidano nel mercato, condizione assai difficile da verificarsi se non collabora la distribuzione.

Il valore dell'immagine di prodotto può avere dimensioni diverse a seconda del riferimento temporale: nel breve periodo ha in genere carattere strumentale (ad esempio la vendita dell'ultima versione del prodotto), nel lungo periodo assume carattere strategico portando al posizionamento dell'idea di prodotto. Ciò avviene perché gli investimenti in immagine si accumulano spontaneamente nel tempo, per cui le incoerenze o le diversità di immagine comunicate sul prodotto creano un'immagine totale che è diversa dall'ultima proposta. Pubblicità e immagine

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possono perciò non coincidere, poiché la prima offre solo l'ultimo episodio di una storia cominciata molti anni prima, probabilmente una storia diversa da quella voluta al momento.

Entrambe comunque contribuiscono al risultato di immagine attuale percepita del prodotto.

L'immagine derivata dal prodotto e l'immagine derivata dalla pubblicità possono perciò non coincidere. L'immagine pubblicitaria viene infatti utilizzata per adeguare il vissuto pre esistente del prodotto a nuove strategie o a diversi posizionamenti. I problemi si avvertono quando si perseguono, più o meno consciamente, due profili diversi che si annullano a vicenda o creano sconcerto nel mercato. Le due immagini andrebbero quindi progettate assieme al momento del lancio di un nuovo bene, o, in caso di adeguamento successivo, attraverso il ridisegno del prodotto in coerenza con il profilo voluto. Non basta infatti affidare alla sola comunicazione pubblicitaria il compito di una costruzione diversa, mentre il prodotto segue un andamento indipendente nella logica delle sue componenti. Occorre invece che le caratteristiche tecnico- funzionali, fisiche, estetiche, la marca, la confezione e i servizi risultino coerenti con l'immagine voluta, a cui la comunicazione darà il suo contributo, affinché quella percepita le si avvicini il più possibile.

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