• Non ci sono risultati.

Voci dagli ex manicomi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Voci dagli ex manicomi"

Copied!
6
0
0

Testo completo

(1)

Angela D'Agostino

EDITORIALE:

VOCI DAGLI EX

MANICOMI

EDITORIAL:

VOICES FROM FORMER

MENTAL ASYLUMS

Dal momento in cui si oltrepassa il muro dell’interna-mento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto

emozionale … viene immesso, cioè in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossal-mente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. (Basaglia 1964)

Il numero monografico dedicato agli ex manicomi restituisce, attraverso l’intreccio tra sguardi, realtà territoriali e destini diversi, uno spaccato su ciò che resta di una delle più importanti istituzioni foucaultia-ne in Italia e non solo.

Parlare di ciò che resta allude all’idea che non prevalga l’oblio.

Probabilmente, per ciò che gli ex ospedali psichia-trici sono stati, ciò che più conta è avere la consape-volezza che tante storie di uomini, tante vite trascor-se, non vengano dimenticate.

La memoria in questo caso, assume il ruolo di mo-nito: è importante ricordare perché non accada più che si costruiscano architetture per l’esclusione.

In realtà, una volta dismessi i manicomi, è proprio al ricordo degli uomini che ci si è dedicati; al recupe-rare traccia di chi inizialmente si era voluto dimenti-care, escludere, recludere.

Il patrimonio da recuperare e preservare è stato in primo luogo quello cartaceo, quello delle cartelle cliniche, e più in generale quello documentario.

Since the moment the confinement wall is crossed, the patient steps in a new dimension of emotional vacuum … i.e. he is introduced into a space that, though originally conceived both to make him harmless and to take care of him, turns out to be a place that looks paradoxically built for the complete annihilation of his individuality, the place of his total objectification. (Basaglia 1964)

This monographic issue, dealing with former psychiatric hospitals, depicts, through the inter-weaving of gazes and different territorial realities and destinies, a picture of the remains of one of the most important foucauldian institutions in Italy and somewhere abroad. Dealing with the remains implies the idea that oblivion shall not prevail. Probably, owing to what psychiatric hospitals have been, what really matters is being aware that so many stories of human beings, so many lives that were spent, will not be forgotten.

In this case, memory plays the role of a warn-ing: it is important remembering because no more architecture for confinement must ever be built. Actually, once psychiatric hospitals have been decommissioned, the main focus has been drawn onto people, in order to retrieve all the traces of those who had intentionally been for-gotten, excluded, confined. The main heritage to be retrieved and preserved has been the papers, medical records and all sorts of documents.The

(2)

Angela D'Agostino VOCI DAGLI EX MANICOMI VOICES FROM FORMER MENTAL ASYLUMS Ma l’eredità con cui ci confrontiamo è complessa e

molteplice.

Con l’applicazione della legge Basaglia del 1980, in Italia sono stati progressivamente dismessi gli ospedali psichiatrici disseminati in piccole e grandi città, ai margini dei territori abitati, presenti a sud come al centro e al nord. Oltre al patrimonio docu-mentario, dunque, resta quello architettonico. Vere e proprie cittadelle recintate, i complessi manicomiali comprendenti padiglioni di degenza, servizi, ambu-latori, spazi per il lavoro, percorsi, giardini, cortili, si sono resi potenzialmente disponibili all’apertura alla città e al riuso.

Il numero monografico racconta di questo, di cosa è accaduto ai grandi complessi ospedalieri una volta dismessi dall’essere manicomi. Si scopre come si presentano oggi sei ex ospedali italiani e tre europei scelti perché diversi e tutti emblematici sotto diversi aspetti.

Sebbene tutti riconoscibili come ex ospedali psi-chiatrici per la struttura dell’impianto urbano e per la tipologia di architetture e spazi aperti, gli ex manico-mi costituiscono un patrimonio che in ogni contesto presenta caratteri di peculiarità. Diversi sono anche i destini recenti dei grandi complessi ospedalieri per i quali si assiste a operazioni di riconversione relati-vamente veloce soprattutto in esperienze non italia-ne, a operazioni di parziale (raramente totale) riuso secondo pratiche di ‘riscatto’ a volte già avviate prima della dismissione (in rari episodi Italiani) ma, nella maggior parte dei casi, si assiste al persistere dell’abbandono.

Come i matti venivano dimenticati dentro le città per loro edificate, così quelle città sono state spesso oggetto di una damnatio memoriae.

Trieste è decisamente un caso esemplare in Italia, come sottolinea la voce di Peppe Dell’Acqua, psi-chiatra che ha accompagnato prima Franco Basa-glia e poi Franco Rotelli nel processo di legittimazio-ne legislativa della legittimazio-necessità di chiudere i manicomi, e che oggi opera fuori e dentro il complesso di San

heritage we must cope with is though complex and various. In compliance with the Law Basaglia in 1980, in Italy psychiatric hospitals, which were spread through large and small towns and along the borders of urban centres all over the Country, were gradually decommissioned. Thus, besides the papers, some large architectural heritage is left. Real gated citadels, psychiatric complexes, which are composed of wards, pavilions, facili-ties, medical offices, workshops, paths, gardens, courtyards, have become potentially available to be opened to the cities and to be re-used.

This monographic issue tells about this, about what has happened to these large medical complexes since they were decommissioned as psychiatric hospitals. It reveals how six Italian and three European former hospitals, which were selected on the basis of their differences as well as of their being emblematic, are today.

Although all of them are recognizable as psy-chiatric hospitals, owing to the structure of their urban layout and to voids and building typology, former madhouses are some heritage that shows peculiar features in each different context. Even the recent fortunes of those large hospital com-plexes are differing, some of them were quickly reconverted, especially abroad, some others were partially (or seldom totally) reused follow-ing to redemption processes that were already started before their decommission (in very few Italian cases), yet abandonment is the most usual destiny.

Likewise the mad was forgotten in the cities that were built for them, those cities have often been the object of a damnatio memoriae.

Trieste is definitely an emblematic case in Italy, as says Peppe Dell’Acqua, the psychiatrist who supported first Franco Basaglia and then Franco Rotelli in accomplishing the process of drafting legislation on the necessity of closing psychiatric hospitals, and now is working inside and outside

(3)

VOCI DAGLI EX MANICOMI

Giovanni fermamente convinto della necessità di una nuova dimensione anche urbana dei luoghi per ‘l’accoglienza dei malati’. A Trieste ha avuto inizio la sperimentazione di una modalità diversa di ‘vivere’ il manicomio, sperimentazione che ha costituito l’ele-mento di ‘continuità’ tra il prima e il dopo la chiusura, sono nati cooperative e laboratori ad oggi ancora attivi, si sono sperimentate nuove forme di orga-nizzazione degli spazi e dei tempi. E mentre tutto questo continua, negli ex padiglioni hanno trovato posto strutture universitarie, comunali, museali, assistenziali, formative, e l’intera area è nota come parco culturale di San Giovanni con il suo immenso patrimonio verde anch’esso di varia natura, dalle coltivazioni biologiche al magnifico roseto di recente impianto. Il parco è aperto alla città e attraversato da una linea di trasporto pubblico; secondo Dell’Acqua “non è, come si potrebbe immaginare, un luogo della memoria e men che meno di una memoria monumentale, è una quotidiana provocazione a immaginare il futuro, a gioire della concreta assenza di muri, di una reale condizione di convivenza”. A Trieste si è puntato sulla conservazione dell’identità storica dei luoghi e sulla modificazione dei modi di viverli e di abitarli.

Anche al Paolo Pini di Milano, intorno agli anni Ottanta del secolo scorso, erano iniziate una serie di attività e c’era stata una serie di trasformazioni e inclusioni di nuovi usi, si era avviata una sorta di ‘rifunzionalizzazione spontanea’, come la definisce Pierfranco Galliani, già prima dell’applicazione della legge Basaglia e della chiusura dei manicomi. Ma la peculiarità del caso milanese è la presenza del mu-seo d’arte Paolo Pini. Opere di artisti e pazienti sono esposte anche negli spazi aperti e gli stessi padiglio-ni sono diventati supporto per grandi murales. L’arte ha segnato la storia recente dell’ex ospedale secon-do un’idea di museo attivo più che commemorativo. Galliani, che sul Paolo Pini ha lavorato nell’ambito della ricerca PRIN I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento dichiara che “è da questo nucleo,

the San Giovanni’s complex in compliance with his belief that a new urban dimension of the plac-es for the accommodation of the ill is necplac-essary. In Trieste the experimentation of a brand new way to live the madhouse has been started, and this experimentation has been the link between through time, before and after the decommis-sion; cooperatives and workshops were created and are still working; new ways to manage time and space have been experimented. And while all this keeps going on, new university, munici-pal, helpful and educational facilities have been settled in the former wards, and the whole area has become known under the name of San Gio-vanni’s cultural park, with its endless and various green richness, which spreads from organic ag-riculture to the recently bedded out magnificent rose garden. The park is open to the city and is crossed by a public transport line; according to Dell’Acqua “it is not, as you could imagine, a place of memory and absolutely not a memorial, on the contrary it is a daily challenge to imagine the future, to joy for the absence of walls and for a real condition of co-living”. In Trieste the main target was the preservation of the historical iden-tity of the site and the change of way of living and inhabiting it.

Also at Paolo Pini’s in Milan, around the 1980s, a series of actions was started and some trans-formations were made to include new uses; a kind of ‘spontaneous re-functionalization’, so called by Pierfranco Galliani, was started even before the Law Basaglia had been approved and the psychiatric hospitals decommissioned. Yet, the peculiarity of the Milanese case is the presence of the art museum Paolo Pini. Artworks made by artists and patients are exhibited in the open spaces and the wards have become the surface for the painting of large murals. Art has marked the recent history of the former hospital in compliance with the idea of museum that is VOICES FROM FORMER MENTAL ASYLUMS

(4)

VOCI DAGLI EX MANICOMI

dove ‘l’arte è servizio sociale’, che può prendere avvio, anche fisicamente, la ricerca di una centralità sempre negata nel vecchio ospedale psichiatrico”.

Diverso è stato il destino dell’ex ospedale psichia-trico di Gorizia dove Basaglia era stato direttore pri-ma che a Trieste e dove ha iniziato la sua rivoluzione. Ma paradossalmente, come sottolinea Scavuzzo, proprio la forte voce delle denunce basagliane ha favorito la damnatio memoriae per un luogo segnato oltre che dall’essere manicomio, dall’essere confine italo-jugoslavo: doppio confine, doppio limite invali-cabile quello dell’ospedale di Gorizia dove di recente si è iniziato a lavorare per il riscatto. Al nuovo centro di salute mentale e ad una serie di servizi per cittadi-ni italiacittadi-ni e stracittadi-nieri nel parco recuperato si ipotizza possano affiancarsi un percorso informativo e un archivio “che raccolga e valorizzi il materiale presen-te nell’ex ospedale, di inpresen-teresse non solo psichiatri-co, ma anche di valore storico rispetto a una delle poche rivoluzioni, se non l’unica, che in Italia abbia avuto un compimento”. La voce di Gorizia diviene voce degli studenti che attraverso esperienze didatti-che hanno affrontato l’arduo compito di “dare forma alla restituzione di un’identità al Parco come alla sua memoria” con l’intento di non ridurre l’ex manicomio a ‘memoriale del dolore’.

Al tema della memoria si dedica la voce romana dei responsabili del Servizio Educativo Museo Labo-ratorio della Mente, Asl Roma 1. Vera Fusco, Fran-cesca Gollo e Marco Salustri raccontano del padi-glione del Santa Maria della Pietà destinato a museo di narrazione, così come definito da Studio Azzurro che ne ha curato la progettazione. In un ex ospedale psichiatrico dove coesistono strutture sanitarie, co-munali, residenziali insieme ad attività di associazio-ni e all’abbandono ancora presente in alcune parti, il Museo Laboratorio è divenuto simbolo della trasfor-mazione insieme al grande parco aperto alla città. Il Museo Laboratorio, inserito nella rete dei musei della regione Lazio è divenuto centro di documentazione e informazione con un considerevole afflusso di

visi-active rather then commemorative. Galliani, who has carried out a research project in the frame of the Research Programme of National Interest [PRIN] I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento [Psychiatric hospitals in Italy from 19th to 20th Century] states that “it is from this core, where art is a ‘social service’, that a re-search about the ever denied centrality of the old psychiatric hospital can start, also in a physical sense”.

The former psychiatric hospital in Gorizia, which Basaglia had led before being appointed director of the San Giovanni’s in Trieste, has had different fortunes. As Scavuzzo underlines, the loud voice of Basaglia’s reports had para-doxically favoured the damnatio memoriae of a site that was not only a madhouse but also the Italian-Jugoslavian border: a double boundary, a double impassable limit was set in Gorizia, where the work for redemption was only recently begun. A new educational programme as well as an archive is supposed to be added to the new mental health centre and to the facilities for Italian and foreign citizens that were made in the park. The archive is meant to “collect and en-hance all materials found in the former hospital, the interest of which is not only psychiatric, but also historical with peculiar reference to one of the few, if not the only one, revolutions that has ever been accomplished in Italy”. The voice of Gorizia is then the voice of the students, who through teaching experiences faced the strenu-ous task to “give shape to the recovering of the identity of the park and of its memory”, in order not to reduce the former psychiatric hospital to a ‘memorial of sorrow’.

The Roman voice of the responsible staff of the Mental Lab Museum Educational Service, Local Health Autorithy of Rome 1, deals with the topic of memory. Vera Fusco, Francesca Gollo and Marco Salustri tell us about Santa Maria della VOICES FROM FORMER MENTAL ASYLUMS

(5)

Angela D'Agostino VOCI DAGLI EX MANICOMI

tatori, in particolare scolaresche.

Una diversa declinazione del tema della memoria è quella proposta da Luciana Macaluso per l’ex mani-comio di Palermo. “La memoria dell’ex manimani-comio di Palermo ha un futuro”, così esordisce Macaluso che, attraverso un’esplorazione progettuale elaborata nell’ambito della ricerca PRIN sopra citata, raccon-ta di quanto è ‘rinchiuso’ nell’ex ospedale siciliano abbandonato, non solo storie di vite, ma monumenti, architetture ipogee e non, spazi verdi, percorsi che se aperti potrebbero ‘cambiare’ la struttura urbana di una parte di Palermo.

Nell’ultimo caso studio italiano, affrontato da chi scrive, la memoria viene richiamata come necessità in relazione alla complessa eredità dell’ex ospedale psichiatrico di Napoli. L’ex Leonardo Bianchi è com-pletamente abbandonato, fermo al tempo della chiu-sura con oggetti, arredi, attrezzature mediche che sembrerebbero essere stati lasciati ieri se non fosse per il degrado e i segni del tempo. In questo caso, il vantaggio del ritardo potrebbe condurre a formulare ipotesi di trasformazione, recupero, riuso, che non ‘vincolate’ a qualcosa di già accaduto nel tempo del-la chiusura, potrebbero completamente stravolgere architetture, spazi, significati. Si sottolinea invece che il passaggio dalla città per la cura alla cura per la città deve tenere al centro l’idea degli ex ospedali psichiatrici come eredità complessa e molteplice. Nel caso degli ex manicomi ormai fantasmi urbani, grandi buchi neri nel continuum urbano contempo-raneo, pur cogliendo la positiva occasione di potersi confrontare più liberamente con le condizioni della contemporaneità, non si può cedere all’oblio, né a quello dell’abbandono né a quello della cancellazio-ne. Le riflessioni generali sull’ex manicomio di Napoli sono affiancate da un’altra voce, quella di Maria Pia Amore che racconta di un progetto di tesi in proget-tazione architettonica che si è confrontato con i temi del patrimonio e della memoria ipotizzando nuove relazioni tra il Bianchi e la città.

In conclusione, di particolare interesse è il

confron-Pietà’s pavilion re-used as a museum for nar-ration, as it was defined by Studio Azzurro who designed it. In a psychiatric hospital, where there are medical and municipal facilities and houses, as well as associations and some abandoned space, the Lab Museum, embedded in the museum network in region Lazio, has become a documentary and information centre, serving an outstanding number of visitors, especially school classes.

Luciana Macaluso, who deals with the former psychiatric hospital in Palermo, has provided a different interpretation of the issue of memory. “The memory of the former madhouse in Paler-mo has a future” begins Macaluso, who, through a research by design project developed in the frame of the above-mentioned PRIN research programme, tells us about what is closed in the Sicilian abandoned former hospital, not only about human lives, but also about monuments, hypogene and non hypogene architecture, green space, and path that, once opened, could ‘change’ the urban structure of a part of Palermo.

In the last Italian case study, dealt with by my-self, memory is referred to as something neces-sary with respect to the problematic legacy of the former psychiatric hospital in Napoli. The former Leonardo Bianchi’s is completely abandoned, motionless since it was closed, with objects, fur-niture and medical equipment that would seem to have been left just now if time had not left its marks of decay. In this case the advantage that delay brings could suggest hypothesis of trans-formation, rehabilitation and re-use, not bound to some precedent dating back to the time of closure, and therefore capable to completely shake up architecture, space and meanings. On the contrary, it is here underlined that the shift from the city for healthcare to the care of the city must focus on the idea that former psychiatric hospitals are a problematic and assorted legacy. VOICES FROM FORMER MENTAL ASYLUMS

(6)

to dei destini degli ex manicomi italiani con quelli di alcune istituzioni europee. I primi, sia pur nelle diversità di impianti architettonici e urbani, luoghi di fondazione e tempi della trasformazione, sono an-cora tutti fortemente segnati e riconoscibili fin nelle singole pietre. Per i secondi, Cettina Lenza, storica dell’architettura responsabile scientifico del PRIN sopra citato, racconta degli ex ospedali di Oxford, Illenau e Lione. Impianti e destini diversi anche per questi: Lione ha mantenuto una destinazione legata alla cura delle malattie mentaIi, Oxford è stato tra-sformato in complesso residenziale e Illenau ospita una molteplicità di funzioni da quelle pubbliche a quelle residenziali e a quelle ludiche, tanto da aver assunto la struttura di un vero quartiere urbano. La memoria immateriale è attentamente preservata, tutti i documenti sono conservati in archivi. L’architettura è riconoscibile nella sua origine tipologica ma oggi pienamente inserita nella contemporaneità. I ‘segni’ del passato si rintracciano in elementi e frammenti come targhe degli ex padiglioni, portali rimontati ne-gli spazi aperti e perfino gadgets, che volutamente sono rimontati e/o riposizionati per ricordare.

In the case of former madhouses, by now urban ghosts, huge black holes in contemporary urban continuum, although we must catch the posi-tive chance to freely face contemporary condi-tions, we mustn’t surrender to oblivion, neither to abandon nor to obliteration. The general reflec-tions about the former psychiatric hospital in Napoli are flanked by one further voice, Maria Pia Amore’s, who reports a thesis project in architec-tural design that has faced the issues of cularchitec-tural heritage and memory proposing hypothesis about new relationships between the Leonardo Bianchi’s and the city.

In conclusion, it is particularly interesting the comparison between the different fortunes of Italian psychiatric hospitals and those of some European institutions. The formers, although dif-fering in their architectural and urban layouts as well as in their locations and times of transforma-tion, are all remarkably featured and recogniz-able as former madhouses, even in the smallest detail. The latters are dealt with by Cettina Lenza, the principal investigator of the above-mentioned PRIN research programme, who tells us sbout the former hospitals in Oxford, Illenau and Lyon.

Also for them there are different layouts and different fortunes: Lyon has kept the use of taking care of the mental ill, Oxford was transformed into a housing complex, and Illenau host different functions, such as residence, public uses, and leisure, and has become a real neighbourhood. Intangible memory is carefully preserved; all papers are kept in archives. The original typology of architecture is still recognizable, but it is fully embedded in the contemporary town. The traces of the past are to be found in elements and frag-ments, such as plaques of the former wards, portals reassembled in open spaces, and even gadgets, which are intentionally reassembled and/or re-placed in order to remind.

Riferimenti

Documenti correlati

Our approach consists of a three-layered model to compare cells in different conditions: the first layer represents the functional similarity of genes (according to the BP domain of

In this study, we investigated heterochely in a population of the freshwater crab, Potamon potamios (Olivier, 1804), family Potamidae, a species distributed in the Sinai, the

Secondo quanto detto dal Dap le Rems di Pisticci (Basilicata), di Pontecorvo (Lazio), di Bologna e Parma (Emilia Romagna) hanno già raggiunto la capienza massima, mentre

− obiettivo fondamentale e strettamente connesso al superamento degli OPG; b) coordinamento tra i macro-bacini regionali e tra i diversi soggetti coinvolti nella

“ergastoli bianchi”. La logica dei fatti dice che non c’è alternativa all’individuazione di strutture miste; se è possibile organizzarle all’interno delle

Il suddetto decreto interministeriale è stato adottato dai Ministri concertanti il IO ottobre 2012 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 189, prevede che limitatamente

L’effetto di tale azione si registra su quelle aree “verdi”, agri- cole o residuali, che costituiscono spesso i margini fra i nuclei densi inclusi nel territorio di studio (Isola

Chirurgia Generale e Specialistica, Chirurgia Generale e Breast Unit, Gastroenterologia, Oculistica, Otorinolaringoiatra, Dipartimento Immagini, Ecografia, Medicina Nucleare,