clinica del bambino preso in esame. In questa fase si possono raccogliere importanti informazioni

CONCLUSIONI

Dai risultati di questo studio possiamo concludere che la WISC-IV risulta essere uno strumento di valutazione cognitiva per i bambini con DDAI più efficace rispetto alla WISC-III. La WISC-IV ci indica infatti un peculiare profilo cognitivo capace di evidenziare i punti di forza e di debolezza nei bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. In accordo con i dati della letteratura, la WISC-IV mostra una capacità discriminativa in grado di evidenziare doti nel ragionamento visivo e verbale, e carenze nelle attività in cui è richiesta una capacità di trattenere, organizzare in memoria le informazioni che successivamente dovranno essere utilizzate e nella velocità del processo di elaborazione.

I nostri dati suggeriscono un implicazione neuropsicologica nei profili con DDAI, sebbene ci siano diversi fattori che possono influire sui profili ottenuti ai test. I processi cognitivi che risultano essere più carenti sono la Working Memory e la Velocità di Elaborazione e i referti ottenuti dalla WISC- IV acquistano un importanza non solo diagnostica ma anche e soprattutto riabilitativa. Infatti una diagnosi anche se bene formulata serve a poco se poi non segue un intervento terapeutico. Quando un clinico progetta un intervento di presa in carico per un bambino con DDAI deve necessariamente personalizzarlo, in base alle caratteristiche del bambino e del contesto familiare e scolastico nel quale è inserito. Un eventuale programma di trattamento deve necessariamente includere la stimolazione delle funzioni neuropsicologiche deficitarie focalizzandosi direttamente sulla Memoria di Lavoro o sulla Velocità di elaborazione o, se primariamente focalizzato su altri obiettivi, deve comunque tener in considerazione del loro livello di funzionamento. In tale direzione l’attenzione empirica si è concentrata maggiormente sulla riabilitazione della Memoria di Lavoro, anche se con risultati molto dibattuti ( Shipstead Hicks Engle, 2012).

Infine da buoni clinici è necessario ricordare sempre della variabilità individuale nel percorso

diagnostico in età evolutiva. Fondamentale è una buona anamnesi in cui si ricostruisce la storia

clinica del bambino preso in esame. In questa fase si possono raccogliere importanti informazioni

da parte dei genitori e degli insegnanti in modo da inquadrare segni e sintomi di funzionamento da

punti di vista differenti. Questi dati ci permettono successivamente di avanzare delle ipotesi

diagnostiche che possono essere riferite a specifiche funzioni cognite sulla base di accreditati

modelli teorici di funzionamento. Sulla base di queste ipotesi vengono scelti i test necessari per

chiarire la natura del disturbo. Per cui al termine dell’iter diagnostico il clinico dovrà interpretare e

integrare i dati a sua disposizione in un quadro coerente che chiarisca i deficit e i punti di forza del

bambino. L’attività clinica è un esercizio paziente di analisi e di ricerca di segni e dei sintomi

necessari a stabilire se siamo in presenza di un particolare problema riconosciuto nella sua

espressività: un problema identificato come specifico disturbo che determina un cattivo

funzionamento della persona inteso prevalentemente come cattivo adattamento al contesto di vita e

fonte di sofferenza (APA,2002).