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Il momento storico in cui ci troviamo è senz'altro di gravissima crisi economica, ma anche e soprattutto sociale.

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Introduzione

Il momento storico in cui ci troviamo è senz'altro di gravissima crisi economica, ma anche e soprattutto sociale.

L'umanità si è abituata a beni che, in larga misura, superavano le personali possibilità economiche. Abituati a stili di vita che non ci appartenevano molto spesso abbiamo vissuto "sopra le righe".

C'è da fare però una piccola considerazione con riguardo a quello che il mondo di oggi sta vivendo.

La grande Recessione a cui siamo soggetti ha indebolito non solo intere nazioni o grandi consumatori, ma anche piccoli consumatori e singole persone fisiche. La situazione per la quale unicamente le imprese di medio grandi dimensioni possano affrontare le difficoltà economiche in forma concorsualistica è un concetto che appartiene oramai al passato.

L'introduzione di una Legge sulla gestione da sovraindebitamento, seppur in ritardo rispetto agli altri paesi di common e civil law, è comunque ben gradita.

Inaspettatamente in questo clima di crisi si è cercato di trovare una soluzione comune.

Non solo quindi la persona giuridica che si trova in difficoltà

economica, non soltanto quindi il soggetto grande impresa, ma il

nucleo familiare, lo stesso singolo soggetto hanno quest'oggi

l'opportunità di affrontare l'ammontare debitorio in una forma

concorsualistica che si slega dal suo contenuto intrinseco e alla stessa

idea di debitore e di creditore. Di conseguenza si perde quella naturale

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identità con cui siamo sempre stati abituati a concepire questi due soggetti.

Andando oltre il concetto privatistico, assistiamo ad un riavvicinamento del diritto civile e del diritto commerciale.

Nel 2005-2006 si assiste ad un periodo di riforme riguardanti la legge fallimentare che pongono la possibilità dell'imprenditore fallibile di giovarsi dell'esdebitazione di cui ai nuovi artt. 142-144 l. fall.

Problematica a cui si assiste è l'ulteriore allontanamento dei due settori civile e commerciale dato proprio dalla creazione dell'istituto di diritto fallimentare che aumenta il divario già presente tra le due discipline. Si assiste quindi alla sperequazione di un intero sistema e allo sbilanciamento di un equilibrio già precario.

A ciò il legislatore ha voluto quindi porre rimedio.

La disciplina del sovraindebitamento viene introdotta in Italia con L.

27 Gennaio 2012, n. 3.

Motivo principale dell'introduzione di questa nuova normativa è ovviamente la crisi economica che si è venuta formando in questi ultimi anni; crisi dovuta a diversi fattori che hanno portato ad una situazione di forte recessione, da alcuni ritenuta persino più grave della Grande Depressione del 1929.

Introduzione fondamentale di questa nuova legge è da rinvenirsi nella possibilità di estendere l'esdebitazione a quei soggetti non rientranti in alcuna delle procedure nella legge fallimentare e finanche ai debitori civili.

Giacchè si era creata una situazione di sperequanzione tra gli stessi debitori commerciali e tra debitori commerciali e civili, si è optato per una estensione dell'istituto dell'esdebitazione verso quei soggetti che non lo prevedessero in disciplina.

La crisi internazionale ci ha mostrato un lato della situazione

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dell'indebitamento che noi non conoscevamo: il sovraindebitamento.

Vedremo più da vicino, e nel corso del presente lavoro, le possibili vie utilizzabili da ciascun tipo di soggetto sovraindebitato, la possibilità di essere ammesso alle procedure da sovraindebitamento, la possibilità di sviluppo interno di ogni procedura ed infine la possibilità di ottenere l'esdebitazione.

Ovviamente l'Italia non è l'unico paese che ha trattato la materia del sovraindebitamento, ma la sua materia è senz'altro – al momento – la più recente.

Avremo quindi modo di toccare diversi temi comprensivi anche di quelle critiche che sono state mosse nei confronti di una legge così tanto recente e forse ancora incompleta.

Nel corso del nostro lavoro ci troveremo ad affrontare la nuova impronta normativa creata dal nostro legislatore. La Legge 27 Gennaio 2012, n.3, ha introdotto nuove e importanti modifiche alla figura del debitore civile e del debitore commerciale ampliando la casistica di applicazione di procedure concorsuali anche rispetto a quei soggetti di fatto esclusi dal novero dell'art. 1, comma 2, Legge Fallimentare.

Avremo modo di vedere l'evoluzione storica della figura dei debitori civili e di quelli commerciali, nonchè l'introduzione, in particolari momenti storici, di istituti come la bancarotta e l'esdebitazione.

Analizzeremo nel dettaglio le situazioni di grave insolvenza del debitore civile e dei debitori commerciali – fallibili e non –, l'attuale modus operandi e i punti di necessaria evoluzione della disciplina.

Tratteremo poi del D. Lgs. 5/2006 che ha posto una serie di riforme alla legge fallimentare e ha determinato una maggior differenza tra le due figure di debitori, civile e commerciale, grazie all'introduzione dell'istituto dell'esdebitazione.

Passeremo poi nel secondo capitolo a trattare quelle che sono

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conosciute come "strategie di prevenzione al sovraindebitamento" e quindi di particolari istituti di derivazione europea per aumentare una responsabilizzazione creditoria attraverso lo studio di diverse scuole di pensiero.

Nel caso in cui dalla strategia di prevenzione non si possano ottenere dei risultati, si potrà passare ad una gestione del sovraindebitamento.

A questo punto introdurremo la nostra Legge 3/2012 come gestione del sovraindebitamento. Lo studio delle procedure ci permettarà di carpire la differenza tra i vari istituti e meccanismi della legge. Passeremo alla fine di questo capitolo alle variazioni apportate dall'articolo 18 D.L.

179/2012.

Il terzo capitolo è orientato allo studio degli istituti comparatistici.

Molti paesi hanno adottato un proprio modello per fronteggiare il sovraindebitamento e tale scelta è riconducibile a due in particolar modo: il modello discharge of indebteness (prevalente negli Stati Uniti e nei paesi di common law); il modello payment plans (prevalente in Europa e maggiormente riconducibile ai modelli francese e tedesco).

Analizzeremo la loro applicazione, le loro differenze e i loro punti deboli.

Avremo poi un quarto capitolo orientato alla conoscenza delle prime sentenze ed applicazioni in Italia. Uno studio analitico su quelli che potremo definire i pro e i contro della nostra legge messi a nudo dalla giurisprudenza che evidenzia i difetti e le incomprensioni – persino letterali – della legge. Ci concentreremo quindi verso un'analisi più critica nei confronti della normativa sul sovraindebitamento.

Infine concluderemo questo nostro percorso con un capitolo incentrato

sulle critiche alla Legge, la possibilità di orientare la gestione anche ad

istituti già presenti nel nostro ordinamento e piccoli spunti per superare

quelle problematiche inerenti la normativa in questione.

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Capitolo I

Insolvenza

SOMMARIO: 1. Evoluzione storica – 2. Insolvenza civile – 3. Insolvenza commerciale – 4. D. Lgs. 9 gennaio 2006, n.5 ed esdebitazione

1. Evoluzione storica

La Grecia antica basava la maggior parte della propria economia sulla schiavitù. Una persona – allora – poteva divenire schiava per i più diversi motivi, tra questi vi era la schiavitù per i debiti contratti.

Il debitore, il più delle volte appartenente al ceto più povero della popolazione, non riusciva a pagare i propri debiti al creditore e diveniva così "ectemore"

1

. La situazione si aggrava con Dracone, Arconte ateniese e fautore del primo codice delle leggi in Grecia (VII secolo a.C).

La legge prevede così dure sanzioni in capo all'inadempiente.

Se il debitore fosse appartenuto ad una classe inferiore a quella del suo creditore, e qualora non avesse adempiuto ai propri oneri, ne sarebbe dovuto divenire automaticamente schiavo; ma se il debitore fosse invece appartenuto ad uno dei ceti più poveri della scala sociale, il suo

1 Nell'antica Grecia era il debitore che si assumeva l'obbligo di corrispondere 1/6 del raccolto al suo creditore, stiamo quindi parlando di contadini poveri o asserviti ad un padrone. Aristotele tratta della loro condizione in un passo, La costituzione degli Ateniesi : "...i poveri erano schiavi dei ricchi, loro stessi e i figli e le mogli. Essi erano chiamati clienti e ectemori: a tale condizioni infatti lavoravano i campi dei ricchi. Tutta la terra era nelle mani di poche famiglie; e i poveri, se non erano in grado di pagare le locazioni, potevano essere ridotti in schiavitù, loro stessi e i figli.."

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creditore lo avrebbe potuto vendere a mercanti stranieri.

L'inadempiente viene visto come una merce di scambio.

La situazione del debitore però cambia con la venuta di Solone. La sua riforma – che prende il nome di Seisàchtheia, letteralmente

"scuotimento dei pesi" – prevedeva la cancellazione dei debiti, degli interessi e di tutte le garanzie.

L'abolizione della schiavitù per debiti fu un importante introduzione per l'epoca nella quale ci troviamo

2

, ma ancora più importante fu l'idea di Solone di prevedere una completa esdebitazione ante litteram tramite un condono che fino ad allora non aveva avuto precedenti.

La prima normativa di diritto civile e penale romana è contenuta nelle Leggi delle XII tavole (V secolo a.C.).

Il debitore nell'antica Roma garantiva i propri debiti tramite la propria persona. Colui che difatti risultava inadempiente e che non pagava i propri debiti poteva essere imprigionato e venduto come schiavo

3

, o addirittura – e letteralmente – fatto a pezzi. Le tavole consentivano difatti al creditore di disporre del debitore come preferiva e se più erano i creditori allora tutti avevano diritto ad un pezzo del debitore

4

. La plebe però, prostrata dal susseguirsi di questo "macabro rituale"

5

,

2 Cfr. L. Ghia, L'esdebitazione. Evoluzione storica, profili sostanziali, procedurali e comparatistici. Wolters Kluwer, Italia, 2008, pp. 17-19.

3 http://www.sciretti.it/XII%20TAVOLE.pdf, "Post deinde manus iniectio esto. In ius ducito. Ni iudicatum facit aut quis endo eo in iure vindicit, secum ducito, vincito aut nervo aut compedibus XV pondo, ne maiore aut si volet minore vincito. Si volet suo vivito, ni suo vivit, qui eum vinctum habebit, libras faris endo dies dato. Si volet, plus dato."

"Dopo ciò, il creditore può mettergli le mani addosso e trascinarlo in giudizio. Se il debitore non paga la condanna e nessuno garantisce per lui, il creditore può portare via con sé il convenuto in catene. Lo può legare con pesi di almeno 15 libbre. Il debitore può sfamarsi come desidera. Se egli non riesce a sfamarsi da solo, il creditore deve dargli una libbra di grano al giorno. Se vuole può dargliene di più ".

4 http://www.sciretti.it/XII%20TAVOLE.pdf, "Tertiis nundinis partis secanto. Si plus minusve secuerunt, se fraude esto."

"Al terzo giorno di mercato, (i creditori) possono tagliare i pezzi. Se prendono più di quanto gli spetti, non sarà un illecito ".

5 Cfr. Www.mauriziocalo.org, Appunti storici sull'insolvenza ed i suoi effetti, da Storia e Storie – Gennaio/Marzo 99, p. 71.

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grazie ad una sommossa popolare – la secessione del Monte Sacro (o anche dell'Aventino) – costringe il legislatore romano ad introdurre una normativa al riguardo. La Lex Poetelia Papiria (326 a.C.) cambia radicalmente il modo di considerare il debitore che non può più garantire il proprio debito tramite la propria persona – e a rischio della propria libertà o persino della propria vita – ma solo tramite il proprio patrimonio, introducendo gli istituti della missio in possessionem

6

e della bonorum venditio

7

.

Nel 17 a.C. si introdusse una Lex Iulia de cessione bonorum per la quale il debitore cedeva volontariamente i propri beni affinchè i creditori potessero soddisfarsi

8

(una prima e arcaica liquidazione patrimoniale).

Nel corso del Medioevo in molte città, il debitore insolvente era soggetto allo scherno dei propri concittadini dovendo indossare un berretto di colore verde, o di forma particolare, che contraddistingueva il reato di cui il debitore si era macchiato

9

. E' in questo periodo, con l'apertura dei mercati verso oriente e la creazione di nuovi istituti, che si da origine al fallimento come "procedura separata dalle altre giurisdizioni"

10

.

6 Www.brocardi.it Letteralmente: "Immissione nel possesso di singoli beni". Nel diritto romano, con la missio in possessionem il giudice immetteva un determinato soggetto nella detenzione o anche nel possesso di un complesso di beni, con poteri di controllo, di amministrazione e di disposizione, al fine di costringere il proprietario dei beni stessi a tenere un certo comportamento oppure a scopo meramente cautelare.

7 https://it.wikipedia.org/wiki/Bonorum_venditio: "istituto del diritto romano, è il nome dato all'intera procedura di vendita dei beni di un debitore al cosiddetto bonòrum émptor, compratore dei beni, che si assumeva l'obbligo del pagamento dei debiti ai creditori. Con la mìssio in bòna i creditori (istanti , ma anche successivi), con decreto del magistrato, sono immessi nel possesso dei beni del debitore e, uno dei creditori è nominato dal pretore curàtor bonòrum, e ha il compito di provvedere alla custodia dei beni nel comune interesse dei creditori".

8 Cfr. V. Arangio Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Napoli, Jovene, XIV edizione, 1998, pp.112-114.

9 Cfr. B. Degli Ubaldi, Opera omnia super varias partes iuris romani, editio Venetiis MDXCV Consiliorum, vol. V, cons. 399, nu. 3: "falliti sunt infami et infamissimi, et more antiquissimae legis deberent tradi creditoribus laniandi .. nec excusantur ob adversam fortunam; est decoctor, ergo fraudator ".

10 Cfr. G. Matteucci , Insolvenza e negoziazione in Italia : uno sguardo al passato

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Il fallito è considerato alla stregua di un ladro e come tale soggetto non solo alla normale procedura espropriativa e risarcitoria, ma anche ad un vero e proprio procedimento penale. Il reoinadempiente poteva così essere condannato tramite istituti quali: "la cessio bonorum, la multa, il confino, la prigionia per debiti, il bando , fino alla tortura nel caso di recidiva (Capitula Mercatorum di Lucca del 1300) o alla morte (Statuto dei Mercanti di Bologna)"

11

.

Oltre alle normali procedure penali previste, il debitore inadempiente poteva essere soggetto a diffamazioni ed offese mediante scritte sulle mura di casa propria. A questa forma di "pubblicità" si andò via via sostituendo un'altra di tipo più amministrativo: l'iscrizione in apposito albo

12

. Nonostante si fosse andato perdendo l'uso di scrivere diffamazioni sulle mura di casa, l'iscrizione non si palesava di certo come situazione meno degradante.

Il debitore fallito non poteva neppure aprire un conto bancario o dare inizio ad una nuova attività, la rimmissione nel circuito economico era de facto esclusa.

La situazione di emarginazione del debitore si protrae – quantomeno in Italia – fino al 2006 finchè, con la soppressione dell'albo dei falliti, la situazione del debitore fallito viene così inserita nel Registro delle imprese.

Interessante, quantomeno dal punto di vista linguistico, è la creazione della bancarotta – bankruptcy – letteralmente "rottura del banco".

Quando un mercante diveniva inadempiente era d'uso la rottura del banco dove il debitore fino a quel giorno aveva esercitato la propria attività.

Spostandoci di qualche secolo, nel 1500 viene introdotto il concordato,

per comprendere il presente e, forse, prevedere un po’ del futuro, 2012, p.3.

11 Cfr. G. Matteucci , Insolvenza e negoziazione in Italia : uno sguardo al passato per comprendere il presente e, forse, prevedere un po’ del futuro, 2012, p.3.

12 Cfr. U. Santarelli, Disposizioni generali della dichiarazione di fallimento : Art.1- 22, Zanichelli, 1974.

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figura transattiva di particolare rilievo che vige ancora oggi, e che prevede il consenso espresso della maggioranza dei creditori ad un pianificazione del pagamento dei propri debiti. Conseguentemente a ciò veniva rilasciato al debitore, nel frattempo espatriato, il salvacondotto così da permettergli di tornare incolume in patria e poter adempiere ai propri debiti.

Restando sempre nel XVI secolo, William Shakespeare pone l'interesse sulla figura del debitore, che dopo aver contratto un prestito e posto come garanzia la sua persona, non riesce ad adempiere alle scadenze prestabilite

13

.

Le cose non cambieranno fino alla Rivoluzione Francese e se il medioevo rappresenta il momento di nascita del fallimento, il XIX secolo rappresenta senz'altro l'epoca in cui si vengono a formare le due tipologie di insolvenze

14

– l'una civile, l'altra commerciale – che caratterizzano ancora oggi la nostra tradizione giuridica.

In Italia è con la formazione di due distinti codici – Codice Civile (1866) e Codice del Commercio (1882) – che si istituiscono due distinte classi di insolventi: da una parte coloro che non esercitavano attività commerciali, dall'altra coloro che invece esercitavano tali attività, ovverosia la borghesia commerciale. Tale distinzione non è di poco conto perchè è proprio nel periodo fascista – con il Codice Civile introdotto con R.D. 16 Marzo 1942, n.262 e la Legge Fallimentare introdotta anch'essa con R.D. 16 Marzo 1942, n.267 – che il divario tra le due insolvenze aumenta e si assiste ad una profonda differenza tra il debitore civile e il debitore commerciale.

13 Cfr. W. Shakespeare," La penale sarà una libbra esatta / di carne, della vostra bella carne, / da asportarvi dal corpo di mia mano / dalla parte che più vi piacerà", Il Mercante di Venezia.

14 Nel Codice del Commercio del 1882 si parla di "illiquidità" come forma di dissesto patrimoniale del debitore, grave e conclamato.

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2. Insolvenza civile

Per poter trattare l'insolvenza bisognerebbe sapere prima cos'è l'insolvenza. Problema di fondo è che essa, "non dà luogo, nella nostra legge civile, ad un istituto speciale, che ne stabilisca la nozione, ne fissi i criteri per determinarla, ne organizzi una valida difesa per premunirsene, ma è la risultante di disposizioni sparse nel codice civile, che ne fa menzione disciplinando solo taluni effetti senza nemmeno una disposizione che accenni al suo contenuto intrinseco"

15

.

Prima di passare a trattare della questione del sovraindebitamento – che da fenomeno sociologico approda anche a fenomeno giuridico – introdotto con L. 3/2012 –, sarebbe opportuno cercare di individuare quelle disposizioni che fanno menzione – diretta o indiretta – all'insolvenza.

Già nel codice civile del 1865 si fa un chiaro riferimento sia all'insolvenza che al fallimento – artt. 1469 (in tema di vendita), 1786 (in tema di rendita perpetua) e 1919 (in tema di fideiussione – anche se si desumeva la non coincidenza dei due termini, stante il medesimo risultato si riferivano a tipologie di debitori differenti, l'uno civile e l'altro commerciale. Difatti mentre nel codice civile il richiamo era diretto tramite la norma, nel diritto commerciale

16

non esisteva una norma che esplicasse il caso di insolvenza, riconducendo la casistica dell'inadempienza debitoria a presupposto oggettivo per la dichiarazione di fallimento

17

.

L'approvazione del nuovo codice civile del 1942 e la creazione di un'unica normativa sia per atti civili che commerciali, non risolve il

15 Cfr. V. P. De Vicentiis, Insolvenza colpevole, in Digesto it., XIII, Torino, 1902- 1906, p.1202

16 Art. 683 Codice di Commercio.

17 Cfr. M. Bocchiola, La nozione di "insolvenza" nell'art. 1186 c.c., in Rivista di diritto civile, 1978, I, p. 207

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problema ma anzi lo accentua. Innanzitutto, nonostante l'unione delle discipline in un unico codice, permane un grado di differenziazione dato dalla creazione della Legge Fallimentare che si occupa del fallimento e degli imprenditori commerciali; inoltre sia la normativa civilistica che quella fallimentare non danno una vera e propria definizione di insolvenza.

L'insolvenza del codice civile viene determinata indirettamente attraverso il semplice ricorso alla situazione di "mutamento patrimoniale del debitore tale da mettere in pericolo il conseguimento della prestazione nei confronti del creditore"

18

. A tale proposito bisogna distinguere i casi di insolvenza dai casi di insolvibilità propri del codice civile; da un lato troviamo situazioni per le quali c'è il pericolo che il soggetto non potrà adempiere – e tali in tal senso sono gli artt. 1186, 1461, 1626, 1833, 1868 e 1943 –; dall'altro situazioni per le quali il soggetto non potrà sicuramente adempiere per totale mancanza di patrimonio – e in tal caso abbiamo gli artt. 1274, 1299, 1313 e 1954

19

. Neppure la Legge Fallimentare è chiarificatrice in tal senso. L'unica norma che ci può fornire un minimo chiarimento su come si manifesti l'insolvenza, ma non su cosa essa sia è l'art. 5 L.F.:

"con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni".

Una delle situazioni che portano ad un più generale stato di insolvenza è il continuo perdurare di inadempimenti – contrattuali o extracontrattuali – cui il debitore è soggetto. Se costui non riesce ad adempiere alle sue obbligazioni – o anche ad una sola obbligazione purchè la situazione vada ad incidere sull'intera sfera patrimoniale del soggetto – si può manifestare lo stato di decozione

20

. Il debitore si

18 Art. 1461 c.c.

19 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento, Torino, 2012, p. 3 20 Wikipedia: "Lo stato di decozione, a differenza del semplice inadempimento, si

riferisce, non ad una singola obbligazione, bensì a tutta la situazione patrimoniale,

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trova a dover far fronte all'interesse del creditore e sull'affidamento di questo alle garanzie patrimoniali dell'inadempiente.

La mancanza di questa primaria garanzia porta immancabilmente il creditore nell'ottica di una intromissione nella sfera giuridica privata del proprio debitore cercando, come e quanto più gli è possibile, quella soddisfazione che anela. Si rinviene che l'intromissione nella sfera giuridica altrui da parte del creditore crea una possibile situazione di disagio per il debitore che si troverà a dover affrontare continue e ripetute intromissioni ed espropriazioni dei propri beni fino all'esecuzione integrale dell'ultimo debito. Stante l'interesse creditorio si capisce bene come sia mortificante per il soggetto passivo la continua violenza della propria sfera giuridica, senza contare che con quel "continue e ripetute intromissioni" si intende proprio la situazione riportata dall'art. 2740 c.c.

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per la quale il debitore può permanere in questo stato di morosità per tutto il resto della sua vita.

Nell'ottica del ripristino della propria condizione patrimoniale, il creditore dovrà, per tutto il tempo intercorrente tra la manifestazione del dissesto debitorio e il definitivo adempimento, monitorare la situazione del debitore e nel caso sollecitarlo nell'adempimento così da porre rimedio alla lesione patrimoniale.

L'insolvenza del codice civile, diversamente da quella fallimentare, tende a premiare il creditore che per primo si sia accorto della situazione di difficoltà del debitore. Costui agendo in giudizio per l'adempimento dei propri crediti e richiedendo l'esecuzione forzata avrà un diritto di soddisfarsi prima rispetto ai beni del debitore e il suo soddisfacimento potrà essere integrale. Il soddisfacimento del creditore che ha agito in giudizio potrebbe di fatto escludere il soddisfacimento

economica e finanziaria del debitore, risolvendosi in una situazione di impotenza economica e funzionale, non transitoria ed irreversibile"

21 "Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge".

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degli altri creditori che verrebbero de facto lasciati al rischio di infruttuose esecuzioni nella speranza di un adempimento che potrebbe non esserci.

Possiamo comunque trarre una prima conclusione ovvero che l'insolvenza "esprime la sua essenza nel deterioramento della garanzia patrimoniale"

22

.

3. Insolvenza commerciale

Conclusa l'insolvenza del debitore civile e la relativa disciplina codicistica, passiamo adesso all'altra insolvenza che ci interessa ovvero quella del debitore di diritto commerciale. L'aggregazione della materia civile con la materia commerciale e l'introduzione della legge fallimentare non hanno di certo facilitato il compito del giurista. Come si evince fin dal primo articolo della L.F. si fa una distinzione tra debitore commerciale fallibile e debitore commerciale non fallibile, una differenza che colora di nuovo impianto normativo il diritto sancendo la fondamentale differenza per la quale non tutti gli imprenditori possono far ricorso al fallimento. A detta di ciò il legislatore del 1942 aveva stabilito dei requisiti, soggettivi ed oggettivi, per poter individuare il debitore commerciale fallibile. La formazione dell'art. 1, 2° comma, L.F. affronta una riforma di sistema che lo porterà nel 2006 alla sua modificazione, ma se da un lato si assiste alla maggior definizione delle caratteristiche di riconoscibilità del soggetto fallibile, dall'altro si assiste alla graduale perdita di estensione che caratterizzava la norma. Il passaggio è soggettivo e dal primo contenuto astrattivo, in cui era il giudice l'unico a poter decidere riguardo l'ammissione del soggetto alla procedura fallimentare, si

22 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento, Torino, 2012, p.7.

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passa alla specificazione dell'usufruente della norma. A differenza della precedente stesura, il nuovo articolo pone qualità imprenscindibili che il giudice è tenuto ad accertare prima di pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento.

Venendo ai limiti soggettivi, sono fallibili i soggetti esercenti attività commerciale in imprese di medio-grandi dimensioni

23

, esclusi gli enti pubblici. Restano quindi escluse dalla disciplina del fallimento, oltre alle imprese pubbliche, quelle non commerciali, come ad esempio le imprese agricole.

Prima di poter dichiarare il fallimento il giudice deve valutare che sia presente anche un presupposto oggettivo ovvero che il debitore si trovi in stato di insolvenza. L'accertamento dello stato d'insolvenza di cui all'art. 5 della legge fallimentare necessita di accertare quattro elementi:

a) la sussistenza di inadempimenti e altre situazioni endemiche all'insolvenza;

b) le esteriorizzazioni delle situazioni di cui al punto precedente;

c) la dimostrazione che l'imprenditore non sia più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni;

d) la situazione di irreversibilità (connotato necessario dell'insolvenza).

La situazione di insolvenza del debitore commerciale, non è di facile analisi. Diversamente dal debitore civile, nel diritto commerciale si tende ad isolare il debitore secondo uno schema punitivo, residuo di un diritto proveniente da epoche precedenti.

L'insolvenza del debitore commerciale è una situazione difficile da valutare, in quanto potrebbe accadere che l'imprenditore non si trovi esattamente in un momento di difficoltà patrimoniale ma che tale fase

23 I limiti dimensionali sono stabiliti dall'art. 2083 del codice civile e dalle lettere a) b) e c), 2°comma, dell'art. 1 Legge Fallimentare.

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sia data dalla mancanza di liquidità nel patrimonio debitorio.

Il momento che precede nell'immediato la sentenza di fallimento potrebbe non essere un momento di totale mancanza di beni, ma un momento in cui la smobilizzazione di tali beni risulti più difficile:

"Un imprenditore ha patrimonio pari a 100 e debiti per 50 e l'attivo è costituito esclusivamente da immobilizzazioni immateriali non facilmente liquidabili. Quel soggetto fallirà se è possibile formulare nei suoi confronti un giudizio prognostico di illiquidità: ma non è insolvente dal punto di vista civilistico, perchè ha beni largamente sufficienti a soddisfare i suoi debitori"

24

.

"L'indebitamento dell'imprenditore, però, non è eccezionale ma fisiologico"

25

.

L'imprenditore per poter avviare e poi per poter proseguire la propria attività ha bisogno innanzitutto di capitale che gli viene fornito dai creditori. L'indebitamento si palesa così come normale svolgimento degli affari di debitore e creditore, l'uno si indebita per proseguire l'attività dell'azienda, l'altro – o gli altri – investe una parte del proprio capitale al fine di ottenere maggiori utili. I creditori difatti assumono la veste di fornitori di capitali di rischio essendo tuttavia privi della qualifica di soci – e dei relativi diritti – mentre il debitore realizzerà un guadagno nella differenza tra il costo del denaro e il rendimento atteso dalla vendita del proprio prodotto secondo il meccanismo dell'effetto leva del debito (leverage).

Non possiamo quindi definire l'indebitamento come una patologia nel rapporto debitore-creditore ma come normale relazione tra imprenditore e sovvenzionatore volta al finanziamento dell'impresa per il continuo svolgimento dell'attività.

24 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento, Torino, 2012, p. 8 25 Cfr. E. Pellecchia, op. cit. , p. 8

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Diversamente dalla disciplina civilistica, il debitore non si trova in una situazione di reale e totale svantaggio. La possibilità di entrare nella procedura fallimentare ha sì il suo punto d'incontro con una disciplina punitiva, ma è anche punto di incontro verso la realizzazione di ciò che un debitore, che si trovi in questo stato, desidera: la liberazione dei propri debiti.

La natura squisitamente concorsuale del fallimento pone l'accento sul soddisfacimento creditizio. Non vi sarà come nel codice civile un

"premio" per il creditore più veloce nell'accorgersi del dissesto debitorio, ma una situazione di sostanziale equipollenza.

Il debitore dovrà così, tramite la redazione di un piano da parte di un curatore fallimentare, cercare di soddisfare creditori prededucibili e impignorabili e gli altri creditori in misura uguale, secondo una percentuale.

Il concorso rende da un certo punto di vista più sostenibile da parte del debitore una situazione che altrimenti lo avrebbe sopraffatto. La natura del fallimento, o per meglio dire, la natura del nuovo fallimento è la possibile reintroduzione all'interno del circuito economico del debitore senza intaccare la sua dignità, come avviene invece nel sistema civilistico.

L'analisi di fondo del sistema fallimentare ci permette di carpire la reale differenza tra debitore commerciale fallibile e non fallibile.

La mancanza di una procedura adatta per il soggetto che non possiede i requisiti di cui all'art. 1, 2° comma, L.F. rende questo soggetto, all'interno del nostro ordinamento, meno tutelato rispetto al debitore fallibile.

Il legislatore ha posto una discrasia di sistema che determina una

rottura nella figura del debitore commerciale. Il debitore commerciale

non soggetto a nessuna delle procedure della Legge Fallimentare

(17)

nonostante eserciti attività di impresa non può essere dichiarato fallito e conseguentemente beneficiare degli istituti ivi previsti.

Il problema si accentua con l'introduzione del termine crisi.

Contrariamente all'insolvenza, che rappresenta una situazione di impotenza economica e funzionale, non transitoria ed irreversibile, la crisi rappresenta un momento di default temporaneo dell'impresa. Il problema può dirsi risolto se associamo la crisi a quelle situazioni in cui si cerca di ripristinare l'attività imprenditoriale – come può essere un concordato preventivo – oppure l'insolvenza a quella situazione in cui non è possibile ripristinare ma è possibile reintrodursi nel mercato attraverso procedure come il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa.

Infine, come se le differenze non bastassero, il legislatore ha introdotto l'istituto dell'esdebitazione – D. Lgs. 9 gennaio 2006, n.5 – che ha accentuato quella rottura di sistema incrinando ulteriormente la figura del debitore commerciale e creando un profondo divario tra il debitore fallibile e il debitore non fallibile.

4. D. Lgs. 9 gennaio 2006, n.5 ed esdebitazione

Possiamo passare adesso al quadro normativo introdotto dal D. Lgs 9 gennaio 2006, n.5.

Come già accennato nel precedente paragrafo, la nuova disciplina pone importantissime modifiche del settore fallimentare e di risoluzione del dissesto patrimoniale dell'impresa.

Innanzitutto abolisce l'istituto dell'Amministrazione controllata.

Motivo principale è il fatto che già nel 1979 con la legge numero 95 si

introdusse l'Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in

stato d'insolvenza e che poi nel 2003 con Decreto Legge n. 347

(18)

(convertito successivamente con L. 39/2004) si istituì una Amministrazione straordinaria accellerata (per imprese più grandi) costituita appositamente per il dissesto patrimoniale che vide protagonista della scena italiana un'impresa di grandi dimensioni

26

. A parte il cambiamento dei requisiti di ammissibilità del fallimento, di cui all'art. 1, comma 2, legge fallimentare, delle quali abbiamo già avuto modo di trattare in precedenza, il Decreto del 2006 cambia la prospettiva fallimentare.

Il legislatore intende, in questo suo percorso di ridefinizione del debitore commerciale, reintrodurre il soggetto all'interno del circuito economico e farlo nel minor tempo possibile. Il fallito infatti non viene più iscritto nell'Albo dei falliti – pictura ad perpetuam eius infamiam

27

– che consisteva nel declassamento del soggetto che non poteva nè costituire nuova attività commerciale, nè aprire un nuovo conto bancario. Marchiato come quel fraudator di "Baldiana" memoria, il fallito era visto come reietto nella nostra società.

La vera novità apportata dal decreto del 2006 è però un'altra:

l'esdebitazione. Il nuovo istituto concede al debitore la possibilità, alla fine della procedura fallimentare, di ottenere la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali

28

non interamente soddisfatti, a condizione che costui sia considerato meritevole e che non abbia agito con comportamenti fraudolenti verso i propri creditori, ma anzi che abbia collaborato con gli organi della procedura

26 Si ricorda il caso Parmalat. Nel 2003 si scoprì un tentativo, ben riuscito di

"bancarotta fraudolenta" e "aggiottaggio" perpetrato soprattutto nei confronti dei propri creditori, molti dei quali non furono mai risarciti integralmente.

27 Cfr. U. Santarelli, Disposizioni generali della dichiarazione di fallimento: Art. 1- 22, 1974 ; G. Cottino, Introduzione al trattato, Tr.. Cottino, I, 2001

28 Cfr. S. Ronco, La liberazione del fallito dai debiti residui: su taluni profili problematici dell'istituto dell'esdebitazione, Rivista di Diritto Privato, 4/2013. "Si è in presenza di una eccezione a quel principio generale del nostro ordinamento secondo cui il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri (art.2740)".

(19)

appositamente preposti.

L'articolo di riferimento è il 142 della legge fallimentare sostituito con art. 128 D. Lgs. 9 gennaio 2006, n.5 che sopprime la riabilitazione e istituisce l'esdebitazione.

Il soggetto che può beneficiare dell'esdebitazione è il fallito persona fisica, escludendo pertanto le società e le persone giuridiche fallite.

Si pongono in questo caso due problemi interpretativi: il primo è se i soci illimitatamente responsabili di società di persone fallita possano godere dell'esdebitazione. Il Tribunale di Udine con decisione del 13 gennaio 2012, soffermandosi sulle parole dell'art. 142 L.F.

29

, propende per la soluzione positiva. Infatti se il legislatore avesse veramente inteso come unico beneficiario dell'esdebitazione la singola persona fisica esercente attività commerciale, avrebbe riportato sul testo all'"imprenditore dichiarato fallito" e non al "fallito persona fisica". Si può pertanto intendere che il socio illimitatamente responsabile, benchè faccia parte del corpus giuridico della società fallita e benchè agisca per essa, debba essere innanzitutto considerato singola persona fisica e come tale beneficiaria dell'istituto dell'esdebitazione.

Il secondo problema è inerente la questione dei limiti che il socio di società di persone fallita incontra nella propria esdebitazione.

Sappiamo che nel caso dell'esdebitazione aver pagato una parte dei propri debiti "libera" il debitore dai debiti residui. Tale pagamento è da intendersi tanto ai singoli creditori quanto alle classi di creditori o a catergorie di creditori. L'aver quindi, come nel caso del Tribunale di Udine, pagato solo in parte la categoria dei creditori personali, e per nulla quella dei creditori sociali, dà la possibilità al soggetto di essere esdebitato.

A soluzione contraria perviene il Tribunale di Mantova. Giacchè i creditori concepiti come concorsuali dall'art 142, 2° comma, L.F. sono

29 "Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.."

(20)

da intendersi i creditori della società : "posto che il fallimento del socio è solo conseguenza del fallimento dell'ente e quindi il beneficio può concedersi a fronte del pagamento almeno in parte di quei debiti che nel fallimento sono stati la causa, senza che assuma significatività il soddisfo, in tutto o in parte, dei creditori particolari del socio"

30

.

A questo punto merita soffermarci su quelli che sono i presupposti soggettivi positivi perchè si possa applicare l'istituto dell'esdebitazione.

Si rende innanzitutto necessario che il fallito:

1) abbia cooperato con gli organi della procedura;

2) non abbia ritardato o contribuito a ritardate lo svolgimento della procedura;

3) non abbia violato le disposizioni di cui all'art. 48 L.F., riguardante l'obbligo di consegna al curatore della corrispondenza inerente i rapporti relativi al fallimento;

4) non abbia beneficiato di altra esdebitazine nei 10 anni precedenti la richiesta;

5) non si sia reso autore di una delle seguenti attività fraudolente : distrazione dell'attivo; esposizione di passività insussistenti;

cauzione o aggravamento del dissesto, che abbia reso gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; ricordo abusivo al credito;

6) non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.

La domanda di esdebitazione dovrà essere presentata dal fallito tramite

30 Cfr. S. Ronco, La liberazione del fallito dai debiti residui : su taluni profili problematici dell'istituto dell'esdebitazione, Rivista di Diritto Privato, 4/2013

(21)

ricorso presentato al Tribunale

31

competente e potrà farlo solo in due momenti ben precisi:

nel decreto a chiusura del fallimento;

oppure, dopo il decreto di chiusura del fallimento, ma comunque entro un anno dallo stesso

32

.

Legittimati passivi sono i creditori del fallito distiguibili in :

creditori che hanno partecipato al fallimento (creditori concorsuali) che non possono più agire individualmente nei confronti del fallito per il credito rimasto insoddisfatto;

creditori che vantano un credito anteriore alla procedura di fallimento ma che non hanno presentato domanda di insinuazione nel fallimento. Costoro potranno agire individualmente nei confronti del fallito ma solo per la parte attribuita in concorso ai creditori che hanno pari grado

33

Al 3° comma dell'art. 142 L.F. si enucleano quei debiti del fallito che debbono essere soddisfatti integralmente e non sono soggetti ad

31 Cfr. Sezioni Unite Corte di Cassazione, Sentenza 18 Novembre 2011, n. 24215,

"sarà dunque compito del giudice del merito con il suo prudente apprezzamento accertare quando la consistenza dei riparti realizzati consenta di affermare che l'entità dei versamenti effettuati, valutati comparativamente rispetto a quanto complessivamente dovuto, costituisca quella parzialità dei pagamenti richiesta per il riconoscimento del beneficio sul quale vi è controversia"

32 Bisogna sottolineare che la Corte Costituzionale, con sentenza 30 Maggio 2008, n.181, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' art. 143 L.F. nella parte in cui il debitore, un anno dopo esser stato dichiarato fallito, attivi per sua istanza il procedimento di liberazione dei debiti residui senza notificare, secondo le forme previste dall'art. 137 ss. c.p.c. ai creditori concorrenti non integralmente soddisfatti, tale ricorso per l'ammissione al beneficio di esdebitazione nonchè il decreto col quale il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio. Tale decisione ha posto il proprio fondamento nell'art. 24 Cost. perchè la normativa di riferimento era in contrasto con il diritto di agire in giudizio di cui al citato articolo.

33 Sappiamo che nel fallimento, così come poi andremo a vedere nelle procedure di sovraindebitamento, c'è la possibilità di suddividere i creditori in più classi.

Motivo di ciò è il soddisfacimento anticipato di quei creditori che posseggono un titolo "più forte" rispetto ad altri creditori.

(22)

esdebitazione :

a) gli obblighi di mantenimento ed alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa;

b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonchè le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

La natura dell'esdebitazione pone un grande divario non solo tra il debitore commerciale ed il debitore civile ma anche tra le stesse categorie di debitori commerciali.

La possibiltà per alcuni di essi non solo di essere reintrodotti nel mercato, ma di ottenere anche una liberazione dei debiti residui ha fatto sorgere non pochi problemi dal punto di vista costituzionale.

Il legislatore ha così premiato una categoria di soggetti

dell'ordinamento senza prendere in considerazione gli altri debitori

appartenenti a diversa categoria e andando in tal modo ad accentuare

una già assodata discrasia del sistema.

(23)

Capitolo II

Il Sovraindebitamento

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Paternalismo, antipaternalismo e spinta gentile – 3. Passaggio di testimone tra Responsible Lending e Responsible Borrowing – 4. Una normativa ancora tutta da attuare – 5. La Legge 27 Gennaio 2012, n. 3: introduzione al sovraindebitamento – 5.1. Le tipologie di sovraindebitamento – 6. Il sovraindebitamento – 6.1. La procedura:

Accordo di ristrutturazione – 6.2. (Segue) Piano del consumatore – 6.3.

(Segue) Liquidazione patrimoniale – 7. L'esdebitazione – 8. L'Organismo di Composizione della Crisi (O.C.C.) – 9. Art. 18 D.L. 179/2012

1. Premessa

La disciplina del sovraindebitamento è un istituto di nuova formazione

che pone rimedi ad una serie di lacune del nostro ordinamento. Il

legislatore ha voluto mettersi al passo con i tempi, forse in ritardo

rispetto ad altri ordinamenti di civil e di common law, ma comunque

cercando di porre rimedio anche alle situazioni di divergenza del

sistema che abbiamo già avuto modo di trattare nel capitolo

precedente. Invero il sovraindebitamento colma una mancanza della

disciplina commerciale e della disciplina civile andando a creare – ed

anche ad estendere – istituti che avremmo potuto classificare, non a

torto, di Diritto Fallimentare. La possibilità di costruire un nuovo

sistema che segue la procedura concorsualistica ha senz'altro la forza e

(24)

la predisposizione per parificare all'interno dell'ordinamento i diversi soggetti debitori. La rivoluzione culturale, oltrechè giuridica, ha voluto porre rimedio all'esclusione del debitore civile da una disciplina necessaria soprattutto in un periodo di crisi globale come quella che stiamo attraversando.

E' opportuno capire quali siano le cause che hanno portato a questo dissesto economico e che hanno facilitato in Italia l'introduzione di una normativa sul sovraindebitamento.

Le cause sono da ricercare in una "maggiore facilità di accesso al credito, in una deregolamentazione di settore e la possibilità di falle nella rete di sicurezza sociale"

34

.

Abbiamo assistito ad un attacco, da parte di soggetti creditizi forti nel nostro ordinamento – perlopiù banche – verso soggetti più deboli con bassi redditi o già indebitati. L'accesso al credito verso soggetti che prima non sarebbero mai stati ammessi ha innescato un effetto a catena di crollo dell'economia e l'aver usato – o forse troppo spesso abusato – quel credito predatorio, garantendo il debito solo tramite la vendita della casa di proprietà, hanno portato alla crisi attuale partita dagli Stati Uniti con il fenomeno dei Mutui Subprime

35

. Schiacciati dalla morsa del progresso e dal desiderio di profitto non ci siamo resi conto della crisi finchè questa non ci ha coinvolto. I subprime hanno così dato inizio ad un periodo di grande recessione – da molti definita peggiore della Grande Depressione del 1929 – che permea tuttora la nostra

34 E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento : interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti, Giappichelli editore, Torino, 2012, p.11.

35 La Crisi dei Mutui Subprime scoppia nel 2006 raggiungendo l'apice intorno al 2008. Finanziare soggetti più deboli – generalmente tali soggetti erano donne e membri delle comunità afroamericane – senza ottenere la restituzione del prestito fece crollare l'economia americana e da lì a poco quella globale. Per mutui subprime si intendono quei mutui costituiti nei confronti di quei soggetti che non possono permettersi di accedere a tassi d'interesse di mercato perchè hanno avuto problemi in precedenza. Esistono altre finanziarizzazioni oltre i mutui subprime : prestiti d'auto subprime, carte di credito subprime. Il prefisso sub indica che il soggetto accetta il finanziamento a condizioni inferiori. I mutui subprime diventano quindi un pericolo sia per il creditore che per il debitore.

(25)

economia.

2. Paternalismo, antipaternalismo e spinta gentile

Questa paradossale organizzazione dell'accesso al credito può essere vista come un fenomeno che cerca di interagire con gli strati più poveri della popolazione e che cerca di coinvolgere anch'essi nel circuito economico, ma in realtà è solo una facciata. Sfruttare i ceti più poveri e con un profilo culturale – quantomeno dal punto di vista economico – più basso ha come scopo una "redistribuzione della ricchezza verso il ceto più ricco della popolazione"

36

.

Tra le cause che hanno portato alla crisi troviamo senz'altro questo uso sproporzionato di concessione del credito, ma ci sono anche altri fattori come la perdita del lavoro, un possibile divorzio, una malattia, la diminuzione della quota di denaro destinata al risparmio, un forte indebitamento, il fenomeno dei working poors

37

: tutti fattori che se non hanno scatenato una crisi del settore economico-familiare l'hanno sicuramente incrementata.

E' opportuno a questo punto trattare circa la divisione tra dottrina paternalista e dottrina autonomista. La prima ritiene che i soggetti debbano essere protetti e che quindi ci debba essere una privazione dell'autonomia privata per la salvaguardia degli stessi, come avviene in un modello welfare state; la seconda invece asserisce che il soggetto sia libero di fare le proprie scelte e che non debba esserci privazione di

36 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento: interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti, Giappichelli editore, Torino, 2012, p. 14.

37 Sono quei soggetti che lavorano ma vivono in condizioni di forte precarietà come donne e laureati che si trovano ad accettare lavori per i quali non sono qualificati.

Cfr. M. Franzini, Ricchi e poveri. L'italia e le disuguaglianze (in)accettabili, Università Bocconi Editore, 2010.

(26)

questa autonomia, come avviene nel modello liberal state

38

.

Tra le due forme, paternalismo ed autonomismo, si è venuta creando una dottrina intermedia chiamata paternalismo-libertario. Questa nuova forma di paternalismo viene mitigata e non imposta dall'alto, ma anzi cerca di riequilibrare la situazione lasciando liberi i soggetti di fare le proprie scelte apportando solo piccoli cambiamenti. Il nuovo modello si basa sull'uso di una tecnica conosciuta come spinta gentile

39

.

L'uso di misure che non costringono ad un comportamento ma consigliano, misure miti e non troppo invasive, incoraggiamento e non imposizione. A sostegno di questa innovativa tecnica troviamo la

"Behavioural economics"

40

. Quest'ultima contrasta un fondamento del diritto economico secondo il quale l'uomo è un soggetto efficiente nel costituire le sue scelte razionali. La Behavioural economics ritiene invece che il soggetto che si trovi a fare delle scelte non per forza faccia le più razionali nonostante sia dotato di tutte le informazioni necessarie.

Questa attenta valutazione è data da un fatto più che mai realistico:

l'aumento di informazioni fa sì che il soggetto non riesca a recepire tutto ciò che gli viene trasmesso e non possa oggettivamente memorizzare il carico informativo, oltre a non possedere i mezzi per comprenderlo appieno

41

. Si vengono così a creare delle scorciatoie di

38 Cfr. J. Stuart Mill : "Nessuno è mai autorizzato, nè da solo nè insieme ad altri, a dire ad un essere umano in età matura che per il suo bene non deve fare della propria vita ciò che invece ha scelto di fare. La persona più interessata al proprio benessere è lui stesso".

39 Cfr. R. Thaler e C. Sunstein"Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità" è l'opera da cui prende vita questo modello e questo comportamento. E' necessario introdurre pratiche di buona cittadinanza ed aiutare le persone a scegliere il meglio per sé e per la società. Questo "paternalismo libertario" ha ragion d'essere in diversi campi della nostra vita: dal sistema pensionistico allo smaltimento dei rifiuti, dalla lotta all'obesità al traffico, dalla donazione di organi ai mercati finanziari.

40 Wikipedia: movimento economico-psicologico che "applica la ricerca scientifica nell'ambito della psicologia cognitiva per la comprensione delle decisioni economiche e come queste si riflettano nei prezzi di mercato e nell'allocazione delle risorse"

41 Le informazioni si vanno via via perdendo con l'aumentare del carico di materiale

(27)

sistema, cioè il soggetto con le uniche informazioni che possiede o che ha recepito cerca di trovare delle soluzioni alternative e quindi rischia di sottostimare eventi avversi e sopravvalutare le proprie capacità

42

. Un esempio può facilitare la comprensione :

Si pone il caso dell'incidente automobilistico. Il guidatore andava ad una velocità non consentita perchè sovrastimava le proprie capacità e sottostimava il pericolo imminente, forte del:

"A me non capiterà". E non è neppure detto che l'evento, una volta verificatosi, non possa riaccadere secondo medesime modalità ovvero sottostimando il possibile evento e sovrastimando le proprie capacità.

E' necessaria l'elaborazione di strategie che svolgano una funzione preventiva o di gestione al sovraindebitamento. Bisogna fare in modo

di nostra conoscenza secondo un effetto di diluizione (dilution effect). Può darsi che le informazioni siano tutte quante necessarie e allora si pongono due soluzioni per risolvere il problema: la prima che propone una riduzione delle informazioni al minimo necessario, Cfr. T.A. Paredes, Blinded by the light : Information Overload and its Consequences for Security Regulation, Washington University Law Quarterly (2003), pp. 430 ss. ; e una seconda soluzione che prevede invece l'istituzione di una terza parte imparziale, regolatrice della valutazione del merito creditizio e delle informazioni da mettere a disposizione dell'ente creditizio, Cfr. Franken, The Political Economy of the EC Consumer Credit Directive, in Niemi–Ramsay–Whitford (eds.), Consumer credit, Debt and Bankruptcy: comparative and international perspectives, Bloomsbury Publishing, 2009.

42 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento : interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti, Giappichelli editore, Torino, 2012, p.24 nota 79. Sono tre i fattori che influenzano la reperibilità di informazioni circa gli eventi negativi : frequenza, vicinanza nel tempo, rilevanza. Quindi meno accadimenti negativi si siano verificati, più tempo sia passato e minore sia la gravità, il soggetto tenderà a dimenticarsene o comunque a cercare di non commettere gli stessi errori. Può essere vero anche il contrario, giacchè è possibile che nonostante un accadimento negativo sia successo, il soggetto non abbia imparato nulla da ciò ma abbia semplicemente continuato a sottostimare un possibile e futuro evento avverso e a sovrastimare le proprie capacità autoconvincendosi che attraverso l'esperienza rovinosa passata abbia capito come affrontare circostanze simili future.

(28)

che la situazione di insolvenza non accada, ma se mai dovesse accadere sarà necessario contenerla, gestendo la propria situazione finanziaria.

Andremo poi ad affrontare le strategie di gestione tramite la legge 3/2012. Per adesso ci soffermiamo sulla possibilità di prevenire il problema.

La situazione che pone maggiormente il debitore in una situazione di sovraindebitamento è sicuramente la stipula di un contratto come può essere quello di credito predatorio (si veda al riguardo i mutui subprime di cui sopra).

Troviamo una prima contrapposizione tra due modelli: il primo di questi è il modello responsible borrowing – o anche responsabilità debitoria – secondo il quale il debitore è responsabile delle scelte di mercato che fa. Ha principalmente un'impronta autonomista (di liberal state). Ci si fida delle possibilità del debitore di far fronte da solo ai propri problemi, ma punto principale di tale "affidamento" è la ferrata capacità del soggetto di conoscere e capire l'informazione fornitagli, facendo quindi affidamento sulla simmetria informativa.

Il secondo modello è chiamato responsible lending – o responsabilità creditoria – secondo il quale le informazioni non sono simmetricamente conosciute da debitore e creditore, ma fonda la sua dottrina sull'asimmetria informativa. Il creditore riesce a deresponsabilizzarsi rilasciando più informazioni possibili al consumatore-contraente che, sovraccaricato dalla quantità eccessiva di strumenti appresi, non riesce a prendere una scelta oculata. Occorre pertanto riuscire nella stabilizzazione di questa campagna informativa obbligando il soggetto forte (più informato – la maggior parte delle volte il creditore) a trasferire le proprie informazioni al soggetto più debole (meno informato – la maggior parte delle volte il debitore).

Bisogna quindi formare il soggetto debole, istruirlo, fornendogli

(29)

strumenti in grado di filtrare quelle informazioni di cui ha bisogno per conoscere e poter fare la scelta più oculata possibile.

E' necessario che anzitutto il legislatore imponga delle direttive dell'informazione: a) dare informazioni; b) che informazioni dare e c) come dare informazioni.

La Behavioural Economics ha posto – giustamente – il quesito secondo cui: more is better than less? Ossia l'aumento del carico informativo non è sempre e comunque vantaggioso per il soggetto a cui è diretto.

Troppe informazioni rischiano di far perdere quelle già acquisite o di non farne apprendere di nuove. Non solo è necessario informare il consumatore ma è anche e soprattutto importante educarlo.

Alla luce di quanto finora detto e in pieno accordo con la volontà di fornire questi strumenti di comprensione, rafforzando la posizione del debitore, negli Stati Uniti si è dato avvio ad una campagna di sensibilizzazione delle informazioni

43

e ad un'educazione dei consumatori.

Purtroppo le informazioni sono rilasciate dagli stessi soggetti creditori che ricercano i dati sui consumatori e che rilasciano loro il credito.

Sembrerebbe proprio un controsenso.

Scopo di tutto questo non è insegnare a risparmiare ma insegnare a consumare oculatamente. Invero l'istruzione del debitore dovrebbe essere un punto di raccordo tra le esigenze di entrambi i contraenti.

Educare il debitore dopo che sia avvenuto l'indebitamento, funzione peraltro svolta per un consumo durevole, potrebbe non essere proprio quello di cui il soggetto debole ha bisogno.

La componente socio-morale è forte e la colpa ricade inevitabilmente sul soggetto debole del rapporto. Questo non è senz'altro il modus operandi che ci si aspetterebbe e di prassi non dovremmo schierarci

43 Al debitore statunitense dal 2005 è stato imposto di frequentare corsi di educazione di ricorso al credito. Si veda il Bankruptcy Abuse Prevention and Consumer Protection Act of 2005, Pub. L. No. 109-8, 119 Stat. 23 (April 20, 2005) ("BAPCPA").

(30)

dalla parte di un soggetto piuttosto che di un altro, ma un minimo di attenzione verso questo comportamento che sembra così illogico forse è necessario.

3. Passaggio di testimone tra Responsible Lending e Responsible Borrowing

Strumento di cui si ritiene opportuno trattare e con il quale si cerca di responsabilizzare il creditore è il merito creditizio

44

. La dottrina è unanime nel considerare un obbligo il dovere di informazione da parte del creditore verso il soggetto debole. Ma quella che ai nostri occhi può sembrare un'ovvietà forse così non è.

La creazione del recente istituto della cartolarizzazione dei crediti

45

pone la problematica che chi eroga e chi riscuote non siano più la stessa persona. Tale moderno istituto ha fatto sì che venisse meno un obbligo di informativa che era in capo al soggetto che erogava il credito.

A questo punto la Comunità europea si è interessata della problematica, indirizzando nei confronti dell'Italia tre direttive.

L'ultima delle quali, la direttiva 2008/48/CE, è stata attuata in Italia con D. Lgs. 141/2010 che ha modificato il Testo Unico Bancario (TUB) inserendo il Credito al Consumo. Questa nuova forma di

44 Strumento col quale il soggetto creditore ha un dovere di fornire più informazioni e deve concorrentemente studiare il rischio del soggetto debole per la possibilità di solvibilità dello stesso e quindi creare un piano finanziario ad hoc, per il soggetto che si trova di fronte. Deve inoltre non solo richiedere informazioni al soggetto, ma anche adoperare quelle che già possiede e che sono contenute nelle banche dati.

45 E' un'operazione finanziaria che consiste nella cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari o di altre attività finanziarie non negoziabili. Tali crediti vengono ceduti da una o più aziende (chiamate Originator) ad una società-veicolo (SPV) che emette titoli negoziabili, rappresentanti i crediti, da collocarsi su mercati nazionali ed internazionali. Si tratta di una cessione di credito pro soluto ovvero non tutelata da garanzia, per cui il rischio graverà sulla società-veicolo e sull'acquirente il titolo.

(31)

finanziarizzazione è andata man mano sostituendo istituti come la vendita a rate con riserva di proprietà

46

e ha aumentato l'acquisto dei prodotti.

"La nuova direttiva ha significativamente ampliato gli obblighi di informazione imposti ai creditori nei confronti dei consumatori, sia anticipando fin dal momento della pubblicità l'obbligo di fornire informazioni essenziali, sia articolando dettagliatamente gli obblighi informativi precontrattuali"

47

. Ma tra la proposta originaria del 2005 ed il testo definitivo del 2008 c'è una paradossale differenza. Si passa da una maggior responsabilizzazione del credito, e quindi una maggior propensione alla responsible lending, ad una maggior responsabilizzazione del debitore secondo i canoni della responsible borrowing. Questo divario è possibile trovarlo ad esempio tra il 15°

considerando della proposta del 2005 – dove si rinveniva l'obbligo in capo al creditore, in conformità al principio del prestito responsabile, di verificare se un consumatore, o un fideiussore, fosse in grado di rispettare i propri impegni – e il 26° considerando della Direttiva 2008, dove anzichè trovare un principio del prestito responsabile si rinviene solo uno "sforzo" per adottare misure appropriate per promuovere pratiche responsabili

48

.

Si capisce bene dove si trovi il divario rispetto all'idea originaria e dove invece si sia arrivati.

Ci accorgiamo, andando avanti con la lettura della normativa, che manca una vera e propria disciplina sanzionatoria per i creditori ma

46 Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna.

47 Cfr. E. Pellecchia, Dall'insolvenza al sovraindebitamento : interesse del debitore alla liberazione e ristrutturazione dei debiti, Giappichelli editore, Torino, 2012, p.43.

48 In questo frangente giocano un ruolo importante le lobbies bancarie che hanno spinto per potenziare una responsible borrowing. Sussiste sempre l'obbligo di dare informazioni, spesso anche troppe, ma resta in capo al soggetto debole la responsabilità della scelta.

(32)

anzi che organismo preposto al controllo e alla possibile sanzione è l'organismo di sorveglianza dell'ente erogatore del finanziamento.

Il legislatore qui ha voluto fare una scelta interpretativa. Siccome il merito di credito ai consumatori riguarda il consumo, se il creditore dovesse rendersi colpevole di cattiva condotta nel merito creditizio, la sanzione verrebbe irrogata dal suo organismo di sorveglianza (esempio: se ente creditizio fosse una banca, organo di sorveglianza sarebbe la Banca d'Italia; se ente creditizio fosse una società di intermediazione finanziaria, organo di sorveglianza sarebbe la Consob)

49

.

La nuova disciplina incontra peraltro un limite oggettivo rinvenibile dall'art. 122, 1° comma lett. a)

50

, TUB, per il quale non si applica alle operazioni di finanziamento di importo inferiore a 200 euro o superiore a 75.000 euro.

Resta comunque ferma la situazione per la quale la valutazione del merito creditizio vada fatta con la pubblicità del credito o nella fase precontrattuale. Situazioni miste sono state previste in dottrina sulla possibilità di interpretazione dell'art 124-bis TUB

51

.

Una prima interpretazione tratta della violazione rispetto all'art. 124-

49 La disciplina riguarda il consumatore ma è stata posta all'interno del Testo Unico Bancario. Molti l'hanno criticata (De Cristofaro) perchè, nonostante nel Codice del Consumo ci sia una norma di rinvio all'art 124-bis TUB, si ritiene irragionevole tale scelta da parte del legislatore italiano. Altri autori (G. Carriero) invece ritengono la scelta più sensata perchè il consumatore, che ha a che fare col settore riguardante il credito, riceve una tutela dall'organismo di sorveglianza, ovvero la Banca d'Italia.

50 Oltrechè ad altri casi sempre presenti all'art 122, 1° comma TUB.

51 "Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenuteconsultando una banca dati pertinente.

Se le particonvengono di modificare l'importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell'importo totale del credito.

La Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni attuative del presente articolo".

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