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Capitolo 2 :Ottimizzazione termoeconomica di sistema

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Academic year: 2021

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Introduzione

La sempre crescente domanda energetica che il mondo attuale richiede, impone lo sviluppo di sistemi energetici ottimizzati ed altamente efficienti. Negli anni, ma soprattutto nel corso degli ultimissimi anni, si è cercato di soddisfare il fabbisogno energetico sviluppando tecnologie sempre più efficienti. Queste tecnologie hanno cercato (e cercano tuttora) di prestarsi all’utilizzazione di risorse energetiche di varia natura, ovvero risorse energetiche fossili tradizionali e risorse energetiche rinnovabili.

Se le tecnologie rivolte all’uso di fonti tradizionali hanno raggiunto un soddisfacente grado di maturazione tecnologico-industriale, la stessa cosa non può dirsi per le tecnologie che si prestano all’uso delle fonti rinnovabili; è per questo che l’attenzione si è spostata verso un uso razionale delle stesse.

Viene da chiedersi, però, cosa si intenda per uso razionale delle fonti rinnovabili. Spesso si è confuso, infatti, l’uso razionale della fonte rinnovabile con un uso “smisurato” della stessa.

Questo si è tradotto in un’ostinata politica di “messa in esercizio” di tecnologie a fonte rinnovabile che non sempre hanno ripagato le aspettative e gli investimenti iniziali.

Molti sistemi hanno infatti palesato numerosi limiti soprattutto in termini di basse efficienze energetiche ed exergetiche, elevate irreversibilità ed elevati costi di investimento iniziali.

Nonostante ciò, queste tecnologie hanno continuato ad operare sotto una duplice funzione: la prima (nobile) ed una seconda (meno nobile).

La funzione “nobile” che risiede nell’uso della fonte rinnovabile sta nel creare una sensibilità (più o meno diffusa) verso una produzione energetica più sostenibile. È sotto questa spinta che si continua a produrre da rinnovabili anche se tuttora i risultati non sono quelli sperati.

La funzione “meno nobile” che risiede nell’utilizzazione della fonte rinnovabile sta invece in una visione unicamente “commerciale” dell’uso stesso della risorsa. Per visione

“commerciale” si intende un uso della risorsa finalizzato alla creazione di profitto fine a se stessa. Spesso, come risaputo, attorno all’uso delle fonti rinnovabili si sviluppano politiche incentivanti che sono “terreno fertile” per gli “ecologisti dell’ultima ora”, i quali si buttano sul palcoscenico energetico con l’unico obiettivo di creare profitto, perdendo spesso di vista l’obiettivo più “nobile”.

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2 Chiaro è che le fonti rinnovabili non matureranno dal punto di vista tecnologico se si continua a perseguire in una visione così limitata. Sino a quando le tecnologie legate all’utilizzazione delle rinnovabili non saranno confrontabili in termini di economia di scala con le tecnologie da fonti tradizionali esse non potranno essere definite pienamente sostenibili.

Il mio lavoro propone, in modo umile, un possibile strumento di ottimizzazione di un sistema energetico rinnovabile che è quello degli impianti geotermoelettrici che sono connessi a serbatoi a media entalpia.

La risorsa geotermica, nelle condizioni in cui può essere considerata rinnovabile, si presta all’analisi proposta ma ancora più interessante è indagare la natura stessa della risorsa per poter comprendere quando il suo utilizzo può essere considerato realmente sostenibile. Negli ultimi anni si è assistito, infatti, al proliferare di impianti di potenza (di qualunque taglia) che utilizzano serbatoi a media-bassa temperatura. Spesso, però, questi impianti vanno incontro a numerosi problemi che spaziano da fenomeni di impoverimento dell’acquifero al sovradimensionamento dell’impianto. Queste controversie spesso portano a repentini cali produttivi che a lungo andare causano la cessazione delle attività produttive prima del tempo.

Banalmente, si potrebbe dire che questi impianti mostrano una notevole tendenza a produrre irreversibilità. Partendo da ciò, si è deciso di assegnare un “peso monetario” alle irreversibilità di modo che fosse possibile definire un “costo” ottimale superato il quale l’impianto diviene sconveniente dal punto di vista economico per effetto dell’elevato numero di irreversibilità.

La natura rinnovabile della risorsa ha infatti portato a non tener conto nel corso degli anni delle irreversibilità. Essendo rinnovabile (si pensava) tutto ciò che di utile si ottiene dal sistema è un guadagno e tutto ciò che non si ottiene dal sistema non è una perdita. Questo ragionamento, in linea di massima, potrebbe essere vero se sul sistema non venissero sostenuti dei costi. Essendo presenti dei costi specifici, l’impianto (e le sue attività produttive) sarà considerato conveniente solo se sarà in grado di “coprire” (e superare si spera) i costi che vengono sostenuti.

L’idea innovativa del lavoro è quella di utilizzare la termoeconomia come strumento grazie al quale possa essere definita una taglia impiantistica ottimale; grazie alla quale si coprano i costi e si garantisca una vita duratura del serbatoio.

Definiti gli obiettivi del lavoro si è deciso di operare in tre fasi successive. Nella prima fase si sono definite le equazioni fondamentali grazie alle quali è stato definito il costo massimo

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3 sostenibile associato al sistema. Fatto questo, si sono analizzati dei sistemi energetici a fonte rinnovabile (e non) con l’intenzione di proporre un confronto termoeconomico di massima all’interno della medesima tecnologia. Nella seconda fase del lavoro si sono individuati dei casi studio sui quali è stata inizialmente condotta un’analisi termoeconomica. Per analisi termoeconomica si intende il confronto tra i costi massimi sostenibili ed i costi realmente sostenuti a livello di sistema. La sostenibilità dell’impianto geotermico viene garantita se i costi sostenuti sono inferiori rispetto a quelli massimi sostenibili definiti dalla presenza delle irreversibilità.

L’analisi che è stata condotta ha evidenziato gli elevati costi che sono associati ad impianti anche di piccola taglia.

Accertata l’insostenibilità termoeconomica di quasi tutti gli impianti che utilizzano serbatoi a media temperatura si è cercato di andare oltre nell’analisi. Si è introdotto il concetto di potenza modificata, che può rappresentare la taglia impiantistica di riferimento per garantire la sostenibilità termoeconomica dell’impianto stesso. Se la potenza erogata dovesse essere vicina a quella modificata allora l’impianto opererebbe quasi in prossimità dell’ottimo termoeconomico.

La terza ed ultima fase del lavoro è consistita nello sviluppo di un modello numerico di simulazione del serbatoio geotermico di Miravalles (Costa Rica) che tenesse conto del processo di ottimizzazione termoeconomica.

L’impianto in questione è stato l’unico ad evidenziare una sua sostenibilità termoeconomica;

l’idea è stata allora quella di vedere se la taglia impiantistica definita dalla potenza modificata potesse realmente essere sostenuta a livello di serbatoio.

Quando dico “essere sostenuta a livello di serbatoio” intendo dire che il processo di ottimizzazione deve sì mirare all’ottimo senza però intaccare l’equilibrio dell’acquifero.

In questa terza ed ultima fase, si mette in evidenza l’approccio multicriteriale di un processo di ottimizzazione di un impianto geotermico; processo che abbraccia variabili molto diverse le une dalle altre che possono essere organizzate solo tramite un programma di simulazione.

La simulazione metterà in evidenza la forte criticità nel trovare una taglia impiantistica che sia veramente ottimale dal momento che l’estrazione di fluido richiesta per la produzione della potenza modificata rischia di causare, in pochi anni, l’abbassamento della temperatura dei pozzi produttivi.

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4 Quest’aspetto è emblematico di tutto l’approccio al problema. Un lavoro di ottimizzazione termoeconomica rischia di portare, infatti, all’estrazione di un’ingente quantità di fluido che potrebbe causare l’abbassamento del flusso termico estratto e la riduzione della potenza prodotta.

Si comprende quindi, come il problema legato all’uso “razionale” della risorsa sia veramente complesso e di come l’approccio al problema sia tutt’altro che semplice o banale.

L’ottimizzazione termoeconomica è, però, solo la prima parte del problema. Se non si valuta l’impatto causato da essa non si comprendono appieno gli effetti e le ripercussioni che si esercitano sul serbatoio geotermico.

Esso è un sistema estremamente sensibile ad ogni attività estrattiva e pertanto ogni modifica all’equilibrio idrogeologico deve essere valutata grazie all’uso di programmi di simulazione e monitoraggio sul campo.

Solo in questo modo è possibile organizzare un lavoro multicriteriale in cui la fase di ottimizzazione termoeconomica rappresenta il punto di partenza per uso razionale ed efficiente della risorsa geotermica.

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5

Capitolo 1 : Introduzione alla termoeconomia

1.1 Introduzione

Tutti i sistemi di conversione energetica richiedono un’adeguata fase di ottimizzazione in sede progettuale. Spesso, però, il termine “ottimizzazione” rischia di diventare un concetto molto astratto soprattutto per sistemi energetici molto complessi. Per ottimizzazione, infatti, si può intendere un’ottimizzazione di tipo puramente termodinamica nella quale la funzione obiettivo è rappresentata, ad esempio, dal rendimento di Carnot o dall’energia complessivamente prodotta dall’impianto. Il limite termodinamico è quindi rappresentato dalla tecnologia e allo stesso modo, quindi, potremmo dire che un sistema è termodinamicamente efficiente se l’efficienza del sistema tende al massimo teorico.

Ecco quindi che una tecnologia che limiti le perdite di natura energetica dovrebbe prevedere opportune superfici di scambio termico (per ridurre ingombri e costo ad esse associate), rendimenti isoentropici elevati, limitazione delle perdite fluidodinamiche e molte altre accortezze che farebbero del nostro sistema un sistema il più vicino possibile a quello ideale.

Un altro criterio di ottimizzazione potrebbe essere quello di minimizzare i costi sostenuti a livello di “sistema”. Ciò comporterebbe quindi la definizione di una funzione di costo la quale diventerebbe allo stesso tempo la funzione obiettivo da minimizzare. Un’ottimizzazione di tipo puramente economica, però, potrebbe mirare non soltanto ad una minimizzazione dei costi complessivi ma anche ad un più “veloce” tempo di ritorno degli investimenti iniziali. In modo combinato si potrebbe spingere verso una simultanea riduzione dei costi totali e più veloce ritorno degli investimenti iniziali.

Chiaro è che un sistema avente costi totali bassi (e che quindi soddisferebbe il criterio di ottimizzazione economica) rischia però di essere termodinamicamente scadente dal momento che costi e rendimento sono spesso in una relazione di inversa proporzionalità; vale a dire un sistema efficiente “costa tanto”, un sistema non efficiente “costa poco”.

La termoeconomia nasce con l’obiettivo di “fondere” i due criteri di ottimizzazione. La progettazione di sistemi energetici complessi come quelli attuali non può più prescindere da differenti fasi progettuali ma deve tendere verso un criterio progettuale multidisciplinare e la termoeconomia si propone come strumento per realizzare suddetta sintesi.

(6)

6 1.2 Ottimizzazione termodinamica

Un processo di ottimizzazione termodinamica viene eseguita a mezzo di un analisi exergetica [1] mediante un processo di minimizzazione della generazione di entropia. Quest’analisi consente di sintetizzare il primo ed il secondo principio della termodinamica valutando indiscriminatamente diverse interazioni di base come flussi in uscita ed in ingresso al sistema, interazione lavoro ed interazione calore. Com’è noto l’exergia definisce il massimo lavoro ottenibile da una determinata forma energetica usando i parametri dell’ambiente come stato di riferimento. Con questo tipo di approccio possiamo giungere alla determinazione della distruzione exergetica o mediante un bilancio exergetico sul sistema oppure attraverso una correlazione diretta. Col termine “distruzione” intendiamo identificare quella quota parte di exergia irrecuperabile all’interno del sistema [2].

L’ equazione di bilancio exergetico di un generico sistema viene scritta come [3]:

+ = + + (1.1)

Dove:

= (1.2)

= (1.3)

= − (1.4)

Coi termini , intendiamo rispettivamente i flussi exergetici in ingresso e in uscita al sistema, è invece l’exergia di scambio termico, è la potenza utile prodotta dal sistema e

è invece il flusso delle irreversibilità.

Nell’equazione (1.2) e (1.3) compare il termine ε che identifica l’exergia specifica la quale è somma di quattro componenti: exergia fisica, exergia chimica, exergia potenziale ed exergia cinetica:

= + + + (1.5)

(7)

7 Esprimibile anche come:

= ℎ − "# − ℎ − " # + +$% 2 + ' (

(1.6)

Nella relazione (1.6) i pedici “0” stanno ad indicare il riferimento allo stato ambiente mentre indichiamo con ℎ l’entalpia specifica, con " l’entropia specifica, con v la velocità del flusso, con ' ( rispettivamente l’accelerazione gravitazionale e la quota geodetica.

Nella relazione (1.4) invece identifichiamo col termine la potenza di scambio termico associata all’r-esimo termostato, con la temperatura del termostato r-esimo attraverso il quale si realizza il trasferimento di potenza termica mentre con la temperatura del termostato di riferimento che è l’ambiente.

Il flusso delle irreversibilità (o distruzione exergetica) è valutabile o dall’equazione (1.1) oppure grazie alla relazione di Gouy-Stodola come proposto da Kotas (1985) [3]:

= ) " − " − * = +, - (1.7)

Dove il termine in parentesi quadrata viene definita produzione exergetica.

1.2.1 Ottimizzazione termodinamica di un componente di impianto

Prendendo invece in considerazione un k-esimo elemento costituente il nostro sistema, è possibile definire un rendimento exergetico introducendo il concetto di “prodotto” e

“combustibile” [4], [5], [6].

Il combustibile ed il prodotto rispettivamente in ingresso ed in uscita da un generico elemento possono essere valutati secondo due criteri differenti: il primo tiene conto dei flussi di massa mentre il secondo tiene conto dei flussi di exergia. Considerando i flussi di massa, definiamo

“prodotto” tutto ciò che “esce” dal k-esimo elemento e quindi definiamo ., il flusso exergetico associato al prodotto in uscita mentre definiamo “combustibile” tutto ciò che

“entra” nel k-esimo elemento e quindi /, il flusso exergetico associato al combustibile in ingresso; tutto ciò viene schematizzato in Figura 1.1. In un componente attraversato da due

(8)

8 flussi differenti (come uno scambiatore di calore che è attraversato dal “fluido caldo” e dal

“fluido freddo”) i prodotti ed i combustibili vengono identificati tenendo conto di un bilancio exergetico applicato all’elemento analizzato. Viene definito combustibile il flusso che diminuisce il contenuto exergetico tra ingresso e uscita mentre definiamo prodotto il flusso che incrementa l’exergia tra ingresso e uscita; in uno scambiatore di calore il fluido caldo (che cede exergia) viene definito combustibile mentre il fluido freddo (che incrementa il suo contenuto exergetico) viene definito prodotto.

Figura 1.1: Rappresentazione schematica dei flussi exergetici in ingresso (“combustibile”) ed in uscita (“prodotto”) da un generico elemento

L’efficienza exergetica può essere definita come:

0 = .,

/,

(1.8)

Per poter definire l’equazione di bilancio exergetico per il k-esimo elemento è utile introdurre il concetto di exergia distrutta 1, e di exergia persa 2, . Definiamo exergia distrutta quella che viene dissipata all’interno dell’elemento vale a dire quel contributo che nell’equazione (1.1) abbiamo indicato come irreversibilità , mentre l’exergia perduta è quella associata ad un flusso scaricato nell’ambiente e quindi esterno al sistema; l’equazione di bilancio exergetico per il k-esimo elemento può essere ora scritto come:

/,., = 1, + 2, (1.9)

In letteratura [5] è possibile distinguere l’exergia distrutta a livello di sistema come somma di due contributi che sono: contributo evitabile (apice AV dall’inglese avoidable) e contributo non evitabile (apice UN dall’inglese unavoidable).

k-esimo elemento

/, .,

(9)

9

1, = 1,34 + 1, (1.10)

Si può così definire un’ efficienza exergetica modificata espressa come:

0 ,∗= .,

/,1, = 1 − 1,34

/,1,

(1.11)

Grazie alla relazione (1.11) è possibile verificare che tanto più è grande la componente di exergia che distruggiamo e che possiamo evitare di distruggere e tanto minore sarà il rendimento exergetico modificato.

Sempre in letteratura [7] c’è chi distingue sempre l’energia distrutta 1, come somma di due contributi che sono: un contributo endogeno (apice EN) ed un contributo esogeno (apice EX). Kelly (2008) definisce l’exergia distrutta nel k-esimo elemento di impianto come:

1, = 1,7 + 1,78 (1.12)

L’exergia distrutta a livello endogeno può essere concepita come quell’exergia distrutta a livello di componente mentre quella esogena a livello di sistema. Per definizione possiamo dire che l’exergia distrutta endogena è quell’exergia distrutta considerando le efficienze exergetiche delle restanti macchine costituenti il sistema unitarie e l’efficienza della macchina considerata pari a quella reale mentre l’exergia distrutta esogena è quell’exergia distrutta considerando efficienza exergetiche reali sia per la macchina considerata che per le restanti costituenti il sistema [7].

1.2.2 Ottimizzazione termodinamica di un processo di scambio termico

Fatta questa breve introduzione sulle equazioni fondamentali per una corretta analisi exergetica, il processo di ottimizzazione si può utilizzare per ridurre le irreversibilità.

Esiste una corposa letteratura sulle tecniche di base per limitare la generazione di irreversibilità. Facendo riferimento alla relazione di Gouy-Stodola (1.7) proposta da Kotas (1985) [3], è possibile asserire che il flusso di irreversibilità può essere inteso come differenza

(10)

10 tra la potenza ottenuta da una macchina reversibile e quella ottenuta da una macchina reale [8].

= 9− = +, - (1.13)

Da questa relazione si constata come minimizzare le irreversibilità equivalga a minimizzare la produzione di entropia. Per limitare le irreversibilità il progettista deve stabilire relazioni tra differenze di temperatura e potenza termica scambiata oppure tra differenze di pressione e portate in massa.

Prendendo ad esempio un processo di scambio termico tra una portata che scorre all’interno di un tubo di diametro interno D e l’ambiente, la generazione di entropia per unità di lunghezza di tubo può essere espressa come [8]:

+, -: = ;:%

<= %>? + 32 ABC

<%D% EF = +, -,G: + +, -,G.: (1.14)

Dove l’apice “ ‘ “ sta ad indicare che la quantità da calcolare è riferita all’unità, ;: è la potenza termica scambiata su unità di lunghezza di tubo, D è la densità del fluido, fr fattore di attrito, Nu è il numero di Nusselt e k la conducibilità termica. Il primo contributo è quello dovuto allo scambio termico mentre il secondo è quello dovuto alla presenza degli attriti fluidodinamici.

Il primo contributo è proporzionale alla differenza di temperatura tra il fluido a livello puntuale e la temperatura “indisturbata”. Questa differenza di temperatura è tanto minore (e quindi la generazione di entropia dovuta alla differenza di temperatura) quanto maggiore è la superficie di scambio termico. In modo analogo è possibile vedere come il secondo contributo (quello dovuto alla presenza degli attriti fluidodinamici) è tanto minore quanto maggiore è il diametro interno del tubo. Per minimizzare quindi la produzione di entropia in un processo di scambio termico è necessario incrementare sia la superficie esterna del tubo (e in generale la superficie di scambio termico) che il diametro interno dello stesso. L’incremento delle dimensioni di un tubo (o di uno scambiatore di calore a fascio tubiero più in generale) ha inevitabili ripercussioni sul costo dello stesso; maggiore è la superficie di scambio, maggiore è il costo dello scambiatore.

(11)

11 1.3 Ottimizzazione termoeconomica

Come già accennato in precedenza, la fase di ottimizzazione termoeconomica si propone di connettere un processo di ottimizzazione puramente termodinamica ed un processo di ottimizzazione puramente economica. Il bilancio di exergia di un sistema può essere usato non soltanto come misura dell’efficienza termodinamica di un sistema energetico ma anche per avere un’idea dell’efficienza economica del sistema stesso. Come abbiamo cercato di mettere in evidenza con l’esempio del “processo di scambio termico” spesso termodinamica ed economia sono in relazione inversa tra loro; è necessario, quindi, “affidarsi” alla termoeconomia per avere un sistema che sia energeticamente efficiente ed economicamente sostenibile. Un approccio termoeconomico fa si che alle “classiche” equazioni di bilancio (massa, energia, exergia) si aggiunga un’ulteriore equazione che è l’ equazione di bilancio di costo. Esistono due principali tipi di approcci in ambito termoeconomico che potremmo definire: ottimizzazione termoeconomica di dettaglio (o exergonomica) ed ottimizzazione termoeconomica di sistema (o termoeconomica propriamente detta). Entrambe le tecniche hanno una loro validità ma focalizzano la loro attenzione su aspetti diversi. Com’è possibile intuire dai nomi, l’ottimizzazione di dettaglio pone l’attenzione su di un funzionamento termoeconomicamente sostenibile di tutti i componenti del sistema energetico attribuendo dei costi specifici a tutti i flussi in ingresso ed in uscita dal generico elemento mentre l’ottimizzazione di sistema mira a valutare la fattibilità economica di un sistema energetico senza “addentrarsi” nell’analisi specifica del generico componente ma valutando semplicemente i flussi in ingresso ed in uscita dal sistema generico.

1.3.1 Ottimizzazione exergonomica

L’analisi exergonomica si propone di assegnare un flusso monetario sia ai flussi exergetici in ingresso ed in uscita da un elemento che alle irreversibilità [9] . Il costo associato all’investimento e alla manutenzione e gestione del k-esimo elemento può essere definito come:

H = II" + J&L#

M INONP# M I = HQ + H &R (1.15)

(12)

12 Dove indichiamo con II" i costi annuali legati al trasporto, con J&L i costi annuali legati alla gestione e alla manutenzione, con M INON e M I rispettivamente i costi delle attrezzature dell’intero sistema e del k-esimo elemento mentre con P indichiamo le ore di funzionamento annuali. Le componenti di flusso di costo associate all’investimento e alla manutenzione e gestione del k-esimo elemento sono rispettivamente indicati come HQ e H &R. Per poter valutare la sostenibilità economica di un k-esimo elemento, ovvero l’impatto economico che la distruzione exergetica ha sui costi di investimento è possibile introdurre un fattore noto come fattore exergonomico:

B = HQ

HQ + H1,

(1.16)

Dove col termine H1, intendiamo identificare il flusso di costo associato alla dissipazione exergetica e lo definiamo come:

H1, = (/, 1, (1.17)

In modo analogo è possibile definire, sempre per il k-esimo elemento, un fattore che va sotto il nome di fattore di distruzione exergetica che definisce il rapporto tra la distruzione exergetica associata al k-esimo elemento e l’exergia distrutta a livello di sistema:

S1, = 1,

1,NON

(1.18)

Dove con 1,NON intendiamo l’exergia distrutta a livello di sistema. L’ultimo parametro exergonomico che va introdotto è la differenza di costo relativa che viene definito come:

C =(., − (/,

(/, = 1 − 0

0 + H

H1,

(1.19)

(13)

13 1.3.2 Definizione dell’equazione di bilancio di costo

Esistono differenti criteri per determinare l’equazione di bilancio di costo che possono basarsi o su metodi exergonomici che valutano in modo iterativo i costi associati ai prodotti in uscita dal generico elemento ed ottimizzano così i differenti componenti costituenti il sistema, o su metodi lagrangiani i quali assegnano moltiplicatori lagrangiani (per l’appunto) ai flussi exergetici in modo tale da arrivare alla determinazione dei costi marginali e garantire l’ottimizzazione globale del sistema.

Un ulteriore approccio, proposto da Lazzaretto (2006) [10], è il metodo SPECO (Specific Exergy Costing) il quale, in modo del tutto analogo al metodo exergetico, associa dei costi specifici ai flussi di materia in ingresso ed in uscita dal generico componente [10].

1.3.3 Caratteristiche e funzioni del metodo SPECO Il metodo SPECO consta di tre fasi principali che sono:

Identificazione dei flussi exergetici. Questa fase può essere portata avanti eseguendo una semplice analisi di natura exergetica nella quale l’analisi risulterà essere tanto più accurata quanto più i termini exergetici risulteranno essere scomposti nelle loro componenti fisiche, chimiche, cinetiche e gravitazionali. Il più delle volte un’analisi exergetica tradizionale risulta essere più che sufficiente.

Identificazione dei flussi di “combustibile” e dei flussi dei “prodotti”. Come già accennato nel paragrafo (2.1) definiamo “combustibile” tutto ciò che è in ingresso al k-esimo elemento e “prodotto” tutto ciò che è in uscita dallo stesso. A tal proposito è possibile definire in modo più accurato i “combustibili” ed i “prodotti”.

Oltre a definire “combustibile” tutto ciò che è in ingresso ad un generico elemento, definiamo “combustibili” tutti quei flussi che tra ingresso e uscita all’elemento diminuiscono il loro “bagaglio” exergetico (in uno scambiatore di calore il fluido caldo, che perde exergia, viene considerato combustibile). In modo analogo definiamo

“prodotti” non solo quei flussi che sono in uscita all’elemento ma anche qui flussi che tra ingresso ed uscita incrementano il loro “bagaglio” exergetico.

Definizione delle equazioni di costo. Definire le equazioni di costo vuol dire assegnare ad ogni tipo di interazione elementare (flussi in ingresso ed in uscita, interazione di scambio termico o interazione di tipo lavoro) un costo specifico da intendere come unità monetaria su unità di energia (€/GJ) il quale moltiplicato per il flusso di exergia

(14)

14 associata all’interazione (quantificata in MW) consente di definire un flusso di costo del tipo unità monetaria su unità di tempo (€/h).

Si giunge così a definire un set di equazioni di costo del tipo:

H = ( = ( (1.20)

H = ( = ( (1.21)

HT = (T (1.22)

H = ( (1.23)

Definiti i flussi di costo, l’equazione di bilancio di costo applicata al k-esimo elemento di impianto si ottiene in modo del tutto simile all’equazione di bilancio exergetico e la si può scrivere come:

U( V + (T, = ( , , + U( V + H (1.24)

Prendendo in esame il k-esimo elemento ed assumendo che i flussi exergetici in uscita siano più di uno, pur conoscendo i costi ed i flussi exergetici in ingresso al sistema un’unica equazione di bilancio dei costi non basta.

Sotto queste ipotesi devono essere definite delle equazioni di costo ausiliarie ed il numero di queste equazioni risulterà essere pari al numero dei flussi in uscita dal componente meno uno come proposto da Lazzaretto (2006) [10].

Per definire queste equazioni ausiliarie possiamo definire due principi che vanno sotto il nome di principio F (da fuel vale a dire combustibile) e di principio P (da product vale a dire prodotto).

1.3.4 Definizione del principio F e del principio P

Il principio F afferma che il costo specifico associato al fuel rimane costante tra ingresso ed uscita al componente k-esimo e che quindi avremo tante equazioni di fuel quanti sono i flussi che degradano exergia.

(15)

15 Il principio P afferma che il costo specifico associato ai prodotti è invece definito dal rapporto tra la differenza dei flussi di costo tra uscita ed ingresso al k-esimo elemento e la differenza tra l’exergia di uscita e di ingresso al k-esimo elemento stesso.

Cerchiamo di chiarire gli enunciati con una rappresentazione schematica dei due principi.

Dalla Figura 1.2 si evince come il flusso 1 e il flusso 2 sono da considerarsi rispettivamente fuel e product dal momento che il primo entra nel k-esimo elemento ed il secondo esce, il flusso 3 è da considerarsi product perché incrementa il suo contenuto exergetico mentre il flusso 4 è da considerarsi fuel dal momento che degrada il suo contenuto exergetico.

Figura 1.2: Rappresentazione schematica dei principi F e P

Definita la natura dei flussi, possiamo ora definire l’exergia associata a suddetti flussi e scrivere che:

/ = W+ XX # (1.25)

. = % + AA # (1.26)

Dall’applicazione del principio F possiamo scrivere che:

(X = (X (1.27)

Mentre dall’applicazione del principio P possiamo scrivere:

AA > 0

XX > 0 k-esimo elemento

1 2

3i 3e

4i 4e

H

(16)

16 (. = (A = (A =(A A A − (A A A

A AA A (1.28)

L’equazione di bilancio di costo schematizzata in Figura 1.2 può essere scritta come:

H%+ HA + HX = HW+ HA + HX + H (1.29)

Il termine H= viene calcolato con la relazione (1.15) e rappresenta il flusso di costo inteso come somma del flusso di costo di investimento e del flusso di costo di gestione.

I costi associati ai flussi in uscita possono finalmente essere definiti combinando le equazioni (1.26) e (1.29) come:

(. . = HW + UHX − HX V + H (1.30)

1.3.5 Relazioni tra costi di investimento ed exergia distrutta

Dividendo la (1.30) per . (vale a dire per il flusso exergetico dei prodotti) possiamo vedere come il costo specifico dei prodotti è funzione di due termini: uno legato al fuel ed un altro legato ai costi di investimentoH :

(. =HW+ UHX − HX V + H

. = (./ + (.[ (1.31)

Il termine (./ può essere espresso in funzione dell’ efficienza exergetica come:

(./ = (/ /

. = (/ 0

(1.32)

Il termine (/ rappresenta un valore medio tra il costo specifico del fuel del flusso “1” ed il costo specifico del fuel del flusso “4” (uguale tra ingresso e uscita per il principio F).

(17)

17 Ragionando quindi a parità di costo specifico dei prodotti (. e di costo specifico medio del fuel (/ , si può vedere come incrementando l’efficienza exergetica 0 del generico elemento, diminuisce (./ contributo del fuel sui costi specifici dei prodotti e per forza di cose dovrà aumentare (.[ contributo dei costi di investimento sui costi specifici dei prodotti.

Più semplicemente quanto detto può essere giustificato dicendo che una macchina exergeticamente efficiente richiede elevati costi di investimento mentre un’altra exergeticamente scadente richiede bassi costi di investimento. A questo punto si può definire l’introduzione di due coefficienti espressi sotto forma di rapporto che consentono di definire in seguito l’exergia distrutta inevitabile ed il costo di investimento inevitabile. Facendo riferimento al solito elemento k-esimo possiamo dire che il termine \7]7]^_` viene definito al tendere dell’exergia distrutta sull’exergia dei prodotti a7]7]^

_,bc a zero (da un punto di vista grafico questa quantità rappresenta l’asintoto verticale in Figura 1.3). Questo non vuol dire che la sua efficienza exergetica sarà unitaria, saranno sempre presenti irreversibilità ma queste saranno le minime ottenibili; le restanti irreversibilità saranno inevitabilmente presenti. In questo punto il dispositivo analizzato presenta i massimi costi di investimento per quanto detto prima. In modo del tutto simile il termine \7][

_` viene definito nel punto in cui la macchina presenta la minima efficienza exergetica raggiunta e seguito di una selezione di parametri termodinamici che peggio fanno lavorare la macchina (asintoto orizzontale in Figura 1.3). Sarà sempre presente un inevitabile costo di investimento che è quello associato alla presenza fisica della macchina stessa (per quanto male stia lavorando). Tutto quanto detto viene schematicamente riassunto dalla Figura 1.3. Si può finalmente giungere a quantificare l’exergia inevitabilmente distrutta per un generico punto di funzionamento (variabile in funzione dell’efficienza exergetica) e per un generico elemento k di impianto come [5]:

1, ,3 = ., ,3d 1

.e (1.33)

(18)

18

Figura 1.3: Relazione tra i costi di investimento ed exergia distrutta per unità di exergia dei prodotti (da [5])

Il pedice ‘A’ rappresenta il punto di funzionamento della macchina. Il costo dell’exergia inevitabilmente distrutta vale:

I1, ,3 = f/, 1, ,3 (1.34)

Mentre i costi di investimento inevitabili valgono:

H ,3 = ., ,3d H

.e (1.35)

È banale affermare che le componenti evitabili saranno calcolate come complemento rispetto alla quantità totale.

1.3.6 Introduzione all’analisi exergoambientale (o exergoenvironmental analysis) Da sempre si è cercato, percorrendo differenti strade, di quantificare l’impatto ambientale causato da un sistema di conversione energetico. Un approccio proposto è quello secondo cui l’impatto ambientale viene quantificato in termini di costo termo-ecologico (la cui unità di misura è l’exergia e quindi il Joule) vale a dire in termini di consumo di exergia non rinnovabile

dghi

ghje

k lm

d n ghje

k lm

nk,o

ghj,k,o

ghi,k,o

ghj,k,o ghi

ghj,k=p − qkrr

qkrr sj,k= nk,o

ghj,k,o

(19)

19 come proposto da Szargut (2007) [11]. Questo tipo di analisi fu proposta in chiave critica alla sola ottimizzazione termodinamica nella quale si mirava a minimizzare la generazione di entropia; in questo modo, infatti, non si teneva conto delle pregresse generazioni di entropia che erano associate alla produzione di semi-lavorati o più in generale ai prodotti non finiti.

Precedentemente, infatti, tutti i sistemi aventi a che fare con forme di energia rinnovabile non venivano ottimizzati dal momento che si presupponeva che tutte le irreversibilità associate a suddetti sistemi non avessero ripercussioni sull’ambiente. In questo modo, però, non si valutava l’impatto causato dalla costruzione dei sistemi che avrebbero poi utilizzato forme di energia rinnovabile come ad esempio i collettori solari termici. Stessa cosa dicasi per la geotermia dove la natura rinnovabile della risorsa portava spesso a trascurare l’impatto generato dalla perforazione dei pozzi.

Altri autori come Frangopoulos (1997) hanno, invece, iniziato a quantificare in termini monetari l’impatto ambientale causato da un certo tipo di attività proponendo un’analisi di tipo economo-ambientale (environomico) [12]. Con quest’analisi oltre ai costi ambientali internalizzati (che sono quelli associati ai sistemi di tutela ambientale che vengono internalizzati per l’appunto all’interno del prezzo finale pagato dal consumatore) vi è la necessità di internalizzare altri costi ambientali legati alle attività. Questi costi ambientali non pagati sono chiamati costi ambientali esterni e sono tutti quelli che non prendono parte al processo produttivo principale ma devono necessariamente essere quantificati in qualche modo e dal punto di vista energetico e dal punto di vista economico.

Sulla scia dell’analisi exergetica si è diffusa negli ultimi anni un’ulteriore analisi che mira alla valutazione dell’impatto ambientale dei sistemi di conversione energetici combinata all’analisi dei flussi di massa e di energia. Questo tipo di analisi associa ai flussi exergetici dei coefficienti di impatto ambientale specifici definendo così dei flussi di impatto ambientale.

Un’analisi di questo tipo prevede di valutare l’LCA (Life Cycle Assessment) di ogni singolo componente di impianto con l’obiettivo di quantificare l’impatto ambientale in termini di consumo di risorse naturali ed emissioni [4]. La quantificazione dei flussi di input e di output da ogni singolo componente viene denominata Life Cycle Inventory (LCI); in questa fase tutte le emissioni sono riportate su unità di volume o di massa. L’impatto ambientale viene quantificato a mezzo di indicatori: in passato l’indicatore Eco-Indicator 99 (ECO-99) veniva adoperato per tutti i sistemi energetici (e rimane ancora il più utilizzato) mentre ultimamente l’Eco-Indicator 95 (ECO-95) e il Cumulative Exergy Consumption (CExC) viene adoperato per i sistemi a ciclo frigorifero e per i sistemi a ciclo aperto con turbina a gas. Per poter convertire

(20)

20 l’emissione di inquinante in indicatore si esegue il Life Cycle Impact Assessment (LCIA) e più è elevato il valore dell’indicatore tanto più è elevato l’impatto ambientale causato dall’inquinante.

Tabella 1.1: Punti Eco-Indicator per diversi inquinanti ed impatto associato alla produzione di 1 kWh di energia elettrica in Germania [4]

I principi che regolano l’analisi ambientale sono le semplici equazioni citate in precedenza di bilancio di massa e di energia associate ad ogni singolo componente costituente il sistema. In base all’LCIA eseguito l’impatto ambientale tu viene espresso in termini di Pts/s (o mPts/s) dove per Pts intendiamo punti Eco-Indicator (se facciamo riferimento all’ECO-95 o all’ECO-99) oppure in termini di kJ (o exergia cumulata se facciamo riferimento al CExC). In letteratura viene proposto un confronto tra i vari indicatori da Morosuk (2012) [13]. Facendo riferimento all’indicatore più utilizzato cioè l’ECO-99, l’impatto ambientale viene calcolato associando al flusso exergetico un impatto ambientale specifico (espresso come Pts/GJ di exergia) in completa analogia all’assegnazione dei costi specifici ai flussi exergetici condotta nell’analisi exergonomica.

tu = vu u (1.36)

Anche qui, “legando” l’exergia all’impatto ambientale avremo diversi componenti di impatto ambientale che saranno di natura: chimica, fisica, cinetica e gravitazionale proprio come le componenti che definiscono l’exergia. Per poter definire un’equazione di bilancio di impatto ambientale per un generico componente di impianto bisogna introdurre un nuovo termine che va sotto il nome di impatto ambientale del componente w il quale tiene conto di tre diversi tipi

(21)

21 di impatto ambientale che vengono generati nel corso della vita del k-esimo elemento in questione. Possiamo quindi scrivere che:

w = wQ + w R+ w1 (1.37)

Dove wQ definisce l’impatto ambientale causato dalla fase di costruzione dell’elemento (che include produzione, trasporto ed installazione dello stesso), w R è l’impatto causato dalla fase di manutenzione e gestione del componente (include la fase di formazione dell’inquinante) e w1 rappresenta l’impatto generato dalla fase di dismissione del componente. Tutti i valori di impatto ambientale sono valutati a seguito di un LCA eseguito sul componente in analisi. È importante specificare che l’impatto ambientale generato dal consumo della risorsa primaria e dall’emissione in quanto tale non è associato ad alcun tipo di flussi exergetico ma viene computato all’interno del termine w R.

;:

Figura 1.4: Rappresentazione schematica di un bilancio ambientale applicato al k-esimo elemento

Facendo riferimento alla Figura 1.4 il bilancio di impatto ambientale viene scritto come:

tu, , -

- uxW

+ w = tu, ,OyN

z uxW

(1.38)

Con una notazione più generale nella quale si considerano i flussi dei fuel e dei product e considerando separatamente il termine legato alla formazione di inquinante t./ (l’apice PF sta per pollutant formation) nel corso del funzionamento del k-esimo elemento [6]:

k-esimo elemento

tW, , - tW, ,OyN

t%, ,OyN

t-, ,OyN t%, , -

t-, , -

w

(22)

22

t/, + w + t./ = t., (1.39)

Il termine t./ risulta essere uguale a zero ogni qual volta all’interno del k-esimo elemento non si realizzano reazioni chimiche come ad esempio avviene nelle turbomacchine, negli scambiatori di calore o nei componenti dissipativi. In analogia all’analisi exergonomica, anche nell’analisi ambientale quando i flussi in uscita sono maggiori di uno necessitiamo di equazioni ausiliarie di impatto ambientale le quali vengono definite in base ai principi di tipo F e di tipo P. Analogamente all’analisi exergonomica, anche nell’ambito dell’analisi ambientale definiamo alcuni parametri caratteristici come l’impatto ambientale associato all’exergia distrutta (sempre riferita ad un generico componente d’impianto):

t1, = v/, 1, (1.40)

Definiamo la differenza relativa di impatto ambientale come:

C{, = v., − v/,

v/, =1 − 0

0 + w

t1,

(1.41)

Infine definiamo il fattore exergoambientale come:

B{, = wQ wQ + t1,

(1.42)

È necessario anticipare, che questo tipo di analisi (vale a dire quella exergonomica ed exgeroenvironomica) non sarà portata avanti in questo lavoro dal momento che quest’approccio necessita della conoscenza accurata e della struttura impiantistica e dei flussi di inquinanti che sono presenti nelle differenti trasformazioni. È preferibile pertanto portare avanti un’analisi termoeconomica di sistema dove cioè i flussi, oggetto di analisi, saranno esclusivamente quelli in ingresso ed in uscita dal sistema.

(23)

23

Capitolo 2 :Ottimizzazione termoeconomica di sistema

2.1 Vantaggi dell’ottimizzazione termoeconomica di sistema

Come abbiamo visto nel precedente capitolo, un’ottimizzazione exergonomica consente di determinare l’incidenza (in termini di exergia distrutta e quindi di costo ad essa associata) di ogni singolo componente di impianto. Questo metodo necessita quindi a priori della conoscenza della struttura impiantistica dell’intero sistema. Per poter determinare, infatti, i flussi exergetici in ingresso ed in uscita dal componente e per poter valutare l’entità dell’exergia distrutta dallo stesso, non solo dobbiamo conoscere le specifiche di progetto dei flussi in ingresso al sistema ma dobbiamo allo stesso tempo conoscere le prestazioni di ogni singolo componente per poter valutare l’exergia distrutta e conseguentemente i costi associati al processo di distruzione exergetica.

Potrebbe essere utile, però, eseguire una preliminare fase di ottimizzazione del sistema trattando tutto ciò che vi è all’interno dello stesso come qualcosa di “ignoto” ovvero come una

“black box”. In questo modo potremmo trattare (e anche confrontare), in modo del tutto analogo, sistemi termodinamicamente molto diversi tra loro.

Il vantaggio di un metodo siffatto è quello di non dover conoscere in dettaglio la struttura impiantistica dell’intero sistema anche se la virtù principale è di tipo concettuale. L’approccio al progetto termodinamico veniva, in passato, lasciato alla sola interpretazione del progettista il quale creava un progetto valido a livello di impianto che, però, rischiava di avere prestazioni notevolmente scadenti a livello di sistema. Precisiamo che per impianto intendiamo l’insieme delle componenti fisiche che portano alla conversione energetica della risorsa primaria e alla produzione di potenza mentre per sistema intendiamo una “scatola” all’interno della quale entra la risorsa primaria ed escono: il prodotto finito (nel nostro caso quasi sempre potenza elettrica), le irreversibilità associate al processo di conversione e i prodotti di scarto. Creare un progetto in sé valido non vuol dire aver creato un progetto realmente valido. Un progetto risulta realmente valido se è tale a livello di sistema. Questo vuol dire che ottimizzare exergonomicamente le componenti di impianto non vuol dire ottimizzare il sistema in quanto tale. L’analisi exergonomica deve essere inevitabilmente condotta a seguito di un’ottimizzazione di sistema di modo che ad essere ottimizzato sia prima il sistema e poi le componenti in esso presenti. In questo modo abbiamo il vantaggio di poter trascurare la struttura impiantistica del sistema di conversione; vale a dire possiamo trascurare tutto ciò

(24)

24 che è presente all’ “interno della scatola” per valutare la fattibilità termo economica del progetto solo ed esclusivamente a livello di “sistema”.

2.2 Obiettivi dell’ottimizzazione termoeconomica di sistema

Prendendo spunto da Franco (2002) [14], possiamo asserire che in un processo di ottimizzazione di sistema, viene definito un fattore di guadagno B, che tiene conto del costo del combustibile, del prezzo minimo di vendita dell’energia prodotta dal sistema e del costo delle componenti di impianto.

B, = | - − f}y ~0 − IOz O- -N (2.1)

Nella relazione (2.1) i due termini | - e f}y ~ rappresentano rispettivamente il prezzo minimo dell’energia prodotta ed il costo specifico del combustibile entrambi espressi come €/kWh.

Il termine è chiaramente l’energia prodotta dal sistema mentre IOz O- -N rappresenta il costo dei componenti espresso in euro. Definito il fattore di guadagno del sistema, a questo punto è utile fare una differenziazione tra i differenti sistemi energetici. Prendendo in esame sistemi di conversione che utilizzano risorse energetiche rinnovabili potremmo asserire che il costo del combustibile (inteso come costo fisico del combustibile) ad esso associato è nullo per effetto del concetto di rinnovabilità della risorsa.

Non modificando alcunché è evidente che un sistema che utilizza una risorsa rinnovabile avrà un maggiore fattore di guadagno; dobbiamo capire se questo basta a preferire (da un punto di vista esclusivamente termoeconomico) un sistema a fonte rinnovabile ad un sistema a combustibile fossile tradizionale.

Figura 2.1: Rappresentazione schematica di un bilancio di flussi exergetici

(25)

25 Come mostrato dalla Figura 2.1 è evidente come il bilancio dei flussi exergetici applicato ad un generico sistema di conversione energetica debba contemplare tre termini: il flusso exergetico in ingresso, la potenza prodotta dall’impianto ed il flusso delle irreversibilità.

Da un punto di vista termoeconomico, però, il flusso economico associato alle irreversibilità deve essere inteso come costo delle irreversibilità dal momento che “tutto ciò che perdiamo”

va inteso come mancato ricavo; la rappresentazione schematica dei flussi economici diventerà:

Figura 2.2: : Rappresentazione schematica di un bilancio termoeconomico di sistema

Associando dei costi specifici ai flussi di materia, anche l’equazione di bilancio termoeconomico dovrà tener conto dei termini fondamentali che costituiscono l’equazione di bilancio exergetico; definiremo allora: il costo specifico delle irreversibilità f [€/kWh], il prezzo minimo di vendita dell’energia | - [€/kWh], ed il costo specifico del combustibile f}y ~ [€/kWh] [15]. L’equazione di bilancio termoeconomico diventerà allora:

f}y ~ -+ I-+ f = | - OyN (2.2)

Prendendo in esame un sistema di conversione energetica a fonte rinnovabile dove f}y ~ = 0 il sistema in sé diventa termoeconomicamente conveniente solo e soltanto se:

I- < | - OyN− f (2.3)

(26)

26 Vale a dire se e soltanto se i costi sostenuti a livello di sistema saranno inferiori rispetto alla differenza tra il ricavo minimo ed i costi associati al flusso delle irreversibilità; questa differenza viene per l’appunto definito costo massimo sostenibile.

Iz€] = | - OyN− f (2.4)

La relazione (2.3) che attesta la sostenibilità termoeconomica di un sistema energetico diventa allora:

I- < Iz€] (2.5)

Il costo massimo sostenibile può essere espresso in funzione del tempo t vale a dire delle ore di funzionamento annuali:

Iz€] = U| - − f VP (2.6)

Possiamo ora pensare di assegnare dei valori ai flussi di costo specifici delle irreversibilità, al prezzo minimo di vendita; per esempio possiamo pensare di assegnare al prezzo minimo di vendita un valore pari a | - = 0,1 €/= ℎ e alle irreversibilità un costo specifico che sia compreso tra zero (sistema termodinamicamente efficiente) e | - (sistema termodinamicamente non efficiente). Come valore iniziale possiamo assegnare a f = 0,05 €/= ℎ vale a dire un valore proprio pari alla metà del prezzo minimo di vendita dell’energia prodotta. Dalla relazione (2.6) si comprende come il termine Iz€] rappresenti il massimo costo sostenibile in riferimento al periodo P oltre il quale l’impianto può essere considerato termoeconomicamente in perdita.

Il vantaggio di un approccio di questo tipo è che questo metodo mostra una maggiore versatilità rispetto al metodo exergonomico ed in più non richiede aggiustamenti particolari a seconda del sistema considerato. In letteratura [16], [17], [18] e [15] l’ottimizzazione termoeconomica di sistema è stata applicata prevalentemente per la valutazione dell’impatto termoeconomico dei cicli combinati a gas-vapore e dei cicli combinati a biomassa; con questo lavoro ci proponiamo invece di applicare lo studio di fattibilità termoeconomica agli impianti

(27)

27 geotermoelettrici associati a serbatoi geotermici a media-bassa entalpia. Prima di addentrarci nello studio termoeconomico dei sistemi geotermici, facciamo qualche breve introduzione a sistemi di conversione energetica “tradizionali” per poi fornire un confronto tra i diversi sistemi.

2.3 Valutazione termoeconomica di sistemi energetici differenti

In questa sezione ci proponiamo di mettere a confronto, da un punto di vista termoeconomico, sistemi energetici diversi al variare della tecnologia adoperata. Cercheremo di evidenziare pregi e difetti dei diversi sistemi proponendoci di fornire in ultima istanza una panoramica generale delle diverse tecnologie.

2.3.1 Analisi termoeconomica di una centrale termoelettrica a carbone

Una centrale a carbone tradizionale rappresenta, forse, il più classico sistema di conversione energetica presente in circolazione. I flussi energetici da considerare sono: il combustibile in ingresso, la potenza termica erogata in uscita e le irreversibilità exergetiche prodotte. Per questo tipo di impianto facciamo riferimento ad alcuni dati presi da Sanpasertparnich (2009) [19], curandoci di fissare la potenza prodotta dall’impianto pari a 400 MW. La portata di combustibile potrà essere calcolata dal bilancio sul sistema imponendo il potere calorifico inferiore (LHV) del combustibile pari a 24 MJ/kg (carbone di tipo ‘Illinois#6’) con una composizione molare del tipo I„ ,……†J ,WW + , %X> , W…%J# ,WA . Considerando un’efficienza media del sistema di conversione che nel nostro caso prenderemo pari al 45% le irreversibilità possono essere calcolate come:

= 1 − 0#

0

(2.7)

Sotto le nostre ipotesi avremo un flusso di irreversibilità pari a 489 MW. Questo ci porta a dire che in ingresso dovremo avere un flusso exergetico pari a 889 MW. Per calcolare la portata di combustibile dobbiamo conoscere l’exergia specifica associata al nostro fuel. Per poter valutare il contenuto exergetico di un combustibile fossile facciamo riferimento a [3] dove per

(28)

28 calcolare l’exergia del fuel bisogna determinare il parametro ‡ˆ ‰ (riferito alla sostanza secca) definito come:

ˆ ‰= Š‹‹

Œ

‹‹

• 1,0437 + 0,1882„

I + 0,0610J

I + 0,0404>

I "’ J

I < 0,667 1,0438 + 0,1882 „I − 0,2509\1 + 0,7256„

I` + 0,0383>

I

1 − 0,3035 JI "’ 0,667 <J

I < 2,67

(2.8)

Riportiamo nel seguito la composizione in peso del nostro carbone:

ELEMENTO COMPOSIZIONE

C 0,607

H 0,045

O 0,089

S 0,038

N 0,013

CENERI 0,089

UMIDITA’ (W) 0,118

LHV (MJ/kg) 24,0

Tabella 2.1: Composizione elementare del carbone

Nel nostro caso il rapporto O/C vale 0,147; applicando quindi la prima relazione della (2.8) possiamo verificare che il termine ‡ˆ ‰ di sostanza secca vale 1,067. Possiamo ora calcolare l’exergia specifica riferita al combustibile come:

-, O€~= U”„• + ℎ},V‡ˆ ‰+ 9417+ (2.9)

}, rappresenta l’entalpia specifica dell’acqua alla temperatura ambiente e vale 2442 kJ/kg.

Nel nostro caso l’exergia specifica del carbone è uguale a 26,3 MJ/kg il che vuol dire che la portata di combustibile in ingresso al sistema dovrà essere pari a 33,8 kg/s. Imporremo un funzionamento della centrale di 8000 ore/anno, la rappresentazione schematica dei flussi exergetici in ingresso, della potenza prodotta e delle irreversibilità viene mostrata in Figura 2.3. Applicando l’equazione di bilancio termoeconomico possiamo asserire che il sistema impianto termoelettrico a carbone sarà termoeconomicamente conveniente se:

(29)

29

I- < | - OyN− f − I}y ~ (2.10)

Figura 2.3: Rappresentazione schematica dei flussi exergetici in ingresso ed in uscita da una centrale termoelettrica a carbone

Per valutare il I}y ~ consideriamo un costo unitario del carbone (anche se questo varia considerevolmente da Stato a Stato a seconda che questo sia esportatore o importatore) pari ad 100 US$/tonn (valore indicativo) vale a dire 77,5 €/tonn [20]. Fissati questi parametri avremo:

I- < – 0,1 ∙ 400# − 0,05 ∙ 489#˜ ∙ 8000

1000 − 0,0775 ∙ 33,8 ∙ 8000 ∙ 3600#

1000000 = 49 L€ (2.11)

Precisiamo che questi costi “in ingresso” vanno intesi come somma dei costi di investimento sostenuti annualmente, dei costi di gestione e manutenzione dell’impianto, dei costi di impianto e di costi vari accessori. Si ricorda che questo costo rappresenta il limite massimo oltre il quale l’impianto è termoeconomicamente in perdita.

Alla luce di quanto visto possiamo ora vedere come varia l’andamento dei costi massimi sostenibili in funzione del rendimento di impianto per una potenza fissata pari a 500 MW (si presuppone un periodo di funzionamento annuale pari a 8000 ore); l’andamento dei costi massimi sostenibili è mostrato in Figura 2.4.

La valutazione dei costi massimi può essere eseguita con due criteri diversi: il primo criterio (quello tradizionale usato in questa sezione) prevede di assegnare alle irreversibilità un costo specifico di 0,05 €/kWh, il secondo criterio (usato nella sezione relativa ai casi studio) prevede di assegnare alle irreversibilità un costo che sia proporzionale al peso che le irreversibilità hanno rispetto alla potenza erogata dall’impianto.

(30)

30 Il secondo criterio “nasce” dall’esigenza di “penalizzare” gli impianti le cui irreversibilità pesano per più del 50 % rispetto alla potenza erogata dall’impianto. In parole povere lì dove le irreversibilità sono maggiori, l’impianto avrà un minore margine di costo vale a dire il costo massimo sostenibile sarà inferiore (a parità di potenza), penalizzando quindi la relazione I- < Iz€].

Se col primo criterio si associa alle irreversibilità un costo che è pari alla metà del prezzo minimo di vendita (perché si presuppone che le irreversibilità abbiano un’incidenza economica del 50 % sulla potenza erogata dall’impianto), col secondo criterio assegniamo alle irreversibilità un costo che è proporzionale al rapporto tra le irreversibilità e la potenza erogata.

Figura 2.4: Andamento dei costi massimi sostenibili in funzione del rendimento

In Figura 2.4 vengono proposte delle linee di tendenza (con rispettivi coefficienti di correlazione) che meglio approssimano l’andamento dei costi massimi sostenibili in funzione dell’efficienza di impianto. Si constata come l’andamento dei costi non sia lineare e come l’andamento polinomiale sia quello che meglio caratterizza la curva dei costi massimi. È evidente come mantenendo fissa la potenza di impianto a 500 MW ed incrementando, invece, il rendimento di impianto i costi massimi sostenibili aumentino (e quindi l’impianto diventi termoeconomicamente più valido) dal momento che diminuiscono i costi delle irreversibilità

Cmax= 17,6η- 13,2 R² = 0,976

Cmax= -0,67η2+ 28,92η - 47,18 R² = 1

-50 0 50 100 150 200 250 300

0,39 0,41 0,43 0,45 0,47 0,49 0,51 0,53 0,55 0,57 0,59 0,61 0,63 0,65 0,67 0,69

M€

Andamento dei costi massimi in funzione di eta

C max Lineare (C max) Poli. (C max)

(31)

31 con andamento che potremmo (a buon diritto visto i coefficienti di correlazione) considerare esponenziale decrescente come mostrato in Figura 2.5.

È chiaro come a diminuire non sia solo il costo delle irreversibilità ma anche il costo legato all’acquisto del combustibile; prendendo in riferimento il caso di un impianto da 500 MW il costo delle irreversibilità diminuisce del 56% (perché le irreversibilità passano dall’essere 611 MW a 269 MW) mentre il costo del combustibile diminuisce del 31% (perché la portata passa dall’essere 43 kg/s a 30 kg/s). Le due componenti messe insieme spiegano il perché dell’andamento mostrato in Figura 2.4.

Figura 2.5: Andamento delle irreversibilità all'aumentare del rendimento

2.3.2 Analisi termoeconomica di un impianto a ciclo combinato

Come sappiamo un impianto a ciclo combinato prevede la combustione di gas naturale nel topping cycle (nel quale produciamo potenza utile a scapito della perdita di entalpia dei prodotti di combustione del gas naturale), i fumi caldi alimentano poi un generatore di vapore a recupero nel quale l’acqua in ingresso vaporizza per poi espandere in una turbina.

I = 3862,5e-4,09η R² = 1 I= -1701η + 1360

R² = 0,988

I= -929,4ln(η) - 138,8 R² = 0,997

0 100 200 300 400 500 600 700

0,45 0,5 0,55 0,6 0,65

Ir re v e rs ib il it à [ M W ]

η

Andamento delle irreversibilità in funzione di eta

ANDAMENTO DELLE

IRREVERSIBILITA' IN FUNZIONE DI ETA

Espo. (ANDAMENTO DELLE IRREVERSIBILITA' IN FUNZIONE DI ETA)

Lineare (ANDAMENTO DELLE IRREVERSIBILITA' IN FUNZIONE DI ETA)

Log. (ANDAMENTO DELLE IRREVERSIBILITA' IN FUNZIONE DI ETA)

(32)

32 Faremo riferimento ad una taglia impiantistica media di riferimento di 400 MW (es. impianto di Tocopilla-Cile) nel quale il rendimento medio di impianto si attesta a valori dell’ordine del 55%. Facendo riferimento ai flussi exergetici in Figura 2.6 possiamo quantificare la portata di gas naturale in ingresso al sistema.

Figura 2.6: Rappresentazione schematica dei flussi exergetici in ingresso ed in uscita da un impianto a ciclo combinato

Facendo riferimento a Kotas (1985) [3], il termine ‡ (che ricordiamo essere il rapporto tra l’exergia del combustibile ed il potere calorifico dello stesso) varia in un range molto stretto all’incirca pari a 1,04 il che vuol dire che l’exergia del gas naturale è pari a 52 MJ/kg. Nota l’exergia specifica del gas naturale, la portata di gas è facilmente calcolabile dal bilancio exergetico come rapporto tra il flusso exergetico in ingresso e l’exergia specifica del gas e risulta essere uguale a 14 kg/s.

Considerando un periodo di funzionamento annuale di 8000 ore, il costo associato al consumo di gas sarà quantificabile in funzione del costo specifico del gas naturale stimato attorno a valori medi pari a 3,6 US $/MMBtu (http://www.eia.gov).

Considerando che 1Btu vale 0,00105435 MJ, nell’intervallo di tempo considerato di 8000 ore, nella centrale a ciclo combinato in questione, introduciamo un’energia termica pari 21 ∙ 10š L›. Il costo associato al consumo di fuel sarà quantificabile come:

I}y ~= 3,6 ∙ 8000 ∙ 3600 ∙ 727#

0,00105435 ∙ 10œ# ∙ 10œ∙ 0,775 = 55,4 L€ (2.12)

Noto il costo del fuel, è subito possibile calcolare il costo massimo sostenibile nota l’energia prodotta annualmente dall’impianto e le irreversibilità dello stesso:

Riferimenti

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