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CAPITOLO 1
Paragrafo1. Sguardo introduttivo
Come si osserva “La teoria della neutralizzazione del delinquente pericoloso rompe con i principi fondamentali del diritto penale: concentra l'attenzione sulle azioni future e sull'analisi degli individui e delle loro situazioni in termini generali, prendendole a motivazione della pena detentiva in generale, mentre dovrebbero esserlo solo in una minoranza di casi davvero
particolari”1. La società del XX secolo è spesso delineata come pericolosa,
studi sociologici confermano come si sia generata una vera e propria” società
del rischio”2 che apre le porte ad un aumento delle fonti di pericolo. Questa
aggettivazione che sintetizza la visione collettiva sottolinea come nel contesto del progresso scientifico tecnologico la società abbia acquisito un ruolo di sorgente di incalcolabili pericoli. “ Viviamo in una società
pericolosa”3 Lo sviluppo tecnologico e scientifico infatti hanno portato con sé
un’infinità di conflitti, una pluralità di valori che difficilmente si convogliano verso un’analisi strutturale unificatrice. L’ipertrofia e la crescita esponenziale delle conoscenze hanno condotto verso un ampliamento esponenziale delle fonti di rischio e con questo un aumento delle pericolosità che fanno capo proprio alla società. Con l’utilizzo del termine pericolosità non si vuole soltanto indicare una nozione collettiva ossia una nozione che faccia
1
. T. Mathiesen, Perché il carcere? Edizioni Gruppo Abele, Torino,1996.
2
Il termine società del rischio è utilizzato nell’opera del sociologo tedesco Ulrich Beck mediante identifica la nascita della società del rischio con la diffusione di
reali pericoli legati alla non controllabilità degli effetti collaterali del progresso tecnologico ed industriali. “ Le conseguenze sociali sono tipicamente danni, per essere precisi, particolari
problemi collaterali di determinati gruppi che non mettono mai in questione i benefici socialmente evidenti dello sviluppo tecnologico in quanto tale.[…] Le differenze nella valutazione delle “conseguenze sociali” presuppongono sempre un consenso sul modo in cui si compie lo sviluppo tecnologico. Questo consenso sulle questioni centrali dello sviluppo tecnologico è fortificato da una ben collaudata opposizione comune all’“ostilità nei confronti della tecnica”, al “luddismo”, alla “critica della civiltà”.» (Beck 1986, pag 276 ss)
3
G. Traverso, Giuidizio di pericolosità e suo accertamento, in Rivista di medicina legale,1987, Pag 870 ss
2 riferimento ad una summa di soggetti in un contesto allargato, quanto piuttosto , la si riferisce ad ogni singolo soggetto. Nell’humus di un incontrollabile sviluppo ogni singolo soggetto potrebbe in un’ottica molto Hobbesiana fungere da lupus nei confronti degli altri hominis. Sul substrato di questa analisi si evidenzia come avvenga una focalizzazione della comunità giuridica sia da un punto di vista legislativo che dottrinale verso una risposta a questa problematica.
Ed il linea con questa tendenza è evidente come sia avvenuta una persistenza dell’ordinamento dell’utilizzo questa nozione, si può collegare questo fenomeno a tre imprescindibili funzioni attribuibili d essa. Può svolgere: una funzione strumentale che fa capo ad una ”legittimazione di
pratiche di internamento e segregazione dell’individuo pericoloso”4, una
funzione paradigmatica collegata “ al simbolismo di pena come
neutralizzazione del fatto delittuoso”5 ed infine una funzione mitica in
riferimento agli stereotipi che” allo stesso tempo realistici e fantastici, ma che comunque concorrono a rendere trasparenti ed a rafforzare le insicurezze del gruppo sociale di fronte alla violenza manifesta di qualche
individuo”6 . Il background sul quale si innesta la predisposizione di
strumenti di neutralizzazione del delinquente pericoloso fu dunque il sorgere dell’esigenza nei consociati di un diritto penale che predisponesse delle effettive risposte ad un evidente bisogno di sicurezza. Escalation di questa percezione di insicurezza collettiva che ha condotto il diritto penale in primis ad abbandonare una concezione di pena meramente retributiva ed in secundis a riversare sempre di più la dogmatica verso una predisposizione di strumenti penali congegnati a tutela delle esigenze di sicurezza e di protezione. Con il susseguirsi del tempo se si contestualizza la problematica in una società come quella attuale, ossia segnata dalla recessione sociale, 4 Ibidem,871 5 Ibidem ,871 6 Ibidem,871
3 dalla globalizzazione della criminalità e dall’annullamento dei confini territoriali, emerge sempre di più questa sensazione contemperata però anche dall’esistenza di una tutela della dignità e della libertà personale dei soggetti reputat
i pericolosi quali destinatari inevitabili dei provvedimenti restrittivi costituiti a conseguenza di queste politiche. L’ordinamento penale da sempre predispone delle soluzioni che si strutturano nell’ottica di una neutralizzazione intesa in senso di sottoposizione del soggetto reputato pericoloso a misure il cui intento è il suo allontanamento temporaneo dalla
collettività.7 Questo avviene sia nella fase del processo che dell’esecuzione
dove per giunta vengono previsti statuti differenziali ossia trattamenti calibrati al grado di pericolosità. Prima di entrare nel dibattito giuridico deve essere posta prodromicamente una questione: Chi è individuato dall’ordinamento come il soggetto socialmente pericoloso? O anche come si individua un soggetto qualificabile in tale misura? Interrogativo a cui lo stesso legislatore da delle risposte prevedendo uno statuto del soggetto pericoloso che si articola in più piani. Da un lato prevede una nozione ampia di pericolosità sociale come prognosi di una tendenza delittuosa del soggetto
individuata dall’art 2038 cui fa conseguire la suscettibilità a misure di
sicurezza. Qui la qualificazione è incentrata sulla valutazione prognostica giudiziale che richiama come criterio di determinazione le circostanze che
fanno riferimento all’art 133. 9L’analisi del magistrato si pone nell’ottica di
un’ipotetica valutazione di conformità ai dettami della legge penale del comportamento futuro del soggetto. Se si ipotizza come contrario ne farà conseguire la necessaria sottoposizione ad una misura che funga da tutela preventiva della collettività che dalle azioni del soggetto si troverebbe lesa.
4 Questa situazione avviene sia nell’ ipotesi dei soggetti imputabili per i quali si assomma alla pena classicamente intesa sia per i soggetti non imputabili per i quali invece assumerà le caratteristiche di unica sanzione prevedibile. L’ordinamento per questo giudizio di accertamento pone in capo al giudice la legittimità di una valutazione discrezionale confinata entro il riferimento ai parametri annoverati al’art 133. Si evidenzia inoltre che aldilà di questa macrocategoria di delinquente inteso come pericoloso, da un altro lato predisponga delle configurazioni specifiche e normativamente tipizzate di delinquente pericoloso ossia macrocategorie qualificate quali l’ abitualità a delinquere , la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere ed il delinquente recidivo con alcune riserve. In ultimo poi individua categorie di autori di fattispecie di reato che qualifica come pericolosi e le stigmatizza in fattispecie positive come avviene ad esempio con la predisposizione di reati quali la fattispecie individuata dall’art 707 del cp o dall’art 600ter e quater. Un ultimo fronte è fornito in ultimo dal diritto dell’immigrazione dove le recenti innovazioni legislative introdotte dai pacchetti sicurezza del 2008 e
200910 nello specifico in riferimento al diritto penale dell’immigrazione
qualificano l’essere clandestino come requisito di maggiore pericolosità del
delinquente straniero11 e la contravvenzione di clandestinità. Sempre in
riferimento a questo ambito giuridico si evidenzia come prima della
celeberrima sentenza della Corte UE El dridi12 la prassi giudiziaria di
valutazione della pericolosità del reo straniero fosse incentrata sull’emersione del dato della sua clandestinità e sussistenza di segnalazioni
10
Dl 92/2008 conv dalla l 125/2008 e la l 94/2009 da Marco Pellisseo , Pericolosità sociale e
doppio binario
11 Le riforme hanno introdotto all’art 61 n 11bis l’aggravante di clandestinità poi risultato
illegittimo su giudizio della corte costituzionale.
12 Sentenza della corte di giustizia del 28 aprile 2011 che ha riconosciuto il contrasto tra la
direttiva rimpatri (2008/115/CE), dotata di effetto diretto, e il reato ex art.14 del t.u. Immigrazione, inerente l'inottemperanza dello straniero all'ordine di allontanamento, così come previsto nella prima versione, anteriore al d.l. n.89/2011 (convertito dalla l. n.129/11).
5 dattiloscopiche; bastavano questi elementi a permetter di qualificarlo come
pericoloso per la collettività.13
Paragrafo 2. Prevenzione generale o speciale ? Il sistema del doppio binario Con il sistema sanzionatorio formulato sulla logica del doppio binario il codice penale Rocco tentò di conciliare i principi della Scuola Classica di diritto penale con quelli della Scuola Positiva ossia la previsione dell’idea di un uomo libero e responsabile da punire con una pena retributiva quale sanzione per il danno inferto con l’ altro versante ossia una concezione di uomo pericoloso, condizionato da una pluralità dei fattori quali ad esempio
quelli sociali, ambientali, patologici da sottoporre a misure di sicurezza. 14La
scuola positiva le cui radici vanno ricercate nel positivismo della fine del XIX secolo, abbandona il portato della scuola classica fondata sul “libero arbitrio” illuminista, per affermarne all’opposto, il principio del determinismo causale. Questa nuova impostazione si riflette sulla concezione del reato che viene a configurarsi come un fatto in linea con la natura umana individuale e non più come entità giuridica astratta. Diviene quindi espressione della pericolosità del delinquente essendo infatti questo giustificato e determinato assolutamente dalla propria struttura bio-psicologica. Avviene un totale abbandono di riflessioni su categorie quali responsabilità individuale ed imputabilità nell’ottica di una incentramento sulla rilevazione della pericolosità sociale, da intendersi come probabilità che il soggetto sia spinto
a compiere reati. 15La pena in quest’ottica dunque non può più strutturarsi
come mera retribuzione in quanto non troverebbe alcun esito nel soggetto
13
F. Vigano, la neutralizzazione del delinquente pericoloso nell’ordinamento italiano, in
Rassegna Italiana diritto e procedura penale, 2012, pag 1352 ss.
14 T. Padovani, La Pericolosità sociale sotto il profilo giuridico in Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense. Vol. 13: Psichiatria forense generale e penale.,Milano, 1990 pag 313 ss
6 se strutturalmente determinato, ma deve esporsi in un’ottica di difesa sociale dei consociati. Queste due istanze derivanti dalle teorizzazioni delle due scuole del diritto penale, scientificamente ed ideologicamente diametralmente opposte, vengono sincreticamente cucite nelle maglie del codice Rocco smorzate negli eccessi teorici legati alle proprie monistiche idee. Si rileva come la pericolosità sociale diventi il presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza e non della pena, come questa venga a raffigurarsi come caratteristica eventuale, non necessaria, non obbligatoriamente permanente dell’autore del reato. In special modo il giudizio di pericolosità dovrà essere agganciato all’analisi del fatto commesso non potendo prescindere da questo requisito. Le uniche eccezioni sono da riscontrarsi nel reato impossibile e nell’istigazione a delinquere non accolta
come previsto dagli articoli 49 cp16 e 11517 del cp . Mentre la pena è dunque
comminata da un’ottica di prevenzione generale la misura di sicurezza si spinge in un’ottica di prevenzione speciale mediante la riabilitazione e la neutralizzazione a seconda delle caratteristiche personologiche del soggetto. 18
Sottolineiamo come la neutralizzazione si predispone come immanente dato che si pone in linea con l’indeterminatezza delle misure stesse ex at 207cp Riprendendo i risultati della scuola positiva si nota come il comportamento criminoso non si identificava come meramente riconducibile alla volontà del soggetto ma evidenziava come su di lui agissero inevitabilmente fattori legati sia alla società sia a sue caratteristiche interne. In tal senso una volta che fossero venute alla luce queste circostanze nella società l’evento criminoso era necessariamente determinato a compiersi. Nella prospettiva sociologica questa visione deterministica del crimine riconduceva ad un’idea che muoveva a ricercare nella società stessa dunque le cause che determinavano necessariamente il comportamento delittuoso.
7 Nasce cosi nella prospettiva sociologica un determinismo sociale che trova il suo equivalente contrapposto nel determinismo biologico lombrosiano. Cesare Lombroso fu pioniere del nuovo approccio dello studio criminologico che fa dell’indirizzo individualistico il suo elemento essenziale: lo studio del reato viene a focalizzarsi sulla personal del delinquente. Lo studioso si focalizza nello studio biologico del singolo autore di reato facendo convergere tutto l’interesse delle scienze penalistiche verso la personalità del delinquente portando all’estrema conseguenza di una delineazione
addirittura fisiognomica dell’uomo delinquente19. Configura diverse
categorie di delinquenti: il delinquente nato che a prescindere dalle situazioni avrebbe comportamenti antisociali,il delinquente occasionale che non dissimile dagli uomini normali assume rilevanza nel condizionamento comportamentale anche fattori esterni. In quest’ottica dunque il delitto si configura come un evento patologico e biologicamente determinato tanto da dover essere curato come una malattia in un’ottica di neutralizzazione. La descrizione del delinquente nato la cui struttura bio-antropologica annullerebbe completamente la sua attitudine incondizionata ad una scelta,
19
Lombroso individua la costituzione fisica come la più potente causa di criminalità: e, nella sua analisi specifica attribuisce particolare importanza al cranio. Questa attribuzione effettuata da studi sul Brigante Vilella, rileva che nell’occipite, anziché una piccola cresta, c’è una fossa, alla quale dà il nome di “occipitale mediana”. La cresta occipitale interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta cerebellare media o vormiense", che dà ricetto al verme del cervelletto. Questa caratteristica anatomica del cranio viene denominata fossetta di Lombroso in suo onore proprio dal fatto che egli riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti.
Non limitò però la propria indagine al cranio,considerò anche le altre parti del corpo umano arrivando a sostenere che il “delinquente nato” avesse generalmente la testa piccola, la fronte sfuggente, gli zigomi pronunciati, gli occhi mobilissimi ed errabondi, le sopracciglia folte e ravvicinate, il naso torto, il viso pallido o giallo, la barba rada. Influenzato dalle teorie di Darwin, Lombroso sostenne in ultimo che il “delinquente nato” presenta delle caratteristiche ataviche, ossia simili a quelle degli animali inferiori e dell’uomo primitivo; tali caratteristiche renderebbero difficile o addirittura impossibile il suo adattamento alla società moderna e lo spingerebbero sempre di nuovo a compiere reati (C. Lombroso, L’uomo delinquente, Milano, 1876)
8 sollecitò la riflessione sulla configurazione della pena non più come prepondemente espressione di vendetta ma di una difesa.
Paragrafo 3. Passaggio dalla pericolosità presunta alla discrezionalità giudiziale
La problematica relativa al criterio prospettabile per indagare la pericolosità sociale di un soggetto reo pervade l’intera struttura dello sistema penalistico. In primis si delinea come il legislatore del 1930 sanciva nell’art. 204 c.p.,al suo primo comma, la possibilità di accertare la pericolosità mediante l’utilizzo dei parametri previsti all’art 133cp. Il secondo comma invece delinea la cosiddetta pericolosità presunta, ossia prevedeva che nei casi espressamente determinati la qualità di persona socialmente pericolosa fosse presunta dalla legge. Questa categoria era prevista anche per i minori non imputabili, nelle ipotesi di delitto non colposo punibile con l’ergastolo o nel caso di reclusione superiore nel massimo edittale a due anni mentre per i minori imputabili se condannati per delitto commesso durante l’esecuzione di una misura di sicurezza cui erano stati sottoposti perché non imputabili. La predisposizione iniziale prevedeva questa presunzione meramente come eccezione all’accertamento giudiziale che invece fungeva da regola. In realtà la prassi giudiziaria ha dimostrato come situazione fosse grandemente invertita tanto da predisporre la presunzione come criterio principe sottraendo così qualunque filtro di discrezionalità al giudice. Il risultato di un siffatto sovvertimento diede i natali alla predisposizione di un tipo di delinquente delineato in astratto. Nell’ art 202 cp dunque rimaneva una mera possibilità di configurazione della misura di sicurezza nell’ipotesi di accertata giudizialmente pericolosità sociale mentre la disciplina legislativa predisponeva tutta una serie di circostanziate presunzioni che poggiavano le
9 basi sugli status personali, sulla gravità del reato commesso o sulla sua reiterazione. Questa predisposizione era prevista sia per i soggetti non imputabili che semiimputabili e di questo fatto se ne aveva testimonianza negli articolo 229cp, 221cp, 222cp, 225cp, 229cp, 230cp, 234cp, 235cp ed in ultimo all’art 102cp.
Si evince dalla lettura delle norme come la commissione di un reato caratterizzato da un quantum determinato di gravità edittale comportava ipso iure l’internamento del soggetto prosciolto per infermità psichica in un ospedale psichiatrico, del minore non imputabile in un riformatorio giudiziario e del seminfermo nella casa di custodia e cura. Dunque emergeva come anche per i delinquenti imputabili fosse vasta l’area delle presunzioni tale che l’applicazione della misura di sicurezza altro non era che una mera indagine di riscontro sulla presenza o meno di elementi indizianti, senza alcuno spazio per una valutabilità prudenziale. Il sistema era aggravato inoltre dalla previsione di ben determinati archi temporali ai termini dei quali era prevista una mera possibilità di verifica della permanenza in capo al soggetto del requisito di pericolosità che si configurava con il procedimento straordinario del decreto del ministro della giustizia il quale aveva l’onere di stabilire in se in quell’ipotesi poteva avvenire la cessazione della misura. Con l’avvento della costituzione del 1948 e delle sue istanze, le sue tutele ed i principi da essa sottoscritti, avvenne una prima erosione nella configurazione delle misure di sicurezza e dei suoi portati, attuati proprio tramite la previsione dell’abbandono del potere di modifica temporale e revisione della misura di appannaggio del Ministro verso una attribuzione dello stesso in capo all’autorità giudiziaria. A testimonianza di questo cambiamento nella concezione che suffragava la modifica del beneficio ossia come non più inteso quale procedimento quasi grazioso in capo al ministro ma vera e propria possibilità di cui il soggetto era pieno titolare, fu proprio l’attribuzione di questo potere in capo alla magistratura che più risultava
10
idonea e necessaria detentrice del potere.20 Si aprì così un primo spiraglio
nelle teorie che suffragavano questa categoria figura che aveva sempre alle spalle lo spettro delle teoria Lombrosiane. Sembra proprio far riferimento all’indole malvagia nel soggetto, pericoloso anche se solo una volta abbia commesso un delitto non colposo, ed alla descrizione del delinquente nato di cui il reato era la sua inevitabile manifestazione. Questa situazione come prospettava creò moltissime problematiche al giudice che doveva vagliare la configurabilità in astratto del requisito, la cui ragionevolezza e plausibilità erano però spessissimo smentite dai riscontri reali. Nell’impossibilità di eludere le drastiche maglie della presunzioni di pericolosità si tento di aggredirle sul piano della loro legittimità costituzionale. Iniziarono così un’ interminabile serie di eccezioni prospettate alla Corte costituzionale in materia di pericolosità presunta come testimonianza di un vero e proprio malessere verso uno strumento normativo che non faceva altro che duplicare la pena ossia aggiungere alla stessa un’altra sanzione nei confronti dei soggetti responsabili. L’atteggiamento della Corte in un primo momento si delineò come fortemente protettivo nei confronti delle misure definendole sempre come legittime da un punto di vista costituzionale. Dunque erano proprio agli antipodi gli orientamenti conservativi della corte con la tenacia riformista dei giudici di merito. La censura più incisiva però poi fu quella che prospettava una illegittimità per contrasto con l’art 3 della costituzione: tali presunzioni infatti livellando sulla base di valutazioni normative astratte, soggetti suscettibili di una diversa valutazione concreta , prospettando quindi la necessità di ritenere pericoloso anche chi tale non fosse attuavano
20 Predisposizione che avviene proprio con la sentenza della corte costituzionale n 110 del
1974. “dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 207, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui attribuisce al Ministro di grazia e giustizia - anziché al giudice di sorveglianza - il potere di revocare le misure di sicurezza, nonché, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale del secondo comma dello stesso articolo 207 del codice penale, in quanto non consente la revoca delle misure di sicurezza prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge;”
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una irragionevole parità di trattamento violando il principio.21 Con la
sentenza 1 del 1971 si abolì la presunzione di pericolosità dei minori infra quattordicenni prevista all’art 224 2°comma per i quali, nel caso di commissione di un reato, data la loro non imputabilità, era previsto la necessità di scontare una misura di sicurezza senza previa verifica della sussistenza del requisito, dunque una attribuzione non basata sull’id quod
plerumque accidit22 ma che “data la giovanissima età del soggetto la
pericolosità rappresenti l’eccezione”23 ne contrastava a pieno il fondamento.
Per considerare legittime le presunzioni di pericolosità dunque la Corte si riferì al criterio dell’ id quod plerumque accidit” ed una tale configurazione in un primo momento non fu mai stata smentita in tutti i casi portati al vaglio della corte stessa come ad esempio nei casi di abitualità criminosa e professionalità nel reato dove si riteneva essere frutto di una scelta
discrezionale del legislatore24; nel caso di proscioglimento per infermità
psichica dove era evidente un obiettiva difficoltà prognostica25; nel caso dei
minori non imputabili ultraquattordicenni a contrario di quanto previsto per
i minori infra quattordicenni in quanto era riferita a soggetti omogenei26
Questo si sostenne anche nel caso dell’abitualità criminosa e della professionalità del reato perché nella discrezionalità giudiziale si pone lo stigma della criminalità in riferimento ai precedenti penali ed all’indole del nuovo reato sempre in un’ottica di prevenzione criminale. Quello che la
21
T. Padovani, Pericolosità sociale sotto il profilo giuridico cit.
22 id quod plerumque accidit dal latino indica ciò che accade più spesso; il caso più
probabile.. Sulla base di tale assunto il legislatore introduce la presunzione relativa.
23
Sen. C costituzionale 1/1971 in Giurisprudenza Costituzionale e civile 1971 pag 1ss
24 Corte Cost 30gennaio 1974 n 19”il legislatore ha ritenuto, nell’ambito della discrezionalità
consentitagli,di attribuire generalizzata significazione al fine di prevenzione criminale ai precedenti penali ed all’indole del nuovo reato“
25
Corte costituzionale 106 del 1972 obiettive difficoltà di accertamento se corrisponda meglio al principio di uguaglianza consentire al legislatore la predeterminazione del periodo minimo di ricovero,proporzionato all’entità del reato commesso o invece affidare solo al giudice il potere di volta in volta di disporre l’irrogazione della misura dato che il pericolo della diseguaglianza di trattamento non viene meno neanche on questa soluzione ce non offre certezza ma probabilità”
26
Corte costituzionale sentenza n 119 del 1971 “ era riferita ad una categoria sostanzialmente omogenea di soggetti”
12 Corte difendeva non era un retaggio del passato ma la configurazione di una sorta di metodo intuitivo che però incontrava i contrasti della ragionevolezza concreta che poggiava le basi su di un mero buon senso. Il problema era la conciliazione di un accertamento che si basava su criteri labili con la rigidità
della configurazione della valutazione normativa astratta. 27 Nemmeno le
eccezioni che si riferivano all’art 27 della Cost nel suo 1 e 2 comma, all’art 13 della cost. ed all’art 24 nel 2 comma ebbero fortuna. Il principio di personalità della responsabilità penale veniva rispettato quando era applicata la misura di sicurezza nei confronti del soggetto che era identificato come pericoloso senza che rilevasse se il giudizio fosse frutto di
un’analisi presuntiva o concreta.28 Il finalismo rieducativo era rispettato
nell’ottica di una predisposizione dello stesso risultato che si voleva ottenere
con a pena.29 In ultimo si dimostra come tutelata sia libertà personale
essendo disposte da un provvedimento giudiziale30 sia il diritto di difesa
avendo la possibilità di esplicarsi nella verifica degli indizi.31 Un aspetto
molto importante era la previsione nell’art 204 che nell’ipotesi che fosse trascorso del tempo dalla pronuncia di condanna o proscioglimento e la commissione del fatto l’analisi della pericolosità dovesse essere accertato giudizialmente in concreto. Nelle ipotesi previste dall’art 219 1 e 2 comma del cp e dell’art 222 del cp ossia dove era presente l’infermità psichica l’accertamento veniva fatto riferire al momento della commissione del fatto. Con le pronunce relative alle censure che si riferivano al binomio malattia
27
Ibidem, v nota 34
28 Sentenza della Corte Costituzionale n 139 del 1982 “ essendo del tutto indifferente il
modo in cui suddetto collegamento viene configurato”in Giurisprudenza Costituzionale e civile 1982
29
Sentenza della Corte Costituzionale n 19 del 1974 “ queste tendono ex se ad un risultato che eguaglia quella rieducazione cui deve mirare la pena” in Giurisprudenza Costituzionale e civile 1974
30 Sentenza della corte costituzionale n 68 del 1967 “è sempre irrogata su provvedimento
del giudice" in Giurisprudenza Costituzionale e civile 1967
13 mentale -pericolosità si alimentò il dibattito evidenziando al legislatore come fosse realmente sempre necessario un intervento modificativo. In quanto ciò che veniva sempre di più ad esser dimostrato è come era una mera presunzione il fatto che l’infermità persistesse al momento dell’applicazione della misura e che non fosse invece il contrario. La sentenza della Corte Costituzionale che fece da spartiacque nella configurazione del binomio fu la sentenza del 27 luglio 1982 n 139. In questa pronuncia la corte stabilisce l’incostituzionalità della presunzione di pericolosità del malato di mente prevista negli articoli n 219 e 222 del cp. “[…] Se così è , non si vede perché debba comminarsi la misura di sicurezza qualora sia accertato in concreto che il malato di mente non è pericoloso per poi revocarla
anticipatamente, magari poco dopo l’irrogazione”32 e se questo fondi
un’incostituzionalità per violazione dell’art 3 in quanto “irragionevolmente assoggettano ad un identico trattamento il soggetto pericoloso e quello di cui sia accertata la non pericolosità prima della comminatoria della misura di
sicurezza.”33 Il caso di specie tratta di soggetto prosciolto in quanto non
imputabile per totale infermità di mente ex art 582 e vede il magistrato di sorveglianza sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli 204 e 204 2 comma e 205 e 222 anche in relazione all’art 3, all’art 24 e 32 dove prevedono l’applicazione, per un soggetto non bisognoso, di una misura di sicurezza applicabile per i bisognosi e l’applicazione di un trattamento sanitario obbligatorio dove non se ne ravvisa la necessità. La sentenza si raccoglie in 27 punti de facto che dissertano nella questione per arrivare a rimarcare come “ la presunzione debba ritenersi giustificata allorché si sia in presenza di condizioni le quali consentano di far ritenere, sulla base di valutazioni obiettive ed uniformi desunte dalla comune esperienza, la probabilità di un futuro comportamento criminoso da pare di chi abbia
32
nel 1 punto della parte in facto sentenza 27 luglio 1982 corte costituzionale
14
commesso un reato in circostanze che ne precludevano l’imputabilità 34“cita
a sua volta in questa parte la sentenza 1/1971 e continua affermando che la presunzione di pericolosità dando luogo ad un giudizio prognostico ha una sua ragionevolezza nell’accertamento di una infermità psichica che evidenziandosi antecedentemente nella manifestazione di un reato “ può dar
luogo alla reiterazione di condotte criminose”.35 Dunque la presunzione può
ritenersi come costituzionalmente legittima se ed in quanto poggia le sue basi sull’id plerumque accidit mentre non essendo suffragato da alcun dato di esperienza così non venne più previsto per il minore di 14 anni. Ciò che ne risulta è che la corte si mantenne su di un piano di mantenimento della legittimità della previsione di presunzione rinviando però al legislatore l’ attribuzione di una discrezionalità corroborata da apprezzamento tecnico da parte del giudice in vista di un adeguamento personologico delle misure. Il discorso della corte continua, sebbene non etichettando con l’incostituzionalità la predisposizione delle presunzioni di pericolosità in binomio con l’infermità, analizzando il secondo presupposto, ossia la presunzione della perdurante pericolosità senza la verifica di una mutazione dal momento di accertamento del fatto viene qualificato come illegittimo. Questo è ciò che “finisce per allontanare la disciplina normativa dalle sue
basi razionali36”. Dunque lo stato di salute mentale attuale da quello del
tempo del delitto commesso è questione di fatto che può e deve essere verificata caso per caso; “totalmente privo di base scientifica sarebbe comunque ipotizzare uno stato di salute che si mantenga costante come
regola generale valida per qualsiasi caso d’infermità totale di mente.”37di qui
l’illegittimità costituzionale dell’art 222, primo comma cp nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario al’imputato prosciolto per infermità psichica al previo 34 Ibidem 35 Ibidem 36 Ibidem 37 Ibidem
15 accertamento da parte del giudice della cognizione e della esecuzione della persistente pericolosità sociale. Con queste motivazioni la sentenza del 1982 dichiara incostituzionale l’art 222 primo comma e 204 cpv nonché l’art 215cpv n 3. In definitiva però sarà poi la legge 10 ottobre del 1986 n 663 “Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure private e limitative della libertà” nel alveo della materia penitenziaria, a porre effettivamente fine ed ad abolire definitivamente le presunzioni di pericolosità sociale. E’ con l’art 31 che si stabilisce l’abrogazione, per espressa previsione testuale, dell’articolo 204 e la necessarietà che nella comminazione delle misure di sicurezza venga effettuato il previo accertamento della pericolosità sociale. La corte costituzionale oramai conduce dunque alla generalizzazione delle conseguenze dell’orientamento intrapreso nella sentenza del 1982 e poi sviluppato nel tempo. Questo intervento anche qui aprì moltissime problematicità dato il repentino passaggio da un sistema basato su rigide presunzioni legali ad un sistema sostanzialmente ribaltato fondato esclusivamente sul’’accertamento giudiziale ed anche per la laconica configurazione e l’assenza di una previsione di soluzione nei confronti del autore prosciolto per infermità psichica. Questa analisi condusse con sequenzialmente ad aprire dunque la discussione in merito alla modalità di formulazione del giudizio di pericolosità. La lettera della norma dell’art 203 cp nel suo 2 comma rimanda ai coefficienti dell’art 133 estremamente vaghi e comprensivi di tutti i profili attinenti al fatto reato ed alla personalità del suo autore. Il problema non si riporta soltanto ai requisiti metro di giudizio ma anche nella loro praticabilità e controllabilità dei risultati ossia non solo il problema delle categorie ma anche quello delle metodologie. Queste dinamiche dottrinali poi aprono la strada alle dissertazioni che vertono su come si debba intendere il ruolo del perito nell’accertamento sottolineando la forte critica che la criminologia e la psichiatria fanno al concetto di pericolosità soprattutto in riferimento al malato di mente. Queste scienza fa riferimento ai numerosi dati empirici in
16 cui il malato di mente è più spesso colpevole di reati non contro la libertà personale e dunque non propriamente pericoloso. E’ evidente come quindi l’intervento della legge sua meramente abolitivo e che non entra però nel vivo della predisposizione di misure alternative come la predisposizione di un collegamento alternativo con strutture psichiatriche o altri strumenti con i quali l’ordinamento possa farsi carico di un bisogno di assistenza di un
soggetto che non sia propriamente da individuare come pericoloso.38
Paragrafo 4. Tendenza,abitualità e professionalità tra presunzione e discrezionalità
Uno aspetto dove è percepibile la tendenza anticipatrice della prevenzione di pericolosità dei soggetti imputabili ritenuti pericolosi, è costituito dai procedimenti attivati per la declaratoria di delinquenza qualificata. Il legislatore del ’30, ancora una volta influenzato dal positivismo criminologico, ha codificato nel codice penale alcuni tipi normativi, riflettenti forme di pericolosità sociale “qualificata” come figure intermedie tra la presunzione e la delineabilità discrezionale. Esse nascono all’interno di una configurazione normativa che prevede, accanto alla attribuibilità a fattispecie concrete, il riscontro dei fattori sintomatici tramite apprezzabilità giudiziale. Sono le fattispecie previste all’art 102 di abitualità, professionalità, tendenza a delinquere che costituiscono un capo ad hoc , il II,nel titolo IV dedicato al reo ed alla persona offesa dal reato. In realtà questa scelta non si può esclusivamente far ricadere solo come congiunzione delle istanze delle scuole penalistiche ma anche come risultato dell’ottica della politica criminale di regime, che lascia di sé traccia anche nel rigorismo sanzionatorio. Il delinquente abituale (art. 102 cp, 103cp , 104cp),
17 Questa peculiare configurazione di pericolosità si struttura come fondata sulla ripetizione dei comportamenti delittuosi dell’autore che dimostra essere così proclive al delitto. Figurando come la ripetizione di un determinato comportamento presuntivamente ne delinei la sua possibile abitualità. La delinquenza professionale invece si configura come una species del genus della delinquenza abituale con un elemento in più ossia la previsione della situazione in cui il delinquente tragga sussistenza dai proventi delle azioni criminali. Ha un maggior disvalore previsto nella configurazione di un soggetto che denota un particolare stile di vita. Ed il delinquente per tendenza ossia un delinquente anche primari che abbia commesso un delitto contro la vita ed incolumità personale che si distingua
per un’istintuale malvagità.39 E’ una categoria criticatissima anche dalle
scienze criminologiche che ha trovato una scarsissima applicazione giurisprudenziale Avviene in questi casi una concretizzazione del principio generale della necessità dell’accertamento della pericolosità perché al giudice si attribuisce la verifica di una qualità con spiccato significato prognostico.
Paragrafo 5 Il delinquente pericoloso per eccellenza: il recidivo
Nell’analisi della configurazione della pena nell’ordinamento penale si deve menzionare sicuramente come la disciplina si struttura come di stampo fortemente compromissorio prevedendo infatti una commisurazione calibrata ad i parametri previsti all’art 133 ossia da una parte la gravità del reato in linea con le logiche della scuola classica e da un’altra anche la capacità a delinquere portato delle novità introdotte dalle riflessioni della scuola classica. In quest’ottica il codice del 1930 previde al suo interno
18 aggravamenti di pena per il recidivo, all’art 99, sottratti a qualsiasi valutazione discrezionale giudiziale. Una profonda modifica è stata inferta
dalla riforma del 1974 attua nei confronti dei recidivi:40 una diminuzione
della misura degli aumenti di pena ed una mera facoltatività degli stessi introducendo in linea con le riflessioni giuridiche sulla problematica della pericolosità una valutazione discrezionale del magistrato. Completamente contrastate poi, al riaffacciarsi di esigenze social preventive della collettività,
di cui la legge Cirielli41, ne è l’ espressione è stato l’orientamento legislativo.
Essa ha infatti introdotto drastici innalzamenti di pena per i recidivi in tutte le sue forme (aggravata,reiterata..) ed ha attuato anche una riduzione della discrezionalità giudiziale nella determinazione della pena stabilendo in misura fissa gli aumenti e nelle su menzionate ipotesi ha stabilito un restringimento delle possibilità di accesso alle misure carcerarie alternative: bloccando dunque il condannato dentro le maglie della detenzione carcerai inflessibili. Questo si traduce in una reazione sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso, che strizzerebbe gli occhi alla teoria “della maggiore colpevolezza” di cui si è tentato l’introduzione da parte sia della dottrine sia della giurisprudenza della cassazione. La recente sentenza della
cassazione penale42 individua infatti nella maggiore colpevolezza, oltre che
nella più elevata pericolosità, il criterio cui il giudice deve orientare il proprio potere discrezionale in ordine all’applicazione o meno della recidiva. Si torna indietro rispetto al legislatore del 1985 che abolisce l’aggravamento di pena oltre i limiti edittali per i recidivi considerandolo incompatibile con la colpevolezza del fatto compiuto. Dimostra ciò come l’ordinamento voglia ritornare sulla predisposizione di una risposta sanzionatoria al problema di pericolosità ancora una volta con uno sguardo profondo nei confronti dell’autore del reato. Nell’ottica di una “ neutralizzazione del rischio di
40 M.Pellissero, Pericolosità sociale e doppio binario,cit. 41
Legge Cirielli ossia la l 251/2005, da F. Vigano, La neutralizzazione del delinquente
pericoloso in Rivista Italiana diritto e proceduta penale Pag 1334 ss
19 commissione di ulteriori reati oltre i limiti di una “giusta” reazione di fronte
ad un fatto già commesso”43 Questa configurazione porta ad un interrogativo
rispetto alla funzionalità rieducativa della pena in un contesto che vede sempre più una cancerizzazione dei soggetti delinquenti pericolosi. Qui l’allarme è ben determinato è un soggetto che ha già subito un procedimento penale per un reato che ne abbia compiuto un altro. Recidiva non solo come sintomo di pericolosità sociale ma proprio di capacità a delinquere ben sviluppata, per questo l’ordinamento nei confronti di questo soggetto preferisce non comminare un misura di sicurezza ma un aumento di pena. E’ un soggetto nei confronti del quale la comminazione di una pena non ha sortito nessun effetto. La recidiva un istituto a “cavallo del doppio
binario”44 in quanto avviene un aumento di pena come retribuzione ma
anche come prevenzione in relazione ad un giudizio prognostico. Una figura che si differenzia dalle altre tipologie di pericolosità sociale e che si pone fortemente a contrasto con la configurazione della pena in ottica retributiva a favore di una prevenzione che cerchi di distogliere sempre più efficacemente l’autore dai comportamenti delittuosi.
Paragrafo 6. Lo stereotipo dell’autore pericoloso
Un ulteriore intervento nell’ottica di neutralizzazione del delinquente pericoloso si è sviluppato con la criminalizzazione di situazioni dove il disvalore poggia non tanto su una situazione di pericolo concreto quanto piuttosto sulla pericolosità dell’agente. Problematicità di questa situazione è la tendenza alla prevenzione che poggia su di una percezione inversa tra gravità del fatto di reato e reazione repressiva rapportata più alle paure che
43
Pulitanò, Diritto Penale,2010
20 certi fatti suscitano nei consociati che alla loro effettiva offensività. Il modello di riferimento è dato dalla configurazione criminale proposta dal
giurista Guglielmo Sabatini45 nel 1921 che preveda di predisporre un reato di
pericolosità criminale costituito da determinati fatti specifici che fungessero da elementi caratterizzanti la fattispecie. Si può far riferimento alla fattispecie prevista all’art 707cp, In questo articolo avviene la stigmatizzazione di un’ipotesi di pericolosità sociale in capo ad un soggetto che possiede e porta con se cose che conducono al sospetto. La Corte costituzionale, con la sentenza del 1947, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo limitatamente alla parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicità, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta. Oppure si può far riferimento al delitto di pedo- pornografia o inoltre al mancato ottemperamento dell’ ordine di allontanamento del questore, fattispecie che sottolineano l’idea che la punizione del pericolo si desume da fatti che non rilevano per ciò che significano ma per ciò che lasciano prevedere. Sono stereotipi che sono posti in un’ottica determinante la predisposizione di precetti sanzionatori che stigmatizzano condotte di soggetti configurandole come prognosticamente determinanti condotte delinquenti.
45 Guglielmo Sabatini 1877-1949 giurista italiano Sostenne nella scienza penalistica un
indirizzo che, dissociando il concetto di reato da quello di colpa e di libertà e superando le distinzioni tra imputabili e non imputabili, inquadrava unitariamente i concetti di pena e di misura di sicurezza, direttore della rivista La scuola Unitaria.
21
Paragrafo 7. Comparatistica internazionale
Anche il sistema tedesco si caratterizza per la previsione al suo interno di un sistema sanzionatorio caratterizzato dalla predisposizione di un doppio binario di pene e misure si sicurezza con scopo di prevenzione speciale. Nascono in questo contesto, come normativa del regime nazionalsocialista vedendo i natali nel 1933, anche se come per il caso italiano, affondano le loro radici nel dibattito criminologico culturale ben precedente alimentato dalle riflessioni di Exner e Litzs in materia. Le misure di sicurezza furono utilizzate moltissimo come banco di prova della gestione della prevenzione criminale da parte della polizia nazista. Si può osservare come si annovera al
loro interno tra le misure di sicurezza e miglioramento 46 la castrazione
chimica per i recidivi di reati sessuali che sarebbe poi sfogata nella neutralizzazione assoluta del delinquente pericoloso con la pena di morte applicata anche in via retroattiva. Con la fine del regime la custodia penale come misura di sicurezza rimane nel codice del 1953 e transita poi nella riforma del 1969 insieme con l’introduzione della misure di sicurezza del ricovero in un istituto socio terapico ossia la previsione per i detenuti con disturbo della personalità del collocamento in specifici istituti o in separati reparti all’interno degli ordinari istituti penitenziari che mostrano una riduzione del tasso di recidiva di circa il 10-11%23, il che spiega la notevole diffusione di questi istituti: se al 31marzo 1997 erano presenti solo 20 strutture con 888 detenuti, al 31 marzo 2005 erano più che raddoppiati, con 45 istituti e 1829. Accanto a questo orientamento continua però anche l’interesse verso una politica criminale di potenziamento della prevenzione speciale negativa con le ipotesi di custodia di sicurezza quale uso estremo sussidio nei confronti delle necessità della politica criminale. Il suo ampliamento applicativo mostra come il profondo interesse della
22 magistratura per questa misura sia sempre crescente. L’ordinamento prevede un doppio percorso: un sistema univoco per i non imputabili e vicario nel rapporto con la pena di contenimento della pericolosità nella commissione di fatti di reato di grave pregiudizio fisico e morale per la vittima. Attraverso due importanti riforme il legislatore è intervenuto per colmate la lacuna nel controllo della pericolosità dell’autore perché la misura è applicabile solo a chi, al momento della condanna, sia stato ritenuto socialmente pericoloso, ma non a coloro che manifestino la loro pericolosità in un momento successivo alla condanna, durate l’esecuzione della pena. Introduce nel sistema di custodia di sicurezza per i recidivi di gravi reati(sessuali), gli autori di gravi reati violenti, gli internati nella misura dell’ospedale psichiatrico la cui pericolosità deve emergere dalla valutazione
successiva del condannato.47 Si verifica cosi un forte ampliamento
prognostico rispetto al caso base, si sta dunque diffondendo in questo sistema l’idea di una pena che sempre meno copre le istanze di prevenzione essendo insufficiente a garantire una difesa e protezione della società in relazione all’operato di alcuni soggetti pericolosi tra cui si sottolinea la presenza di alcune tipologie di soggetti quali gli autori di reati sessuali e violenti ed i recidi, Alla pena dunque si sceglie di affiancare una determinazione di una misura custodiale non di durata indeterminata che impedisca fisicamente al soggetto di rinnovare il suo comportamento difforme dall’orientamento legislativo. In quest’ottica sono le riforme descritte del 1998 e 2003 che potenziarono i soggetti suscettibili della misura e la dilatarono nella loro applicazione terminale. Profondamente differente rispetto ad un sistema sempre fondato su doppio binario come quello italiano ma dove si delinea invece una scarsissima applicazione di misure nei confronti di condannati imputabili in consonanza con tutti i progetti di riforma che hanno tentato di cancellare la strada al doppio binario dove si
47
M.Collica, La crisi del concetto di autore non imputabile ”pericoloso” in Diritto Penale
23 coglie come ci sia una tendenza a ricondurre le esigenze social preventive proprio all’interno della pena. E’ con questa breve finestra comparativista che sottolinea come il problema sia sempre attuale rispetto ad ogni ordinamento ed ogni tempo che differenti siano le soluzioni proposte.
Paragrafo 8. Progetti di riforma. Focus sul Progetto Nordio
La riscoperta dell’autore pericoloso, in un clima che sottolinea forti istanze di tutela della sicurezza, si sviluppa come predisposizione di strumenti che privilegino un diritto penale preventivo quindi con creazioni di fattispecie a tutela della collettività in linea con la riformulazione di misure di sicurezza. La risposta al problema della pericolosità sociale dimostra quindi come il sistema sanzionatorio penale si sia incrinato alla luce dei mutamenti della configurazione del rapporto tra autore del reato e libertà personali come configurato dalle tutele introdotte dalla costituzione repubblicane.
In questo senso va sviluppata la riflessione dell’utilizzo delle misure di sicurezza o di un loro ripensamento in linea con queste torsioni. Appare chiaro orami come una valutazione della tenuta del sistema di prevenzione nei confronti del soggetto pericoloso nel nostro ordinamento non potrà più essere condotta solamente nel senso di verifica in unica analisi del sistema del doppio binario in quanto si rischierebbe di avere una analisi parziale, si verrebbe infatti ad escludere coloro i quali non sono destinatari della misura di sicurezza quale unica risposta sanzionatoria. Infatti il trattamento dell’imputato /condannato pericoloso minore di età nella prassi attuale abbandona la struttura delle misure di sicurezza per recuperare le esigenze di tutela e di prevenzione in un’ottica di difesa sociale inserendole proprio all’interno della predisposizione della pena creando una sorta di vera e propria involuzione rispetto alle esigenze rieducative spessissimo richiamate
24 sia dai principi costituzionale art 29,30 e 31c2 cost sia dalle normative internazionali come la Convenzione dei diritti del fanciullo approvata dall’ONU ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. 176/1991,e nello specifico dalle leggi che disciplinano il processo minorile ossia il dpr 448/1988 ed il trattamento penitenziario la l 354/1975.
In quest’ottica di mantenimento di una necessità di tutela della società nei confronti dei soggetti pericolosi vuole spostare la risposta dell’ordinamento non nella configurazione di un sistema differenziato ma di un unico sistema monistico che preveda un trattamento differenziato nell’esecuzione della pena non a monte della configurazione della pena. In seguito, necessitando un intervento politico-criminale adeguato, la tematica è stata affrontata a livello normativo. Nello Schema di legge delega per l’emanazione del nuovo codice penale del 1988 si è privilegiata l’impostazione monistica dove le misure di sicurezza sono esclusivamente attuabili nei confronti dei soggetti
non imputabili. Nel disegno di Legge Ritz L’art 18, 1° co. stabilisce48, infatti,
che le misure di sicurezza si applichino agli imputabili pericolosi quali i soggetti che hanno commesso uno o più fatti di particolare gravità preveduti dalla legge come reato, quando è probabile che commettano nuovi fatti preveduti dalla legge come reato e quando sussistano gli elementi di pericolosità desunti dalle circostanze indicate nell’art. 112 (articolo 133 del cp) prevedendo nei confronti di questi soggetti la necessità di predisposizione di idonee misure di reinserimento e risocializzazione del soggetto. Nel progetto grosso si intende ridimensionare il concetto di pericolosità del soggetto recependo la necessità di una acquisizione di prevalenza della pena e sottoponendo alle misure di sicurezza solo i soggetti non imputabili. La commissione Nordio invece indica innanzitutto il cambiamento della dizione del paragrafo da misure di sicurezza, in quali “misure di controllo, cura e sostegno rieducativo” volendo sottolineare le
48«solo a persone non imputabili che siano nel contempo dichiarate
25 finalità risocializzative. Si elimina l’applicazione ad i soggetti imputabili in luogo di una predisposizione solo per i soggetti non imputabili giudicati pericolosi. Scompare pertanto totalmente ogni residuo di pericolosità sociale presunta, ossia le figure di delinquente “professionale”, “abituale”, con “tendenza a delinquere” e le relative misure previste in questi casi (peraltro già scarsamente impiegate). La recidiva diventa una semplice aggravante per l’aumento della pena. Si restringe l’istituto e l’ambito di applicazione della pericolosità sociale ai soli crimini violenti, non a qualsiasi generico reato, come nel codice vigente ossia a crimini “contro la vita o contro l'incolumità’, individuale o pubblica, o comunque caratterizzati da violenza nei confronti delle persone” e non a qualsiasi crimine pur reiterabile dal soggetto non imputabile . si chiarifica lo “status” di soggetto pericoloso riferendolo all’attitudine di un soggetto alla probabilità di commettere ulteriori reati violenti a cagione del persistere dell’infermità alla base del giudizio di non imputabilità. La valutazione per l’attribuzione di questo status differentemente dal codice attuale, non si basa sulla “generica” valutazione della probabilità di commettere nuovi reati, ma sulla verifica della presenza dell’infermità che ha portato il soggetto a commettere il fatto e, in caso positivo, sul ruolo che tale infermità potrebbe avere nello spingerlo a commettere ulteriori reati. Avviene la totale eliminazione del riferimento ai parametri contenuti nell’attuale art. 133 quali fattori da considerare per la diagnosi di pericolosità sociale (da parte del Giudice), facendo presupporre che tale valutazione sarà affidata in toto al perito o ad un esperto chiamato ad esprimersi in primis sulla imputabilità del reo e solo successivamente, in caso di ritenuta incapacità di intendere e di volere, anche sulla sua eventuale pericolosità sociale. In linea con l’orientamento inaugurato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2003, si stabilisce che le misure di controllo e cura sono eseguite in strutture giudiziarie quale estrema ratio ossia “solo quando il trattamento presso strutture sanitarie non giudiziarie non sarebbe altrettanto efficace oppure sarebbe incompatibile con le esigenze di
26 controllo” rispetto alla durata della misura di sicurezza ed alla verifica della sussistenza pericolosità sociale del reo, le indicazioni della riforma appaiono piuttosto vaghe ma riflettono fondamentalmente le norme attuali: la durata della misura è compresa tra 1 e 10 anni, stabilita in prima istanza nella durata minima dal giudice che emette la sentenza, spetta al magistrato di sorveglianza il compito di verificare la pericolosità sociale del reo e di “regolare” l’uso delle misure di sicurezza, in primis al momento della scadenza stabilita dal Giudice ma anche durante la loro esecuzione, potendo farle cessare prima del limite minimo stabilito dal Giudice ovvero prolungarle (anche oltre i 10 anni fissati come limite massimo applicabile dal Giudice) fino a quando non ritenga cessata la pericolosità sociale del soggetto. Scompare la possibilità di applicazione provvisoria delle misure di sicurezza prima del giudizio, contenuta nell’attuale art. 206 c.p. Riguardo ai minori, sono previste molteplici ed ulteriori misure di rieducazione e di risocializzazione rispetto a quelle attuali, caratterizzate in particolare da un maggiore coinvolgimento dei servizi e da una gradualità della restrizione della libertà personale in funzione della gravità del reato e del rispetto da parte del minore delle prescrizioni impostegli dalla misura (artt. 124, 125, 126).Per reati di minore gravità, è prevista la misura della libertà assistita, che prevede il controllo di un operatore dei servizi sociali sul minore, in
modo che rispetti le prescrizioni ordinate dal Giudice. 49L’affidamento al
servizio sociale è disposto per il minore che abbia compiuto reati dolosi con pena minima prevista di tre anni, il collocamento in comunità è la misura di sicurezza più “estrema”, disposta per i minori che abbiano commesso reati contro la persona ovvero coloro i quali non sottolineando la necessità di una prevalenza della pena fa una riconfigurazione delle tipologie di sanzioni le quali acquisiscono caratterizzazioni anche simili alle misure di sicurezza
49 David Vittoria, Imputabilità e pericolosità sociale nel Progetto di riforma Nordio del codice
penale,Lavoro di studio di Psicologia Forense www.psicologiaforense.it/studio/NordioVittoria.pdf
27 come «misure di controllo, cura e sostegno rieducativi configurabili solo per
i minori ed i non imputabili ritenuti socialmente pericolosi. 50
50 le normative previste sono incluse nel
Titolo VII Le misure di controllo, cura e sostegno rieducativo Art. 121 Tassatività delle misure
1) Le misure di controllo e di cura per i non imputabili sono:
a) il ricovero in una struttura giudiziaria di custodia con finalità terapeutiche o di disintossicazione;
b) l'obbligo di sottoporsi a un trattamento di cura presso strutture sanitarie non giudiziarie sotto il controllo del
servizio sociale;
c) le altre misure denominate tali dalla legge.
2) La durata della misura di controllo e cura non può essere inferiore a un anno ne’ superiore a dieci anni.
Art. 122 Applicazione delle misure. Pericolosità sociale
1) Le misure di controllo e di cura sono applicate al non imputabile se persiste lo stato di pericolosità sociale,
determinato dall'incapacità’ di intendere e di volere, che lo ha portato a commettere il fatto previsto dalla legge come
reato.
2) Agli effetti della legge penale e’ socialmente pericoloso l'incapace di intendere e di volere che abbia commesso un
fatto previsto come reato contro la vita o contro l'incolumità’, individuale o pubblica, o comunque caratterizzato da
violenza nei confronti delle persone, sempre che vi siano ragioni per presumere che la sua infermità, qualora persista, lo
indurrà a commettere altri fatti della stessa specie indicata.
3) Le misure di controllo e di cura sono applicate dal giudice con la sentenza di proscioglimento per difetto di
imputabilità. Il giudice determina la modalità e la durata minima della misura.
4) Le misure di controllo e di cura sono eseguite mediante internamento nelle strutture giudiziarie solo quando il
trattamento presso strutture sanitarie non giudiziarie non sarebbe altrettanto efficace oppure sarebbe incompatibile con
28
CAPITOLO 2. ACCERTAMENTO DELLA PERICOLOSITA’ SOCIALE Parte 1 Summa introduttiva
Paragrafo 1. Indizio, prudenza o presunzione?
Un aspetto fondamentale che caratterizza la trattazione del delinquente pericoloso socialmente nell’ottica di una sua neutralizzazione si basa sull’accertamento della sua pericolosità. Nel caso del giudizio di accertamento quello che viene svolto dal giudice è un’analisi prognostica che si basa non su degli elemento noti ma su dei dati indizianti che saranno alla base della previsione della condotta futura del soggetto. La fondatezza del suo giudizio è corroborata dunque dalla fondatezza degli elementi indizianti e dai criteri utilizzati per evincerli su scala probabilistica. E’ la legge stessa a rispondere all’esigenza di fondatezza prevedendo in primis all’art 25 della costituzione nello specifico al 3°comma e nell’art 199 cp la necessaria preventiva previsione normativa, le misure devono essere dalla legge. A queste predisposizioni si deve aggiungere anche il dettame dell’ 202 cp dove si delimita il campo alle ipotesi in cui i soggetti “abbiano commesso reato” sottolineando come l’analisi dei fattori indiziati debba far riferimento proprio a questo elemento già di per se carico di forte disvalore. Il legislatore penale accanto a fondamentale presupposto prevede in aggiunta la necessità che per il giudizio di accertamento si svolga l’analisi basandosi sull’indicazione di elementi sintomatici reali e personali ossia che si faccia riferimento sia ad elementi del reato che della persona. I dati che si evidenziano sono ad esempio, per la prima categoria, quelli che gravitano intorno al reato o ne implicano la sua reiterazione, una particolare gravità o individuano un soggetto come particolarmente pericoloso. Nella seconda categoria sono elementi indizianti quelli che fanno riferimento alle caratteristiche peculiari di un soggetto, ai suoi dati caratteriali ed alle sue abitudini di vita. Questi elementi caratterizzanti sia la fattispecie di reato sia la sua modalità di
29 commissione che la personalità dell’autore determinano i casi in cui l’ordinamento per neutralizzare persone socialmente pericolose applica misure di sicurezza per un fatto preveduto dalla legge come reato. Questi elementi sintomatici in dei casi possono fungere proprio essi stessi da presupposti di stigmatizzazione di pericolosità come nei casi degli articoli 102 cp e degli’articoli 229n1 e 230 1°comma n 1 dove si fa riferimento a determinate ipotesi di limiti edittali di pena che nell’ipotesi di sussistenza fungono da indicatori senza la mediazione di una valutazione giudiziale. Nelle ipotesi dell’ art 219 cp 222 cp 234 2° e 3° del cp inoltre sono individuati elementi classificabili come dati meramente astratti che evidenziano la probabile pericolosità senza avere alcun riguardo per l’atteggiarsi della personalità del soggetto nell’episodio criminoso. Queste ipotesi sottolineano come sia stato configurato inizialmente una fittizia posizione di discrezionalità giudiziale ma che in realtà abbia lasciato spazio ad determinazione meramente legale degli elementi sintomatici della pericolosità. Questa configurazione è individuata in linea con un’idea che ritenga di fondamentale importanza la predisposizioni di un limite alla genesi di situazioni tipologiche ulteriori.
Paragrafo 2 L’ abolizione della presunzione dà spazio alla prudenza?
Come analizzato precedentemente Il giudizio di pericolosità prevedeva all’ art 204 un accertamento in concreto effettuato tramite le circostanze dell’art 133cp affiancato da un sistema di presunzioni sempre previsto nell’art 204 ma nel suo 2° comma. Nell’applicazione giurisprudenziale questa seconda ipotesi però non era da intendersi come elemento eccezionale ma una vera e propria prassi che implicava un’inversione di applicazione dell’articolo stesso. Dunque nella realtà avveniva una applicazione delle misure di
30 sicurezza solo normativamente affidate alla discrezionalità giudiziale ma che si caratterizzarono nei fatti subito per una forte applicazione predeterminata. Le sentenze della Corte Costituzionale n 139 del 1982 e 249 del 1983, facendo venir meno l’automatismo della determinazione della misura di sicurezza e dunque predisponendo la necessarietà di una verifica in concreto, avevano di fatto ampliato l’area di intervento del perito nel processo penale il quale doveva accertare se fosse mutata la pericolosità del soggetto attribuita al momento della determinazione delle misure. Ai suoi antipodi fattualmente era la previsione per gli altri casi non individuati dalla sentenza di un automatica individuazione di pericolosità presuntiva. In realtà si dimostra come non siano effettivamente agli antipodi in quanto partono dallo stesso presupposto per giungere a conclusioni differenti in differenti casi. Il presupposto è il requisito del “id quod plerumque accidit”. Sarà poi l’art 31 della legge del 1986 che stigmatizzerà la fine di questa automatica presunzione. Riforma che apparse come necessaria in linea proprio con una configurazione che avesse come substrato i principi costituzionali e che si affrancasse da una visione delle sanzioni per i soggetti pericolosi dunque dalle misure di sicurezza come appendici indefinite della pena. Questa disciplina ha evidenziato alcune perplessità come la sua collocazione nel contesto di una legge sull’ordinamento penitenziario che l’ha vista priva di un qualsiasi dibattito ed elemento informativo a suo sostegno ed inoltre il fatto che pur abolendo l’attribuzione presuntiva mantenesse il divieto di perizia criminologica previsto all’art 220 e 314 cpp che la faceva rimanere in balia di un mero intuizionismo giudiziale ampliandone fortemente la discrezionalità. Si continua prevedendo come questa normativa pesi maggiormente nei confronti della scienza psichiatrica che si troverà a dover effettuare essa stessa un giudizio di pericolosità in particolar modo sugli infermi di mente verso i quali non è impossibile diagnosticare la pericolosità con i meri strumenti diagnostici clinici. Queste incongruenze sottolineate dalla dottrina e dalla giurisprudenza hanno evidenziato come abbiano
31 determinato una crisi della categoria giuridica tanto che la prassi giurisprudenziale ne ha riferito l’applicabilità solamente nei confronti della classe di soggetti incapaci di intendere e di volere. Le incongruenze fanno capo per un primo aspetto alla sempre più differenziazione che si evidenzia tra la pericolosità sociale e pericolosità naturale entrambe species del genus pericolosità ma che riflettono configurazioni da un parte della scienza medica e da una parte di una categoria giuridica. Per un secondo aspetto sottolineano come all’abolizione della presunzione di pericolosità non si sia fatto conseguire una riorganizzazione metodologica della verifica della sussistenza del requisito. Nello specifico si evidenzia come per quanto riguarda il primo aspetto l’originaria configurazione del codice creava sfasature fra le due nozioni in quanto con la sussistenza della presunzione si verifica la qualificazione a cui non per forza sussegue una pericolosità naturale mentre all’inverso dalla pericolosità naturale non si fa necessariamente susseguire nella prassi una condotta criminosa. Con l’intervento dell’abrogazione si sarebbe dovuto avere una formale eliminazione della sfasatura configurando così parti di una categoria maggiore che comprendesse entrambi gli aspetti quindi non si è verificato nemmeno in questo caso una perfetta sovrapponibilità delle due fattispecie, L’altro aspetto invece raffigura la conseguenza della abrogazione delle presunzioni di pericolosità operata dalla legge Gozzini a cui però l’ordinamento non ha fatto conseguire nessuna conseguenza sul piano della metodologia di indagine ed ha fatto si che se da una parte ha eliminato definitivamente il retaggio classificatorio del codice del 1930 da un’altra ha maggiormente dilatato il potere giudiziale dell’attribuzione. Si passa quindi da un sistema presuntivo - ascientifico ad un sistema scientifico da effettuarsi mediante indagine individualizzata da parte di soggetti tecnicamente qualificati senza il sussidio della scienza criminologica. Questa situazione di forte propensione nell’affermazione di un primato nelle fattispecie sintomatiche i pericolosità può essere considerata come positiva