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CAPITOLO III L’EMENDABILITÀ DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI

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CAPITOLO III

L’EMENDABILITÀ DELLA DICHIARAZIONE

DEI REDDITI

3.1 Premessa

Il problema dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi concerne la possibilità di rettificare la dichiarazione presentata dal contribuente nel caso siano riscontrati errori od omissioni in un momento successivo alla sua presentazione.

Oltre che di “emendabilità” 333, si è parlato, sia in dottrina che in giurisprudenza,

anche di “rettificabilità”, “modificabilità”, e, più impropriamente, di “ritrattabilità” della dichiarazione. Con riferimento a tale ultimo termine, o meglio al suo contrario, è opportuno chiarire che «la dichiarazione va

considerata irretrattabile nel senso che, una volta emessa, è acquisita al rapporto tributario come elemento di decisione dell’Ufficio prima e delle stesse commissioni tributarie dopo, ma non nel senso che, se errata, non possa essere modificata, sia dall’interessato, sia dall’Ufficio»334.

333 Derivato dell’aggettivo “emendabile”, che ha la sua etimologia nel latino “emendabilis”, a sua volta

derivato di “emendare”: liberare da imperfezioni o difetti. In DEVOTO G. – OLI G., Vocabolario della

lingua italiana, 2014, voce “Emendabilità”. 334

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, Sez. I civile, con la sentenza dell’8 agosto 1988, n. 4878. Per la dottrina, si veda, tra gli altri, TESAURO F., Istituzioni di diritto Tributario, op. cit., p. 185, secondo il quale «è pacifico che la dichiarazione, una volta presentata, è acquisita dal fisco (ed in questo

senso è irretrattabile), con tutte le conseguenze giuridiche che la legge collega a tale atto». Dello stesso

parere, ancor prima, VANONI E., La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilità, in Opere

Giuridiche, I, Milano, 1961, pp. 35 e ss. Si vedano altresì NUSSI M., La dichiarazione tributaria. Natura e rettificabilità, Trieste, 1999, p. 167; NUSSI M., Natura e rettificabilità della dichiarazione nell'imposta

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La possibilità di modifica della dichiarazione viziata da errori od omissioni rappresenta una questione controversa, che per decenni ha visto contrapporsi diversi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, considerata la mancanza, a livello normativo, di una disciplina chiara e precisa sul tema.

La questione riguarda, in primis, la rettificabilità o meno dell’atto dichiarativo, e, in secondo luogo, le modalità e i termini entro cui è consentito apportare modifiche nei limiti di legge, distinguendo a seconda che le correzioni siano a sfavore o a favore del contribuente. Può accadere, infatti, che la dichiarazione sia errata a danno del contribuente, laddove lo stesso abbia dichiarato una maggiore imposta dovuta, una minore perdita o un minor credito spettante, oppure a danno del fisco, se, al contrario, risulti dichiarata una minore imposta a debito, una maggiore perdita o un maggior credito.

In particolare, la problematica di cui si è discusso più a lungo (e si continua a discutere) riguarda l’eventualità in cui il contribuente intenda rettificare a proprio favore una precedente dichiarazione, in quanto la fattispecie non è stata, per molto tempo, regolata da norme espresse.

Nel presente capitolo, la questione dell’emendabilità della dichiarazione tributaria verrà affrontata preliminarmente a partire dalla natura giuridica della dichiarazione stessa. Successivamente, saranno esaminate le singole norme dettate in materia di integrazione delle dichiarazioni dei redditi ed illustrati gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che si sono sviluppati nel corso dell’evoluzione normativa, con particolare riguardo agli strumenti a disposizione del contribuente e ai limiti temporali imposti dalla legge per porre in essere le necessarie rettifiche. Inoltre, non si potrà prescindere dall’analizzare la posizione assunta, nel corso del tempo, dall’Amministrazione finanziaria, con riguardo in particolare allo strumento della dichiarazione integrativa a favore del contribuente. Infine, verranno illustrate le novità introdotte dalla già citata Legge di stabilità 2015, con cui sono state apportate modifiche all’articolo 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998, che disciplina la dichiarazione integrativa, e

sulle successioni, in Giur. It., 2000, p. 1312; DOLCE R., Note in tema di ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, in Rass. Trib., 2001, p. 745.

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all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, richiamato dal nuovo inciso inserito al comma 8 dell’articolo 2 appena menzionato.

Tuttavia, prima di passare alla tattazione della questione, occorre precisare che oggetto dell’integrazione può essere soltanto una dichiarazione valida e tempestiva. Per essere considerata “valida” la dichiarazione deve essere redatta su modelli conformi a quelli approvati annualmente con apposito provvedimento amministrativo da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, poiché la dichiarazione non redatta su modelli conformi è qualificata come nulla, e una dichiarazione nulla equivale ad una dichiarazione omessa (articolo 1, D.P.R. n. 322 del 1998). Per essere “tempestiva”, la dichiarazione deve essere presentata entro i termini previsti dalla legge, ovvero, per le dichiarazioni dei redditi, dall’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998. Al riguardo, si rammenta che, ai sensi dello stesso articolo 2, comma 7, anche la dichiarazione tardiva, cioè la dichiarazione presentata entro novanta giorni dal termine di scadenza, è considerata tempestiva, salva l’applicazione della sanzione amministrativa per il ritardo, mentre le dichiarazioni presentate oltre novanta giorni, sono considerate omesse e,

pertanto, non possono essere oggetto di integrazione335.

3.2 Natura giuridica ed emendabilità della dichiarazione

La questione dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi, o più in generale della dichiarazione tributaria, è stata affrontata, sia in dottrina sia in giurisprudenza, in stretta connessione con il tema della qualificazione giuridica della dichiarazione stessa, di cui si è ampiamente parlato nel primo capitolo (al

paragrafo 1.6) della presente trattazione 336.

335

L’unico effetto scaturente da dette dichiarazioni è che esse costituiscono titolo per la riscossione. Cfr. LOGOZZO M. Le dichiarazioni integrative in aumento e in diminuzione, in Corr. Trib., 2002, p. 745.

336 Sulla natura giuridica della dichiarazione tributaria la letteratura è molto vasta. Sia per quanto riguarda

il pensiero della dottrina che l’orientamento della giurisprudenza, si rimanda alla bibliografia citata nel primo capitolo del presente elaborato. Si riportano, di seguito, le opere precedentemente non menzionate: BATISTONI FERRARA F., La dichiarazione nel sistema dell’accertamento tributario, Pisa, 1979, p. 42; TESAURO F., Varietà di funzioni e di contenuti della dichiarazione e dell’avviso di accertamento, in

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La maggioranza della dottrina e, all’unanimità, la giurisprudenza di legittimità e le commissioni tributarie, sono concordi nell’inquadrare la dichiarazione tributaria nella categoria dei «meri atti giuridici» e, più precisamente, in quella delle «manifestazioni di scienza». Mediante la dichiarazione il contribuente è chiamato ad esporre, valutare ed inquadrare correttamente sotto il profilo giuridico un insieme di fatti, dati e notizie, per portare a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria gli elementi qualitativi e quantitativi del

presupposto d’imposta337. Muovendo da una tale definizione, quindi, risulta

difficile negare al contribuente la possibilità di correggere gli errori, siano essi di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, in seguito all’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e valutazione. Così si afferma che, essendo principio generale del diritto tributario che l‘imposizione si asside sulla realtà delle cose, l’Amministrazione non può trascurare le ulteriori manifestazioni di scienza del dichiarante dalle quali risulti che la dichiarazione

non corrisponde alla realtà338. Pertanto, sulla base di tale affermazione, laddove

non vi sia convergenza tra la situazione giuridica dichiarata e la situazione giuridica esistente, si ammette la possibilità di procedere alla rettifica dell’atto

dichiarativo339.

A diverse conclusioni giunge la tesi minoritaria, di carattere spiccatamente privatistico, che assimila la dichiarazione tributaria alla confessione stragiudiziale disciplinata dagli articoli 2730 e seguenti del codice civile, e, conseguentemente, ammette la ritrattabilità della dichiarazione nei soli casi di

Dir. e Prat. Trib.,1979, I, p. 1192; BELLE’ B., Dichiarazione dei redditi, rettifica o ritrattabilità e rimborso dell’imposta, in Riv. Dir. Fin., 1993, II, p. 71 (nota a Cass. 13 agosto 1992, n. 9554);

BATISTONI FERRARA F., Dichiarazione tributaria, ritrattabilità e rilevabilità degli errori, in Dir. e

Prat. Trib., 1995, II, p. 802; MOSCHETTI F., Emendabilità della dichiarazione tibutaria tra esigenze di stabilità del rapporto e primato dell’obbligazione dovuta per legge, in Rass. Trib., 2001, p. 1149. 337

Cfr. per tutti VANONI E., La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilità, op. cit., p. 35 e ss.

338 Cfr. DOLCE R., Note in tema di ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, op. cit., pp. 745 e ss. 339 Al riguardo FANTOZZI A. (a cura di), Diritto tributario, op. cit., p. 605. Nello stesso senso

SAMMARTINO S., La dichiarazione d’imposta, op. cit., p. 32, secondo il quale «al soggetto passivo, che

costituisce pur sempre la fonte meglio informata, non può essere negata la possibilità di partecipare alla ricerca della verità con atti posti in essere dopo la presentazione della dichiarazione».

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errori di fatto, nei limiti previsti dall’articolo 2732 del codice civile, ai sensi del quale «la confessione non può essere revocata se non si prova che è stata

determinata da errori di fatto o da violenza». Al riguardo, vi è, tuttavia, chi

sostiene che attribuire natura confessoria alla dichiarazione tributaria non esclude automaticamente la revocabilità della stessa per errori di diritto, considerata l’indisponibilità del rapporto tributario e il fatto che, ai sensi dell’articolo 2733 del codice civile, la confessione che verte su fatti relativi a diritti non disponibili

non fa piena prova contro colui che l’ha resa340.

Ad ulteriori conclusioni giunge la tesi della dottrina che attribuisce alla dichiarazione la natura di atto negoziale, ossia di atto di volontà dispositivo di

interessi e diretto ad effetti giuridici che l’ordinamento giuridico riconosce e

garantisce. L’adesione ad una tale tesi, infatti, conduce ad escludere la ritrattabilità della dichiarazione, fatte salve le ipotesi tipiche dei vizi del consenso quali errore, violenza e dolo, disciplinate dagli articoli 1427 e seguenti del codice civile. In particolare, ai sensi dell’articolo 1428, «l’errore è causa di

annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile». Tuttavia, è

stato sottolineato come il richiamo alla disciplina civilistica non è in questo caso corretto, in quanto non ha ragion d’essere, rispetto alla dichiarazione tributaria, una tutela dell’affidamento. Infatti, «se il debito tributario è determinato dal

presupposto, una tutela dell’Amministrazione che, sulla base di una dichiarazione errata, le consenta di acquisire (o di trattenere) somme eccedenti il debito legalmente determinato o determinabile, non può certamente fondarsi né sul principio di responsabilità del dichiarante né sull’esigenza di tutelare una controparte cui sono conferiti amplissimi poteri di controllo della dichiarazione e, in particolare, il potere di rimuovere gli effetti (provvisori) che la

caratterizzano»341. Inoltre, come obiezione generale alla teoria della natura

340 Cfr. FANTOZZI A., Diritto Tributario, op. cit., p. 296, il quale rimanda a TESAURO F., Il rimborso dell’imposta, Torino, 1975, pp. 121 e ss.

341 In tal senso BELLE’ B., Dichiarazione dei redditi, rettifica o ritrattabilità e rimborso dell’imposta, op.

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negoziale e alla conseguente applicazione della disciplina dell’invalidità prevista per i negozi giuridici, è stato affermato che «l’invalidità della dichiarazione

tributaria è una categoria assolutamente omogenea che non ammette all’interno di essa specificazioni di sorta (si pensi alla distinzione civilistica tra nullità, annullabilità e inesistenza dell’atto) giacchè le conseguenze cha da essa derivano sono, in ogni caso, le stesse»342.

Considerato, dunque, quanto sin qui esposto, la questione dell’emendabilità della dichiarazione non pare poter essere risolta tout court sulla base della natura giuridica (confessoria, negoziale o di dichiarazione di scienza) ad essa attribuibile; né, tantomeno, attribuendo ad essa natura dichiarativa o, al contrario, natura costitutiva del presupposto d’imposta.

Con riguardo a tale ultimo aspetto, chi sostiene la tesi dichiarativa343, riconosce

nella dichiarazione la rappresentazione del presupposto che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria, rappresentazione che, se viziata da errore, deve poter

essere emendata344. Chi, invece, sposa la teoria costitutiva345, identifica la

dichiarazione con la fattispecie costitutiva dell’obbligazione, il che comporta effetti sostanziali indefettibili in ordine al contenuto e all’ammontare del debito

d’imposta esposto346. Tuttavia, in seno alla teoria costitutiva, vi è chi ha

Dig. It., Torino, 1985, vol. XV, p. 1228, e di BATISTONI FERRARA F., La dichiarazione nel sistema dell’accertamento tributario, op. cit. p. 42.

342

DOLCE R., Note in tema di ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, op. cit., pp. 745 e ss..

343

Cfr., tra gli altri, RUSSO P., Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, Milano, 1969, p. 311; BATISTONI FERRARA F., La determinazione della base imponibile nelle imposte indirette, op. cit., p. 38 e ss.

344 Salvi, ovviamente, i casi in cui le dichiarazioni sono riferibili a rapporti tributari esauriti o cristallizzati

per il trascorrere del tempo e per il verificarsi di decadenze. Al riguardo, si cita la sentenza della Corte di Cass., Sez. trib. n. 7294 dell’11 maggio 2012, in cui si afferma che l’emendabilità «incontra i limiti

temporali derivanti dall’esaurimento determinato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze».

345 A sostegno della teoria costitutiva FALSITTA G., Struttura della fattispecie dell’accertamento nelle imposte riscosse mediante ruoli, in Studi sul procedimento amministrativo, Milano, 1971, pp. 46 e ss.;

FALSITTA G, Il ruolo della riscossione, Padova, 1972, pp. 89 e ss.

346 Al riguardo, SCIARRA T., La dialettica tra giurisprudenza e normativa in tema di rettificabilità della dichiarazione tributaria,in Rass. Trib., 2004, n. 1, p. 117.

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individuato in essa un «elemento di una fattispecie complessa (presupposto e

dichiarazione) cui la legge ricollega il sorgere di una obbligazione la cui misura

corrisponde al dichiarato»347; in tale ottica, l’errore manifesterebbe

esteriormente l’assenza del presupposto, che, se pur in via mediata, legittima la costituzione dell’obbligazione e, pertanto, dovrebbe poter essere rilevato in funzione della restituzione, da parte dell’Erario, di quanto percepito in eccedenza

al dovuto348.

Infine, a prescindere dalla natura giuridica attribuibile alla dichiarazione, non si può escludere che la stessa possa contenere alcuni elementi aventi carattere negoziale, rimessi dal legislatore alla discrezionalità del contribuente (quali, ad esempio, quelli riconducibili all’esercizio di una facoltà di opzione). In tali casi, la dichiarazione si configura effettivamente come manifestazione di volontà vincolante e quindi non emendabile, salva la ricorrenza dei vizi del consenso, di

cui agli articoli 1427 e seguenti del codice civile349. Di questi, essendo difficile

ipotizzare in campo fiscale il dolo o la violenza, risulta fondamentale il requisito dell’errore, che, tuttavia, deve essere essenziale e riconoscibile, ai fini di una

possibile rettifica. La non emendabilità in caso di scelte negoziali risulta,

comunque, mitigata dal D.P.R. n. 442 del 1997 che consente al contribuente di revocare le scelte espresse nell’atto dichiarativo e prevede, inoltre, che tale

facoltà possa esprimersi attraverso fatti concludenti350.

347 L’affermazione è di TESAURO F., Il rimborso dell’imposta, op. cit, p. 171.

348 Cfr. BELLE’ B., Dichiarazione dei redditi, rettifica o ritrattabilità e rimborso dell’imposta, op. cit., p.

72.

349

CIAMPOLILLO C., La ricuperabilità dei tributi versati, in Rass. Trib., 2001, pp. 152-155, BAGGIO R., Sulla ritrattabilità della dichiarazione, in Riv. Dir. Trib., 2002, pp. 728-739; BAGGIO R., La

posizione delle Sezioni Unite sull’emendabilità della dichiarazione tributaria, in Riv. Dir. Trib., 2003, I ,

pp. 91 e ss. In giurisprudenza, sulla non rettificabilità delle scelte negoziali: Cass. Civ., Sez. I, 24 aprile 1979, n. 2318; Cass. Civ., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 7294.

350 MOSCHETTI F., Emendabilità della dichiarazione tibutaria tra esigenze di stabilità del rapporto e primato dell’obbligazione dovuta per legge, op. cit., p. 1172.

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3.3 Evoluzione normativa e orientamenti dottrinali e giurisprudenziali

L’articolo 9, comma 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, prima della sua abrogazione per opera dell’articolo 9, comma 4, del D.P.R. n. 322 del 1998, prevedeva che la dichiarazione dei redditi «può essere integrata, salvo il disposto del quinto

comma dell’articolo 54, per correggere errori o omissioni mediante successiva

dichiarazione da redigere e presentare secondo le modalità stabilite dagli

articoli 8 e 12, entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il secondo periodo d'imposta successivo, sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o la violazione non sia stata comunque constatata ovvero non siano stati notificati gli inviti e le richieste di cui all'articolo 32». In

sostanza, il legislatore ammetteva espressamente la possibilità di correggere la dichiarazione viziata da errori od omissioni entro un termine prestabilito, a patto che non fossero iniziate attività ispettive e di controllo, o che la violazione non fosse stata comunque constatata. Ma la disposizione non specificava se le rettifiche in questione potessero operarsi sia a favore che a sfavore del contribuente, e ciò destò, a suo tempo, dubbi interpretativi in merito alla riferibilità della norma sia alle rettifiche in melius sia alle correzioni in peius. Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie erano concordi nel sostenere l’inattitudine dell’art. 9, comma 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, a porre limiti temporali all’emendabilità dell’atto dichiarativo in favore del contribuente, ravvisando nell’operato del legislatore l’intenzione di limitare l’applicabilità della disposizione alle sole ipotesi di integrazioni pro fisco, dato il riferimento ad “accessi”, “ispezioni”, “verifiche” e constatazione della “violazione”, quali impedimenti ad una dichiarazione correttiva dell’errore, e l’utilizzo del termine

“integrare”, da collegarsi di regola alla dichiarazione di maggiori imponibili351.

351

Per la dottrina si vedano, tra gli altri: LUPI R., Diritto tributario, parte generale, op. cit., p. 151; FALSITTA G., Manuale di diritto tributario. Parte Generale, Padova, 2003, pp. 380 e ss; DEOTTO D. – MAGRINI F., La rettifica della dichiarazione, in Corr. trib., 2002, p. 2864-2866; DEOTTO D. – MAGRINI F., Sulla possibilità di presentare modifiche prevale l’indirizzo più favorevole alla parte, in

Guida al diritto, 16 novembre 2002, p. 51-52. Per la giurisprudenza: Cass., SS.UU., 6 dicembre 2002, n.

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Di conseguenza, il rimedio per eliminare gli effetti della dichiarazione erronea a sfavore dei contribuenti veniva individuato nell’istanza di rimborso prevista dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, ai sensi del quale «il soggetto che ha

effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di diciotto mesi (oggi

quarantotto) dalla data del vesamento stesso, nel caso di errore materiale,

duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento».

Una parte della dottrina, comunque, non condivideva tale interpretazione, rilevando come la disposizione contenuta nell’articolo 38 si riferisse ad un errore riguardante l’obbligo di versamento, visto come distinto dall’obbligazione

tributaria352. Tale orientamento riconduceva l’applicabilità del procedimento di

rimborso unicamente alle ipotesi di versamento in eccesso effettuato in presenza dell’inesistenza dell’obbligo di versamento, mentre nei casi di inesistenza dell’obbligazione tributaria dovuti alla mancanza del presupposto d’imposta e, quindi, della causa giustificativa del pagamento, riteneva applicabili gli articoli

19, comma 1, lettera g), e 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992353. Dalla lettura

combinata di tali disposizioni, conseguiva la possibilità di presentare domanda di restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi non dovuti, entro due anni dal pagamento, e di proporre ricorso avverso il rifiuto espresso o tacito dell’Amministrazione, rispettivamente entro sessanta giorni dalla notifica del diniego o entro novanta giorni dalla domanda e fino alla prescrizione del diritto alla restituzione.

Con la soppressione dell’articolo 9 del D.P.R. n. 600 del 1973, la discpilina dell’emendabilità della dichiarazione è stata trasferita nell’articolo 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998, che, nella sua formulazione originaria, recitava:

trib., 21 maggio 2003, n. 7991; Cass., Sez. trib., 23 maggio 2003, n. 8153; Cass., Sez. trib., 24 luglio 2003, n. 11488; Cass., Sez. trib., 2 marzo 2004, n. 4238.

352 Per tutti, TESAURO F., In tema di rimborso di versamenti diretti, in Boll. Trib., 1984, p. 63

353 Cfr. CAPELLO F., La dichiarazione dei redditi: rettifiche e integrazioni da parte del contribuente, in Dir. e Prat. Trib., 2004, p. 21607.

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«salva l’applicazione delle sanzioni amministrative, la dichiarazione dei redditi,

la dichiarazione dell’imposta regionale sulle attività produttive e la dichiarazione dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da redigere secondo le modalità stabilite per le medesime dichiarazioni e da presentare all’amministrazione finanziaria per il tramite di un ufficio della Poste italiane S.p.a. convenzionata». Considerato che tale disposizione non faceva più alcun

cenno alla “violazione” e agli “accessi, ispezioni e verifiche”, si sosteneva, in dottrina, come il legislatore finisse per legittimare la presentazione della dichiarazione integrativa non solo a sfavore ma anche a favore del

contribuente354. Tuttavia, vi era chi riteneva, in senso contrario, che l’espressione

“salva l’applicazione delle sanzioni amministrative” comportasse una limitazione delle rettifiche ex articolo 2, comma 8, alle sole correzioni a sfavore del contribuente, dovendosi coordinare con l’impianto sanzionatorio previsto

dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997355

e dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 472

del 1997, che disciplina l’istituto del ravvedimento operoso, con cui è possibile

regolarizzare versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità

fiscali, beneficiando della riduzione delle sanzioni356.

Il comma 8 dell’articolo 2 è stato poi modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 435 del 2001, che ha disposto la soppressione delle parole da “redigere” fino alla fine del periodo, in luogo delle quali sono state inserite le

seguenti, tuttora vigenti: «presentaresecondo le disposizioni di cui all’articolo 3,

354 Cfr. BAGGIO R., La correzione della dichiarazione tributaria tra tutela dell’interesse fiscale e fonte legale dell’obbligazione tributaria, in Riv. Dir. Trib., 1999, I, p. 1044; COPPOLA P., Sulla rettificabilità della dichiarazione per questioni di diritto, in Rass. Trib., 1999, pp. 535-536; NUSSI M., La dichiarazione tributaria. Natura e rettificabilità, op. cit., p. 224.

355

La presentazione di una dichiarazione integrativa dalla quale risulti una maggiore imposta dovuta (ovvero un minor credito spettante) comporta l’applicazione della sanzione per omesso, infedele o tardivo versamento dell’imposta di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, pari al 30 per cento dell’importo non versato.

356 Cfr. MOSCHETTI F., Emendabilità della dichiarazione tibutaria tra esigenze di stabilità del rapporto e primato dell’obbligazione dovuta per legge, op. cit., pp. 1173-1175. Sulla questione v. anche

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utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni». Le modifiche al comma 8 si sarebbero limitate, quindi, a

risolvere i dubbi interpretativi sorti in seguito alla mancanza di un limite temporale espresso entro il quale presentare la dichiarazione rettificativa, che viene a coincidere con quello previsto per l’accertamento delle imposte sui redditi da parte dell’Amministrazione finanziaria, ovvero il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione

originaria357. Inoltre, è stata introdotta la possibilità di presentare l’integrativa

anche con le modalità alternative rispetto all’invio a mezzo Poste. Il legislatore, dunque, non ha inteso specificare al comma 8 dell’articolo 2 se la dichiarazione integrativa ivi disciplinata si riferisce esclusivamente ad una dichiarazione contenente rettifiche a sfavore del contribuente o se, ricomprenda anche le integrazioni in bonam partem. Lo stesso, ha optato, piuttosto, per l’inserimento di un nuovo comma nell’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998, il comma 8-bis, introdotto dalla successiva lettera d) dell’articolo 2, comma 1, del D.P.R. n. 435 del 2001, con cui è stata disciplinato l’istituto della dichiarazione integrativa a favore del contribuente, che verrà esaminato nel prosieguo della trattazione. Prima di analizzare la portata della nuova disposizione, infatti, sembra opportuno descrivere come la giurisprudenza abbia interpretato, nel corso del tempo, la problematica della rettificabilità della dichiarazione in diminuzione, oltre i

termini di presentazione della dichiarazione originaria stabiliti dalla legge358. Al

357

Cfr. FALCONE S., In tema di rettificabilità della dichiarazione tributaria, in Giur. It., 2005, n. 8-9.

358

Sulla questione cfr. BAGGIO R., La correzione della dichiarazione tributaria tra tutela dell’interesse

fiscale e fonte legale dell’obbligazione tributaria, op. cit., pp. 1031 e ss.; MOSCHETTI F., Emendabilità della dichiarazione tibutaria tra esigenze di stabilità del rapporto e primato dell’obbligazione dovuta per legge, op. cit., p. 1149; BAGGIO R., La posizione delle Sezioni Unite sull’emendabilità della dichiarazione tributaria, op. cit., pp. 91 e ss.; GRASSI E., Ancora un chiarimento - questa volta da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - sull’emendabilità e la ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, in il fisco, 2003, p. 989.

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riguardo, è possibile constatare come nel vuoto normativo si siano sviluppati, negli anni novanta, due opposti orientamenti giurisprudenziali sulla questione. Secondo il primo orientamento, in passato largamente maggioritario, al di fuori delle ipotesi di errori materiali e/o di calcolo desumibili ab intrinseco dal testo, le dichiarazioni fiscali potevano essere emendate esclusivamente entro i limiti

normativamente previsti per la presentazione della dichiarazione originaria359. Il

filone, muovendo da considerazioni di carattere pubblicistico-procedurale, considerava le dichiarazioni fiscali come il momento di avvio di un procedimento di diritto pubblico volto all’accertamento del concreto contenuto dei rapporti tributari ai quali le stesse si riferiscono ed era ispirato da esigenze di razionale svolgimento e stabilità di tali rapporti. In quest’ottica, dunque, non si transigeva sui tempi a disposizione per effettuare eventuali rettifiche, che coincidevano con quelli di presentazione della dichiarazione, poiché, in caso contrario, sarebbero risultate vanificate sia le norme che assoggettano a limiti temporali rigorosi l’adempimento dell’obbligo di dichiarazione, sia l’ordinato svolgimento del

procedimento di diritto pubblico tendente al conseguimento della stabilità360.

In quest’ottica, il principio di immodificabilità della dichiarazione dei redditi al di là delle scadenze stabilite per la presentazione della stessa, impediva al contribuente di porre a fondamento dell’istanza di rimborso fatti in essa

originariamente non esposti361.

Al riguardo, si evidenzia come autorevole dottrina abbia ritenuto l’argomentazione addotta da detto filone giurisprudenziale non pertinente, in quanto, «un conto è il termine entro cui deve essere assolto l’obbligo di

presentazione della dichiarazione, un conto è l’efficacia della dichiarazione tempestivamente presentata. E nessuna norma attribuisce alla dichiarazione dei

359

Gli errori materiali e di calcolo possono essere rettificati dai contribuenti in conseguenza del fatto che devono essere rettificati dalla stessa Amministrazione fnanziaria nell’ambito dei controlli automatizzati ex artt. 36-bis e 54-bis del D.P.R. n. 600 del 1973.

360 Cfr. Cass., Sez. I civ., 13 agosto 1992, n. 9554; Cass., Sez. I civ., 12 agosto 1993, n. 8642; Cass., Sez.

I civ., 28 settembre 1994, n. 7904; Cass., 2 aprile 1997, n. 2855; Cass., Sez. I civ., 25 luglio 1997, n. 6957; Cass., Sez. Trib., 1 agosto 2000, n. 10055.

(13)

157

redditi efficacia di atto immodificabile, da sé solo costitutivo, in modo definitivamente vincolante, del debito d’imposta»362. E’ stato, inoltre, precisato

che il ragionamento risulta errato nella premessa, perché «altra cosa è la

rettificabilità della dichiarazione, altra cosa è la rilevabilità dell’errore in essa contenuto», per cui si può convenire che l’atto non sia rettificabile, se non entro

il termine fissato per la sua presentazione, e, al tempo stesso, ritenere che

possono essere eliminate le conseguenze degli errori che lo affliggono363. La

legge, infatti, prevede espressamente che il dichiarante possa «introdurre nel

procedimento amministrativo di rimborso fatti diversi e contrastanti (favorevoli) ovvero di fornire la prova in giudizio contraria ai fatti dedotti nell’atto di

imposizione sulla base della dichiarazione stessa»364.

Il secondo orientamento, minoritario ma continuamente riaffiorante365, sosteneva

l’emendabilità della dichiarazione inficiata da errori, anche non materiali o di calcolo, sul rilievo che «come la dichiarazione non preclude al Fisco (con le

forme e nei tempi dalla legge indicati) la possibilità di accertare l’esistenza di redditi imponibili non corrispondenti a quelli denunciati dal dichiarante, così non c’è ragione per precludere a quest’ultimo la possibilità (con le forme e nei termini stabiliti dall’articolo 38) di dimostrare l’eventuale inesistenza totale o

parziale di presupposti d’imposta erroneamente dichiarati»366. Pertanto, secondo

tale orientamento, di tipo liberale, il contribuente poteva rimediare agli errori commessi a suo danno anche dopo la scadenza del termine entro cui va presentata la dichiarazione, producendo istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973.

362 Per tutti TESAURO F., Istituzioni di diritto Tributario, op. cit., pp. 185-186. 363

BELLE’ B., Dichiarazione dei redditi, rettifica o ritrattabilità e rimborso dell’imposta, op. cit., p. 74.

364

MAGNANI C., Dichiarazione tributaria, in Dir. e Prat. Trib., 1988, pp. 45 e ss.

365

GRASSI E., Ancora un chiarimento - questa volta da parte delle Sezioni Unite della Corte di

Cassazione - sull’emendabilità e la ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, op. cit., p. 990.

366 Si veda la sentenza della Cass. n. 3080 del 9 aprile 1997, in cui si precisa, inoltre, che «mentre nella prima ipotesi è l’ufficio tributario a dover fornire la prova del maggior reddito accertato, nel secondo caso compete al contribuente l’onere di provare il carattere indebito del pagamento eseguito». Dello

(14)

158

Alla base delle due correnti interpretative si individuavano due diversi interessi sottostanti al rapporto d’imposta: da un lato, l’interesse dello Stato alla certezza dei rapporti giuridici e alla tempestiva acquisizione del prelievo, quale risorsa necessaria per l’esercizio delle funzioni istituzionali; dall’altro, il legittimo interesse del contribuente alla corretta tassazione secondo principi costituzionalmente garantiti, quali il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, già citato, e i principi di correttezza e

imparzialità dell’azione amministrativa, di cui al comma 1 dell’articolo 97367.

Ovviamente, nei casi in cui per l’interprete risultava preminente l’interesse fiscale alla rapida e sicura acquisizione dei tributi, poteva conseguire un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che disciplinano la dichiarazione tributaria, che di fatto negava al contribuente la possibilità di rettificare la dichiarazione oltre rigidi limiti temporali. Al contrario, se prevaleva l’interesse per una corretta tassazione basata sul principio dell’effettiva capacità contributiva, in ragione della quale ogni contribuente è tenuto a partecipare alle spese pubbliche, e sui principi di correttezza e imparzialità dell’azione amministrativa, che impongono all’Amministrazione finanziaria un dovere di buona amministrazione e inevitabilmente di collaborazione con il contribuente, non poteva che essere privilegiata un’interpretazione estensiva, idonea ad ampliare il novero degli strumenti (e quindi i tempi) a disposizione del

dichiarante per la correzione della dichiarazione errata368.

Su tali importanti principi costituzionali ha fatto leva la motivazione addotta nella storica sentenza n. 15063, del 25 ottobre 2002, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiamate a pronunciarsi sull’annosa e controversa questione

367 Cfr. URICCHIO A. F. (a cura di), L’accertamento tributario, Torino, 2014, p. 115. Per completezza si

riporta il testo dell’articolo 97, comma 1, della Costituzione: «i pubblici uffici sono organizzati secondo

disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».

(15)

159

dell’emendabilità della dichiarazione a favore del contribuente, posta l’incertezza

della normativa allora vigente369.

Le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere, in particolare, sull’attitudine di

un’istanza di rimborso, prodotta nei termini dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del

1973, a rettificare in senso favorevole al contribuente la dichiarazione dei redditi

dal medesimo tempestivamente presentata370. E ai fini di tale pronuncia, è stata

affrontata, più in generale, la questione della rettificabilità delle dichiarazioni nei casi in cui i dichiaranti intendano far valere errori commessi nella redazione degli atti in discorso, «per sottrarsi ad un’esposizione debitoria riscontrata eccedente

il legalmente dovuto nel pagamento dei tributi».

369 La sentenza parla di «frammentarietà e carenza di sistematicità del quadro normativo» con

riferimento, in particolare, alle disposizioni contenute nei commi 7 ed 8 dell’art. 9 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente negli anni 1993 e 1994, nei quali si è realizzata la fattispecie di cui è discussa la causa. Sulla sentenza n. 15063 della Cass., SS. UU., si vedano, tra le altre, le note di: RESTIVO G., In

tema di ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, in Boll. Trib., 2002, pp. 1658 e ss.; LOGOZZO M., Le SS. UU. della Cassazione riconoscono la ritrattabilità della dichiarazione tributaria, in Corr. Trib.,

2003, n. 1, pp. 55 e ss.; TODINI C., Ritrattabilità della dichiarazione tributaria. Questione risolta in

senso favorevole al contribuente, in Rass. Trib., 2003, n. 2, pp. 773 e ss.; MAGNANI C., L’emendabilità della dichiarazione tributaria viziata da errore a danno del contribuente, in GT - Riv. Giur. Trib., 2003,

pp. 48 e ss.; BAGGIO R., La posizione delle Sezioni Unite sull’emendabilità della dichiarazione

tributaria, op. cit., pp. 91 e ss.; MENTI F., L’emendabilità della dichiarazione dei redditi la rettifica in diminuzione del reddito d’impresa dichiarato, in Dir. e Prat. Trib., 2003,pp. 20005 e ss.

370

Per la precisione, il contribuente aveva presentato istanza di rimborso dell’Irpef versata per l’anno d’imposta 1993 in eccedenza sul dovuto, a seguito della mancata indicazione, nella dichiarazione presentata per detto anno, di un onere deducibile ex art. 10 del Tuir, consistente in una somma pagata a titolo di perdita di avviamento. All’istanza veniva opposto il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria, contro il quale il contribuente ricorreva alla Commissione tributaria di primo grado, che rigettava il ricorso. In appello, la Commissione tributaria di secondo grado accoglieva il gravame e riformava la pronuncia del primo giudice. L’Amministrazione ricorreva in Cassazione sostenendo che, nel caso di specie, si trattava di emendare un errore di natura non materiale, che non poteva esser fatto valere con l’istanza di rimborso ex art. 38, bensì con una nuova dichiarazione, nei limiti di forma e di tempo fissati dagli artt. 8 e 9 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il giudizio, in un primo tempo assegnato alla Sezione tributaria della Corte, a seguito di ordinanza di questa in data 30 gennaio 2001, veniva rimesso alle Sezioni Unite per la soluzione della questione, date le precedenti pronunce difformi delle Sezioni semplici.

(16)

160

I giudici delle Sezioni Unite, fra le citate tesi contrastanti, hanno ritenuto corretta ed accettabile quella «che afferma, in linea di principio, emendabile e ritrattabile

ogni dichiarazione dei redditi che risulti, comunque, frutto di un errore del dichiarante nella relativa redazione, sia tale errore testuale o extratestuale, di fatto o di diritto, quando da essa possa derivare l’assoggettamento del dichiarante medesimo ad oneri contributivi diversi, e più gravosi, di quelli che per legge devono restare a suo carico».

La decisione della Corte si è basata sulle seguenti argomentazioni:

a) nessun limite temporale all’emendabilità ed alla ritrattabilità della dichiarazione dei redditi inficiata da errori del genere di quelli in argomento (ossia a danno del contribuente) può essere desunto dal dettato delle disposizioni contenute nell’art. 9 del D.P.R. n. 600 del 1973 (nel testo vigente negli anni 1993 e 1994, relativi alla fattispecie in questione). Infatti, come reso manifesto dal loro tenore letterale, tali disposizioni hanno riguardo alla rimozione di omissioni e all’eliminazione di errori suscettibili di importare un pregiudizio per l’erario, e non attengono all’emendabilità e alla ritrattabilità di dichiarazioni idonee, perché oggettivamente errate, di pregiudicare i1 contribuente dichiarante;

b) la possibilità di rettificare la dichiarazione dei redditi discende dalla relativa natura di atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera esternazione di scienza e di giudizio, e, come tale, modificabile nell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti e/o valutati, e dal fatto che essa non costituisce il titolo dell’obbligazione tributaria, ma integra un momento dell’iter procedimentale inteso all’accertamento di tale obbligazione e al soddisfacimento delle ragioni erariali che ne sono l’oggetto;

c) si rivela difficilmente compatibile con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53, comma 1, della Costituzione) e dell’oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97, comma 1, della Costituzione) un sistema legislativo che, negando radicalmente la rettificabilità della dichiarazione, si propone di sottoporre il contribuente dichiarante, sulla base di tale atto, ad un prelievo fiscale sostanzialmente e legalmente indebito.

(17)

161

Con riguardo, in particolare, a quest’ultimo punto, è stato ribadito, in dottrina, che l’obbligazione tributaria è un’obbligazione legale, per cui il suo adempimento è correlato all’esistenza del fatto tassabile previsto dalla legge; di conseguenza non è tollerabile che l’Erario incameri un’imposta indebita per

mancanza, totale o parziale, del presupposto371. Ciò sarebbe contrario, oltre che

ai principi costituzionali sanciti dagli articoli 53 e 97, anche al principio della collaborazione e della buona fede a cui deve essere improntato il rapporto tributario secondo quanto stabilito espressamente dall’articolo 10, primo comma, della Legge n. 212 del 2000. E il principio di collaborazione e buona fede, ossia la tenuta di un comportamento che risponda ai canoni di correttezza e lealtà reciproche, non può essere inteso solo nel senso di consentire al contribuente di

dichiarare o correggere situazioni a sé sfavorevoli e favorevoli

all’Amministrazione finanziaria e non anche nel senso di correggere situazioni a

sé favorevoli e sfavorevoli a quest’ultima372.

In conclusione, i giudici delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato l’importante principio della rettificabilità della dichiarazione per errori di fatto o di diritto (oltre che materiali o di calcolo) commessi dal contribuente a suo sfavore, ammettendo la possibilità di rimuovere gli effetti della dichiarazione erronea attraverso lo strumento dell’istanza di rimborso, disciplinato dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, in quanto, «la disposizione citata appare tale da

far ritenere, senza ombra di dubbio, che la domanda recuperatoria in essa prevista possa essere esperita, ovviamente nel termine dalla norma stessa stabilito, per ottenere la restituzione anche del tributo diretto versato in autotassazione, e, perciò, anche delle imposte pagate in adempimento degli obblighi risultanti dalla dichiarazione sull’allegato presupposto dell’erroneità».

A seguito della sentenza n. 15603 del 2002, le successive pronunce dei giudici di legittimità si sono manifestate unanimi nell’affermare l’emendabilità della dichiarazione dei redditi e l’attitudine dell’istanza di rimborso, nei limiti

371 In tal senso LOGOZZO M., Le SS. UU. della Cassazione riconoscono la ritrattabilità della dichiarazione tributaria, op. cit., p. 56.

(18)

162

temporali previsti dall’articolo 38, a rettificare l’atto, tempestivamente

presentato, in senso favorevole al contribuente373. Anche l’orientamento

dottrinario si è rivelato coerente con la posizione assunta dalla giurisprudenza374.

In sostanza, sia la dottrina che la giurisprudenza, concordi nel ritenere rettificabile la dichiarazione dei redditi a favore del contribuente, hanno individuato nell’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973 la norma utile per procedere alla rettifica dell’atto dichiarativo che abbia portato ad un versamento indebito d’imposta, stante la mancanza, per lungo tempo, di una disposizione normativa espressa sulla rettificabilità in diminuzione.

Come già anticipato, a colmare tale vuoto normativo il legislatore è intervenuto con il D.P.R. n. 435 del 2001, che ha introdotto il comma 8-bis all’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998. La nuova disposizione prevede che «le dichiarazioni dei

redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito

373

Cass., Sez. trib., 14 maggio 2003, n. 7422; Cass., Sez. trib., 20 maggio 2003, n. 7915, Cass., Sez. trib., 21 maggio 2003, n. 7991; Cass., Sez. trib., 23 maggio 2003, n. 8153; Cass., Sez. trib., 24 luglio 2003, n. 11488; Cass., Sez. trib., 2 marzo 2004, n. 4238; Cass., Sez. trib., 12 maggio 2004, n. 8994; Cass., Sez. trib., 6 luglio 2004, n. 12405; Cass. Civ., Sez. V., 9 luglio 2004, n. 12791; Cass., Sez. trib. 8 giugno 2007, n. 13484;Cass., Sez. trib, 15 luglio 2008, n. 19379.

374

Cfr. D’AMATI N., Rettificabilità della dichiarazione tributaria, in Tributimpresa,

www.tributimpresa.it, 2003; BAGGIO R., La posizione delle Sezioni Unite sull’emendabilità della dichiarazione tributaria, op, cit., pp. 93-96; DEOTTO D. – MAGRINI F., Sulla possibilità di presentare modifiche prevale l’indirizzo più favorevole alla parte, op. cit., pp.. 51-52; MENTI F., L’emendabilità della dichiarazione dei redditi e la rettifica in diminuzione del reddito d’impresa dichiarato, op.cit., p.

20005; TODINI C., Ritrattabilità della dichiarazione tributaria. Questione risolta in senso favorevole al

contribuente, op. cit., pp. 785-787; SCIARRA T., La dichiarazione integrativa «pro contribuente» e l’istanza di rimborso, in Corr. Trib., 2007, pp. 1084 e ss.

(19)

163

risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997». La norma

introduce espressamente la dichiarazione integrativa a favore del contribuente, ma prevede tempi più ristretti ai fini della sua presentazione, rispetto a quelli stabiliti per la dichiarazione “in aumento”. Si legge, infatti, che l’integrativa a favore deve essere presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Pertanto non si applicano, in questo caso, i termini previsti dall’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 per la dichiarazione rettificativa a sfavore, da presentarsi entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria. In un tale contesto normativo, nonostante la formale introduzione dell’istituto della dichiarazione integrativa “in diminuzione” abbia colmato una lacuna esistente per molto tempo nel nostro ordinamento, la previsione di due diversi termini, ai fini della presentazione delle due diverse tipologie di dichiarazioni rettificative, ha risollevato dubbi interpretativi e problemi di

coordinamento con la disciplina del rimborso d’imposta375.

Parte della dottrina ha cercato di spiegare la previsione di un minor intervallo temporale per la presentazione dell’integrativa a favore con l’intento del legislatore di permettere ai contribuenti di utilizzare in compensazione, con altri tributi e contributi dovuti, l’eventuale credito da questa risultante, ai sensi

dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997376. Quest’ultima disposizione

consente, infatti, di eseguire versamenti unitari di imposte, contributi dovuti all’Inps e altre somme a favore dello Stato, con la compensazione dei crediti, dello stesso periodo, vantati nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. E poiché, «tale compensazione deve

essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva»,

il legislatore, concedendo un termine più lungo per correggere la dichiarazione

375

L’osservazione è di FALCONE S., In tema di rettificabilità della dichiarazione tributaria, op. cit., n. 8-9.

376 In alternativa, il contribuente può richiedere a rimborso l’eccedenza d’imposta in sede di

dichiarazione, ovvero computarla in diminuzione del tributo relativo all’esercizio successivo, così come disposto agli artt. 11, comma 3, e 19, comma 2, del Tuir.

(20)

164

errata, avrebbe reso automaticamente inutilizzabile l’istituto disciplinato

dall’articolo 17377.

Anche alcune pronunce giurisprudenziali hanno affermato che il termine “breve” stabilito dal comma 8-bis per la presentazione della dichiarazione integrativa a favore è da considerarsi tassativo esclusivamente nell’ipotesi in cui il contribuente intenda utilizzare l’eventuale credito in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, in quanto «ciò non esclude che il

contribuente possa integrare a proprio favore la dichiarazione, ai sensi del comma 8 dello stesso articolo, entro il termine, più lungo, di decadenza dell’attività accertatrice da parte del Fisco, senza, però, in tal caso, potersi avvalere della possibilità di utilizzare in compensazione il credito eventualmente risultante»378.

Tuttavia, per la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, superato l’anno dal momento della sua presentazione, la dichiarazione erronea può essere ritrattata esclusivamente con gli strumenti “classici”, ossia la proposizione dell’istanza di rimborso entro i termini stabiliti dalla legge, ovvero il ricorso contro un atto d’imposizione (avviso di accertamento, iscrizione a ruolo, avviso di liquidazione, ecc.) per sottoporre al giudice la cognizione dell’intero rapporto

tributario, compresa la parte oggetto di dichiarazione erronea379.

377

L’argomentazione è sostenuta da SCIARRA T., La dialettica tra giurisprudenza e normativa in tema

di rettificabilità della dichiarazione tributaria,op. cit., p. 117 . V. anche SCIARRA T., La dichiarazione

integrativa «pro contribuente» e l’istanza di rimborso, op. cit., p. 1084.

378 Così, ex multis, Comm. trib. prov. di Modena, 5 maggio 2009, n. 66; Comm. trib. reg. Toscana, 18

gennaio 2011, n. 8; Cass., 31 gennaio 2011, n. 2226; Cass., Ord. 14 maggio 2013, n. 11500; Cass., 21 maggio 2014, n. 11153, Cass., 12 dicembre 2014, n. 26187.

379

Cfr. LOGOZZO M., Le SS. UU. della Cassazione riconoscono la ritrattabilità della dichiarazione

tributaria, op.cit., p. 57; FALCONE S., In tema di rettificabilità della dichiarazione tributaria, op. cit.,

n. 8-9. Per l’emendabilità in fase contenziosa: Cass., Sez. trib., 31 gennaio 2011, n. 2226 (v. GRIMALDI C., Correzione ampia per le dichiarazioni anche in sede di contenzioso, in Corr. Trib., 2011, pp. 1266-1274); Cass. Civ., Sez. V,. 4 aprile 2012, n. 5399; Cass., Sez. trib., 12 dicembre 2014, n. 26187. Contrarie, invece, all’ammissibilità dell’istanza di rimborso una volta scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione integrativa a favore (al di fuori dei casi di errori materiali, duplicazioni o versamenti relativi ad obbligazioni tributarie inesistenti): Cass. Civ., Sez. V, 4 aprile 2011, n. 5373 e

(21)

165

Un’interpretazione che non ammettesse il ricorso a tali strumenti, una volta scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi del comma 8-bis, segnerebbe un arretramento rispetto alla tutela già ammessa e della quale la sentenza delle Sezioni Unite n. 15063 del 2002 rappresenta

l’accoglimento più persuasivo380. L’effetto sostanziale dei citati istituti è, infatti,

equivalente, essendo tutti preordinati alla restituzione di quanto indebitamente incamerato dall’Erario, anche se tale risultato viene raggiunto con modalità diverse a seconda dello strumento utilizzato.

Per esemplificare, se la correzione interviene non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il contribuente ha tutto l’interesse a presentare la dichiarazione integrativa prevista dall’articolo 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 600 del 1973, con cui può scegliere se richiedere il credito a rimborso, riportarlo in avanti o compensarlo. Nel caso opti per il rimborso, questo risulterà automatico, senza necessità di conferma da parte dell’Amministrazione finanziaria e senza necessità di assolvere l’onere della prova previsto nel procedimento di rimborso ex articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973. Successivamente, trascorso il termine annuale di cui al comma 8-bis, il contribuente che non abbia effettuato le dovute correzioni con la dichiarazione integrativa, può richiedere il rimborso del credito secondo le modalità e i termini stabiliti dal citato articolo 38, fornendo all’Amministrazione la prova della spettanza del credito stesso. E nel caso di rifiuto, espresso o tacito, da parte dell’Ufficio, il contribuente può ricorrere contro il provvedimento di diniego o il silenzio-rifiuto per ottenere il riconoscimento del credito in sede contenziosa.

Cass. Civ., Sez. V, 20 aprile 2012, n. 6218 (v. MASTROBERTI A., Ancora incertezze di giurisprudenza

sui termini della rettifica a favore della dichiarazione dei redditi, in Prat. Fisc. e Prof., 2012, pp. 34 e

ss.).

380 In tal senso DE MITA E., Un passo verso la codificazione, in Il Sole 24-Ore del 30 ottobre 2002, p.

(22)

166

3.4 La posizione dell’Amministrazione finanziaria sull’emendabilità della dichiarazione

Sulla questione dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi

l’Amministrazione finanziaria si è pronunciata nel corso del tempo con vari documenti di prassi, manifestando un orientamento più o meno restrittivo, con riguardo, in particolare, alla presentazione della dichiarazione integrativa a favore del contribuente.

Prima delle modifiche apportate all’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998, per opera dell’articolo 2 del D.P.R. n. 435 del 2001, l’Amministrazione finanziaria aveva affermato, nella circolare n. 98/E del 17 maggio 2000, che «l’articolo 2,

comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998, consente di presentare una successiva dichiarazione anche meramente rettificativa della precedente e fa salvo il potere degli uffici di applicare le sanzioni amministrative», chiarendo inoltre che «la dichiarazione rettificativa presentata oltre il termine di novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione originaria si considera omessa, ma dà titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta. Eventuali crediti emergenti in questa sede possono essere

soltanto richiesti a rimborso»381. Con tale affermazione, dunque,

l’Amministrazione ammetteva implicitamente la possibilità di presentare, secondo le modalità stabilite dal comma 8 dell’articolo 2 (che nella sua formulazione originaria non specificava limiti temporali per le rettifiche), una dichiarazione integrativa con un credito a favore del contribuente, anche oltre i novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione originaria, precisando che, in tal caso, il relativo importo «non può essere

utilizzato in compensazione, ma può solo essere richiesto a rimborso»382.

381 La circolare n. 98/E del 17 maggio 2000 è consultabile al seguente indirizzo:

http://def.finanze.it/DocTribFrontend/decodeurn?urn=urn:doctrib:FIN:CIR:2000-05-17;98.

382 Cfr. CAPELLO F., La dichiarazione dei redditi: rettifiche e integrazioni da parte del contribuente, op.

(23)

167

Successivamente, a seguito delle modifiche introdotte dal citato D.P.R. n. 435 del 2001, l’Amministrazione ha virato verso un’interpretazione più restrittiva delle norme contenute nell’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998, fornendo i dovuti

chiarimenti con la circolare n. 6/E del 25 gennaio 2002383. In quest’ultimo

documento l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato il diverso ambito applicativo delle disposizioni contenute nei commi 8 e 8-bis dell’articolo 2, sottolineando come, ai sensi del novellato comma 8, la correzione degli errori e l’integrazione delle omissioni nelle dichiarazioni dei redditi possano effettuarsi, fatta salva l’applicazione delle sanzioni, mediante la presentazione di una successiva dichiarazione entro il termine previsto per l’accertamento, mentre «con una

diversa disposizione, recata dall’articolo 2, comma 8-bis, è previsto che il contribuente possa integrare a suo favore le dichiarazioni dei redditi […] per correggere errori o omissioni che abbiano determinato un maggior reddito o, comunque, un maggior debito o un minor credito d’imposta. Tale integrazione deve effettuarsi mediante una successiva dichiarazione che va prodotta entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo».

Viene operata, quindi, una distinzione netta fra la disposizione contenuta nel comma 8, che disciplina le dichiarazioni integrative a sfavore del contribuente, da presentarsi entro il termine di cui all’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, e la disposizione contenuta nel comma 8-bis, che concerne la fattispecie delle dichiarazioni integrative in diminuzione, da presentarsi tassativamente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

La stessa impostazione è stata ripresa nella risoluzione n. 24/E del 14 febbraio 2007, in cui l’Agenzia delle entrate ha ribadito che «già con circolare n. 6/E del

25 gennaio 2002 è stato chiarito come la dichiarazione integrativa che evidenzi esiti favorevoli per il contribuente, presentata ai sensi dell’articolo 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, non possa essere presentata decorso il termine di

383 La circolare n. 6/E del 25 gennaio 2002 è consultabile al seguente indirizzo:

http://def.finanze.it/DocTribFrontend/getPrassiDetail.do?id={EA328F93-C629-4288-A1CB-52B447E8- A54C}.

(24)

168

presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo»384

. Inoltre, compiendo un passo ulteriore rispetto a quanto descritto con la precedente circolare, viene precisato che «il principio di emendabilità della

dichiarazione a favore del contribuente, mediante presentazione di istanza di rimborso nei termini previsti dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, come affermato dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 17394 del 6 dicembre 2002, va riferito alla disciplina vigente prima della modifica apportata dal ricordato articolo 2, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 435 del 2001». Infatti,

secondo l’Agenzia, l’orientamento della Cassazione che afferma la possibilità di emendare la dichiarazione nel più ampio termine previsto per la presentazione dell’istanza di rimborso riguarda specificatamente le ipotesi in cui non esistevano disposizioni riguardanti i tempi e le modalità di rettifica della dichiarazione, e trova applicazione esclusivamente per il periodo antecedente il 1° gennaio 2002,

data di entrata in vigore del nuovo comma 8-bis385.

Pertanto, alla luce dell’interpretazione appena descritta, il contribuente che si è accorto degli errori commessi nella compilazione della dichiarazione dei redditi oltre l’anno dalla sua presentazione, potrebbe correggerli presentando una nuova denuncia soltanto se a sé sfavorevole; nel caso contrario, invece, il suo maggior credito o minor debito, derivante dalla rimozione degli errori dichiarativi, andrebbe perso, per l’impossibilità di apportare le necessarie modifiche alla dichiarazione originaria, una volta decorso il termine “corto” previsto dal comma 8-bis, e l’impossibilità di recuperare le somme versate in eccesso tramite

richiesta di rimborso386.

L’interpretazione alquanto restrittiva dell’Amministrazione finanziaria, in contrasto con i principi espressi nell’importante sentenza della Corte di

384

La risoluzione n. 24/E del 14 febbraio 2007 è consultabile al seguente indirizzo: http://def.finanze.it/DocTribFrontend/getPrassiDetail.do?id={BBACA5BB-AA04-4AEC-8356-B51BDF- 43F148}.

385 Cfr. MASTROBERTI A., Ancora incertezze di giurisprudenza sui termini della rettifica a favore della dichiarazione dei redditi, op. cit., p. 35.

386 In tal senso si veda BORGOGLIO A., L’emendabilità delle dichiarazioni dei redditi, in il fisco, 2009,

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Cassazione a Sezione Unite n. 15063 del 2002, facenti perno sul basilare precetto costituzionale della capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione), ha sollevato molte perplessità anche presso autorevoli sedi istituzionali, tanto che l’Avvocatura Generale dello Stato è intervenuta con una richiesta di chiarimenti all’Agenzia delle entrate in merito all’orientamento espresso con la risoluzione n. 24/E del 2007. In particolare, l’Avvocatura ha rilevato che «dall’esame della

successione delle norme nel tempo risulterebbe la volontà del legislatore di ampliare il termine previsto a favore del contribuente per chiedere il rimborso delle imposte pagate in eccedenza; diversamente l’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria avrebbe l’effetto di ridurre eccessivamente tale termine facendolo coincidere con quello per la presentazione della dichiarazione

integrativa con esiti allo stesso favorevoli»387. L’ampliamento del termine per la

richiesta di rimborso, secondo l’Avvocatura, sarebbe dipeso dalla volontà del legislatore di avvicinare i termini di decadenza dell’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsti dall’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, a quelli applicabili al contribuente per richiedere il rimborso, in modo da evitare un eccessivo squilibrio tra le posizioni delle parti del rapporto tributario. In tale ottica, la riduzione ad un anno del termine per presentare la dichiarazione integrativa con esiti favorevoli al contribuente e l’impossibilità di esperire istanza di rimborso entro i tempi più lunghi previsti dall’articolo 38, del D.P.R. n. 602 del 1973, potrebbe far dubitare della costituzionalità del sistema per irragionevolezza della diversità dei termini sopra indicati.

In risposta alla richiesta di chiarezza da parte dell’Avvocatura, l’Agenzia ha cercato di trovare una sintesi tra la propria impostazione restrittiva e il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, giungendo

alla conclusione espressa con la risoluzione n. 459/E del 2 dicembre 2008,

387 Il dubbio manifestato dall’Avvocatura è riportato nel corpo della risoluzione dell’Agenzia delle entrate

n. 459/E del 2 dicembre 2008. L’ampliamento del termine a cui si fa riferimento è relativo alla modifica (ad opera dell’art. 34, comma 6, della L. n. 388 del 2000) del limite temporale previsto dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, da diciotto a quarantotto mesi, ai fini della richiesta di rimborso di imposte dirette versate in eccesso.

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secondo la quale «al contribuente non è consentito presentare una dichiarazione

correttiva con esito a sé favorevole oltre il termine previsto dall’articolo 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998, ma lo stesso può, invece, recuperare l’eventuale imposta versata in eccesso, attraverso un’istanza di rimborso

presentata ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 1973»388.

Pare opportuno precisare come tale orientamento, in virtù di quanto già esposto nel precedente paragrafo della presente trattazione, corrisponda a quello manifestato dalla maggioranza della dottrina e della giurisprudenza. Lo stesso è stato confermato dall’Amministrazione finanziaria anche nella successiva risoluzione n. 132/E del 20 dicembre 2010, riferita alla possibilità di integrazione

della dichiarazione originaria per fruire della detassazione “Tremonti-ter”389. Con

questo documento di prassi, infatti, l’Agenzia delle entrate ha ammesso che la mancata indicazione nella dichiarazione originaria della deduzione non può essere sic et simpliciter interpretata come espressione della volontà di rinunciare alla fruizione del beneficio. Pertanto, le imprese che non si fossero avvalse della deduzione nel periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti agevolabili,

388 L’Agenzia precisa, inoltre, che, al fine di individuare il dies a quo da cui inizia a decorrere il termine

previsto a pena di decadenza dall’articolo 38, occorre stabilire se l’obbligazione tributaria esisteva o meno al momento del versamento effettuato in eccesso; se il pagamento è stato effettuato in totale assenza del presupposto, il termine inizia a decorrere dalla data del pagamento stesso, mentre, nel caso di eccedenze di versamenti in acconto o di pagamenti aventi carattere di provvisorietà, cui non corrisponda successivamente la determinazione di quello stesso obbligo in via definitiva, il termine decorre dal momento del versamento del saldo. La risoluzione n. 459/E del 2 dicembre 2008 è consultabile al seguente indirizzo: http://def.finanze.it/DocTribFrontend/getPrassiDetail.do?id={2FCBE660-DEF4-42FE-B3B0-08DD115EC923}.

389 Si tratta di un’agevolazione introdotta nei commi da 1 a 3-bis dell’articolo 5 del D.L. n. 78 del 2009,

convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009, con cui è stata disciplinata l’esclusione dall’imposizione sul reddito di impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature effettuati dal 1° luglio 2009 - data di entrata in vigore del decreto - al 30 giugno 2010. L’agevolazione consiste in una deduzione dal reddito d’impresa operata apportando una variazione in diminuzione della base imponibile del reddito d’impresa del periodo di imposta di effettuazione degli investimenti agevolabili. La n. 132/E del 20 dicembre 2010 è consultabile all’indirizzo: http://def.finanze.it/DocTribFrontend/getPrassiDetail.do?id={FA2D3474-CC73-49F6-9227-E1984C5EB590}.

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