• Non ci sono risultati.

III. Crizia, la politica, la letteratura

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "III. Crizia, la politica, la letteratura"

Copied!
57
0
0

Testo completo

(1)

83

III. Crizia, la politica, la letteratura

Nelle pagine precedenti abbiamo osservato le peculiarità del Carmide e l’agire di Crizia all’interno della struttura drammatica del dialogo245

. Nel secondo capitolo abbiamo

visto come il dialogo sia perfetta espressione di un contesto storico nel quale Crizia ha un ruolo di primo piano. Oggetto di questo terzo capitolo sarà Crizia uomo, la sua azione e la sua parola poetica. Riteniamo infatti che per poter comprendere il senso di Crizia maschera del Carmide sia necessario ed imprescindibile passare attraverso le testimonianze che documentano la sua azione politica ed i frammenti che ne attestano l’attività letteraria. Alla base di questo capitolo sta il seguente interrogativo: quanto del Crizia storico c’è nel Crizia del Carmide? Ma la questione è più complessa. Parlare di Crizia storico significa infatti andare incontro alla questione Crizia, ovvero alla contraddittorietà di giudizi sulla sua persona. Solo passando attraverso la realtà del personaggio, o quello che di essa si percepisce, si potrà, in un secondo momento, apprezzare il Crizia di Platone, attore del

Carmide246 . I due aspetti della sua personalità, quello politico e quello letterario, verranno sapientemente manipolati dalla penna di Platone, fino a far uscire un personaggio completo e vivace, la cui pericolosità di alcuni tratti è sapientemente smussata dall’ironia e la cui vicinanza con lo stesso Platone è suggellata dalle radici genealogiche247 . Ma procediamo con ordine. Per prima cosa forniremo un profilo della biografia di Crizia248 , in seguito leggeremo le testimonianze di Lisia e Senofonte249 . Vedremo come su di lui pesi tuttora un pregiudizio di antichi e moderni, una damnatio memoriae, da annoverare tra le cause della

245 supra, § I.1. 246 infra, § IV.2. 247 Ch. 157 d 8 ss. 248 infra, § III.1.1. 249 infra, § III.1.2.

(2)

84 perdita della maggior parte della sua produzione letteraria250 . Successivamente251 ne osserveremo il profilo di poeta, leggendo alcuni giudizi degli antichi sul suo stile. Ci soffermeremo poi sull’encomio di Criza per Anacreonte (88 B1 DK), risposta ad un encomio più antico, quello di Anacreonte per Crizia il Vecchio, a cui si allude nel

Carmide252 . Crizia intellettuale e poeta non dialoga solo con il passato. Fortissimi sono

infatti gli indizi di una sua presenza all’interno dei grandi dibattiti che animavano gli intellettuali del V secolo, i sofisti. Con essi Crizia dialoga, non assumendone mai la veste. Forte, si vedrà, l’influsso dell’etica di Antifonte e ugualmente forte il legame con Prodico253 . Il Carmide, come uno specchio, riflette fedelmente il gioco di relazioni di Crizia poeta.

III.1 Tracce biografiche

οἱ πολλοὶ οὐδὲν δέονται διηγήσεως, οἷον εἰ θέλεις Ἀχιλλέα ἐπαινεῖν(ἴσασι γὰρ πάντες τὰς πράξεις), ἀλλὰ χρῆσθαι αὐταῖς δεῖ. ἐὰν δὲ Κριτίαν, δεῖ: οὐ γὰρ πολλοὶ ἴσασιν. (Aristot. Rhet. III 16 1416b = 88 A14 DK = 25 GP²)254 .

Come emerge dalle parole di Aristotele, controverse le notizie sulla biografia di Crizia. Le fonti più tarde, in particolare, risentono dell’immagine già cristallizzata del tiranno violento e passionale formatasi nel IV sec. a.C. Qui di seguito riportiamo un schema che riassume in ordine cronologico gli eventi salienti della biografia di Crizia e le rispettive fonti.

460 a.C. ca. Nascita di Crizia255 . Diog. III 1 = 88 A 2 DK = 10 GP² Plat. Tim. 20 a; 21 a = 88 A 3 DK = 1 GP²

Plat. Ch. 157 e = 88 A 2b DK = 3 GP²

415 a.C. Ingresso di Crizia sulla scena politica. coinvolto nel processo contro gli Ermocopidi256

Andoc. I, 47 = 88 A 5 DK

250

Il carattere negativo dei giudizi su Crizia e la contraddittorietà della sua figura si riflettono nella contraddittorietà dei giudizi che vengono dati sul suo ruolo nel Carmide. v. infra, § IV.1.

251

infra, § III.1.3-4.

252

infra, § III.2.1.

253

Per il legame con Antifonte v. infra, § III.2.2 (a) ; per quello con Prodico § III.2.2 (b) .

254

Quando si vuol lodare Achille, pochi hanno bisogno di spiegazioni, perché tutti conoscono le sue imprese e

basta dunque menzionarle. Nel caso di Crizia è invece necessario, perché non tutti lo conoscono. (Trad.

Bonazzi). v. Centanni 1997, 11 n. 4, secondo la quale qui Aristotele sembra alludere non tanto ad una cancellazione della memoria di Crizia, quanto ad un oscuramento della sua buona fama.

255

(3)

85 .

411 a.C. Colpo di stato. Governo oligarca dei 400. Crizia è incaricato di accogliere ad Eezionea lo sbarco degli Spartani257 .

Crizia propone: 1. un decreto di condanna postuma per Frinico, considerato traditore; 2. il ritorno in patria di Alcibiade258 .

[Dem.], LVIII, 67 = 88 A 6 DK

Lycurg. Leocr. 133 = 88 A 7 DK

Plut. Alc. 33,1= 88 B 5 DK 410/9a.C. o

406 a.C.259

Esilio in Tessaglia260 . Xen. Mem. I 2, 24 = 88 A 4 DK = 4 GP²

256

Iannucci 2002, 12.

257

Per una panoramica storica delle vicende della guerra civile si veda ora Canfora 2013; Bearzot 2013. Si discute sull’autorità di quest’unica testimonianza dello Ps.-Demostene che attesterebbe la partecipazione attiva di Crizia al governo dei 400. A proposito v. Avery 1963, 165 ss. (il cui intent è to deny that Critias was one of

the Four Hundred and to assert that the statement in Ps.Dem. contains a complete and not a partial mistake);

Adeleye 1974, 1 ss. si esprime a favore dell’autenticità della testimonianza, confutando Avery; Bicknell 1972, 99: no reason to credit the assertion in a Pseudo-Demosthenic speech that Kritias had once worked with the

group, which included Phrynichos, that, contrary to Alkibiades’ intentions and interests, had endeavoured to make Athens a narrow oligarchy and puppet of Sparta; Krentz 1982, 46; Ostwald 1986, 403: he will have been sympathethic enough to the extremists of the 411 b.C. to support their fortifying Eezioneia, but there is no evidence that he was a member of the Four Hundred; Lapini 1997, 215; Bultrighini 1999, 191-194, il quale

considera che l’autore della contro Teocrine si sia lasciato influenzare dal provvedimento varato dai Trenta (e dunque da Crizia) contro Teramene, che escludeva dal corpo civico coloro che avessero abbattuto la fortificazione di Eezionea (Cf. Arist. Ath. Pol.37, 1). Tale provvedimento non implicava la partecipazione diretta di Crizia agli eventi del 411 a.C: l’autore della contro Teocrine, invece, basandosi su una rivalutazione

dell’iniziativa oligarchica ad Eezionea, che la norma ideata da Crizia per incriminare Teramene finiva per implicare, può aver dedotto anche un intento apologetico del tiranno, (193) ; diversamente Iannucci (2002,

13- 14 n. 54) considera il provvedimento dei Trenta contro i democratici abbattitori del muro una prova della partecipazione di Crizia. Tale partecipazione sarebbe poi causa dell’esilio di Crizia in Tessaglia. Németh 2006, 28-31 mette l’accento sul valore simbolico del nome di Crizia nel IV sec. a.C., al tempo in cui risale la testimonianza: Kritia’s Name ist im 4. Jh.v. Chr. zu einem Begriff geworden, zum Begriff der prospartanischen

Oligarchen. In diesem Sinne waren die prospartanische Oligarchen tatsächlich oi peri Kritia. Possibilista

Jordović 2008, 35.

258

A proposito si veda Németh 2006, 31-34, il quale interpreta la condanna postuma di Frinico come un atto di pura demagogia, mentre rifiuta l’ipotesi di un Crizia seguace di Alcibiade, parlando piuttosto di collaborazione. Per il rapporto con Alcibiade e l’elegia per lui composta (Plut. Alcib. 3 = 88 B 5 DK = 2 GP²) cf. Lapini 1995, 1-14 (il quale considera ironica l’elegia composta da Crizia per il rientro in patria di Alcibiade); infra, § III.2.2.

259

La testimonianza dei Memorabili di Senofonte non fornisce un’indicazione cronologica precisa. Come nota Iannucci (2002, 14 n.55), l’ipotesi che l’esilio sia avvenuto nel 410-9 a.C. e che Cleofonte ne sia responsabile si basa su Aristot. Rhet. I 1375b (= 88 A 8 DK = 7 GP²). Da Senofonte (Hell. II 3, 36) si deduce che al tempo del processo contro gli strateghi delle Arginuse Crizia doveva essere in Tessaglia. Per la questione (della datazione) dell’esilio si veda già Schleicher 1877, 14; Nestle 1948, 261; Sordi 1958, 142; Adeleye 1978, 64 ss.; Krentz 1982, 46, il quale, come la Sordi, pone l’esilio nel 406 a.C., in seguito al declino dell’immagine di Alcibiade, allora in buoni rapporti con Crizia.

260

Le fonti danno informazioni contrastanti. Senofonte afferma che al tempo del processo delle Arginuse Crizia si trovava in Tessaglia ad instaurare con Prometeo la democrazia armando i penesti contro i padroni. Questa testimonianza è stata presa in passato come un segno dell’incoerenza ideologica di Crizia v. Trabattoni-Bonazzi 2007, 378 n. 3. Per risolvere quest’impasse sono state avanzate diverse ipotesi: Sordi (1958, 141-6) ipotizza che Crizia si sia recato in Tessaglia in seguito ad un invito da parte degli Alevadi, gli stessi che ospitarono Gorgia. La sua partecipazione all’insurrezione dei penesti sarebbe volta ad abbattere le oligarchie moderate nemiche degli Alevadi. Pochi anni dopo gli Alevadi furono sconfitti da Licofrone di Fere; diversamente Canfora 1980, 88 ss., la cui ipotesi è che sotto il nome di Prometeo si nasconda Giasone di Fere:

se questa identificazione,come a me sembra, coglie nel segno, allora la famosa attività eversiva di Crizia in Tessaglia si configura come un suo aiuto all’istaurazione della tirannide di Fere (sorta appunto con

(4)

86 Xen. Hell. II 3, 15 = 88 A 10 DK = 5 GP²

Philostr. V. Soph. I 16 = 88 A 1 DK = 11 GP²

404 a.C. Governo dei Trenta261 . Crizia è incaricato di redigere la costituzione, sotto l’egida spartana.

Crizia e Carmide sono posti al controllo del Pireo, all’interno di un gruppo di 10 membri.

Deriva violenta: processi, condanne262 .

Xen. Mem. II 3, 2 = 88 A 9 DK Lys. XII, 43 = 88 A 11 DK Philostr. V. Soph. I 16 = 88 A 1 DK = 11 GP

Arist. Ath. Pol. 34,3

Plat. Ep. VII, 324c; Arist. Ath. Pol. 35, 1; Xen. Hell. II 4, 19; Plut. Lysan. 15,5.

Xen. Hell. II 3, 13 ss; Lys. XXV, 19; Arist. Const. Ath. 35, 4; Isocr. Paneg. IV, 110-114

403 a.C. Crizia muore sul colle di Munichia, al Pireo, insieme al cugino Carmide, combattendo contro i democratici capeggiati da Trasibulo.

Xen. Hell. II 4, 8 = 88 A 12 DK

III.1.2 Ragioni di una damnatio memoriae: tra Lisia e Senofonte

L’ambiguità è il segno distintivo della biografia di Crizia. Dubbia e discussa la partecipazione al colpo di stato del 411 ordito da Antifonte. La notizia è attestata da un’unica fonte, lo pseudo Demostene, sulla cui attendibilità ancora si discute263

. Dubbia la natura della sua attività in Tessaglia durante l’esilio. Senofonte mette in bocca a Teramene l’accusa di aver aiutato Prometeo ad instaurare la democrazia. Di segno opposto la testimonianza più tarda di Filostrato, il quale, mosso forse dall’intento di rendere coerente l’azione politica di Crizia con la sua ideologia, narra che lì Crizia avrebbe reso più potenti le

Licofrone, padre di Giasone, intorno al 406); per uno status quaestionis v. Iannucci 2002, 14 n. 55; Németh

2006, 27-35; Jordović 2008, 37 ss. Nel segno opposto rispetto a Senofonte la testimonianza tarda di Filostrato

Vit.Soph. I 16: rese più opprimenti le loro oligarchie, dialogando con i signori del posto, attaccando ogni forma di governo democratico e calunniando gli Ateniesi, come coloro che più di ogni altro sono in errore. La

diversa natura della testimonianza può essere spiegata, come sostiene a ragione Iannucci, con l’intento da parte di Filostrato di normalizzare l’attività di Crizia in esilio, rendendola coerente con la sua ideologia.

261

Sul governo dei Trenta si veda Lehmann 1972, 201–233; Krentz 1982, 44-68; in particolare: the Thirty

intended to remake Athens on the model of Sparta, or rather of the model of an idealized Sparta (p. 64). Più

recentemente Németh 2006, 13-25.

262

Németh (2006, 38-39 ) parla a proposito di Metamorphose nel segno della violenza.

263

(5)

87

oligarchie Tessale264 . La deriva violenta della sua politica, le indiscriminate condanne che

avrebbero portato all’opposizione di Teramene, in seguito processato, sono gli unici dati che difficilmente si potrebbe mettere in discussione, in quanto documentati da diverse fonti265 . Lo stesso Platone, nella VII Lettera (324 d 7), narra in maniera esplicita questa

degenerazione del governo dei Trenta266 . Dubbio per finire è il divario, davvero troppo netto, tra la valutazione della sua opera letteraria, l’elogio dello stile da un lato e la condanna del’azione politica dall’altro267

. Questo giudizio schizofrenico che sdoppia il letterato-poeta dall’uomo politico ha portato Filopono ad ipotizzare l’esistenza di due Crizia: il Crizia del Trenta e il Crizia sofista268 .

L’ambiguità delle fonti e del giudizio degli antichi si riflette attraverso i secoli e si riconferma nel giudizio del moderni. Tale diversità di valutazione in merito alla figura di Crizia continua, infatti, a dividere la critica. Viene da sé che la valutazione del carattere di Crizia all’interno dei dialoghi, e in particolare del Carmide, debba necessariamente confrontarsi con questa ambivalenza di fondo269 . Tra i moderni il giudizio di condanna è netto in Wilamowitz, giudizio che si estende, a differenza delle testimonianze antiche, sulle fonti letterarie270 . Il pensiero di Crizia ne esce banalizzato e privo di originalità. Lévy vede in lui un’incarnazione dell’idéologie de la puissance271

, caratteristica che lo avvicinerebbe

al Callicle del Gorgia. Ma semplicistico appare, come nota Bultrighini, ridurre il progetto di Crizia ad una volontà egoistica di comando272 . Noto il giudizio di De Sanctis, di annullamento della morale273 . Untersteiner274 parla di individualismo esasperato. Ancora meno concede Popper, che ne fa un nichilista275 .

In tempi recenti, siamo alla fine del secolo scorso, contribuiti essenziali, come quello della Centanni e di Bultrighini, hanno cercato di andare oltre e di spezzare questa repulsione

ideologica valutando l’ideologia di Crizia come una struttura coerente di pensiero. Andare

264 supra, 84 n. 260. 265 supra, 85 n. 262. 266 Lehmann 1995, 145. 267

Questo divario si percepisce in maniera evidente all’interno della testimonianza di Filostrato, infra § III.I.3.

268

Cf. Philopon. De Anima, XV 89, 8) = 88 A 22 DK = 13 GP².

269

Per l’ambivalenza del giudizio sul ruolo di Crizia nel Carmide v. infra, § IV.1

270

infra, § I.1; Bultrighini 1999, 38 n. 70.

271

Lévy 1976, 143 ss.; 168 s.: Ainsi l’idéologie de la puissance, qui s’était incernée dans l’empire athénien ou

dans des ambitieux comme Alcibiade…ou Critias, se voit rejeter aussi bien sur le plan théorique que dans la réalithé politique.

272

Bultrighini 1999, 40-41. Recentemente Eisenstadt (2008, 492-95) interpreta sotto questa luce la caratterizzazione di Crizia nel Carmide.

273

De Sanctis 1942, 463 (sicchè in sostanza egli finì con l’essere travolto da quelle forze morali che aveva

ignorate o calpestate).

274

Battegazzore Untersteiner 1962, 219-21

275

Popper 1973, 202-3; 259 (Crizia nichilista); 438-44 (risposta all’attacco di Levinson. Popper ribadisce la convinzione dell’iniziale ammirazione di Platone per Crizia).

(6)

88 oltre significa andare alle radici del pregiudizio per capirne le motivazioni che lo hanno creato, significa risalire alle ragioni degli autori contemporanei che hanno parlato di Crizia e che ne hanno parlato in questo modo. Sono tre le fonti contemporanee a Crizia: Platone, Lisia e Senofonte. A proposito la Centanni:

Dalle pagine di Platone, Lisia e Senofonte ricaviamo tre immagini diverse di Crizia, componibili insieme soltanto sceverando i pochi dati valutabili come oggettivi dalle intenzioni apologetiche o detrattorie della fonte276 .

In Platone Crizia compare, oltre che nel nostro Carmide, anche nel Protagora, nel

Timeo-Crizia e nello spurio Erissia. Sulla posizione di Platone nei confronti della memoria di

Crizia efficace la valutazione di Canfora:

Così Platone è divenuto comunque la sola voce dissonante rispetto alla damnatio di Crizia e del suo meteorico esperimento di governo277.

Prima di ritornare al Crizia di Platone soffermiamoci sulle altre due fonte coeve: Lisia e Senofonte. Partiamo da Lisia. Come nota la Centanni278 , la biografia di Lisia è condizionata in maniera radicale da questo grande evento storico: l’oligarchia dei Trenta del 404/403 a.C. Nella Contro Eratostene si legge come il padre, Cefalo, fosse un ricchissimo meteco e come la famiglia in generale fosse inserita all’interno dell’Atene periclea. Nei mesi del regime oligarchico tutto cambia. Il fratello di Lisia, Polemarco, viene condannato a morte. I beni mobili e immobili della famiglia vengono confiscati. Com’è noto, Lisia stesso venne arrestato, ma corrompendo uno dei Trenta, Pisone, riuscì a fuggire in esilio a Megara. Da lì contribuirà al finanziamento dell’esercito di Trasubulo per la restaurazione della democrazia. Nella battaglia di Munichia del 403 a.C. l’esercito democratico si scontrerà con quello oligarchico. Lì Crizia e Carmide perderanno la vita. È discusso se al momento della restaurazione della democrazia Lisia abbia ottenuto da Trasibulo la cittadinanza. In ogni caso in quegli anni, secondo la tradizione per necessità economiche, avrebbe avviato l’attività di logografo.

276

Centanni 1997, 33-34.

277

Canfora 2013, 138. In linea con i dialoghi di Platone rispetto alla figura di Crizia si pone l’Erissia, opera nata all’interno dell’Accademia in cui Crizia svolge un ruolo di primo piano. L’immagine di un Crizia avverso alla ricchezza e, al contrario, teso ad elogiare la sobrietà, si pone in contrasto rispetto all’immagine senofontea di Crizia kleptistatos. v. Centanni 1997, 85. infra, 142 n. 466.

278

(7)

89 La Contro Eratostene, tra le prime opere di Lisia, è la più importante testimonianza diretta

sullo sconfitto regime (...) un vero e proprio atto d’accusa contro il regime tirannico279 . Ma oltre a questa, una parte cospicua delle orazioni del corpus lysiacum contiene importanti riferimenti agli anni della guerra civile. In alcuni casi si tratta difese di cittadini danneggiati dal regime, in altri, come nel caso dell’orazione XXVI, di cittadini che erano stati in qualche modo coinvolti in quegli eventi e che pertanto cercano di discolparsi dalle accuse di collaborazionismo280 . Negli anni che seguono la restaurazione democratica il clima di sospetto che aveva caratterizzato la persecuzioni operate degli oligarchi non cambia nella sostanza, anche se muta di segno. Nel contesto delle accuse e delle difese il repertorio ideologico a cui si attinge resta lo stesso. Gli stessi slogans che avevano caratterizzato la campagna politica di Crizia erano ancora tremendamente attuali. Lo si è visto, ad esempio, osservando l’ambiguità dell’atteggiamento di Isocrate281

. Una stessa ambiguità è possibile rintracciarla in Lisia. In particolare in XXV, 19282 . Erissimaco, l’imputato, deve difendersi dall’accusa di aver partecipato al regime dei Trenta. È stato notato come qui l’argomento non sia strettamente funzionale alla difesa di Erissimaco. Si potrebbe verosimilmente trattare di uno spazio in cui Lisia esprime il suo pensiero. Qui si parte dalla costatazione, in linea col Platone della VII Lettera, che la precedente democrazia fosse arrivata ad un alto grado di corruzione. Se i Trenta, scrive Lisia, avessero punito soltanto questa gente, li

avreste definiti anche voi agathoi (εἰ μὲν οἱ τριάκοντα τούτους μόνους ἐτιμωροῦντο, ἄνδρας

ἀγαθοὺς καὶ ὑμεῖς ἂν αὐτοὺς ἡγεῖσθε). In queste parole si può scorgere una possibile adesione iniziale di Lisia e di altri meteci283 . Sono diverse le fonti che tradiscono la genuinità degli intenti, alla cui base è da rintracciare l‘operazione teorica di Crizia284 .

279

Centanni 1997, 53.

280

Sull’orazione XXVI di Lisia v. supra, § II.1.2.

281 supra, § II.1.1. 282 Lys. XXV, 19 σκοπεῖν δὲ χρὴ καὶ ἐκ τῶνδε, ὦ ἄνδρες δικασταί. πάντες γὰρ ἐπίστασθε ὅτι ἐν τῇ προτέρᾳ δημοκρατίᾳ τῶν τὰ τῆς πόλεως πραττόντων πολλοὶ μὲν τὰ δημόσια ἔκλεπτον, ἔνιοι δ᾽ ἐπὶ τοῖς ὑμετέροις ἐδωροδόκουν, οἱ δὲ συκοφαντοῦντες τοὺς συμμάχους ἀφίστασαν. καὶ: νῦν δέ, ὅτε ὑπὲρ τῶν ἐκείνοις ἡμαρτημένων τὸ πλῆθος κακῶς ποιεῖν ἠξίουν, ἠγανακτεῖτε, ἡγούμενοι δεινὸν εἶναι τὰ τῶν ὀλίγων ἀδικήματα πάσῃ τῇ πόλει κοινὰ γίγνεσθαι. Per un introduzione sull’orazione XXV (difesa contro l’accusa di aver

sovvertito a democrazia), una delle orazioni meglio riuscite dell’intera raccolta, v. Medda 1995, 268-273.

283

supra, 3. Che i progetti iniziali dei 30 non fossero negativi lo leggiamo da Krenzt 1982; Avezzù 1991, 18, il quale sostiene che tutta l’impalcatura ideologica, ovvero il disegno di rinnovamento, fosse da attribuire a Crizia in persona; cf. anche Iannucci 2002, 15. Recentemente Centanni 2009, 423-428.

284

Cf. Oltre alla VII Lettera si veda anche Lisia XII 5; XII 43; Xen. Hell. II 3, 1.2; Aristot. Const. Ath. XXXV 2-4. L’impianto teorico che non mancava di suscitare consensi era incentrato su un’etica filo spartana, come si legge da frammenti dello stesso Crizia. (cf. ad es. 88 B 6 = 4 GP²; B 8 DK = 6 GP²). Gli insegnamenti di Socrate sembrano aver giocato un ruolo nell’elaborazione di questo progetto. A proposito Iannucci op.cit., 21:

I Trenta, e Crizia soprattutto, intendevano attuare un progetto di rifondazione della città appreso alla scuola di Socrate, con una spietata logica dottrinaria estranea agli insegnamenti del maestro di molti tra loro, ma che ad essi, in ogni caso, sembra ispirarsi. Ma tra Crizia e Socrate c’è anche un divario sostanziale. Socrate è

(8)

90 Un’ipotesi di Németh ci invita ad una parentesi sulla figura di Crizia teorico del regime285 . Lo storico ipotizza una collaborazione Crizia-Caricle, essendo il primo

Theoretiker e il secondo Realpolitiker. L’attività di Crizia teorico del regime è legata, tra

l’altro, alla sua scrittura documentata di Politeai, spie di un’attività di riflessione sulle forme di governo286 . L’aver scritto tali lavori sia in versi che in prosa, colloca Crizia a metà tra la tradizione poetica e l’innovazione costituita dai trattati in prosa287 . All’interno di un’analisi comparatistica del mosaico costituito dalle diverse costituzioni greche è la Politea spartana ad imporsi nel panorama di Crizia come punto di riferimento assoluto, paradigma su cui innestare la teorizzazione della costituzione ateniese288 . Il modello di Sparta si plasma sotto la penna di Crizia per divenire modello di Atene. Quali fossero i pilastri del modello lo si deduce dal frammento rimasto della costituzione del Lacedemoni289 : controllo degli eccessi,

misura, temperanza290 . Mediante un gioco di riferimenti, l’elogio della misura, della compostezza, della sophosyne in Crizia, diventano indirettamente elogio di Sparta, vista come aspirazione e nostalgia di Atene, aspirazione in quanto modello, nostalgia in quanto Sparta veniva percepita come l’Atene delle origini. Lo stesso nome di Sparta doveva evocare tutto questo complesso di valori. In un contesto, quello della democrazia, che vedeva i valori di nobiltà, controllo, sophrosyne sovvertiti, la risonanza di questa ideologia doveva essere forte. Espressione di quest’ideologia radicale è l’Athenaion politeia dello Pseudo Senofonte, opera di paternità incerta, da alcuni attribuita a Crizia291 . La stada che fa di Crizia un Theoretiker prima che un tiranno va nella direzione di quello che riteniamo essere il più autentico volto di Crizia: intellettuale, poeta, letterato.

rappresenta ancora un momento di coscienza critica, ma non di rottura con la polis democratica, rispetto alla successiva evoluzione platonica: una evoluzione e una teoresi le cui direzioni sono prefigurate, e in parte influenzate, dalle posizioni radicali di Crizia. Inoltre: è in gioco il superamento della polis, fatto solo annunciato in Socrate, e potenzialmente compiuto, quale obiettivo primario in Crizia; Platone si mette in sostanza sulla stessa via, partendo dalle stesse premesse di Crizia, le premesse cui fa riferimento la VII

Lettera (id., 310). Bultrighini si pone sulla scia di Musti 19945, 393 ss.

285

Németh 2006, 24 ss

286

A proposito del genere delle Politeiai da Crizia ad Aristotele (e dell’idea della democrazia come politeia caratterizzante Atene) v. recente contributo Centanni 2009. Per la sostanziale unità in Crizia tra letteratura e politica v. infra, § III.1.4.

287

Come le Politeiai, così tutta l’attività letteraria di Crizia presenta questo gioco dialettico con il passato. Tale gioco, si vedra, è particolarmente apprezzabile nel Carmide. infra, § III.1.4.

288

La Centanni (2009, 426) fa notare il carattere dialettico - agonale delle relazioni tra polis e polis:

nell’immaginario aristocratico del V secolo Sparta rappresenta l’antico di Atene, la realizzazione che perdura nel presente del modello della patrios politeia.

289

88 B 6 DK = 4 GP².

290

Centanni 2009, 427.

291

Le numerose affinità con l’ideologia rintracciabile da frammenti e testimonianze su Crizia (su cui già Nestle 1949, 299ss.) hanno portato ad ipotizzare la paternità criziana del pamphlet. A proposito v. Thierfelder 1969, 79-82; Serra 1979; Canfora 1980,79-90; id. 2001; Lapini 1997; Iannucci 2002. 15 n. 58; 25 n. 106; Centanni 2009,429. Ora: Bearzot - Landucci - Prandi 2011. A prescindere dall’irrisolta questione dell’attribuzione, l’ambiente da cui l’opera proviene è sicuramente quello dell’Atene delle eterie aristocratiche, lo stesso ambiente di Crizia, Carmide, Platone. Per le eterie nell’Atene del V sec. v. Sartori 1957.

(9)

91 Tornando a Lisia la Centanni nota acutamente come il nome di Crizia nel corpus delle orazioni sia quasi del tutto assente. Compare qualche volta, sempre insieme a quello di Teramene. Quest’ultimo, a differenza del primo, è bersaglio di accuse mirate292

. La cautela che Lisia avrebbe nel pronunciare direttamente il nome di Crizia e nell’accusarlo in maniera diretta e che contemporaneamente porterebbe lo stesso Lisia ad accusare il maggior nemico di Crizia, Teramene, sarebbe forse motivata dai rapporti di amicizia che intercorrevano tra la famiglia di Cefalo e quella di Crizia-Platone. In Platone Lisia fa alcune, silenziose, comparse. Nel Fedro, ad esempio, è di Lisia il discorso sull’eros che il giovane legge a Socrate. Lisia non compare fisicamente, ma attraverso la lettura di un discorso scritto. La

Repubblica è ambientata nella casa di Cefalo al Pireo. Lisia, Eutidemo e il vecchio Cefalo

sono presenti. Anche qui Lisia è citato, ma resta in silenzio. All’inizio del Timeo, si ricorda che il giorno prima, quando Socrate parlava della costituzione della città (= Repubblica), erano presenti tra l’altro Timeo stesso, Ermocrate e Crizia. La continuità ideale e scenica tra

Timeo e Repubblica porta ad immaginare Crizia e Lisia in uno stesso contesto in cui si

discute di idealità. Entrambi ascoltatori muti, anche se non compresenti nella finzione scenica293 . È stata avanzata l’ipotesi che l’ambientazione della Repubblica in casa del ricco meteco Cefalo sia una sorta di omaggio da parte di Platone alla famiglia di Lisia, violentemente danneggiata durante il regime oligarchico294 . Attraverso la potenza dello strumento letterario Platone farebbe una doppia operazione: da un lato recupererebbe l’idealità che le delusioni politiche avevano cancellato, dall’altra passerebbe attraverso le esperienze delle delusioni politiche per superarle.

In conclusione, sembra poter affermare che Lisia non contribuisca in alcun modo a gettare fango sulla memoria di Crizia. Il silenzio con cui l’autore evita in maniera accorta di pronunziare un nome che sicuramente doveva essere scomodo, può nondimeno essere un segnale di un’iniziale vicinanza o almeno, come sembra di poter capire dai dialoghi di Platone, di una frequentazione degli stessi ambienti, in una contesto in cui la parola si carica di idealità.

Ugualmente condizionata dall’esperienza politica dei Trenta è la biografia di Senofonte. Cavaliere sotto il regime, dopo la restaurazione democratica si arruolò come mercenario nell’esercito di Ciro, il quale si preparava al conflitto con il fratello Artaserse. La scelta dell’esilio volontario doveva avere verosimilmente qualche relazione con la sua

292

es. Lys. XII 78. L’accusa contro Teramene coincide nella sostanza a quella messa in bocca a Crizia nelle

Elleniche di Senofonte (II, 3 32). Su Teramene in Lisia v. Bearzot 1997.

293

Il Timeo s’immagina essere avvenuto un giorno dopo il racconto sulla città ideale che Socrate compie nella

Repubblica. A proposito v. Brisson 1992, 10.

294

(10)

92 partecipazione diretta come ipparco al governo dei Trenta295 . Non è un caso che nel 399 a.C. gli arrivò un decreto ufficiale di esilio. Non farà più ritorno ad Atene. Tornato in Grecia al seguito di Agesilao, si ritirò nell’Elide fino alla morte, avvenuta dopo il 360 a.C. È noto il carattere parziale delle sue opere storiche, le Elleniche e l’Anabasi296 . Gli stessi Memorabili

sono mossi da un esplicito intento apologetico nei confronti di Socrate. È nei Memorabili che si deve individuare un primo significativo momento nell’elaborazione del mito negativo di Crizia297 , come si evince dal passo che segue:

ἀλλ᾽ ἔφη γε ὁ κατήγορος, Σωκράτει ὁμιλητὰ γενομένω Κριτίας τε καὶ Ἀλκιβιάδης πλεῖστα κακὰ τὴν πόλιν ἐποιησάτην. Κριτίας μὲν γὰρ τῶν ἐν τῇ ὀλιγαρχίᾳ πάντων πλεονεκτίστατός τε καὶ βιαιότατος ἐγένετο, Ἀλκιβιάδης δὲ αὖ τῶν ἐν τῇ δημοκρατίᾳ πάντων ἀκρατέστατός τε καὶ ὑβριστότατος. ἐγὼ δ᾽, εἰ μέν τι κακὸν ἐκείνω τὴν πόλιν ἐποιησάτην, οὐκ ἀπολογήσομαι: ὡς ἐγένετο διηγήσομαι. (Xen. Mem. I 2, 12-13 = A 4 DK 12 = 4 GP²).

Crizia appare il più ladro, il più violento, il più assassino di tutti gli oligarchi. Alcibiade è il più intemperante, il più violento, il più sanguinario tra i democratici. L’intento, esplicito, è quello di svincolare Socrate dall’accusa di aver influenzato direttamente Crizia e Alcibiade298 . Senofonte cerca di definire i termini della relazione, τὴν δὲ πρὸς Σωκράτην συνουσίαν αὐτοῖν, tra maestro e allievi degeneri. Significativo l’uso del verbo apologein. Questa precisazione infatti, non li difenderò, lascerebbe supporre la presenza di una corrente che andava nella direzione opposta, ovvero in quella della difesa299. L’accusa operata da Senofonte è funzionale ad un’altra apologia: quella di Socrate. Se innegabile era la frequentazione tra il maestro e i due allievi, Senofonte ne marca il distacco successivo:

δήλω δ᾽ ἐγενέσθην ἐξ ὧν ἐπραξάτην: ὡς γὰρ τάχιστα κρείττονε τῶν συγγιγνομένων ἡγησάσθην εἶναι, εὐθὺς ἀποπηδήσαντε Σωκράτους ἐπραττέτην τὰ πολιτικά, ὧνπερ ἕνεκα Σωκράτους ὠρεχθήτην. (Xen. Mem. I 2, 16)

295

Centanni 1997 65; Per il rapporto di Senofonte con i Trenta si veda anche Dillery 1995, 138 ss.

296

Avezzù 1991, 10.

297

Centanni 1997, 66-67; Bultrighini 1999, 251 ss.

298

Isocrate (XI, 5) riferische che l’amicizia con Alcibiade era il principale capo d’accusa imputato a Socrate da Policrate.

299

(11)

93 ἀποπηδάω indica letteralmente il saltare giù. Marca efficacemente l’allontanamento non solo ideologico, ma anche fisico, di Alcibiade e Crizia da Socrate. L’azione politica, ἐπραττέτην τὰ πολιτικά, è allora da considerarsi successiva all’allontanamento e svincolata da ogni possibile influenza socratica. La terminologia utilizzata da Senofonte rende palese il suo intento: creare distinzioni radicali e polarizzate. Senso e fine ultimo di Alcibiade e Crizia diventa così la politica, in vista della quale si erano avvicinati a Socrate. Il periodo di discepolato dalla prospettiva di Senofonte diventa una parentesi tra il sorgere dell’ambizione e la sua messa in atto. Essi sono infatti associati nel loro essere φιλοτιμοτάτω πάντων Ἀθηναίων, i più ambiziosi tra tutti gli Ateniesi.

ἐγενέσθην μὲν γὰρ δὴ τὼ ἄνδρε τούτω φύσει φιλοτιμοτάτω πάντων Ἀθηναίων, βουλομένω τε καὶ πάντων ὀνομαστοτάτω γενέσθαι. (Xen. Mem. I 2 14)

Connessa con l’ambizione è l’assenza di consapevolezza del limite e pertanto la volontà di

occuparsi di ogni cosa personalmente, πάντα δι᾽ ἑαυτῶν πράττεσθαι. Mancanza di senso del

limite, ambizione sfrenata, volontà di ottenere grande fama, sono concetti che rientrano nel campo semantico della hybris, antitesi perfetta della sophrosyne300 . Nel capitolo precedente

abbiamo avuto modo di notare la polarità di questi due concetti, hybris e sophrosyne, e la doppia valenza del senso del limite che la sophrosyne implica: interna, ovvero rivolta all’individuo, ed esterna, ovvero indirizzata alla collettività301

. La dimensione interna della

sophrosyne è quella inerente al dominio di sé e delle proprie passioni: l’enkrateia. Questo

passo dei Memorabili di Senofonte dimostra come questi concetti fossero condivisi. Crizia ed Alcibiade vengono infatti ritratti come ambiziosi, tesi ad un’azione politica che non conosce limiti (direzione esterna della hybris) e contemporaneamente incapaci di dominare

le loro passioni negative302 (dimensione connessa all’interiorità).

καὶ Κριτίας δὴ καὶ Ἀλκιβιάδης, ἕως μὲν Σωκράτει συνήστην, ἐδυνάσθην ἐκείνῳ χρωμένω συμμάχῳ τῶν μὴ καλῶν ἐπιθυμιῶν κρατεῖν: ἐκείνου δ᾽ ἀπαλλαγέντε, Κριτίας μὲν φυγὼν εἰς Θετταλίαν ἐκεῖ συνῆν ἀνθρώποις ἀνομίᾳ μᾶλλον ἢ δικαιοσύνῃ χρωμένοις (…) (Xen. Mem. I 2, 24). 300

Sulla hybris v. Fisher 1992.

301

supra, § II.2.1.

302

Il motivo della hybris e dell’ epithumia in relazione al giovane Alcibiade rimanda al contesto del platonico

(12)

94 Per Senofonte, la figura di Socrate fungeva da ago della bilancia, in quanto la sua influenza teneva a freno le passioni. Una volta liberatesi dall’influenza Socratica, le passioni non conoscono più ostacoli e s’incanalano nella direzione politica del comando. Senofonte, più che sottolineare la continuità tra insegnamento filosofico e prassi politica, ne marca il distacco. Ma se in Platone, e in particolare nel Carmide, avevamo rintracciato la stessa antitesi tra sophrosyne e hybris, il contrasto tra la consapevolezza dei propri limiti e l’ambizione, ciò che rende differente negli intenti e nella ratio il testo di Senofonte da quello di Platone è la volontà senofontea di creare una polarità tra Crizia-Alcibiade da un lato e Socrate dall’altro. In Platone è maggiore la tensione tra i personaggi, il dinamico equilibrio creato grazie allo strumento letterario del dialogo, le geometrie cangianti delle relazioni tra i caratteri. In particolare, per quanto riguarda il rapporto Crizia Socrate interno al Carmide, non si può parlare di polarità netta, quanto piuttosto di tensioni differenti, di gioco dialettico tra le parti, di parziali verità che vanno ricondotte ad una logica mimetica303. Queste tensioni e questi bilanciamenti sono assenti in Senofonte. Qui netto è il distacco, il platonico gioco dei chiaroscuri diventa, inesorabilmente, gioco duale: bianco e nero. Nel caso di Crizia, polo negativo, sembra che Senofonte si accanisca con particolare enfasi. Un esempio efficace in questo senso risulta il famoso aneddoto senofonteo relativo alla passione di Crizia per Eutidemo. Tale smodata passione di natura esclusivamente sessuale avrebbe suscitato un plateale commento di Socrate

Κριτίαν μὲν τοίνυν αἰσθανόμενος ἐρῶντα Εὐθυδήμου καὶ πειρῶντα χρῆσθαι, καθάπερ οἱ πρὸς τἀφροδίσια τῶν σωμάτων ἀπολαύοντες, ἀπέτρεπε φάσκων ἀνελεύθερόν τε εἶναι καὶ οὐ πρέπον ἀνδρὶ καλῷ κἀγαθῷ τὸν ἐρώμενον, ᾧ βούλεται πολλοῦ ἄξιος φαίνεσθαι, προσαιτεῖν ὥσπερ τοὺς πτωχοὺς ἱκετεύοντα καὶ δεόμενον προσδοῦναι, καὶ ταῦτα μηδενὸς ἀγαθοῦ. τοῦ δὲ Κριτίου τοῖς τοιούτοις οὐχ ὑπακούοντος οὐδὲ ἀποτρεπομένου, λέγεται τὸν Σωκράτην ἄλλων τε πολλῶν παρόντων καὶ τοῦ Εὐθυδήμου εἰπεῖν ὅτι ὑικὸν αὐτῷ δοκοίη πάσχειν ὁ Κριτίας, ἐπιθυμῶν Εὐθυδήμῳ προσκνῆσθαι ὥσπερ τὰ ὕδια τοῖς λίθοις. (Xen. Mem. I 2, 29-30)

L’aneddoto, dotato di particolare efficacia visiva, e dunque di forte impatto, costituisce un esempio efficace dell’operazione di Senofonte: porre una linea di demarcazione netta tra Socrate e Crizia. In questo senso esso assume un valore quasi eziologico, in quanto origine prima del conflitto. A questo episodio infatti sarebbe seguita l’ira di Crizia nei confronti del

303

(13)

95 maestro, ira che non sarebbe venuta meno e che avrebbe indotto Crizia, una volta al governo, a colpire Socrate tramite la promulgazione di un decreto che vietava l’insegnamento della logon techne304

.

Nella stessa direzione il ritratto di Crizia che emerge dalle Elleniche. Qui la figura di Crizia appare in opposizione polare a Teramene. Se di quest’ultimo si cerca di fornire un ritratto positivo, di Crizia, al contrario, emerge un’immagine totalmente scura. Tale opposizione polare la si trova nei due discorsi che Senofonte mette in bocca rispettivamente a Crizia e Teramene305 . La cornice è quella del processo contro quest’ultimo, che si concluderà, come è noto, con la sua condanna a morte. Dalle prime battute del discorso di Crizia emerge il legame con Sparta, con il cui aiuto è stato possibile instaurare questa costituzione306 . Parallelamente viene criticata la democrazia, regime odioso:

ἡμεῖς δὲ γνόντες μὲν τοῖς οἵοις ἡμῖν τε καὶ ὑμῖν χαλεπὴν πολιτείαν εἶναι δημοκρατίαν (…) (Xen. Hell. II 3, 25)

A tale costituzione Crizia oppone quella spartana la καλλίστη πολιτεία307 , modello per una rifondazione di Atene. La radicalità del Crizia senofonteo emerge da considerazioni come la seguente:

(…) καὶ ἐάν τινα αἰσθανώμεθα ἐναντίον τῇ ὀλιγαρχίᾳ, ὅσον δυνάμεθα ἐκποδὼν ποιούμεθα: πολὺ δὲ μάλιστα δοκεῖ ἡμῖν δίκαιον εἶναι, εἴ τις ἡμῶν αὐτῶν λυμαίνεται ταύτῃ τῇ καταστάσει, δίκην αὐτὸν διδόναι. (Xen. Hell. II 3, 26).

Non è contemplata la presenza di oppositori al regime (τινα ... ἐναντίον τῇ ὀλιγαρχίᾳ). Chiunque si oppone viene fatto fuori. Ad ostacolare quest’orientamento politico, la deriva violenta del regime, sarebbe l’azione politica di Teramene, esponente di un’oligarchia

304

Xen Men. I 2, 31. ἐξ ὧν δὴ καὶ ἐμίσει τὸν Σωκράτην ὁ Κριτίας, ὥστε καὶ ὅτε τῶν τριάκοντα ὢν νομοθέτης μετὰ Χαρικλέους ἐγένετο, ἀπεμνημόνευσεν αὐτῷ καὶ ἐν τοῖς νόμοις ἔγραψε λόγων τέχνην μὴ διδάσκειν (…). Senofonte è l’unica fonte in merito ad un tale decreto. Oltre al dubbio sulla reale promulgazione di questo decreto, bisogna considerare che, qualora fosse stato realmente promulgato, esso sarebbe stato diretto verosimilmente contro la logon techne insegnata dai sofisti. Problematico il rapporto Socrate-Crizia. Secondo Iannucci (2002, 16) l’educazione di Crizia è da ricondurre a Socrate. In particolare il filolaconismo potrebbe essere di derivazione socratica (Iannucci 2002, 19 n.74). D’altre parte, l’essere stato in rapporti con Crizia è presentata come la causa della morte di Socrate (cf. Iannucci 2002, 19 n. 75).

305 Xen. Hell., II 3, 24-34; 35-50. 306 Xen. Hell. II 3, 25: γνόντες δὲ ὅτι Λακεδαιμονίοις τοῖς περισώσασιν ἡμᾶς ὁ μὲν δῆμος οὔποτ᾽ ἂν φίλος γένοιτο, οἱ δὲ βέλτιστοι ἀεὶ ἂν πιστοὶ διατελοῖεν, διὰ ταῦτα σὺν τῇ Λακεδαιμονίων γνώμῃ τήνδε τὴν πολιτείαν καθίσταμεν. 307 Xen. Hell. II 3, 34.

(14)

96 moderata e di una politica di compromesso. L’assenza di radicalità fa sì che Teramene sia visto da Crizia come un traditore e pertanto degno di punizione.

ὥστε οὐ μόνον ὡς ἐχθρῷ αὐτῷ προσήκει ἀλλὰ καὶ ὡς προδότῃ ὑμῶν τε καὶ ἡμῶν διδόναι τὴν δίκην. (Xen. Hell. II 3, 29)

L’opportunismo della politica di Teramene fa sì che gli venga affibbiato il soprannome di

coturno308. Nella sezione finale del discorso Crizia compie una valutazione lucida sull’inevitabilità delle vittime che ogni metabole comporta.

καὶ εἰσὶ μὲν δήπου πᾶσαι μεταβολαὶ πολιτειῶν θανατηφόροι, σὺ δὲ διὰ τὸ εὐμετάβολος εἶναι πλείστοις μὲν μεταίτιος εἶ ἐξ ὀλιγαρχίας ὑπὸ τοῦ δήμου ἀπολωλέναι, πλείστοις δ᾽ ἐκ δημοκρατίας ὑπὸ τῶν βελτιόνων. (Xen. Hell. II 3, 32)

Come si può notare, tale valutazione s’inserisce all’interno di una critica dell’opportunismo di Teramene. Se la presenza di vittime è invitabile, l’atteggiamento di Teramene, il suo essere εὐμετάβολος, ovvero che cambia facilmente opinione, lo rende corresponsabile, μεταίτιος, di moltissime vittime, sia di oligarchici per mano dei democratici, sia viceversa. Nella VII Lettera309 Platone racconta la sua esperienza politica. La prima delusione connessa

all’esperienza dei Trenta e di suo cugino Crizia, la caduta del regime e la restaurazione della democrazia. Nonostante la prima delusione, Platone sente ancora il desiderio dell’azione politica (325 b 1). All’interno del racconto del rinnovato interesse per la politica Platone afferma:

ἦν οὖν καὶ ἐν ἐκείνοις ἅτε τεταραγμένοις πολλὰ γιγνόμενα ἅ τις ἂν δυσχεράνειεν, καὶ οὐδέν τι θαυμαστὸν ἦν τιμωρίας ἐχθρῶν γίγνεσθαί τινών τισιν μείζους ἐν μεταβολαῖς (…) (Plat. Ep. VII, 325 b 3 - 4 )310

308

(…) ὅθεν δήπου καὶ κόθορνος ἐπικαλεῖται, Xen. Hell. II 3,30. Il coturno è il calzare utilizzato dagli attori per apparire più grandi sulla scena, la connessione con la politica di Teramene deriva dal fatto che poteva essere indifferentemente portato su entrambi i piedi.

309

Sulla sezione iniziale della Settima Lettera in rapporto al Carmide si veda supra, § II.2.2.

310

Anche in occasione di quello sconvolgimento avvennero molti fatti che ben potevano muovere a sdegno e

non era per nulla strano che, in una rivoluzione, le vendette degli avversari politici fossero maggiori (trad.

(15)

97 La valutazione di Platone sull’inevitabilità (οὐδέν τι θαυμαστὸν) di vendette politiche durante i colpi di stato richiama la stessa lucida valutazione di Crizia sulle morti connesse alle metabolai (εἰσὶ μὲν δήπου πᾶσαι μεταβολαὶ πολιτειῶν θανατηφόροι). Da ciò non si può ovviamente dedurre una totale attendibilità del Crizia di Senofonte, quanto piuttosto la radicalizzazione di alcuni autentici tratti della sua personalità. La presenza in Platone di una valutazione affine va a confermare l’ipotesi di una vicinanza di Platone ad alcune posizioni di Crizia311 .

Al discorso di Crizia segue, nel racconto delle Elleniche, quello di Teramene. I punti fondamentali della sua difesa sono i seguenti: 1. deresponsabilizzazione dall’accusa di aver mandato a morte gli strateghi al processo delle Arginuse (3, 35); 2. difesa del proprio agire politico, dovuto alla direzione repressiva e dittatoriale presa dal regime (3, 37 ss.). Caso emblematico: morte di Leone di Salamina (3, 39); 3. opposizione all’esilio di Trasibulo, Anito, Alcibiade; 4. tentativo di discolparsi dall’accusa di essere εὐμετάβολος: funzione di moderazione e equilibrio nella politica ateniese degli ultimi anni (3, 45 ss.). Soffermiamoci sul punto 2. La citazione dell’episodio di Leone di Salamina ci consente un ulteriore rinvio alla sezione iniziale della VII Lettera312 . I Trenta cercano di coinvolgere Socrate nel mandato di cattura di questo personaggio innocente. Socrate, al pari del Teramene di Senofonte, si rifiuta di partecipare a quest’azione dissociandosi dai Trenta. È possibile che qui Senofonte volesse intenzionalmente associare Teramene a Socrate facendone un modello di virtù, contribuendo contemporaneamente a screditare Crizia, uno dei mandanti dell’azione delittuosa. Nel gioco dei personaggi interno al testo ogni passaggio crea polarità. Riportare un episodio noto e in stretta connessione con Socrate e accostare il comportamento di Socrate a quello di Teramene contribuisce ad accentuare la virtù di quest’ultimo e, al contempo, la kakia di Crizia. Nella stessa direzione il ritratto della morte di Teramene. Anche qui ritroviamo l’affinità ideale con Socrate, affinità che si coglie nel coraggio e nella presenza di spirito durante gli ultimi istanti di vita313 , anche qui ritroviamo la stessa morte per cicuta. Diverso apparirà, sia nella dinamica che nelle funzionalità, il

311

supra, § II.2.1.

312

Plat. Ep. VII, 325 a. supra, § II.2.2.

313

Xen. Hell. II 3, 56. Costretto a bere la cicuta, Senofonte riferisce che avrebbe lasciato cadere l’ultima goccia a terra, come nel gioco del cottabo, mirando a Crizia. A proposito Canfora 2013, 90: la scena del

cottabo (…) con le gocce di cicuta rimaste nella coppa non è solo minatoria (sinistro preannunzio di morte), è anche un’allusione all’inconsistente ancorché ostentato stile “spartano” del capo dei Trenta: il gioco del cottabo, di cui Crizia era appassionato, era bandito dagli austeri simposi spartani. Per la fortuna del mito di

(16)

98 gioco del personaggi all’interno del Carmide. Emergerà una dialettica, una tensione che in Carmide, come vedremo, troverà un suo sfogo314 .

Ritornando a Senofonte, si può notare come il ritratto dei due leaders sia invertito rispetto a quello di Lisia. È proprio dal confronto con la Contro Eratostene che si comprende dove Senofonte tace e perché315 . Dall’orazione di Lisia si legge, ad esempio, che Teramene impone all’Assemblea di approvare la costituzione oligarchica (XII, 74)

Θηραμένης δέ, ὦ ἄνδρες δικασταί, καὶ τούτων ὑμᾶς αὐτοὺς μάρτυρας παρέξομαι, εἶπεν ὅτι οὐδὲν αὐτῷ μέλοι τοῦ ὑμετέρου θορύβου, ἐπειδὴ πολλοὺς μὲν Ἀθηναίων εἰδείη τοὺς τὰ ὅμοια πράττοντας αὑτῷ, δοκοῦντα δὲ Λυσάνδρῳ καὶ Λακεδαιμονίοις λέγοι.

Il contrasto col Teramene delle Elleniche è forte. Lì Teramene attribuisce alla libera volontà dell’Assemblea l’approvazione della costituzione (τὴν μὲν γὰρ ἐπὶ τῶν τετρακοσίων πολιτείαν καὶ αὐτὸς δήπου ὁ δῆμος ἐψηφίσατο, Hell. II 3, 45), mentre per Lisia (XII, 76) πρότερον ᾔδεσαν τὰ μέλλοντα ἐν τῇ ἐκκλησία πραχθήσεσθαι, sapevano fin da prima come

si sarebbe svolta l’Assemblea. Egli è dunque perfettamente corresponsabile. Emerge una

figura opposta rispetto a quella di Senofonte. Connivente e δεινοτάτων ἔργων διδάσκαλος, morto a causa della sua stessa malvagità316. Nel ritratto lisiano sembra di sentire l’eco delle accuse di Crizia all’ex compagno di partito. Sul silenzio di Senofonte chiarisce Bultrighini:

Senofonte omette tutto quanto comporti una vera integrazione - e un ruolo protagonistico - di Teramene nel regime dei Trenta, dalle premesse al concreto esercizio del potere. Non è tuttavia l’apologia di Teramene (…) il vero obiettivo di Senofonte. A motivare le sue scelte è soprattutto la volontà di isolare il polo negativo dell’antitesi, e di concentrare responsabilità e discredito sul solo Crizia317 .

Ma quale sarebbe la ragione profonda di questa faziosità di Senofonte? Il quadro che emerge dalle Elleniche mostra come all’interno dei vertici ci fossero due schieramenti

314

infra, § IV.2.1-5.

315

Sulla Contro Eratostene si veda Avezzù G. 1991; Bearzot C. 1997, 1 - 61.

316 Cf. Lys. XII 78: καὶ τοσούτων καὶ ἑτέρων κακῶν καὶ αἰσχρῶν καὶ πάλαι καὶ νεωστὶ καὶ μικρῶν καὶ μεγάλων αἰτίου γεγενημένου1 τολμήσουσιν αὑτοὺς φίλους ὄντας ἀποφαίνειν, οὐχ ὑπὲρ ὑμῶν ἀποθανόντος Θηραμένους ἀλλ᾽ ὑπὲρ τῆς αὑτοῦ πονηρίας, καὶ δικαίως μὲν ἐν ὀλιγαρχίᾳ δίκην δόντος (ἤδη γὰρ αὐτὴν κατέλυσε), δικαίως δ᾽ ἂν ἐν δημοκρατίᾳ: δὶς γὰρ ὑμᾶς κατεδουλώσατο, τῶν μὲν παρόντων καταφρονῶν, τῶν δὲ ἀπόντων ἐπιθυμῶν, καὶ τῷ καλλίστῳ ὀνόματι χρώμενος δεινοτάτων ἔργων διδάσκαλος καταστάς. 317 Bultrighini 1999, 253.

(17)

99 contrapposti: un’ala moderata, con a capo Teramene, e una radicale e violenta, con a capo Crizia. Mostrando questa spaccatura interna Senofonte svincolerebbe se stesso, allo stesso modo di Teramene, dall’accusa di connivenza318

. Ma c’è dell’altro. Sappiamo come il promotore dell’azione politica di Crizia fosse Lisandro, rivale di quello stesso Agesilao elogiato da Senofonte319 . Motivi e risentimenti personali stanno alla base delle scelte di Senofonte. Al di là delle ragioni personali che lo spinsero ad operare questa parzializzazione dei fatti, il suo racconto s’impose ed influenzò tutta la tradizione successiva. Il mito positivo di Teramene, simbolo, insieme a Socrate, di coerenza fino alla morte, ebbe fortuna: lo ritroviamo, infatti, in Diodoro Siculo320 , dipendente da Eforo. Diodoro accoglie la tradizione secondo cui Teramene sarebbe stato un discepolo di Socrate321 .

Per riassumere, nelle pagine di Senofonte si trovano le basi del mito negativo di Crizia. L’immagine che s’impone risulta astratta, quasi caricaturale. Alla radicalità dei giudizi non corrisponde nessuna descrizione di un concreto episodio di assassinio o efferatezza, direttamente ascrivibile alla figura di Crizia. Il mito s’impone fino a rendere troppo esigue le tracce dell’esistenza di una tradizione differente, positiva, su Crizia. Il tentativo di bilanciarne il giudizio, attuato da Platone, rimane pertanto voce isolata e non sempre compresa. Il pregiudizio si forma e si consolida restando così saldo da frenare qualsiasi tentativo di un’analisi più attenta delle fonti. La forza della damnatio impedisce in certi casi, anche ai nostri giorni, di osservare la maschera di Crizia con sguardo libero da griglie mentali. Difficile afferrare Crizia, ma non impossibile. Liberandosi da alcune sovrastrutture emergerà una coerenza ideologica che accompagnerà Crizia fino alla morte. Anche se l’esperimento politico si risolverà, come dovette costatare lo stesso Platone, in un fallimento, tuttavia la coerenza del pensiero, l’incisività dell’opera letteraria, l’abilità di

318

Krentz 1982, 145 ss. nota giustamente come Senofonte sia stato cavaliere al tempo dei Trenta. Denigrare il regime rispondeva dunque non solo ad un intento apologetico nei confronti di Socrate, ma anche ad un tentativo di liberare se stesso dalle accuse da parte dei democratici di aver collaborato durante il regime oligarchico. Senofonte fu escluso dalla restaurata democrazia ed esiliato in quanto collaboratore dei Trenta. L’ex allievo di Socrate cerca di ricondurre tutta la responsabilità del fallimento del regime e delle accuse rivolte contro Socrate a Crizia ed Alcibiade. v. Centanni 1997, 71 ss.

319

Bultrighini 1999, 253 n. 653; Bommelaer 1981, 238 ss; Tuplin 1993, 45 s.

320

cf. Diod. XIV.

321

Un’ulteriore sublimazione filosofica, per usare un espressione di Canfora, del mito di Teramene la troviamo in Cicerone, Tusc. I, 96-97; 100. Per il parallelismo Socrate-Teramene cf. in particolare Cic. Tusc. 97: Chi

giudica essere la morte un male non potrebbe esaltare questa serenità degna di uno spirito sommo nel momento stesso del trapasso. Ed ecco, pochi anni dopo, Socrate entrare nella stessa prigione, eccolo davanti alla stessa tazza: vittima della iniquità dei giudici così come Teramene lo era stato della iniquità dei tiranni.

(18)

100 innovare nella tradizione restano caratteristiche di Crizia, vive nella memoria di eredi e sostenitori322 .

III.1.3 Crizia bifronte: l’elogio dello stile

κάκιστος ἀνθρώπων ἔμοιγε φαίνεται ξυμπάντων, ὧν ἐπὶ κακίᾳ ὄνομα.

Il più malvagio di tutti gli uomini, tra quelli che hanno fama di malvagità.

In Filostrato, che eredita la tradizione senofontea su Crizia, il giudizio appassionato si carica di tinte ancora più fosche323 . Tale lapidaria sentenza risente palesemente della tradizione inaugurata da Senofonte. Le informazioni che Filostrato fornisce sono di particolare interesse. All’interno di questa testimonianza confluiscono diverse tradizioni relative a Crizia, la condanna del tiranno e la lode del poeta, accostate in un tentativo difficile di creare unità. È possibile suddividere la testimonianza di Filostrato in due blocchi isolati. Il primo blocco riassume gli elementi della biografia e si chiude con un giudizio lapidario sulla sua attività politica. Il secondo blocco, nettamente contrapposto al primo, riguarda la valutazione dello stile di Crizia e della sua poetica. Vediamone più in dettaglio il contenuto. Con particolare enfasi, in apertura, Filostrato definisce Crizia κακός. La causa di tale κακία non è tanto l’aver rovesciato la democrazia di Atene, essa infatti si sarebbe rovesciata da sola, quanto l’aver parteggiato per gli Spartani, l’aver tradito i luoghi sacri e l’aver fatto abbattere le mura per opera di Lisandro (κακός … ἐπεὶ λαμπρῶς μὲν ἐλακώνισε, προὐδίδου δὲ τὰ ἱερά, καθῄρει δὲ διὰ Λυσάνδρου τὰ τείχη …) . Si ricorda poi la sua crudeltà, ὠμότης, e la sua efferatezza, μιαιφονία. Ingiustificabile appare l’attività in Tessaglia324 . Se infatti fosse stato ἀπαίδευτος, privo d’istruzione, allora le compagnie lì frequentate sarebbero state la causa della sua corruzione. La sua educazione fu, al contrario, delle più eccellenti:

322

Che una tradizione apologetica su Crizia esistesse lo testimonia Schol. Aeschin. I 39 = 88 A13 DK (…)

sulla tomba di Crizia, uno dei Trenta, raffigurarono l’Oligarchia con una fiaccola che dà fuoco alla Democrazia, e vi aggiunsero la seguente iscrizione: “questa è la tomba di uomini nobili, che il maledetto popolo di Atene per poco tempo trattennero dalla tracotanza. Sullo scolio si veda infra, § III.1.3.

323

Il giudizio è tratto dalle Vite dei Sofisti I, 16, II. Per una recente traduzione con commento delle Vite dei

Sofisti di Filostrato v. Civiletti 2002. Sul coinvolgimento di Filostrato nel giudicare Crizia v. Schimtz 2009,

60-61, recente raccolta di studi su Filostrato. Com’è noto il retore della seconda sofistica dedica nelle Vite dei

Sofisti un’intera sezione a Crizia. Al giudizio di Filostrato che fa di Crizia un sofista si deve la presenza di

Crizia nella raccolta die Fragmente der Vorsokratiker di Diels-Kranz

324

(19)

101 ἐπεὶ δὲ ἄριστα μὲν ἦν πεπαιδευμένος, γνώμας δὲ πλείστας ἑρμηνεύων, ἐς Δρωπίδην δ᾽ ἀναφέρων, ὃς μετὰ Σόλωνα Ἀθηναίοις ἦρξεν, οὐκ ἂν διαφύγοι παρὰ τοῖς πολλοῖς αἰτίαν τὸ μὴ οὐ κακίᾳ φύσεως ἁμαρτεῖν ταῦτα.

Filostrato ricorda l’educazione aristocratica di Crizia e la nobile discendenza, ἐς Δρωπίδην δ᾽ ἀναφέρων, ὃς μετὰ Σόλωνα Ἀθηναίοις ἦρξεν, che risaliva a Dropide, arconte ad Atene

dopo Solone. La causa allora dei suoi errori è, secondo Filostrato, una κακία φύσεως, una malvagità connaturata. Elemento di ulteriore stranezza è, per Filostrato, il non essersi

assimilato a Socrate, ᾧ πλεῖστα δὴ συνεφιλοσόφησε σοφωτάτῳ τε καὶ δικαιοτάτῳ τῶν ἐφ᾽ ἑαυτοῦ δόξαντι, l’uomo ritenuto più saggio e più giusto di tutti, con il quale aveva

intrattenuto moltissime conversazioni filosofiche. Subito dopo ritorna il motivo della

Tessaglia e dei Tessali che, sebbene prima considerati potenziali corruttori, vengono qui riabilitati. Neppur’essi infatti erano privi di una qualche forma di sapienza in quanto ἐγοργίαζον, gorgizzavano. Vengono confrontate l’attività di Gorgia e quella di Crizia in Tessaglia325 : se il primo aveva esercitato una certa influenza positiva sulle città piccole e

grandi, il secondo invece non aveva dato alcuna ἐπίδειξις, dimostrazione, della propria

sapienza, ma piuttosto aveva reso più oppressive le loro oligarchie dialogando con i signori

del posto (βαρυτέρας δ᾽ αὐτοῖς ἐποίει τὰς ὀλιγαρχίας διαλεγόμενος τοῖς ἐκεῖ δυνατοῖς).

Paradossale e sentenziosa la conclusione di Filostrato:

ὥστε ἐνθυμουμένῳ ταῦτα Κριτίας ἂν εἴη Θετταλοὺς διεφθορὼς μᾶλλον ἢ Κριτίαν Θετταλοί.

Velocemente si accenna alla morte per mano di Trasibulo e di coloro che s’impegnarono a ripristinare la democrazia. Alla fine del resoconto biografico Filostrato fa la seguente considerazione, a suggellare il giudizio negativo:

δοκεῖ δ᾽ ἐνίοις ἀνὴρ ἀγαθὸς γενέσθαι παρὰ τὴν τελευτήν, ἐπειδὴ ἐνταφίῳ τῇ τυραννίδι ἐχρήσατο: ἐμοὶ δὲ ἀποπεφάνθω μηδένα ἀνθρώπων καλῶς δὴ ἀποθανεῖν ὑπὲρ ὧν οὐκ ὀρθῶς εἵλετο, δι᾽ ἅ μοι δοκεῖ καὶ ἡ σοφία τοῦ ἀνδρὸς καὶ τὰ φροντίσματα ἧττον σπουδασθῆναι τοῖς Ἕλλησιν: εἰ γὰρ μὴ ὁμολογήσει ὁ λόγος τῷ ἤθει, ἀλλοτρίᾳ τῇ γλώττῃ δόξομεν φθέγγεθαι, ὥσπερ οἱ αὐλοί. 325

(20)

102 Ιl giudizio negativo di Filostrato si pone in contrasto con un altro filone (δοκεῖ δ᾽ ἐνίοις) che tende a considerare Crizia ἀνὴρ ἀγαθός in virtù della sua morte in battaglia. Nessun uomo, sentenzia Filostrato, muore di una bella morte ὑπὲρ ὧν οὐκ ὀρθῶς εἵλετο, qualora scelga

delle cause non giuste. Questa, in ultima analisi, la ragione della damnatio: la mancanza di

corrispondenza tra il logos, la sua parola poetica, e l’ethos, la sua personalità. A ciò seguono valutazioni sullo stile: τὴν δὲ ἰδέαν τοῦ λόγου (…). Il δε marca lo stacco netto, l’opposizione, rispetto a ciò che precede e dà l’avvio al secondo blocco della testimonianza di Filostrato. Crizia è sentenzioso e ricco di concetti, δογματίας ὁ Κριτίας καὶ πολυγνώμων. Riportiamo il passo: τὴν δὲ ἰδέαν τοῦ λόγου δογματίας ὁ Κριτίας καὶ πολυγνώμων σεμνολογῆσαί τε ἱκανώτατος οὐ τὴν διθυραμβώδη σεμνολογίαν, οὐδὲ καταφεύγουσαν ἐς τὰ ἐκ ποιητικῆς ὀνόματα, ἀλλ᾽ ἐκ τῶν κυριωτάτων συγκειμένην καὶ κατὰ φύσιν ἔχουσαν. ὁρῶ τὸν ἄνδρα καὶ βραχυλογοῦντα ἱκανῶς καὶ δεινῶς καθαπτόμενον ἐν ἀπολογίας ἤθει, ἀττικίζοντά τε οὐκ ἀκρατῶς, οὐδὲ ἐκφύλως - τὸ γὰρ ἀπειρόκαλον ἐν τῷ ἀττικίζειν βάρβαρον - ἀλλ᾽ ὥσπερ ἀκτίνων αὐγαὶ τὰ Ἀττικὰ ὀνόματα διαφαίνεται τοῦ λόγου. καὶ τὸ ἀσυνδέτως δὲ χωρίῳ προσβαλεῖν Κριτίου ὥρα, καὶ τὸ παραδόξως μὲν ἐνθυμηθῆναι, παραδόξως δ᾽ ἀπαγγεῖλαι Κριτίου ἀγών, τὸ δὲ τοῦ λόγου πνεῦμα ἐλλιπέστερον μέν, ἡδὺ δὲ καὶ λεῖον, ὥσπερ τοῦ Ζεφύρου ἡ αὔρα.

Con una sorprendente differenza di tono, qui si elogia la σεμνολογία, ovvero il carattere enfatico peculiare dello stile di Crizia. Si tratta di un’enfasi che nasce dalla scelta dei termini più appropriati e che si ha naturalmente (κατὰ φύσιν ἔχουσαν). Ugualmente degni di lode sono la brachilogia e l’ἀττικίζειν, che fa risplendere le sue parole nel discorso come

raggi di sole (ὥσπερ ἀκτίνων αὐγαὶ τὰ Ἀττικὰ ὀνόματα διαφαίνεται τοῦ λόγου). Finezza di

Crizia, Κριτίου ὥρα, è poi l’uso della figura retorica dell’asindeto, suo sforzo il carattere originale dell’invenzione e dell’esposizione letteraria. Il soffio del suo periodare è poi dolce e scorrevole, ὥσπερ τοῦ Ζεφύρου ἡ αὔρα.

Il contrasto tra la prima e la seconda sezione emerge già da una prima lettura. La lode dello stile, della σεμνολογία che nasce dalle scelta del termini più appropriati, la padronanza dell’ἀττικίζειν e ancora il riconoscimento dell’originalità dell’invenzione letteraria e dell’espressione sono tutti elementi che contrastano fortemente con la malvagità

connaturata del tiranno. Emerge un divario nella valutazione della persona di Crizia nella

(21)

103 in discussione, vengono anzi affermati con passione. Ugualmente enfatica è la lode dell’idea della letteratura criziana, improntata ad equilibrio. La radicalità e ambiguità dei giudizi su Crizia è riflesso dell’ambiguità della tradizione. All’interno di una tradizione che nasce già problematica Filostrato tenta di coniugare, con uno sforzo notevole, filoni differenti ricostruendo a posteriori un’immagine unitaria, ma il cui ethos non si accorda al logos. Si tratta di uno sdoppiamento non fisico ma, si potrebbe dire, psicologico.

Se la parola non si accorda al carattere sembreremmo parlare, come flauti, una lingua che non è la nostra326 .

Il passo sopra citato funge da cerniera tra le due differenti metà di Crizia (stando all’interpretazione filostratea). Affermando ciò Filostrato rischia di rinnegare il principio che sta alla base della tradizione letteraria greca, che vuole la corrispondenza tra ethos e

logos. Si tratta della tradizione sulla mimesis letteraria che in Platone trova, ancor prima di

Aristotele, una sua teorizzazione327 . L’immagine dei flauti, strumenti musicali passivi, che suonano ἀλλοτρίᾳ τῇ γλώττῃ implica l’idea dello sdoppiamento interno alla personalità e dunque una scissione tra ciò che si è realmente e ciò che si manifesta, ὥσπερ οἱ αὐλοί, attraverso l’espressione letteraria. La parola poetica di Crizia diventerebbe secondo Filostrato falsa manifestazione del carattere. Rinnegando l’identificazione ethos – logos Filostrato dissocia Crizia dal principio della mimesis, base a sua volta del biografismo interno all’Accademia328

. Se ciò fosse vero tutta la produzione letteraria di Crizia avrebbe un carattere di finzione, artificioso. Impossibile sarebbe allora quel senso di naturalezza che la lettura di Crizia, stando sempre a Filostrato, comunica. Ermogene329 considera caratteristica fondante della poetica di Crizia non solo la cura formale, la sentenziosità e la grandezza dello stile, ma anche la tensione verso il pithanon e l’alethinon. È la dimensione dell’autenticità che dona grandezza allo stile. Si potrebbe allora dire che ciò che rende lo stile di Crizia degno di lode è la sua autenticità. Filostrato compie uno sforzo notevole, tentando di conciliare due tradizioni. Nella prima sezione della testimonianza egli sembra seguire la tradizione inaugurata da Senofonte. Alla base delle riflessioni sull’educazione la

326

Per il contesto della citazione v. supra, p. precedente. Cf. inoltre Aesch. Contr.Ctes. 229; Plat. Lach. 188d (accostamento psyche-ethos).

327

Cf. Halliwell 2005, 43-63.

328

In base a tale principio dall’opera letteraria era possibile desumere elementi di natura biografica, in quanto l’arte è riflesso di sé. Sul biografismo di età ellenistica v. Erler – Schorn 2007.

329

Hermogenes de ideis B 401 25 Rabe = 88 A19 DK.. Una recente edizione critica è quella di Patillon 2012. Sulla retorica di Ermogene di veda Patillon 2010. Sulla testimonianza di Ermogene in rapporto a Crizia v. Centanni 1997, 94 (confronto tra lo stile di Crizia e quello di Gorgia).

Riferimenti

Documenti correlati

E io, cittadini, proprio in questo differisco forse dai molti; e se cosa ci è, per la quale io affermerei essere piú sapiente di alcuno, questa è, che come non so delle cose dell'Ade,

La trasformazione della figura della vittima designata - figura del complesso di castrazione - in una fenomenologia del demiurgo, era l'invito a farsi carico della responsabilità

organica legata al tema della disabilità; ciò nonostante molte norme non sono state attuate e altre risultano essere inadeguatamente applicate. 84 un documento contenente delle

4 During the colonial era, Britain seemed to adopt a divide et impera policy with India, fomenting the conflicts among the numerous religions widespread in the colony, to then

La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quel- le che sono stabilite dalla legge e che costituiscono

norma della ragione” è un degenerato che dichiara con il suo comportamento “di abbandonare i princìpi della natura umana e d’essere una creatura nociva”. Locke adotta toni

La vita del maiale è stata più significativa di quella di Socrate dal punto di vista della soddisfazione intrinseca e della quantità complessiva di piacere.. Anche se pensiamo

L’Unione Europea quindi riconosce e rispetta i diritti delle persone anziane, che hanno maggiori probabilità di diventare dipendenti per bisogno di cure e di assistenza,