29 ANATOMIA PATOLOGICA
Le alterazioni riscontrabili nell’intestino tenue a causa della malattia celiaca sono state in gran parte descritte nel precedente capitolo. M. Marsh (21), nel 1992, identificò tre fasi distinte e sequenziali nelle
quali può essere schematizzato lo spettro istopatologico
dell'enteropatia da glutine: 1) massiva infiltrazione della lamina propria da parte di linfociti T e successiva invasione dell'epitelio; 2) iperplasia delle cripte con parallelo ispessimento della lamina propria; 3) atrofia villosa di severità progressiva. Le anomalie alla biopsia intestinale tradizionalmente associate alla malattia costituiscono, pertanto, solo lo stadio finale di un processo patologico che in realtà anche nelle sue “deboli” manifestazioni iniziali è compatibile con la diagnosi di celiachia. Sia nella popolazione adulta, sia nei pazienti pediatrici, ed indipendententemente dalla loro entità, le alterazioni istologiche causate dalla malattia celiaca spesso mostrano una distribuzione “patchy”, e quindi non continua, nella mucosa intestinale (46): da qui la necessità di eseguire, durante l’esofagogastroscopia diagnostica, biopsie multiple e talora ripetute in caso di clinica suggestiva. La porzione distale del duodeno e il digiuno sono le sedi più frequenti delle alterazioni parietali, tuttavia numerose evidenze indicano che la malattia celiaca può interessare l'intero tratto digerente; la severità delle alterazioni istologiche varia dal tratto prossimale a quello distale, riflettendo verosimilmente l’esposizione della mucosa intestinale a diverse quantità di glutine.
Notoriamente, circa il 10% del totale dei soggetti messi a dieta aglutinata, non risponde alla terapia, costituendo quindi il gruppo
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della cosiddetta sprue refrattaria, che è caratterizzata dal punto di vista clinico dal fallimento di tutti i provvedimenti terapeutici e da prognosi infausta, mentre dal punto di vista istologico dalla persistenza, pur seguendo la dieta gluten-free, di atrofia villosa severa e di massiva infiltrazione di IEL, che, proprio come nel linfoma conclamato, non esprimono in superficie CD4 e CD8, ma risultano positivi per CD3 (che in un subset particolare ha una espressione intracitoplasmatica), e sono provvisti di una configurazione monoclonale del recettore TcRy (47). La fase 4 della classificazione secondo Marsh (20), stadio finale e irreversibile, corrisponde proprio alla celiachia refrattaria ed è caratterizzata dalla presenza di una mucosa ipoplastico/atrofica, nella quale si documentano marcata atrofia villosa, esiguo numero di cripte e mitosi, riscontrabile anche nel linfoma. La deposizione di una spessa banda di collageno in sede subepiteliale è indicata con il termine di sprue collagenosica, identica per clinica e prognosi alla sprue refrattaria (48). Circa il 4% dei pazienti risulta affetto da una colite linfocitica, detta anche microscopica perché il cospicuo infiltrato linfocitario dell'epitelio e della lamina propria non si accompagna a lesioni mucosali visibili all’endoscopia ( 49,50).
Nel 1990 Wolber e coll. (51) descrissero nell’ambito di 22 casi di celiachia non trattata 10 pazienti con gastrite linfocitica dell'antro e del corpo istologicamente assai simile a quella associata all'infezione da H.
pylori e caratterizzata dall’epitelio superficiale e dalle foveole, ma
non l’epitelio ghiandolare profondo, fortemente infiltrati da linfociti T, identici, dal punto di vista immunofenotipico, alle cellule T che infiltrano la parete intestinale durante la malattia celiaca. In cinque dei
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dieci pazienti furono riscontrati anche, a livello del corpo e dell’antro, erosioni, mucosa di spessore ridotto, ulcere. Tali alterazioni sono forse dovute alle concentrazioni relativamente basse nel succo gastrico di glutine negli stadi iniziali della digestione assorbito passivamente dalla mucosa, e capace in questo modo di scatenare una risposta immunologica. Questa ipotesi patogenetica è avvalorata dal fatto che nella celiachia non trattata questa condizione si associa ad un’ elevata permeabilità gastrica (52), che riflette l’ aumentata permeabilità di tutto il tratto digestivo.
Infine, nell’ambito di questo capitolo, è opportuno citare le due più recenti classificazioni di celiachia, attualmente usate in tutto il mondo, e sotto riportate. La prima (tabella 1) corrisponde alla classificazione di Marsh modificata nel 1999 da Oberhuber: in essa si riconoscono quattro possibili tipi di malattia, da 0 a 3, l’ultimo dei quali è stato ulteriormente suddiviso nei tre sottogruppi a,b,c in base all’entità di atrofia villosa riscontrata. La seconda (tabella2), invece, è la ormai famosissima classificazione di Corazza-Villanacci, pubblicata nel 2005 e composta dal grado A (tipo 1 e tipo 2 della Marsh-Oberhuber), dal grado B ( tipo 3a e 3b della precedente classificazione), e dal grado C (3c della tabella1), che descrive un quadro di atrofia villosa totale. Da notare inoltre come nella più recente classificazione il numero di linfociti intraepiteliali sia considerato patologico non più oltre 40 elementi, bensì oltre 25 IEL/100 enterociti.