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PER UN DETTATO GIUDIZIARIO: UN IPOTESI DI APPLICAZIONE DEL RICONOSCIMENTO VOCALE NEL LAVORO DEL MAGISTRATO

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PER UN DETTATO GIUDIZIARIO: UN’IPOTESI DI APPLICAZIONE DEL RICONOSCIMENTO VOCALE NEL LAVORO DEL MAGISTRATO

Maria Palmerini

Fondazione Ugo Bordoni – Roma mariapalme@virgilio.it

Art. 6. – Non è ammessa la scrittura a macchina o doppie copie, comunque ottenute nella stesura dlle leggi, dei decreti Reali, dei decreti del Capo del Governo, selle sentenze, e degli atti ricevuti da notai o da altri pubblici ufficiali.

2. L’inchiostro da adoperare per la scrittura a mano degli atti e documenti di cui al precedente comma deve garantire la stabilità delle scritture e perciò deve essere senza anilina né materie corrosive, resistente alla luce e alle materie coloranti. Sono ammessi inchiostri contenenti sostanze ferrose. Per gli atti e documenti stampati, la stampa deve essere fatta con inchiostri grassi; è da escludere il metodo di stampa rotocalcografico.

r.d.l. 19 dicembre 1936, n. 2380 [oggi abrogato]1

1. INTRODUZIONE

Negli ultimi anni il settore della giustizia ha assunto un’importanza sempre maggiore, non solo come uno dei temi a cui i mass-media amano dedicare ampio spazio, ma anche come area che sempre di più ha destato l’interesse della ricerca scientifica. Una delle discipline che si è interessata a questo settore è senz’altro la linguistica2.

Infatti – come molte altre importanti attività umane – anche l’amministrazione della giustizia avviene essenzialmente attraverso l’uso della lingua e in particolare la lingua italiana. Su questo, il Codice di procedura penale prescrive: «Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.»3; allo stesso modo, il Codice di procedura civile stabilisce che: «in tutto il processo è prescritto l’uso della lingua italiana.»4. Le leggi sono fatte di parole, le sentenze sono fatte di parole, ma anche il processo stesso, dalle indagini al dibattimento, è fatto di parole, poiché ogni elemento, per essere valutato, deve essere narrato e quindi trasformato in testo linguistico5.

L’attività di redazione dei provvedimenti occupa attualmente un’ampia parte del lavoro del magistrato, tempo non sempre giustificato da un proporzionale e necessario processo di elaborazione e maturazione del provvedimento. «La maggior parte dei magistrati lavora molto. Che poi tutto questo lavoro sia sempre altamente produttivo è da dimostrare, visto lo stato a volte disastroso, quasi sempre carente della giustizia. Il che significa che queste fatiche non indifferenti approdano spesso a esiti insoddisfacenti, perché da noi prevale il culto della forma, della procedura, del metodo sul concreto ottenimento dei risultati […]»6. È vero che nel caso delle sentenze, ad esempio, e in particolare nel caso di sentenze complesse, c’è tutta una fase di maturazione della decisione e di delinearsi della motivazione che richiede tempi lunghi e continue rielaborazioni del pensiero prima che del testo, cosicché la sua scrittura fisica è solo l’operazione finale. Tuttavia, in altri casi il tempo viene impiegato soprattutto a digitare su una tastiera provvedimenti spesso simili uno all’altro e di contenuto poco elaborato.

In epoca recente il settore delle tecnologie basate sul riconoscimento vocale è stato oggetto di un continuo sviluppo, per cui, oltre a perfezionare e migliorare le prestazioni dei principali motori già diffusi, si moltiplicano gli interessi dei vari settori professionali per questa nuova tecnologia, che viene applicata con successo ai campi più diversi7.

1 Citato in Di Benedetto (2002), p. 139.

2 Segnaliamo solo alcuni dei lavori più recenti e significativi: per l’Italia si veda il lavoro completo di Bellucci (2005) e più in particolare Bellucci (2004) sul linguaggio delle sentenze; sul linguaggio giuridico si rimanda al noto e importantissimo lavoro di Mortara Garavelli (2001) e in particolare all’accurata rassegna bibliografica alle pp. 34-54.

Per la letteratura anglosassone, estremamente ricca, si rimanda al recente lavoro di Gibbons 2003 sul linguaggio forense.

3 Art. 109, co1 c.p.p.

4 Art. 122, co1 c.p.c.

5 Di Benedetto (2002: 93) osserva come: «ciascun elemento processuale, ove non sia già costituito da frasi, sia tradotto nell’enunciato che lo descrive. […] Le relazioni con-testuali sono in questo modo elevate e relazioni co-testuali, assai più visibili e controllabili. […] In questo modo condotte o eventi processuali vengono trasformati in entità linguistiche collocate tutte sullo stesso piano degli atti scritti e orali. […] quel che conta non sono gli atti realmente compiuti o i fatti realmente accaduti ma i fatti e gli atti che il testo narra essere compiuti o accaduti»5. La verità processuale che si tenta di ricostruire è la verità narrata nel corso del processo.

6 Garavelli 2003, pp. 42-43.

7 Alcune esperienze significative di applicazione del riconoscimento vocale sono esposte nel § 4.

(2)

Questa ricerca nasce dall’idea di studiare l’attività di produzione di provvedimenti da parte dei magistrati, per individuare possibili applicazioni della tecnologia del riconoscimento vocale al lavoro del magistrato, in particolare nell’attività di redazione dei provvedimenti.

Pertanto, si è pensato innanzitutto di raccogliere informazioni attraverso la compilazione di questionari8, per descrivere come avvenga attualmente in Italia il processo di redazione di ogni provvedimento, dalla fase dell’elaborazione, fino alla sua archiviazione.

In questa relazione verranno presentati i risultati emersi dall’analisi dei questionari sottoposti ai magistrati, principalmente tramite posta elettronica, nel periodo che va da aprile a giugno 2006. Nei primi paragrafi si presenteranno i criteri di scelta del campione e si descriverà il questionario. Successivamente si passerà all’esposizione e alla lettura critica dei dati emersi dai questionari, per poi terminare con alcune osservazioni conclusive, tese a individuare i principali punti critici della situazione attuale, mettendo in luce le rispettive esigenze di miglioramento.

Infine saranno esposte le caratteristiche principali della tecnologia del riconoscimento vocale, vista anche in alcune sue applicazioni ad altri settori professionali; tenendo conto dei dati emersi nella ricerca, poi, si delineerà una proposta di utilizzo del riconoscimento vocale nell’attività di redazione dei provvedimenti da parte dei magistrati.

2. LA SITUAZIONE ATTUALE

Una prima parte della ricerca è stata svolta con lo scopo di descrivere la situazione attuale. È stato elaborato un questionario che è stato diffuso tra i magistrati di tutta Italia, sia nelle Procure sia nei Tribunali, così da raggiungere magistrati del nord, del centro, del sud e delle isole. Dai questionari compilati è stato selezionato un campione significativo, del quale si è proceduto ad analizzare i dati.

Nei paragrafi seguenti saranno esposti i risultati di questa fase della ricerca.

2.1 Il campione

La scelta del campione è stata fatta in base al numero dei magistrati in Italia e alla loro distribuzione sul territorio. Dai dati pubblicati sul sito del Consiglio Superiore della Magistratura9, si è visto che gli uffici giudiziari in Italia sono suddivisi in 29 distretti territoriali10, che fanno capo ciascuno a una Corte d’Appello o a una sua sezione distaccata. Si è selezionato un campione in base al numero dei magistrati per ogni distretto, con l’intento di mantenere la proporzione fra magistrati giudicanti e magistrati requirenti, e – per quanto possibile – distribuiti su più uffici all’interno del distretto, così da avere dati differenziati e rappresentativi.

I primi dati sono stati raccolti per mezzo di interviste; in seguito il questionario è stato fatto circolare attraverso la posta elettronica, sia all’interno di alcune mailing list, sia scrivendo direttamente a magistrati scelti casualmente tra gli elenchi dei nominativi di ogni distretto11.

Sono state mandate circa 450 e-mail, ma in tutto sono stati raccolti solo 69 questionari; di questi, 4 non sono stati utilizzati perché compilati da uditori giudiziari12.

Pertanto sono stati utilizzati i dati di 65 questionari13, distribuiti su 18 distretti14.

8 Nei prossimi paragrafi saranno esposti i criteri di elaborazione del questionario e di selezione del campione; in appendice, poi, è riportata una copia del questionario distribuito.

9 Si veda il sito www.csm.it . I dati estratti sono stati aggiornati nel mese di febbraio 2007.

10 I distretti sono (in ordine alfabetico): Ancona, Bari, Bologna, Bolzano (sezione distaccata di Trento), Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugina, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari (sezione distaccata di Cagliari), Taranto (sezione distaccata di Lecce), Torino, Trento, Trieste, Venezia. Per una descrizione dell’organizzazione degli uffici giudiziari e delle funzioni dei magistrati, si veda Garavelli 2003, pp. 71-74, oltre al già citato sito web del Consiglio Superiore della Magistratura.

11 Anche in questo caso i nominativi sono stati estratti dal sito www.csm.it .

12 Quella degli uditori giudiziari è una categoria composta da giovani magistrati in fase di formazione prima di essere assegnati a un certo ufficio. Pertanto è una condizione temporanea e dalle funzioni estremamente variegate e fluttuanti durante la prima fase del tirocinio generico. Per questo si è scelto di non includerla nel campione.

13 Si veda la tabella 1.

14 Si veda la tabella 2.

(3)

Magistrati in servizio In Italia Nel campione

Percentuale del campione

sul totale

Giudicanti 6469 51 0,79%

Requirenti 2232 14 0,63%

Totale 8701 65 0,75%

Magistrati in

servizio

In Italia Nel campione

Percentuale del campione

sul totale

Uomini 5126 42 0,82%

Donne 3575 16 0,45%

Anonimi15 - 7

Totale 8701 65 0,75%

Tabelle 1. Distribuzione dei magistrati del campione relativamente alla loro funzione e al genere.

Centri di

grande dimensione

Centri di media dimensione

Centri di piccola dimensione

Totale questionari

Nord (6 distretti) 4 13 2 19

Centro (4 distretti) 7 13 4 24

Sud e Isole (8 distretti)

2 13 7 22

Totale (18 distretti) 13 39 13 65

Tabella 2. Numero di questionari raccolti e loro distribuzione sul territorio.

Come si vede, più del 50% dei questionari proviene da centri di media dimensione16; risultano meno rappresentati i centri di piccola e grande dimensione. I questionari di area centrale sono più numerosi, ma provengono da soli 4 distretti, mentre quelli del nord e del sud sono maggiormente distribuiti.

Nella tabella 3, infine, sono rappresentati i settori giudiziari a cui appartengono i magistrati del campione.

Magistrati di area penale 37 Magistrati di area civile 24 Magistrati di entrambi i

settori

3 Area non indicata 1

Totale 65 Tabella 3. Area giudiziaria dei magistrati che hanno fornito il questionario.

Nonostante il settore civile sembri meno rappresentato, bisogna tener conto del fatto che mentre il Tribunale è sia civile che penale, la Procura ha competenza prevalentemente penale. Quindi, sapendo che dei 37 magistrati di area penale, 14 sono pubblici ministeri – come indicato nella tabella 1 – si ottiene un campione equilibrato, costituito da 24 giudici di area civile, 23 giudici di area penale e 14 pubblici ministeri, oltre a 3 giudici operanti in entrambe le aree.

2.2 Il questionario

Ai magistrati intervistati è stato sottoposto un questionario strutturato su circa 30 domande, alcune delle quali con ulteriori sottospecificazioni. Le domande sono raggruppate in diverse sezioni tematiche.

La prima sezione è riservata ai dati anagrafici del magistrato e dell’ufficio giudiziario di cui fa parte. Naturalmente i dati che riguardano i nominativi e gli uffici d’appartenenza sono stati utilizzati solo ai fini della scelta del campione e non verranno pubblicati, nel rispetto della privacy.

15 Alcuni hanno utilizzato un solo indirizzo di posta dal quale è stata inviata una mail che portava in allegato più questionari senza indicazioni anagrafiche. Pertanto tali questionari sono rimasti anche per me del tutto anonimi.

16 La grande o media dimensione si intende in relazione al numero di magistrati attivi in un certo ufficio (Tribunale o Procura).

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Nella sezione centrale le domande riguardano tutta la fase di stesura dei provvedimenti (o altri documenti che il magistrato redige nell’ambito della professione): sono proposte alcune tipologie di provvedimenti, lasciando però la possibilità di indicarne altre da parte del magistrato. Nella lettura di questi dati, si è dovuto tenere separate le risposte dei giudici da quelle dei pubblici ministeri, poiché le tipologie di provvedimenti prodotti dagli uni sono diverse da quelle di competenza degli altri. Le prime tre tipologie elencate nel questionario riguardano l’attività del giudice. «La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell’ordinanza o del decreto.»17. Similmente in ambito civile il codice stabilisce: «La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto.»18

Per ogni provvedimento si chiede di indicare quanti ne vengono redatti in un anno, la quantità di ore impiegate mediamente e di descrivere tutte le operazioni che accompagnano la stesura del documento – quantità e tipologie delle macchine su cui si lavora, se vi sono parti di testo riutilizzato e in che percentuale rispetto a quello digitato, le fonti da cui si attinge abitualmente, le applicazioni utilizzate – fino al momento in cui questo viene salvato.

La successiva sezione riguarda i criteri di archiviazione dei documenti e quindi anche di recupero o comunque consultazione dei diversi archivi: sia quello personale, sia quelli in rete o su cd.

Infine si chiedono alcune informazioni relative ai programmi di riconoscimento vocale: se sono conosciuti, se sono già stati utilizzati, eventualmente con la possibilità di indicare i vantaggi e i punti critici rilevati.

L’ultima casella è uno spazio riservato ai commenti liberi.

Nell’Appendice I è riportato il questionario, così come è stato sottoposto al campione. Nei paragrafi che seguono, esporremo alcune riflessioni a partire dai dati raccolti – esposti nel dettaglio nell’Appendice II –, per poi passare alla proposta di una soluzione alternativa per un miglioramento del lavoro del magistrato, nell’ambito della redazione dei provvedimenti.

2.3 Osservazioni generali

Alla luce dell’analisi dei dati raccolti possiamo fare alcune osservazioni riassuntive, ripercorrendo i punti indicati nel questionario19.

Il campione si è rivelato piuttosto equilibrato, ma solo in relazione ai distretti rappresentati. Vi sono ancora molti distretti (11 su 29) dai quali non è stato possibile raccogliere alcun questionario. Sebbene infatti la risposta sia stata estremamente soddisfacente da un punto di vista qualitativo, rimane insufficiente sul piano quantitativo.

Rispetto al questionario in sé, emerge chiaramente – a volte anche con richiami espliciti – il fatto che esso fosse più dettagliato nella parte riservata ai giudici e più approssimativo nella parte di competenza dei magistrati della Procura.

Tale scelta è stata originata dalla consapevolezza che «i pubblici ministeri producono atti scritti di vario genere, difficilmente inquadrabili nei tre tipi fondamentali sopra indicati. Si pensi alla notissima informazione di garanzia, alla stesura di interrogatori di imputati e delle “persone informate sui fatti”, agli ordini per la polizia giudiziaria, alle diverse richieste volte a produrre atti processuali, alla redazione dei motivi di impugnazione e così via.»20.

Su questo punto, il modo in cui è stato formulato il questionario ha generato alcune incomprensioni da parte dei pubblici ministeri, che hanno in alcuni casi segnalato una certa difficoltà nell’esporre le tipologie di provvedimenti redatti, non trovandoli elencati singolarmente. In molti casi, infatti, hanno aggiunto lunghe liste di provvedimenti sotto la voce ‘altri provvedimenti’, che è stata invece quasi sempre – tranne in pochissimi casi – lasciata in bianco dai giudici. Per lo stesso motivo, probabilmente, le domande relative ai provvedimenti dei pubblici ministeri sono anche quelle a cui sono state date risposte più generiche, ma anche più lacunose, mentre le domande che sono state formulate correttamente hanno avuto una risposta molto più alta e quindi significativa.

Come si è già detto, il termine generico ‘provvedimenti’ indica un gruppo estremamente variegato di testi, che vanno dal decreto di fissazione di un’udienza alla sentenza di migliaia di cartelle e frutto di diverse fasi di elaborazione e di scrittura. I dati che riguardano il numero dei provvedimenti redatti in un anno sono dunque poco indicativi della mole di lavoro che essi comportano per il magistrato. Come osserva Mario Garavelli, «i numeri grezzi non danno ragione alcuna delle difficoltà e del tempo del prodotto finito, anche quando questo sarebbe ponderabile: un facile provvedimento fatto in serie vale uno come una difficilissima sentenza di cinquecento pagine […]».21 Per questo motivo si è chiesto ai magistrati intervistati di provare a dare una misura del tempo impiegato quotidianamente all’attività di redazione dei vari provvedimenti.

A partire da queste prime risposte, ma anche da alcune successive, si vede come le sentenze siano i provvedimenti su cui è posta la maggiore attenzione. Sono indicati come i provvedimenti più impegnativi, a cui viene dedicato più tempo, per i quali è necessario fare più ricerche e che spesso vengono redatti in più momenti successivi. Come rileva Bellucci (2005): «l’elemento più importante è che, com’è noto, le motivazioni della sentenza vengono quasi sempre

17 Art. 125, co1, c.p.p.

18 Art. 131, co1, c.p.c.

19 Per l’esposizione dettagliata dei dati, si veda l’Appendice II.

20 Mortara Garavelli (2001), p. 31.

21 Garavelli 2003, p. 44.

(5)

redatte e depositate successivamente: dunque, c’è una distinzione – e una separazione cronologica – tra il momento in cui si decide e quello in cui si spiegano i motivi stessi della decisione. Sappiamo tutti che, quando ci si trova a documentare in forma scritta un qualunque ragionamento, l’approfondimento della riflessione e l’esigenza di stendere un testo coerente e coeso mettono in focus alcuni aspetti rispetto ad altri, dimostrano la mancanza di chiarezza di altri elementi, richiamano l’attenzione sulle relazioni logiche, e così via. In molti casi questo può creare difficoltà oggettive nella redazione della sentenza.»22.

Tuttavia, l’oggetto principale di attenzione a cui è rivolta questa ricerca è l’insieme delle operazioni ‘meccaniche’

necessarie durante la stesura del provvedimento – in primis la digitazione, ma anche la consultazione di altre fonti, il recupero e riutilizzo di parti di testo da citare, la correzione materiale del testo e infine la sua archiviazione – con lo scopo di progettare l’impiego di nuove tecnologie per velocizzare il più possibile tali operazioni. Per questo abbiamo cercato di ricostruire le diverse fasi di redazione anche di quei provvedimenti o documenti che sono forse meno impegnativi dal punto di vista intellettuale, ma che, essendo molto numerosi, comportano comunque un notevole dispendio di lavoro e di energie.

Un dato significativo, a questo proposito, sembra essere quello che riguarda la possibilità di riutilizzare porzioni più o meno consistenti di testo, attingendolo da altre fonti. Dai dati rilevati, sembra emergere la tendenza ad aumentare progressivamente la percentuale di testo riutilizzato a seconda del provvedimento: minore nelle sentenze, un po’ più consistente nelle ordinanze e ancora più alta nei decreti. Gli ultimi infatti sembrano essere atti più soggetti a standardizzazione23.

Inoltre, le risposte rappresentano elementi di grande uniformità (tutti lavorano con lo stesso editor di testo; moltissimi dedicano alla stesura dei provvedimenti diverse ore al giorno; tutti attingono da fonti esterne), ma anche aspetti in cui emerge la soggettività del magistrato (come da esempio i diversi criteri utilizzati nella consultazione delle fonti24).

Su questo punto, cioè sull’auspicabilità o meno di un’uniformità nei provvedimenti, si apre in effetti una riflessione più complessa. Certamente, la questione non si pone in uguale misura per tutti i provvedimenti; come si è visto, infatti, sotto questa denominazione vanno sia documenti formulari, per i quali si potrebbe addirittura ricorrere a modelli da compilare, sia provvedimenti lunghi e complessi, frutto di lunga elaborazione e continue revisioni. Da una parte, infatti, emerge la necessità di ritrovare delle linee guida comuni perché l’attività dei magistrati possa essere agevolata, oltre che chiara e ben interpretabile per i suoi destinatari; tuttavia ci si chiede se si debba allo stesso tempo tutelare anche l’individualità e soggettività del magistrato. La necessità di uniformità a cui ci riferiamo, dunque, dovrà limitarsi a un piano essenzialmente formale, mentre sulle metodologie di redazione dei provvedimenti e sui loro contenuti si dovrà lasciare spazio alle personali scelte del magistrato.

Infine, vi sono alcune risposte che vale la pena segnalare perché sono, per così dire, ‘anomale’.

In alcuni casi, questo è dipeso dal modo in cui era stata formulata la domanda. Infatti, nell’unico caso in cui si chiedevano più informazioni allo stesso tempo – cioè nella domanda25 che chiedeva di indicare le fonti da cui venisse attinto il testo riutilizzato e la loro importanza, secondo una scala da 1 a 3 – si è riscontrata una certa difficoltà di interpretazione26, cosicché alcune delle risposte non sono state fornite correttamente e risultano pertanto inutilizzabili.

Le domande che riguardavano caratteristiche tecniche – se pure elementari – degli strumenti tecnologici utilizzati hanno suscitato risposte imprecise o incoerenti, elemento che sembrerebbe indicativo della bassa alfabetizzazione informatica di alcuni magistrati che compongono il campione. Come è descritto più dettagliatamente nell’Appendice II, in alcuni casi è stato confuso il formato del documento con il nome del programma utilizzato per la compilazione del testo; così come raramente sono stati indicati browser per la navigazione sul web come strumenti di ausilio alla redazione dei provvedimenti, ma spesso, in altre risposte, i magistrati dicono di utilizzare Internet per la consultazione delle fonti on line.

2.4 Il magistrato-tipo

Per riassumere i dati dei questionari, proviamo a delineare una figura ideale di riferimento per le riflessioni che seguiranno. Il magistrato-tipo emerso dalla ricerca:

• scrive più di 1000 provvedimenti l'anno;

22 Bellucci (2005), p. 271.

23 Naturalmente questo aspetto, come gli altri indicati finora, andrebbe verificato facendo un’analisi linguistica di un certo numero di questi provvedimenti. Osservazioni puntuali sulle sentenze si trovano in: Mortara Garavelli (2001), in cui si espone un’analisi rigorosa ed estremamente ricca di un vasto corpus di testi normativi; Cortelazzo (2003) in cui si osserva la rigida normazione della sentenza nei codici e la loro sorprendente stabilità testuale; Bellucci (2005) di cui si segnala in particolare il capitolo quarto, interamente dedicato alla sentenza, alle pp. 263-429.

24 Cfr. Appendice II.

25 La formulazione precisa era: “Quali sono le fonti principalmente impiegate (con riuso di parti di testo) nella redazioni dei provvedimenti (indicare anche la loro importanza relativa: 1 = utilizzo obbligatorio; 2 = utilizzo frequente; 3 = utilizzo occasionale / raro) ?”; si veda comunque il questionario in Appendice.

26 In ben 21 casi, per la precisione.

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• impiega in media 5 ore al giorno per scriverli;

• scrive prevalentemente in ufficio;

• scrive su due computer (1 fisso e 1 portatile);

• digita circa il 65% del testo dei provvedimenti;

• attinge il circa il 35% del testo da altri documenti (in gran parte dal proprio archivio personale o da Internet), facendo ricerche per argomento;

• utilizza Microsoft Word e salva in formato .doc;

• archivia i provvedimenti per tipologia > argomento > data;

• lavora in un ambiente silenzioso;

• vorrebbe avere le mani libere;

• conosce sistemi di riconoscimento vocale ma non li ha mai utilizzati.

3. I punti critici e le aspettative dei magistrati

L’attività descritta dai magistrati nei questionari offre numerosi spunti di riflessione e, più in particolare, ci permette di individuare alcuni bisogni.

Un primo elemento di cui tenere conto è il fatto che sotto il termine ‘provvedimenti’ sono raggruppati documenti estremamente differenziati, di varie tipologie, di varie dimensioni, con vari gradi di standardizzazione. Questo è, tra l’altro, il motivo per cui alcuni dati sono risultati disomogenei e in alcuni casi caratterizzati da una varianza molto alta.

Questo, inoltre, è ciò che rende difficile fare un ragionamento unico per tutti i provvedimenti e per tutti i magistrati. Di questo dato sarà utile tenere conto in fase di elaborazione di una soluzione possibile27.

Ripercorrendo i dati emersi dai questionari, possiamo raggruppare le informazioni raccolte sotto tre aspetti del lavoro di redazione del magistrato: gli strumenti impiegati, le modalità di lavoro e i tempi.

Per quanto riguarda gli strumenti, i dati sono piuttosto uniformi: per l’immissione del testo, il 100% dei magistrati consultati digita al computer i provvedimenti, utilizzando un programma di editing di testo. Nella fase di elaborazione del provvedimento sembra molto diffuso l’utilizzo di Internet28; le altre applicazioni sono menzionate in misura molto minore e disomogenea. Come si è accennato, dalle risposte varie e a volte imprecise a questa domanda, è possibile dedurre una bassa familiarità con gli strumenti tecnologici. Sotto questo aspetto, dunque, il punto critico, almeno per la maggioranza dei magistrati del campione, potrebbe essere individuato in una scarsa dimestichezza con la tastiera e quindi in una digitazione non fluente e una certa frequenza di errori materiali29.

Rispetto alle modalità di lavoro descritte, un dato piuttosto uniforme è la molteplicità di fonti che il magistrato consulta nella fase di elaborazione dei provvedimenti più complessi. Anche questa operazione può essere dispersiva, poiché, soprattutto nel caso di consultazione di fonti cartacee, costringe il magistrato a sospendere la digitazione, in alcuni casi ad alzarsi dalla postazione in cui si trova o almeno ad allontanare l’attenzione dal testo che sta scrivendo, per poi ritornarvi successivamente.

Come abbiamo visto, i provvedimenti possono essere anche estremamente brevi e formulari, e non è raro il caso in cui il magistrato si trovi, più che a redigere un documento lungo e complesso, a compilare un modello predefinito in cui inserire semplicemente dei singoli dati. Su questo punto sono eloquenti i dati dei questionari relativi alla pratica di riutilizzo di parti di testo, spesso attinte dall’archivio personale del magistrato. Spesso, infatti, i modelli utilizzati non sono altro che procedimenti precedenti di cui vengono recuperate alcune parti di testo e cambiate alcune informazioni:

in questa operazione è possibile che si creino dei modelli individuali e difformi da un magistrato all’altro, con la possibilità che alcuni dati non vengano cambiati per errore, o addirittura che un errore presente in un provvedimento si ripeta ricorsivamente nei successivi.

Infine, un ultimo punto critico riguarda i tempi di lavoro dichiarati nei questionari, che sembrano essere molto lunghi e sembrano occupare in media30 più della metà della giornata lavorativa del magistrato. È chiaro, come abbiamo più volte ricordato, che alla ricca varietà dei provvedimenti corrisponde una pari diversificazione sia delle operazioni di elaborazione del testo, sia dei tempi di redazione. Infatti, una sentenza può richiedere diversi giorni, mentre una liquidazione a un interprete appena pochi minuti.

Un altro dato da tenere presente è il fatto che col variare del provvedimento, varia anche il rapporto fra il tempo complessivo necessario alla redazione del provvedimento, in tutte le sua fasi, e la fase di semplice digitazione del testo.

Mentre nel caso di provvedimenti brevi e basati sull’utilizzo di modelli, la fase di redazione coincide o quasi con la fase di digitazione del testo, nel caso di sentenze o comunque provvedimenti più complessi ed elaborati quella di immissione del testo nel computer è solo la fase terminale di un processo molto più lungo che comprende lo studio

27 Cfr § 5.

28 Ma su questo i dati non sono molto chiari, l’informazione è dedotta dalle risposte da altre domande, cfr. § 2.3.

29 Sappiamo che i testi vengono revisionati e quindi gli errori materiali vengono corretti, anche durante l’immissione del testo stesso; tuttavia, se non si hanno abilità specifiche per l’uso professionale della tastiera, anche l’operazione di correzione dei refusi può richiedere tempo e dispersione di concentrazione.

30 Si parla di 5 ore al giorno, cfr. § 2.4.

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degli atti, la consultazione delle fonti della giurisprudenza, dei codici, la consultazione del proprio pregresso e in particolare di procedimenti analoghi già redatti, l’elaborazione del contenuto. Inoltre, anche l’immissione del testo spesso prevede numerose revisioni e correzioni successive.

Come si preciserà nei paragrafi successivi, solo alcune di queste operazioni possono essere semplificate per ridurre i tempi di lavoro, prima fra tutte l’immissione del testo e in parte la consultazione delle varie fonti. La parte che invece riguarda la maturazione del contenuto del provvedimento e la sua elaborazione mentale da parte del magistrato richiede tempi che non si possono certo ridurre con l’impiego di prodotti tecnologici, per quanto innovativi.

Dalla situazione descritta si sono evidenziati alcuni punti critici, che si configurano come bisogni del magistrato e aspetti di possibile miglioramento del lavoro di redazione dei provvedimenti. In base ad essi, si cercherà di tracciare le linee di una possibile soluzione innovativa.

4. IL RICONOSCIMENTO VOCALE

Quella del riconoscimento vocale è una tecnologia grazie alla quale un computer è in grado di ricevere, decodificare ed eseguire comandi non solo da mouse e tastiera, ma anche da input sonori vocali. Il riconoscimento vocale è uno strumento che può essere utilizzato per interagire con le diverse applicazioni; tipicamente viene applicato agli editor di testo. In questo modo il programma è in grado di trasformare un segnale vocale in testo scritto; l’utente potrà dettare, correggere e salvare i propri documenti senza utilizzare tastiera né mouse.

Dopo i primissimi esperimenti degli anni ’70, nel corso del decennio successivo la tecnologia vocale si è sviluppata velocemente, ma richiedeva ancora macchine apposite e costose per funzionare. Solo dalla metà degli anni ’90, grazie alla realizzazione di processori più potenti e relativamente economici, la tecnologia del riconoscimento vocale si è potuta diffondere su larga scala.

I primi sistemi realizzati consentivano il riconoscimento del parlato discreto, ovvero parola per parola, in cui era necessario che l’utente pronunciasse le singole parole separandole chiaramente con delle pause, così da permettere al programma di processare, riconoscere e scrivere ogni parola. Successivamente sono stati realizzati programmi di riconoscimento del parlato continuo, che sono in grado di riconoscere e trascrivere stringhe di più parole articolate fluentemente una dopo l’altra, e che sono attualmente i programmi più diffusi e utilizzati.

Il riconoscimento del parlato continuo è reso possibile dall’azione congiunta di due strumenti:

1. il motore di riconoscimento: un sistema di algoritmi che consentono di trasformare l’input vocale in testo scritto, in base al riconoscimento di tratti fonetici che vengono associati ai grafemi corrispondenti, per cui, ad esempio, la stringa acustica [‘kasa] viene trasformata nella stringa di grafemi casa. Per fare questo è necessario che il programma abbia dei parametri fonetici di riferimento, per cui l’utente – prima di cominciare ad utilizzare il programma – dovrà fare una sorta di addestramento, leggendo al microfono alcuni brani, così da fornire il suo personale profilo vocale al programma, che così sarà in grado di riconoscere non tanto un parlato standard universale, ma esattamente il parlato di quel preciso utente, minimizzando la possibilità di errore;

2. il modello di linguaggio: un data base che contiene tutte le parole utilizzabili nei testi, in tutte le loro forme e soprattutto in tutte le loro combinazioni. Non si tratta semplicemente di un vocabolario o di un elenco di forme possibili. Il modello di linguaggio, infatti, contiene anche tutti i pattern di tre parole consecutive (i cosiddetti trigrammi). Il modello di linguaggio viene costruito in parte da chi realizza il programma, in parte dall’utente stesso: sia al momento dell’installazione, perché il programma processa i documenti precedentemente redatti dall’utente; sia ogni volta in cui il programma viene utilizzato, attraverso aggiornamenti costanti. Ogni parola che viene riconosciuta, quindi, viene confrontata col modello di linguaggio; in questo modo il programma ne verifica l’esistenza e la correttezza, ma anche la probabilità – su base statistica – che essa occorra all’interno di un certo trigramma. Questo procedimento riduce ulteriormente la possibilità di errore, anche nel caso di parole foneticamente simili.

Negli ultimi anni si è avuta una crescita sempre maggiore della domanda di programmi basati sul riconoscimento vocale e molte sono state le sue applicazioni. La richiesta maggiore e più immediata è stata da parte degli utenti diversamente abili, in particolare quelli non vedenti o non in grado di utilizzare le mani. Grazie al riconoscimento vocale, anche questi utenti hanno avuto accesso al computer e ai prodotti tecnologici in genere.

Infatti si è assistito a una vasta diffusione dei sistemi di riconoscimento vocale applicati ai telefoni cellulari, o inseriti nella automobili, per consentirne l’utilizzo senza l’impiego delle mani. In alcuni servizi di informazione telefonica sono stati introdotti riconoscitori vocali al posto degli operatori; l’esempio più noto è forse quello del servizio di consultazione telefonica dell’orario delle ferrovie statali.

Infine, negli ultimi anni, si è pensato di utilizzare gli editor di testo ad input vocale in specifici settori professionali.

Sono stati ottenuti importanti risultati nel settore medico e in particolare nel settore della radiologia, in cui è stata per la prima volta introdotta con successo la refertazione vocale.

4.1. I vantaggi del riconoscimento vocale

In generale, i sistemi basati sul riconoscimento vocale, forniscono all’utente una serie di vantaggi, quali:

(8)

1. l’impiego della voce al posto delle mani; questo significa innanzitutto una maggiore velocità, per tutti gli utenti31 che non abbiano una velocità di digitazione pari a quella della dettatura;

2. la possibilità, quindi, di utilizzare le mani per altre attività, come ad esempio la consultazione di materiale cartaceo;

3. la possibilità di allontanare gli occhi dallo schermo durante la dettatura e quindi un decisivo miglioramento della qualità del lavoro;

4. la totale assenza di refusi, poiché il programma non scrive parole che non siano contenute nel proprio data base;

5. la possibilità di addestrare continuamente il programma secondo il proprio linguaggio, così da ridurre, ad ogni utilizzo, la possibilità di errore.

4.2.I limiti del riconoscimento vocale

È necessario tenere presenti anche quelli che possono essere i punti critici di questi strumenti.

Se è vero che vengono totalmente eliminati i refusi, non è altrettanto vero che si possano eliminare tutti gli errori in genere. Può succedere, infatti, che, proprio perché all’utente è richiesto di parlare fluentemente, si realizzino fenomeni di assimilazione – vocalica o consonantica – che possono generare errori, quando si verificano in fonosintassi, ovvero in relazione a suoni adiacenti, ma appartenenti a unità lessicali diverse.

Vediamo un esempio. La dettatura della stringa (a) può dar luogo alla scrittura della stringa (b):

a) ogni cosa ha il suo posto b) ogni cosa al suo posto

I luoghi maggiormente esposti a questo tipo di errore sono i segmenti che contengono parole di piccola entità fonetica, tipicamente i monosillabi.

Può succedere inoltre che nel flusso continuo del parlato il programma non individui correttamente i confini di parola.

Ad esempio, la dettatura del segmento (c) può dare origine al segmento (d) in trascrizione:

c) erano già le due e quindi ci siamo andati a riposare d) erano già le 2.15 siamo andati a riposare

Come si vede dagli esempi citati, anche quando sbaglia, il programma produce sempre segmenti composti da parole singolarmente corrette, proprio perché esso non è in grado di generare parole che non ‘conosce’, ovvero parole che non esistono nel suo modello di linguaggio. L’errore infatti non sta nella realizzazione del singolo componente, ma nella creazione di clausole che, se pure corrette dal punto di vista grammaticale, non corrispondono all’enunciato dettato.

Come si è detto sopra, il programma individua le parole non solo in base al riconoscimento su base fonetica, ma anche in base al co-testo nel quale esse sono inserite. Questo procedimento, può, in alcuni casi, aumentare la possibilità di errore. Infatti, ogni parola errata influenzerà anche il riconoscimento della parola che segue e che precede, con la possibilità di propagare l’errore per alcune unità.

In generale, i casi in cui si verificano gli errori sopraelencati sono ragionevolmente pochi. Del resto, ogni metodo impiegato per redigere un testo – scrittura manuale, digitazione sulla tastiera, dettatura a una segretaria, dettatura al computer – comporta una certa percentuale di errore, per cui sarà sempre necessaria una revisione del testo da parte dell’autore.

5. LA SOLUZIONE PROPOSTA

Nei paragrafi precedenti32 abbiamo individuato, nell’attuale lavoro di redazione dei provvedimenti, alcuni aspetti che potrebbero essere migliorati.

Come premessa, è necessario ricordare di nuovo che i magistrati svolgono funzioni diversificate uno dall’altro e di conseguenza producono una gamma di provvedimenti tanto vasta quanto variegata. Anche tra magistrati che svolgono le medesime funzioni, inoltre, si è visto che possono esserci molte differenze nella metodologia impiegata per redigere i provvedimenti. Per questa ragione, la soluzione che andremo a proporre non potrà avere caratteristiche specifiche per un certo settore o per una certa tipologia di provvedimenti; al contrario, dovrà rispondere alle esigenze emerse come comuni ed essere sufficientemente flessibile per essere caratterizzato secondo le modalità scelte dall’utente.

La tabella 5 riassume i punti critici individuati nel § 3:

31 Cioè la maggior parte, salvo nei casi in cui vi sia un addestramento specifico alla dattilografia, ormai piuttosto raro e comunque lungo e faticoso.

32 Cfr. § 3.

(9)

PUNTI CRITICI BISOGNI Strumenti

Uso della tastiera; lentezza e possibilità di refusi

Velocizzare l’immissione del testo; eliminazione dei refusi

Necessità di compiere più operazioni (digitazione + consultazione di materiale cartaceo e elettronico)

Consultare le fonti necessarie interrompendo il meno possibile l’elaborazione del testo Modalità

Parti di testo riutilizzato, con creazione di modelli individuali e con possibilità di errori ricorsivi.

Possibilità di uso di modelli uniformati per alcuni provvedimenti Tempi

5 ore al giorno dedicate alla redazione dei provvedimenti

Ridurre i tempi, senza ridurre la qualità del provvedimento

Tabella 5

Per andare verso un miglioramento della situazione attuale si dovrà individuare un sistema di facile utilizzo, che agevoli le operazioni di consultazione delle fonti, che superi le difficoltà di digitazione sulla tastiera, che riduca i tempi di composizione del testo, che minimizzi le possibilità di errore. Tutto questo mantenendo la qualità dei provvedimenti attualmente prodotti. La soluzione che risulta avere le caratteristiche per rispondere a tutte le esigenze individuate è un sistema basato sul riconoscimento vocale.

Come si vede, un’esigenza sicuramente centrale per i magistrati è la riduzione dei tempi, necessità che si manifesta con maggior evidenza per i provvedimenti brevi e formulari. Tuttavia, anche per i provvedimenti più complessi che richiedono tempi lunghi, mentre non si potrà intervenire sulla fase dell’elaborazione del contenuto33 – della quale solo il magistrato conosce e valuta il tempo necessario – è possibile comunque agevolare la fase di immissione del testo, sostituendo la dettatura alla digitazione.

Cercheremo qui di individuare alcuni indicatori per valutare i vantaggi dell’impiego del riconoscimento vocale nel lavoro di redazione dei provvedimenti. Ci serviremo di nuovo dei dati forniti dai magistrati stessi nei questionari, a partire dai bisogni indicati sui tre aspetti principali – strumenti, modalità e tempi – riassunti nella tabella 5. Per quanto riguarda gli strumenti, il dato uniformante è il fatto che il 100% del campione utilizza un editor di testo elettronico e quindi digita il testo su una tastiera. I primi indicatori per valutare una possibile soluzione alternativa, dunque, potrebbero essere la facilità di apprendimento, la facilità di utilizzo e la riduzione degli errori, il tutto, con la massima velocità possibile di immissione del testo.

L’aspetto delle modalità ha messo in luce la necessità di consultazione di fonti di varia natura e la frequente operazione di recupero e riutilizzo di testo attinto dal proprio pregresso o, di nuovo, da fonti esterne. La fase della ricerca, soprattutto per quanto riguarda la giurisprudenza, è già stata agevolata e migliorata dall’impiego di strumenti tecnologici. «Due, in particolare, i fenomeni innescati dallo strumento informatico: l’aumento quantitativo dei materiali concretamente consultabili (e, quindi, conoscibili); una maggiore facilità di reperire il dato utile, grazie ai software elettronici di information retieval.»34 In base a questa osservazione, potremmo individuare altri due indicatori, ovvero l’integrabilità con altri strumenti già esistenti e utilizzati comunemente dai magistrati, e la possibilità di creazione e utilizzo di modelli predefiniti.

Infine, l’indicatore ultimo e che in certo modo comprende i precedenti, è quello della riduzione complessiva dei tempi, senza che – come abbiamo più volte ricordato – questo influisca sulla qualità dei provvedimenti. A questo proposito, aggiungiamo un ultimo indicatore squisitamente qualitativo, che ci sembra importante considerare e che riguarda, appunto, il miglioramento della qualità del lavoro del magistrato.

A questo punto, nella tabella 6 proponiamo un confronto fra i due sistemi – quello attuale e quello ipotizzabile, basato sul riconoscimento vocale – in relazione agli indicatori che abbiamo elencato sopra e che riportiamo nella colonna di sinistra.

33 Se non al costo di ridurne anche la qualità.

34 Pascuzzi (2003), p. 73.

(10)

SISTEMA ATTUALE RICONOSCIMENTO VOCALE Facilità di

apprendimento iniziale

Facile Facile

Facilità d’uso Facile Facile

Possibilità di errori Secondo le abilità dell’utente

Minima, indipendente dalle abilità dell’utente Velocità immissione

testo

Secondo le abilità dell’utente

Massima, indipendente dalle abilità dell’utente Integrabilità con altri

strumenti

Nessuna Sì, per esempio possibilità di avere le mani e gli occhi liberi per la consultazione delle fonti

cartacee

Qualità del lavoro

Necessità di tenere mani e occhi sul computer

Migliore, possibilità di avere le mani libere, possibilità di

allontanare gli occhi dallo schermo Tabella 6

Come si vede, un impiego di un sistema basato sul riconoscimento vocale risulterebbe estremamente vantaggioso sotto tutti gli aspetti considerati.

Un dato che ci sembra estremamente rilevante è la possibilità di ottenere un miglioramento del lavoro indipendentemente dalle abilità dell’utente, che non dovrebbe confrontarsi con un apprendimento lungo e complesso, né con un prodotto tecnologico che richieda competenze specifiche, ma semplicemente utilizzare una funzione estremamente naturale come il linguaggio parlato.

Un’altra caratteristica importante è l’alta integrabilità del riconoscimento vocale con altre applicazioni, così da portare a una significativa riduzione dei tempi, non solo di immissione del testo, ma anche di consultazione delle fonti esterne al provvedimento, soprattutto quelle cartacee, che ora impongono al magistrato di interrompere la digitazione.

L’insieme dei vantaggi elencati porta con sé, inoltre, un evidente miglioramento della qualità del lavoro del magistrato.

Citiamo nuovamente Mario Garavelli, perché solo da un magistrato può venire un simile invito: «ai magistrati deve essere chiesto, qui e ora in attesa delle grandi riforme, di lavorare meglio e di più. Lavorare meglio vuol dire organizzare razionalmente sia le attività di gruppo sia quelle individuali: gli esempi sono tanti, dal non concedere rinvii superflui delle cause, a ridurre i tempi di intervallo, dal controllare all’arrivo i processi penali da fissare al curare l’esecuzione tempestiva delle notifiche, dall’osservare scrupolosamente i termini del deposito all’eseguire rapidamente le attività burocratiche come le firme degli atti, la copiatura dei provvedimenti, ecc.»35.

Come si è detto36, restano comunque alcuni dei problemi che appartengono anche al sistema attuale, per cui, anche con l’impiego del riconoscimento vocale, rimane una piccola percentuale di errore che richiederà sempre una revisione da parte dell’autore. Tuttavia, è opportuno ricordare che quello che si sta prospettando come soluzione è pur sempre uno strumento che deve servire ad agevolare un’attività professionale, non certo a sostituire il professionista, nemmeno nel più meccanico dei lavori. «La parte di attività celebrale [sic!] dedicata alla memorizzazione [e, potremmo aggiungere, alla mera digitazione] viene delegata alle macchine. All’uomo resta qualcosa di diverso e nobile: l’elaborazione.»37. È stato più volte notato che ad ogni cambiamento tecnologico introdotto nella elaborazione e nella fruizione del diritto ha sempre fatto seguito un mutamento anche nel diritto stesso38. La tecnologia che qui andremo a proporre intende sostituire l’operazione di digitazione con la dettatura e quindi l’introduzione della dimensione orale nel processo di elaborazione di un testo scritto. Questo comporta l’attuazione di un procedimento cognitivo piuttosto complesso, ovvero l’elaborazione di un contenuto che viene affidato al canale orale per poi materializzarsi come testo scritto.

Come gli studiosi del linguaggio ben sanno, la struttura della lingua parlata è profondamente diversa da quella scritta, per cui «anche se compiuto oralmente, mediante dettatura, il documento va completato nel rispetto delle regole della lingua scritta, parlando, cioè, “come un libro stampato”.»39. Per questi motivi, alcuni magistrati hanno manifestato il timore che l’impiego della dettatura potesse modificare anche proprio la fase dell’elaborazione, costringendoli a dover, appunto, “parlare come un libro stampato” o ad avere da subito chiaro il testo del provvedimento nella sua forma definitiva.

35 Garavelli 2003, p. 130. Il corsivo è nostro.

36 Cfr. § 4.2.

37 Pascuzzi (2003), p. 74. Il testo fra parentesi quadre è nostro.

38 Sull’influenza delle nuove tecnologie nell’ambito della giustizia, si veda Pascuzzi (2003), p. 73 e seguenti; Bellucci (2005), p. 316-317, oltre all’interessantissimo lavoro di Di Benedetto (2002), ricco di riferimenti normativi.

39 Di Benedetto (2002), p. 102.

(11)

Nella proposta qui presentata, tuttavia, si andrebbe a inserire l’elemento dell’oralità in un momento successivo all’elaborazione del contenuto e anche della forma del testo. Quest’ultimo verrebbe comunque elaborato come testo scritto – così come se dovesse essere scritto con una tastiera, ma anche con una penna – mentre verrebbe modificata solo l’operazione materiale di immissione del testo nel computer, con una significativa riduzione del tempo necessario e dei refusi. Restano integre tutte le possibilità già introdotte dalla videoscrittura, come la facilità nella revisione del testo, la possibilità di correggere, spostare, tagliare, inserire, modificare.

Il valore del riconoscimento vocale, dunque, sta nell’essere un ausilio in grado di facilitare e velocizzare alcune operazioni necessarie alla redazione dei provvedimenti, migliorando la qualità del lavoro del magistrato e mantenendo inalterata la qualità attuale del provvedimento.

6. APPENDICE I

Cognome e Nome (facoltativo) Ufficio giudiziario e distretto (facoltativo) Dimensioni del Tribunale (grande – medio –

piccolo) Localizzazione dell’ufficio giudiziario

(Nord – Centro – Sud)

Qualifica Eventuale specializzazione (indicare anche

solo il settore civile, o penale…)

Quanti dei seguenti provvedimenti abitualmente redige nell’arco di 12 mesi?

Sentenze (Num.) Ordinanze (Num.) Decreti (Num).

Richieste di misure (Num).

Altri provvedimenti (Num).

Quali altri documenti abitualmente redige (indicare) ?

Quanti sono questi altri documenti nell’arco di 12 mesi?

In media, quante ore al giorno dedica alla redazione dei vari provvedimenti ?

(12)

Sentenze (Num.) Ordinanze (Num.) Decreti (Num).

Richieste di misure (Num).

Altri provvedimenti (Num).

I provvedimenti sono redatti prevalentemente in ufficio oppure in altri luoghi? (indicare) Per la redazione dei provvedimenti, utilizza

più computer? (Sì / No) Se sì, quanti?

Utilizza computer fissi, portatili o di entrambi i tipi?

Quante di questi sono personali e quanti sono invece condivisi con altri colleghi?

Nell’attività di redazione, quale è la percentuale di testo ricavato da altri documenti (banche dati su CD/DVD / Internet / in rete locale, provvedimenti precedenti, archivio personale, …) e poi riusato (mediante operazioni di taglia Î incolla Î adatta) nelle varie tipologie di provvedimenti ?

Sentenze (%) Ordinanze (%) Decreti (%) Richieste di misure (%) Altri provvedimenti (%)

Altri documenti (%)

Quali sono le fonti principalmente impiegate (con riuso di parti di testo) nella redazioni dei provvedimenti (indicare anche la loro importanza relativa: 1 = utilizzo obbligatorio; 2 = utilizzo frequente; 3 = utilizzo occasionale / raro) ?

Sentenze (fonti e loro importanza) Ordinanze (fonti e loro importanza)

(13)

Decreti (fonti e loro importanza) Richieste di misure (fonti e loro importanza) Altri provvedimenti (fonti e loro

importanza)

Altri documenti (fonti e loro importanza)

Quali applicazioni utilizza per la redazione dei documenti (es. Microsoft Word, OpenOffice, Adobe Acrobat …) ? (indicare)

In che formato salva abitualmente i documenti ? Nella consultazione delle varie fonti, quali

sono i criteri di ricerca più comunemente adottati ? (ad es. per estremi, per argomento, per data …) Nella ricerca sul suo archivio personale, quale potrebbe essere la migliore gerarchia di archiviazione / ricerca dei documenti ? (per es.: per tipologia, poi per settore, poi per anno, poi … ) L’ambiente in cui redige i provvedimenti è

rumoroso ? (Sì / No) Se sì, quanto ? (molto – non troppo – per

nulla) Sarebbe utile poter avere le mani libere durante la redazione dei documenti (per esempio, per consultare libri e riviste specialistiche, …) ? (Sì / No / Indifferente) Conosce o ha sentito parlare dei sistemi di

riconoscimento vocale? (Sì / No) Se sì, li ha usati in precedenza ? (Sì / No)

Se sì, quali ?

Li utilizza ancora ? (Sì / No)

In caso di risposta negativa, per quale

(14)

motivo non li utilizza più ?

Se li utilizza, quali ritiene siano i punti di forza di questi sistemi ?

Quali sono, invece, gli aspetti critici o poco soddisfacenti o da migliorare ?

Note ulteriori sugli attuali sistemi e modalità di redazione dei documenti:

7. APPENDICE II - ANALISI DEI DATI

Esponiamo qui i dati emersi dai questionari raccolti e ne daremo una lettura critica. Procederemo secondo l’ordine in cui comparivano le domande nel questionario, riportandole una alla volta.

Quanti dei seguenti provvedimenti abitualmente redige nell’arco di 12 mesi?

I provvedimenti meglio quantificabili sono sicuramente le sentenze, anche perché sono i provvedimenti che emergono con più facilità anche nelle statistiche ufficiali, del cui numero, quindi, i giudici hanno maggiore consapevolezza. Su 51 giudici, 48 hanno risposto alla domanda. Da questi emerge una media di 197 sentenze l’anno, da un minimo di 15 a un massimo di 600.

Più numerose le ordinanze, con una media di 362 all’anno su 27 giudici che hanno risposto alla domanda, da un minimo di 30 a un massimo di 2600.

I decreti sono indicati sempre da 27 magistrati40 sembrano avere una produzione media di 399 all’anno, da un minimo di 10 a un massimo di 2500.

I risultati di questa domanda sono riassunti nella tabella 4.

Hanno risposto

Produzione media in 12

mesi

Minima produzione

dichiarata

Massima produzione

dichiarata

Sentenze 48 197 15 600

Ordinanze 45 289 30 2600

Decreti 45 444 10 3400

Tabella 4. Produzione dei singoli provvedimenti nell’arco di 12 mesi.

40 In questo caso ci sono anche alcune risposte di pubblici ministeri.

(15)

Su questo punto i dati sono molto difformi; si va da picchi altissimi di un provvedimento a picchi bassissimi dello stesso, magari in centri più grandi. L’impressione è che i giudici abbiano un’idea molto più precisa della quantità di sentenze di quanto abbiano degli altri provvedimenti, sia perché, come già accennato, il conto che viene tenuto delle sentenze emerge anche dalle statistiche, sia perché ordinanze e decreti sono più frequenti e volti alle funzioni più varie, redatti in luoghi diversi – anche nel corso dell’udienza stessa – e probabilmente è difficile dare una valutazione quantitativa precisa41.

I magistrati della Procura forniscono dati molto più disomogenei, rendendo più difficile la loro interpretazione. Questo sembra essere dovuto a due fattori: da una parte, mentre i provvedimenti dei giudici si esauriscono nelle tre tipologie elencate42, i provvedimenti di competenza dei pubblici ministeri sono di molte tipologie diverse, per forma e contenuto, che non sono raggruppabili in due o tre categorie; dall’altra, vista questa molteplicità di tipologie di provvedimenti, il questionario è risultato troppo generico per i magistrati di Procura. Infatti venivano indicati esplicitamente il decreto, comune anche ai giudici, e un solo tipo di provvedimenti43 esclusivamente del pubblico ministero, scelto casualmente a titolo esemplificativo, lasciando invece la possibilità al magistrato di integrare44 l’elenco con altre tipologie.

Si è anche proposta una voce ‘altri documenti’, per individuare l’eventuale produzione di altri testi diversi dai provvedimenti, ma ugualmente legati all’attività professionale. Ben 27 magistrati hanno utilizzato questa casella, ma solo 15 hanno indicato documenti diversi da provvedimenti, come relazioni o lettere. Anche in questo caso, molti magistrati della Procura hanno inserito qui alcuni dei provvedimenti che gli competono, ma che non erano esplicitati nelle voci precedenti; tra questi segnaliamo: note all’autorità amministrativa e giudiziaria, atti d’appello, richieste di convalida di arresto, deleghe per indagini, richieste di rinvio a giudizio, verbali di interrogatorio, richieste di intercettazioni, requisitorie scritte, conferimenti di consulenze tecniche, avvisi di conclusione di indagini. In ogni caso, 21 magistrati indicano anche la quantità di ‘altri documenti’ scritti: fra questi la media è altissima, di 625 documenti prodotti in un anno, con dati assolutamente disomogenei, da un minimo di 5 a un massimo di 500045.

Infine, un dato particolarmente interessante ai fini di questa ricerca viene segnalato dai giudici civili, i quali dichiarano che, non disponendo del servizio di fonoregistrazione e trascrizione delle udienze, hanno spesso l’esigenza di verbalizzare in aula le dichiarazioni dei testimoni durante le udienze, operazione che sarebbe significativamente agevolata se disponessero di strumenti dotati di riconoscimento vocale. La stessa esigenza emerge dai dati sulla attività dei magistrati della Procura, che in sede di indagini spesso si trovano a dover interrogare testimoni e persone informate sui fatti, e a dover provvedere manualmente alla verbalizzazione.

In media, quante ore al giorno dedica alla redazione dei vari provvedimenti ?

Su questo punto, le risposte sono piuttosto omogenee. Su 60 magistrati che hanno risposto alla domanda, emerge una media di 5,7 ore al giorno, con un minimo di 3 ore, fino a un massimo di 10 ore dichiarate; la maggior parte tuttavia dichiara di impiegare 4 o 5 ore al giorno per la redazione dei provvedimenti, per cui si rileva una minore varianza e un maggior addensamento dei dati sui valori della media.

I provvedimenti sono redatti prevalentemente in ufficio oppure in altri luoghi?

Tutti i magistrati del campione hanno risposto a questa domanda. Il grafico 1 riassume i dati emersi. Si osserva innanzitutto che i luoghi indicati sono l’ufficio o la propria abitazione. Il luogo prevalente è l’ufficio, dove lavorano abitualmente 27 magistrati, ma quasi lo stesso numero, 26 magistrati, lavora in entrambi i luoghi. Solo 12 magistrati dichiarano di lavorare esclusivamente a casa propria.

41 La varianza dei dati, comunque, qui come in altre risposte fornite che si vedranno più avanti, sembra davvero troppo alta. Questo è uno dei punti che avremmo voluto approfondire se ci fosse stata la possibilità di avere con tutti i magistrati del campione interviste o colloqui personali.

42 Ovvero sentenze, ordinanze e decreti.

43 Cioè le richieste di misure, che in effetti non hanno rilevanza e caratteristiche tali da giustificare il fatto di essere menzionate isolatamente.

44 Seguivano infatti alcune caselle lasciate volutamente in bianco, a disposizione del magistrato.

45 Cfr. nota 41.

(16)

18%

42%

40%

Casa

Ufficio

Entrambi

Grafico 1

Utilizza più computer? Quanti? Fissi, portatili o entrambi? Personali o in comune coi colleghi?

Anche da queste domande ci sono state pochissime astensioni.

La grande maggioranza del campione dichiara di utilizzare più di una macchina; solo 3 dichiarano di usare un solo computer. Più del 60%, 42 su 65, ne utilizza 2; 13 ne usano 3. Uno solo ne usa 5 e 4 non hanno risposto o hanno fornito risposte non interpretabili46. La situazione è illustrata nel grafico 2.

8%

64%

20%

2% 6%

1 computer 2 computer 3 computer 5 computer non risponde

Grafico 2

Solo 19 magistrati dichiarano di utilizzare solo computer fissi, mentre 44 dichiarano di utilizzare entrambi i tipi di computer, sia fissi che portatili. In due casi non è stata data risposta alla domanda.

Un dato interessante è che la grande maggioranza, 57 su 65, utilizza solo computer personali, non condivisi con altri colleghi.

Nell’attività di redazione, quale è la percentuale di testo ricavato da altri documenti e poi riusato nelle varie tipologie di provvedimenti ?

Anche in questo caso è necessario fare una distinzione fra i magistrati del Tribunale e quelli della Procura.

Come si è visto, i giudici sono 51. Hanno risposto quasi tutti47 alla domanda relativa alle sentenze; in numero minore48 per le ordinanze e ancora minore49 per i decreti50.

46 In due questionari, infatti, alla domanda “quanti computer usa per la redazione dei provvedimenti?”, è stato risposto

“tutti”.

47 50 su 51.

48 44 su 51.

49 40 su 65. Il totale di riferimento è l’intero campione perché i decreti sono redatti anche dai pubblici ministeri. Si veda la nota successiva.

(17)

Per quanto riguarda le sentenze, in media dichiarano di servirsi di testo riutilizzato per il 32% del testo, ma le percentuali variano molto, da un minimo di 1% a un massimo di 100%. Qui, come altrove, si rileva non solo una diversa modalità di redazione da giudice a giudice, ma anche – probabilmente – una diversa interpretazione del quesito.

In relazione alle ordinanze, 7 non hanno fornito alcuna risposta, quindi i dati sono relativi a 44 giudici. La media è del 33% di testo riutilizzato e si va da un minimo del 5% a un massimo del 100%. Anche in questo caso si rilevano dati piuttosto disomogenei.

Per i decreti, infine, i dati sono relativi a 40 magistrati51. La media di testo riutilizzato è del 45%, anche se di nuovo aumenta la disparità fra il minimo dello 0% e il massimo dichiarato, del 100%.

Non sono indicati altre tipologie di provvedimenti. I testi elencati sotto la voce ‘altri documenti’ sono poco descritti e le percentuali di testo riutilizzato sono segnalate troppo occasionalmente per costituire un dato attendibile e significativo, anche perché, come abbiamo detto, si riferiscono a documenti molto diversi fra loro.

Vediamo ora i provvedimenti di competenza dei pubblici ministeri, che sono, lo ricordiamo, appena 14.

Le richieste di misure erano l’unica tipologia di provvedimento esplicitato nel questionario52. Su 11 magistrati che hanno risposto a questa domanda, si rileva che le richieste di misure hanno una media del 32% di testo riutilizzato; da questo possiamo evincere che si tratta di provvedimenti mediamente standardizzati53. Gli altri provvedimenti – per i quali si hanno invece 14 risposte – non sono stati differenziati nel questionario, ma la media di testo riutilizzato è comunque del 38% circa.

Inoltre, alcuni pubblici ministeri con cui ho potuto parlare mi hanno fatto presente che spesso vengono utilizzati dei modelli predefiniti forniti dal Ministero, che sono solo da compilare; per questo motivo il testo effettivamente digitato – o addirittura scritto a mano – non è molto, perché viene inserito all’interno di format predefiniti.

Quali sono le fonti principalmente impiegate (con riuso di parti di testo) nella redazione dei provvedimenti e quale la loro importanza?

Sebbene solo 3 magistrati si siano astenuti dal rispondere alla domanda, le risposte effettivamente utilizzabili sono 41 su 65.

In generale, le fonti per il riuso di porzioni di testo indicate sono: il proprio archivio personale (26 casi), banche dati su internet (26 casi), banche dati su CD (5 casi), trascrizioni delle udienze (5 casi). Coerentemente con quanto segnalato sopra, alcuni pubblici ministeri indicano come fonti di testo riusato i modelli ministeriali.

Per i testi identificati come ‘altri documenti’ non sono indicate, se non eccezionalmente, operazioni di recupero di testo da altre fonti.

Si veda il grafico seguente:

Archivio personale

Banche dati sul web

Banche dati su CD Trascrizioni Altro

0 5 10 15 20 25 30

Grafico 3

Quali applicazioni utilizza per la redazione dei documenti? In che formato salva abitualmente i documenti ?

50 Per i quali, d’altra parte, ha risposto anche qualche pubblico ministero.

51 Tra i quali anche qualche pubblico ministero, cfr. nota precedente.

52 Come si è già detto, probabilmente questa scelta si è rivelata infelice e soprattutto insufficiente.

53 Anche in questo caso, tale caratteristica andrebbe confermata dall’analisi linguistica dei provvedimenti.

(18)

I dati emersi da questa domanda si sono rivelati particolarmente significativi, innanzitutto perché tutti i magistrati del campione hanno fornito una risposta. In secondo luogo, perché da queste due domande si sono ottenute sia le informazioni richieste, sia indicazioni relative al grado di alfabetizzazione informatica dei magistrati del campione.

Il 100% utilizza Microsoft Word come editor di testo. Alcuni dichiarano di utilizzare anche altre applicazioni: Adobe Acrobat (8 casi); altro (4 casi)54.

Nessun magistrato menziona browser di navigazione in rete, ma 6 indicano “Internet” fra i programmi utilizzati;

tuttavia, se si confrontano questi dati con le risposte date alla domanda precedente, si nota una certa incoerenza: infatti ben 26 magistrati dichiaravano di consultare banche dati su Internet durante la redazione dei provvedimenti, per cui si ritiene che siano state indicate solo le applicazioni utilizzate in relazione all’editing del testo e non alla fase di elaborazione del provvedimento.

Sono 5 i magistrati che non hanno risposto alla domanda relativa al formato in cui i provvedimenti vengono salvati. La quasi totalità dei magistrati del campione, 57 su 60 che hanno fornito la risposta55, salva in formato .doc56. In 4 casi viene indicato anche il formato .rtf e in uno di questi viene indicato come unico formato di salvataggio.

Solo 2 magistrati hanno dichiarato di utilizzare anche il formato .pdf.

Nella consultazione delle varie fonti, quali sono i criteri di ricerca più comunemente adottati ?

Anche a questa domanda quasi tutti i magistrati del campione hanno dato una risposta, con solo 6 astensioni.

Non sempre, nell’elencare i vari criteri di ricerca, è stata specificata anche la successione o il rapporto gerarchico fra un criterio e l’altro; pertanto qui saranno riportati come se fossero tutti sullo stesso piano di rilevanza.

Il grafico 4 riassume le risposte fornite.

38

15 13

9 7 6

0 5 10 15 20 25 30 35

per argomento per estremi per parola chiave riferimenti normativi altro non risponde

totale questionari

Grafico 4

Più del 50% indica come criterio di ricerca quello per materia (o argomento). Dei 38 magistrati che hanno dato questa risposta, 31 lo indicano come primo criterio57. Gli altri criteri menzionati sono riportati in quantità decisamente inferiore.

Nella voce ‘altro’ del grafico sono stati raccolte le risposte che indicavano come criteri di ricerca la data (3 casi), la tipologia del provvedimento (2 casi), oltre alle risposte generiche quali ‘non esiste un criterio prevalente’, o ‘molti criteri incrociati’(3 casi).

Ciò che emerge da questa domanda è la spiccata soggettività nelle metodologie di lavoro dei singoli magistrati, per quanto riguarda i sistemi di consultazione delle fonti, e la ricchezza e diversificazione dei criteri di ricerca impiegati e delle loro combinazioni.

Nella ricerca sul suo archivio personale, quale potrebbe essere la migliore gerarchia di archiviazione / ricerca dei documenti ?

54 In particolare: Excel (2 casi); calcolatrice (1 caso), Power Point (1 caso).

55 Un magistrato indica ‘office’ come formato di salvataggio del documento e un altro indica come risposta ‘150’, che non sappiamo come interpretare.

56 In realtà, in molti questionari era indicato ‘word’ come formato dei provvedimenti; si è ritenuto di poter interpretare questa risposta come equivalente a ‘formato di default dell’editor word per windows’ e quindi .doc.

57 Ma, come si è detto, non sappiamo se l’ordine in cui i criteri sono stati indicati corrisponda a un rapporto gerarchico fra i criteri o sia solo casuale.

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